Archivio del Tag ‘cultura’
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Veneziani: sogniamo a occhi aperti e viviamo a occhi chiusi
Abbiamo scambiato il giorno con la notte. Sogniamo a occhi aperti, viviamo a occhi chiusi. Non riusciamo a sognare e non riusciamo a vivere la realtà. Due osservazioni di segno opposto, ricorrenti e veritiere per descrivere la vita presente. La chiave per comprendere perché due verità così divergenti hanno un comune fondo di verità è nel loro campo d’applicazione: come succede ai lattanti, abbiamo scambiato il giorno con la notte. Ovvero applichiamo alla veglia le categorie del sogno e al sogno le categorie della veglia. Da un verso cresce la paura della vita e della realtà. Paura della violenza, dello straniero, del razzista, delle malattie, del contagio, del buio, dell’inquinamento. E paura di far figli, di perdere il tenore di vita, paura del futuro ma anche del passato. Allora si cerca rifugio nelle illusioni, nella mitologia secondaria o d’asporto, nel fumo, nelle trasgressioni, nella vacanza, nel video, nella cuffia, nei carrelli della spesa. Non è una novità aggrapparsi alle illusioni: cambiano i veicoli, gli oggetti usati, non gli effetti. In un passato anche recente, le illusioni furono le utopie rivoluzionarie, le ideologie che promettevano paradisi in terra e società perfette. Le illusioni degli uni erano le paure degli altri, il terrore, la violenza.C’era chi bruciava i sogni dopo aver incendiato la realtà e chi faceva il contrario. I disagi, le violenze, le paure del presente sono passate con gli anni dalla sfera pubblica e storica alla sfera intima e privata, ma rivelano la stessa tendenza a scambiare il sogno con la veglia. Quando dovremmo vivere la realtà quotidiana alla luce del sole, fare i conti con ciò che siamo davvero, con il mondo concreto che ci circonda, con la nostra vita, i suoi limiti e le sue imperfezioni, ci rifugiamo nei desideri, inseguiamo chimere, viviamo di universi fittizi, mondi perfetti, società inesistenti, fughe nella realtà virtuale; incapaci di vivere, ci abbandoniamo ai sogni, compreso il sogno della merce. E quando invece dovremmo sognare, lasciare il campo alla libera immaginazione, all’incanto o all’irruzione del mito, allora ci barrichiamo nelle ferree leggi della ragione, nella contabilità, nella tecnica e nei bisogni materiali. Così l’amore è ridotto alla libido, la religione è ridotta a transfert nei cieli dei nostri bisogni e delle nostre paure, l’arte è ridotta all’audience e alle condizioni socio-economiche, le idee ai rapporti di produzione e consumo, la cultura al potere culturale.Ci snaturiamo quando dovremmo vivere secondo natura e ci aggrappiamo alla natura quando dovremmo liberare i sogni soprannaturali. Funzionano a pieno regime le fabbriche dei sogni, dalla fiction all’astrologia: Theodor Adorno in “Stelle su misura” analizzò questo trasloco nella veglia delle allucinazioni oniriche e delle psicosi notturne. L’inversione tra il giorno e la notte, tra il sogno e la veglia, trovò nel surrealismo e poi nel ’68 una formula di successo: l’immaginazione al potere. Il risultato fu rovesciare l’uomo, farlo camminare con la testa e pensare con i piedi, cioè con la praxis, ribaltando così il rapporto col cielo e la terra. I malesseri del presente – come i dolorosi furori del passato – hanno quella stessa matrice: sogniamo quando dovremmo vivere, viviamo quando dovremmo sognare. Dormienti di giorno, insonni di notte, apriamo gli occhi quando è buio, li chiudiamo quando c’è il sole. Pesanti nella leggerezza e leggeri nella gravità.Gli psicanalisti, come Hethan Watters, raccontano cosa succede quando si perdono i sogni di notte e la realtà di giorno. È la chiave più giusta per spiegare la malattia occidentale: la pretesa di calcare il cielo con i piedi e di camminare con la testa. Così i nostri dei e i nostri miti sono pedestri, all’altezza delle nostre suole, o al più dell’inguine, e la nostra vita terrena si perde nel cervello, in quella tirannia dell’immaginazione sulla realtà, del cervello sulla vita concreta che Paul Celàn, prima di suicidarsi, chiamava psicocrazia. I miti caduti in terra si chiamano malattie. Viviamo bene in stato di sospensione e di incoscienza, da automi e fruitori dell’attimo. Quando viviamo male, i sogni si fanno incubi e la realtà si fa maledizione inflitta da altri. Così la vita diventa una confortevole patologia. La via d’uscita, facile a dirsi e ardua a realizzarsi, è restituire i sogni alla notte e la veglia al giorno, ridare il cielo agli dei e la terra agli uomini, ripristinando il duplice bisogno di miti e di realtà che ci rende uomini, mai scambiandoli di posto e di momento.(Marcello Veneziani, “Sogniamo a occhi aperti, viviamo a occhi chiusi”, dal libro “Alla luce del mito”, edito da Marsilio nel 2017; estratto proposto dal sito di Veneziani).Abbiamo scambiato il giorno con la notte. Sogniamo a occhi aperti, viviamo a occhi chiusi. Non riusciamo a sognare e non riusciamo a vivere la realtà. Due osservazioni di segno opposto, ricorrenti e veritiere per descrivere la vita presente. La chiave per comprendere perché due verità così divergenti hanno un comune fondo di verità è nel loro campo d’applicazione: come succede ai lattanti, abbiamo scambiato il giorno con la notte. Ovvero applichiamo alla veglia le categorie del sogno e al sogno le categorie della veglia. Da un verso cresce la paura della vita e della realtà. Paura della violenza, dello straniero, del razzista, delle malattie, del contagio, del buio, dell’inquinamento. E paura di far figli, di perdere il tenore di vita, paura del futuro ma anche del passato. Allora si cerca rifugio nelle illusioni, nella mitologia secondaria o d’asporto, nel fumo, nelle trasgressioni, nella vacanza, nel video, nella cuffia, nei carrelli della spesa. Non è una novità aggrapparsi alle illusioni: cambiano i veicoli, gli oggetti usati, non gli effetti. In un passato anche recente, le illusioni furono le utopie rivoluzionarie, le ideologie che promettevano paradisi in terra e società perfette. Le illusioni degli uni erano le paure degli altri, il terrore, la violenza.
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Giorgio Bocca, partigiano: ma nel fascismo c’era del buono
La cultura italiana si è resa conto che la storia del fascismo, così come è stata scritta dagli antifascisti in questi anni, è storia da rivedere. È una storia che io chiamerei di famiglia. Il più grave errore mi sembra quello di aver raccontato la storia del fascismo come la storia di un movimento autoritario, violento… Ma la realtà del fascismo nascente è tutt’altra: il fascismo è un movimento violento e autoritario che reagisce a un’altra minoranza, altrettanto violenta e autoritaria, come quella socialcomunista. Tra socialismo e fascismo c’è una matrice culturale comune, ci sono delle illusioni comuni: che gli uomini possano essere cambiati in breve spazio di tempo. Nel 1936, all’epoca dell’impero, credo che il 90% degli italiani approvasse quello che rappresentava anche il loro sogno. Il consenso ci fu per tutto il periodo, diciamo così riformistico del fascismo, fino al patto con la Germania. Gli intellettuali italiani, secondo la loro tradizione millenaria, passarono subito al servizio del fascismo. Si sa che i professori universitari che non giurarono fedeltà al fascismo furono tre e non di più (in realtà erano 11 e diventarono 12, ndr). Tutti gli altri si misero dalla parte del fascismo che verso di loro, in verità, a differenza di altri regimi totalitari, fu piuttosto morbido.Il fascismo si differenziò proprio nell’essere largo nel lasciare autonomia alle scienze e alle arti. C’era una posizione abbastanza permissiva da parte del fascismo. Mussolini in campo culturale è stato un grandissimo giornalista e un politico professionale del suo tempo…come Gramsci, Togliatti, Nenni. Rispetto agli altri dittatori totalitari Mussolini era un uomo di mondo, aveva letto i libri giusti, aveva dei rapporti corretti con la cultura, mentre Hitler e Stalin non li avevano. Al di fuori del giornalismo non ha mai preso un soldo dallo Stato. Per il delitto Matteotti non credo che si possa parlare di mandante diretto, credo che sia stato interpretato in modo estensivo un suo scatto di malumore… Mussolini diede in escandescenza contro di lui ma senza mai dire “uccidetelo”. La politica sociale del fascismo fu nei primi anni una politica riformista normale, furono introdotte alcune leggi che facilitavano l’agricoltura, mettevano un primo ordine nei luoghi di lavoro; assicuravano con l’Iri un industrialismo assistito, una rinuncia al capitalismo feroce. Eravamo un paese arretrato, con una classe imprenditoriale anch’essa arretrata, e ad un certo punto fu giocoforza fare un’economia protezionista.Il fascismo, nato come regime di massa, fece partecipare alla vita politica un numero maggiore di persone. I ceti medi, infatti, che nel regime liberale non avevano contato, sotto il fascismo, pur nei modi e nei limiti previsti, partecipavano alla vita politica. Non è esistito un razzismo degli italiani diverso dal razzismo di tipo coloniale… era politica di dominio, non di sterminio. Il popolo italiano le leggi razziali non le ha sentite per niente; l’adozione delle leggi razziali per adeguarsi alla Germania nazista furono una prova di subalternità rispetto alla Germania. In tutto il fascismo fino al 1935, non c’è la minima traccia di razzismo antisemita. Le affinità tra nazismo e fascismo sono pochissime e sono affinità di metodo: sono due regimi di massa, a partito unico, autoritari; ma le differenze sono molto più grandi delle somiglianze. Veramente fra fascismo e nazismo non c’è alcuna parentela. La concezione della razza resta fondamentale per differenziare il fascismo dal nazismo. Il Mussolini dell’ultimo periodo è stato un Mussolini con le mani legate, indubbiamente. Io credo che il motivo dominante dell’alleanza con la Germania sia stata la paura.(Giorgio Bocca, dichiarazioni sul fascismo estratte dal volume collettivo “Il fascismo ieri e oggi”, a cura di Enzo Palmesano, pubblicato nel 1985 dall’editore Ciarrapico. La sintesi, che rivela il revisionismo storico del grande giornalista, già comandante partigiano, è stata riproposta da Marcello Veneziani su “La Verità” il 26 agosto 2020. Riguardo all’omicidio Matteotti, Bocca coglie nel segno: il mandante non fu Mussolini, ma il Re. Lo scrive Gianfranco Carpeoro, nel saggio “Il compasso, il fascio e la mitra”, uscito nel 2017 per UnoEditori. La ricostruzione di Carpeoro si basa su documenti riservati della massoneria: Matteotti fu assassinato dai killer reclutati da Filippo Naldi, vicino a Casa Savoia, perché a Londra il leader socialista aveva scoperto che Vittorio Emanuele III era il grande beneficiario dell’accordo stipulato con la Standard Oil dei Rockefeller, cui era stata concessa l’esclusiva per le forniture di petrolio all’Italia).La cultura italiana si è resa conto che la storia del fascismo, così come è stata scritta dagli antifascisti in questi anni, è storia da rivedere. È una storia che io chiamerei di famiglia. Il più grave errore mi sembra quello di aver raccontato la storia del fascismo come la storia di un movimento autoritario, violento… Ma la realtà del fascismo nascente è tutt’altra: il fascismo è un movimento violento e autoritario che reagisce a un’altra minoranza, altrettanto violenta e autoritaria, come quella socialcomunista. Tra socialismo e fascismo c’è una matrice culturale comune, ci sono delle illusioni comuni: che gli uomini possano essere cambiati in breve spazio di tempo. Nel 1936, all’epoca dell’impero, credo che il 90% degli italiani approvasse quello che rappresentava anche il loro sogno. Il consenso ci fu per tutto il periodo, diciamo così riformistico del fascismo, fino al patto con la Germania. Gli intellettuali italiani, secondo la loro tradizione millenaria, passarono subito al servizio del fascismo. Si sa che i professori universitari che non giurarono fedeltà al fascismo furono tre e non di più (in realtà erano 11 e diventarono 12, ndr). Tutti gli altri si misero dalla parte del fascismo che verso di loro, in verità, a differenza di altri regimi totalitari, fu piuttosto morbido.
