Archivio del Tag ‘crescita’
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Europa criminale: verso il governo tecnico dei Colonnelli?
Nel 1941 Manolis Glezos riuscì a togliere la bandiera nazista dall’Acropoli di Atene, occupata dai tedeschi. Divenne un capo e un eroe della Resistenza. Ieri notte Glezos, a 91 anni, era in piazza per lottare contro le misure imposte dall’Europa alla Grecia, è stato colpito dalla polizia ed è ricoverato in ospedale. Se fossi stato in piazza Sintagma avrei anch’io applaudito i black bloc. Quello che si sta facendo alla Grecia è una violenza autoritaria senza precedenti per l’Europa occidentale, dal ‘45 ad oggi. Il solo paragone che viene a mente è quando nel 1938, a Monaco, le grandi potenze europee umiliarono la piccola Cecoslovacchia costringendola a cedere la regione dei Sudeti a Hitler. Allora si disse che l’Europa aveva scelto il disonore per evitare la guerra e avrebbe avuto entrambe.
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Atene e l’Europa: smascheriamo il fantasma della paura
Lo dico da anni. La fine del ventesimo secolo ha visto la nascita di un modo osceno di dominare le masse, si chiama ‘la politica della paura’. Cioè, le masse vengono costantemente distratte dall’impegno nella lotta per i loro diritti da fantasmi tanto terrifici quanto inesistenti e/o inconsistenti: il pericolo rosso (gli Usa di Nixon sapevano benissimo che l’Urss era alla bancarotta sia finanziaria che militare); l’Islam radicale, la Sars, la mucca pazza, l’Aviaria, il debito pubblico, il deficit, l’inflazione. E le masse ci cascano, ci caschiamo, perché siamo noi le masse. La “politica della paura” in queste ore sta costringendo un intero popolo, i greci, a regredire al medioevo, nei redditi, nei diritti, nella dignità.
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Revelli: naufragio Italia, la sinistra ha abbandonato la nave
Torna un antico fantasma: la povertà. Uno spettro, quello della morte per fame, che la civiltà occidentale si era illusa di aver archiviato per sempre. Ora torna ad affacciarsi, sotto forma di paura, precarietà, indigenza. L’Italia è in piena decadenza, la povertà è in continua crescita e gli italiani sono disorientati: nonostante il vergognoso arricchimento di pochi, i penultimi se la prendono con gli ultimi, mentre la politica ha toccato il fondo e ora si rassegna all’azione dei “tecnici”. Fanno venire i brividi le cifre sciorinate da Marco Revelli nel suo ultimo libro “Poveri, noi”: «Siamo cambiati nell’ultimo quarto di secolo, ci siamo guardati allo specchio e non ci siamo riconosciuti più: un paese, il nostro, sfigurato dal rancore, dall’ostilità reciproca, dalle solitudini, dalla frustrazione, dall’invidia sociale».
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Giulietto Chiesa: difendiamoci insieme, o ci fanno a pezzi
L’Italia sta male, e domani starà malissimo? Niente paura: il presidente americano applaude. Barack Obama, premio Nobel per la pace reduce della guerra in Libia e attualmente impegnato a preparare in Siria la prossima grande guerra, quella contro l’Iran, plaude allo stratega Mario Monti. E’ il suo uomo, ha le carte in regola: Goldman Sachs, Trilaterale, Bilderberg, Commissione Europea. Il popolo italiano è in buone mani: nessun pericolo che possa far pesare la propria volontà democratica. Nel giugno 2011, coi referendum, avevamo votato per i beni comuni? Perfetto: con Mario Monti, si privatizzerà tutto. Gli italiani volevano la testa di Berlusconi? Be’, l’hanno avuta. E adesso, per favore, subiscano in silenzio il nuovo programma terminale: la fine della sovranità democratica, motivata ovviamente dall’emergenza del debito. Risultato già scritto: declino e crisi infinita.
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Bruxelles non ci lascia scampo: il nostro nemico è l’euro
Oramai è tutto chiaro: per salvare l’euro è necessario ridurre il gap di competitività fra i paesi dell’Eurozona, allineandosi all’istante con la Germania. Mission impossible: Berlino ha impiegato dieci anni per ridurre il costo del lavoro preservando il welfare, mentre all’Europa del Sud si chiede un salto nel vuoto, senza paracadute e senza la minima possibilità di successo. «L’unica speranza di salvezza, per i ceti popolari e medi, è la fuoriuscita immediata dall’Eurozona e dall’Unione Europea», dice esplicitamente Fabrizio Tringali, di “Alternativa”. «Senza la consapevolezza di questo, ogni battaglia di resistenza alle misure imposte dalla tecnocrazia europea si sconterà contro il ricatto della necessità di tali misure per salvare l’euro e l’unità dell’Unione».
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L’ultimo diktat: lo Stato sarà condannato a impoverirci
Coventrizzazione: bombardamento a tappeto. Solo che ad essere rasa al suolo non sarà la cittadina inglese di Coventry, spianata nel 1940 dalle bombe della Luftwaffe, ma il Belpaese straziato dai “signori del debito”, i titolari palesi e occulti dell’esposizione italiana: gli stessi che “nominano” i dirigenti della Commissione Europea, del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Centrale Europea e, ultimamente, degli stessi governi nazionali: Mario Monti e Lucas Papademos, entrambi “allevati” dalla Goldman Sachs, ora alla guida di Italia e Grecia, mentre in Spagna il neo-premier Mariano Rajoy rivela l’esistenza di un diktat della Bce, l’Ungheria ribelle deve piegarsi alla tecnocrazia di Bruxelles e persino per la Romania in crisi si profila un altrettanto inquietante “governo tecnico”.
