Archivio del Tag ‘Covid-19’
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Carotenuto: liberiamoci dal folle terrore che ci trasmettono
Da ieri una nuova ondata di panico terroristico su tutti i media. Perché i casi sono ancora in forte aumento in Italia, soprattutto al Nord, nel resto d’Europa ed in vari paesi del mondo. Ma i toni terroristici nel riferire queste notizie di certo non aiutano: producono anzi l’effetto contrario. Quello che ci vuole è fermezza unita a realismo, non questo irresponsabile e perverso terrorismo. Si sapeva che la campagna “io sto a casa” avrebbe dato i suoi frutti dopo un paio di settimane. Visto il mondo di proliferare di questo virus, ed i suoi tempi di incubazione una volta contagiati. E che quindi nel frattempo ci si poteva aspettare un ulteriore aumento di contagiati e di vittime. Esattamente come sta avvenendo. Nell’attesa che le misure di contenimento avessero il loro effetto, come sarà nel prossimo futuro. La prova di questo è che, dove sono state prese prima le misure di contenimento, il virus è finito o sta seriamente regredendo: la Cina, la Corea, Codogno, il Lodigiano… Quindi, visti questi esempi molto chiari, basta osservarli con lucidità, seguirli e aspettare con pazienza che l’onda passi. E non ci vorrà nemmeno molto. E invece si è data la stura ad una nuova ondata di allarme, di terrorismo puro, che impaurisce ancora di più la gente, con effetti psicologici e psicosomatici ulteriori.L’apparire del segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, che parla in termini terrorizzanti di questa vicenda, mi ha convinto ancora di più che siamo al momento del massimo sfruttamento come strategia della tensione. Visto il potere oscuro che rappresenta. Diciamocelo chiaramente: l’epidemia non è fuori controllo… Occorre invece aspettare disciplinatamente la sua fine, anche grazie alle misure prese, senza agitarsi troppo. Lo ripeto, il problema principale sono gli anziani già malati o comunque le persone con un sistema immunitario fortemente indebolito. E a questo si somma il fatto che le nostre strutture sanitarie, per incuria politica degli anni passati, non erano pronte a tutti questi ricoveri, tutti insieme, in terapia intensiva. Questi sono certamente problemi seri. Ma quando l’emergenza sarà finita, si vedrà che questo virus avrà generato non più morti di una normale influenza. In Italia i morti per influenza sono il doppio ogni anno dei morti attuali per coronavirus. La principale epidemia, lo ripeto, è quella della paura. Ed i principali untori sono i media e le dichiarazioni a volte a dir poco incaute delle autorità. Certo, viste le caratteristiche di questo virus, ci vuole disciplina da parte della popolazione, e l’adozione di misure appropriate, ma in un contesto di molto minore allarmismo.Adottiamo con calma e fiducia le misure previste, e serenamente aspettiamo i risultati. Il panico genera un ulteriore indebolimento del sistema immunitario. E facilita il virus. Questo dovrebbe essere il messaggio. Invece di dire “un numero enorme di morti”, si dovrebbe dire “un numero di morti grave, ma ancora inferiore a quello di una normale influenza stagionale. Pazientiamo in modo disciplinato. Se per qualche settimana non possiamo fare delle cose, facciamo finta di essere tutti in casa con una normale malattia, o gli effetti di un normale incidente per qualche settimana…”. Anche perché non si sa quanti di questi morti lo sarebbero stati comunque per le complicazioni della normale influenza stagionale. Calma… non è la fine del mondo: proprio non lo è. Non accettiamo le provocazioni terrorizzanti, che cresceranno nelle prossime ore, di chi ci vuole non solo chiusi in casa – dove potremmo starcene anche serenamente – ma soprattutto agitati ed impauriti, ulteriormente indeboliti e più facilmente manipolabili.Ci sono due tipi di libertà: la libertà interiore e la libertà esteriore. Anche se segregati, anche se non liberi esteriormente, possiamo essere veramente liberi interiormente di interagire con gli altri – anche via telefono o via web – di fare cose buone, di ispirarci ad ideali elevati, di ascoltare buona musica, di leggere scritti ispirati, di riflettere finalmente sul senso della nostra vita e sul ruolo dell’amore nei nostri rapporti interpersonali. Su quanto dobbiamo mollare i nostri egoismi i nostri stress per essere più aperti agli altri. Più buoni… Questo lo possiamo fare forse anche meglio in una situazione di non libertà esteriore, purchè ci rendiamo conto di essere veramente liberi interiormente di volare con il nostro cuore e il nostro pensiero dove vogliamo.(Fausto Carotenuto, “Liberiamoci da questo insensato terrorismo: prudenza e consapevole calma”, video-editoriale pubblicato il 20 marzo 2020 su “Coscienze in Rete”).Da ieri una nuova ondata di panico terroristico su tutti i media. Perché i casi sono ancora in forte aumento in Italia, soprattutto al Nord, nel resto d’Europa ed in vari paesi del mondo. Ma i toni terroristici nel riferire queste notizie di certo non aiutano: producono anzi l’effetto contrario. Quello che ci vuole è fermezza unita a realismo, non questo irresponsabile e perverso terrorismo. Si sapeva che la campagna “io sto a casa” avrebbe dato i suoi frutti dopo un paio di settimane. Visto il mondo di proliferare di questo virus, ed i suoi tempi di incubazione una volta contagiati. E che quindi nel frattempo ci si poteva aspettare un ulteriore aumento di contagiati e di vittime. Esattamente come sta avvenendo. Nell’attesa che le misure di contenimento avessero il loro effetto, come sarà nel prossimo futuro. La prova di questo è che, dove sono state prese prima le misure di contenimento, il virus è finito o sta seriamente regredendo: la Cina, la Corea, Codogno, il Lodigiano… Quindi, visti questi esempi molto chiari, basta osservarli con lucidità, seguirli e aspettare con pazienza che l’onda passi. E non ci vorrà nemmeno molto. E invece si è data la stura ad una nuova ondata di allarme, di terrorismo puro, che impaurisce ancora di più la gente, con effetti psicologici e psicosomatici ulteriori.
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Virus letali contro la popolazione? Gli Usa la sanno lunga
Quelli che prevengono le malattie e si espongono alla creazione di virus sono eroici, ma quelli che creano e diffondono intenzionalmente malattie e virus sono spietati. Data la storia del governo degli Stati Uniti e del suo complesso industriale militare riguardo alla guerra batteriologica e con i germi, l’uso di questi agenti contro le grandi popolazioni e il desiderio di creare agenti che sono ceppi specifici per razza, queste potenti entità sono diventate diffusori di morte, che non dimostrano compassione per gli innocenti. I virus artificiali intesi per la guerra, che si tratti di rovina economica, fame o morte di massa, sono i meccanismi del vero male che è tra noi. Una volta pensavo che la guerra nucleare avrebbe segnato la fine della vita per come la conosciamo, ma considerando la guerra e la tecnologia della modernità, ora penso che virus incontrollati e mortali possano logorare la popolazione mondiale, poiché uno dopo l’altro i veleni vengono rilasciati come atti di guerra nascosta. Non può esserci fine a questa follia, poiché qualsiasi ritorsione con la stessa moneta comporterà la diffusione di malattie in tutto il mondo: tutto creato dall’uomo.Il nuovo coronavirus (2019-nCoV) è uno in una serie di molti che, probabilmente ma più certamente, non sono stati i soli prodotti dall’uomo nei laboratoro. Questo virus ha caratteristiche uniche, che hanno avuto luogo in precedenza con Sars e Mers, e ha materiale genetico che non è mai stato identificato e non è legato a nessun virus noto, animale o umano. Questo dovrebbe essere preoccupante per tutti, perché se questo è prodotto dall’uomo, è stato fabbricato come un’arma da guerra. Quindi chi è responsabile del suo rilascio in Cina? È possibile che questo virus sia stato creato in Cina e sia stato “accidentalmente” rilasciato nella popolazione, ma non sembra credibile a qualsiasi livello: pensate che il governo cinese avrebbe creato un virus specifico per la razza cinese e lo avrebbe rilasciato nel proprio paese? È interessante notare che, in passato, le università e le Ong statunitensi si sono recate in Cina appositamente per fare esperimenti batteriologici illegali, e questo è stato così vergognoso, per i funzionari cinesi, che il risultato è stato la rimozione forzata di queste persone.L’università di Harvard, uno dei principali attori di questo scandalo, ha rubato i campioni di Dna di centinaia di migliaia di cittadini cinesi, se ne è andata dalla Cina con quei campioni e ha continuato la ricerca batteriologica illegale negli Stati Uniti. Si pensa che l’esercito americano, il che imprime una svolta completamente diversa nel filo del discorso, aveva commissionato la ricerca in Cina in quel momento. Questo è più che sospetto. Gli Stati Uniti, secondo “Global Research”, hanno avuto un massiccio programma di guerra batteriologica, almeno dai primi anni ’40, ma hanno usato agenti tossici contro questo paese e altri a partire dal 1860. Questo non è un segreto, indipendentemente dalla propaganda diffusa dal governo e dai suoi partner nella ricerca e produzione criminale di armi batteriologiche. A partire dal 1999, il governo degli Stati Uniti aveva dispiegato il suo arsenale di armi chimiche e batteriologiche (Chemical and Biological Weapons – Cbw) contro le Filippine, Portorico, Vietnam, Cina, Corea del Nord, Laos, Cambogia, Cuba, i boat-people haitiani e il vicino Canada, secondo “Counterpunch”.Naturalmente, i cittadini degli Stati Uniti sono stati usati molte volte anche come cavie ed esposti, dal governo, ad agenti di germi tossici e sostanze chimiche letali. Tenete presente che questo è un breve elenco, in quanto gli Stati Uniti sono ben noti per l’utilizzo di procure per diffondere i loro prodotti chimici tossici e agenti germinali, come è accaduto in Iraq e in Siria. Dal 1999 si sono verificati continui episodi di diversi virus, molti dei quali si presume siano prodotti dall’uomo, incluso l’attuale coronavirus. Non sono solo gli Stati Uniti a sviluppare e produrre agenti e virus di guerra batteriologica; lo fanno anche molti paesi sviluppati in tutto il mondo. Ma gli Stati Uniti, come in ogni area di guerra e di uccisione, sono di gran lunga il leader mondiale, nel disumano desiderio di poter uccidere intere popolazioni attraverso mezzi di guerra batteriologica e chimica. Poiché questi agenti sono estremamente pericolosi e incontrollabili e possono diffondersi all’impazzata, è evidente il rischio non solo per le popolazioni isolate, ma anche per il mondo intero.Considerate che un virus mortale creato dagli Stati Uniti e usato contro un altro paese è stato scoperto e verificato e, per rappresaglia, quel paese o altri hanno deciso di contrattaccare l’America con altri agenti tossici. Dove andrebbe a finire, e nel tempo, quanti miliardi di persone potrebbero essere interessate in un simile scenario? Tutte le indicazioni sottolineano il fatto che i virus più tossici, velenosi e mortali mai conosciuti vengono creati nei laboratori di tutto il mondo. Negli Stati Uniti pensiamo a Fort Detrick (Maryland), Pine Bluff Arsenal (Arkansas), Horn Island (Mississippi), Dugway Proving Ground (Utah), Vigo Ordinance Plant (Indiana) e molti altri. Pensate alle partnership a carattere fascista tra questo governo [americano] e l’industria farmaceutica. Pensate alle installazioni militari statunitensi posizionate in tutto il mondo. Da ciò non può derivare nulla di buono, dal momento che non si tratta di trovare cure per le malattie o di scoprire vaccini, ma viene fatto solo per una ragione, e questo è a scopo di guerra batteriologica per uccidere in massa.Il tentativo di trovare armi batteriologiche che ammaleranno e uccideranno milioni di persone alla volta non è solo una farsa, ma oltrepassa ciò che è il male. Il primo passo è scoprire che i governi – il colpevole più probabile è il governo degli Stati Uniti – stanno disseminando questi virus appositamente, per causare gravi danni. Una volta dimostrato ciò, sarà noto l’incredibile rischio per tutti, e quindi le persone di tutto il mondo dovrebbero mettere da parte tutto ciò che causa la loro divisione, fare fronte comune e fermare questo assalto all’umanità. «Nei vasti laboratori del Ministero della Pace e nelle stazioni sperimentali, team di esperti sono instancabilmente al lavoro alla ricerca di gas nuovi e letali; o di veleni solubili che possono essere prodotti in quantità tali da distruggere la vegetazione di interi continenti; o di ceppi di germi patogeni, immunizzati contro tutti i possibili anticorpi» (George Orwell, “1984″).(Gary Barnett, estratti dell’intervento “Gli Stati Uniti sono il leader mondiale nella ricerca, produzione e uso di armi batteriologiche contro l’umanità”, pubblicato il 22 febbraio 2020 su “Information Clearing House” e tradotto da “Come Don Chisciotte”).Quelli che prevengono le malattie e si espongono alla creazione di virus sono eroici, ma quelli che creano e diffondono intenzionalmente malattie e virus sono spietati. Data la storia del governo degli Stati Uniti e del suo complesso industriale militare riguardo alla guerra batteriologica e con i germi, l’uso di questi agenti contro le grandi popolazioni e il desiderio di creare agenti che sono ceppi specifici per razza, queste potenti entità sono diventate diffusori di morte, che non dimostrano compassione per gli innocenti. I virus artificiali intesi per la guerra, che si tratti di rovina economica, fame o morte di massa, sono i meccanismi del vero male che è tra noi. Una volta pensavo che la guerra nucleare avrebbe segnato la fine della vita per come la conosciamo, ma considerando la guerra e la tecnologia della modernità, ora penso che virus incontrollati e mortali possano logorare la popolazione mondiale, poiché uno dopo l’altro i veleni vengono rilasciati come atti di guerra nascosta. Non può esserci fine a questa follia, poiché qualsiasi ritorsione con la stessa moneta comporterà la diffusione di malattie in tutto il mondo: tutto creato dall’uomo.
