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Pepe: 12 vaccini per legge è da nazisti, caso unico al mondo
«Addirittura 12 vaccini, somministrati a bambini di tre mesi di vita? E’ da criminali incoscienti». Il senatore Bartolomeo Pepe si scaglia con decisione contro il decreto legge del governo Gentiloni, ora in discussione: ben 12 vaccini obbligatori, finò all’età di 16 anni, pena l’esclusione dalla scuola. E con pesanti sanzioni per i trasgressori, pecuniare (anche 7.500 euro) e non solo: si arriva fino a privare i genitori della patria potestà. «Siamo alla follia totale, al nazi-vaccinismo», tuona il senatore ex 5 Stelle: «Il sistema vaccini in Italia è fuori controllo, i bambini sono in pericolo». E attenzione: «Non esiste nessun paese al mondo con simili disposizioni: che non stanno né in cielo né in terra, a detta di Premi Nobel e virologi di fama internazionale». Attualmente, l’Italia – con 4 vaccinazioni obbligatorie – è già in testa alla classifica mondiale, insieme alla Francia. Segue il Belgio, con soli 2 vaccini obbligatori, mentre tutti gli altri paesi del pianeta hanno un solo vaccino obbligatorio, o anche nessuno. «E’ una cosa pazzesca: ora finalmente la gente si renderà conto di cosa c’è in ballo, di cosa sta accadendo», aggiunge Pepe: «E ricordiamoci che il vaccino contro l’epatite C fu introdotto anni fa con una tangente all’allora ministro De Lorenzo: il ministro è stato arrestato, ma il vaccino è rimasto, divenendo il quarto vaccino obbligatorio in Italia».«Io non sono contro i vaccini, sono per il loro controllo», precisa Pepe, secondo cui in ogni caso «non esistono motivi di allarme, né pandemie». C’è stato il caso della meningite, «ma poi è rientrato, dopo una denuncia per procurato allarme»: l’Italia è fra i paesi con meno problemi di meningite, e inoltre il trend è in calo. Poi è stato lanciato l’Sos addirittura per una presunta epidemia di morbillo: «Ho chiesto in Parlamento “quanti e morti e feriti abbiamo, per morbillo”, ma non mi hanno risposto», dice Pepe. «E’ un’epidemia ciclica, con un picco ogni tre anni. Ma non c’è nemmeno un morto, per morbillo». Eppure, «a fronte di una pandemia che non esiste», è stato fatto questo decreto d’urgenza «che non ha nessun motivo». Da noi, accusa il senatore, la farma-sorveglianza non funziona. «Veniamo da una storia di vaccini poi ritirati, ma che potevano essere ritirati anche prima, e invece sono stati somministrati anche per dieci anni, nonostante si sapesse che facessero male. Ci sono controlli insufficienti, problemi a far segnalare reazioni avverse. E non c’è trasparenza sui dati, che sono fermi al 2013: non si ha il quadro esatto della situazione».Parecchie di queste reazioni avverse sono “scoppiate” con il caso del vaccino contro il “papilloma virus”, recentemente segnalato in televisione da “Report”, che ha evidenziato «guai seri per le ragazze che lo hanno assunto». Un problema che sarebbe innanzitutto di sicurezza sanitaria, come evidenziato da svariate ricerche, con «vaccini che sono stati a contatto con parti di Dna umano, feti abortiti, glifosato (un erbicida), formaldeide (un conservante, altrettanto cancerogeno) e sottoprodotti di metalli pesanti come alluminio e mercurio, che sono neuro-tossici: l’alluminio provoca l’Alzheimer, il mercurio crea disabilità mentali». Quali interessi nasconde l’industria farmaceutica? Inoltre, aggiunge Pepe, molto spesso a non vaccinarsi sono proprio gli operatori sanitari che lavorano negli ospedali: «Di cosa hanno paura? Sanno qualcosa che noi non sappiamo?». Se fossimo davvero in una reale situazione di epidemia, ragiona il parlamentare, dovremmo bloccare l’Italia – scuole, aeroporti – vaccinando qualsiasi persona che entrasse nel nostro paese. Sospetti: «La sensazione è che si stia avverando la profezia di Rudolf Steiner: creare vaccini per inibire l’evoluzione della coscienza. E’ palese l’attacco alle nostre coscienze: ci stanno provando con una serie di cose, anche con i vaccini».Bartolomeo Pepe invita a osservare con attenzione gli studi, di ambito fisico, che rivelano l’esistenza della “memoria dell’acqua”, che ha la possibilità di memorizzare frequenze elettromagnetiche, rimanendovi influenzata. «E noi siamo fatti al 75% di acqua. Dio solo sa a cosa sono stati sottoposti, questi vaccini – a quali frequenze? Non oso immaginare cosa siano capace di fare, questi signori», dichiara il senatore, scandalizzato anche dalle misure repressive previste dal decreto legge: «Arrivare a togliere la patria potestà dei figli è pazzesco: questo nazi-vaccinismo sta dimostrando tutta la sua follia. Ripeto: siamo l’unico paese al mondo con 12 vaccini obbligatori, e senza il necessario controllo». L’Ema, la farma-sorveglianza, sempre secondo Pepe «è foraggiata dalle stesse aziende farmaceutiche». Addirittura, aggiunge, «abbiamo avuto casi di corruzione, a capo dell’agenzia di controllo del farmaco: l’imputato prima ha visto finire in prescrizione il suo processo, e poi è stato promosso, in sede europea, a capo della sorveglianza sui farmaci, sull’alimentazione e la veterinaria. Questo è il sistema-Italia: vengono lanciati falsi allarmi – vedi meningite e morbillo, entrambi rientrati – quindi si fa un decreto legge d’urgenza che non ha nessuna giustificazione».Alcune vaccinazioni non sono sicure, insiete Pepe: quella sul “papilloma virtus” è stato ritirata in Danimarca e sconsigliata in Giappone. Alcuni vaccini sono inefficaci: «Si sono rivelati acqua fresca, anche se poi magari si inventano storie come quelle dell’infermiera “che non vaccinava”, per mascherare l’inefficicacia assoluta di vaccini somministrati a 7.500 bambini». Poi c’è il problema della “catena del freddo” per la conservazione dei vaccini, «che spesso si interrompe». Gli stessi vaccini, infine, non sarebbero tracciati: «Non vengono indicati i lotti di provenienza, sui libretti sanitari». Secondo Pepe, siamo nel paradosso assoluto: abbiamo migliaia di reazioni avverse, di cui le autorità negano l’evidenza. «Eppure abbiamo migliaia di casi di encefalopatie, bambini morti, persino militari – sottoposti a decine di vaccini prima di una missione – con problemi di leucemie, linfomi di Kodgkin e danni al Dna», aggiunge il senatore. «Mi domando: se un vaccino riesce addirittura a distruggere il fisico di un militare in perfetta forma, cosa può provocare, a un bambino di tre mesi, la bellezza di 12 vaccini? Non oso immaginarlo. E a tre mesi di vita – anche il peggiore dei pediatri lo sa bene – il sistema immunitario deve ancora formarsi: bisogna aspettare i tre anni. Anticipare i tempi è da criminali. E chi vuole praticare questo è un criminale incosciente, che non vuole il bene del bambino».«Addirittura 12 vaccini, somministrati a bambini di tre mesi di vita? E’ da criminali incoscienti». Il senatore Bartolomeo Pepe si scaglia con decisione contro il decreto legge del governo Gentiloni, ora in discussione: ben 12 vaccini obbligatori, finò all’età di 16 anni, pena l’esclusione dalla scuola. E con pesanti sanzioni per i trasgressori, pecuniare (anche 7.500 euro) e non solo: si arriva fino a privare i genitori della patria potestà. «Siamo alla follia totale, al nazi-vaccinismo», tuona il senatore ex 5 Stelle ai microfoni di “Forme d’Onda“, web-radio: «Il sistema vaccini in Italia è fuori controllo, i bambini sono in pericolo». E attenzione: «Non esiste nessun paese al mondo con simili disposizioni: che non stanno né in cielo né in terra, a detta di Premi Nobel e virologi di fama internazionale». Attualmente, l’Italia – con 4 vaccinazioni obbligatorie – è già in testa alla classifica mondiale, insieme alla Francia. Segue il Belgio, con soli 2 vaccini obbligatori, mentre tutti gli altri paesi del pianeta hanno un solo vaccino obbligatorio, o anche nessuno. «E’ una cosa pazzesca: ora finalmente la gente si renderà conto di cosa c’è in ballo, di cosa sta accadendo», aggiunge Pepe: «E ricordiamoci che il vaccino contro l’epatite C fu introdotto anni fa con una tangente all’allora ministro De Lorenzo: il ministro è stato arrestato, ma il vaccino è rimasto, divenendo il quarto vaccino obbligatorio in Italia».
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Ma l’Ue nasce dall’Opus Dei, riciclando criminali nazifascisti
L’Opus Dei svolse un ruolo di primo piano nella costruzione europea. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, vecchi responsabili fascisti si insediarono in seno alle nuove istituzioni europee, collocati dai membri dell’“opera divina”. Durante la guerra, pur condannando l’ideologia nazista, i principali responsabili della Chiesa cattolica sostennero notevolmente i regimi fascisti, per il fatto che costituivano un baluardo alla sovversione bolscevica. Il crollo del III Reich, sotto i colpi congiunti di inglesi, americani e sovietici, avrebbe dovuto tradursi non soltanto con l’epurazione della classe politica europea, ma anche con quella della Chiesa romana. Non se ne fece nulla. Gli ecclesiastici collaborazionisti manipolarono l’illusione religiosa al punto che ogni obiezione della loro responsabilità in crimini contro l’umanità apparve come una blasfemia. Utilizzando l’immunità che agli occhi dei credenti è loro conferita dalle sacre funzioni da essi esercitate, si dedicarono ad “esfiltrare” verso l’America Latina i capi fascisti per sottrarli alla giustizia e impedire che i processi giungessero a rivelare le loro colpe. In questo contesto, l’Opus Dei dedicò tutte le sue forze nel cancellare le tracce della storia, favorendo la riconciliazione europea.Questa politica fu favorita a malincuore dal generale de Gaulle. I francesi avevano sostenuto massicciamente e sino all’ultimo momento il regime fascista dell’ex-maresciallo Pétain e, attraverso lui, avevano attivamente partecipato allo sforzo di guerra del Reich. Alla conferenza di Yalta, gli Alleati avevano deciso di occupare la Francia non appena avessero vinto, di fucilare i suoi ufficiali e di accusare di incapacità civica tutti gli uomini al di sopra dei quarant’anni. Il genio di de Gaulle fu dunque di presentare lo Stato francese come un usurpatore e il governo della Francia libera, durante la sua avventura londinese, come il solo legittimo. Perfettamente cosciente che la Resistenza che era effettivamente esistita sul suolo francese era in maggioranza comunista, e temendo un’insurrezione marxista, Churchill diede il suo appoggio a questa menzogna storica: si presentò la disfatta dello Stato francese come la liberazione da un territorio occupato da un nemico. Trascinato da questa logica revisionista, de Gaulle fu costretto ad accettare il mantenimento dei vescovi fascisti e a fare amnistiare, cioè presentare come “resistenti” diversi responsabili petainisti.Questo riciclaggio di cattolici fascisti fu favorito da due membri dell’Opus Dei vicini al