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Atzmon: noi pecore, agli ordini della non-scienza del Covid
«Non sono Trump o l’Fbi che hanno cancellato i sette milioni di post su Facebook che dissentivano con la narrativa ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Non sono stati i Tories o Boris Johnson a far sparire da YouTube migliaia di video importanti. È stata l’opera di gigantesche società tecnologiche che operano tutte di comune accordo per mettere a tacere le opinioni dissenzienti». Ci voluti solo pochi giorni dall’inizio della pandemia di Covid-19 per rendersi conto che dissentire dalla narrativa ufficiale sul coronavirus suscitava simili, drastiche risposte. Lo afferma Gilad Aztmon, jazzista e intellettuale di origine ebraica, spesso in polemica con gli eccessi anti-palestinesi del sionismo israeliano. Il risultato della censura, dice Atzmon, è stato devastante: a sei mesi dall’inizio della “crisi” sappiamo ancora molto poco del virus, e in ogni caso la prima vittima è prpprio la scienza, vista la scomparsa dell’ethos scientifico e culturale occidentale. «Tremila anni di tradizione occidentale sono stati sostituiti da una cultura di tipo mercantile che falsifica l’mmagine del pensiero scientifico». Invece di chiedersi cos’è che mette in pericolo alcuni segmenti della popolazione, scrive Atzmon, «le nostre istituzioni sanitarie e le nostre aziende sono interessate ad un unico problema: come poter trasformare il Covid-19 in una macchina da soldi».A dare spettacolo non sono gli scienziati, che dovrebbero confronarsi liberamente sul virus, ma sono le start-up, che «competono tra loro in una disperata gara per i vaccini», mentre esplodono le quotazioni di Wall Street. «Davanti ai nostri occhi, Amazon estende il suo monopolio globale, mentre i rivenditori più piccoli cadono come mosche e, durante questo periodo, le aziende tecnologiche ci hanno mostrato la loro vera natura e il loro vero scopo».La verità è innegabile, scrive Atzmon: «Google non è un motore di ricerca, è un apparato di indottrinamento orwelliano, il suo fratello maggiore, 2020». Facebook e Twitter? «Non sono social network, in realtà sono filtri anti-sociali». Di fatto, «bloccano ciò che non vi è permesso dire o pensare, ma che sicuramente stavate iniziando a capire». Eppure, osserva l’analista, non è una novità: i prodromi di questo cambiamento autoritario erano già stati intuiti da molti, a cominciare da Orwell. E non solo: «Alcuni decenni fa, il contesto di questa svolta draconiana era stato probabilmente definito meglio da due grandi filosofi, l’austriaco Otto Weininger e il tedesco Martin Heidegger». Già all’inizio del XX secolo, il Weininger si era reso conto che la scienza medica stava perdendo la visione olistica del corpo umano, inteso come organismo, e stava iniziando a considerarlo «una mera collezione di organi».Weininger – scrive Atzmon – aveva intuito che la scienza medica era destinata a trasformarsi «in una questione di farmaci, una semplice somministrazione di sostanze chimiche». Ebreo di nascita, nel suo libro “Sesso e carattere”, Weininger «aveva lanciato un attacco senza precedenti alla cultura ebraica e alla sua influenza sulla scienza medica e sul pensiero scientifico in generale». L’attuale svolta della scienza medica, ha scritto Weininger nel 1903, è in gran parte dovuta «all’influenza degli ebrei, che in gran numero hanno abbracciato la professione medica». Ancora: «Dovremmo abbandonare questa scienza giudaica e ritornare ai più nobili concetti di Copernico e Galileo, Keplero ed Eulero, Newton e Linneo, Lamarck e Faraday, Sprengel e Cuvier. I liberi pensatori di oggi, senz’anima e non credenti nell’anima, sono incapaci di colmare il vuoto lasciato da questi grandi uomini e di rendersi umilmente conto dell’esistenza di segreti intrinseci nella natura». Secondo Atzmon, l’ebreoWeininger «voleva solo che la scienza si emancipasse da un paradigma materialista emergente. E il suo genio, per quanto controverso, è stato quasi completamente eradicato da coloro che controllano il nostro discorso pubblico.Mezzo secolo dopo “Sesso e carattere” di Weininger, fu diffiso il testo della conferenza “Il problema riguardante la tecnologia”, tenuta da Heidegger nel 1954. Tra i due eventi culturali, ricorsda Atzmon, il mondo aveva visto visto due guerre mondiali e la bomba atomica, una rivoluzione comunista, e il grandioso sviluppo inustriale. «Heidegger considerava la tecnologia principalmente come una modalità di rivelazione: attraverso la tecnologia, le cose si svelano a noi fino al punto in cui impariamo a conoscere il mondo che ci circonda, ma anche il nostro ruolo, il nostro significato, i nostri limiti e il nostro destino nel mondo». La tecnologia, in quanto tale, ha creato il mondo in cui viviamo e ci fornisce una finestra sul significato dell’essere. «Ma la tecnologia moderna, secondo Heidegger, ha introdotto un cambiamento nella dualità tra uomo e universo: piuttosto che rivelarci e svelarci il mondo, la tecnologia si è trasformata in una modalità di sfruttamento che rende il mondo in qualche modo inaccessibile a noi». A causa della tecnologia, osservava Heidegger, «tutte le distanze nel tempo e nello spazio si stanno riducendo», eppure questo «non porta ad alcuna vicinanza, perché la vicinanza non consiste in una ridotta quantità di distanza».Nonostante i rapidi progressi tecnologici, noi non siamo in grado di sperimentarla, questa “vicinanza” (figuriamoci poi di comprenderla). Invece di una graduale comprensione di come gli oggetti si manifestano a noi come tecnologici, li vediamo e li trattiamo come ciò che Heidegger definiva una “riserva permanente”, oggetti da tenere in magazzino o da esporre in una mostra. «Il mondo sta diventando una raccolta di oggetti tecnologici, gadget, pezzi di inventario da ordinare, catalogare, consumare, digerire, caricare, trasmettere in streaming, assemblare e smontare». E così, scrive Atzmon, «trattiamo anche le capacità e le malattie umane come se fossero solo dei mezzi per procedure tecnologiche e strumenti di produzione». Vale anche per il Covid-19, e qualunque altra apparente minaccia per la salute. «Anche prima che potessimo renderci conto di cosa fosse, il Covid-19 era già stato ridotto ad una risorsa tecnologica, ad una “riserva permanente” heideggeriana. Che si tratti del dibattito sulle mascherine, sulle vaccinazioni future o sui ventilatori, il Covid-19, oltre che un rischio per la salute, è diventato anche una “macchina da soldi”».Di fatto, «siamo ben lontani dall’ethos ateniese occidentale che sottoscrive il pluralismo, l’apertura e – cosa più importante – una ricerca incessante (e aperta) della verità, attraverso la saggezza». La verità, insiste Gilad Atzmon, è che «siamo lieti di avere paura, e accettiamo di farci terrorizzare da sempre nuovi scenari apocalittici», seguendo docilmente «chi ci spoglia dei nostri diritti più elementari». Così, «accettiamo la soppressione del libero pensiero fino a nuovo ordine, e preferiamo seguire leggi, regolamenti e “mitzvoth”» (cioè comandamenti, come quelli impartiti da Yahwè al popolo biblico). «In un mondo del genere – conclude Atzmon – Heidegger e Weininger sono nemici pubblici». E così Orwell, la cui sinistra profezia «non farà parte ancora per molto del programma scolastico occidentale». In sostanza, «il Covid-19 ci ha rivelato che non siamo poi così liberi come avremmo potuto credere». L’unica domanda che ci rimane, conclude Atzmon, è drammatica: come persone, potremo risorgere? E se mai, quando?(Gilad Atzmon, “Covid-19 e tecnologia”, dal blog di Atzmon del 29 agosto 2020; post tradotto e ripreso da “Come Don Chisciotte”).«Non sono Trump o l’Fbi che hanno cancellato i sette milioni di post su Facebook che dissentivano con la narrativa ufficiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Non sono stati i Tories o Boris Johnson a far sparire da YouTube migliaia di video importanti. È stata l’opera di gigantesche società tecnologiche che operano tutte di comune accordo per mettere a tacere le opinioni dissenzienti». Ci voluti solo pochi giorni dall’inizio della pandemia di Covid-19 per rendersi conto che dissentire dalla narrativa ufficiale sul coronavirus suscitava simili, drastiche risposte. Lo afferma Gilad Aztmon, jazzista e intellettuale di origine ebraica, spesso in polemica con gli eccessi anti-palestinesi del sionismo israeliano. Il risultato della censura, dice Atzmon, è stato devastante: a sei mesi dall’inizio della “crisi” sappiamo ancora molto poco del virus, e in ogni caso la prima vittima è prpprio la scienza, vista la scomparsa dell’ethos scientifico e culturale occidentale. «Tremila anni di tradizione occidentale sono stati sostituiti da una cultura di tipo mercantile che falsifica l’mmagine del pensiero scientifico». Invece di chiedersi cos’è che mette in pericolo alcuni segmenti della popolazione, scrive Atzmon, «le nostre istituzioni sanitarie e le nostre aziende sono interessate ad un unico problema: come poter trasformare il Covid-19 in una macchina da soldi».