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Censura: vietato indagare sugli Usa all’origine del Covid-19
Quando ci fu l’epidemia di Ebola in Africa, nell’autunno del 2014, pubblicammo su “Luogo Comune” la notizia, uscita su un quotidiano della Liberia, il “Daily Observer”, nella quale uno scienziato locale, il dottor Broderick, accusava apertamente gli americani di aver ingegnerizzato in laboratorio il virus dell’Ebola. Il nostro articolo fece un certo scalpore, e la redazione di “Matrix” mi invitò in trasmissione per andare a parlarne. Io sapevo benissimo quello che sarebbe successo, ma decisi di andarci comunque. «So che lei ha pronto del materiale, su Ebola: anche qui c’è una teoria e un sospetto dietrologico», mi presentò Luca Telese. Spiegai che non avevo nessuna informazione particolare. I sospetti affioravano, ad esempio, proprio sul “Daily Observer”, citato anche da “Matrix” (ma per un altro articolo). «Sullo stesso giornale, la settimana scorsa – spiegai – un noto scienziato ha pubblicato un articolo nel quale lui (non io) accusa apertamente gli Stati Uniti, o quantomeno il Pentagono, di aver bio-ingegnerizzato questo virus, e poi di averlo portato in Africa. Di qui poi la teoria del complotto si dirama in due direzioni». Quali?Telese interpella una virologa, Silvia Meschi, che sembra non rispondere alla domanda. In realtà in studio mi avevano lasciato parlare e la discussione con Telese si era effettivamente sviluppata, ma i produttori della trasmissione, in fase di montaggio, avevano poi deciso di tagliarla. «Bio-ingegnerizzato vuol dire cambiato, modificato», spiega la Meschi, che afferma di “non credere” che questo possa realmente avvenire. «Eppure – obietta Telese – spesso i virus sono stati usati per la guerra batteriologica». Per la Meschi, il virus dell’Ebola è «poco diverso» da quelli che avevano causato epidemie negli anni precedenti. Visto? Quando ho iniziato a spiegare che la cosiddetta teoria del complotto si dirama in due direzioni, la parola viene subito data alla virologa, che dice: non ci credo. In realtà, in tramissione io avevo approfondito la questione: Telese mi aveva lasciato parlare fino in fondo. Poi, evidentemente, in montaggio, i produttori hanno deciso che fosse meglio non approfondire troppo, “tagliando” sulla virologa (che poi, di fatto, ha ammesso lei stessa che il virus era stato modificato).Comunque, il succo della faccenda è che il mainstream non vuole affrontare quell’argomento: lo sfiora, al massimo, col brivido del peccato; ma poi, prima di accusare seriamente gli americani di qualunque cosa, ci pensa due volte. Nel pezzo che è stato tagliato, infatti, io avevo suggerito che, una volta finita l’epidemia, i giornalisti scavassero più a fondo, sulle vere responsabilità di chi aveva messo in giro questo virus. Ma naturalmente, sul mainstream, questo dibattito non c’è mai stato. Adesso sta succedendo la stessa cosa: parte l’epidemia in Cina e mette la sua economia in ginocchio, proprio mentre gli americani stavano cercando di contrastare la poderosa crescita economica dei cinesi. Cioè: quello che gli americani non sono riusciti a fare in due anni di guerra sui dazi, il virus è riuscito a farlo in soli due mesi. Ovviamente a qualcuno viene il sospetto: che ci sia stata, magari, una “manina” americana, che abbia lasciato in giro distrattamente, da qualche parte, in Cina, il virus bio-ingegnerizzato? E non è un sospetto fondato sul nulla.Il 31 gennaio, infatti, l’università di Nuova Delhi pubblica una ricerca intitolata: “Strane somiglianze di inserti unici, nel coronavirus 19, di proteine di Hiv”. Per chi è interessato, esiste su YouTube un video intitolato “Gli studi dell’università di Delhi”, che traduce praticamente tutta la ricerca, passo per passo. In sintesi, viene fuori che i ricercatori hanno trovato nel virus delle tracce evidenti di una manipolazione genetica. Curiosamente, due giorni dopo la ricerca viene ritirata senza una valida spiegazione, e scompare nel nulla: nessuno ne parla più. Naturalmente sappiamo tutti quanto è facile obbligare un’università a ritirare una qualunque cosa, se dà fastidio: basta ricattarli, dicendo che non riceveranno più finanziamenti, e saranno disposti anche a sostenere che la Terra è piatta. Questa è dietrologia, d’accordo. Ma resta il fatto che nessuno ha mai smentito, scientificamente, i dati contenuti nella ricerca.A supporto della tesi del virus bio-ingegnerizzato interviene anche il professor Francis Boyle dell’università dell’Illinois, cioè l’uomo che nel 1989 ha scritto la legge americana sull’utilizzo di armi biologiche. Nelle scorse settimane, Boyle ha rilasciato diverse interviste, nelle quali sostiene che il coronavirus attuale sia un prodotto di ingegneria genetica. Quindi non è l’ultimo dei cretini, ad affermarlo. Poi succede che, il 26 febbraio, Roberto Quaglia produce un video intitolato “Sbalorditive coincidenze”, nel quale riprende l’ipotesi della “manina” americana. E trova anche quella che sarebbe stata l’occasione propizia per trasportare comodamente il virus in Cina: i giochi militari internazionali, a cui hanno partecipato anche 300 soldati americani, che si svolti proprio a Wuhan nell’ottobre del 2019 (cioè alcune settimane prima della comparsa dell’epidemia in quella zona). «Guardacaso – dice Quaglia – due settimane sono proprio i tempi dell’incubazione». L’affluenza di militari da tutto il mondo, aggiunge, «ad una eventuale nazione-canaglia fornirebbe l’occasione perfetta per contrabbandare in loco eventuali patogeni da rilasciare segretamente».Naturalmente, Quaglia non afferma con certezza che siano stati gli americani. Ma sottolinea, appunto, la “curiosa coincidenza”. Tra le altre cose, Quaglia ha anche fatto notare che lui aveva già anticipato l’ipotesi di un utilizzo di armi anche di tipo biologico in un suo libro, pubblicato 15 anni fa, “Il mito dell’11 Settembre”, in cui si parla di armi biologiche “etniche”. Il video di Quaglia ha avuto un successo enorme: ha raggiunto mezzo milione di visualizzazioni in pochi giorni, oggi è arrivato a oltre 900.000 visualizzazioni e sta per raggiungere il milione. E temo che questo gli sia costato caro: perché, curiosamente, proprio in questi giorni Amazon ha deciso, senza motivo apparente, di togliere dalla vendita il libro di Quaglia. Gli hanno dato solo una motivazione generica, del tipo “non rispetta i nostri standard”. Chiaramente è una motivazione che non sta in piedi, visto che il libro è stato su Amazon per alemeno 10 anni. Non se n’erano accorti, prima, che quel libro “non rispettava gli standard”? Evidentemente quel libro dava molto fastidio. E il fatto che adesso avesse cominciato a vendere molto ha portato qualcuno a decidere che era meglio toglierlo di mezzo.Capito come funziona, il sistema? Si chiama “censura soft”, è una censura invisibile. Chi è interessato, sappia che il libro ormai è disponibile solo sul sito di Roberto Quaglia, all’indirizzo www.mito11settembre.it. Chiusa la parentesi torniamo al virus, perché adesso succede una cosa interessante, Accade infatti che il 13 marzo la Cina accusa ufficialmente gli Stati Uniti di averle portato in casa il virus, e proprio durante le esercitazioni militari di Wuhan. L’accusa è partita da un video nel quale si vede il direttore del Cdc americano, Robert Redfield, che risponde a un’interrogazione parlamentare e ammette che, in America, nei mesi scorsi, ci sono stati dei casi di coronavirus che sono stati fatti passare per normale influenza. La domanda: «In assenza di test, è possibile che coloro che sono stati colpiti dall’influenza possano essere stati catalogati erroneamente, mentre in effetti avevano il Covid-19? Negli Stati Uniti potremmo avere delle persone che muoiono per ciò che sembra un’influenza, mentre in realtà potrebbe essere il coronavirus Covid-19?». Risponde Redfield: «In effetti, oggi negli Usa alcuni casi sono stati diagnosticati in quel modo».Giustamente, quindi, adesso i cinesi chiedono dei chiarimenti, agli americani, per sapere esattamente da quando, effettivamente, il Covid-19 sia in circolazione negli Stati Uniti. Questo è il testo del tweet che è stato fatto il 13 marzo da Lijan Zhao, portavoce del ministero degli esteri cinese: «Il Cdc è stato colto in flagrante. A quando risale il “paziente zero” negli Stati Uniti? Quante persone sono state contagiate? Quali sono i nomi degli ospedali? Potrebbe essere stato l’esercito americano a portare l’epidemia a Wuhan. Stiate trasparenti! Rendete pubblici i vostri dati! Gli Stati Uniti ci debbono una spiegazione». Naturalmente i cinesi non hanno detto che gli americani l’hanno fatto apposta, a portagli il virus: non possono dire una cosa del genere, scatenerebbero una crisi internazionale. Però hanno fatto notare la cosa, e il dubbio l’hanno posto pubblicamente, in forma ufficiale.Quindi, qui le possibilità sono due: o cinesi passano il loro tempo a guardare i video di Roberto Quaglia e si fanno venire delle strane idee di notte, oppure c’è davvero qualcosa ce bolle in pentola (e Quaglia ha semplicemente avuto l’intuizione giusta, due settimane prima che fossero fatte queste dichiarazioni). Fra l’altro, i cinesi hanno protestato con gli americani anche per un’altra cosa: e cioè la strana chiusura del laboratorio di biotecnologia di Fort Detrick, nel Maryland, avvenuta l’estate scorsa. Ufficialmente, il laboratorio è stato chiuso per motivi di sicurezza nazionale, dovuti al fatto che mancavano i controlli per il contenimento dei materiali pericolosi. Quindi i cinesi, giustamente – di nuovo – chiedono chiarimenti anche qui: perché magari, dicono, il virus può essere uscito da lì. E i virus non è scappano dai laboratori da soli, a piedi, di notte: qualcuno deve metterseli in tasca e portarli fuori. Ma anche in questo caso la notizia è caduta nel nulla, e l’argomento non è mai stato ripreso dai media mainstream.Ora, se tutte queste notizie venissero amplificate dai media occidentali, ci sarebbe un certo tipo di pressione pubblica, sugli americani, per fare chiarezza sulla gestione di questi laboratori. Invece, nessuno dei grandi media riprende mai queste notizie. Oppure, peggio ancora: le etichettano subito come bufale, senza fondamento. Dobbiamo tutti accettare questo virus come se fosse una maledizione divina, che ci è piovuta addosso “tramite il pipistrello”. E nessuno si deve mai permettere neppure di suggerire l’ipotesi di una diffusione intenzionale del virus. Questo è il messaggio che sta passando dal mainstream. E’ una cosa che sa bene Diego Fusaro, che in una trasmissione televisiva recente ha provato a suggerire proprio questa ipotesi, ed è stato immediatamente aggredito a messo a tacere dal conduttore e dagli altri, presenti in studio. Fra l’altro, che questa ipotesi sia assolutamente plausibile non lo diciamo solo noi, dell’informazione alternativa. Lo dicono gli stessi documenti della John Hopkins University, la stessa che nel 2019 ha condotto l’ormai arcinota simulazione di pandemia mondiale chiamata “Evento 201″, nella quale si ipotizzava una pandemia di coronavirus che partiva dal Sudamerica per poi diffondersi in tutto il mondo.E c’è anche un altro documento della John Hopkins, che parla chiaramente della possibilità di una diffusione intenzionale del virus. Il documento si chiama “Preparazione per una pandemia da patogeno respiratorio ad alto impatto”, ed è del settembre 2019 (le date sono importanti). Dal documento leggiamo: «Se dovesse presentarsi un patogeno respiratorio ad alto impatto, sia in modo naturale o come risultato di rilascio accidentale, oppure intenzionale, avrebbe probabilmente delle conseguenze significative sulla salute pubblica, sull’economia, sul sociale e sulla politica». Ancora: «I governi nazionali devono prepararsi per l’uso intenzionale di un patogeno di tipo respiratorio. La preparazione ad un evento intenzionale deve includere il riconoscimento del fatto che la diffusione intenzionale di un patogeno respiratorio ad alto impatto potrebbe andare ad aggravare in maniera sostanziale le conseguenze straordinare di una pandemia naturale con lo stesso agente».Quindi non solo prevedono apertamente un rilascio intenzionale, ma dicono anche che le conseguenze sarebbero addirittura peggiori. Ed ecco il motivo: «Una differenza fondamentale tra una situazione di rilascio intenzionale e una in cui il patogeno respiratorio ad alto impatto si diffonde in modo naturale sarebbe la possibilità di perpetrare attacchi multipli, o un “reload”, nel caso di attacco intenzionale». Ad esempio: si potrebbe fare un primo attacco intenzionale in Cina, per mettere in ginocchio la loro economia troppo esuberante, e poi magari un “reload” in Italia, forse per punirci dell’accordo stipulato di recente proprio con la Cina. Un “reload” fatto magari con un virus simile a quello rilasciato in Cina, ma non necessariamente identico. Suona familiare? A questo punto, qualcuno dirà: ma l’ipotesi della diffusione intenzionale non sta piedi, perché comunque, alla fine, sono gli stessi americani che adesso si ritrovano il virus in casa, ed è la loro economia che rischia di essere messa in ginocchio; quindi, non possono averlo fatto loro. All’apparenza è un ragionamento valido, ma in realtà non è così.E’ un po’ come quando senti dire, rispetto all’11 Settembre: gli americani non si farebbero mai, da soli, una cosa del genere. E’ vero: gli americani – intesi come nazione, come popolo nel suo insieme – non si farebbero mai, da soli, una cosa del genere: quella è gente normale, è gente come noi, e le persone normali non si fanno delle cose del genere, da sole. Ma qui non stiamo parlando di un popolo: stiamo parlando di un ristrettissimo gruppo di psicopatici, a cui non può fregare di meno di mettere in ginocchio l’economia di mezzo mondo, perché loro – magari – ne traggono un vantaggio personale. E chi mai, vi chiederete, potrebbe trarre un vantaggio personale da una situazione del genere? Per esempio, potrebbe essere un grande fondo d’investimento internazionale, che abbia scommesso – per esempio, sempre – su un crollo generalizzato di tutte le Borse più importanti entro il mese di marzo di quest’anno. Apriamo a caso il “Wall Street Journal” del 22 novembre scorso, cioè un mese dopo i giochi di Wuhan, e leggiamo il titolo: “Bridgwater scommette un miliardo e mezzo di dollari, in opzioni, sulla caduta dei mercati”.Bridgwater è il più grande fondo d’investimento mondiale, maneggia un capitale complessivo di circa 160 miliardi di dollari. «La Bridgwater e associati – dice l’articolo – ha scommesso oltre un miliardo di dollari che i mercati mondiali crolleranno entro marzo, secondo fonti che sono a conoscenza della faccenda». Ma che strano… Mentre noi siamo tappati in casa, nemmeno fossimo agli arresti domiciliari, mentre ci scanniamo per stabilire quanto sia veramente pericoloso il virus, mentre ormai andiamo in giro per strada evitandoci l’un l’altro come degli appestati, mentre i negozi chiudono, le fabbriche chiudono e la gente si preoccupa seriamente del proprio futuro, c’è qualcuno che sta tranquillamente seduto a guardare gli indici delle Borse che crollano e si prepara magari a incassare qualche miliarduzzo di guadagno, pulito pulito, grazie a tutto quello che succede. Ora, io non posso sostenere che sia questa, per forza, la spiegazione di tutto quello che sta succedendo. Ho solo messo in fila una serie di elementi, che portano a una conclusione sensata.Se ce ne sono altre, cari giornalisti, ben vengano: fatevi avanti. Ma smettetela, per favore, di raccontarci che questo virus ce l’ha portato il pipistrello. Perché, a questo punto, non ci credono più neppure i bambini. A questo punto, voi non offendete più neppure la nostra intelligenza, nel raccontarci queste cose: offendete direttamente la vostra. Fate il vostro dovere, una volta tanto, cari giornalisti. Provate a scavare un po’ più a fondo. Provate a fare due più due, per vedere se – per caso – fa quattro. Lo dico solo per evitare che situazioni del genere si ripetano in futuro. Dovrebbe quindi essere anche il vostro interesse primario, quello di scavare a fondo, senza paura, in queste faccende.(Massimo Mazzucco, video-editoriale “Coronavirus, è stato il pipistrello”, trasmesso in anteprima da “Contro Tv” e poi pubblicato su YouTube e sul blog “Luogo Comune” il 19 marzo 2020).Quando ci fu l’epidemia di Ebola in Africa, nell’autunno del 2014, pubblicammo su “Luogo Comune” la notizia, uscita su un quotidiano della Liberia, il “Daily Observer”, nella quale uno scienziato locale, il dottor Broderick, accusava apertamente gli americani di aver ingegnerizzato in laboratorio il virus dell’Ebola. Il nostro articolo fece un certo scalpore, e la redazione di “Matrix” mi invitò in trasmissione per andare a parlarne. Io sapevo benissimo quello che sarebbe successo, ma decisi di andarci comunque. «So che lei ha pronto del materiale, su Ebola: anche qui c’è una teoria e un sospetto dietrologico», mi presentò Luca Telese. Spiegai che non avevo nessuna informazione particolare. I sospetti affioravano, ad esempio, proprio sul “Daily Observer”, citato anche da “Matrix” (ma per un altro articolo). «Sullo stesso giornale, la settimana scorsa – spiegai – un noto scienziato ha pubblicato un articolo nel quale lui (non io) accusa apertamente gli Stati Uniti, o quantomeno il Pentagono, di aver bio-ingegnerizzato questo virus, e poi di averlo portato in Africa. Di qui poi la teoria del complotto si dirama in due direzioni». Quali?
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Guerra Usa-Cina per l’egemonia, l’Italia (virus) è una preda
Heartland o Heartlands (letteralmente: il Cuore della Terra) è un nome che venne dato alla zona centrale del continente Eurasia da Sir Halford Mackinder, il geografo inglese autore di “Democratic Ideals and Reality”. L’Eurasia è un supercontinente comprendente i continenti di Europa e Asia. La frase che riassume l’intera concezione geopolitica di Mackinder è la seguente: «Chi controlla l’Est Europa comanda l’Heartland: chi controlla l’Heartland comanda l’Isola-Mondo: chi controlla l’Isola-Mondo comanda il mondo». Bene, iniziamo adesso ad analizzare un po’ di dati in nostro possesso. Nel 2013 il presidente cinese Xi Jinping annuncia il progetto “Via della Seta” che punta a coinvolgere 65 paesi che raccolgono circa il 65% della popolazione mondiale e il 40% del Pil. Da almeno 10 anni in Europa è aperta una gara per attirare tantissimi soldi in arrivo dalla Cina. In questa gara, l’Italia è sul podio dal 2017 alle spalle di Germania e Francia. Ad inizio 2019 l’export agroalimentare Made in Italy verso la Cina aveva fatto registrare +20%, su base decennale si registra invece un incredibile +254%. In questo quadro geopolitico, logica vuole che l’amministrazione Trump e i suoi alleati storici (Israele in primis), non possono più permettersi di stare a guardare.La Via della Seta, i rapporti sempre più stretti con la Cina e la Russia, insomma il progetto Eurasia mina le fondamenta dell’egemonia americana in Europa. «Guardando anche ad occhio nudo una carta geografica diventa di chiara evidenza che la realizzazione di tale ambizioso progetto metterebbe definitivamente fuori gioco gli Stati Uniti a cui, per sventare tale pericolo, non resterebbe altra via che generare il caos» (Filippo Romeo, “Il nuovo Grande Gioco centro-asiatico). Il 3 gennaio 2020 il generale iraniano Qasem Soleimani è rimasto ucciso per rappresaglia in un attacco con drone statunitense sull’aeroporto internazionale di Baghdad, in Iraq. Ma il vero obiettivo di Trump non era l’Iran, ma la Cina e la Russia: il vero obiettivo era l’Eurasia. Sempre ad inizio 2020, in Cina nella città di Wuhan, capoluogo della provincia cinese dell’Hubei, scoppia una epidemia di coronavirus. Tra febbraio e marzo 2020, Cina, Iran ed Italia sono i tre paesi più colpiti dal coronavirus (guarda tu che coincidenze); una delle spiegazioni che ci viene data è che «il coronavirus è il virus della verità, dove appare espone la verità. Nel caso della Cina ha esposto che c’è una dittatura comunista che sopprime la verità. In Iran ha esposto il fanatismo religioso. Nel caso dell’Italia ha esposto la scarsa capacità amministrativa» (Edward Luttwak a “Di Martedì”, ripreso su “Libero”).Il 31 gennaio 2020 il Regno Unito cessa ufficialmente di essere uno Stato membro dell’Unione Europea e dell’Euratom. A marzo 2020, secondo un portavoce del ministero degli esteri di Pechino l’origine del coronavirus non sarebbe legata a errori di vigilanza e contenimento delle autorità cinesi nella città del presunto ‘focolaio zero’, ma a una contaminazione arrivata dall’esterno, per la precisione dagli Usa. «Gli Stati Uniti devono essere trasparenti! E devono pubblicare i loro dati! Gli Stati Uniti devono darci una spiegazione», attacca su Twitter uno dei portavoce del governo, Zhao Lijian. Riassumiamo quindi un attimo: «La Cina supera di gran lunga gli Stati Uniti nel numero dei brevetti registrati e produce almeno otto volte più laureati Stem [Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica] all’anno rispetto agli Stati Uniti, guadagnandosi lo status di miglior contributore alla scienza globale. Una vasta gamma di nazioni in tutto il Sud globale ha sottoscritto accordi per entrare a far parte della Bri, che dovrebbe essere completata nel 2049».«Solo l’anno scorso, le aziende cinesi hanno firmato contratti per un valore di 128 miliardi di dollari per progetti di infrastrutture su larga scala in decine di nazioni. L’unico concorrente economico degli Stati Uniti è impegnato a ricollegare la maggior parte del mondo con la versione del 21° secolo, completamente interconnessa, di un sistema commerciale che era stato al suo apice per oltre un millennio: le vie della seta eurasiatiche. Inevitabilmente, questa è una cosa che la classe dirigente statunitense non è assolutamente in grado di accettare. Considerare la Bri come una pandemia» (Pepe Escobar, su “Asia Times”). Il 10 marzo 2020, il Parlamento russo ha approvato un emendamento a una legge costituzionale che darà la possibilità all’attuale presidente Vladimir Putin di rimanere al potere fino al 2036. Il 13 marzo oltre 30 tonnellate di materiale sanitario sono state donate dalla Cina all’Italia e saranno distribuite al più presto, inoltre un team di medici cinesi inizierà a collaborare con i colleghi italiani per sconfiggere il Covid-19, mentre dagli altri Stati membri dell’Europa non arriva nessun aiuto all’Italia. La tanto cara Europa ci ha lasciato soli.Sempre a marzo, la Germania, in totale autonomia, stanzia 550 miliardi a sostegno della propria economia e con tempi rapidissimi; in Italia, una nazione messa in ginocchio dalla quarantena, il governo ha stanziato per adesso 25 miliardi (e stanno ancora valutando se concedere 500 euro per tre mesi ai lavoratori autonomi). Un paese come l’Italia, dove negli ultimi 30 anni il risparmio dei cittadini è stato letteralmente spazzato via, sarà più semplice morire di fame che di coronavirus. Ma non è finita qui. «L’esercitazione della Nato “Defender Europe”, che si terrà in Europa da aprile a maggio 2020, coinvolgerà 37.000 soldati di 18 nazioni facenti parte dell’Alleanza. Saranno impiegati circa 33.000 mezzi e container, e 450 veicoli corazzati. L’obiettivo della grande esercitazione è quello di testare la capacità dell’Europa – con il significativo contributo statunitense, ovviamente – di reagire a un atto ostile. Molti europei se ne stanno chiedendo, in questi giorni, perché – vista la diffusione del virus influenzale in tutto il continente – “Defender Europe” non venga annullata. L’esercitazione rappresenta uno degli strumenti con cui Washington argina le “velleità espansionistiche” del Cremlino e al contempo alimenta la paura dell’accerchiamento insita nell’animo russo» (”Difesa Online”).Il 14 marzo il presidente Trump mette un post su Twitter: “The United States loves Italy”, gli Stati Uniti ci amano. La risposta da parte della Cina non si fa attendere, e il 15 marzo arriva la lettera dell’ambasciatore in Italia Li Junhua: «Sono convinto che quando avremo vinto sul virus, il popolo italiano e quello cinese saranno ancora più vicini e uniti, e la cooperazione bilaterale sarà ancora più prospera. Speriamo che quel giorno arrivi presto». Bene, direi che adesso iniziamo ad avere un quadro della situazione più chiaro. Scordatevi per un attimo la propaganda mediatica di queste settimane, prendete tutte queste informazioni e unite i puntini; cambiate adesso il vostro punto di osservazione, spostatevi verso l’alto e guardate in basso: riuscite a vedere il “disegno” che si cela dietro a tutti questi avvenimenti? E’ in atto una guerra per decidere chi prenderà definitivamente il controllo dell’Europa. Da un lato il progetto Stati Uniti d’Europa, dall’altro il progetto Eurasia. Comunque vada, attualmente, l’Italia è una preda e non il predatore. Geopolitica? Fantapolitica? L’importante è prendere coscienza di quello che sta accadendo, perché in questo preciso periodo storico è fondamentale anticipare gli eventi per non rimanerci intrappolati dentro.(”Heartland: guerra, atto finale”, riflessione pubblicata da “Tommesh” su “Come Don Chisciotte” il 16 marzo 2020).Heartland o Heartlands (letteralmente: il Cuore della Terra) è un nome che venne dato alla zona centrale del continente Eurasia da Sir Halford Mackinder, il geografo inglese autore di “Democratic Ideals and Reality”. L’Eurasia è un supercontinente comprendente i continenti di Europa e Asia. La frase che riassume l’intera concezione geopolitica di Mackinder è la seguente: «Chi controlla l’Est Europa comanda l’Heartland: chi controlla l’Heartland comanda l’Isola-Mondo: chi controlla l’Isola-Mondo comanda il mondo». Bene, iniziamo adesso ad analizzare un po’ di dati in nostro possesso. Nel 2013 il presidente cinese Xi Jinping annuncia il progetto “Via della Seta” che punta a coinvolgere 65 paesi che raccolgono circa il 65% della popolazione mondiale e il 40% del Pil. Da almeno 10 anni in Europa è aperta una gara per attirare tantissimi soldi in arrivo dalla Cina. In questa gara, l’Italia è sul podio dal 2017 alle spalle di Germania e Francia. Ad inizio 2019 l’export agroalimentare Made in Italy verso la Cina aveva fatto registrare +20%, su base decennale si registra invece un incredibile +254%. In questo quadro geopolitico, logica vuole che l’amministrazione Trump e i suoi alleati storici (Israele in primis), non possono più permettersi di stare a guardare.
