Archivio del Tag ‘Covid-19’
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Bizzi: fine dell’Operazione Corona, a partire dal 12 aprile
Contrordine, cari concittadini: niente più lockdown a Pasqua. Il clamoroso dietrofront di Angela Merkel, che si è scusata coi tedeschi («è stato un mio errore»), secondo Nicola Bizzi conferma quanto annunciato da lui stesso nelle scorse settimane. Ovvero: «Entro una data precisa – il 12 aprile – dovrà essere avviata, in modo vistoso, la de-escalation dell’emergenza Covid». Lo afferma lo storico fiorentino, editore di Aurora Boreale e co-autore del saggio “Operazione Corona, colpo di Stato globale”, nella trasmissione web-streaming “L’orizzonte degli eventi”, il 25 marzo. Una conferma l’ha offerta Gioele Magaldi, poche ore prima, nella diretta su YouTube “Massoneria On Air” condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights” sul tema del Grande Reset enunciato a Davos. «Non è certo casuale – ha sottolineato Magaldi – la data del 1° Maggio, serata in cui il Movimento Roosevelt compirà una “passeggiata” a Roma, in piazza Campo dei Fiori sotto la statua di Giordano Bruno, per festeggiare – ci auguriamo – anche la fine del coprifuoco». Magaldi lo definisce «una misura di guerra, vergognosamente adottata in tempo di pace per alimentare in modo subdolo il clima di “terrore sanitario” che si è impossessato del paese a partire dal primo folle lockdown varato nella primavera 2020 da Giuseppe Conte».Colpo di Stato globale? Esattamente, risponde Bizzi. Che cita uno degli autori di “Operazione Corona”, l’esperto finanziario Andrea Cecchi. «Nell’autunno 2019 – riassume Cecchi – il sistema stava letteralmente per esplodere, a causa della crisi dei Repo, le compensazioni interbancarie: la bolla finanziaria (derivati e titoli di Stato) era tale, che tutte le banche rischiavano di saltare per aria, da un giorno all’altro, non essendovi più liquidità per sostenere il debito speculativo a catena». Unica possibile soluzione: l’emissione “oceanica” di miliardi, da parte delle banche centrali: un evento senza precedenti, nella storia. Seriva però un alibi altrettanto “storico”: per esempio una crisi mondiale pilotata, innescabile solo attraverso una pandemia. Cecchi mette in fila due momenti fondamentali: a giugno 2019, la Banca dei Regolamenti Internazionali (Bri) lanciò l’allarme sistemico. Tradotto: sta per crollare l’intero sistema finanziario del pianeta. A ottobre, ecco l’Event 201: viene effettuata la spettacolare simulazione di un evento pandemico capace di paralizzare il mondo, causato da un virus altamente contagioso ma a bassa letalità.Poco dopo, ecco il coronavirus di Wuhan e il lockdown della Cina: per la prima volta nella storia, i cittadini vengono tutti rinchiusi in casa. «Obiettivo immediato dell’operazione: abbattere la domanda e in particolare la richiesta di prestiti. A questo serviva il blocco dell’economia – sostiene Cecchi – in attesa che poi si passasse alla fase due, cioè l’emissione di fiumi di denaro (da parte delle banche centrali) con l’alibi della crisi pandemica». Come dire: non possiamo più lesinare la moneta, dobbiamo “produrla” – a costo zero – senza limiti, e subito. Fece scalpore, in questo senso, l’intervento di Mario Draghi sul “Financial Times” a marzo 2020: agire «come in guerra», inondando di soldi gli Stati, le aziende e le famiglie. Un compito interpretato con tempestività, in Europa, da Christine Lagarde: la Bce ha smentito la sua stessa storia, tenendo in piedi paesi come l’Italia con l’acquisto di Btp per decine di miliardi di euro, senza più badare ai guardiani (tedeschi) dell’austerity. Tutto bene? Sì, se questo serviva a evitare il peggio. Il risvolto è meno nobile, secondo questa lettura: l’intera operazione di monetazione straordinaria sarebbe servita in primis a salvare la finanza, usando come alibi una “pandemia” gonfiata ad arte.E adesso chi si sta adoperando per “sgonfiarla”, a partire dal 12 aprile 2021? Dice Nicola Bizzi: sono esattamente quei soggetti finanziari che ormai si sentono al sicuro: la grande paura del virus, infatti, non “serve” più. Bizzi fa un nome di enorme peso (i Rothschild) e ricorda – sul piano visibile, geopolitico -il ruolo decisivo giocato dalla Russia di Putin: col suo vaccino Sputnik («che è un antinfluenzale») ha di fatto “smontato” il teatro politico-mediatico del terrore, portandosi dietro oltre metà del mondo, dall’India al Sudamerica. «La stessa Cina, che è stata utilizzata per far partire “l’Operazione Corona”, cioè l’epidemia di Wuhan, il grande terrore e la pratica sistematica del lockdown, adesso non vede l’ora di chiudere la partita». Bizzi ricorda il ruolo dell’Italia di Conte: «E’ stato il primo paese occidentale ad applicare la ricetta della dittatura cinese, facendo da apripista per gli altri Stati democratici».Nicola Bizzi vede la mano di Putin anche nella resistenza della Bielorussia, il cui presidente (Alexandr Lukashenko) denunciò di aver subito pressioni dall’Oms e dal Fmi, con offerte miliardarie, per fare il lockdown «come in Italia». In Russia, l’emergenza è finita da tempo: abolito ogni obbligo di distanziamento. «E attenti, la campagna vaccinale sta per essere smobilitata: è clamoroso che i grandi media si siano permessi apertamente di parlare delle reazioni avverse causate dal “vaccino” AstraZeneca, e paesi come la Polonia stanno già sbaraccando i loro centri vaccinali». Per Bizzi, si tratta di un copione preciso: «A fine 2020, nel grande potere, la cordata vincente (finanziaria) ha imposto ai “falchi” di Big Pharma la seguente soluzione: entro il 12 aprile 2021 si sarebbero impegnati a rendere visibile la retromarcia. Per “premio”, non sarebbero stati processati per i loro crimini». Ed è quanto sta avvenendo, assicura Bizzi: «Se davvero il “partito del lockdown” farà dietrofront da metà aprile, non ci sarà nessun Processo di Norimberga per l’abominio che è stato appena commesso, su scala planetaria».Inquietante, sotto questo aspetto, il voltafaccia dell’ex regina d’Europa: la Merkel ha prima annunciato il più severo dei lockdown in occasione delle festività pasquali, e poi – poche ore dopo – si è rimangiata tutto, chiedendo scusa ai tedeschi. E’ l’indizio più evidente del clamoroso terremoto di cui parla Bizzi? «Diciamo che si tratta di ipotesi ben circostanziate, fondate su informazioni precise che provengono dal mondo dell’intelligence, e non solo». Aggiunge Bizzi: da settimane, le agenzie di rating – megafono di Wall Street – annunciano la fine dell’emergenza pandemica entro aprile, con la forte ripresa di settori come il turismo e l’immobiliare. In questa gigantesca farsa – dice Bizzi – i “non-vaccini” in distribuzione (preparati genici sperimentali) verranno usati dal mainstream per giustificare l’allentamento delle restrizioni e la loro veloce scomparsa. In questa partita, più finanziaria che sanitaria – chiosa Bizzi – si era inserito anche un progetto allucinante, quello di chi mirava al “depopolamento” del pianeta attraverso l’inoculo di sostanze pericolose: ma quel progetto è tecnicamente fallito, per nostra fortuna. «Un consiglio? Intanto, evitare quei “vaccini”, che veri vaccini non sono». Se il quadro sarà confermato, del Covid non sentiremo parlare più: doveva servire essenzialmente a stampare miliardi? Bene: missione compiuta.Contrordine, cari concittadini: niente più lockdown a Pasqua. Il clamoroso dietrofront di Angela Merkel, che si è scusata coi tedeschi («è stato un mio errore»), secondo Nicola Bizzi conferma quanto annunciato da lui stesso nelle scorse settimane. Ovvero: «Entro una data precisa – il 12 aprile – dovrà essere avviata, in modo vistoso, la de-escalation dell’emergenza Covid». Lo afferma lo storico fiorentino, editore di Aurora Boreale e co-autore del saggio “Operazione Corona, colpo di Stato globale”, nella trasmissione web-streaming “L’orizzonte degli eventi“, il 25 marzo. Una conferma l’ha offerta Gioele Magaldi, poche ore prima, nella diretta su YouTube “Massoneria On Air” condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights” sul tema del Grande Reset enunciato a Davos. «Non è certo casuale – ha sottolineato Magaldi – la data del 1° Maggio, serata in cui il Movimento Roosevelt compirà una “passeggiata” a Roma, in piazza Campo dei Fiori sotto la statua di Giordano Bruno, per festeggiare – ci auguriamo – anche la fine del coprifuoco». Magaldi lo definisce «una misura di guerra, vergognosamente adottata in tempo di pace per alimentare in modo subdolo il clima di “terrore sanitario” che si è impossessato del paese a partire dal primo folle lockdown varato nella primavera 2020 da Giuseppe Conte».