generale: Maurice Schumann (“La vois de la France Libre”) e la contessa Thérése, sposa del maresciallo Leclerc de Hautecloque. De Gaulle pensava di evitare così una guerra civile. Comunque sia, questa tattica ha permesso a dei politici e funzionari di estrema destra di integrarsi nelle nuove istituzioni democratiche, di farvi carriera di nascosto e infine di farvi trionfare di nuovo le loro idee. Un caso sorprendente è quello di Robert Schuman (con una sola “n”, con nessun legame di parentela con il precedente appena citato). Nel settembre del 1944, questo politico cristiano-democratico, allora di 58 anni, appariva come l’effimero consigliere del maresciallo de Lattre de Tassigni durante la liberazione dell’Alsazia-Lorena. Eletto deputato nel 1945, nominato ministro delle finanze nel 1946, presidente del Consiglio nel 1947, ministro degli affari esteri nel 1948. Nel 1949, installò la sede della Nato a Parigi. Lanciò l’idea dell’Europa comunitaria nel 1950 (Ceca e Ced) e partecipò attivamente al governo di Antoine Pinay. Tenuto ai margini degli affari francesi al ritorno di de Gaulle, fu il primo presidente del Parlamento Europeo. Colpito da senilità, morì nel 1963. Rimane nella memoria come il “padre dell’Europa”.Lo si conosceva come profondamente religioso, come uno che assisteva alla messa ogni mattina, che si dedicava a dolorose mortificazioni; si sa oggi, in occasione della sua beatificazione, che era membro dell’Opus Dei. Avremmo dovuto ricordarci del decreto Poinso-Chapuis: quel testo, che egli firmò il 22 maggio 1948 da presidente del Consiglio, permetteva alla Chiesa di sviare delle sovvenzioni pubbliche attraverso l’espediente delle associazioni familiari. Fu ritirato dopo una potente mobilitazione nazionale. Ma prima che Robert Schuman venisse proclamato beato, poi santo da Giovanni Paolo II, conviene chiedersi come hanno potuto dimenticarsi che era stato fascista, sottosegretario di Stato di Philippe Pétain. Colpito da indegnità nazionale alla Liberazione, al momento stesso in cui aveva tentato di porsi presso il maresciallo de Lattre, era stato sollevato dalla sua ineleggibilità per intervento di Charles de Gaulle nell’agosto del 1945. Per camuffare questa riabilitazione si era evidenziato il fatto che era stato posto agli arresti domiciliari dai nazisti sin dal 1941. In realtà, Robert Schuman aveva sempre sostenuto la “rivoluzione nazionale” fascista e si era unicamente opposto all’annessione dell’Alsazia-Mosella da parte del Grande Reich.Robert Schuman non poté edificare le prime istituzioni europee che con l’aiuto di un altro membro dell’Opus Dei, Alcide De Gasperi, il cui processo di beatificazione è anch’esso in corso alla Sacra congregazione per la causa dei santi. De Gasperi si oppose all’accesso di Mussolini al potere e fu imprigionato dalle “camicie nere” nel 1926. Ma fu liberato e si ritirò dall’opposizione dopo la firma degli accordi del Laterano tra la Santa Sede e l’Italia. Visse allora nella Città del Vaticano, dove lavorò agli archivi segreti sino alla caduta del Duce. Segretario generale della Democrazia Cristiana, entrò al governo sin dal giugno del 1945 e fu diverse volte presidente del Consiglio. Sospese immediatamente l’epurazione e vegliò personalmente al ricollocamento dei quadri del fascismo che avevano saputo essere così generosi con il papato. Morì nel 1954. Robert Schuman e Alcide De Gasperi poterono appoggiarsi su Konrad Adenauer per costruire l’Europa dell’amnesia. Il cancelliere tedesco, presidente della Democrazia Cristiana tedesca (Cdu), non sembra essere stato membro della santa setta, ma fu, almeno sino al 1958, il suo alleato indefettibile.Pur sostenendo il nazismo, non svolse un grande ruolo nel regime hitleriano. Sindaco di Colonia, era stato accusato di incapacità dagli Alleati e rimosso dalle sue funzioni. Konrad Adenauer partecipò attivamente alla protezione dei sospetti di crimini contro l’umanità e al riciclaggio dei fascisti, non soltanto per ambizione politica ma per occultare il proprio passato. I primi vagiti dell’Europa comunitaria si concretizzarono nel 1950 con l’instaurazione della Comunità Economica del Carbone e dell’Acciaio (Ceca). Riuniva come per caso gli interessi dei grandi industriali cattolici, produttori di materie prime, e degli armamenti pesanti. Nel 1957, la Comunità Europea vide la luce grazie al Trattato di Roma. I testi fondatori impiegano una fraseologia improntata alle encicliche sociali: “comunità”, “comunione”, “sussidiarità”. La sede della Comissione fu stabilita a Bruxelles, capitale del molto pio membro dell’Opus Dei Baldovino I. Il cardinale Danneels ha richiesto d’altronde la beatificazione del re cristiano che si era opposto all’aborto, confermando che l’Opus Dei è un vivaio di piccoli santi.Per garantire l’aiuto reciproco dei fascisti reinseriti in seno alle nuove istituzioni europee, l’erede del trono d’Austria-Ungheria, l’arciduca Otto von Asburgo-Lorena, fondò allora il Centro europeo di documentazione e di informazione (Cedi). Questa lobby fu del tutto naturalmente installata dall’Opus Dei al riparo dalla madrepatria sotto la protezione del caudillo, il generalissimo Franco. Cattolico di grande umiltà, Sua Altezza Imperiale Otto von Asburgo si è fatto eleggere semplice deputato europeo per continuare a Strasburgo la sua lotta per la riconciliazione europea. Grazie a lui, al Parlamento Europeo, i democratici cristiani (Ppe, Partito Popolare Europeo) non sono più a destra, e i socialisti (Pse, Partito Socialista Europeo) non sono più a sinistra. I confronti ideologici sono riservati alla galleria, in occasione delle elezioni. Una volta eletti, i deputati dei due grandi gruppi abbandonano i loro programmi e votano insieme la maggior parte dei testi. A Strasburgo la buona educazione di “monsignore” si è imposta: non ci sono conflitti politici, non vi sono che interessi condivisi. Il consenso dei privilegiati permette anche di spartirsi la presidenza del Parlamento e di organizzare un sistema a turno Ppe/Pse. I gruppi che rifiutano di entrare nella combinazione (comunisti, ecologisti, radicali) sono esiliati, insieme alle loro convinzioni.Con la progressione della sua espansione, l’Opus Dei ha ampliato i suoi obiettivi in Europa. Al riciclaggio dei fascisti, alla difesa delle monarchie cattoliche, al controllo delle nuove istituzioni democratiche si è aggiunta la difesa dei grandi interessi economici. Lo strumento più notevole fu creato nel 1983 sotto l’impulso del visconte dell’Opus Dei Étienne Davignon (allora comissario europeo incaricato dell’Industria e successivamente presidente della Societé Générale del Belgio): la Tavola Rotonda degli Industriali europei (Ert, European Roundtable of Industrialists). Raccoglie oggi una quarantina di dirigenti d’impresa, di cui più della metà sono membri della santa setta. L’adesione si fa unicamente per cooptazione, a titolo individuale, e non impegna ufficialmente le loro imprese. Tuttavia l’Ert è finanziata da queste imprese e pone a suo servizio alcuni dei loro quadri. L’Ert rivolge regolarmente le sue “raccomandazioni” alla Commissione Europea.L’Ert non manca mai di ricordare che è la lobby economica più potente in Europa: i suoi 42 membri impiegano tre milioni di persone. Realizzano 3.500 miliardi di franchi annui (del 1995) di volume d’affari. Un argomento che permette all’Ert di imporre le sue esigenze. Il “social-cristiano” Jacques Delors, che non gli rifiutava nessun appuntamento, diceva dell’Ert: «È una delle forze maggiori dietro il mercato unico». È «risolutamente pronunciata per uno sviluppo di reti europee di infrastrutture» e ha fatto inscrivere questi obiettivi nel Trattato di Maastricht. L’Opus Dei non si accontenta di piazzare i suoi membri e di difendere la loro comunità di interessi. Persegue sempre il suo obiettivo di restaurazione della cristianità. Per questo è protesa sia sul controllo dell’evoluzione istituzionale che sul controllo dei media. Così ha ottenuto che uno dei suoi membri fosse nominato alla Commissione Europea. Marcellino Oreja-Aguirre si è così visto stranamente affidare allo stesso tempo il portafoglio dei “Problemi audiovisivi” e quello della rinegoziazione del Trattato di Maastricht.Per quel che riguarda i “Problemi audiovisivi”, l’Opus Dei è favorevole al libero scambio. Cioè si augura di abolire «l’eccezione culturale», con riserva di una deontologia euro-americana della moralità nei media. Auspica che un ordine di giornalisti e produttori sia incaricato del suo rispetto. Quanto all’evoluzione istituzionale sono favorevoli a uno sviluppo della sovranazionalità a condizione che il potere politico sia affidato a dei tecnici. Su questo principio, hanno ottenuto il trasferimento del potere monetario a un consiglio non-politico, sul modello della Bundesbank. Un sistema che incantava il presidente (dell’Opus Dei) della banca centrale tedesca, Hans Tiettmeyer, oltretutto accademico pontificio. Si sono pronunciati per un allargamento dell’Europa sul criterio della cultura cristiana e non su quello della democrazia. È in base a questo principio che il democratico cristiano Helmut Kohl si è opposto al sostegno europeo alla repubblica laica della Bosnia Erzegovina, la cui popolazione è a maggioranza musulmana.(Thierry Meyssan, “L’Opus Dei e l’Europa, dal riciclaggio dei fascisti al controllo delle democrazie”, da “Osservatorio Anticapitalista” del 4 gennaio 2012. Giornalista internazionale e analista politico francese, Meyssan è fondatore di “Réseau Voltaire” e della conferenza “Axis for Peace”).L’Opus Dei svolse un ruolo di primo piano nella costruzione europea. Dopo la Seconda Guerra Mondiale, vecchi responsabili fascisti si insediarono in seno alle nuove istituzioni europee, collocati dai membri dell’“opera divina”. Durante la guerra, pur condannando l’ideologia nazista, i principali responsabili della Chiesa cattolica sostennero notevolmente i regimi fascisti, per il fatto che costituivano un baluardo alla sovversione bolscevica. Il crollo del III Reich, sotto i colpi congiunti di inglesi, americani e sovietici, avrebbe dovuto tradursi non soltanto con l’epurazione della classe politica europea, ma anche con quella della Chiesa romana. Non se ne fece nulla. Gli ecclesiastici collaborazionisti manipolarono l’illusione religiosa al punto che ogni obiezione della loro responsabilità in crimini contro l’umanità apparve come una blasfemia. Utilizzando l’immunità che agli occhi dei credenti è loro conferita dalle sacre funzioni da essi esercitate, si dedicarono ad “esfiltrare” verso l’America Latina i capi fascisti per sottrarli alla giustizia e impedire che i processi giungessero a rivelare le loro colpe. In questo contesto, l’Opus Dei dedicò tutte le sue forze nel cancellare le tracce della storia, favorendo la riconciliazione europea.