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Enrico Ruggeri: l’emergenza Covid sfruttata per tenerci zitti
Ho vissuto con difficoltà questo momento, nel quale una società che si vuole vedere e raccontare come evoluta, ha deciso di barattare la libertà con la salute, o, peggio, con una rassicurante idea di salute. Giuro di dire la verità: anche se mi trovassi in punto di morte per Covid-19 sarei disposto a ripetere quanto sto per dire. Ho più volte rischiato la vita, negli anni, e sono sempre rimasto lucido, come lo sono ora: credo che l’uomo sia per sua natura propenso a ricercare la libertà. Altrimenti saremmo come lo scarafaggio della “Metamorfosi” di Kafka, un essere che pensava di colpo solo a mangiare e a salvarsi, pronto a nascondersi nel caso si accendesse la luce nella stanza. Noi non siamo fatti così: siamo uomini. E nello specifico io sono un artista, e l’idea di arte che ho non è certo quella di dover cercare il consenso per il consenso, tanto più se a repentaglio c’è l’idea stessa di libertà. Lo slogan #IoRestoACasa? I dittatori hanno sempre imposto regole, anche assurde, che negavano ogni fondamento di libertà, sempre spacciandole come decisioni fatte per il bene del popolo. Neanche Stalin ha mai detto che faceva quel che faceva per cattiveria o tirannia, ma per amore del popolo russo.In questo, credo, ci siamo trovati di colpo a vivere in una condizione dittatoriale, seppur una dittatura che non è passata per un esercito ma attraverso una comunicazione di tipo vagamente terroristico. Ci mettevano paura e poi ci offrivano la scappatoia per salvarci, rinunciare alla nostra libertà, appunto. Intendiamoci: non voglio mica dire che qualcuno, magari i dieci potenti della Terra di cui cantavamo nella canzone “L’Anticristo” dei Decibel, da qualche parte ha deciso tutto questo. È successo, c’è stata un’emergenza, ma mi sembra evidente che l’emergenza è stata abbondantemente sfruttata a livello globale da chi ci guida e ci comanda per tenerci sotto, buoni e zitti. E gli artisti, in questo, si sono ancora una volta dimostrati tutti molto impauriti e pronti a seguire la scia: ce ne fosse stato uno che, a rischio di prendersi critiche, si sia esposto. Guarda, alzo il tiro: dopo aver citato Stalin vado oltre. Pensiamo ai partigiani, quelli per ricordare i quali, il 25 aprile, in tanti hanno cantato “Bella Ciao” dal balcone, perché durante il lockdown usava così: pensate che quei giovani sarebbero andati sui monti a rischiare di morire, in alcuni casi proprio a morire se avessero messo la loro salvaguardia, la loro salute, prima del valore sacro della libertà?Io non sono esperto di virus, quindi non ambisco a poter dire la mia riguardo la pandemia né riguardo la gestione medica della pandemia, anche se da quel che sta emergendo è chiaro che si sono fatti tanti passi falsi, errori anche molto gravi; ma mi sembra evidente che il coronavirus sia stato preso come una palla al balzo per tenerci ulteriormente sotto, più di quanto già non si facesse in precedenza. Se affacciandoti alla finestra, durante il lockdown, ti è capitato di vedere un’ambulanza a sirene spiegate che procede con calma a quaranta all’ora in una strada deserta, magari, il dubbio che ci sia una volontà di terrorizzarci c’è. Non sono in grado di dire chi ha deciso che tutto ciò dovesse accadere: parlo del tenerci tutti sotto, zitti, ma che sia accaduto mi sembra evidente. Se poi pensate che, in tutto questo, gli unici ambiti rimasti ancora al palo (dopo le discoteche piene, la movida, le spiagge disposte esattamente come l’anno scorso e quello prima ancora) sono l’istruzione e la cultura. lo spettacolo, qualche domanda devi per forza fartela.Perché i miei colleghi se ne stanno tutti zitti? Perché non c’è una presa di coscienza comune di quel che sta accadendo e di come questa situazione potrebbe davvero portare all’implosione di tutta la filiera? È così da tempo, diciamo da quando esistono i social. Sono tutti conformi, omologati: hanno paura di dire la propria perché altrimenti perdono followers, ricevono critiche pubbliche, rendono esiguo il proprio pubblico. E dire che l’arte dovrebbe essere per sua natura sovversiva, porre domande – volendo, dovrebbe essere anche oltraggiosa. Sono anni che veniamo visti, e di conseguenza trattati, con accondiscendenza, come si potrebbe parlare di un bambino, di un animale da compagnia. Nessuno ha provato mai a fare qualcosa per tutelare il nostro mondo prima, figuriamoci se ha senso farlo ora, che tutto sta crollando a pezzi. Solo che a vedere quelle fotografie, le discoteche piene zeppe di persone, le spiagge dove si fatica a trovare la sabbia tanta è la gente che ci sta, viene da chiedersi davvero se il tenerci tutti zitti, anche quelli che comunque direbbero qualcosa di rassicurante e assolutamente integrato, non sia parte di un discorso più ampio nel quale, ahinoi, non siamo altro che contorno.(Enrico Ruggeri, dichiarazioni rilasciate a Michele Monina per l’intervista “L’emergenza Coronavirus sfruttata da chi comanda per tenerci zitti”, pubblicata da “Tpi” il 20 luglio 2020).Ho vissuto con difficoltà questo momento, nel quale una società che si vuole vedere e raccontare come evoluta, ha deciso di barattare la libertà con la salute, o, peggio, con una rassicurante idea di salute. Giuro di dire la verità: anche se mi trovassi in punto di morte per Covid-19 sarei disposto a ripetere quanto sto per dire. Ho più volte rischiato la vita, negli anni, e sono sempre rimasto lucido, come lo sono ora: credo che l’uomo sia per sua natura propenso a ricercare la libertà. Altrimenti saremmo come lo scarafaggio della “Metamorfosi” di Kafka, un essere che pensava di colpo solo a mangiare e a salvarsi, pronto a nascondersi nel caso si accendesse la luce nella stanza. Noi non siamo fatti così: siamo uomini. E nello specifico io sono un artista, e l’idea di arte che ho non è certo quella di dover cercare il consenso per il consenso, tanto più se a repentaglio c’è l’idea stessa di libertà. Lo slogan #IoRestoACasa? I dittatori hanno sempre imposto regole, anche assurde, che negavano ogni fondamento di libertà, sempre spacciandole come decisioni fatte per il bene del popolo. Neanche Stalin ha mai detto che faceva quel che faceva per cattiveria o tirannia, ma per amore del popolo russo.