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Il Covid rovina un’azienda su 10: perderemmo 640 miliardi
Gli scenari sono due, e il primo è “ottimistico”: se l’emergenza coronavirus finisce a maggio, le imprese italiane (contando anche le ricadute nel 2021) perderanno un giro d’affari di 275 miliardi di euro. Se invece la quarantena durerà fino a dicembre, sarà la catastrofe, con la completa chiusura delle frontiere dei mercati europei: nel biennio perderemmo ricavi per 641 miliardi, di cui quasi 470 quest’anno. «Quale dei due scenari si concretizzerà? Non siamo epidemiologi, non è facile rispondere», ammette Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved, la società che da quarant’anni analizza i bilanci di tutte le imprese italiane. Timore evidente: man mano che passano le settimane, senza miglioramenti in vista, si profila davvero l’apocalisse. Secondo Cerved, riassume “Repubblica”, se si verificherà lo scenario pessimistico «rischia di fallire il 10,4% delle imprese italiane». L’inserto “Affari&Finanza”, sempre di “Repubblica”, avanza stime ancora più precise, analizzando 750.000 imprese italiane, con dati elaborati e integrati coi modelli statistici ed econometrici utilizzati da Cerved per monitorare 233 diversi settori produttivi.La prima cosa che balza all’occhio, scrive “Repubblica”, è il fatto che, se l’emergenza finisse a maggio, le imprese italiane riuscirebbero già dal prossimo anno a recuperare un livello di fatturato superiore dell’1,5% rispetto a quello ottenuto nel 2019 (secondo Cerved, 2.410 miliardi di euro). «Questo dato è interessante perché, dopo le crisi del 2008 e del 2011 – spiega Mignanelli – l’economia italiana non ce l’aveva fatta a tornare ai livelli precedenti, in parte perché il fallimento di molte aziende aveva ridotto la base produttiva». La aziende che dovessero sopravvivere si calcola che diverrebbero più forti di prima. «Anche in questo caso, però, il costo reale del Covid-19 sarebbe altissimo», scrive il giornale diretto da Carlo Verdelli. «Per stimare il giro d’affari bruciato dal virus bisogna infatti tenere conto dei progressi che molte aziende avrebbero compiuto quest’anno e il prossimo, se non fosse scoppiata l’epidemia: il fatturato, erano le aspettative fino a poche settimane fa, era atteso crescere dell’1,7% quest’anno e del 2% il prossimo, più di quanto avessero fatto nel 2019».È così che Cerved arriva a mettere nero su bianco la cifra di 275 miliardi, che fotografa i ricavi che saranno persi dalle aziende nel biennio 2020-2021, anche se si verificasse lo scenario più “benevolo”. «Una voragine che diventerebbe ancora più profonda – arrivando fino a 641 miliardi – se le cose si mettessero male davvero, e l’emergenza si protraesse fino a dicembre». Scorrendo i numeri dei settori più colpiti, aggiunge “Repubblica”, ci si rende conto di come la crisi cambierà il volto dell’Italia e del suo sistema di imprese. «Nello scenario pessimistico, infatti, il fatturato degli alberghi scenderebbe dai 12,5 miliardi del 2019 ai 3,3 miliardi di quest’anno, un crollo del 73% che sarebbe seguito a ruota da agenzie di viaggio e tour operator (meno 68%), strutture ricettive extra-alberghiere come agriturismi e b&b (meno 64%) e aeroporti (meno 50%). «Ma l’ictus produttivo e il crollo dei consumi assesterebbero una mazzata anche alla manifattura, con un crollo del 45,8% per la produzione di auto (da 39,5 a 21,4 miliardi), di veicoli industriali (da 12,7 a 6,7 miliardi) e del cruciale e diffusissimo settore dei componenti per l’automotive (da 23,3 a 12,6 miliardi), che i produttori italiani esportano o fabbricano direttamente in tutto il mondo».Un altro aspetto interessante è l’impatto sulle diverse regioni: «In cima c’è la Lombardia, “l’epicentro del terremoto”, com’è stata definita sul piano sanitario e come rischia di essere anche dal punto di vista economico, data la sua stazza produttiva». Sempre nello scenario pessimistico, rispetto a quanto avrebbero fatto con le stime ante-coronavirus, le imprese lombarde brucerebbero un fatturato di 182 miliardi, seguite dal Lazio (118 miliardi), dal Piemonte (60), dal Veneto e dall’Emilia Romagna (circa 57 per entrambe). Tanti i fattori: il diverso peso dei vari settori di attività, la propensione all’export e il fatto che i maggiori gruppi, industriali e commerciali, hanno sede a Milano e Roma. «In valori assoluti, ovviamente, l’impatto della crisi sarà più contenuto nelle regioni del Sud o in quelle più piccole». Tra le più colpite, comunque, quelle turistiche: Trentino Alto Adige, Liguria e Valle d’Aosta. «Le peggiori in assoluto, però, nello scenario “horribilis” sarebbero quelle dove l’auto pesa di più sul totale, ovvero Piemonte (meno 4,9%) e Basilicata (-5,1)».Poi c’è addirittira chi guadagna, dalla crisi: per esempio, le aziende che operano nel commercio online, nella grande distribuzione alimentare e nella farmaceutica. Se l’emergenza si protraesse, «il 2020 per molte di esse diventerebbe indimenticabile: nella grande distribuzione alimentare crescerebbero dai 108 miliardi del 2019 a 132 miliardi, nel commercio all’ingrosso dei prodotti farmaceutici e medicali da 33 a 38 miliardi, nel commercio online da 4,3 a 6,7 miliardi». Handicap tutto italiano, la debolezza della digitalizzazione. Ora, i ricavi delle aziende connesse all’informatica o all’automazione non smetteranno di crescere: «La speranza – dice Mignanelli – è che l’epidemia, che costringe le persone a casa, possa contribuire a convincere gli imprenditori – soprattutto i più piccoli – che gli investimenti in tecnologia sono necessari per aumentare la produttività».Gli scenari sono due, e il primo è “ottimistico”: se l’emergenza coronavirus finisce a maggio, le imprese italiane (contando anche le ricadute nel 2021) perderanno un giro d’affari di 275 miliardi di euro. Se invece la quarantena durerà fino a dicembre, sarà la catastrofe, con la completa chiusura delle frontiere dei mercati europei: nel biennio perderemmo ricavi per 641 miliardi, di cui quasi 470 quest’anno. «Quale dei due scenari si concretizzerà? Non siamo epidemiologi, non è facile rispondere», ammette Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved, la società che da quarant’anni analizza i bilanci di tutte le imprese italiane. Timore evidente: man mano che passano le settimane, senza miglioramenti in vista, si profila davvero l’apocalisse. Secondo Cerved, riassume “Repubblica“, se si verificherà lo scenario pessimistico «rischia di fallire il 10,4% delle imprese italiane». L’inserto “Affari&Finanza”, sempre di “Repubblica”, avanza stime ancora più precise, analizzando 750.000 imprese italiane, con dati elaborati e integrati coi modelli statistici ed econometrici utilizzati da Cerved per monitorare 233 diversi settori produttivi.
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Gli Usa ammettono: il coronavirus era da noi già nel 2019
«Potrebbe essere stato l’esercito Usa ad aver portato l’epidemia a Wuhan». Così il portavoce del ministero degli esteri cinese Zhao Lijian. Una riflessione nata dopo l’audizione al Congresso degli Stati Uniti del direttore del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, Robert Redfield, nella quale ha riconosciuto che alcune persone, morte negli Usa di recente causa polmonite, sarebbero invece decedute per Covid-19 non diagnosticato. «È stato trovato il paziente zero negli Stati Uniti?». Ha rincarato la dose Lijian. «Quante sono le persone infette? Come si chiamano gli ospedali? Potrebbe essere l’esercito americano che ha portato l’epidemia a Wuhan. Siate trasparenti! Rendete pubblici i vostri dati! Gli Stati Uniti ci devono una spiegazione!». La vicenda è riportata da “The Hill”, che spiega come ciò sia parte di una narrativa cospirativa che circola sul web, e che vede il virus portato in Cina dagli atleti americani, e loro numeroso seguito, che si sono recati a Whuan per partecipare ai Giochi mondiali militari, che si sono svolti tra il 18 e il 27 ottobre 2019, praticamente quando è iniziata l’epidemia. Non necessariamente un atto criminogeno, ma una trasmissione involontaria: gli atleti Usa, o il seguito, sarebbero stati già infetti da coronavirus.La tesi sarebbe sostenuta da una coincidenza: cinque atleti di nazionalità ancora ignota sarebbero stati ricoverati in un ospedale locale per virus ignoto. Vero il ricovero, spiega il “Global Times”, ma si trattava del ben noto colera. E, però, la domanda posta resta. Secondo “Global Research”, già ad agosto, un medico di Taiwan avrebbe avvertito gli Stati Uniti che alcuni decessi per polmonite attribuiti alle sigarette elettroniche, le “svapo”, erano in realtà da attribuire a un nuovo coronavirus. “Repubblica”, a settembre, riferiva di 550 ammalati con problematiche polmonari, che avevano portato ad alcuni decessi. Conto più che approssimativo, se si tiene conto di cosa sia la sanità americana, che all’inizio dell’epidemia, ad esempio, ha negato il tampone a cittadini di ritorno dalla Cina perché non avevano i soldi per pagarli (qualcosa sta cambiando, vedi il “Washington Post”). Certo, la vicenda “svapo” va vista nell’ottica di una guerra mossa dalle potenti industrie del tabacco alla concorrenza, ma è pur vero che non si sono registrati analoghi disturbi in altre aree del mondo, come l’Italia, dove lo “svapo” aveva preso piede.Ad alimentare la possibilità che la polemica impegnata da Zhao Lijian abbia una sua plausibilità, è anche il fatto che il cosiddetto “paziente zero” di Whuan, da cui è nata l’epidemia, sia ancora causa di controversie. Così andiamo a qualcosa di più inquietante, forse collegato, forse no: il 5 agosto il “New York Times” riportava la notizia che il Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie degli Stati Uniti aveva intimato al laboratorio di armi batteriologiche di Fort Detrick di «cessare ogni attività» perché il sistema di filtraggio delle acque reflue non era sicuro. Un po’ quanto viene descritto nel film “Cattive acque”, uscito tre settimane fa in Italia (tempestività di Hollywood), che racconta la storia vera della battaglia giudiziaria intrapresa da un avvocato americano contro l’azienda chimica Dupont, i cui scarichi hanno avvelenato, e continuano ad avvelenare, migliaia di persone (non solo, spiega anche dell’avvelenamento da sostanze chimiche di circa il 90% dell’umanità… da vedere, in streaming, dato che i cinema son chiusi).Ovviamente si disse che nessuna sostanza pericolosa era effettivamente fuoriuscita da Fort Detrick, che però è stato chiuso in via preventiva. In altra nota, avevamo accennato come a luglio 2019, cioè poco prima della chiusura di Fort Detrick, la Camera degli Stati Uniti aveva chiesto formalmente al Pentagono se avesse testato e usato armi chimiche tra gli anni ’50 e gli anni ’70. Una richiesta insolita e non motivata da problematiche d’attualità. La cui spiegazione potrebbe essere proprio la contaminazione causata da Fort Detrick, notizia che presumibilmente circolava in alcuni ambiti. Un modo per far pressione, in maniera indiretta come si usa in tali casi, sulla vicenda, perché si chiudesse senza suscitare polveroni sull’Us Army. Al di là delle domande, si può notare come l’episodio di cronaca nera – che, ripetiamo, non necessariamente ha a che vedere col coronavirus – abbia come focus Fort Detrick, sito che richiama alla memoria altro ed oscuro.Qualcuno ricorderà il panico che per diversi mesi attanagliò il mondo dopo l’11 Settembre a causa della diffusione di missive contenenti antrace, letale arma batteriologica. La responsabilità dell’invio della posta avvelenata, indirizzata a personalità importanti e non d’America e del mondo, fu attribuita all’Agenzia terrorista nota come Al-Qaeda (il segretario di Stato americano Colin Powell usò tale minaccia per convincere il mondo della necessità di attaccare l’Iraq, che avrebbe avuto magazzini pieni di antrace). L’Fbi scoprì poi che l’antrace che aveva terrorizzato il mondo proveniva dall’America, da Fort Detrick appunto. La vicenda si chiuse individuando anche un possibile untore, un ignoto ricercatore che prestava la sua opera in quel laboratorio strategico. Che, ovviamente, non avrebbe mai potuto far tutto quel pandemonio globale da solo… tant’è. Morì suicida, tutto insabbiato.(”Dall’antrace al coronavirus, le vie di Fort Detrick”, post di “Piccole Note” del 13 marzo 2020).«Potrebbe essere stato l’esercito Usa ad aver portato l’epidemia a Wuhan». Così il portavoce del ministero degli esteri cinese Zhao Lijian. Una riflessione nata dopo l’audizione al Congresso degli Stati Uniti del direttore del Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie, Robert Redfield, nella quale ha riconosciuto che alcune persone, morte negli Usa di recente causa polmonite, sarebbero invece decedute per Covid-19 non diagnosticato. «È stato trovato il paziente zero negli Stati Uniti?». Ha rincarato la dose Lijian. «Quante sono le persone infette? Come si chiamano gli ospedali? Potrebbe essere l’esercito americano che ha portato l’epidemia a Wuhan. Siate trasparenti! Rendete pubblici i vostri dati! Gli Stati Uniti ci devono una spiegazione!». La vicenda è riportata da “The Hill“, che spiega come ciò sia parte di una narrativa cospirativa che circola sul web, e che vede il virus portato in Cina dagli atleti americani, e loro numeroso seguito, che si sono recati a Whuan per partecipare ai Giochi mondiali militari, che si sono svolti tra il 18 e il 27 ottobre 2019, praticamente quando è iniziata l’epidemia. Non necessariamente un atto criminogeno, ma una trasmissione involontaria: gli atleti Usa, o il seguito, sarebbero stati già infetti da coronavirus.
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La Cina: Usa non trasparenti, il coronavirus viene da loro?
