Archivio del Tag ‘crisi’
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Congelare il cambiamento: l’ultimo diktat di Napolitano
«Se Grillo avesse chiesto a Bersani le chiavi di casa e della macchina, quello gliele avrebbe consegnate senza fiatare e con tante scuse per il ritardo». Marco Travaglio rimprovera ai grillini di voler «perdere un treno che potrebbe non ripassare più», avendo rinunciato a proporre «una rosa di personalità che potessero incarnare, per la loro storia e le loro idee, alcuni dei punti chiave del movimento. Sarebbe stato lo scacco matto al re». Immediata la contromossa del “sovrano”, Giorgio Napolitano: la strana nomina di due commissioni, costituite da “personalità diverse”, per uscire dello stallo dei veti incrociati. «Una decisione che lascia sbigottiti per l’improntitudine costituzionale e politica che la informa», protesta Paolo Flores d’Arcais: «E’ difficile dire se i nomi proposti da Napolitano per le due “commissioni” costituiscano una indecenza o una esplicita provocazione contro milioni di cittadini che chiedono che si volti pagina».
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Sempre più ricchi: la crisi è il paradiso dei super-miliardari
Usa, Cina e Gran Bretagna: è il “podio” mondiale degli ultra-ricchi, secondo l’agenzia “Wealth-X” che collabora con le prime 8 grandi banche del mondo e monitora la dislocazione delle maggiori ricchezze del pianeta, non solo finanziarie ma anche immobiliari. “Tesori” costituiti da auto di lusso, aerei privati, yacht, opere d’arte. Dopo sei anni consecutivi di recessione, negli Usa come in Europa e in Giappone si tende a sostenere che, nella grande crisi, ci rimettono un po’ tutti, ricchi e poveri. Non è affatto così: la crisi favorisce ulteriormente i più ricchi, scrive Alfredo Zaiat su “Rebelion”, analizzando la panoramica di “Wealth-X” sull’affollamento planetario di nababbi, i cui ricavi superano il miliardo di dollari. Americani, cinesi e inglesi. E poi, nell’ordine: tedeschi, indiani e russi. A seguire, Hong Kong, Svizzera, Brasile e Canada. “Oligarchi” iper-facoltosi, le cui fortune superano la ricchezza nazionale di interi paesi.
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Foa: bruciare Bersani e poi Grillo, è il piano del Quirinale
Andate a riascoltarvi il discorso con cui Napolitano affidò l’incarico a Bersani, c’era scritto tutto: il presidente voleva continuità rispetto al governo Monti ovvero voleva un governo di intesa tra destra e sinistra con un premier accettabile da tutti, dunque sopra le parti. Bersani era morto in partenza come avevano capito tutti tranne lui, che ha commesso lo stesso errore di Monti: per vanagloria personale ha perso due volte. Non ha ottenuto l’incarico e ora, come Monti, non conta più niente. Il suo flop, infatti, è funzionale al disegno di Napolitano: essendo un leader bruciato – e non avendo nulla da recriminare – può accettare gli appelli al senso di responsabilità del Quirinale. Il Pd può accettare, sapendo che comunque alle prossime elezioni Bersani non sarà leader e dunque il nuovo capo (Renzi?) potrà presentarsi agli elettori “pulito”, lui che non è nemmno in Parlamento.
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Denaro per noi: stop all’euro-estorsione di Maastricht
Smantellato lo Stato e privatizzato il denaro fin dalla sua emissione, i risparmiatori diventano polli da spennare, in balia degli speculatori. La crisi di Cipro? «Non indica solo la fine della ricreazione: è la prova definitiva che il sistema bancario internazionale è una vera e propria truffa globale, gestita (male) da un gruppo di manigoldi», accusa Giulietto Chiesa. «E’ la prova che il debito che ci strozza non è che un’opinione di quei manigoldi e dei loro servi, installati nei centri del potere e nelle istituzioni finanziarie e politiche internazionali». L’“Herald Tribune” rivela che la decisone di dimezzare il debito greco fu presa all’insaputa di tutti già nell’ottobre del 2011, alle tre di notte, da cinque persone: Merkel, Sarkozy, Lagarde, Juncker e Barroso. Decisero di chiedere ai privati, cioè alle banche creditrici, di farsi carico della perdita. «Ma se si chiede a un creditore di ridurre del 50% le sue pretese, vuol dire che si sa che è un creditore illegale: quel debito era stato estorto, anche alla Grecia. E questo vale per tutti: Italia, Spagna, Irlanda, Portogallo».