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Tutti hanno un vaccino, tranne l’Ue: deficit incredibile
Londra ha ottenuto l’obiettivo a cui puntava, l’immunità di gregge nel 2021. Mentre l’Europa non ce la farà. Il meccanismo di controllo dell’export non funzionerà: perché l’Ue, non avendo un proprio vaccino, non può tirare troppo la corda. Ma anche perché alcune componenti degli altri vaccini approvati in Europa sono prodotti in Gran Bretagna. “Supply chain” così frammentate e geograficamente disperse, a volte a cavallo di mezza dozzina di paesi, non si prestano a guerre commerciali da cui perderebbero tutti. Dunque, ha vinto Londra. Gli inglesi si sono semplicemente dimostrati più bravi dell’Europa a sfruttare il libero mercato a beneficio dei loro interessi. Questa è da secoli, d’altronde, una loro prerogativa politica. Non li sfiderei sul loro terreno. L’Unione Europea? Ha sbagliato a non cercare di produrre un proprio vaccino. Che i singoli paesi europei da soli possano non essere capaci, lo capisco. Ma che l’India, la Cina, la Russia o persino Cuba abbiano un proprio vaccino e l’Ue no, è davvero paradossale. Credo che sia una dimostrazione dell’alto livello di disfunzionalità del sistema europeo.
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Lockdown, medioevo nel 2021: i terrapiattisti del Covid
Uscire dal medioevo: lo chiedeva (in modo “gridato”) un giornalista come Paolo Barnard, co-fondatore di “Report”, almeno dieci anni fa. Nel saggio “Il più grande crimine”, denunciava il carattere neo-feudale dell’élite eurocratica ordoliberista, capace di coniugare neoliberismo economico e autoritarismo politico-sociale nell’adesione fanatica al dogma mercantilista dell’economia “neoclassica”, tra i fantasmi settecenteschi di David Ricardo (prima produco, poi risparmio: senza possibilità di investire a monte, scommettendo sull’economia), come se il denaro fosse ancora un bene materiale e limitato, paragonabile alle materie prime e ai prodotti agricoli come il grano. Al centro della polemica innescata da Barnard campeggiava la grande menzogna sulla “scarsità di moneta”, utilizzata (ormai in tempi di valuta “fiat”, virtualmente illimitata e a costo zero) da un oligopolio privatistico, pronto a imporre l’austerity per ottenere la più grande retrocessione sociale di massa della storia moderna: il debito pubblico come colpa e come handicap, non più interpretato in modo keynesiano come leva strategica destinata a produrre benessere diffuso attraverso investimenti lungimiranti.