Arriva la prima dichiarazione ufficiale da parte di Pechino sulla possibilità che il coronavirus sia nato negli Stati Uniti. Attraverso il suo account Twitter molto seguito, uno dei portavoce del ministero degli affari esteri cinese, Zhao Lijian, dichiara: «Potrebbe essere stato l’esercito Usa ad aver portato l’epidemia a Wuhan». Chiaro il riferimento ai noti Giochi militari che avevano portato nella città oltre 300 militari nord-americani nell’ottobre scorso, «proprio nel periodo che gli scienziati hanno individuato come il momento dell’incubazione del famigerato Covid-19», osserva “L’Antidiplomatico”. In una audizione, il direttore del Centers for Disease Control and Prevention, Robert Redfield, ha infatti ammesso candidamente che molti americani, apparentemente morti di influenza, siano poi risultati positivi al coronavirus. «Quando è apparso il paziente zero negli Stati Uniti? Quante persone sono state infettate?», domanda il portavoce di Pechino, che si interroga anche su quali siano gli ospedali statunitensi ad aver registrato la patologia. «Potrebbe essere stato l’esercito Usa a portare l’epidemia a Wuhan», insiste Zhao Lijian: «Siate trasparenti, rendete pubblici i dati». E aggiunge: «Gli Stati Uniti ci devono una spiegazione».Nel corso della citata audizione pubblica, Redfield aveva parlato di 34 milioni di casi di “influenza” e non meno di 20.000 morti. «Quanti di loro avevano il coronavirus?», domanda Zhao. Annota “L’Antidiplomatico”: «Si tratta di una prima presa di posizione pubblica da parte di Pechino. E dato che la Cina è il paese che a livello scientifico e medico è più avanti, nello studio di questo nuovo virus, ci possiamo aspettare delle simpatiche rivelazioni nelle prossime settimane». Il video con l’intervento di Redfield, osserva “BlogSicilia”, è stato condiviso anche da altri media cinesi, tra cui l’emittente nazionale “Tvcc” e il tabloid “Global Times”. Quanto al polemico tweet di Zhao, un altro portavoce del ministero degli esteri di Pechino, Geng Shuang, ha affermato che nella comunità internazionale ci sono «opinioni differenti» sull’origine del virus, e che «la Cina considera quella domanda come scientifica», e quindi «dovrebbe essere affrontata in modo professionale», evitando però di confermare se quanto scritto da Zhao sul social media sia la posizione ufficiale del governo.Come riferito dalla “Cnn”, in molti in Cina stanno lanciando una campagna per mettere in discussione l’origine del coronavirus che ha contagiato oltre 125.000 persone in tutto il mondo. I primi casi di contagio sono stati segnalati a Wuhan e lì sono stati registrati più infezioni e morti di ogni altra parte del pianeta. Il 4 marzo scorso Zhao Lijian, parlando in modo ufficiale, ha detto ai giornalisti che «non è stata ancora raggiunta una conclusione sull’origine del virus», e dunque gli scienziati cinesi sono al lavoro per identificarla. Il 27 febbraio, continua “BlogSicilia”, anche un famoso esperto cinese di malattie infettive, Zhong Nanshan, ha messo in dubbio la provenienza del coronavirus: «L’infezione è stata individuata per la prima volta in Cina, ma il virus potrebbe non aver avuto origine in Cina», ha detto in una conferenza stampa. Condividendo le parole di Redfield, un funzionario come Hua Chunying, capo-dipartimento del ministero degli esteri cinese, afferma: «E’ assolutamente sbagliato e inappropriato chiamarlo coronavirus cinese».Arriva la prima dichiarazione ufficiale da parte di Pechino sulla possibilità che il coronavirus sia nato negli Stati Uniti. Attraverso il suo account Twitter molto seguito, uno dei portavoce del ministero degli affari esteri cinese, Zhao Lijian, dichiara: «Potrebbe essere stato l’esercito Usa ad aver portato l’epidemia a Wuhan». Chiaro il riferimento ai noti Giochi militari che avevano portato nella città oltre 300 militari nord-americani nell’ottobre scorso, «proprio nel periodo che gli scienziati hanno individuato come il momento dell’incubazione del famigerato Covid-19», osserva “L’Antidiplomatico“. In una audizione, il direttore del Centers for Disease Control and Prevention, Robert Redfield, ha infatti ammesso candidamente che molti americani, apparentemente morti di influenza, siano poi risultati positivi al coronavirus. «Quando è apparso il paziente zero negli Stati Uniti? Quante persone sono state infettate?», domanda il portavoce di Pechino, che si interroga anche su quali siano gli ospedali statunitensi ad aver registrato la patologia. «Potrebbe essere stato l’esercito Usa a portare l’epidemia a Wuhan», insiste Zhao Lijian: «Siate trasparenti, rendete pubblici i dati». E aggiunge: «Gli Stati Uniti ci devono una spiegazione».
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Virologo: in Italia 18.000 morti di influenza, e i media zitti
Ogni anno, in Italia, i morti con la comune influenza stagionale sono 20 volte di più di quelli morti ad oggi con Covid-19. Perché non intasiamo le rianimazioni ogni anno? Ecco i dati del Covid-19 in Italia, aggiornati alle ore 18:00 del 10 marzo 2020: 8.514 casi con 631 deceduti (Iss-Epicentro). Faccio notare che questo campione è estremamente selezionato, perché i test sono stati fatti in prevalenza su persone malate. La maggioranza degli esperti, fra cui Ilaria Capua, ritiene che i casi asintomatici siano da 10 a 100 volte superiori. Perciò il tasso di letalità non sarebbe del 7,4%, ma almeno dieci volte inferiore. Sull’influenza stagionale 2017-18, risulta che 8,7 milioni di persone si rivolsero telefonicamente al medico o al pediatra di famiglia per una “sindrome simil-influenzale”. Meno di 1/4 furono visitate dal medico. Sono morte “con complicazioni influenzali” non meno di 18.000 persone, in prevalenza anziane. Di quelle 18.000, solo 173 (1 su 100) morirono in un reparto di rianimazione, e in tutto furono 764 i “casi gravi da influenza confermata in soggetti ricoverati in terapia intensiva”. Cioè, le altre 17.000 persone sono morte a casa propria, o in casa di riposo, o in un qualche reparto ospedaliero, senza diagnosi confermata di influenza.Se i media due anni fa avessero scatenato il putiferio attuale, non meno di 75.000 malati con influenza avrebbero intasato le rianimazioni, al ritmo di 750 nuovi ingressi ogni giorno (finora in rianimazione ne abbiamo ricoverati 650 in tutto). Questi dati confermano che siamo di fronte a una epidemia di panico e che gli untori per eccellenza sono i media. Ci dicono che in Italia abbiamo il più alto tasso di letalità? I dati più affidabili vengono dalla Corea del Sud, che registra tassi di letalità attorno al 6 per mille (1/12 dei nostri). Questo si spiega perché la Corea ha fatto test a tappeto fin dall’inizio (già più di 200.000) e conferma quanto abbiamo detto sopra, cioè che le nostre statistiche usano un denominatore (persone infettate) assai ridotto e selezionato: il che ingigantisce falsamente il rapporto morti/infettati, cioè il tasso di letalità. Tra i tanti messaggi che arrivano nei social, spiccano gli appelli dei medici di rianimazione, veramente preoccupanti. Il nostro sistema sanitario pubblico collocava l’Italia ai primi posti nel mondo, con un invidiabile rapporto qualità/costi, ma a partire dal 1992 (legge-delega per la privatizzazione del Ssn) è stato smantellato per favorire le speculazioni private, che non hanno alcun interesse a investire nei settori più costosi, come grandi chirurgie e rianimazioni. Questo fatto non sarà mai ribadito e condannato abbastanza.Però le testimonianze e gli appelli accorati da parte di medici e infermieri dei reparti di terapia intensiva, ora sotto pressione per i malati gravi con Covid-19, mentre sono condivisibili sul piano umano, sono fuorvianti per la comprensione di questa “epidemia”. Sarebbe come usare la testimonianza del marinaio di una scialuppa di salvataggio del Titanic per ricostruire la storia di quel naufragio… ma qui abbiamo solo qualche scialuppa: non c’è né il Titanic né l’iceberg. Non c’è epidemia, non c’è pandemia. E abbiamo due precedenti famigerati, proprio con due varianti di coronavirus che fecero tanto scalpore per poi rivelarsi veri e propri “fuochi di paglia”: la Sars del 2002 (8.000 casi in tutto) e la Mers del 2012 (800 casi). Notate che la Sars ebbe una letalità del 9% e la Mers addirittura del 38%.Stanno arrivando voci di vaccini “quasi” pronti da parte di Israele o degli Usa che potrebbero salvare molte vite aggredite da questo virus. Tanto rumore per un vaccino? Nell’influenza comune del 2017-18 il ceppo prevalente era A/H1N1pdm09 (più noto come H1N1 o “suina”), ed era incluso nel vaccino antinfluenzale somministrato a circa la metà degli ultrasessantacinquenni italiani – non solo quell’anno, ma anche negli anni precedenti. Quel ceppo ebbe origine nel 2009 negli Usa, come variante dell’influenza suina. Nel 2010 il nostro ministero della salute si impegnò a pagare 184 milioni di euro alla Novartis per 24 milioni di dosi di vaccino contro la “H1N1 suina”, ma anche quella annunciata “pandemia” in realtà fu una vera e propria bufala mediatica: di fatto furono vaccinati meno di un milione di italiani, e 9 milioni di dosi di quel vaccino rimasero nei frigoriferi delle Asl. Parlare di Israele (Netanyahu promise il vaccino a una settimana dalle recentissime elezioni) o di Usa (pure loro in campagna elettorale, coi cittadini che, se disoccupati e non coperti da assicurazione, devono pagare una somma notevole per farsi fare un tampone, e per giunta col più alto tasso di risultati falsi positivi nel mondo) data la situazione conosciuta, sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.Cosa penso delle misure per ridurre il contagio prese dal governo italiano? Il grande Ennio Flajano diceva che in Italia “la situazione è grave ma non seria”. Per tutti i dati che abbiamo qui esaminato, dovremmo concludere che questa volta la situazione è “seria, ma non grave”. Dico “seria” nel senso che le misure adottate riflettono l’ansia di dimostrarsi “seri e responsabili”, ma mi domando: verso chi? Verso la Ue? Verso la Nato? Perché non verso i cittadini italiani? Il primo requisito della serietà è la coerenza, e ogni cittadino lo sa se ha ricevuto messaggi coerenti dalle autorità e dagli “esperti” in questi 40 giorni. Walter Ricciardi, imbarcato nel pieno della tempesta, ha fatto miracoli sia nel fronte interno che su quello internazionale. E quando infuria la tempesta, quando le vele sono già lacerate e la barca è piena d’acqua, puoi solo spalare acqua e stare zitto. In scienza e coscienza, io credo di spalare acqua, di rattoppare almeno qualche vela, e di stare (quasi) zitto.Ho detto quasi zitto: solidale coi colleghi (anche sottopagati) che fanno turni stressanti negli ospedali devastati da trent’anni di “filibustering” neoliberista, ma anche urlante a squarciagola contro “colleghi” veri o sedicenti tali che, in anonimato, seminano il terrore parlando di “nipotini che uccidono i nonni”, o di “incoscienti che escono a fare una passeggiata”, o che spacciano il prodotto Xy come panacea curativa (e soprattutto preventiva, così non scappa neanche un potenziale cliente fra i 60 milioni) contro la “peste del 2020” che avrebbe una “contagiosità pazzesca” e una mortalità (sarebbe troppo pretendere da loro il termine corretto letalità) “spaventosa”. Ripeto: chi sta in prima linea negli ospedali oggi è davvero sotto stress, va rispettato e sostenuto, e le misure ragionevoli per ridurre le probabilità di contagio vanno adottate; ma un grande quotidiano della mia regione, il Veneto, oggi riferisce che abbiamo 498 letti di terapia intensiva, di cui 67 occupati da pazienti con tampone positivo per Covid-19.(Leopoldo Salmaso, dichirazioni rilasciate a Patrizia Cecconi per l’intervista “Il tasso di letalità del coronavirus in Italia è almeno 10 volte inferiore ai dati ufficiali”, pubblicata da “L’Antidiplomatico” l’11 maezo 2020. Epidemiologo e virologo, specialista in malattie infettive, il dottor Salmaso vanta una lunga esperienza internazionale in paesi come la Tanzania, dove conduce progetti sanitari secondo i protocolli prescritti dall’Oms).Ogni anno, in Italia, i morti con la comune influenza stagionale sono 20 volte di più di quelli morti ad oggi con Covid-19. Perché non intasiamo le rianimazioni ogni anno? Ecco i dati del Covid-19 in Italia, aggiornati alle ore 18:00 del 10 marzo 2020: 8.514 casi con 631 deceduti (Iss-Epicentro). Faccio notare che questo campione è estremamente selezionato, perché i test sono stati fatti in prevalenza su persone malate. La maggioranza degli esperti, fra cui Ilaria Capua, ritiene che i casi asintomatici siano da 10 a 100 volte superiori. Perciò il tasso di letalità non sarebbe del 7,4%, ma almeno dieci volte inferiore. Sull’influenza stagionale 2017-18, risulta che 8,7 milioni di persone si rivolsero telefonicamente al medico o al pediatra di famiglia per una “sindrome simil-influenzale”. Meno di 1/4 furono visitate dal medico. Sono morte “con complicazioni influenzali” non meno di 18.000 persone, in prevalenza anziane. Di quelle 18.000, solo 173 (1 su 100) morirono in un reparto di rianimazione, e in tutto furono 764 i “casi gravi da influenza confermata in soggetti ricoverati in terapia intensiva”. Cioè, le altre 17.000 persone sono morte a casa propria, o in casa di riposo, o in un qualche reparto ospedaliero, senza diagnosi confermata di influenza.