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Vogliono i nostri soldi: loro hanno un piano, noi non ancora
Esplode la voglia di fuggire dall’Europa, adesso che i suoi padroni aizzano i cani della crisi contro i popoli. I proprietari universali hanno fatto alcuni esperimenti da Shock Economy per vedere se gli azzannati riuscivano a difendersi. Volevano collaudare – su scala ridotta, ma non troppo – il modo in cui una società potrebbe essere annichilita da una burocrazia ottusa e feroce e trovarsi impedita se vuole rovesciare la politica dominante. La Grecia avrebbe potuto riassorbire la fase acuta della crisi in pochi mesi, e invece le sono state somministrate per anni ricette economiche prive di qualsiasi apparente logica. Mentre si licenziavano centinaia di migliaia di lavoratori, a quelli che conservavano il posto si imponevano stipendi decurtati e orari ben oltre le 40 ore settimanali. E ora siamo giunti al test di Cipro, non ancora concluso, eppure già adottato dagli eurocrati che gongolano perché lo vogliono ripetere su larga scala.
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Marò, gaffe mondiale: l’ultima infamia del governo tecnico
Mezza Italia si scandalizza per la vicenda dei marò. Invece non dovremmo stupircene, proprio per nulla. Il governo che sarà in piedi ancora per poco (salvo prorogatio per la quotidiana amministrazione), era un governo tecnico. Il che non significava, come hanno cercato di farci credere, “governo di persone specializzate e competenti ai posti giusti, invece di politici ignoranti”, ma ben altro: significava “governo incaricato esclusivamente di ottemperare alle richieste economico-finanziarie di organismi sovranazionali”. Questo, e basta. Non era un governo che doveva governare: e infatti ha trascurato gli affari interni, le questioni sociali, la sorte di terremotati e suicidi, e per finire non ha avuto alcuna attività in politica estera.
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Warren Mosler: volete il benessere? Meno Iva e più deficit
Il problema dell’economia è che il deficit di bilancio è troppo basso: dev’essere molto maggiore. Ci deve essere più spesa pubblica o una minor tassazione, oppure una combinazione delle due. Comunque, il deficit è troppo basso. E il problema è che tutti i vostri leader politici pensano che il deficit sia eccessivo, e quindi fanno tutto il possibile per ridurlo. Il deficit, però, è uguale ai vostri risparmi: i vostri risparmi sono troppo bassi, voi non avete abbastanza reddito. Avete bisogno di più soldi. C’è disoccupazione e tutti sono praticamente a terra, perché il deficit è troppo basso. Purtroppo, per l’Italia – come parte del sistema euro – non si riesce a incrementare il deficit, perché i mercati vi taglierebbero fuori, e quindi è necessaria una garanzia dalla Banca Centrale Europea. Ne ho parlato fin dal ’95 e alla fine è successo: a maggio, quando Trichet ha proposto che la soluzione di tutti i problemi fosse la banca centrale.
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Grillini di tutta Europa unitevi: obiettivo, elezioni 2014
«Non possiamo pensare di aver fatto tutto questo e rimanere qui, a Roma. Dobbiamo andare oltre, e l’obiettivo è Strasburgo, anno 2014, Parlamento Europeo: perché c’è una necessità simile a quella italiana e perché, se troviamo sponda in Europa, il cambiamento sarà epocale». Velleitario o visionario? Il vero obiettivo di Grillo, l’Europa, è diventato molto concreto, da quando la discussione sui “Meetup” ha abbattuto confini e lingue. Una rivoluzione? «Una specie di Sessantotto, che abbia come collante la Rete». Obiettivo, i paesi dell’Est – Slovacchia, Bulgaria, Romania – nonché Spagna, Portogallo e Grecia. «Questo intendo quando dico che abbiamo appena iniziato». I temi: ambiente, economia, decrescita. I gruppi a cui guarda, osservano Emiliano Liuzzi e Ferruccio Sansa, spaziano dagli “Indignados” iberici ai “verdi” tedeschi. Porte chiuse alla sinistra tipo “Syriza” e alla destra populista, da “Alba Dorata” al Front National francese. Meglio, come in Italia, «quei milioni di cittadini legati da battaglie comuni più che da ideologie e appartenenze».