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Servizi deviati? No: a decidere è la politica (anche le stragi)
Perché chiamarli “servizi deviati”, se i servizi segreti si prestano a fare una manovra riguardo a un traffico di droga che gli consente di acchiappare dei terroristi che stanno per mettere delle bombe? I servizi segreti fanno un lavoro sporco, ci dobbiamo rassegnare: uno può rinunciare ad averli, i servizi, ma non può pensare di avere servizi segreti trasparenti. I servizi segreti, pur di sapere se viene fatto un attentato al Papa, devono fargli vendere l’eroina, a qualcuno. Devono fare cose inconfessabili: per questo si chiamano servizi segreti. Devono fare cose sotto copertura, che non si devono venire a sapere. Ci sono Stati – molto piccoli – che non li hanno, i servizi, eppure vanno avanti lo stesso. Ma se li hai, devono essere segreti. Poi, dato che rispondono al governo, semmai a essere “deviato” è il governo: è il governo a chiedere qualcosa di “deviato”, ai suoi servizi, che sono alle dipendenze di una responsabilità anche politica. Non puoi dare ai servizi segreti responsabilità che non hanno. Interventi di servizi stranieri? Fa parte del gioco: anche noi interveniamo nelle cose straniere. Ognuno ha il suo interesse nazionale, che non si tutela solo entro i confini. Ma è sempre l’autorità politica a dare l’input.Quando i servizi segreti italiani hanno ricevuto l’ordine di mettersi a disposizione della Gladio, l’operazione Stay Behind, l’hanno ricevuto da Cossiga, che era il ministro degli interni: dunque erano deviati loro o era deviato Cossiga? Certo che i servizi sono “al di sopra della legge”. E sono pure dotati della “licenza di uccidere”, proprio come il titolo del primo film di James Bond. Poi ci sono aspetti decisamente criminali, da parte di alcuni servizi segreti. C’è tutta una serie di attività di auto-finanziamento a cura di servizi come il Mossad (e, fino a dieci anni fa, i servizi bulgari), che fanno operazioni su commissione. Sono sempre autorizzate, questa operazioni: le autorità politiche non danno ai servizi tutti i soldi che loro richiedono, e quindi tollarano che, a scopo di auto-finanziamento, il servizio esegua azioni per conto terzi. A volte lavorano per qualche imprenditore che gli chiede qualche favore. Di mezzo c’è sempre, comunque, una responsabilità politica. In Italia i servizi rispondono solo a una commissione parlamentare e al ministro dell’interno, a cui si può contestare se è stato fedele, o meno, all’interesse nazionale. Da noi non puoi rivolgerti direttamente ai servizi: ti rivolgi al ministero dell’interno, chiedendo di attivare i servizi per monitorare ad esempio un’industria farmaceutica, o traffici finanziari. Ma tutto fa capo, sempre, al ministero.Il primo ministro può anche essere ignaro, dell’attività dei servizi, solo se non funziona il rapporto gerarchico con il referente diretto dei servizi, cioè il ministro dell’interno. Ma l’Italia è un paese bislacco, carente di responsabilità politica: da noi è capitato spesso che sia stato il presidente del Consiglio a chiedere espressamente al ministro dell’interno di non informarlo, su certe cose. E’ accaduto quando i servizi hanno gestito il pagamento del riscatto di certi sequestrati, e hanno pagato i rapitori con fondi che non dovevano comparire. Chi gestì quelle operazioni di liberazione, e con che soldi? Forse a questo punto vi date delle risposte, ricordando l’allora presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro, già ministro dell’interno: rispose “non ci so”, quando gli chiesero dove fossero finiti certi famosi fondi neri. Scalfaro sapeva che gli sarebbe toccato tirar fuori l’elenco delle “operazioni” attuate per accumulare quei fondi neri. Quand’era ministro, il presidente del Consiglio aveva detto a Scalfaro: fa’ pure tutte quelle cose, ma fa’ in modo che io non ne sappia niente.Poi c’è l’ulteriore problema che è stato posto, ad esempio, durante il nazismo: la catena gerarchica ufficiale, che sotto il nazismo ha funzionato benissimo, era una catena perfetta. Gli ordini più terribili – uccidere, aprire i gas nei lager, sterminare ostaggi (come quelli delle Fosse Ardeatine) – gerarchicamente erano corretti. Ai soldati nazisti è stato contestato il fatto che, a certi ordini, bisognerebbe disobbedire. Ma è un problema molto delicato: perché, se fai passare questa linea, finisci col non ritrovartelo più, un esercito. Perché la linea gerarchica di un esercito, di un’operazione militare, dev’essere assoluta. Se tu la incrini, poi rimetti alle valutazioni individuali di ogni soldato a quale ordine obbedire e a quale no. Secondo voi sopravvive, un esercito, a questo? E’ un problema molto delicato, che vale anche per i servizi. Il servizio segreto che ha favorito la strage di Bologna, quello di Giannettini, si doveva rifiutare? Dire questo è eticamente giusto, però si stabilisce un principio che è contro la sopravvivenza di quell’organo: se uno mette in discussione la catena gerarchica, poi ognuno stabilisce per i fatti suoi quel che è giusto e quello che non è giusto, e quella cosa lì non esiste più.Attività criminali, come lo stragismo? Il rapporto con l’interesse nazionale lo stabilisce la responsabilità politica, siamo sempre lì. C’era una catena gerarchica che ha ritenuto utile, per l’interesse nazionale, la strategia della tensione e l’esistenza di opposti estremismi: “servivano” un estremismo violento di destra e un estremismo violento di sinistra, in maniera che la Dc sopravvivesse, potendo dire “noi, moderati, siamo i migliori”. Se c’è un potere politico che stabilisce qual è l’interesse nazionale, il funzionario dei servizi segreti esegue ordini. Ci sono dei campi in cui non esiste la libertà, etica, di fare o non fare una cosa: noi puoi rimettere alla valutazione di ciascun agente dei servizi quale ordine eseguire e quale no. A quel punto è meglio scioglierli, i servizi: fare a meno di averli. Quello che non si può fare è tenerli, e poi contestare il fatto che eseguano gli ordini che ricevono, dal potere politico, quando – per legge – sono assoggettati al potere politico.A volte i servizi segreti sono stati interessati ad acquisire informazioni dalla massoneria, altre volte sono stati interessati a utilizzare la massoneria come copertura per certe operazioni. A volte i servizi hanno avuto interesse ad affiancarsi a certe massonerie e non a certe altre, sperando che crescessero e proliferassero quelle più vicine al loro modus operandi. Ma è accaduto anche con i sindacati, con i partiti. Non fa una grossa differenza: se una funzione statuale come quella dei servizi, peraltro con uno status un po’ particolare, decide che per fare una certa operazione le è utile la Cgil, cerca di acquisire la collaborazione della Cgil. Anch’io ho avuto rapporti coi servizi: a suo tempo, mi era stato proposto anche di fare loro da consulente, con un bel compenso mensile. Solo che ho rifiutato. Ho detto: se la cosa è nell’interesse dello Stato la faccio gratis. Se non è nell’interesse dello Stato – e fortunamente non faccio parte di una catena gerarchica – perché dovrei farla pure a pagamento? Ho rifiutato proprio per quello: non volevo mettermi in un rapporto gerarchico, volevo essere io a valutare l’eticità di quello che mi veniva richiesto.(Gianfranco Carpeoro, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web “Carpeoro Racconta” del 30 aprile 2017, ripresa su YouTube).Perché chiamarli “servizi deviati”, se i servizi segreti si prestano a fare una manovra riguardo a un traffico di droga che gli consente di acchiappare dei terroristi che stanno per mettere delle bombe? I servizi segreti fanno un lavoro sporco, ci dobbiamo rassegnare: uno può rinunciare ad averli, i servizi, ma non può pensare di avere servizi segreti trasparenti. I servizi segreti, pur di sapere se viene fatto un attentato al Papa, devono fargli vendere l’eroina, a qualcuno. Devono fare cose inconfessabili: per questo si chiamano servizi segreti. Devono fare cose sotto copertura, che non si devono venire a sapere. Ci sono Stati – molto piccoli – che non li hanno, i servizi, eppure vanno avanti lo stesso. Ma se li hai, devono essere segreti. Poi, dato che rispondono al governo, semmai a essere “deviato” è il governo: è il governo a chiedere qualcosa di “deviato”, ai suoi servizi, che sono alle dipendenze di una responsabilità anche politica. Non puoi dare ai servizi segreti responsabilità che non hanno. Interventi di servizi stranieri? Fa parte del gioco: anche noi interveniamo nelle cose straniere. Ognuno ha il suo interesse nazionale, che non si tutela solo entro i confini. Ma è sempre l’autorità politica a dare l’input.
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Craig Roberts: tradire chi li ha votati è la loro vera missione
La svendita di Trump al termine della svendita di Obama, durata otto anni. Istruttivo: ora abbiamo un presidente democratico che ha svenduto i suoi elettori, e un presidente repubblicano che ha appena fatto la stessa cosa. Questo è un punto molto interessante, il cui significato sfugge alla maggior parte delle persone – ma non al presidente russo Vladimir Putin, che al summit del Club Valdai ha riassunto lo stato della democrazia occidentale in termini che riassumo così, parafrasandoli: “In Occidente, gli elettori non possono cambiare la politica attraverso le elezioni, perché le élite dominanti controllano chiunque sia eletto. Le elezioni danno l’illusione della democrazia, ma il voto non cambia le politiche che favoriscono la guerra e le élite. Pertanto, la volontà popolare è neutralizzata. I cittadini vedono che il loro voto non ha alcuna influenza sugli affari del paese. Ciò li rende impauriti, frustrati e arrabbiati: una combinazione di emozioni pericolose per l’élite dominante che, in risposta, orienta i poteri dello Stato contro il popolo, esortandoli con la propaganda a sostenere altre guerre. Obama aveva promesso di uscire dall’Afghanistan o dall’Iraq, o forse da entrambi i paesi. Aveva promesso di abolire lo “Stato di polizia” creato dal regime di George W. Bush. E aveva promesso di concentrare le risorse americane sui problemi domestici, come l’assistenza sanitaria”.Ma cosa ha fatto, Obama? Ha esteso le guerre in corso e ne ha lanciate di nuove, ha distrutto la Libia e tentato di distruggere la Siria, ma è stato fermato dalla non-partecipazione britannica e dall’opposizione russa. Ha rovesciato i governi democratici in Honduras e in Ucraina. Ha ampliato lo “Stato di polizia”. Ha iniziato la demonizzazione della Russia e di Putin. Ha tradito nuovamente il popolo americano, permettendo all’industria assicurativa privata di scrivere il suo piano sanitario, conosciuto come Obamacare. Gli interessi privati, di fatto, hanno predisposto direttamente il programma, che dirotta i fondi pubblici dall’assistenza sanitaria verso i loro profitti. Tutto questo è stato dimenticato quando le élite governative e i media “presstiuti” al loro servizio hanno rifocalizzato la demonizzazione su Trump. Improvvisamente, il presidente neo-eletto è diventato il principale pericolo per gli Stati Uniti e per il popolo americano. Trump era un agente russo. Aveva cospirato con Putin per rubare l’elezione a Hillary Clinton e rendere la Casa Bianca un partner della presunta riconfigurazione di Putin dell’Impero Sovietico.Una sciocchezza furiosa, ma efficace. Così Trump ha ceduto alla pressione e ha sacrificato il suo consigliere per la sicurezza nazionale, che aveva sostenuto la promessa di normalizzare i rapporti con la Russia. Trump lo ha sostituito con un idiota russofobo che, a quanto pare, non vede l’ora di vedere nubi a forma di fungo atomico sulle città di tutto il mondo occidentale. Perché i due presidenti succedutisi alla Casa Bianca hanno completamente “venduto” la gente che aveva votato per loro? La risposta è che i presidenti non sono tanto potenti quanto i gruppi di interesse che prendono le decisioni. Trump era d’accordo sull’idea di sganciarsi dalla Siria, ma poi ha commesso un ambiguo crimine di guerra, attaccando gratuitamente Siria con i missili Tomahawk. Stava per normalizzare i rapporti con la Russia, ma ora il suo segretario di Stato annuncia che le sanzioni economiche statunitensi resteranno invariate, sulla Russia, finché Mosca non cede all’Ucraina la sua base navale sul Mar Nero, in Crimea. È impossibile normalizzare le relazioni quando il loro costo, per l’altra parte, è il suicidio nazionale.Nonostante la completa resa di Trump a quei poteri, il 2 maggio su “Npr” (National Public Radio) ho sentito della grezza propaganda, travestita da “opinione di esperti”, secondo cui Trump sarebbe allergico ai media, quando invece quello che tutti abbiamo visto è una massiccia preoccupazione dei media contro Trump, compreso il programma che stavo ascoltando. “Npr”, ad esempio, aveva messo insieme “esperti” che dicevano che Trump avesse calunniato Obama, accusandolo di intercettare le sue comunicazioni. “Npr” non ha detto niente sull’attacco del regime Obama contro Trump, accusato di aver cospirato con Putin per “scippare” l’elezione da Hillary Clinton. Se c’era una calunnia era proprio quella, e invece il discorso, in radio, era tutto concentrato su come Obama potrebbe citare in giudizio Trump. Ma perché l’oligarchia dominante utilizza ancora i suoi “presstituti” per combattere contro un presidente che si è arreso? Forse la risposta è che il vero potere sta “pestando” Trump a mo’ di avvertimento, in modo che nessun candidato faccia mai più un appello populista all’elettorato.(Paul Craig Roberts, “Democrazia americana, un morto che cammina”, dal blog di Craig Roberts del 2 maggio 2017).La svendita di Trump al termine della svendita di Obama, durata otto anni. Istruttivo: ora abbiamo un presidente democratico che ha svenduto i suoi elettori, e un presidente repubblicano che ha appena fatto la stessa cosa. Questo è un punto molto interessante, il cui significato sfugge alla maggior parte delle persone – ma non al presidente russo Vladimir Putin, che al summit del Club Valdai ha riassunto lo stato della democrazia occidentale in termini che riassumo così, parafrasandoli: “In Occidente, gli elettori non possono cambiare la politica attraverso le elezioni, perché le élite dominanti controllano chiunque sia eletto. Le elezioni danno l’illusione della democrazia, ma il voto non cambia le politiche che favoriscono la guerra e le élite. Pertanto, la volontà popolare è neutralizzata. I cittadini vedono che il loro voto non ha alcuna influenza sugli affari del paese. Ciò li rende impauriti, frustrati e arrabbiati: una combinazione di emozioni pericolose per l’élite dominante che, in risposta, orienta i poteri dello Stato contro il popolo, esortandoli con la propaganda a sostenere altre guerre. Obama aveva promesso di uscire dall’Afghanistan o dall’Iraq, o forse da entrambi i paesi. Aveva promesso di abolire lo “Stato di polizia” creato dal regime di George W. Bush. E aveva promesso di concentrare le risorse americane sui problemi domestici, come l’assistenza sanitaria”.