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Carotenuto: la Cina guarisce dal virus, ma non ce lo dicono
Questa mattina, per vedere le ultime notizie sul coronavirus, apro il sito dell’Ansa, la principale agenzia di stampa italiana, quella che dà il la alla comunicazione dei media. E trovo il seguente comunicato, che è in comune tra l’agenzia italiana e la francese Afp. Eccolo: «Roma, 6 marzo. La Cina ha riportato 30 nuovi morti legati al coronavirus, 143 nuove infezioni e 16 cosiddetti “contagi di ritorno”, i casi importati da persone arrivate nel paese. Nel complesso, sono 3.042 le persone decedute in Cina per il Covid-19, ha riferito la Commissione sanitaria nazionale (Nhc)». Bene, questo l’aggiornamento. Ma d’istinto non mi fido, visto come viene fatta la comunicazione dei media su certi argomenti, diciamo, “delicati” per l’opinione pubblica. Anche perché nei giorni precedenti una notizia che mi era sembrata importante, era che in Cina l’epidemia stava perdendo forza. Che era quella che mi interessava di più. Ma da questo comunicato proprio non si evinceva. E allora mi sono ricordato di quando – quasi 50 anni fa – ero un giovanissimo praticante giornalista, e dei giornalisti anziani – proprio dell’Ansa – mi diedero un loro libro a scopo istruttivo.Il libro era una sorta di manualetto su come presentare, come scrivere una notizia. Nel quale trovai un tesoro di indicazioni su come, scrivendo sempre cose vere, si poteva camuffare, deviare, alterare la verità di certi fatti. E condurre di conseguenza i lettori a farsi un’idea sbagliata dei fatti, o tale da indirizzarli a trarne certe, volute conclusioni. E allora, sulla base di questo ricordo, mi dico: bene, facciamo una verifica. Visto che Ansa e Afp citano la fonte, il governo cinese, vado a vedere cosa scrive il comunicato originale cinese. E cosa scopro? Che nel comunicato Ansa manca un pezzo… e il pezzo, guarda caso, sono le buone notizie: quelle che non vanno troppo evidenziate, se si vuole tenere la gente in tensione. Chi vuole vada a vedere tutto il comunicato cinese del 6 marzo, e si renderà conto del fatto che in quello dell’Ansa manca proprio la parte fondamentale: i dati su quanti sono i guariti del giorno e il loro totale, e su quanto si stanno riducendo i malati.E’ questo il classico modo tendenzioso di dare notizie, che segue la linea editoriale attuale di tutti i principali media: esaltare il problema e mandare in panico la gente, per trarre il massimo di benefici nel rafforzare il potere e gli interessi di quei gruppi anti-coscienza dai quali anche i media dipendono. E inoltre terrorizzare non aiuta nemmeno ad allertare maggiormente la gente a prendere le giuste misure di contenimento e igieniche. In effetti non fa altro che mandare in confusione le persone; e anzi, proprio per questo creare ulteriori ansie, agitazione e confusione che rischiano di produrre l’effetto opposto: una minore attenzione logica alle misure da prendere. E allora mi è venuto in mente di fare il contrario: di valutare direttamente – senza l’ulteriore filtro dei media, cosa emerge dai numeri cinesi. Pur sapendo che potrebbero essere in parte manipolati. Ma fiducioso nel fatto che, dopo i primi tentativi falliti di nascondere il problema, Pechino ha optato per una maggiore trasparenza. Confermata da alcune équipes di scienziati e osservatori internazionali che stanno seguendo le vicende sul territorio.I numeri dovrebbero essere sostanzialmente giusti, nella direzione di un retrocedere dell’epidemia, anche perché in varie province cinesi stanno diminuendo ufficialmente i livelli di allerta e di misure anti-contagio. Ma vediamoli, questi numeri, partendo da un grafico costantemente aggiornato da parte della John Hopkins University. Ecco, in questo grafico si vede l’andamento del virus: la linea superiore ocra è quella dei contagiati cinesi, quella verde quella dei guariti mondiali, in grandissima parte cinesi, e quella gialla mostra l’andamento dei contagiati nel resto del mondo. Cosa si vede? Che la tendenza dei contagiati cinesi non è più in rapida salita: circa 100-200 contagiati in più al giorno negli ultimi giorni, rispetto ai 3-4000 al giorno di un mese fa. Mentre la linea gialla in basso, dei contagiati del resto del mondo, comincia a salire negli ultimi 10 giorni, anche se ancora per il momento a ritmi inferiori a quelli cinesi.Ma quello che è interessante e positivo è che non solo stanno diminuendo di molto i contagiati cinesi; a questo si aggiunge il dato fondamentale espresso dalla linea verde: le guarigioni – soprattutto cinesi – stanno aumentando: tra le 1.770 e le quasi 3.000 al giorno negli ultimi giorni. Il che fa vedere anche graficamente come le due linee, ocra e verde, almeno per quello che riguarda la componente cinese, tendano ad unirsi entro un paio di settimane. Evidenziando una probabile, totale o pressoché totale scomparsa del virus in Cina. Avete sentito sui media qualcuno evidenziare la possibile prossima fine dell’epidemia cinese? Poco o niente, altro è quello che si vuole suscitare nella gente. E per l’Italia e il resto del mondo? Se la tendenza fosse simile, e le misure di contenimento messe in atto dai governi sufficientemente efficaci, l’evoluzione del virus potrebbe essere la stessa.In Italia stiamo entrando nella zona di picco, in particolare nelle zone rosse, e potremmo vedere tra non molto una diminuzione analoga a quella cinese dei nuovi casi ed un aumento giorno per giorno dei guariti, fino all’auspicabile esaurimento dell’epidemia. E questo, senza che si sia trovato ancora il vaccino o l’antivirale specifico. Ma esaminiamo ancora meglio e in particolare il caso più eclatante, quello della provincia dell’Hubei, con capoluogo Wuhan (undici milioni di abitanti). E lo facciamo per due motivi: per capire come si comporta questa epidemia in una zona rossa chiusa, dove ormai la gente è esposta al contagio, contagiata, guarita o già morta. E perchè questa provincia ha quasi lo stesso numero di abitanti dell’Italia: 58.500.000.Nell’Hubei, come nelle zone rosse ormai chiuse, non si tratta tanto e solo di limitare il contagio per non estenderlo fuori dalla zona rossa, quanto soprattutto di farlo finire. Le autorità cinesi hanno chiuso la zona, compartimentato, isolato le persone in casa, anche con estrema durezza, e costruito ospedali in tutta fretta. Reagendo forse con minore preparazione della nostra, presi di sorpresa dall’esplodere del virus, che probabilmente circolava già da qualche mese nella provincia senza suscitare alcun allarme. Vediamo allora la sintesi di cosa è successo e di cosa sta succedendo nell’Hubei in questa tabella, i cui dati sono estratti dai bollettini del governo cinese. Da questi dati si vede che nell’Hubei il 5 febbraio c’è stato il massimo di nuovi contagiati giornalieri, ancora relativamente pochi morti, e pochi guariti. Poi il 19 febbraio si arriva al punto di svolta: i guariti superano i contagi giornalieri, improvvisamente di parecchio: 1.209 guariti rispetto a 349 contagiati.E infine i dati del 5 marzo, quando l’evoluzione dell’epidemia ha progressivamente prodotto molti meno contagiati giornalieri, fino a 126, un numero più limitato di morti, 29, e soprattutto un numero più elevato di guarigioni, 1487. E molto interessante appare il fatto che nei totali, sulla destra della tabella, al momento del punto di svolta del 19 febbraio, su 62.031 contagiati ne erano guariti 10.337 e ne rimanevano da guarire 49.665, mentre ora su 67.592 ne sono guariti ben 41.956 e ne rimangono da guarire molti di meno: 22.695. E vediamo anche qualche dato percentuale di bilancio su questa vicenda sia nell’Hubei che in tutta la Cina. Cosa si vede? Che fino ad ora le percentuali di contagiati e di morti sono veramente minime, anche in relazione alla sola provincia dell’Hubei, di gran lunga fino ad ora il principale focolaio del mondo: 0,12% di contagiati e 0,005% di morti.Se tutto andasse secondo quanto prevedibile dagli andamenti statistici attuali, alla fine dell’epidemia la provincia-focolaio dell’Hubei avrà avuto circa 3.500 morti, pari allo 0,006% della sua popolazione. A meno di inattese riprese della virulenza dell’epidemia. Vediamo ora se da questi dati possiamo trarre qualche considerazione che riguarda la situazione italiana. Prima di tutto diciamo che nelle prossime settimane vedremo quando si raggiunge il picco, vale a dire il massimo di contagi giornalieri, quando questi cominciano a diminuire, e poi osservando quando si verifica il punto di svolta, quando i guariti giornalieri pareggeranno i contagiati, e poi finalmente quando i guariti giornalieri cominceranno ad essere sostanzialmente superiori ai nuovi contagi. E capiremo meglio le dimensioni del fenomeno che ci riguarda ed i suoi prevedibili tempi. Andasse nella maniera peggiore, come nell’Hubei, cosa che al momento riteniamo alquanto remota, avremmo 3.500 morti.In questa ipotesi ne potremmo avere anche di più, perché la percentuale di popolazione molto anziana italiana è superiore a quella cinese. Sarebbe qualcosa di drammatico, certamente, ma comunque non al di là di quello al quale siamo abituati ogni anno, anzi forse meno. Infatti, secondo una stima del nostro Istituto Superiore di Sanità, ogni anno ci sono in Italia dagli 8 ai 12.000 morti per la normale influenza. Con tutto che i vaccini anti-influenzali ci sono e vengono usati da circa metà della popolazione anziana. Quindi non andiamo in panico. Aspettiamo serenamente che l’epidemia passi, rinviando svaghi, vacanze e impegni laddove è possibile: non durerà per sempre. Sopportiamo il peso anche economico delle conseguenze dell’epidemia, con pazienza e fiducia. E osserviamo le misure cautelari che vengono indicate, più che altro per salvaguardare gli anziani in peggiori condizioni fisiche: più si espande il virus, più sono destinati a morirne.Non facciamoci prendere da ansie e paure immotivate, che favoriscono una maggiore presa su di noi da parte dei vari poteri di manipolazione, che sfruttano questo virus per condizionare la nostra psiche, dirigendola verso pensieri e scelte a loro favorevoli: per chi vuole convincerci a prendere per paura più farmaci e vaccini, anche quando non servono e ci ammalano; per chi vuole renderci sempre più dipendenti dalle macchine, dall’elettronica, e avvolgerci in una rete digitale disumanizzante e pericolosa per la salute; per chi vuole farci lavorare e studiare da soli, chiusi in una stanza, a contatto solo con una macchina, invece che nella meravigliosa esperienza di crescita della interazione umana con gli altri: gli insegnanti, i colleghi, i parenti, gli amici… E allora noi adottiamo un atteggiamento di vera e propria resistenza morale: prima di tutto informiamoci bene, per sfuggire alle sirene portatrici di disastri dei media; e portiamo ancora più al centro della nostra vita e del nostro tempo i valori umani, gli scambi di bene tra individui, gli ideali elevati, il rapporto con la natura, lo sforzo creativo del bene da fare ogni giorno. Fare questo ogni giorno, proprio nonostante le continue aggressioni alla nostra psiche e ai nostri corpi, ci renderà interiormente molto più forti ed evoluti nella giusta direzione della coscienza.(Fausto Carotenuto, “Coronavirus, cosa avviene veramente in Cina e quanto riguarda l’Italia”, dal blog “Coscienze in Rete” del 6 marzo 2020).Questa mattina, per vedere le ultime notizie sul coronavirus, apro il sito dell’Ansa, la principale agenzia di stampa italiana, quella che dà il la alla comunicazione dei media. E trovo il seguente comunicato, che è in comune tra l’agenzia italiana e la francese Afp. Eccolo: «Roma, 6 marzo. La Cina ha riportato 30 nuovi morti legati al coronavirus, 143 nuove infezioni e 16 cosiddetti “contagi di ritorno”, i casi importati da persone arrivate nel paese. Nel complesso, sono 3.042 le persone decedute in Cina per il Covid-19, ha riferito la Commissione sanitaria nazionale (Nhc)». Bene, questo l’aggiornamento. Ma d’istinto non mi fido, visto come viene fatta la comunicazione dei media su certi argomenti, diciamo, “delicati” per l’opinione pubblica. Anche perché nei giorni precedenti una notizia che mi era sembrata importante, era che in Cina l’epidemia stava perdendo forza. Che era quella che mi interessava di più. Ma da questo comunicato proprio non si evinceva. E allora mi sono ricordato di quando – quasi 50 anni fa – ero un giovanissimo praticante giornalista, e dei giornalisti anziani – proprio dell’Ansa – mi diedero un loro libro a scopo istruttivo.
