Archivio del Tag ‘crisi’
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Petrolio, dollari e potere: così Gheddafi ha perso la Libia
Buona parte della Libia si è rivoltata contro Gheddafi, cogliendo al volo il vento della Tunisia e quello dell’Egitto, quando il regime del raìs è entrato in crisi: avendo aperto la sua economia al capitalismo globalizzato, Tripoli ha accusato il colpo del crac finanziario mondiale del 2008, vedendo crollare i propri ricavi petroliferi. Ad aggiungere tensione sociale, l’enorme afflusso di lavoratori stranieri – forse due milioni – su una popolazione che raggiunge appena i sei milioni di abitanti. Questo lo scenario di crisi su cui ha avuto mano libera la rivolta, ispirata dalla Cirenaica e appoggiata dai clan tribali: l’occasione giusta per tentare di sbarazzarsi del Colonnello, protagonista di quarant’anni di feroce repressione, come del resto quasi tutti gli altri paesi petroliferi dell’area.
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Guerra contro Gheddafi: più vicino l’intervento della Nato
Armare i ribelli e impedire a Gheddafi di alzare in volo aerei ed elicotteri. Si fa sempre più concreta l’ipotesi di un intervento armato della Nato per scongiurare un disastro umanitario in Libia. Dopo il summit del 28 febbraio a Ginevra i membri dell’Alleanza atlantica stanno valutando diverse opzioni di intervento, compresa la creazione di una “no-fly zone”. Per quanto riguarda gli scenari futuri, gli Usa non escludono “l’esilio” del Colonnello, un’ipotesi questa su cui il premier italiano Berlusconi invita alla cautela. Per il momento però la controffensiva delle forze fedeli al dittatore libico ha impedito ai rivoltosi di raggiungere Tripoli ed espugnare la roccaforte del regime.
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Spagnoli beffati dal crac: i miliardari non pagano tasse
Lieve sforzo di immaginazione. Provate a pensare per un attimo di essere cittadini spagnoli. Per anni vi hanno convinto che l’economia andava bene, che la crescita era sostenibile e che tutto sarebbe filato perfettamente liscio per moltissimo tempo ancora. Siete stati caldamente invitati a indebitarvi per consumare di più e già che c’eravate avete scelto di dare retta a quelle banche che erano disposte a concedervi un mutuo a fronte di garanzie pressoché nulle. Avevate un lavoro e una casa di proprietà, il sole splendeva e le vostre squadre di calcio (le più indebitate dell’area euro, ma ancora non lo sapevate) giocavano il miglior fútbol del Continente. Poi un giorno tutto è andato a rotoli.
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Raid Nato in Libia per stroncare la resistenza di Gheddafi?
La Nato si prepara a intervenire in Libia per dare manforte ai ribelli anti-Gheddafi che stanno liberando il paese. Missione militare umanitaria: questa la formula dell’intervento armato che sembra si stia preparando in tutta fretta. Forse anche un raid aereo sui bunker di Tripoli per liquidare il Colonnello e stroncarne la sanguinosa resistenza a oltranza. La notizia trapela il 25 febbraio, di prima mattina: il segretario generale dell’Alleanza Altantica, Anders Fogh Rasmussen, ha convocato una riunione d’emergenza. In prima linea, inglesi e francesi: il premier britannico Cameron si è detto pronto anche all’impiego di forze speciali: per una possibile missione “chirurgica”?
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Rivoluzione edilizia: posti di lavoro grazie alla decrescita
Emergenza lavoro? Per battere la crisi non serve la ripresa della crescita. Può sembrare un ossimoro, ma non lo è: l’occupazione del futuro, fatta di lavoro utile, può venire solo con la decrescita. Lo sostiene Maurizio Pallante, fondatore del Movimento per la Decrescita Felice, che ricorre all’esempio dell’edilizia: le case-colabrodo, che in Italia sprecano in riscaldamento i due terzi dell’energia che bruciano, finiscono per gonfiare il Pil – alla voce “consumi energetici” – ma sono costose, inquinano e contribuiscono all’alterazione del clima. Invertire la rotta? Basta ristrutturare gli alloggi, isolandoli meglio: costeranno meno, non inquineranno più. E i cantieri daranno lavoro a migliaia di addetti. Decrescerà il Pil, ma non certo il benessere.
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Egitto, l’ipocrita Blair auspica un «cambiamento stabile»
Quel che salta subito all’occhio nelle rivolte di Tunisia e d’Egitto è la massiccia assenza del fondamentalismo islamico: secondo la migliore tradizione laica e democratica la gente si è limitata a rivoltarsi contro un regime oppressivo, la sua corruzione e la sua povertà, chiedendo libertà e speranza economica. La cinica convinzione occidentale secondo cui nei paesi arabi la coscienza genuinamente democratica si limiterebbe a piccole élite liberal, mentre le grandi masse possono essere mobilitate solo dal fondamentalismo religioso o dal nazionalismo si è dimostrata erronea. Il grosso interrogativo è naturalmente: che succederà il giorno dopo? Chi ne uscirà vincitore?