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Macedonia: fabbrica fake news, intasca 10.000 euro al mese
Ha festeggiato i 18 anni, quattro mesi fa, con una festa sontuosa nella sua città natale e ha dichiarato alla “Nbc News” che «senza il presidente eletto Donald Trump non sarebbe stato possibile». Ma che c’entra? Dimitri, il nome è di fantasia perché ha chiesto l’anonimato al giornalista che l’ha intervistato, è uno dei tanti adolescenti-smanettoni che si sono arricchiti durante la campagna elettorale americana. Di giorno va a scuola e di notte ‘sforna’ bufale in inglese. Nel piccolo paesino di Veles, in Macedonia, esistono delle vere e proprie ‘fabbriche’ di fake news: ogni giorno producono notizie false, ma scritte in modo tale da risultare vere a chi le legge sui social network e sui siti d’informazione. Come queste tre notizie, scritte da Dimitri e pubblicate su “Huffingtonpolitics.com”, la versione fake del HuffingtonPost: “Lo stilista di Michelle Obama si rifiuta di vestire Melania Trump”, “La regina Elisabetta ha invitato Trump”, l’attore George Lopez “promette di lasciare gli Usa a causa della vittoria di Trump”).Come si è arricchito spacciando notizie false? In due modi. Scrivendo notizie false e vendendole ai siti d’informazione degli Stati Uniti e pubblicandole anche su siti, come “Usa Daily News 24”, per poi postarle su Facebook. Più clic si riceve più si guadagna (un centesimo per clic) grazie alle pubblicità di Google inserite nel sito. I soldi arrivano direttamente nel suo account Google AdSense, che solo nel mese di settembre ha visto un + 7.500 euro. Un sito che, come si può vedere, ha una bella grafica e sembra, a tutti gli effetti un sito web americano, in realtà è nato ed è stato registrato a Veles, come altri 200 che garantiscono tanti soldi ad almeno sei ‘squadre’ che sfornano fake news in questa cittadina di 55mila abitanti, diventata la miniera d’oro delle bufale sul web. Dimitri ha raccontato di aver guadagnato almeno 56mila euro negli ultimi sei mesi, superando di gran lunga il reddito dei genitori e di molte altre famiglie della sua città, dove il salario medio annuo è di 4.500 euro. La sua principale fonte di denaro? I sostenitori e gli elettori del presidente eletto Donald Trump che, inevitabilmente, hanno messo “Mi Piace” e condiviso sui social le tante notizie negative scritte ad arte su Hillary Clinton.«Ho scritto, in inglese logicamente, gran parte delle bufale sullo scandalo delle email che ha investito la Clinton, e sulla sua (probabile) malattia, e per questo non adatta come presidente degli Usa”, ha dichiarato Dimitri all’emittente americana. Perché proprio Veles è la fabbrica delle bufale? Quasi un quarto dei macedoni è attualmente disoccupato, un tasso di circa cinque volte superiore a quello negli Stati Uniti. Poi la maggior parte dei ragazzi parla correntemente l’inglese. Chi produce notizie false guadagna talmente tanti soldi da poterli investire comprando case e appartamenti, fondando aziende e acquistando automobili costose. E, come accade in ogni parte del mondo, ora questi ragazzi sono diventati anche “più belli” agli occhi delle ragazze. «Non è un’attività criminale», ha affermato il sindaco della città, «perché», ha concluso, «tutto il denaro guadagnato dagli adolescenti viene tassato regolarmente».(Luigi Garofalo, “Fake news, ha guadagnato 56mila euro in 6 mesi ‘fabbricando’ bufale. La storia di un 18enne macedone”, da “Key4Biz” del 18 gennaio 2017. Diretto da Raffaele Barberio, “Key4Biz” è un newsmagazine sulla “digital economy”, con aggiornamenti quotidiani sul mondo del web).Ha festeggiato i 18 anni, quattro mesi fa, con una festa sontuosa nella sua città natale e ha dichiarato alla “Nbc News” che «senza il presidente eletto Donald Trump non sarebbe stato possibile». Ma che c’entra? Dimitri, il nome è di fantasia perché ha chiesto l’anonimato al giornalista che l’ha intervistato, è uno dei tanti adolescenti-smanettoni che si sono arricchiti durante la campagna elettorale americana. Di giorno va a scuola e di notte ‘sforna’ bufale in inglese. Nel piccolo paesino di Veles, in Macedonia, esistono delle vere e proprie ‘fabbriche’ di fake news: ogni giorno producono notizie false, ma scritte in modo tale da risultare vere a chi le legge sui social network e sui siti d’informazione. Come queste tre notizie, scritte da Dimitri e pubblicate su “Huffingtonpolitics.com”, la versione fake del HuffingtonPost: “Lo stilista di Michelle Obama si rifiuta di vestire Melania Trump”, “La regina Elisabetta ha invitato Trump”, l’attore George Lopez “promette di lasciare gli Usa a causa della vittoria di Trump”).
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Attali, cioè Macron: salvare la Francia a spese dell’Italia
Ho riletto recentemente un libro importantissimo, il saggio “Come finirà” di Jacques Attali: ebreo, estremamente influente, consigliere di svariati presidenti francesi senza distinzione partitica e soprattutto vero mentore di Emmanuel Macron, molto probabilmente il prossimo presidente d’oltralpe. Oggi molti in Italia pensano erroneamente che avere un giovane come presidente in Francia sia una buona notizia. Nulla di più errato, sarà il perfetto contrario per gli interessi italici. Visto che quanto verrà fatto da Macron ricalcherà le idee di Attali ben spiegate nel saggio in oggetto, vale la pena di spiegarvi quale può essere la strategia eurofrancese del nuovo presidente in relazione all’Italia. Notasi: il saggio citato è del 2010, ossia antecedente a tutti gli eventi più scottanti che hanno riguardato l’Italia, di fatto anticipati in modo addirittura imbarazzante. In breve, i concetti fondamentali che emergono dallo splendido saggio sopra citato sono, secondo chi, scrive quattro. Primo: la storia insegna che gli Stati perdono la loro autonomia venendo fin anche smembrati principalmente a causa dell’eccesso di debito (normalmente in presenza di un debito eccessivo si diventa un protettorato alla mercè di chi detiene le tue obbligazioni).Secondo: appunto, la crisi del 2008 secondo l’autore non fu una semplice recessione ricorrente ma una vera crisi sistemica del modello capitalistico occidentale del primo mondo, a causa principalmente di un accumulo eccessivo di debito con corrispondente enorme creazione di credito bancario, per sostenere i consumi altrimenti asfittici. Terzo: l’Italia – secondo Attali – era messa particolarmente male a causa dell’enorme debito pubblico, con inevitabili crisi prospettiche; nonostante questo, lo stesso autore ammette che l’uscita dall’euro sarebbe stata utile all’Italia, ma questo avrebbe disintegrato l’Ue e quindi gli interessi di Francia e Germania soprattutto a causa delle conseguenze del subprime, positivissime per Roma in rapporto alle altre capitali ex-coloniali europee (le cui banche erano tecnicamente fallite e infatti vennero salvate in larga parte dallo Stato). Alcuni esempi di banche fallite in Europa, dove lo Stato dovette intervenire con la segregazione dei debiti in “bad banks” o ricapitalizzazioni: Ubs, Ing, Ikb, WestLb, Dexia, Lloyds, Rbs, Northern Rock, Hsh Nordbank, Santander, Bank of Ireland, Commerzbank, Deutsche Postbank, ecc.Il punto 4, l’ultimo, lo spiegherò di seguito. Prima una contestualizzazione importante, taciuta (ad arte) da Attali che – non dimentichiamolo mai – resta profondamente francese: nel 2009 l’Italia presentava il sistema bancario più sano dell’Occidente grazie ad una relativa arretratezza che aveva evitato agli istituti nazionali – a pena di rendimenti passati più bassi delle controparti estere – di prendere rischi che non si comprendevano. Ad esempio i debiti subprime nei portafogli delle banche italiane erano relativamente ridotti, idem i crediti concessi alla Grecia. E senza dimenticare che gli immobili in Italia salirono sì ad inizio millennio, ma non raggiunsero mai i livelli folli di Irlanda, Spagna e finanche Olanda. Ossia i debiti inesigibili italiani, a fronte di una economia che tutto sommato teneva, erano perfettamente sotto controllo. L’unica banca italiana che soffriva era Unicredit, a causa delle sue partecipate tedesche e austriache. Ma tale istituto venne di fatto salvato da Gheddafi, sempre vicino all’Italia nel momento del bisogno (sua madre era italiana). Molto probabilmente tale intervento a salvataggio di Unicredit rappresentò il giusto motivo per toglierlo di mezzo.Ora il punto 4: i paesi fortemente indebitati e in crisi del 2009 – Italia esclusa, come abbiamo visto – rappresentavano il primo mondo; in tale contesto non potevano crollare e, come sempre capita quando si parla di potenze coloniali, fu necessario fare in modo che il debole pagasse per te (…). Da qui la decisione dei grandi europei di imputare colpe tutto sommato inesistenti all’Italia, con il fine di impossessarsi dei suoi attivi, per salvarsi loro stessi. Forse ora si capisce la reiterata richiesta a Berlusconi di fare arrivare la Troika in Italia. Il Cavaliere giustamente rifiutò e sappiamo come è andata a finire. Poi l’austerità imposta dall’Eu franco-tedesca via Mario Monti e continuata con Letta e Renzi (tutti e tre cooptati dall’Eu francotedesca, il primo al limite del criminale per le conseguenze dei suoi provvedimenti) ha fatto il resto, indebolendo le imprese nazionali e quindi creando i famosi crediti inesigibili “Npl”, che vediamo oggi su tutti i giornali (dopo 6 anni di recessione imposta dall’austerità è un miracolo non essere ancora falliti). Ora, Attali scrisse in tempi non sospetti nel suo saggio che l’Italia non poteva ne può uscire dall’euro, altrimenti salta l’Ue e dunque prima di tutto la Francia, oberata da privilegi statali enormi. Dunque, Macron cosa farà quando sarà alla presidenza francese? Semplice, seguirà le ricette economiche di Attali. Ossia per salvare la Francia supporterà il più possibile l’austerità a danno dell’Italia, che dovrà accettare la Troika. Ossia spogliarsi dei propri beni anche con tassazione enorme verso i propri concittadini.Vedremo se a causa di ciò il Belpaese diventerà semplicemente povero o verrà anche fatto a pezzetti. Per inciso, di uscire dall’euro manco a parlarne (ed ora con Trump “normalizzato” anche l’ultima speranza è morta). Ah, dimenticavo: in questi casi la storia insegna che il sangue per le strade è immancabile. E se pensate che – come “sempre” è accaduto – “qualcuno” difenderà il Belpaese da tale ignobile fine, temo vi sbagliate: guardate solo chi è stato insignito della Legion D’Onore francese tra i notabili italiani per capire che una buona parte dell’intellighenzia italica tiferà estero, sono certo che per riffa o per raffa tutti sono stipendiati da fuori Italia. Ne cito solo alcuni: Carlo De Benedetti, Gilberto Benetton, Anna Maria Tarantola, Claudio Scajola, Enrico Letta (proposto per quest’anno), il generale degli alpini Massimo Panizzi (quello che dovrebbe presidiare il confine alpino con i vicini d’oltralpe). Poi l’immancabile Romano Prodi e anche Giorgio Napolitano. Eccetera. Fortunatamente ci sono anche soggetti veramente onorevoli che la Legion d’Onore l’hanno rifiutata: su tutti il generale Tricarico, che la rispedì al mittente in protesta per il di fatto attacco agli interessi italiani di Sarkozy in Libia del 2011 (tutti in piedi a salutare con orgoglio tale valoroso rappresentanze della nazione, uno dei pochissimi). Auguroni davvero.(Mitt Dolcino, “Il mentore di Macron, Attali, ha previsto il fallimento dell’Italia, per salvare l’Eu. Pessime notizie per il futuro”, da “Scenari Economici” del 26 aprile 2017).Ho riletto recentemente un libro importantissimo, il saggio “Come finirà” di Jacques Attali: ebreo, estremamente influente, consigliere di svariati presidenti francesi senza distinzione partitica e soprattutto vero mentore di Emmanuel Macron, molto probabilmente il prossimo presidente d’oltralpe. Oggi molti in Italia pensano erroneamente che avere un giovane come presidente in Francia sia una buona notizia. Nulla di più errato, sarà il perfetto contrario per gli interessi italici. Visto che quanto verrà fatto da Macron ricalcherà le idee di Attali ben spiegate nel saggio in oggetto, vale la pena di spiegarvi quale può essere la strategia eurofrancese del nuovo presidente in relazione all’Italia. Notasi: il saggio citato è del 2010, ossia antecedente a tutti gli eventi più scottanti che hanno riguardato l’Italia, di fatto anticipati in modo addirittura imbarazzante. In breve, i concetti fondamentali che emergono dallo splendido saggio sopra citato sono, secondo chi, scrive quattro. Primo: la storia insegna che gli Stati perdono la loro autonomia venendo fin anche smembrati principalmente a causa dell’eccesso di debito (normalmente in presenza di un debito eccessivo si diventa un protettorato alla mercè di chi detiene le tue obbligazioni).