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Gli Usa dietro al Covid? Vietti: solo un idiota può escluderlo
Chi considera cospirazionista e inverosimile l’idea che l’epidemia del Covid-19 possa essere stata causata dagli Stati Uniti è un idiota che non sa quel che dice. Basteranno ai più testardi i due articoli accademici citati in fondo per dimostrarlo. Come possiamo distinguere un’epidemia “naturale” da un attacco biologico? Data la natura degli attacchi biologici, che normalmente non lasciano prove, stando alle prove, solitamente non possiamo: quindi è sciocco dire che, senza prove, è fantasiosa l’eventualità che si tratti di un attacco biologico. Come con gli incendi dolosi dobbiamo considerare i moventi, l’opportunità, la capacità, l’occasione, i precedenti, la natura dell’evento e la mentalità del sospettato, ma a maggior ragione, perché chi appicca un incendio lascia comunque molte più tracce del suo gesto. Quando avvengono degli incendi sospetti nessuno dice che è complottista affermare che potrebbero essere stati degli allevatori o degli speculatori edilizi a causarli: perché lo stesso, e a maggior ragione, non dovrebbe valere per le epidemie, quando si tratta di epidemie particolarmente sospette? L’epidemia del Covid-19 è molto sospetta: proprio poco prima del Capodanno cinese, proprio nella metropoli al centro della Cina (tra costa ed entroterra, tra Nord e Sud), proprio in un paese attaccato economicamente dagli Stati Uniti, che cercano di fermarne l’economia a ogni costo (disposti per questo a sacrificare la loro stessa crescita economica) e di gettare discredito sul suo governo.Ma procediamo con ordine e consideriamo i sette punti elencati precedentemente: movente, capacità, occasione, opportunità, precedenti, natura dell’evento e mentalità del sospettato. 1. Movente: Gli Stati Uniti hanno un ottimo movente per diffondere epidemie in Cina, dal momento che è evidente a tutti come cerchino in ogni modo di frenare la crescita economica cinese: ciò che non si ottiene coi dazi si ottiene con le epidemie. 2. Capacità: Gli Stati Uniti hanno la capacità di farlo: sono molti i laboratori statunitensi che sviluppano armi biologiche, per la semplice ragione che, in questo ambito, la linea tra ricerca scientifica e sviluppo militare è praticamente inconsistente. Inoltre la Cina è particolarmente vulnerabile, tanto nella realtà quanto nell’immaginario comune: gli Stati Uniti potrebbero far partire un’epidemia virtualmente da qualsiasi suo punto facendola sembrare “naturale”. 3. Occasione: L’occasione è perfetta per il diffondersi di un’epidemia: poco prima del Capodanno cinese, quando centinaia di milioni di persone viaggiano per incontrare i parenti; proprio nella più importante città della Cina centrale, da cui può diffondersi velocemente in tutta la Cina, ma non così velocemente all’estero (a differenza, ad esempio, di Shanghai).4. Opportunità: La crescita economica cinese è inarrestabile, nonostante i dazi, il partito è ben saldo al potere, nonostante le proteste di Hongkong e i documenti dello Xinjiang: solo un’epidemia è in grado di paralizzare la prima e gettare discredito, tanto all’interno (il concetto di “mandato celeste” è profondamente radicato nella mentalità cinese) quanto all’estero (eccitando, tra l’altro, la sinofobia: la russofobia del secolo), sul secondo. Far partire un’epidemia da Wuhan poi, dove c’è un laboratorio cinese che studia le armi biologiche, sarebbe un’ottima mossa, perché non solo distoglierebbe l’attenzione dal vero autore, ma causerebbe sfiducia verso la Repubblica Popolare. Infine la Cina, attraverso la globalizzazione e grazie alla crescita economica, sta cercando di costruire una propria sfera di influenza, a differenza degli Stati Uniti, che cercano invece di mantenere lo status quo: un attacco biologico è il modo più semplice, efficace e sicuro (non dà adito a ritorsioni) per far crollare miseramente il progetto delle Nuove vie della seta. È la forma più raffinata di isolazionismo: impone l’isolamento al paese colpito più che a sé.5. Precedenti: Pochi mesi prima è scoppiata in Cina una gravissima epizoozia di peste suina africana, la più grave di tutti i tempi, che ha comportato la morte, secondo il “Washington Post”, di 300 milioni di maiali: un danno economico enorme, paragonabile a una guerra. La peste suina africana è nota per essere un’efficiente arma biologica: simili epidemie si diffusero a Cuba negli anni ‘70 e in Russia tra gli anni ‘00 e i ‘10 di questo secolo (in entrambi i casi furono accusati, ma senza prove, gli Stati Uniti). Nel 2002 gli Stati Uniti iniziavano una guerra commerciale con la Cina, nel 2002 scoppiava l’epidemia della Sars; nel 2018 gli Stati Uniti iniziavano una guerra commerciale con la Cina, nel 2019 scoppiava l’epidemia del Covid-19. 6. Natura dell’evento: Il virus in questione è, potenzialmente, un’ottima arma biologica: sconosciuto, molto aggressivo, asintomatico nei primi giorni. Il fatto che non sia davvero letale non significa molto: le armi biologiche sono più utili ed efficaci come armi economiche che come armi di distruzione di massa.7. Mentalità del sospettato: Infine, consideriamo il pensiero strategico statunitense: è diffusa nella classe dirigente l’idea che, come tra l’egemone Sparta e l’emergente Atene, così il conflitto bellico tra gli egemoni Stati Uniti e l’emergente Repubblica Popolare sia inevitabile: la chiamano “trappola di Tucidide”. Ebbene, che cosa contribuì in modo determinante alla vittoria spartana? La peste ateniese, la cui causa Tucidide stesso riferisce che fu generalmente attribuita all’avvelenamento dei pozzi ateniesi da parte spartana. A qualche stratega statunitense si sarà accesa una lampadina leggendo quel passo. La guerra biologica è dunque la soluzione più facile, più efficiente e meno rischiosa a quella che la classe dirigente statunitense considera la sfida del secolo: perché dovrebbe rinunciarvi? Questo è il punto: non è importante sapere che sia davvero successo così (senza prove è addirittura sciocco chiederselo) né si tratta di demonizzare gli Stati Uniti (un attacco biologico è la scelta razionalmente migliore dal loro punto di vista), ma che uno Stato abbia interesse e capacità a diffondere epidemie negli altri territori.Questo è il problema da affrontare, in quanti umani, non in quanto statunitensi, italiani o cinesi. Se le cose stanno così, anche se questa volta si fosse trattato di un’epidemia “naturale”, che cosa impedirà che simili attacchi non avvengano in futuro? E poi, in caso di forti tensioni internazionali, che cosa impedirà alle epidemie o già solo alle epizoozie “naturali” di essere interpretate come attacchi biologici, causando guerre? Se il timore delle armi nucleari è stato finora garanzia di pace, quello delle armi biologiche potrebbe essere in futuro garanzia di guerra. Bisogna aggiungere un’ultima cosa, che ho notato non è ben chiara, essendo l’opinione pubblica del tutto ignorante in fatto di armi biologiche, oltre che eccessivamente terrorizzata: le armi biologiche al giorno d’oggi (a differenza di decenni fa: ai tempi di Hitler ad esempio) non sono più tanto una minaccia alla popolazione, poiché qualsiasi stato efficiente riesce a contenere con successo epidemie di qualsiasi genere, quanto invece armi economiche, poiché sono in grado di paralizzare un intero paese e di destabilizzarlo.Quindi non pensiate che un attacco biologico sia una cosa mostruosa e apocalittica, con milioni se non miliardi di morti in tutto il mondo: chi lancia tali attacchi, date le conoscenze scientifiche attuali, è praticamente sicuro che l’epidemia non colpirà davvero il suo paese, né andrà troppo oltre il paese colpito (il discorso è diverso per gli Stati poco efficienti, che possono essere facili vittime collaterali: ma di quelli né l’opinione pubblica né gli strateghi si interessano molto). Quanto poi al timore che la Cina possa rispondere con la stessa moneta: è irrealistico, dal momento che la globalizzazione è la via cinese al mondo: ad esempio, un’epidemia che dagli Stati Uniti si diffondesse in Africa sarebbe disastrosa per la Cina. Non è così invece per gli Stati Uniti. In conclusione: gli Stati Uniti cercano in ogni modo di paralizzare l’economia cinese, considerando una Prc prospera e globale la principale minaccia all’ordine statunitense del mondo (dunque agli Stati Uniti stessi, essendo così importante per il loro ordine interno l’egemonia globale): la storia sembra muoversi in questa direzione, contro ogni loro tentativo di opporvisi. È ragionevole pensare che chi è messo alle strette usi ogni arma a sua disposizione: la storia ce lo insegna.Dopotutto, se ci mettiamo dal loro punto di vista, un’epidemia in Cina oggi è pur sempre meglio di una guerra con la Cina (per Taiwan o per il controllo dei mari) fra trent’anni: e come dargli torto. Questa epidemia, insieme alla peste suina dell’anno scorso, è davvero provvidenziale e miracolosa per gli Stati Uniti: questo dovrebbe renderla a chiunque sospetta, dal momento che gli Stati Uniti possono causarla senza problemi. Qualcuno potrà chiedersi: ma se le cose stanno così, perché la Cina non sostiene questa tesi? La risposta è ovvia: nemmeno se avesse per assurdo le prove di un tale attacco, la Cina farebbe bene ad accusare gli Stati Uniti: la tensione internazionale (non solo tra Cina e Stati Uniti) diventerebbe insostenibile, e qualsiasi ulteriore epidemia potrebbe essere interpretata come atto di guerra; inoltre perché la Cina non è pronta alla guerra, soprattutto ora, e se il governo cinese muovesse tali accuse senza poi agire seriamente non darebbe, tanto agli occhi dei cinesi quanto all’estero, che una prova di debolezza. Chi non fosse convinto può leggere questi due articoli accademici, entrambi reperibili online, eviterà così di parlare a sproposito.(Gabriele Vietti, “Coronavirus, la bufala dell’antibufala”, articolo redatto dal “Gruppo Studio” dell’università di Torino. Vietti, studente di fisolofia, ha presento la ricerca a “ByoBlu”, nello studio di Claudio Messora. I due lavori citati dallo studente torinese sono i segenti: Grunow, Finke (German Armed Forces Medical Academy, Department of Studies and Sciences, Institute of Microbiology, Munich, Germany), A procedure for differentiating between the intentional release of biological warfare agents and natural outbreaks of disease: its use in analyzing the tularemia outbreak in Kosovo in 1999 and 2000, Clinical Microbiology and Infection vol. 8, 8, 510-521, 2002; Maj Noah, Ltc Sobel, Biological Warfare Training: Infectious Disease Outbreak Differentiation Criteria, Military Medicine vol. 163, 4, 198-201, 1998).Chi considera cospirazionista e inverosimile l’idea che l’epidemia del Covid-19 possa essere stata causata dagli Stati Uniti è un idiota che non sa quel che dice. Basteranno ai più testardi i due articoli accademici citati in fondo per dimostrarlo. Come possiamo distinguere un’epidemia “naturale” da un attacco biologico? Data la natura degli attacchi biologici, che normalmente non lasciano prove, stando alle prove, solitamente non possiamo: quindi è sciocco dire che, senza prove, è fantasiosa l’eventualità che si tratti di un attacco biologico. Come con gli incendi dolosi dobbiamo considerare i moventi, l’opportunità, la capacità, l’occasione, i precedenti, la natura dell’evento e la mentalità del sospettato, ma a maggior ragione, perché chi appicca un incendio lascia comunque molte più tracce del suo gesto. Quando avvengono degli incendi sospetti nessuno dice che è complottista affermare che potrebbero essere stati degli allevatori o degli speculatori edilizi a causarli: perché lo stesso, e a maggior ragione, non dovrebbe valere per le epidemie, quando si tratta di epidemie particolarmente sospette? L’epidemia del Covid-19 è molto sospetta: proprio poco prima del Capodanno cinese, proprio nella metropoli al centro della Cina (tra costa ed entroterra, tra Nord e Sud), proprio in un paese attaccato economicamente dagli Stati Uniti, che cercano di fermarne l’economia a ogni costo (disposti per questo a sacrificare la loro stessa crescita economica) e di gettare discredito sul suo governo.