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Tacito, Seneca e Giuseppe Flavio: gli Ufo nell’antica Roma
Cari negazionisti, rassegnatevi all’evidenza: gli Ufo esistono. Parola di Joe Gradisher, il portavoce dell’Us Navy, che il 18 settembre 2019 – per la prima volta nella storia – ha ammesso che i piloti militari osservano continuamente astronavi e velivoli non terrestri, ribattezzati Uap (Unidentified Areial Phenomena). A parlare sono le immagini: foto e video ufficiali, realizzati dalle telecamere dei caccia dell’aviazione navale americana. Proprio alla vigilia della pandemia di coronavirus che ha paralizzato il mondo, viene così a cadere il più longevo dei “segreti di Pulcinella”, custodito dai tempi di Roswell, quando – il 2 luglio 1947 – fu visto un disco volante (incendiato) precipitare nelle campagne del New Mexico. Le autorità si affrettarono a depistare i testimoni, esibendo i rottami di un pallone sonda, ma – una volta in congedo – un ufficiale come Jesse Marcel ammise di esser stato costretto a mentire, dai superiori, per nascondere la verità sulla piccola nave spaziale piovuta dal cielo. Settant’anni di silenzi, reticenze e bugie ufficiali. E ora, la confessione: gli Ufo esistono, eccome. Uno smacco, per i tanti affabulatori televisivi (su tutti, in Italia, Piero Angela) che hanno sempre negato l’esistenza di avvistamenti non spiegabili come terrestri, ignorando peraltro le tracce inequivocabili degli Ufo presenti già nella letteratura latina.
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A rischio 5 milioni di posti di lavoro, 4 mini-aziende su 10
«Sull’economia italiana si sta per abbattere uno tsunami di proporzioni non immaginabili», a causa della drammatica flessione del Pil in seguito al lockdown, evento non compensato da adeguati aiuti europei. Effetti: sono a rischio chiusura 4 piccole aziende su 10, con conseguenze devastanti sulla disoccupazione e quindi sulle entrate statali. Secondo “Proiezioni di Borsa”, newsmagazine finanziario, i segnali sono inequivocabili: «L’arrivo di uno tsunami si manifesta prima con delle onde anomale. Poi arriva l’onda enorme, che spazza e travolge tutto quello che trova sulla sua strada. E quando si ritira lascia solo danni e devastazione. E’ ciò che sta per accadere alla economia italiana». Lo conferma Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio. Secondo l’ufficio studi dell’associazione nazionale commercianti, i consumi in Italia oggi sono ai livelli più bassi degli ultimi 25 anni. «Significa che oggi gli italiani spendono, in consumi di prodotti e servizi, come 25 anni fa». Sono indicativi alcuni dettagli: «Oggi gli italiani spendono più in alimentari che in servizi, fenomeno che non si verificava dal 2007. Inoltre si registra una forte contrazione degli acquisti per automobili, scarpe e vestiti».Il commercio e la domanda interna sono una parte rilevante del Pil italiano. «Una riduzione della domanda interna di beni e servizi – scrive “Proiezioni di Borsa” – può mandare in crisi decine di migliaia di attività commerciali e di piccole e piccolissime imprese. Una loro chiusura farà aumentare la disoccupazione in Italia». Il fenomeno per ora è attutito grazie alle misure-tampone del governo. Con il Decreto Agosto, l’esecutivo ha prolungato la cassa integrazione e i termini del divieto di licenziamento, anche se con dei “paletti”. «Ma cosa accadrà quando anche queste misure cadranno?». Secondo uno studio Istat, su aziende con almeno 3 dipendenti, sono a rischio chiusura il 40% delle microimprese, mentre potrebbe chiudere i battenti il 19% delle grandi imprese. «Nella ristorazione e nell’ambito dei servizi turistici, oltre 6 alberghi e ristoranti su 10 sono in pericolo chiusura». In termini occupazionali, per l’Istat sono in pericolo 3,6 milioni di posti di lavoro nelle imprese, a cui si aggiungono 800.000 addetti nella ristorazione e nell’accoglienza turistica. «A questi si sommano altri 700.000 addetti del settore dello sport, cultura e intrattenimento».Se facciamo la somma, conclude “Proiezioni di Borsa”, nei prossimi mesi circa 5 milioni di persone rischiano di perdere il lavoro. «Non è uno tsunami, è una ecatombe. Se anche solo la metà di questi lavoratori perdesse il posto, per l’economia nazionale sarebbe un colpo terribile». E attenzione, stiamo parlando di una indagine su aziende con almeno 3 dipendenti. E le partite Iva? E le aziende familiari con due componenti? Sempre secondo l’Istat, a giugno il tasso di disoccupazione in Italia è salito all’8,8% (ad aprile il dato era al 6,3%). Drammatico il dato per i giovani, il cui tasso di disoccupazione a giugno è al 27,6% contro poco più del 20% di aprile. «Ma il dato più indicativo, e se volete drammatico, è il forte aumento delle persone in cerca di lavoro, pari al 7,9%. Rispetto a maggio 2020, a giugno quasi 150.000 persone si sono messe in cerca di occupazione». Attezione: «Meno occupazione significa meno reddito, quindi meno domanda da consumi, quindi meno produzione, quindi meno lavoro. Andiamo verso un periodo in cui ci sarà un incremento della disoccupazione che non si vede come possa essere riassorbita».Un’azienda che chiude non porta danni solo per l’economia, ma anche allo Stato (meno entrate fiscali). E per ogni azienda che rimane in piedi, ma vede ridursi il suo giro d’affari, le entrate tributarie si riducono. Se per quest’anno Bankitalia prevede un calo del Pil tra il 9,2% al 13,1%, significa che le entrate tributarie diminuiranno del 10% circa. «Infatti, nel periodo gennaio-maggio 2020 lo Stato ha accusato mancate entrate per 15 miliardi (dati del Mef). In percentuale è una cifra pari al 9,3% in meno rispetto allo stesso periodo del 2019». Per i prossimi mesi e per buona parte del prossimo anno, continua “Proiezioni di Borsa”, lo Stato incasserà meno tasse ma dovrà fronteggiare maggiori spese: dovrà fare fronte a tutte le misure di sostegno varate a deficit con i 4 decreti, cui si aggiunge l’indennità di disoccupazione (Naspi) che inevitabilmente lieviterà, senza contare le spese ordinarie per mandare avanti la macchina statale. «Ma supponiamo che i costi sociali, previdenziali, sanitari, non aumentassero e rimanessero uguali. Comunque lo Stato avrebbe a disposizione decine di miliardi in meno per fare fronte alle spese fisse della macchina statale. Come vi farà fronte?».«Sull’economia italiana si sta per abbattere uno tsunami di proporzioni non immaginabili», a causa della drammatica flessione del Pil in seguito al lockdown, evento non compensato da adeguati aiuti europei. Effetti: sono a rischio chiusura 4 piccole aziende su 10, con conseguenze devastanti sulla disoccupazione e quindi sulle entrate statali. Secondo “Proiezioni di Borsa“, newsmagazine finanziario, i segnali sono inequivocabili: «L’arrivo di uno tsunami si manifesta prima con delle onde anomale. Poi arriva l’onda enorme, che spazza e travolge tutto quello che trova sulla sua strada. E quando si ritira lascia solo danni e devastazione. E’ ciò che sta per accadere alla economia italiana». Lo conferma Carlo Sangalli, presidente della Confcommercio. Secondo l’ufficio studi dell’associazione nazionale commercianti, i consumi in Italia oggi sono ai livelli più bassi degli ultimi 25 anni. «Significa che oggi gli italiani spendono, in consumi di prodotti e servizi, come 25 anni fa». Sono indicativi alcuni dettagli: «Oggi gli italiani spendono più in alimentari che in servizi, fenomeno che non si verificava dal 2007. Inoltre si registra una forte contrazione degli acquisti per automobili, scarpe e vestiti».
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Bizzi: i massoni italiani? Morti nel lockdown, arresi al potere
Questo mio articolo a molti non piacerà, ma sinceramente non me ne curo. Non piacerà, in primis, a molti “complottari” della domenica, abituati – per pregiudizio, per ignoranza o per condizionamenti ideologici – a vedere ovunque lo zampino del famigerato “complotto giudaico-massonico” e a considerare la Libera Muratoria l’origine e la causa di ogni male. Certi soggetti, al pari di molti “covidioti” dei nostri giorni, difficilmente sono recuperabili alla ragione, a meno che non si facciano un corso accelerato di Storia (la Storia quella vera, con la “S” maiuscola). Non piacerà, in secondo luogo, anche a molti Liberi Muratori, o presunti tali, soprattutto a quelli che boriosamente si autodefiniscono “Costruttori di Cattedrali”, ma che in realtà sono “visitatori di cattedrali” la cui cattedrale interiore, quella dello Spirito, è assai meno solida di due mattoncini Lego assemblati al contrario. Più che ai primi, quindi, mi rivolgerò proprio ai secondi. Nei giorni scorsi mi è capitato di leggere, su Facebook e su altre piattaforme, delle animate discussioni aperte da alcuni Fratelli i quali, mentre l’Italia sta sprofondando sempre di più in una dittatura orwelliana in salsa tecnocratico-cinese, invece di allarmarsi e di indignarsi per il fatto che la nostra Costituzione venga ignobilmente e impunemente ogni giorno calpestata dal peggiore governo che il nostro paese abbia mai subito, indovinate un po’ di cosa si preoccupavano? Della fantomatica presenza di “fascisti” all’interno delle logge!
