Archivio del Tag ‘crisi’
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Tagli da 46 miliardi: difendiamoci da quest’Europa di banditi
Stanno accadendo un sacco di cose, tutti sintomi di una crisi che si sta avvicinando a grande velocità: dobbiamo prepararci. L’annuncio della chiusura delle due fabbriche della Fincantieri che ha messo in movimento Genova e Napoli con grandi proteste anche violente e molto arrabbiate, la ripresa dello scontro intorno all’alta velocità in val di Susa, lo sciopero della fame degli insegnanti a Bologna, la rivolta contro la spazzatura di Napoli: siamo in una situazione di alta tensione, che non ha precedenti nella storia degli ultimi anni in Italia. E ci ha raggiunti la notizia che la Corte dei Conti addirittura aggrava il bilancio del nostro prossimo futuro, chiedendo – come una cosa inevitabile – un taglio di 46 miliardi l’anno delle spese dello Stato, per “aggiustare” il nostro rapporto tra debito e Pil secondo i criteri europei.
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Spagna, rivolta a oltranza: come a piazza Tahrir?
Prove tecniche di piazza Tahrir anche in Europa? Il suggestivo paragone con il principale teatro egiziano delle lotte anti-Mubarak, per quanto ancora prematuro, non può non venire in mente osservando quanto accade in decine città della Spagna, devastata dalla crisi economica e con un tasso di disoccupazione giovanile che ha pochi eguali nel resto del pur malmesso mondo occidentale. Denunciando le condizioni di vita sempre più dure create dalla crisi e dai successivi giri di vite decisi dal governo del premier socialista José Luis Zapatero, la disoccupazione oltre il 20%, la “collusione” fra politici e banchieri, e chiedendo un sistema di democrazia partecipativa, a migliaia sono in piazza dallo scorso 15 maggio.
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Sorgi: vedrete, sarà il centrodestra a liquidare Berlusconi
La strada di un governo Tremonti, vagheggiato a più riprese nel corso della legislatura ma mai concretizzatosi seriamente, si è all’improvviso riaperta dopo i risultati a sorpresa delle amministrative, con Berlusconi sconfitto a Milano, la Lega in fibrillazione e i Responsabili in preda al si salvi chi può. Obiettivo di tutti, centrosinistra ma anche centrodestra: mettere fine alla leadership di Berlusconi, irrimediabilmente compromessa dal disastro elettorale milanese e dai fallimenti nel resto d’Italia, giù fino a Napoli. Torna quindi a spuntare l’ipotesi di un governo di fine legislatura, visto che i clamorosi rovesci del 16 maggio mettono una seria ipoteca sull’eventualità che il Cavaliere possa ancora correre, in futuro, per la premiership.
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Fassino ai Subsonica: tranquilli, non spegneremo Torino
C’era una volta la grigia tecnocity dell’Avvocato, la città industriale delle periferie operaie cresciute attorno ai mausolei risorgimentali del centro storico sabaudo. “Tutto era Fiat”, conferma Mimmo Calopresti in un documentario d’epoca, mentre Gianni Amelio, chiamato a dirigere il Torino Film Festival, in “Così ridevano” ricorda i tempi non gloriosi in cui la borghesia subalpina avvertiva: “Non si affitta ai meridionali”. Sembra un milione di anni fa. Prima di andarsene, l’Avvocato – sempre lui – patrocinò l’ultimo atto del suo regno: le Olimpiadi. Torino stava uscendo dal grigiore grazie al nuovo sindaco della società civile, Valentino Castellani, inaugurando una trasformazione spettacolare: da capitale dell’auto a “ville lumière” della cultura. Col successore Chiamparino, “il sindaco più amato dagli italiani”, dieci anni di trionfi. E ora, se vincesse Fassino? «Per favore, non spegnete Torino», raccomanda Max Casacci, facendosi portavoce del “popolo della movida”.
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L’incubo del debito: se la Grecia dicesse addio all’Euro
Un signore, chiamato Pig, sta per fallire. Ha una grande idea. Per sopravvivere, vende i suoi debiti. Li chiama titoli di Stato. Molti li comprano, pretendono solo un piccolo interesse e la restituzione del capitale a termine del prestito. Il Pig ha trovato il sistema per vivere sopra i suoi mezzi. Continua a fare debiti e a venderli. Il suo bilancio familiare, però, peggiora; e chi compra i suoi titoli, per cautelarsi, chiede maggiori interessi. Il Pig è costretto ad aumentare gli interessi. Con il tempo la situazione diventa critica. I compratori del debito diminuiscono per paura del rischio. Il debito non è più “tripla A meno-meno”, ma “tripla B più-più”. Arriva il momento in cui il Pig non è più in grado di pagare gli interessi.
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Crisi Usa: se il pericolo ora è la Cina, Osama non serve più
Partiamo da questo assunto: Bin Laden era effettivamente un nemico degli Usa e non un “agente della Cia”, come molti sospettano. Diversamente non si spiegherebbe una guerra durata 10 anni: se Osama era un agente americano, vuol dire che anche il Mullah Omar lo era, perchè sarebbe stato impensabile che uno ignorasse chi era l’altro. D’altra parte Al Quaeda ha combattuto in sintonia con i talebani. Ma, allora, se gli americani avessero avuto dalla loro Osama e magari anche Omar, la guerra sarebbe durata molto meno, sarebbe costata meno morti e, cosa più importante per gli americani, meno dollari, perchè ci avrebbero pensato i loro agenti a portare al disastro la guerriglia afghana. Dunque, era effettivamente un nemico, ma un “nemico funzionale”.