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Carpeoro: ucciso il socialismo, era l’antidoto all’orrore Ue
Hanno ucciso Olof Palme, il migliore dei leader, per assassinare il socialismo in Europa, intimidire e poi togliere di mezzo personaggi come Schmidt e Mitterrand (e volendo, lo stesso Craxi). Obiettivo: far stravincere l’oligarchia finanziaria e mettere in piedi l’attuale obbrobrio chiamato Unione Europea. Faceva paura, il premier svedese? Eccome: acerrimo avversario di ogni totalitarismo, in Svezia aveva varato un’economia mista, con quote di controllo allo Stato, nelle aziende, e quote di partecipazione assegnate ai lavoratori. Pragmatismo, coraggio. E soprattutto idee: «E’ di quelle che ha paura, il potere. Per questo ha trasformato la parola “ideologia” in una specie di insulto. Ma l’ideologia è il futuro, il progetto. E senza idee, non puoi fare nessun progetto». Parola di Gianfranco Carpeoro, simbologo e romanziere, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, intervenuto in un recente convegno a Roma. L’occasione per una riflessione anche storica sull’eredità del socialismo: se la nostra società occidentale è ridotta così, alla solitudine dell’homo homini lupus, è perché è stato scientificamente, chirurgicamente asportato il virus benefico del socialismo. Anche con il terrorismo, e non da oggi.Alla tragedia del leader socialdemocratico svedese, ucciso a Stoccolma nel 1986 da un killer mai identificato, Carpeoro ha dedicato lunghe pagine del suo lavoro sui legami occulti tra massoneria, servizi segreti e terroristi (il sistema della “sovragestione”). Ed è tornato sul tema a margine del simposio “Le forme della democrazia”, promosso dal Movimento Roosevelt, fondato da Gioele Magaldi. Cos’è stato, il socialismo? Cos’è oggi, e cosa potrebbe essere domani? «Non è stato un pensiero statico, ha avuto un’evoluzione storica, politica», e ora è stato letteralmente rimosso. «Da dov’era partito, il socialismo? Da molto lontano», esordisce Carpeoro: da un periodo di grande riflessione spirituale. «Senza scomodare i Rosacroce», già nel ‘600 si trovano svariate opere proto-socialiste: “Utopia” di Tommaso Moro, “La città del sole” di Tommaso Campanella, “La nuova Atlantide” di Francesco Bacone. Fino ad arrivare a opere meno conosciute, come quelle di Johann Valentin Andreae, presunto autore dei manifesti rosacrociani dell’epoca, che chiude la sua esistenza scrivendo “Christianopolis”, dove racconta il naufragio in un’isola (Caphar Salama) che viene governata in maniera socialista.«Perché la chiamo socialista? Perché una serie di capisaldi di queste opere caratterizzeranno la fase che Marx, con intento quasi spregiatorio, chiamerà “socialismo utopistico”». Ma la parola “utopia”, ricorda Carpeoro, non esisteva nemmeno, prima di Tommaso Moro. «L’ha inventata lui. E’ un neologismo di origine greca, significa “non luogo”. Lo stesso Marx, dunque, citando il “socialismo utopistico”, si richiama a Tommaso Moro». E come nasce, il socialismo utopistico? Ha varie declinazioni: è anarchica quella di Pierre-Joseph Proudhon, quasi mistica quella di Henri de Saint-Simon. Ci sono interpretazioni più pragmatiche, e c’è una declinazione, «forse la più illuminata», che è quella di Auguste Blanqui. «Ma in tutte queste declinazioni ci sono i capisaldi di quello che, secondo gli utopisti del ‘600, doveva essere lo Stato perfetto, la comunità perfetta, con l’abolizione della proprietà privata». In sostanza, «si cominciava a riconoscere il diritto delle persone a vivere secondo dignità e aspettative». Perché questi diritti vengano finalmente riconosciuti in modo istituzionale ci vorrà Eleanor Roosevelt, con la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo alle Nazioni Unite nel 1948. «Ma queste idee erano state in qualche modo anticipate già quattro secoli prima». Giustizia e libertà. Tradotto: una società che riconosca il giusto a ognuno, dando a ciascuno la possibilità di scegliere. «Sembra una cosa semplice, no? Eppure, noi ancora non l’abbiamo creata, una società così».Nella sua storia, aggiunge Carpeoro, il movimento socialista si è continuamente frammentato. Lo dimostra la stessa storia del Psi italiano, fondato a Genova nel 1892 da Filippo Turati, «che sarà forse il socialista più coerente», fedele all’impostazione iniziale del progetto ottocentesco, rivoluzionario. Obiettivo: la “guerra” alla società classista del sistema capitalistico, che sottomette e sfrutta contadini e operai. Due mosse: prima la rivoluzione, per abbattere il sistema padronale, e poi l’abolizione delle classi sociali. Come? “Socializzando” i mezzi di produzione, l’economia, le industrie, e distribuendo le terre ai contadini. Poi irrompe Marx, che «istituzionalizza questa sorta di diagnosi», e pensa a come realizzare il disegno rivoluzionario e la fase successiva. «Marx chiama tutto questo “socialismo scientifico”, da contrapporre a quello che lui, disprezzandolo un po’, chiamava “socialismo utopistico”». Ma l’obiettivo, aggiunge Carpeoro, non era forse arrivare comunque all’utopia? «L’eliminazione delle classi cos’è, se non la realizzazione di “Utopia”, della “Nuova Atlantide”, della “Città del Sole”?». In ogni caso, poteva il “fiume” socialista restare interamente ancorato a questo schema? No, ovviamente. E così cominciano le divisioni.«La prima scissione, nel mondo socialista, è quella degli anarchici», ricorda Carpeoro. «Per loro non esiste la fase intermedia, si annulla tutto: nella loro visione, la dissoluzione dello Stato capitalistico è una fase contestuale all’impulso rivoluzionario». Poco dopo, vanno per la loro strada anche i comunisti: «Hanno una visione schematica, per la quale bisogna arrivare con quei passaggi, alla soluzione», che è sempre rivoluzionaria. Rimane il nucleo socialista, che – in Italia come in Europa – si divide a sua volta: nascono i “riformisti”, che restano anti-capitalisti e combattono per la giustizia sociale, ma rinunciano alla rivoluzione come mezzo per ottenerla. Poi ci sono quelli che, successivamente, si chiameranno “socialdemocratici”, come Leonida Bissolati, «i quali aboliscono anche il passaggio finale, l’abbattimento del capitalismo», e quando poi si radicheranno anche nel Pci prenderanno il nome di “miglioristi”. Secondo loro è irrealistica la rinuncia al sistema liberale. Semmai, il capitalismo va corretto con continue migliorie, per guarirne le distorsioni. Nell’800 c’era stato anche il filone dei “socialisti libertari”, che «declineranno il socialismo esclusivamente all’interno dei diritti civili e delle libertà, senza più occuparsi di strategie di governo».Il socialismo libertario, spiega Carperoro, era ciò che era rimasto di un’ulteriore scissione, quella di Mazzini: litigando con Garibaldi, l’ideologo del Risorgimento si era portato via «quel nucleo che poi diventerà l’area laica», repubblicani e Partito d’Azione). Ma, superata la tragedia della Prima Guerra Mondiale – intervisti, neutralisti – e poi il blackout planetario del nazifascismo, nel dopoguerra «dagli anni ‘70 in poi, l’unica direttiva che lentamente si afferma, nel socialismo, è quella socialdemocratica», alimentata anche dalla guerra fredda: nel fatidico 1956 il leader sovietico Khrushev alimenta grandi speranze con la denuncia dei crimini di Stalin, ma nello stesso anno non riesce a evitare la sanguinosa repressione della rivolta popolare scoppiata in Unghieria, replicata nel ‘68 con il soffocamento della “Primavera di Praga”. «In realtà – prosegue Carpeoro – si avvia quella che nel ‘70 si chiamerà “terza via”, cioè la possibilità di trovare una composizione della società, correggendone le deviazioni, verso una maggiore giustizia sociale: cosa che la socialdemocrazia europea considerava assolutamente irrinunciabile».E questa linea, particolarmente efficace perché moderata nelle forme quanto incisiva nei contenuti, «trova un eroe assolutamente straordinario», anche se è «un personaggio di cui non parla mai nessuno». Straordinario «da tutti i punti di vista (anche dal mio, perché era massone come me)», ammette Carpeoro, parlando di Olof Palme. «E’ stato uno dei personaggi più fulgidi del ‘900. Vi invito a leggere i suoi scritti, e soprattutto a rimetterlo sulle bandiere». Il leader svedese, intanto, «è la prima vittima di una congiura contro il socialismo». Attenzione: «Nell’arco di vent’anni, i grandi leader socialisti europei vengono tutti cancellati, in circostanze ambigue. Olof Palme viene ucciso mentre è presidente del Consiglio, in Svezia. E non è che ne sia parlato molto in Europa. Ancora oggi si parla di Che Guevara, non di Olof Palme. Ma è un eroe». E viene ucciso da killer rispetto ai quali «emergono connessioni con ambienti dell’estrema destra e anche, purtroppo, della massoneria: in un telegramma piuttosto equivoco, alla vigilia dell’attentato, Licio Gelli scrive a un parlamentare americano, Philip Guarino, che nel giro di pochi giorni “la palma svedese” sarebbe “caduta”, come la Svezia pullulasse di palme».Lo stesso Craxi, ricorda Carperoro, vinse lo storico congresso del Psi al Midas, da cui nacque la sua leadership, «con un programma che al 50% era quello di Olof Palme, che era il padre nobile di tutti questi socialisti europei». Poi ovviamente «ognuno è libero di considerare i seguaci degni o non degni, ma resta il fatto che Palme aveva dato un programma socialista all’Europa». Dopo il drammatico “avvertimento” rappresentato dall’omicidio di Stoccolma, nessuno dei seguaci di Palme gli sopravviverà – politicamente, quantomeno. «Craxi, in circostanze che non riesco a considerare nitide (e con tutti i suoi errori, certo) viene comunque rimosso dalla vita politica italiana. Poi viene rimosso Mitterrand, in Francia. E viene rimosso Schmidt in Germania, con uno scandaletto. E pensate che, dopo tutte queste concatenazioni nel giro di pochi anni, poi la si faccia casualmente, l’Europa unita, nel modo in cui è stata fatta?». Per Carpeoro, c’è poco da cianciare di complottismo: «Sono stati eliminati i vertici di un movimento politico che aveva un capofila importante».Palme, già attivissimo come leader del suo partito, ha poi svolto due mandati come presidente del Consiglio, in Svezia, «e il secondo l’ha fatto coram populo». Disse: «Io non sono contro il capitalismo, voglio solo tagliargli le unghie ogni tanto». E’ questo il ruolo del socialismo, sottolinea Carpeoro: «Per questo il socialismo è necessario, è indispensabile a questa società. Anche perché, senza socialismo (come, del resto, senza liberismo) questa società non può camminare. Deve avere due ruote, un polo conservatore e un polo progressista. E possibilmente, questi due poli devono essere talmente di qualità che il fatto che si possano alternare al potere deve dipendere solo dalle condizioni del momento». Il liberismo sfrenato? «Non ha fatto male, all’America, appena è stato introdotto da Reagan. Poi però ci si doveva fermare. Se qualcuno ti progetta un regime oligarchico ultraliberista e senza regole per vent’anni, ti vuoi meravigliare se poi il risultato sono le banche che saltano, i soldi che non viaggiano, l’economia che non gira? E’ una forma di staticità della società, e la società non può essere statica».Di fronte alla drastica possibilità di nazionalizzare le aziende, Olof Palme adottò una soluzione intermedia, ispirata alla teoria dell’economista Rudolf Meidner: una quota ai lavoratori, una quota di controllo allo Stato e una quota al privato. «Non per tutto: solo per le aziende in difficoltà. E ha funzionato, in Svezia. Il problema è che poi Palme l’hanno ammazzato». E in Italia? «Se avessero adottato lo schema Meidner, anche da noi, forse molte aziende in difficoltà sarebbero sopravvissute, e i sacrifici richiesti alle nostre maestranze sarebbero stati vissuti in maniera diversa». Non c’è bisogno di tornare all’antico, all’assistenzialismo dell’Iri, basterebbe la leva dei benefici fiscali, alla portata di uno Stato che possedesse quote di aziende. Perché nonè successo? «Perché noi non abbiamo avuto il coraggio di fare quello che Palme ha osato fare, in Svezia, dal ‘69 in poi». Rimettere mano, oggi, alla “contaminazione” socialista? Assolutamente sì, come stimolo ideologico: «Progetto e ideologia sono la stessa cosa: non puoi fare un progetto se non hai un’ideologia. E l’aver trasformato l’ideologia in un insulto è la riprova che a questo sistema, le cose che hanno idee, fanno paura. Il potere le teme, vuole cose senza idee. Vogliono un encefalogramma piatto come quello di Renzi, dove non ci sono onde».Hanno ucciso Olof Palme, il migliore dei leader, per assassinare il socialismo in Europa, intimidire e poi togliere di mezzo personaggi come Schmidt e Mitterrand (e volendo, lo stesso Craxi). Obiettivo: far stravincere l’oligarchia finanziaria e mettere in piedi l’attuale obbrobrio chiamato Unione Europea. Faceva paura, il premier svedese? Eccome: acerrimo avversario di ogni totalitarismo, in Svezia aveva varato un’economia mista, con quote di controllo allo Stato, nelle aziende, e quote di partecipazione assegnate ai lavoratori. Pragmatismo, coraggio. E soprattutto idee: «E’ di quelle che ha paura, il potere. Per questo ha trasformato la parola “ideologia” in una specie di insulto. Ma l’ideologia è il futuro, il progetto. E senza idee, non puoi fare nessun progetto». Parola di Gianfranco Carpeoro, simbologo e romanziere, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, intervenuto in un recente convegno a Roma. L’occasione per una riflessione anche storica sull’eredità del socialismo: se la nostra società occidentale è ridotta così, alla solitudine dell’homo homini lupus, è perché è stato scientificamente, chirurgicamente asportato il virus benefico del socialismo. Anche con il terrorismo, e non da oggi.