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Usa-Cina, la guerra sporca del coronavirus. Le vittime: noi
Epidemia artificiale, virus da laboratorio appositamente coltivato: attacco alla Cina da parte degli Usa o, addirittura, mossa cinese per contagiare l’Occidente e “vaccinarsi”, in anticipo, da qualsiasi analoga minaccia occidentale? Tutte domande che Simone Galgano riassume in tre possibili scenari, per spiegare il boom del coronavirus, partito in sordina con la notizia del primo contagio a Wuhan, a fine 2019. Premessa geopolitica: gli Usa hanno messo la Cina nel mirino, accusandola di competere in modo sleale nel mercato globale (prodotti a basso costo, senza tutele per i lavoratori e per l’ambiente). Ma fu proprio l’élite del capitalismo occidentale ad affidare al Sud-Est Asiatico il ruolo di “manifattura del pianeta”, che poi i cinesi hanno interpretato alla perfezione. Il potere globalista sapeva benissimo che la delocalizzazione delle industrie avrebbe creato disoccupazione in Occidente, e che il nuovo turbo-capitalismo cinese (controllato dall’oligarchia comunista) avrebbe messo in crisi l’Europa e gli Stati Uniti, imponendo prezzi insostenibilmente bassi. Oggi la leadership Usa “si ricorda” improvvisamente che la Cina non è democratica.Per inciso: Pechino detiene una fetta rilevante del mostruoso debito estero statunitense, il maggiore del mondo (gli Usa consumano, ma il costo lo scaricano sui cinesi). Comodo, oggi, per il debitore insolvente, dichiarare guerra proprio alla Cina, il creditore: guerra ufficiale, con i dazi, e guerra segreta a colpi di virus? L’ipotetica “guerra batteriologica Usa” è il primo dei tre scenari esplorati da Galgano, sul blog “Maestro di Dietrologia”. La cronistoria è precisa. Nel 2017, proprio a Wuhan (l’avanzatissima Silicon Valley cinese) viene aggiornato un importante centro di ricerca di livello 4: oltre al personale cinese operano l’Oms, scienziati inglesi e americani. Obiettivo delle ricerche: un progetto condiviso per la salute pubblica mondiale. Il laboratorio esiste dal 2014, e nel 2015 viene brevettato un vaccino per un nuovo ceppo di coronavirus, molto più pericoloso dell’attuale, grazie anche agli ingenti fondi della Commissione Europea e della Fondazione Gates. A marzo 2019, il Canada invia un pacchetto di virus letale da studiare in caso di contagio a Wuhan. Operazione inizialmente segreta, poi desecretata dallo stesso governo cinese, preoccupato per la pericolosità della circolazione di tali agenti patogeni nel suo territorio.Il 18 ottobre del 2019, il Global Security Studies della John Hopkins University, di concerto con la Fondazione Gates, Bloomberg e il World Economic Forum, riunisce 15 leader mondiali (politici, economisti, filantropi, scienziati e militari) per simulare una pandemia partita ipoteticamente dal Brasile. Lo studio, chiamato Evento 201, riproduce virtualmente un’emergenza di 18 mesi per una pandemia globale, con 65 milioni di morti. Precisamente, l’Evento 201 simula lo scoppio di un coronavirus “zoonotico” che si trasmette da pipistrelli e maiali all’uomo, esattamente come nella spiegazione “scientifica” che ci hanno raccontato i media dopo i primi casi di contagio. Sempre a Wuhan, il 15 ottobre scorso, in occasione dell’evento Military World Games si registra una presenza massiccia di militari occidentali e funzionari del Pentagono, oltre che apparati di intelligence. «Ed è curioso – scrive Galgano – che due settimane dopo, proprio nella stessa città e dopo tutti i precedenti studi virologici e le simulazioni effettuate, sia nata la pandemia: il tempo di incubazione può variare entro un range di 15 giorni e, guarda caso, i primi casi ufficiali sono venuti fuori lo scorso inverno».Secondo la rivista “The Lancet”, il primo caso di infezione risale ipoteticamente al 1° dicembre, e la persona contagiata non si sarebbe mai recata al famoso mercato ittico di Wuhan. Il primo decesso ufficiale è invece dell’11 gennaio 2020. L’emergenza massima cade proprio durante il capodanno cinese, il 25 gennaio, con flussi migratori di centinaia di milioni di persone in viaggio dalle campagne alle città, a bordo di treni e aerei: quale migliore occasione per estendere il contagio? Negli Usa, il super-esperto Francis Boyle lo afferma candidamente, evitando di ricordare che nei laboratori militari di Wuhan non ci sono solo scienziati cinesi. «Il coronavirus è un’arma da guerra biologica creata in un laboratorio di Wuhan, e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ne è già a conoscenza», afferma Boyle in un’intervista video rilasciata al sito “Geopolitics and Empire”. Il professor Boyle, docente di diritto all’Università dell’Illinois, nel 1989 ha redatto il Biological Weapons Act, la legge antiterrorismo per le armi biologiche. Boyle sostiene che il coronavirus, «un’arma da guerra biologica potenzialmente letale», sarebbe «fuoriuscito da un laboratorio di massima sicurezza» di Wuhan.Il governo cinese avrebbe quindi inizialmente cercato di coprire il caso, mentre ora sta adottando misure drastiche per contenere l’epidemia. E visto che il laboratorio Bsl-4 di Wuhan è anche un centro di ricerca dell’Oms, secondo Boyle la stessa organizzazione sanitaria mondiale «non poteva non sapere». Galgano ricorda gli avvertimenti del genarale Fabio Mini, già dirigente Nato: la guerra batteriologica sarà una delle più insidiose, nel futuro. In un mondo fino a ieri traumatizzato dall’Isis, creatura terroristica “fabbricata” in provetta da settori dell’intelligence occidentale, perché escludere che gli stessi poteri occulti che hanno scatenato l’Isis possano ricorrere anche ad agenti patogeni per provocare epidemie letali? «Ci sono troppi investimenti e studi in joinventure con l’apparato militare, per non solleticare certe idee e per non testare e utilizzare tali strumenti», riflette Galgano. «Perché mai gli Usa e altri paesi del blocco occidentale non dovrebbero utilizzare, come armi, eventuali virus da tempo studiati», visto che «il Pentagono, la Nato, l’Oms e tutte le Fondazioni occidentali hanno speso migliaia di miliardi di dollari e fatto ingenti investimenti ovunque in questo settore strategico?».Nella peggiore delle ipotesi, il Covid-19 potrebbe rappresentare «la prima di una lunga serie di pandemie non casuali, un primo vero test di massa per studiare gli effetti su larga scala, non più solamente relegati alle simulazioni teoriche, comprendendo il grado di sostenibilità delle popolazioni e dei diversi governi colpiti dalla “cattiva sorte”». Servirebbe a «verificare sul campo il funzionamento delle quarantene, la reazione delle persone e di eventuali isterie di massa», e in più – fatto non secondario – favorirebbe «una vaccinazione di massa sempre più accettata», oltre a provocare, nel frattempo, ingenti danni collaterali, e cioè «diverse conseguenze negative dal punto di vista finanziario, militare e geopolitico». Una “piccola pandemia” sembra tragicamente funzionale: può destabilizzare l’economia del “rivale”, «senza innescare necessariamente una guerra militare, che forse non converrebbe a nessuno». Per i suoi ipotetici ideatori sarebbe addirittura «un male minore», secondo “Maestro di Dietrologia”, «proprio ora che la Cina stava primeggiando economicamente, proprio durante il capodanno cinese, proprio nella stessa città dove la Fondazione Gates e la “sovragestione” hanno investito e operato nei laboratori di ricerca di Wuhan».Attenzione, sono solo ipotesi: «Non ci sono prove documentabili, ad oggi, che possa essere una strategia voluta». Ci sono semmai «ottimi indizi», sicuramente più numerosi di quelli che depongono a favore della pura casualità, a cui sembrano invece credere i media. Sono gli stessi media che, peraltro – lo ricordano vari medici italiani intervistati da Claudio Messora su “ByoBlu” – stanno trattando il coronavirus come fosse la peste, scatenando il panico tra la popolazione in modo criminale e irresponsabile, data anche la bassissima pericolosità del virus in Italia, che a quanto pare minaccia seriamente solo gli individui anziani e già molto malati. Ma guai a fare ipotesi complottistiche: in televsione, Diego Fusaro è stato zittito (e insultato, come se fosse pazzo) per il solo fatto di aver ipotizzato, a rigor di logica, la possibilità di includere, tra le altre, anche l’eventuale origine dolosa. Su Twitter, Paolo Barbard mette a fuoco un altro indizio preoccupante: a svelare la correlazione tra uomo e pipistrelli, nella propagazione del virus, è stata l’università californiana di Berkeley, e l’ha fatto con uno studio finanziato – con largo anticipo sull’epidemia – proprio dalla Darpa, l’agenzia del Pentagono specializzata in armi sperimentali, biologiche e batteriologiche. Interpellati i diretti interessati, Barnard registra le risposte: «Duemila righe di email firmate da Jared Adams, responsabile della comunicazione della Darpa, e silenzio assoluto invece da parte di Cara Brook, la biologa responsabile della ricerca».Tutta colpa dei soliti “amerikani”, cioè del famigerato Deep State che, dopo aver assassinato i Kennedy e Martin Luther King, avrebbe organizzato l’auto-attentato dell’11 Settembre? Non è detto, osserva “Maestro di Dietrologia”: per Simone Galgano, c’è pure la possibilità che la Cina, ormai messa in stato di assedio dalla superpotenza atlantica, possa aver esibito «la prova di forza del Drago», auto-sabotandosi per dimostrare la sua capacità di resistenza, nel caso qualcuno pensasse davvero di sterminare i cinesi, altrimenti inarrestabili. Galgano la definisce un’eventualità non troppo remota: «La Cina mostrerebbe i muscoli, mettendo in campo una copertura sanitaria su larga scala difficilmente replicabile in altri paesi». Un paese che si presenta «più forte e unito che mai, dinnanzi a sciagure di qualsiasi natura». In pratica: «Sacrificando solo sul breve termine la sua economia», Pechino colpirebbe il business occidentale «puntando su un’economia autarchica, nazionalista, in netto contrasto con la globalizzazione vigente». Un avvertimento alla comunità internazionale: la Cina si salverebbe comunque, mentre a sprofondare saremmo noi. Beninteso: a partire dall’Africa, è in corso una guerra segreta, anche per il controllo delle materie prime.Da parte sua, Pechino non tollera il dissenso e non esita a schiacciare la protesta di Hong Kong. Sarebbe capace di attuare una simile strategia della tensione, tra lacrimogeni e virus, per cristallizzare il potere centrale? In questo – ed è il terzo scenario contemplato da Galgano – è impossibile non tenere conto delle Ur-Lodges, le potenti superlogge internazionali di cui parla Gioele Magaldi nel saggio “Massoni”, pubblicato da Chiarelettere nel 2014: si tratta di «un network di poteri transnazionali, composto da multinazionali di ogni settore strategico “senza patria”, da eserciti senza appartenenza nazionale, da poteri massonici, “magici” ed economici globalisti, che lavorano al di sopra delle entità statuali». Anche la Cina è coinvolta nelle sovragestioni supermassoniche. Reti elusive, che non agiscono per schemi rigidi: «Sono infinitamente più elastiche, non ideologiche. Mutano forma come camaleonti e la loro trasversalità determina la loro forza». In questa piramide di poteri, «ogni livello mette in atto le proprie strategie per soddisfare i suoi bisogni, e le due possibilità descritte precedentemente (una guerra batteriologica Usa e una prova di forza della Cina) possono in questo mondo essere valide entrambe e convivere come opzioni, senza contraddizioni sostanziali».Manipolazioni a catena: «Noi ingenuamente pensiamo che il potere si realizzi e finisca all’interno di Stati sovrani, ma quello è solo un nostro limite culturale e uno dei motivi per i quali viviamo ai piedi dell’oracolo», scrive Galgano. Questa, aggiunge, è «una sovragestione che necessita di abbeverarsi al capitalismo occidentale e di implementare nuove visioni orwelliane distopiche e dispotiche, che si nutre della medicalizzazione di massa e delle tecnologie pervasive di controllo strutturale, per governare i tempi della modernità dall’alto dei cieli, ad libitum». Dacci oggi il nostro virus quotidiano: «Perché dare limiti al potere quando, per definizione, esso non ha forma?». Lo stesso Magaldi ricorda che, nel 1981, le superlogge – soprattutto reazionarie, ma anche progressiste – firmarono lo storico patto “United Freemasons for Globalization”. Alla Cina di Deng Xiaoping – segretamente affiliato al club delle Ur-Lodges neoaristocratiche – fu permesso di entrare nel Wto, senza pretendere che il colosso asiatico si democratizzasse. Oggi, l’ala progressista della supermassoneria sovranazionale contesta questa scelta e pretende che Pechino cambi passo, aprendo alla democrazia. Simmetricamente, il fronte reazionario (rappresentato, al di là delle etichette, da politici “dem” come i Clinton) si intendeva benissimo, fino a ieri, con l’oligarchia cinese.Un equilibrio infranto ora dal protezionismo di Trump, che negli ultimissimi anni ha coagulato attorno a sé l’intera classe dirigente degli Usa, divenuta ostile alla Cina, come conferma un osservatore del calibro di Edward Luttwak. E’ la stessa Nancy Pelosi, boss del partito democratico e acerrima rivale di Trump, a sparare a man salva su Huawei, anche incorrendo in una gaffe clamorosa come quella segnalata da Massimo Mazzucco a “Contro Tv”, in collegamento con Giulietto Chiesa: la Pelosi ha ammesso di temere la tecnologia 5G made in China, proprio perché sa che il digitale (quando è di marca Usa) serve a controllare direttamente gli utenti, attraverso un poderoso spionaggio di massa. «C’è un grande conflitto in atto da diversi anni tra Usa e Cina, e uno dei tanti motivi oggi è rappresentato dal colosso Huawei per il controllo dell’etere globale», ribadisce Galgano. La conferenza sulla sicurezza di Monaco – aggiunge – è diventata l’arena di un nuovo scontro fra gli Usa di Trump e la Cina, che in questa occasione si è difesa sfoderando l’orgoglio socialista, all’insegna dello slogan “non ci fermerà nessuno”.Cuore del confronto, il veto americano su Huawei: «Un cavallo di Troia dei servizi cinesi», secondo il segretario di Stato americano Mike Pompeo, l’uomo che ha brindato all’uccisione in Iraq del leader iraniano Qasem Soleimani, alleato della Cina, assassinato dagli Usa in modo terroristico, con un missile. L’impero non scherza, se vede minacciati i suoi privilegi feudali: consentire a Huawei di installare la rete 5G in Europa «potrebbe arrivare a mettere a rischio la Nato», secondo il ministro della difesa Usa, Mark Esper. Il ministro degli esteri cinese Wang Yi replica senza mezzi termini: «Le accuse sulla Cina sono bugie. Negli Usa non si accetta l’idea del successo in uno Stato socialista, ma questo è ingiusto, i cinesi meritano una vita migliore». Aggiunge: «Nessuno potrà fermarci, la Cina uscirà più forte di prima dall’emergenza del coronavirus», che quindi – secondo Pechino – non comprometterà la crescita del gigante asiatico. «Non vogliamo conflitti con la Cina», dichiara Pompeo, che però avverte: Pechino deve smettere di esercitare pressioni «palesi e nascoste» su nazioni come Italia, Corea del Sud e Iran. «Tutti paesi – chiosa Galgano – curiosamentre tra i più colpiti da questo virus».Epidemia artificiale, virus da laboratorio appositamente coltivato: attacco alla Cina da parte degli Usa o, addirittura, mossa cinese per contagiare l’Occidente e “vaccinarsi”, in anticipo, da qualsiasi analoga minaccia occidentale? Tutte domande che Simone Galgano riassume in tre possibili scenari, per spiegare il boom del coronavirus, partito in sordina con la notizia del primo contagio a Wuhan, a fine 2019. Premessa geopolitica: gli Usa hanno messo la Cina nel mirino, accusandola di competere in modo sleale nel mercato globale (prodotti a basso costo, senza tutele per i lavoratori e per l’ambiente). Ma fu proprio l’élite del capitalismo occidentale ad affidare al Sud-Est Asiatico il ruolo di “manifattura del pianeta”, che poi i cinesi hanno interpretato alla perfezione. Il potere globalista sapeva benissimo che la delocalizzazione delle industrie avrebbe creato disoccupazione in Occidente, e che il nuovo turbo-capitalismo cinese (controllato dall’oligarchia comunista) avrebbe messo in crisi l’Europa e gli Stati Uniti, imponendo prezzi insostenibilmente bassi. Oggi la leadership Usa “si ricorda” improvvisamente che la Cina, non è democratica.