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Libia, rischiamo una guerra mondiale con Cina e Russia
Attenti: stiamo giocando col fuoco. Che ci fa la Nato in Africa? Qualcuno crede davvero che l’Occidente spenda tutti quei soldi in bombe e portaerei perché è interessato alla libertà dei popoli oppressi, come quello libico? E perché allora non interviene anche in Bahrein o in Arabia Saudita, dove dominano regimi altrettanto dispotici? La posta in gioco è il petrolio? Non solo. L’aspetto più pericoloso è un altro: attaccando Libia e Siria, gli Usa in declino, che tra cinque anni saranno sorpassati dall’economia cinese, stanno cercando di sfrattare dal Mediterraneo la Cina e la Russia. Rischiamo seriamente un’escalation anche nucleare, che può portare alla Terza Guerra Mondiale. A dirlo non è Wikileaks, ma il professor Paul Craig Roberts, già braccio destro di Ronald Reagan.
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Quest’inutile Europa in frantumi, che ormai litiga su tutto
Europa, aprile 2011. Le elezioni finlandesi potrebbero essere la pietra tombale sull’Unione Europea. La maggioranza dei finnici non vuol sapere di portare una parte del peso che dovrebbe servir a dar una mano a quei terroni dei portoghesi. Figurarsi che cosa si pensa, nel paese di Aalto e di Sibelius, di quegli altri terroni degli spagnoli, dei greci, degli italiani, anch’essi in difficoltà. Frattanto irlandesi, islandesi e svedesi danno a loro volta sfogo al loro malumore. I tedeschi, dal canto loro, mandano a dire di non aver alcuna voglia di accollarsi una parte del peso e dei costi per i tunisini che arrivano in Italia: e ricordano, poco generosamente ma molto realisticamente, che quando furono sommersi dai kosovari dovettero cavarsela da soli.
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Giulietto Chiesa: salviamoci, rottamiamo destra e sinistra
Matteo Renzi? «E’ lui un rottame, e non lo sa. Ripropone il vecchio sistema destra-sinistra lasciando fuori un’enorme parte di italiani: né di destra né di sinistra, ma soli con se stessi». Parola di Giulietto Chiesa, alle prese con l’ennesima svolta della sua tumultuosa carriera. Si chiama “Uniti e diversi” e raduna personalità eterogenee, da Massimo Fini a Maurizio Pallante. Obiettivo: decrescere, frenare la follia dei consumi, abbandonare l’aggressività sociale del mercato e puntare sulla solidarietà, perché la globalizzazione è fallita e l’Occidente balbetta, tra esodi e guerre, all’alba della Grande Crisi. Cittadini, democrazia, politica: dobbiamo salvarci. E la prima cosa da rottamare, assicura, sono «partiti morti» e categorie antiche, come destra e sinistra.
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Restiamo umani: ciao Vittorio, non ci arrenderemo
Ci siamo svegliati piangendo, questa mattina. Hanno ucciso Vittorio Arrigoni. E’ la morte di un eroe del nostro tempo, che sempre di più avrà bisogno di eroi. Vittorio Arrigoni è stato ucciso perché chi uccide non tollera testimoni. Ma anche perché la spirale di follia in cui questo mondo sta scivolando richiederà sempre più sangue, sull’altare dei potenti. Il modo migliore per onorare la sua memoria sarà quello di prepararci a fronteggiare un’ondata di violenza che sarà proporzionale alla gravità della crisi in cui si dibattono i poteri che hanno portato il mondo nella tempesta che è già cominciata.
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11 Settembre, la strage era prevista da un’esercitazione
Alla vigilia dell’11 Settembre, il Pentagono stava progettando un’esercitazione basata su uno scenario allora inedito: un aereo che si schianta sulle Torri Gemelle. Lo rivela il generale Peter Chiarelli, allora responsabile dell’area “operazioni, reattività e mobilitazione” di fronte a eventi straordinari, con possibili stragi di massa. L’alto ufficiale, racconta “Shoestring 9/11”, fu trasferito in quel reparto un mese prima della catastrofe. E i preparativi per l’esercitazione furono messi a punto esattamente una settimana prima dell’attentato del secolo, per il quale fu poi accusato Bin Laden e furono scatenate due guerre, in Afghanistan e in Iraq. La notizia si aggiunge all’impressionante casistica sull’11 Settembre, che il grande pubblico continua ad ignorare o trascurare.
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Siria, il mondo trema: si rischia la guerra con l’Iran
La Siria sta rapidamente raggiungendo un punto di non ritorno. Di fronte al presidente Assad si apre un bivio molto semplice: di qua le riforme, di là la repressione. Quale sarà la direzione che Damasco prenderà si saprà in non tanto tempo. Ieri le cose lasciavano sperare: sono state annunciate la cancellazione dopo 48 anni dello stato d’emergenza imposto nel 1963 e le dimissioni dell’attuale gabinetto di governo. Ma alla fin fine, come ci hanno insegnato fin qui le altre rivolte arabe, il livello di riforme necessarie a calmare le acque o è molto alto o è inesistente. E la leadership dell’erede del Leone di Damasco, come lo definisce nella sua migliore biografia Patrick Seal, non ha mai dato fin qui particolari segni di forti capacità né strategiche né politiche – nemmeno nel senso di forza repressiva che il padre era capace di scatenare.