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Schiavi comprati e venduti nella Libia “liberata” dagli Usa
La Libia “liberata” dagli Usa è diventata un colossale mercato degli schiavi. Lo dimostra un report di Carey Wedler su “Zero Hedge”, che accusa l’Occidente: le stesse menti criminali, che hanno ridotto il territorio libico a disgustoso “business di carne umana”, stanno cercando di fare la stessa cosa in Siria. «È ben noto che l’intervento Nato a guida Usa del 2011 in Libia, con lo scopo di rovesciare Muhammar Gheddafi, ha portato ad un vuoto di potere che ha permesso a gruppi terroristici come l’Isis di prendere piede nel paese», premette Wedler. «Nonostante le conseguenze devastanti dell’invasione del 2011, l’Occidente è oggi lanciato sulla stessa traiettoria nei riguardi della Siria». Ieri Obama ha stroncato Gheddafi con la scusa di “proteggere il popolo libico”, e oggi – senza uno straccio di prova sulle responsabilità di Assad nell’attacco coi gas – Trump minaccia di abbattere il regime di Damasco. Ma, al netto della propaganda, «emergono sempre più chiaramente i pericoli connessi all’invasione di un paese straniero e alla rimozione dei suoi leader politici». Lo conferma il “Guardian”, con «nuove rivelazioni sugli effetti collaterali degli “interventi umanitari”: la crescita del mercato degli schiavi».Il quotidiano inglese scrive che sebbene «la violenza, l’estorsione e il lavoro in schiavitù» siano stati già in passato una realtà per le persone che transitavano attraverso la Libia, recentemente il commercio degli schiavi è aumentato». E oggi «la compravendita di esseri umani come schiavi viene fatta apertamente, alla luce del sole», scrive Wedler, in un post ripreso da “Voci dall’Estero”. «Gli ultimi report sul ‘mercato degli schiavi’ a cui sono sottoposti i migranti si possono aggiungere alla lunga lista di atrocità che avvengono in Libia», afferma Mohammed Abdiker, capo delle operazioni di emergenza dell’Iom, International Office of Migration, un’organizzazione intergovernativa che promuove “migrazioni ordinate e più umane a beneficio di tutti“, secondo il suo stesso sito web. «La situazione è tragica. Più l’Iom si impegna in Libia, più ci rendiamo conto come questo paese sia una valle di lacrime per troppi migranti». Il paese nordafricano viene usato spesso come punto di uscita per i rifugiati che arrivano da altre parti del continente. Ma da quando Gheddafi è stato rovesciato nel 2011, spiega Abdiker al “Guardian”, «il paese, che è ampio e poco densamente popolato, è piombato nel caos della violenza: e i migranti, che hanno poco denaro e di solito sono privi di documenti, sono particolarmente vulnerabili».Un sopravvissuto del Senegal, proveniente dal Niger, racconta che stava attraversando la Libia insieme a un gruppo di altri migranti, tutti in fuga dai paesi di origine. Avevano pagato un trafficante perché li trasportasse in autobus fino alla costa, dove avrebbero corso il rischio di imbarcarsi per l’Europa. Ma, anziché portarli sulla costa, il trafficante li ha condotti in un’area polverosa presso la cittadina libica di Sabha. Secondo quanto riportato da Livia Manente, la funzionaria dell’Iom che intervista i sopravvissuti, «il loro autista gli ha detto all’improvviso che gli intermediari non gli avevano passato i pagamenti dovuti e ha messo i passeggeri in vendita». Molti altri migranti hanno confermato questa storia, aggiunge la Manente: i profughi descrivono «i vari mercati degli schiavi, indipendenti l’uno dall’altro, e le diverse prigioni private che si trovano in tutta la Libia». Le stesse storie, aggiunge la funzionaria, sono confermate dai migranti che hanno trovato asilo nell’Italia del sud.Il sopravvissuto senegalese ha detto di essere stato portato in una prigione improvvisata che, come nota il “Guardian”, in Libia è cosa comune: «I detenuti all’interno sono costretti a lavorare senza paga, o in cambio di magre razioni di cibo, e i loro carcerieri telefonano regolarmente alle famiglie a casa chiedendo un riscatto. Il suo carceriere chiese 300.000 franchi Cfa (circa 450 euro), poi lo vendette a un’altra prigione più grossa dove la richiesta di riscatto raddoppiò senza spiegazioni». Quando i migranti sono detenuti troppo a lungo senza che il riscatto venga pagato, continua il “Guardian”, vengono portati via e uccisi. «Alcuni deperiscono per la scarsità delle razioni e le condizioni igieniche miserabili, muoiono di fame o di malattie, ma il loro numero complessivo non diminuisce mai», sottolinea il quotidiano britannico. «Se il numero di migranti scende perché qualcuno muore o viene riscattato, i rapitori vanno al mercato e ne comprano degli altri», dice ancora Livia Manente. Le fa eco Giuseppe Loprete, capo della missione Iom in Niger: «È assolutamente chiaro che loro si vedono trattati come schiavi», ha detto.Loprete ha gestito il rimpatrio di 1.500 migranti nei soli primi tre mesi dell’anno, e teme che molte altre storie e incidenti del genere emergeranno man mano che altri migranti torneranno dalle coste libiche: «Le condizioni stanno peggiorando, in Libia: penso che ci possiamo aspettare molti altri casi nei mesi a venire». Ora, conclude Wedler, mentre il governo degli Stati Uniti «sta insistendo nell’idea che un cambio di regime in Siria sia la soluzione giusta per risolvere le molte crisi di quel paese», è ormai sempre più evidente che la cacciata dei dittatori – per quanto detestabili possano essere – non è una soluzione efficace. «Rovesciare Saddam Hussein non ha portato solo alla morte di molti civili e alla radicalizzazione della società, ma anche all’ascesa dell’Isis», sottolinea l’analista. «Mentre la Libia, che un tempo era un modello di stabilità nella regione, continua a precipitare nel baratro in cui l’ha gettata “l’intervento umanitario” dell’Occidente». Un pozzo nero e senza fondo, nel quale «gli esseri umani vengono trascinati nel nuovo mercato della schiavitù, e gli stupri e i rapimenti affliggono la popolazione». Chi preme sulla guerra, conclude Wedler, deve sapere che non farà altro che produrre «ulteriori inimmaginabili sofferenze».La Libia “liberata” dagli Usa è diventata un colossale mercato degli schiavi. Lo dimostra un report di Carey Wedler su “Zero Hedge”, che accusa l’Occidente: le stesse menti criminali, che hanno ridotto il territorio libico a disgustoso “business di carne umana”, stanno cercando di fare la stessa cosa in Siria. «È ben noto che l’intervento Nato a guida Usa del 2011 in Libia, con lo scopo di rovesciare Muhammar Gheddafi, ha portato ad un vuoto di potere che ha permesso a gruppi terroristici come l’Isis di prendere piede nel paese», premette Wedler. «Nonostante le conseguenze devastanti dell’invasione del 2011, l’Occidente è oggi lanciato sulla stessa traiettoria nei riguardi della Siria». Ieri Obama ha stroncato Gheddafi con la scusa di “proteggere il popolo libico”, e oggi – senza uno straccio di prova sulle responsabilità di Assad nell’attacco coi gas – Trump minaccia di abbattere il regime di Damasco. Ma, al netto della propaganda, «emergono sempre più chiaramente i pericoli connessi all’invasione di un paese straniero e alla rimozione dei suoi leader politici». Lo conferma il “Guardian”, con «nuove rivelazioni sugli effetti collaterali degli “interventi umanitari”: la crescita del mercato degli schiavi».
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Chomsky: ho paura, questa élite vuole ricorrere all’atomica
Donald Trump sa di non avere nessuna speranza di premiare i milioni di elettori che avevano creduto in lui. Per questo gioca l’ultima carta e indossa i panni dello sceriffo: per distrarre il pubblico, bombardando il mondo. Ma il gioco è pericoloso: tra una provocazione e l’altra, con il solito corredo di notizie false come le responsabilità di Assad sull’uso dei gas contro la popolazione siriana, la Russia stavolta potrebbe reagire. Mosca potrebbe sparare per prima i suoi missili a testata atomica contro l’America, prima che sia troppo tardi. Mai, nella sua storia, l’umanità ha corso un pericolo così grande. Lo afferma Noam Chomsky in un’intervista concessa al “Manifesto”, nella quale esprime la massima preoccupazione per i giorni che stiamo vivendo. La sua tesi: l’élite è semplicemente “impazzita”. E il terrore di perdere il potere può spingerla verso la catastrofe nucleare. Gli oligarchi sanno di non avere più alcuna possibilità di recuperare il consenso perduto, come dimostra il fallimento della loro ultima creazione illusionistica, Donald Trump. E allora premono sulla guerra: la vogliono davvero, come unica soluzione per mantenere il controllo totale sull’umanità.Ad aggravare il quadro, aggiunge Chomsky, intervistato da Patricia Lombroso, sarebbe la rottura dello storico equilibrio missilistico tra Usa e Russia, provocata dal colossale programma di riarmo nucleare varato anni fa da Barack Obama. Secondo il grande intellettuale americano, oggi la dotazione balistica degli Stati Uniti sarebbe superiore rispetto a quella di Mosca. E i russi, che sanno di essere minacciati, potrebbero decidere di sferrare per primi un attacco nucleare preventivo, prima che la loro deterrenza venga definitivamente cancellata dall’ipotetica supremazia atomica statunitense. Uno scenario da apocalisse, confermato da un altro acuto analista indipendente come Paul Craig Roberts, secondo cui i russi – che a suo parere non dispongono affatto di un arsenale inferiore a quello americano – potrebbero comunque scegliere di colpire per primi, dato che gli Usa e la Nato li stanno letteralmente assediando, in modo sempre più subdolo, ormai anche alle frontiere della Federazione Russa, sul Baltico e nell’Europa orientale.Altri osservatori, come il francese Thierry Meyssan, sono meno pessimisti: tendono a pensare che Trump stia essenzialmente “facendo teatro”. Per Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, l’eventuale bluff muscolare di Trump avrebbe lo scopo di illudere (e tacitare, a suon di commesse miliardarie) l’apparato militare-industriale che fa capo al potentissimo clan dei Bush. Lo stesso Carpeoro, tuttavia, non si nasconde la pericolosità del potere oligarchico mondiale ormai pronto a tutto, come dimostra l’auto-terrorismo targato Isis. Sullo sfondo, la situazione allarmante del pianeta: «Gli oligarchi sanno che le risorse terrestri si stanno esaurendo, a cominciare dalle fonti energetiche, e ciascun gruppo sgomita per prepararsi a imporre il suo Piano-B». Lo stesso Giulietto Chiesa teme gli effetti della doppia crisi in atto: la pericolosità di un’America in declino, arginata da Russia e Cina, in un mondo che non sa come affrontare né l’esplosione demografica, né l’incombente catastrofe climatica, che secondo l’Onu sta già innescando esodi mai visti prima, nella storia. Tante angolazioni diverse, molte analisi e una sinistra caratteristica comune: l’assenza di soluzioni, in vista.Nella sua visione, Chomsky si concentra sulla politica estera Usa: «Le aggressioni unilaterali da parte degli Stati Uniti in Siria e in Afghanistan – afferma – sono state preparate a tavolino da questa nuova amministrazione, incurante del crimine commesso, che viola tutte le norme del diritto internazionale». Obiettivo: nient’altro che «uno show rivolto all’opinione pubblica in attesa della promessa “America First”». Dietro la propaganda di Trump, Noam Chomsky vede un «progetto selvaggio di smantellamento, passo dopo passo, dell’intera legislazione federale istituita 70 anni fa per proteggere l’intera popolazione americana dalla logica dei profitti immediati e dalla massima concentrazione del potere». Operazione abilmente nascosta dallo “sceriffo” Trump, che prova a rassicurare gli americani «con questo messaggio diretto: i brillanti risultati conseguiti dai nostri uomini del Pentagono nelle ultime otto settimane sono superiori a quanto conseguito durante gli ultimi otto anni dalla presidenza Obama». E ancora: «Siamo in grado di effettuare operazioni coraggiose. Insomma, ecco il nuovo sceriffo che dimostra di essere l’uomo forte che voi volete. E che ha dato mano libera a chi voleva intraprendere le cosiddette azioni coraggiose. Come quella di sganciare la superbomba in Afghanistan senza aver neppure idea quale territorio abbiamo distrutto, né di quanti civili abbiamo ucciso».Paradossalmente – ma non è una novità – negli Stati Uniti «l’applauso è stato univoco e totale anche da parte dei democratici, visto che in Siria il nuovo sceriffo Trump ha inviato un messaggio alla comunità internazionale per dimostrare che l’America è ancora una superpotenza che sa reagire con la nuova forza dell’“America First”». Passo dopo passo, continua Chomsky, «dietro le quinte viene approvata una legislazione che toglie ogni speranza alla popolazione americana nel rivendicare i benefici di protezione sociale ed economica istituiti 70 anni fa». Per l’insigne linguista, «è questa l’organizzazione di potere più pericolosa nella storia del mondo». Una “cupola” che, «per continuare ad avere più profitti e sempre più potere, è capace anche di usare l’arma nucleare. Sino alla distruzione dell’umanità». Secondo Chomsky, grazie al riarmo nucleare finanziato in silenzio da Obama, oggi «l’arsenale atomico statunitense ha raggiunto un livello da strategia atomica avanzata e radicale, tale da poter annientare la deterrenza dell’arsenale atomico russo». E dato che Mosca non ne è certo all’oscuro, «con l’intensificarsi della tensione diretta, specialmente nei paesi baltici ai confini della Russia», tutto questo «determina il rischio di un confronto nucleare diretto con la Russia».Se così stanno le cose, secondo Chomsky, si sono «assottigliati i margini per la sicurezza mondiale» e ci stiamo pericolosamente avvicinando a una catastrofe nucleare provocata dalla “mutual destruction”, la distruzione reciproca. Si è infatti «messa in moto una situazione in base alla quale la Russia, con l’intensificarsi delle provocazioni degli Stati Uniti, possa decidere di sferrare un “preemptive strike”», un colpo preventivo nucleare, «nella speranza di sopravvivere, dal momento in cui non ha più la capacità di un arsenale deterrente». Per Chomsky, «ci troviamo in una situazione gravissima e pericolosa», dove «il rischio è dato dalle reazioni imprevedibili di Trump», sempre più debole sul piano della politica interna, e quindi preoccupatissimo. «Un Trump che, se non sarà in grado di mantenere le promesse di cambio fatte alla “working class” a cui si è riferito in campagna elettorale (e che sarà la prima vittima della sua presidenza), prima o poi seguirà un dilagare di accuse di terrorismo islamico verso gli immigrati per giustificare misure repressive eccezionali e nuovi bandi. Prefabbricando prove di un attacco all’America, tanto da giustificare il ricorso all’arma nucleare». I missili in Siria e la superbomba Moab sganciata in Afghanistan? «Sono l’esemplificazione dell’America di Trump pronta a ritorsioni militari che superano ogni più perversa immaginazione. Un disegno politico che è prassi storica, per questo paese, sin dai tempi della Guerra Fredda».Donald Trump sa di non avere nessuna speranza di premiare i milioni di elettori che avevano creduto in lui. Per questo gioca l’ultima carta e indossa i panni dello sceriffo: per distrarre il pubblico, bombardando il mondo. Ma il gioco è pericoloso: tra una provocazione e l’altra, con il solito corredo di notizie false come le responsabilità di Assad sull’uso dei gas contro la popolazione siriana, la Russia stavolta potrebbe reagire. Mosca potrebbe sparare per prima i suoi missili a testata atomica contro l’America, prima che sia troppo tardi. Mai, nella sua storia, l’umanità ha corso un pericolo così grande. Lo afferma Noam Chomsky in un’intervista concessa al “Manifesto”, nella quale esprime la massima preoccupazione per i giorni che stiamo vivendo. La sua tesi: l’élite è semplicemente “impazzita”. E il terrore di perdere il potere può spingerla verso la catastrofe nucleare. Gli oligarchi sanno di non avere più alcuna possibilità di recuperare il consenso perduto, come dimostra il fallimento della loro ultima creazione illusionistica, Donald Trump. E allora premono sulla guerra: la vogliono davvero, come unica soluzione per mantenere il controllo totale sull’umanità.