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Una strana religione politica, contro la teologia mondialista
Le Forze della Luce contro le Forze delle Tenebre: a esprimersi in questi termini non è Tolkien nel “Signore degli Anelli”, ma il cardinale Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Usa, nella sua celebre lettera aperta indirizzata alla Casa Bianca. Un’esortazione rivolta a Donald Trump perché si metta alla testa dell’Esercito del Bene contro le Armate del Male che, manipolando le masse con il terrorismo psicologico costruito attorno al coronavirus, darebbero corso a un piano “infernale” teso alla sottomissione definitiva dell’umanità. Coglie nel segno, l’alto prelato, nell’individuare una possibile, evidente regia occulta nell’affare-Covid, sovragestito da élite pericolosamente influenti sulla finanza, sui media e sui governi. Diversamente non sarebbero spiegabili gli incredibili “errori” commessi ovunque, fin dall’inizio dell’esplosione epidemica: ritardato allarme, misure sanitarie errate e controproducenti, lockdown e distanziamenti indiscriminati e coercitivi, abusi di potere, sottovalutazione delle terapie efficaci, psicosi diffusa a reti unificate. Un mix devastante: epidemia di panico e collasso dell’economia.Una vera e propria strategia della tensione a livello globale, per far accettare misure inaccettabili come la sospensione delle libertà democratiche, dopo aver ridotto i cittadini a sudditi docilissimi e terrorizzati, grazie alla piena complicità dei grandi media, trasformati in organi di propaganda (in Italia, assistiti persino da una censura governativa sfrontatamente ufficiale, istituzionalizzata da Giuseppe Conte con apposita task-force a Palazzo Chigi). Se l’analisi di monsignor Viganò offre spunti altamente suggestivi e utili per riflettere sul “male oscuro” che sembra intenzionato a impossessarsi del pianeta, e contro cui si ergerebbe Trump per opporvisi coraggiosamente, è la configurazione del “bene” disegnata dal cardinale a lasciare decisamente perplessi, laddove il “male”, secondo Viganò, sarebbe incarnato da un nemico come “la massoneria”, presa in blocco e senza nessun distinguo. Dettaglio quasi umoristico: Viganò sembra ignorare il fatto che lo stesso Trump, come moltissimi altri presidenti americani, sia un massone, e per giunta – come pubblicamente ammesso da più parti – aiutato in modo decisivo, nel 2016, dalla massoneria “progressista”, che scelse The Donald per metter fine all’ipocrisia finto-democratica dei Clinton, potente ingranaggio dell’élite finanziaria ultra-oligarchica.Non sorprende che i riferimenti socio-culturali di Viganò, esponente del clero cattolico più tradizionalista e ostile alle libertà garantite dai diritti civili, restino quelli – Dio e famiglia – che risuonavano nella Chiesa reazionaria di Pio IX, grande avversario della modernità e campione di un oscurantismo autoritario di antica data, proprio mentre le avanguardie sociali dell’Italia ottocentesca ribollivano di fervore libertario e risorgimentale. A stupire, semmai, sono i richiami patriottici dei tanti fan di Viganò, che al Moloch del globalismo contrappongono il baluardo dell’identità nazionale, intendendo l’Italia essenzialmente come comunità religiosa, cattolica e pure anti-massonica, quasi ignorando l’origine interamente libero-muratoria dell’Unità d’Italia, strenuamente contrastata proprio dal Vaticano. Come ogni storico sa, infatti, se la massoneria partorì la carboneria per dare corso al piano di emancipazione del Balpaese, furono massoni come Cavour e Garibaldi a progettare e condurre a termine il processo unitario, mettendo fine a quello “spezzatino di Stati e staterelli” che condannava l’Italia a restare una mera espressione geografica.Forse, gli estimatori di Viganò dimenticano anche che il neonato Stato unitario era marcatamente anticlericale, e lo rimase per mezzo secolo: il crocifisso nelle scuole fu introdotto solo nel ‘900 da Mussolini, quando il regime fascista si alleò con la Chiesa dando vita al clerico-fascismo, cioè lo sciagurato assetto politico che finì per accettare anche il gemellaggio con Hitler, dopo che il Duce – in ossequio all’Oltretevere – aveva accettato di rinnegare sia l’aiuto ricevuto in prinicipio dai massoni, sia le sue stesse origini profondamente radicate nel socialismo rivoluzionario, corrente politica tradizionalmente ostile all’oscurantismo clericale che, in Italia e nell’Europa cattolica, aveva frenato in ogni modo il progresso sociale, civile e culturale, ostacolando la diffusione delle conquiste scientifiche. Di norma è il cosiddetto fondamentalismo a mescolare religione e politica, spesso con esiti imbarazzanti: si può arrivare fino alla teocrazia degli ayatollah, anche se in Italia è difficile che si vada oltre al rosario lungamente sventolato da Matteo Salvini nei suoi comizi.Se da un lato suscita sconcerto l’arrendevolezza di Bergoglio (duramente contestato da Viganò) nei confronti del regime di Pechino, che oggi è addirittura autorizzato a influire nelle nomine dei vescovi cattolici presenti in Cina, dall’altro non può che preoccupare i laici, credenti e non, la tendenza a non distinguere tra le varie anime del mondialismo, demonizzando qualsiasi pulsione internazionalistica e prospettando la sola dimensione nazionale (per giunta, interpretata in chiave ierocratica e quasi medievale) come argine contro il devastante dominio neoliberista, mercantile e globalizzato. Chiunque abbia a cuore la libertà, in altre parole, non può accettare l’idea che possa essere una militanza di tipo religioso, quale che sia, a cementare istanze sacrosante come la legittima autodifesa dei cittadini, oggi più che mai trasformati in sudditi. Religione, spiritualità e coscienza sono risorse virtualmente fondamentali, a livello inviduale: ma non è certo su una presunta religione nazionalistica, per giunta aliena rispetto all’universalismo cattolico e condizionata dall’imposizione di dogmi di fede che presuppono obbedienza e sottomissione, che si può fondare un pensiero pubblico in grado di contrastare l’obbedienza e la sottomissione che la nuova religione neoliberista oggi cerca di imporre, con la forza della paura, grazie a un virus dall’origine sospetta e tuttora misteriosa.Le Forze della Luce contro le Forze delle Tenebre: a esprimersi in questi termini non è Tolkien nel “Signore degli Anelli”, ma il cardinale Carlo Maria Viganò, già nunzio apostolico negli Usa, nella sua celebre lettera aperta indirizzata alla Casa Bianca. Un’esortazione rivolta a Donald Trump perché si metta alla testa dell’Esercito del Bene contro le Armate del Male che, manipolando le masse con il terrorismo psicologico costruito attorno al coronavirus, darebbero corso a un piano “infernale” teso alla sottomissione definitiva dell’umanità. Coglie nel segno, l’alto prelato, nell’individuare una possibile, evidente regia occulta nell’affare-Covid, sovragestito da élite pericolosamente influenti sulla finanza, sui media e sui governi. Diversamente non sarebbero spiegabili gli incredibili “errori” commessi ovunque, fin dall’inizio dell’esplosione epidemica: ritardato allarme, misure sanitarie insufficienti e controproducenti, lockdown e distanziamenti indiscriminati e coercitivi, abusi di potere, sottovalutazione delle terapie efficaci, psicosi diffusa a reti unificate. Un mix devastante: epidemia di panico e collasso dell’economia.
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Il terrorismo Covid è un’iniziazione inconscia per l’umanità
Il canale video “Truthstream” ha recentemente pubblicato un interessante video che spiega come la crisi del coronavirus e il modo in cui le autorità la affrontano, hanno tutte le caratteristiche di un iniziazione rituale. Nel 2018 i creatori di Truthstream Media avevano già pubblicato un video che mostrava come la società di oggi stia passando attraverso un’iniziazione inconscia (”Does Society Realize It Is Being Initiated?”). Nei video vennero discussi alcuni fatti particolari, che in questo scritto cercherò di sintetizzare. Quando si sente parlare di iniziazione rituale, si pensa generalmente a delle società segrete come la massoneria. Spesso non ci si rende conto che il simbolismo occulto di tali società lo si può trovare in tanti ambiti della società. Per esempio, la piramide e “l’occhio onniveggente” si trovano sulla banconota da un dollaro, nel grande sigillo degli Stati Uniti e sull’edificio della Corte Suprema in Israele. L’architettura del Campidoglio americano mostra ciò che realmente è, un tempio. Anche il suo interno, con i suoi oggetti d’arte e i murales, è una vetrina di simbolismo occulto. Le cerimonie pubbliche sono spesso intervallate da atti simbolici. La cerimonia di apertura dei Giochi Olimpici 2012 a Londra è stata un macabro spettacolo, con un tema notevole, un’epidemia da virus.