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Usa: città fantasma, senza più soldi per pagare la polizia
La notizia arriva da “Time/Cnn”. La città di Camden, New Jersey, ha licenziato 167 dei suoi 373 poliziotti e 1/3 dei suoi pompieri. Essendo Camden la seconda città degli Stati Uniti per crimini commessi, la notizia è piuttosto sorprendente. Tuttavia, il sindaco si è giustificato dicendo che il deficit comunale è tale che non c’era più altra possibilità. Per una città di 79.000 abitanti con circa 2000 crimini commessi e 33 omicidi ogni anno si tratta di una tipica “bad news”. Intere aree della città resteranno senza sorveglianza, il crimine naturalmente aumenterà, il mercato immobiliare crollerà e i pochi abitanti che potranno se ne andranno.
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Il mondo discute di Mubarak, noi invece della “nipote”
«Mentre tutto il mondo si preoccupa del dopo-Mubarak, noi ci dilaniamo sulla “nipote”». Lucio Caracciolo, direttore di “Limes”, non ha dubbi: in Egitto, l’Italia – cruciale frontiera mediterranea – sta perdendo un’occasione storica: ricucire lo strappo con il Nord Africa post-coloniale e frenare l’esodo della disperazione mettendo in campo una nuova alleanza politica ed economica. «L’occasione è storica: spezzare nel più strategico paese arabo il circolo vizioso di miseria, frustrazione, regimi di polizia e terrorismo – spesso alimentato dai regimi stessi per ottenere soldi e status dall’Occidente – che destabilizza Nordafrica e Vicino Oriente fino al Golfo e oltre».
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Israele vuol salvare Mubarak: appello a Usa ed Europa
Il presidente egiziano assediato dalla protesta, commissariato dai militari e scaricato dalla Casa Bianca scopre di avere un nuovo alleato: Israele. Il governo di Tel Aviv ha fatto pervenire un messaggio confidenziale agli Stati Uniti e ad alcuni paesi europei, chiedendo loro di sostenere Mubarak e il suo governo. Secondo il quotidiano israeliano “Haaretz”, il governo Netanyahu sottolinea che è «interesse dell’Occidente», e di tutto il Medio Oriente, «mantenere la stabilità del regime in Egitto». Secondo Israele, «occorre di conseguenza mettere un freno alle critiche pubbliche contro il presidente Hosni Mubarak», il cui autoritarismo è stato clamorosamente smascherato a furor di popolo.
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Tutti contro Silvio? Per paura di Vendola, il Pd si suicida
Il 30 gennaio 2011 a Cagliari si sono svolte le primarie del centrosinistra per scegliere il candidato sindaco. Era in pole position un senatore del Pd, Antonello Cabras, che ha ottenuto un miserrimo 34% dei voti espressi. Ha vinto il consigliere regionale Massimo Zedda, 35enne di Sel, che ha preso il 47%. Briciole agli altri tre candidati. Anche se ha fatto una campagna di efficacia ed efficienza vendoliana, Zedda non ha particolare carisma. Tuttavia, per quanto rimane dell’elettorato Pd, i suoi “dirigenti” sono ormai da non toccare neanche con una canna da pesca. Ovunque il Pd si presenti al giudizio del campione più attivo del suo elettorato, viene avvilito, e se vince, come a Napoli, combina disastri.
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Il Cigno Nero dell’Egitto, la rivolta che ha spiazzato tutti
Il Cigno nero che proprio in questi giorni a Davos è stato appassionatamente cercato dai cervelloni della economia mondiale, si è materializzato – a sorpresa com’è nella sua natura – ed ha allargato le sue ali sul Nilo. Il Cigno nero, nel linguaggio di Davos, è una figura simbolica statistica, «un evento ad alto impatto, bassa probabilità, bassissima prevedibilità». Esattamente quello che possiamo dire di quello che è successo ieri al Cairo. Il faraone Mubarak dopo trent’anni di immobilità ha imboccato in poche ore il viale del tramonto.
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Il Telegraph: gli Usa conoscevano il piano anti-Mubarak
Gli Usa erano al corrente del piano segreto per far cadere il regime di Mubarak, messo a punto da tutte le opposizioni. Obiettivo: rovesciare il “faraone” e instaurare un regime democratico capace di assicurare libere elezioni in vista delle presidenziali 2011. Lo rivela il quotidiano britannico “The Telegraph”, proprio mentre il presidente americano Barack Obama chiede a Mubarak di rispondere coi fatti alle promesse annunciate in televisione nella drammatica serata del 28 gennaio. «Un insulto all’intelligenza degli egiziani» secondo il Premio Nobel per la Pace Mohammed El Baradei, ancora agli arresti domiciliari, deluso dalla mossa di Mubarak: «Non basta che cambi il governo, è lui che deve andarsene».