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Il killer di Olof Palme? Chiamatelo Isis, la mano è la stessa
«Probabilmente l’assassino di Olof Palme è ancora in vita, e nel delitto potrebbero essere coinvolti la polizia o qualche esponente dell’esercito». Lo afferma il noto criminologo Leif Gustav Willy Persson, che ha sempre dubitato della colpevolezza di Christer Pettersson, un criminale di strada inizialmente fermato, ma che apparentemente non aveva motivi per uccidere il premier socialdemocratico svedese, il primo leader europeo a essere assassinato nell’Europa democratica (il secondo sarà il serbo Zoran Dijndic, nel 2003). Un caso tuttora irrisolto, pieno di ombre: comprese quelle che si allungano sulla strana morte dello scrittore Stieg Larsson, colto da malore dopo aver consegnato alla polizia un imponente dossier sui legami tra presunti killer e servizi segreti. «Informa il nostro amico che la palma svedese verrà abbattuta», scrisse dal Sudamerica un certo Licio Gelli, in un messaggio indirizzato a Philip Guarino, esponente repubblicano Usa vicinissimo a George Bush senior e stretto collaboratore di Michael Ledeen, «storico e giornalista le cui vicende sono torbidamente intrecciate con l’intelligence americana», scrive l’avvocato Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che denuncia il ruolo degli 007 nella strategia della tensione. Una regia occulta, da cui oggi proverrebbero gli attentati in Europa firmati Isis.Tre giorni dopo quello strano messaggio di Gelli sulle “palme” svedesi in procinto di essere “abbattute”, alle 23,21 del 28 febbraio 1986, Olof Palme venne ucciso da un sicario in una strada centrale di Stoccolma, non lontano dalla stazione. Palme era il leader del partito socialdemocratico, ed era in pima linea nella lotta contro l’apartheid e i regimi autoritari in Sud America. Venne freddato con due colpi di pistola. «Ma soprattutto – aggiunge il newsmagazine “BergamoPost” – l’episodio avvenne lontano dalle telecamere, e senza che il politico fosse seguito dalla scorta, motivo per il quale l’attentatore non fu mai trovato». Un caso che ricorda, da vicino, l’omicidio di Jfk a Dallas. Sempre il “BergamoPost” ha scovato un indizio curioso: l’ultimo a vedere Palme vivo fu un giovane italiano di origini pugliesi, Nicola, che all’epoca aveva 22 anni. Oggi vive nell’hinterland della capitale svedese e ha lavorato nella ristorazione proprio a Stoccolma. La sua testimonianza è stata utilizzata dalla polizia nei giorni successivi, e ha raccontato brevemente l’accaduto anche al giornale online bergamasco. «Ho incrociato i Palme qualche minuto prima dell’omicidio, Olof e la moglie Lisbeth. Dietro la coppia camminava un uomo: ovviamente non sono riuscito a dargli una connotazione, altrimenti sarei stato molto più utile».Quando si è reso conto dell’omicidio, Nicola? «Ho sentito gli spari in lontananza, poi ho realizzato che poteva essere Palme e mi sono girato, ho guardato per un po’ e poi mi sono rimesso in cammino». L’indagine, ricorda “BergamoPost”, è stata fra le più costose della storia e, con oltre 700mila pagine di documenti accumulati, è la più ampia in tutto il mondo. La polizia interrogò il giovane italiano solo un paio di volte: «La prima alcuni giorni dopo, la seconda l’anno seguente, quando – racconta – mi fecero osservare alcuni sospetti, dei quali non riconobbi nessuno». La ricostruzione degli eventi, resa pubblica nel corso delle indagini, indica come Nicola avesse incrociato la coppia all’altezza del numero 56 di Sveavägen, la stessa via in cui, all’incrocio successivo con Tunnelgatan (dai 2 ai 3 minuti a piedi), Palme venne ucciso e la moglie ferita lievemente. Nicola vide anche, dieci metri più avanti, un uomo con una grossa giacca blu, mentre seguiva con passo spedito la coppia. Dal report della polizia, l’italiano dichiara di aver pensato che si trattasse di una guardia del corpo in borghese, ma che sembrava anche troppo anziano per essere tale. La maggior parte dei testimoni che videro l’attentatore lo descrissero come una persona fra i 35 e i 40 anni. E il primo sospettato, Christer Pettersson, ne aveva 39.Ma dov’erano le guardie del corpo? «All’epoca, in Svezia non vi erano seri timori di agguati nei confronti di personaggi politici di spicco, e la sicurezza veniva impiegata per lo più in occasione di eventi pubblici», continua “Bergamo Post”. Olof Palme, la moglie Lisbeth, il figlio e la fidanzata di quest’ultimo trascorsero la serata al cinema Grand (sempre su Sveavägen) prima di ritornare a casa. «Mårten Palme, il figlio del primo ministro, riconobbe un uomo all’uscita del cinema, la cui figura poi venne prima associata a Pettersson, poi, in un recente sviluppo, all’agente segreto sudafricano Eugene De Kock, che sarebbe stato individuato dalle telecamere della Svt il giorno dopo all’aeroporto di Stoccolma, particolare che ha ipotizzato un coinvolgimento del Sudafrica nell’uccisione». Ma l’uomo ha negato di essere mai stato in Svezia. All’epoca dell’omicidio, De Kock aveva 37 anni. La sequenza di sangue è nota: il primo ministro e la sua famiglia arrivarono all’incrocio con Tunnelgatan quando l’attentatore si parò di fronte a Palme e lasciò partire due colpi di pistola verso il primo ministro (di cui uno fatale, al petto) e uno che colpì di striscio la moglie. Poi rimase qualche secondo ad assistere alla scena, tanto da essere riconosciuto da Lisbeth Palme (e dal figlio, che lo aveva visto di fronte al cinema prima di tornare a casa con la fidanzata), la cui testimonianza portò dapprima in carcere Pettersson.«Lo stesso Pettersson, che in passato era stato condannato per omicidio ed era coinvolto in piccole attività criminali, venne poi scarcerato per mancanza di indizi», aggiunge il giornale online. «Altre quattro persone si trovavano entro una ventina di metri, molto più vicine rispetto a Nicola, ma non riuscirono a identificare l’aggressore, di cui si persero le tracce una volta che egli svoltò sulla scalinata che sovrasta Tunnelgatan». Un caso non ancora risolto, dopo 31 anni. L’arma del delitto non è mai stata trovata, ma si tratta probabilmente di una 357 Magnum. Sigge Cedergren, un malavitoso che temeva Christer Pettersson, dichiarò di aver smarrito quel tipo di pistola e che il principale sospettato sapeva dove era nascosta. Nel 2006, continua “Bergamo Post”, venne ritrovata un’arma simile sul fondo di un lago nella Svezia centrale, ma era troppo arrugginita per poter permettere qualsiasi tipo di ricostruzione. La stessa scena del crimine fu inquinata dai numerosi passanti e curiosi che assistettero all’arrivo dell’ambulanza, e poi da chi lasciò fiori e ricordi di vario genere sul marciapiede. Le indagini sul Dna vennero introdotte solo a partire dagli anni ‘90 e non era possibile, all’epoca, poterle utilizzare.Christer Pettersson, a sua volta, «è morto nel 2004 in seguito a ferite al cranio mai chiarite». Pochi mesi prima, «si era rivolto a Mårten Palme, dicendo di volerlo incontrare per parlare della morte del padre». Sfortunatamente, «l’incontro non avvenne mai, e la morte di Pettersson mise fine a qualsiasi speranza». Strano, no? L’ex principale sospettato contatta il figlio della vittima ma, prima di portergli parlare, viene ucciso da “ferite al cranio mai chiarite”. Qualcuno sta dunque lavorando nell’ombra, ancora, per impedire che emerga la verità sul caso Palme? Ne è convinto l’avvocato Carpeoro, massone, che denuncia apertamente il ruolo criminale di una parte della massoneria internazionale, al centro di torbidi intrecci e depistaggi come quelli che tuttora inquinano le indagini sul terrorismo finto-islamico che colpisce a Parigi, Londra, Nizza, Bruxelles e Berlino. L’accusa: l’élite mondialista “reazionaria” si avvale di settori dei servizi segreti per fabbricare una nuova strategia della tensione, impiegando manovalanza presentata oggi come islamista. Obiettivo: seminare il caos, la paura, perché nulla cambi e il sistema resti com’è, fondato sul dominio della finanza a spese della democrazia.Olof Palme? Un uomo-simbolo: «Era il padre spirituale del welfare europeo, il sistema di diritti estesi su cui la sinistra moderata e riformista ha costruito il benessere dell’Europa nel dopoguerra: cioè quel sistema contro cui si batte, strenuamente, l’Unione Europea del rigore e dell’austerity». E se non bastano la super-tassazione e l’euro, i tagli alla spesa e il pareggio di bilancio, a “spegnere la luce” sulla democrazia «può intervenire anche il terrorismo». Allora impegnato nel movimento socialista europeo, Carpeoro assistette personalmente a congressi del partito svedese di Palme: era il politico che, più di ogni altro – per capacità, coraggio e autorevolezza – avrebbe impresso un’impronta “sociale” alla politica europea, sbarrando la strada, sul nascere, alla presente Ue degli orrori finanziari. «Un uomo come Palme rappresentava un pericolo mortale, per questa élite: andava tolto di mezzo».Nel suo libro, pubblicato da “Revoluzione”, Carpeoro sostiene che il pericolo è più che mai vicino: e denuncia il ruolo, in molti retroscena oscuri, del politologo Michael Ledeen, «uomo Cia, esponente nella super-massoneria reazionaria nonché del B’nai B’rith, la massoneria israeliana prossima al Mossad». Secondo Carpeoro, lo stesso Ledeen – definito “vicino” a Philip Guarino all’epoca del messaggio di Gelli alla vigilia dell’omicidio Palme – sarebbe un esponente-chiave della “sovragestione” politica dell’Italia, affidata a potenti apparati. Carpeoro dichiara che Ledeen avrebbe “sovragestito” «prima Craxi e poi Di Pietro, quindi Renzi e, contemporaneamente, il grillino Di Maio». Secondo questa tesi, lo stesso potere occulto manovra – da decenni – per condizionare, a nostra insaputa, il corso degli eventi. L’obiettivo sarebbe sempre lo stesso: sabotare la democrazia, di cui in Europa un leader come Olof Palme sarebbe stato un autentico campione, a danno delle lobby che oggi hanno in mano il bilancio degli Stati, per via bancaria, fino al paradosso della Bce che rappresenta l’unico, vero governo dell’Unione Europea, al riparo da qualsiasi “rischio” democratico.«Probabilmente l’assassino di Olof Palme è ancora in vita, e nel delitto potrebbero essere coinvolti la polizia o qualche esponente dell’esercito». Lo afferma il noto criminologo Leif Gustav Willy Persson, che ha sempre dubitato della colpevolezza di Christer Pettersson, un criminale di strada inizialmente fermato, ma che apparentemente non aveva motivi per uccidere il premier socialdemocratico svedese, il primo leader europeo a essere assassinato nell’Europa democratica (il secondo sarà il serbo Zoran Dijndic, nel 2003). Un caso tuttora irrisolto, pieno di ombre: comprese quelle che si allungano sulla strana morte dello scrittore Stieg Larsson, colto da malore dopo aver consegnato alla polizia un imponente dossier sui legami tra presunti killer e servizi segreti. «Informa il nostro amico che la palma svedese verrà abbattuta», scrisse dal Sudamerica un certo Licio Gelli, in un messaggio indirizzato a Philip Guarino, esponente repubblicano Usa vicinissimo a George Bush senior e stretto collaboratore di Michael Ledeen, «storico e giornalista le cui vicende sono torbidamente intrecciate con l’intelligence americana», scrive l’avvocato Gianfranco Carpeoro, autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo”, che denuncia il ruolo degli 007 nella strategia della tensione. Una regia occulta, da cui oggi proverrebbero gli attentati in Europa firmati Isis.