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Casta italiana, predoni stranieri e applausi (cretini) a Conte
Avete fatto i conti, prima di applaudire Conte? Certo che no: il consenso al potere si costruisce abbindolando quelli come voi, ma qualcuno li ha fatti: gli aiuti valgono lo 0,015% del bilancio dello Stato (che è di 900 miliardi), pari allo 0,0075 del Pil (1.800). Infatti lo Stato nei prossimi anni emetterà circa 300 miliardi di titoli pubblici all’anno, perlopiù per sostituire quelle in scadenza e per il resto per l’accresciuto fabbisogno. E allora 210 miliardi in 7 anni significa 30 miliardi all’anno, cioè 1/30 del bilancio statale e 1/10 delle nuove emissioni, che pagano l’1% annuo circa di interesse. Dunque se l’Ue ci presta 30 miliardi l’anno allo 0,5%, risparmiamo di interessi 150 milioni l’anno, appunto lo 0,015 del bilancio statale, e questo è il successo di Conte. Ve le dicono queste cose, queste cifre, i giornalisti-per-cretini? Cioè quelli seri, professionisti, europeisti? L’unica via di uscita (entro questo sistema monetario basato sulla moneta-debito) è una banca centrale sottoposta allo Stato, la quale monetizzi e cancelli i debiti pubblici e privati tempestivamente, non iniziando un anno dopo. Ma bisogna avere lo Stato e la banca centrale diretta dallo Stato, come hanno Usa e Giappone, mentre la costruzione europea è la distruzione degli Stati e la privatizzazione della banca centrale.Per questo, essa è il problema, anzi la causa del problema, non la soluzione, anche con i suoi tempi biblici che lasciano moltiplicarsi i mali prima di iniziare a reagire, mentre uno Stato, e solo uno Stato, può reagire tempestivamente. Sapete, poveri allocchi, che i 210 miliardi non sono in cassa ma devono essere prima presi a prestito sui mercati? Sapete che di essi 120 sono da restituire con interessi? Sapete che arriveranno dal 2021, e in 7 rate annuali, se arriveranno? Perché tutto è condizionato all’approvazione dei piani di spesa del governo italiano da parte della Commissione Europea e di ogni singolo membro, il quale ha quindi il diritto di veto, perché si dovrà decidere all’unanimità? Sapete che cosa vorrà dire ciò? Che Francia, Germania e altri potranno ricattare l’Italia condizionando l’erogazione di ogni rata degli ‘aiuti’ a cedimenti dell’Italia a loro vantaggio: cedere interessi petroliferi in Libia, per esempio, o permettere la scalata delle imprese nazionali strategiche rinunciando a scalare quelle dei paesi forti. Grazie, Conte! Sapete che il governo italiano finora ha usato gli scostamenti di bilancio per la spesa corrente, non per gli investimenti e le riforme, e che nonostante ciò la cassa integrazione è arrivata a pochi lavoratori, e molti sono alla fame?Sapete che i tempi tra la allocazione e l’effettiva spendita non saranno brevi, dureranno probabilmente più di un anno, in media. Insomma, fra un notevole lasso di tempo si vedrà se e quanto di questi aiuti verrà ricevuto ed effettivamente impiegato e a vantaggio di chi? Voi credete di essere tra i beneficiari? Che ve ne verrà in tasca qualcosa? Sapete che le condizionalità del recovery fund obbligano a usare il fondo non per sostenere le famiglie ridotte alla fame, non per gli investimenti di cui l’Italia avrebbe bisogno (assetto idrogeologico, infrastrutture, ricerca), ma per investimenti ‘ideologici’ di scarsa o nulla capacità efficientante, se non addirittura controproducenti, quali la cosiddetta energia verde e la digitalizzazione? Converrebbe finanziarsi attraverso la Bce, a questo punto, rinunciando a quel minimo risparmio sugli interessi in cambio della libertà di spendere i soldi nel modo più conveniente. Certo è che ora i paesi frugali e quelli che, dietro di essi, si atteggiano a solidali, hanno ricevuto da Conte, illusionista e traditore politico, uno strumento pluriennale, definibile ‘guinzaglio’, con cui ricattare e dirigere la politica italiana, con cui veramente azzerare il residuo di sovranità nazionale è popolare, nell’entusiasmo del popolo bue, che non controlla i numeri.Già si anticipa che le loro richieste saranno di taglio della sanità, delle pensioni e di altre spese sociali. Tagliare le pensioni d’oro e alzare l’età pensionabile può essere ingiusto ma indispensabile, mentre giusto e indispensabile è abolire il reddito di cittadinanza. Però la minaccia è un’altra, è il vero interesse dei paesi frugali e di quelli egemoni al riguardo dell’Italia. Secondo voi, il loro interesse è quello di renderla efficiente, competitiva, forte, quindi in grado di contendere a loro fette di mercato e di trattenere le sue aziende, le sue tecnologie, i suoi capitali, oppure è l’opposto, cioè di indebitarla, indebolirla, e costringerla a cedere i suoi assets migliori tra quelli rimasti e a non fare concorrenza? La storia europea è tutta in questo secondo senso. E d’altra parte, come cercheranno di usare questi soldi i partiti di governo? Essenzialmente per comprarsi i voti necessari per le prossime elezioni politiche e, ancora prima, per le amministrative. Ne hanno per 7 anni! Ma per incassare le rate, dovranno fare i bravi europeisti e svendere l’Italia agli euro-padroni. Bravo, Conte! Hai battuto Monti!Il compromesso naturale tra questi due interessi (quello dei partners europei e quello dei partiti di governo) è che al governo italiano sia consentito di spendere a pioggia in funzione elettorale, quindi fare spesa corrente e improduttiva o a spreco, lasciando così il paese in condizione di competitività decrescente con crescente difficoltà a pagare i suoi debiti, in modo che i capitali stranieri possano fare man bassa fino all’ultimo. Inevitabilmente la maggioranza ha come priorità l’usare il denaro per comperare voti e consensi, e non il rendere efficiente il paese. E’ inevitabile, perché questo e solo questo è il modo in cui da sempre in Italia i partiti comprano e gli elettori vendono il consenso. Il consenso viene da mangiatoie elettorali di parassitismo, di dipendenti inutili o non lavoranti, di falsi invalidi, di imprese sussidiate. E’ un sistema inveterato di produzione del consenso e della legittimazione politica, che ho descritto in “Le chiavi del potere” (Aurora Boreale), che non si cambia e non si può cambiare per decreto, o nel corso di una legislatura, ancor meno in un anno, e la classe politica non può cercare di cambiarlo perché essa è il prodotto di questo sistema, è stata selezionata ed educata da esso, e non ha una cultura diversa.Neanche saprebbero da dove cominciare, per rendere efficiente il paese. E’ un problema che non si è mai posto a loro. Se si volesse rendere efficiente l’Italia e la spesa pubblica nazionale, allora bisognerebbe sostituire una casta stimata tra 400.000 (Stella e Rizzo) e 1.200.000 persone (Pannella), e lasciare senza stipendio e senza pensione milioni di persone, quasi tutte nel Meridione e a Roma, e ciò non è fattibile. La casta comprende anche la magistratura e gli alti gradi delle forze dell’ordine delle forze armate, e nessuno la sostituisce, nessuno può riformare (realmente) la giustizia o la pubblica amministrazione, perché è così come sono, che esse rendono alla casta in termini di profitto e potere. Perciò il punto di incontro tra gli interessi della partitocrazia italiana e dei predoni stranieri è praticamente predeterminato.(Marco Della Luna, “Applausi cretini per Conte”, dal blog di Della Luna del 23 luglio 2020).Avete fatto i conti, prima di applaudire Conte? Certo che no: il consenso al potere si costruisce abbindolando quelli come voi, ma qualcuno li ha fatti: gli aiuti valgono lo 0,015% del bilancio dello Stato (che è di 900 miliardi), pari allo 0,0075 del Pil (1.800). Infatti lo Stato nei prossimi anni emetterà circa 300 miliardi di titoli pubblici all’anno, perlopiù per sostituire quelle in scadenza e per il resto per l’accresciuto fabbisogno. E allora 210 miliardi in 7 anni significa 30 miliardi all’anno, cioè 1/30 del bilancio statale e 1/10 delle nuove emissioni, che pagano l’1% annuo circa di interesse. Dunque se l’Ue ci presta 30 miliardi l’anno allo 0,5%, risparmiamo di interessi 150 milioni l’anno, appunto lo 0,015 del bilancio statale, e questo è il successo di Conte. Ve le dicono queste cose, queste cifre, i giornalisti-per-cretini? Cioè quelli seri, professionisti, europeisti? L’unica via di uscita (entro questo sistema monetario basato sulla moneta-debito) è una banca centrale sottoposta allo Stato, la quale monetizzi e cancelli i debiti pubblici e privati tempestivamente, non iniziando un anno dopo. Ma bisogna avere lo Stato e la banca centrale diretta dallo Stato, come hanno Usa e Giappone, mentre la costruzione europea è la distruzione degli Stati e la privatizzazione della banca centrale.