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Altro che crescita, prepariamoci tutti a coltivare patate
Ho visto, e sperimentato di persona, cosa può produrre una, tutto sommato banale, nevicata, in un tutto sommato ancora (per poco), paese industriale “avanzato”. Al di là dei soliti lai dei mass media, che lasciano il tempo che trovano, mi sono trovato a riflettere, in un treno ad alta velocità fermo in mezzo alla neve, sulla fragilità delle nostre società. Riflessione stimolata da un articolo sul “Fatto”, di quel giorno, a firma Massimo Fini, che a sua volta rifletteva su un elemento correlato: la perdita progressiva della nostra manualità umana. Non siamo più capaci di fare niente con le nostre mani. Non siamo più capaci di praticare l’agricoltura. Il pollice è diventato dominante, quanto a trepestare sui tasti del cellulare, ma la mano non riceve più dal cervello ordini sensati che non siano quelli di usare coltello e forchetta.
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Debito sovrano e moneta alternativa: a lezione dai nazisti
I tedeschi hanno il terrore che l’eccesso di debito pubblico spinga la Bce a stampare grandi quantità di moneta, facendo scoppiare l’inflazione. Intransigenza sui bilanci da risanare, niente emissione di Eurobond e zero acquisti di titoli del debito pubblico da parte della Bce: la cancelliera Merkel sta spingendo l’Europa in una pericolosa recessione e in una crisi di fiducia che potrebbero avere conseguenze devastanti. Ma i tedeschi dovrebbero ricordarsi di ciò che accadde dopo la Prima Guerra Mondiale, avverte Stefano Sylos Labini dal blog “Sbilanciamoci”: solo lo Stato, attraverso l’emissione di “moneta alternativa”, permise di far uscire la Germania dal baratro nel quale era sprofondata. Titoli pubblici non spendibili, disoccupazione, imprese ferme: un’enorme disponibilità potenziale, che gli Stati europei potrebbero sbloccare trasformando i titoli di Stato in moneta complementare.
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Crisi e guerra: contro la Cina, la geopolitica del caos
«È proprio vero il detto che chi non conosce la storia è condannato a ripeterla. Sembra d’assistere ad una riedizione degli eventi post-1929. E vogliamo dirla tutta? Il 1929 sfociò alfine nella Seconda Guerra Mondiale». Parola di Daniele Scalea, condirettore della rivista “Geopolitica”, che lancia uno sguardo ai pesanti rivolgimenti che hanno segnato il 2011: la Cina che cresce, l’Europa che vacilla, gli Usa che destabilizzano le aree-cerniera come l’Africa e il Mediterraneo, senza però un disegno chiaro: è la “geopolitica del caos” che, dalla Libia alla Siria, punta a generare conflitti regionali, per rallentare l’ascesa di Pechino e prendere tempo, in attesa che il petrolio del Medio Oriente diventi sempre meno strategico.
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Spieghiamo a questi cialtroni che non finiremo come Atene
Ma quante belle notizie, madama Dorè. Bisogna dire la verità: quel Berlusconi era davvero un po’ sovietico, a pensarci bene; la sua réclame era ossessiva ma anche un po’ arcigna, qualcosa di simile alla propaganda dei tempi brezneviani – era soltanto un pochino allietata, come ricordiamo, dalle scollature delle veline e dai pizzi delle mutandine quasi inesistenti. Invece Mario Monti, bisogna ammetterlo, quale altro stile! Ha il fascino della seduzione casta, hollywoodiana, anni ’50. I principali giornali italiani, abbagliati dall’aplomb britannico del nostro nuovo premier, balbettano tutti le stesse cose. Nessuno nota, per esempio, che l’Italia è stata venduta a Bruxelles, con destrezza – venduta alle banche europee, per i prossimi vent’anni. Solo che invece di incassare, cosa che di solito si fa quando si vende, noi dovremo pagare.
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Decrescita è democrazia, contro la dittatura che ci assedia
«La decrescita è il riflusso di un torrente straripato: siccome il fiume dell’economia è uscito dagli argini, è quanto mai auspicabile che vi rientri». Si intitola “Per un’abbondanza frugale” l’ultimo saggio dell’eco-intellettuale francese Serge Latouche, che insiste ancora, innanzitutto, sul concetto di decrescita come via d’uscita dalla crisi: per Latouche si tratta di un “orizzonte di senso” per abbandonare la società dei consumi, ma anche un obiettivo politico a breve termine, «da opporre alle pseudoterapie neoliberali o keynesiane nella situazione attuale di depressione repressiva», osserva Luca Barbirati nella sua recensione. La ricetta? Economia locale a filiera corta, lavori socialmente utili e orario ridotto: anche solo 4 ore al giorno.
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Ferrero: tagliamo la Tav e avremo 500.000 posti di lavoro
Un reddito sociale garantito per i giovani senza lavoro attingendo ai super-patrimoni dei ricchissimi e un piano strategico ecologico, per il riassetto idrogeologico e la riconversione energetica, tagliando grandi opere inutili come la Torino-Lione e l’acquisto dei 130 cacciabombardieri F-35. Lo propone il leader di Rifondazione comunista, Paolo Ferrero: «Si parla molto di dare una opportunità ai giovani e il tutto si risolve nella proposta di abolire l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori». Meglio fare proposte alternative, destinate a creare economia reale. Come? Tagliando sprechi e imponendo una mini-patrimoniale. Obiettivo: mezzo milione di posti di lavoro, in attività realmente utili per tutti.