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Foa: la verità del web spiazza i media e gli spin doctor
Era il 2003 – esattamente dieci anni fa – e un grande libro, completamente ignorato dai media, raggiunse in pochi giorni la vetta delle classifiche, senza neppure una recensione sui giornali. “La guerra infinita”, di Giulietto Chiesa, “spiegava” per la prima volta quello che sarebbe successo da lì in poi, a partire dall’occupazione dell’Iraq col falso pretesto delle inesistenti armi nucleari di Saddam. La menzogna elevata a sistema, su scala mondiale, come vera e propria arma di distruzione di massa. Motivazioni elementari: il declino di un impero, messo alle corde dalla penuria energetica e dal boom demografico del pianeta, ma con ancora un vantaggio formidabile: la supremazia tecnologico-militare. Uso della forza reso accettabile soltanto dall’arma vera: la manipolazione sistematica della verità. In un post visitatissimo su “Byoblu”, Marcello Foa denuncia il ruolo-chiave degli spin doctor nel condizionare il sistema dei media, e cita il caso-Grillo: finalmente, un fenomeno di massa che esplode, nonostante la congiura del silenzio organizzata da giornali e televisioni.
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Francesco e la rivoluzione, 50 anni dopo il “Papa buono”
Sta’ a vedere che il Papa argentino farà la rivoluzione. A giudicare dalle sue prime mosse, inequivocabili e fortemente simboliche, l’anziano religioso che ha adottato il nome di Francesco d’Assisi potrebbe archiviare il prudente conservatore Jorge Bergoglio e togliere improvvisamente dal freezer lo slancio democratico del Concilio Vaticano II. Era quello che chiedeva il più dissidente dei cardinali, Carlo Maria Martini, che proprio su Bergoglio aveva puntato già nel conclave del 2005, opponendolo a Ratzinger per porre fine alla “grande glaciazione” imposta da Wojtyla e ben mascherata dal suo sorriso carismatico. «Fin dalle sue prime espressioni, la cerimonia d’insediamento di Papa Francesco conferma che i suoi gesti e le sue parole non erano casuali ma ben meditate», rileva Gad Lerner. «La situazione è in grande movimento, anche la storia può mettersi a correre e grandi sorprese non sono da escludersi».
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Dietro a Cipro, la guerra: ma Putin sventa il complotto
In apparenza la posta in gioco è quella dei miliardi degli “oligarchi”, ma il vero obiettivo di Putin – nei panni di “salvatore” di Cipro – sarebbe ben più serio: salvare la pace nel Mediterraneo e allontanare la guerra che, attraverso la Siria, l’Occidente sta armando contro l’Iran. Lo sostiene un attento osservatore della politica russa, John Helmer: «Usa, Germania, Turchia e Nato pensano di avere quasi tutte le munizioni che servono per rovesciare il regime in Siria, come avevano già fatto in Libia, ma sembra che non trovino i 5 miliardi di euro necessari». Soldi indispensabili per «ripetere il trucco» finanziando la guerra coi depositi russi confiscati a Cipro. Inattesa contromossa di Putin: rifinanziare interamente le banche cipriote, emarginando l’Unione Europea e piazzando la Russia al centro del Mediterraneo. Con buona pace di Londra, che ha anch’essa manovrato per provocare il collasso di Cipro, cioè del maggior concorrente europeo dei paradisi fiscali britannici.
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Tutti salvi, solo in un mondo senza più vincitori né vinti
La dicotomia tra destra e sinistra è finita nel momento in cui l’una e l’altra si sono rivelate e si rivelano “cresciste” e nel momento in cui la sinistra continua a cullarsi nell’idea – contraddetta dei fatti – che progresso e crescita coincidano ancora. Non è più così. Per affrontare la politica che occorrerà, è necessario un salto concettuale gigantesco, come lo è la crisi che avanza: cioè il passaggio a un “pensiero complesso”. Le idee dominanti del XX Secolo furono, e sono ancora, quelle della specializzazione, cioè della frantumazione, dei saperi. Non fu casuale. Fu il risultato non solo del dominio del principio economico sull’intera società, fu ed è il prodotto della cultura razionalistico-illuminista. E’ questo che ci ha fatto perdere, insieme alla complessità dell’individuo, anche quella del cosmo.