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Tso universale totalitario, la nuova normalità è psichiatrica
La gente vuole tornare alla “normalità”, dopo lunghi mesi di chiusura, depressione, distanziamento sociale, mascherine e paura. Accogliamo con sollievo la notizia, benché poco convinti della saggezza popolare al tempo della comunicazione di massa e della società-spettacolo, in cui le folle sono manovrate dall’alto con straordinaria facilità. La domanda, tuttavia, è un’altra: qual è la normalità nell’Occidente terminale degli anni Venti del secolo XXI? La questione è dirimente poiché tutto è stato capovolto, revocato in dubbio, sottoposto al giudizio impietoso della decostruzione, poiché la vita individuale e collettiva è tanto mutata in pochi anni, la nostra vita sottoposta a una serie di condizionamenti sempre più simili ad altrettante dittature: finanziaria, tecnologica, della sorveglianza, adesso anche sanitaria. Vogliamo fare qualche esempio della normalità a cui aspiriamo? Se un bimbo è attivo, vivace, è iperattivo o ipercinetico. Se, al contrario, è tranquillo e silenzioso, forse ha qualche sintomo di autismo. Se si annoia e si distrae a scuola è perché superdotato oppure ha un deficit di attenzione. Non è buono il generoso e malvagio il criminale: entrambi sono un po’ matti. Non siamo più tristi, ma depressi. Non siamo vigili, sempre all’erta, ma stressati.Se inventi una storia con l’immaginazione, non hai più fantasia di altri, ma deliri. Se per caso ti capita di pensare ad alta voce, hai una crisi psicotica. Se preghi, hai manie religiose. Se ti imponi con grande sforzo di sorridere dopo aver versato lacrime, sei bipolare. Le sofferenze sono traumi, le paure, fobie. Le abitudini sono compulsioni e i progetti, ossessioni. Usiamo a briglia sciolta il linguaggio della psichiatria: non se ne può concludere altro se non che viviamo in una società malata. E la malattia consiste precisamente nel fatto che abbiamo cessato di essere società, tanto meno comunità. Chiamiamo normalità, dopo il sinistro lockdown e il terrore distillato dal potere per i rischi di contagio, il ritorno alla condizione nevrotica cui ci eravamo assuefatti. Logico: siamo un aggregato casuale di bolle soggettive, aspiranti al reddito di cittadinanza, senza linguaggio né consistenza. Non sappiamo più che non si può condividere nulla senza un linguaggio comune, codici riconosciuti, sguardi che vanno nella stessa direzione.Ci fu bisogno di secoli di parole per consolidare il cristianesimo e decenni di libri ed enciclopedie per suscitare i Lumi. Adesso siamo invasi dai barbari, e conviene rammentare che il principale nemico dei barbari (in greco “coloro che balbettano”) è il linguaggio. Il nostro tallone d’Achille è la sensazione – infondata – di sicurezza e superiorità. Sono bastati meno di ottant’anni di relativa pace (pochi per una civiltà, solo la vita di un uomo, in fin dei conti), accompagnata dal progressivo disprezzo per la Storia, per dimenticare la linea, sempre troppo sottile, che separa la civilizzazione dalla barbarie. Distruggiamo le statue perché sono statue e stanno in piedi, erette, stabili. Se sono di santi, perché sono cristiani; se sono scrittori, perché furono uomini; se sono donne, perché sono bianche. Presto abbatteremo anche i lampioni, il cui torto è fare luce. La menzogna esiste dalla notte dei tempi, come scandalo e come contrasto alla verità. Ci hanno insegnato a riconoscerla, ma subito dopo a tollerarla. Ci siamo abituati e alla fine l’abbiamo trasformata in virtù. Siamo andati oltre: l’abbiamo abolita.Con la menzogna, abbiamo abrogato anche la verità: senza un linguaggio comune, sono indistinguibili entrambe. Avanziamo verso la decostruzione della stessa grammatica: già è considerato sospetto costruire una proposizione con soggetto, verbo e predicato. Asserire che due più due fa quattro è il segno sicuro di una mentalità reazionaria. Non abbiamo ritenuto sufficiente umiliare la semantica, abbiamo tagliato la testa alla grammatica e la esibiamo sulla punta della spada come prezioso trofeo. In nome di una nuova civilizzazione sempre più civilmente civilizzata, i barbari hanno preso il potere e hanno cominciato a dare un nuovo nome alle cose. Dopo la secolarizzazione, poteva arrivare solo la decostruzione e, finalmente, l’atto finale: il balbettio indistinto. Abbiamo ascoltato in un programma televisivo un uomo adulto bianco affermare di essere nero e una ragazza in gravidanza asseverare con inusitata serietà di sentirsi uomo. Tutti e due avevano l’apparenza di parlare, ma in realtà balbettavano.Se tutto è una costruzione sociale e più di ogni altra cosa lo è il linguaggio, si impone l’impresa di costruire un mondo nuovo sulla pura soggettività. Pochi, nel baccano indistinto di Babilonia, tentano invano di convincere che nel nuovo mondo nessuno sarà capace di capire alcunché per evidente, totale mancanza di codici comuni e significati accettati. La chiusura della mente va di pari passo con l’impossibilità di riconoscere spazi comuni e intendere linguaggi. In linguistica, una parola difficile pressoché sconosciuta, idioletto, indica l’insieme degli usi linguistici soggettivi, la particolare varietà del sistema linguistico propria di ogni singolo parlante. Ovviamente, milioni di idioletti individuali non costituiscono alcun alfabeto comune. Sappiamo di uomini che, sentendosi donne, pretendono di utilizzare le toilettes e gli spogliatoi femminili; non è lontano il momento in cui qualcuno pretenderà di essere capito parlando in aramaico.Dicono che Churchill fu colpevole di discriminazione e la regina Isabella di Castiglia ancor di più, nonostante abbia vietato la schiavitù: deserto, cancellazione della cultura. I barbari di ogni tempo amano il deserto, forse perché è piano. Impongono perciò la prassi rivoluzionaria-nichilista, innamorata della tabula rasa – di trasformare la civiltà in un immenso deserto. Se gliene hanno dedicate, siano abbattute le statue di Friedrich Nietzsche, che fece dire a Zarathustra: «Il deserto avanza. Guai a chi in sé cela deserti». Quando il deserto è grande come un’intera civilizzazione, quello è il tempo degli ultimi uomini. «Allora la terra si sarà rimpicciolita e su di essa andrà salticchiando l’ultimo uomo, colui che tutto rimpicciolisce. La sua schiatta è inestirpabile, come la pulce di terra; l’ultimo uomo è il più longevo. Abbiamo scoperto la felicità, dice ammiccando» (Friedrich Nietzsche, “Così parlò Zarathustra”). Una ben strana felicità, alla quale dobbiamo opporre la difficile arte di restare in piedi tra le rovine, sapendo che «è ritornato il tempo delle negazioni assolute e delle affermazioni sovrane» (Julius Evola, “Gli uomini e le rovine”).Il panorama è sconvolgente: uomini contro donne, femministe contro quelle che non lo sono in misura sufficiente, transessuali contro omosessuali e omosessuali contro eterosessuali. E tutti e tutte – peccato che nella lingua italiana manchi il genere neutro – contro il fantasma di una struttura razzista, maschilista, patriarcale e capitalista che, lo hanno finalmente scoperto, abita in ogni angolo del cervello dei bianchi. L’identitarismo soggettivo (!!!) è la forma patologica, sottilmente psichiatrica, per recuperare un senso di appartenenza che l’Occidente ha gettato dalla finestra da mezzo secolo. Agisce come elemento distruttivo che sprigiona una rabbia coltivata da tempo: da quando l’uomo europeo ha deciso che la miglior maniera di essere tale era smettere di esserlo. Dopotutto, Robespierre, Marx, Hitler, Lenin e Stalin erano di questa parte del mondo e ambivano – con notevole esito – a fare tabula rasa.Ciò che verrà dopo l’apoteosi iconoclasta sarà un totalitarismo narcotico diretto da un’Onu diffusa, dalle grandi Ong e da istituzioni dominate da privati straricchi come l’Organizzazione Mondiale della Sanità. I governi non saranno più che delegazioni consolari del potere e la popolazione mondiale, atomizzata e insieme omogeneizzata nei gusti, nelle idee e nell’aspetto, senza tradizioni né famiglia, si raggrupperà per autodifesa in identità artificiose, ostili, costantemente in lite tra loro. In nome del Bene Supremo Universale e della Pace Perpetua, si occuperà di soffocare i conflitti una fragile religione new age – liquida, estranea alla verità e aliena a qualsiasi intenzione di “tenere insieme”: religare, legare insieme, è la radice originaria della parola.La cultura odierna, che avvolta nei suoi stracci disprezza quanto ignora, è già ciò che aveva inteso Zarathustra: [gli uomini] «hanno qualcosa della quale vanno superbi. Come chiamano, però, ciò che li fa superbi? La chiamano cultura: essa li distingue dai pastori di capre». La filosofia – scienza della conoscenza, pensiero meditante – sarà tollerata solo come ancella della teologia dominante, climatica, animalista e Lgbt. Si provvederà a sfrattare definitivamente l’antropologia e la sociologia a favore della zoologia, mentre la storia sarà sostituita dall’isteria e la geografia gioiosamente abolita. Resisterà la psichiatria, scienza delle scienze nell’ardimentoso mondo nuovo. Aiuterà a sopportare tutto, tra pillole, dipendenze assortite e le etichette tassonomiche che ci raggrupperanno a seconda delle deviazioni indicate dalla Bibbia. Non quella di Gerusalemme, ma il Dsm, il manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali, tanto caro all’industria farmaceutica. Non esisteranno più i fatti, ma le interpretazioni, con l’eccezione delle Verità imposte sul momento dal Progresso. Ex cathedra, ma nel nome del Bene, dell’Uguale e del Neutro.La civiltà occidentale sta civettando con la decostruzione dal secolo XVIII, con spettacolare intensificazione dalla seconda metà del XX. Il salto di qualità attuale è una fase consistente nel distruggere la semantica, ossia la scienza dei significati destinati a essere definiti e cristallizzati da parole significanti e dalle relazioni fra le espressioni linguistiche e il mondo che dovrebbero descrivere. Colpa di una cultura politica addormentata, corriva, interessata solo all’amministrazione economica, che ci ha lasciato alle prese con codici truffaldini imposti affinché il linguaggio non serva alla verità. Si imporrebbe un duro lavoro di ricostruzione delle menti a partire dal linguaggio, un’opera alla quale nessuno pare interessato. Finanche il virus è stato combattuto con le parole più