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Armi silenziose per guerre tranquille, mentre noi dormiamo
Guardare una città dall’alto è come vedere un grande formicaio, migliaia di persone viaggiano freneticamente senza mai fermarsi a chiedersi perché corrono. Le scadenze, il lavoro e il tempo le tiene prigioniere mentre tutto intorno a loro sembra essere fermo e statico: ognuno di noi vive un mondo, quello ufficiale in cui vige la morale religiosa, la legge dei “buoni” e l’economia del business. In realtà noi siamo intrappolati in un altro mondo, quello ufficioso, in cui la democrazia non esiste più perché il potere lo hanno attribuito alle istituzioni sovranazionali, la libertà è un’illusione perché il controllo dei nostri istinti e dei nostri pensieri è già in atto, e la legge è quella del Governo Mondiale che mediante le sue sfere di controllo gestisce il sistema. La cibernetica è la nuova scienza sociale, è lo schema per controllare i sistemi complessi come quello nostro, in cui il biologico e l’economico si fondono. Un sistema cibernetico equilibrato crea una struttura a celle, in cui gli elementi interagiscono in modo da aumentare il valore della produzione, e ha la grande proprietà dell’autoregolamentazione. In altre parole, è fatto in modo che dopo ogni azione si attivi subito una contro-reazione, un evento che si dirige verso uno scenario crea automaticamente le condizioni per un evento con tendenza inversa che annulla il primo…È un ecosistema vero e proprio, un essere che vive, perché è in grado di far fronte da solo alle situazioni che mettono in discussione la sua esistenza. Sistemi del genere hanno una grande stabilità nel tempo, e possono funzionare bene solo se li guida un codice etico, un obiettivo che sia nell’interesse di tutti gli uomini. Questo tuttavia non sta accadendo, perché l’intero sistema lavora per soddisfare gli interessi di una classe ben più ristretta, degli Illuminati, degli dèi che non permetteranno mai che la scienza liberi il popolo. Ora utilizzano contro le popolazioni inermi delle armi biologiche, spingono gli uomini a non vivere ma a sopravvivere, invece di gettare proiettili mettono catene tramite i data base; invece di inviare soldati, innescano delle bombe tramite dei computer e sotto gli ordini dei vostri generali, che sono i banchieri. Certamente non fanno niente di evidente, perché non vediamo esplosioni oppure danni fisici, ma la nostra vita sociale viene distrutta ogni giorno dal finto progresso. Le masse e il pubblico non potranno mai capire quest’arma e dunque non potrà credere che non siamo realmente attaccati, se non avviene un fatto criminoso reale.Pensate a che fino ha fatto la democrazia: lei non esiste più ma nessuno lo dice. Il margine di azione degli Stati è sempre più ridotto dagli accordi economici internazionali sui quali non è stato chiesto l’opinione dei cittadini del mondo. Una sospensione proclamata della democrazia avrebbe provocato una rivoluzione, e se non è successo è perché è stato deciso di mantenere una democrazia di facciata: i cittadini continuano a votare, i programmi politici di “destra” e di “sinistra” sono gli stessi. Le elezioni, i telegiornali continuano di esistere, ma sono stati svuotati del loro contenuto. Un telegiornale contiene al massimo 2 a 3 minuti di cronaca sui fatti del giorno, mentre il resto sono argomenti di facciata, di reality-show sulla vita quotidiana. Le analisi dei giornalisti specializzati sono state eliminate, e l’informazione passa attraverso la censura, che consiste non nell’omettere le notizie ma nell’annegarle in un diluvio di notizie insignificanti diffuse da una moltitudine di mezzi con contenuto simile in modo che sembra esistere la pluralità e la democrazia.Tutta la finezza della censura moderna risiede nell’assenza di censori. Questi sono stati sostituiti efficacemente dalla “legge del mercato”, che fornisce i mezzi per finanziare il lavoro di inchiesta. Eventi importanti saranno lievemente accennati, e poi affiancati a notizie di inutili, mentre un attentato verrà trattato con reportage sulle strade e tra le persone per esagerare il dramma. Le informazioni vengono presentate con una tale confusione, affiancate tra di loro anche se di diversa importanza, e questo non permette la memorizzazione delle notizie, che rimangono della mente dello spettatore solo se presentate in modo strutturato e catalogato. Una peggiore memorizzazione colpisca la popolazione con l’amnesia, in modo da essere più semplice da manipolare… La manipolazione mediatica è solo uno degli elementi della strategia del “diversivo”, che consiste nel deviare l’attenzione dal pubblico dai problemi importanti, con una marea continua di distrazioni: tenere il pubblico occupato per creare armi silenziose per guerre tranquille. Questa strategia è indispensabile per impedire il pubblico di interessarsi alle conoscenze essenziali della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia, e infine della cibernetica.Per rendere efficace quest’arma silenziosa occorre innanzitutto mantenere il pubblico ignorante dei principi di base della conoscenza. Per creare l’ignoranza, la creatività e le attività mentali sono stati sabotati fornendo dei programmi di educazione di bassa qualità in matematica, logica, di economia. Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella stupidità; fare in modo che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi utilizzati per il suo controllo e la sua schiavitù. La qualità dell’educazione data alle classi inferiori deve essere bassa in modo tale che l’ignoranza isoli le classi inferiori dalle classi superiori; le persone vengono incoraggiate in pubblico a cullarsi nella mediocrità, o nell’essere stupide, volgari e incolte. Alla fine l’individuo si convincerà che lui è il solo responsabile della sua disgrazia, a causa dell’insufficienza della sua intelligenza, delle sue capacità, o dei suoi sforzi. Così, invece, al posto di rivoltarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto-svaluta e si colpevolizza e generando in lui uno stato depressivo che inibisce ogni reazione, dunque nessuna rivoluzione.La regola generale è che c’è un profitto nella confusione; più la confusione è grande, più il profitto è grande: il migliore approccio è di creare dei problemi, e poi di offrire delle soluzioni, con uno schema “problema-reazione-soluzione”. Per fare accettare una misura inaccettabile, basta applicarla progressivamente, in maniera graduale, per una durata di 10 anni; avrebbe provocato una rivoluzione se fosse stata applicata brutalmente. In alternativa, una decisione impopolare per essere accettata deve essere presentata come “dolorosa ma necessaria”, ottenendo in consenso presente per un’applicazione nel futuro: è sempre più facile accettare un sacrificio futuro che non un sacrificio immediato, anche perché si spera sempre che “in futuro tutto andrà meglio”. Pensate all’euro, e riflettete su quello che è stato ieri, quello che è oggi, e vedrete anche cosa sarà domani. Per circuire l’analisi razionale e il senso critico degli individui è sufficiente far leva sul piano emozionale: le porte dell’inconscio degli individui si spalancheranno, e allora potranno essere immesse idee, desideri, paure.Questo, grazie al fatto che conoscono l’individuo meglio di quanto lui possa conoscere se stesso; grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” è giunto ad una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psicologicamente. Il sistema è arrivato a conoscere l’individuo medio meglio di quanto questo non si conosca da sé. Ciò significa che nella maggioranza dei casi, il sistema detiene un più grande controllo ed un più grande potere sugli individui, superiore al potere e al controllo che gli individui hanno su se stessi. Se siete in cerca di una prova, non cercate la risposta al di fuori di voi stessi ma dentro di voi. Chiedetevi come faranno a impiantare le pulci e i chip nel nostro corpo, o meglio, chiedetevi cosa oggi stanno facendo per realizzare l’impianto delle pulci. Stanno nascondendo i trapianti ad uso medico, per diminuire la diffidenza istintiva della gente sull’intrusione della macchina nel corpo, viene promossa la moda dei piercing, per abituare il la gente all’intrusione degli oggetti materiali nel corpo, viene reso obbligatorio il trapianto per l’identificazione degli animali domestici.Potrebbero anche organizzare, o lasciare organizzare, un attentato nucleare in una città occidentale per rendere obbligatori i trapianti di localizzazione e di identificazione per ogni individuo, in nome della “sicurezza” e della “lotta contro il terrorismo”… Pensateci bene, riflettete, non sarebbe tanto assurdo parlare di una città europea, che possiede il nucleare, e ha già subito minacce terroristiche, in un periodo di gravi scontri ideologici tra diverse culture religiose. Tutti nel profondo della loro coscienza sanno che qualcosa non va. Voi lo sapete ma non potete esprimervi, non potrete mai affrontare questo problema intelligentemente, perché è un’arma biologica, che non permetterà che gridiate e chiediate aiuto, perchè non sapete associarvi ad altri per difendervi. Questo veleno è iniettato lentamente fino ad indurre tutti ad adattarsi anche alla sua presenza, per cominciare a tollerare le sue ripercussioni fino a che la pressione psico-economica alienerà la vostra mentre, e quando noi resistere più lentamente vi abbandonerete al suicidio o asseconderete in sistema. Attacca le capacità, le opportunità degli individui della società, la loro mobilità, per manipolali; infetta le vostre fonti di energia sociali e naturali, le vostre forze deboli psichiche, mentali e emozionali. Guardate la vostra vita ed i vostri sacrifici, sarete tutti complottisti…(“Armi silenziose per guerre tranquille”, dal blog “Etelboro” del 20 settembre 2006).Guardare una città dall’alto è come vedere un grande formicaio, migliaia di persone viaggiano freneticamente senza mai fermarsi a chiedersi perché corrono. Le scadenze, il lavoro e il tempo le tiene prigioniere mentre tutto intorno a loro sembra essere fermo e statico: ognuno di noi vive un mondo, quello ufficiale in cui vige la morale religiosa, la legge dei “buoni” e l’economia del business. In realtà noi siamo intrappolati in un altro mondo, quello ufficioso, in cui la democrazia non esiste più perché il potere lo hanno attribuito alle istituzioni sovranazionali, la libertà è un’illusione perché il controllo dei nostri istinti e dei nostri pensieri è già in atto, e la legge è quella del Governo Mondiale che mediante le sue sfere di controllo gestisce il sistema. La cibernetica è la nuova scienza sociale, è lo schema per controllare i sistemi complessi come quello nostro, in cui il biologico e l’economico si fondono. Un sistema cibernetico equilibrato crea una struttura a celle, in cui gli elementi interagiscono in modo da aumentare il valore della produzione, e ha la grande proprietà dell’autoregolamentazione. In altre parole, è fatto in modo che dopo ogni azione si attivi subito una contro-reazione, un evento che si dirige verso uno scenario crea automaticamente le condizioni per un evento con tendenza inversa che annulla il primo…
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Mediobanca: nessuno peggio di UnipolBanca oggi in Europa
«Questo non è uno scoop», premette Paolo Barnard, che però prende nota di «cosa pensano i nipotini di Enrico Cuccia, a Mediobanca, della banca più marcia d’Europa, per non parlare d’Italia». Tutto questo è «divertente», perché così uno «impara cosa davvero sta dando coliche seriali ai vertici del Pd, e non sono Renzi, Bersani o Grillo: è Unipol Banca, cioè il disastro finanziario più irrimediabile del Belpaese». In premessa, il giornalista fa una precisazione “per la zia Marta”, ricordando che le grandi banche si dividono in due categorie: quelle di tipo A, «pericolose per risparmiatori e correntisti (quasi tutte)», e quelle di tipo B, «definite come pericolo “sistemico”», e cioè «banche talmente grandi che, se falliscono, si portano dietro uno o due continenti». In Italia, aggiunge Barnard, «la banca “sistemica” più fallita è Unicredit, sprofondata all’ultimo posto in Ue dopo Hscb, Bnp, Ing, Swedbank, Ubs, Lloyds, Commerzbank, Deutsche Bank, Intesa, Credit Suisse e tutte le altre». Ma, torniamo alle banche del gruppo A, quelle dove «ci smenano» i piccoli risparmiatori, le famiglie e le piccole e medie aziende, Mediobanca ne cita addirittura 114. E «ci dice che la più rottamata, la più marcia, la più pezzente è appunto Unipol Banca».