che con atti concreti: pensiamo al sintagma obbligato del “distanziamento sociale”. Un codice perverso e acrobatico: in una comunità la distanza è per costituzione a-sociale o anti-sociale. E’ un autentico genio del male l’inventore linguistico del distanziamento sociale.Citiamo Wikipedia, vangelo digitale politicamente correttissimo: «Il distanziamento fisico o distanziamento personale, mal conosciuto anche come distanziamento sociale, consiste in una serie di misure non farmaceutiche di controllo delle infezioni, con l’obiettivo di bloccare o ritardare la propagazione di una malattia contagiosa». Qualcosa di estremo, provvisorio, finalizzato, sta diventando la bandiera di un mutamento sostanziale nei rapporti tra le persone. Si tratta di un controsenso, degno della normalità psichiatrica a cui ci stiamo assuefacendo. Indovinò Basaglia con l’anti psichiatria, per cui la pazzia non esiste poiché malata è la società intera? Come si può definire “sociale” interporre distanze all’atto più normale, comune e umano di tutti, quello di vivere con gli altri? Dovrebbe saltare agli occhi – se li usassimo per vedere anziché per essere spettatori passivi di futili frammenti imposti dal sistema di comunicazione – che siamo vittime di un esperimento di ingegneria sociale su carne viva. Torniamo all’inizio, alla nuova normalità medicalizzata, dolcemente psichiatrica. Non siamo più solo conformisti, ma disciplinati. Per paura, pendiamo dalle labbra di un potere protettivo.Nel Sessantotto avevano abolito l’autorità. Sotto forma di rassicurazione contro una paura largamente enfatizzata, l’autorità è tornata, più insidiosa, pervasiva e indiscutibile di prima. Ben ti sta, stupido uomo bianco occidentale senza Dio, senza padri, senza eredi, senza storia, senza passato, stolto imbrattatore di statue col paraocchi di Oggi e del Progresso, credulo adoratore degli “esperti”. Sei passato dall’Ipse dixit di Aristotele a quello dei professori in camice bianco, dei ciarlatani a reti unificate, dei tecnici, degli “influencer”, delle ragazzine ecologiste con turbe psichiche. Sì, la nuova normalità è un grande Tso universale, il trattamento sanitario obbligatorio praticato a un’umanità di servi tremebondi e balbuzienti. Una servitù volontaria su cui scrisse pagine indelebili Etienne de La Boètie: qualunque tiranno detiene il potere fintanto che i sudditi glielo concedono. La libertà umana originaria è stata abbandonata come rifiuto tossico da una società corrotta che preferisce la comoda servitù del cortigiano alla dura condizione dell’uomo libero che rifiuta di essere sottomesso. Per i più, meglio la rassicurante mascherina distribuita dal potere che il volto libero esposto al sole e alle intemperie. C’è un bando di arruolamento tra i ribelli?(Roberto Pecchioli, “La nuova normalità psichiatrica”, dal blog di Maurizio Blondet del 16 luglio 2020).La gente vuole tornare alla “normalità”, dopo lunghi mesi di chiusura, depressione, distanziamento sociale, mascherine e paura. Accogliamo con sollievo la notizia, benché poco convinti della saggezza popolare al tempo della comunicazione di massa e della società-spettacolo, in cui le folle sono manovrate dall’alto con straordinaria facilità. La domanda, tuttavia, è un’altra: qual è la normalità nell’Occidente terminale degli anni Venti del secolo XXI? La questione è dirimente poiché tutto è stato capovolto, revocato in dubbio, sottoposto al giudizio impietoso della decostruzione, poiché la vita individuale e collettiva è tanto mutata in pochi anni, la nostra vita sottoposta a una serie di condizionamenti sempre più simili ad altrettante dittature: finanziaria, tecnologica, della sorveglianza, adesso anche sanitaria. Vogliamo fare qualche esempio della normalità a cui aspiriamo? Se un bimbo è attivo, vivace, è iperattivo o ipercinetico. Se, al contrario, è tranquillo e silenzioso, forse ha qualche sintomo di autismo. Se si annoia e si distrae a scuola è perché superdotato oppure ha un deficit di attenzione. Non è buono il generoso e malvagio il criminale: entrambi sono un po’ matti. Non siamo più tristi, ma depressi. Non siamo vigili, sempre all’erta, ma stressati.
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Bizzi: patto col diavolo, ecco perché vogliono farci crollare
«Dal Britannia ormeggiato a Civitavecchia sbarca Emma Bonino, fa un bel sorriso e spiega che, a bordo, s’è discusso di cose interessanti e costruttive. Poi sbarca Beppe Grillo, ma rifiuta di rilasciare dichiarazioni al reporter, Enrico Mentana. Io quel servizio l’ho visto, me lo ricordo benissimo. Era il 2 giugno 1992. Il servizio è scomparso: fatto sparire persino dagli archivi del Tg5. E lo stesso Mentana oggi arriva a dire pubblicamente che quel servizio non è mai esistito». E’ uno dei passaggi-chiave dell’intervista in cui Nicola Bizzi, storico fiorentino nonché editore di Aurora Boreale, ha rilasciato alla web-tv di “Come Don Chisciotte”. Tema: perché l’Italia è sul lastrico. Risposta: colpa del “patto col diavolo” stipulato dall’ex sinistra alla vigilia della caduta del Muro di Berlino. «Si prostituirono: avrebbero svenduto il paese al nemico storico dei lavoratori, l’élite finanziaria speculativa. Nel frattempo, il Deep State americano – tramite l’operazione Mani Pulite (appena 7-8 condanne definitive, nonostante i 2.500 indagati) – avrebbe distrutto Craxi, la Dc e i loro alleati. Partiti ad alto tasso di corruzione, che però facevano gli interessi dell’Italia. Andavano sostituiti con qualcuno che cedesse a poteri esterni il timone del paese: da trent’anni, infatti, nessuna decisione viene più presa in Italia. Grazie appunto al “patto col diavolo” siglato allora da politici come Violante, Napolitano, Occhetto e D’Alema».L’Italia, sostiene Bizzi, è stata semplicemente “disarticolata” come sistema-paese: con Craxi era diventata la quarta potenza industriale del mondo, e questo era intollerabile per entità come la Germania. Lo Stato Profondo puntò sull’ex Pci proprio perché era debolissimo: sarebbe stato portato al governo solo a condizione che svendesse il paese. Operazione che andò in porto – ribadisce lo storico – grazie al consenso garantito dai grandi giornali, dalla magistratura influenzata dall’ex Pci e dal sistema culturale e universitario, dominato dall’ex sinistra. «Il patto: vi aiutiamo ad andare finalmente al governo, ma farete solo quello che vorremo noi. Cosa che continua tuttora. E mentre personaggi come Amato, Scalfaro, Ciampi e Napolitano verrano giudicati dalla storia – aggiunge Bizzi – mi auguro che gente come Conte, Zingaretti e Speranza vengano presto processati, per quello che hanno appena fatto agli italiani, creando le premesse per la distruzione definitiva del paese sulla base di un allarme pandemico gonfiato». Bizzi prevede una nuova Tangentopoli in arrivo, sempre innescata dal Deep State statunitense ma stavolta di segno opposto: «A far cadere tutto sarà Renzi, sospettato di aver imposto ai servizi segreti italiani – su ordine di Obama – di fabbricare prove false contro Trump per mettere in piedi il Russiagate».Autore del saggio “La Crisi della Repubblica dei partiti” (Dal crollo del Muro di Berlino a Tangentopoli), Bizzi offre una lettura urticante della nostra storia recente, che tuttavia fornisce una spiegazione coerente dell’altrimenti inspiegabile declino italiano: «A Prodi è stato chiesto di smantellare il colosso Iri, su cui poggiava la nostra economia, mentre tra le vittime di Tangentopoli caddero Gabriele Cagliari dell’Eni e Raul Gardini della Montedison». In altre parole, «l’Italia andava sabotata e messa in condizioni di non nuocere». Di male in peggio: «Oggi scontiamo la classe dirigente peggiore della storia, e abbiamo il peggior governo che sia mai stato insediato a Roma da quando esiste la repubblica: tutte le decisioni dell’esecutivo Conte sono prese fuori dall’Italia e contro l’Italia». Bizzi non si fa illusioni neppure sull’opposizione: «In pratica, un’opposizione non esiste: Salvini e Meloni si limitano a sussurri, solo per restare visibili sul piano elettorale, ma senza contestare il governo, ovvero i poteri forti che lo pilotano». Per Bizzi, il problema è antico: «Da trent’anni, salvo poche eccezioni, tutti i leader e persino i singoli parlamentari sono innocui per il sistema, perché ricattabili dai lobbisti che li “coltivano”, a suon di soldi, dal momento della loro elezione». E il dramma è che gli italiani non se ne accorgono. «Ancora oggi, nonostante tutto, c’è chi approva Conte. La musica cambierà a ottobre, quando sarà chiaro che la cassa integrazione non arriverà mai, e lo Stato sarà costretto a prendere in esame la necessità di tagliare le pensioni e gli stipendi dei dipendenti pubblici, esattamente come avvenuto in Grecia».(”Bizzi: patto col diavolo, Italia all’inferno grazie all’élite che da trent’anni impone ai nostri governanti di rovinare il paese”, dalla pagina Facebook di Giorgio Cattaneo del 24 luglio 2020).«Dal Britannia ormeggiato a Civitavecchia sbarca Emma Bonino, fa un bel sorriso e spiega che, a bordo, s’è discusso di cose interessanti e costruttive. Poi sbarca Beppe Grillo, ma rifiuta di fare dichiarazioni al reporter, Enrico Mentana. Io quel servizio l’ho visto, me lo ricordo benissimo. Era il 2 giugno 1992. Il servizio è scomparso: fatto sparire persino dagli archivi del Tg5. E lo stesso Mentana oggi arriva a dire pubblicamente che quel servizio non è mai esistito». E’ uno dei passaggi-chiave dell’intervista in cui Nicola Bizzi, storico fiorentino nonché editore di Aurora Boreale, ha rilasciato alla web-tv di “Come Don Chisciotte”. Tema: perché l’Italia è sul lastrico. Risposta: colpa del “patto col diavolo” stipulato dall’ex sinistra alla vigilia della caduta del Muro di Berlino. «Si prostituirono: avrebbero svenduto il paese al nemico storico dei lavoratori, l’élite finanziaria speculativa. Nel frattempo, il Deep State americano – tramite l’operazione Mani Pulite (appena 7-8 condanne definitive, nonostante i 2.500 indagati) – avrebbe distrutto Craxi, la Dc e i loro alleati. Partiti ad alto tasso di corruzione, che però facevano gli interessi dell’Italia. Andavano sostituiti con qualcuno che cedesse a poteri esterni il timone del paese: da trent’anni, infatti, nessuna decisione viene più presa in Italia. Grazie appunto al “patto col diavolo” siglato allora da politici come Violante, Napolitano, Occhetto e D’Alema».