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Sapelli: Draghi contro Merkel, verso un’Ue democratica
Mario Draghi contro Angela Merkel: la contesa di oggi è sui vaccini, ma lo sfondo investe la governance europea a guida tedesca, che ha quasi schiantato l’Italia e fatto scappare la Gran Bretagna. Lo sostiene Giulio Sapelli, storico dell’economia, intervistato da Fabio Carioti per “Libero”. «Peggio di come siamo adesso non si può stare», dice Sapelli. «Dobbiamo batterci non per uscire dalla Ue o dall’euro, ma per introdurre una Costituzione Europea al posto dei trattati attuali. Serve uno Stato di diritto nel quale non comandi più un’unica nazione e dove, anche se una nazione è più forte delle altre, la sua forza sia temperata dalla legge». In fondo, lascia intendere Sapelli, la missione di Draghi – oggi fortemente avversato da Berlino – è proprio questa: impedire il collasso dell’Italia, impostando una “ripartenza” che neutralizzi l’ordoliberismo tedesco, che ha trasformato l’Ue in un grande feudo depresso, senza democrazia, dove si vive malissimo. Lo si è visto anche con il disastro-vaccini: «La guerra fatta al vaccino inglese AstraZeneca la spiego con la grave cecità della Merkel: mi ricorda la guerra della Prussia contro l’Inghilterra, con la differenza che la Merkel non è Bismarck».L’Europa, dice Sapelli, dovrebbe avere tutto l’interesse a mantenere ottime relazioni con l’Inghilterra, «madre di ogni democrazia e Stato più civile e giuridicamente più evoluto di tutti». Per il professore, alla Ue gli inglesi «hanno dato solo cose positive, come certe ottime regole per la governance delle imprese che noi abbiamo applicato male». Angela Merkel? «Non ha saputo sfruttare i vaccini e va verso una sconfitta storica, che in parte già abbiamo visto». Scandisce Sapelli: «La cancelliera si disvela per ciò che è: una politica che ha fatto solo tattica e non ha mai avuto una strategia». E spiega: «Quando vedi il modo in cui si comporta la Merkel con l’Inghilterra, capisci la differenza che c’è tra una potenza marittima come quella inglese, che come tale ha un futuro, e una potenza di terra come la Germania, che senza la guerra non ha futuro. Alla cecità della Merkel, poi, si è unito il tradizionale astio dei francesi verso gli inglesi». E noi? «L’Italia è una potenza di nulla, il problema è proprio questo. Per collocazione dovremmo essere una potenza talassocratica, però non ci siamo mai riconosciuti come tale. Abbiamo preteso di essere una potenza di terra stando in mezzo al mare: una storia tragica».Però la storia la fanno anche gli individui, sottolinea Sapelli. Ed ecco Mario Draghi: «E’ un politico, non un tecnico. Un fine politico non eletto, figura di cui è ricca la storia mondiale. È un uomo che quando si è laureato è andato negli Stati Uniti, e lì è diventato il pontiere tra Washington e Roma: ottima cosa, per noi». Sapelli definisce Draghi un uomo di mediazione: «Sa che i partiti non ci sono più, ma il Parlamento c’è ancora, e quindi lui deve trovare il modo di far passare le proprie leggi: anche attraverso un’attenta applicazione del manuale Cencelli, se serve». È normale che un “fine politico non eletto” arrivi alla guida del governo? «L’Italia non ha più uno Stato di diritto», sostiene Sapelli. «Dopo la legge Bassanini del 1997 e la riforma del titolo V della Costituzione nel 2001, tra Stato e Regioni non si sa più a chi appartengano le competenze. Si aggiunga che un ordinamento come la magistratura è diventato un vero e proprio potere, e si capisce perché la Costituzione italiana non funziona più. Questa situazione permette che emergano persone competenti, che conoscono lo Stato, o meglio ciò che ne rimane».Se anche Fratelli d’Italia fosse entrata nella maggioranza, secondo il professore, sarebbe stato il segno decisivo che ciò che rimane dell’Italia è unito. «Perché qui corriamo il pericolo di tornare ai livelli di prodotto interno lordo che avevamo prima del 2000. Stiamo sprofondando nell’ultimo decennio del Novecento: nel Mezzogiorno già è così». Sprofonda anche l’Unione Europea di Ursula von der Leyen, bocciata alla prima prova decisiva. «Ho conosciuto suo padre, Ernst Albrecht: grande intellettuale protestante», racconta Sapelli. «Fu direttore generale della Commissione Europea, e questo dice molto anche sulla famosa tecnocrazia, fatta di famiglie dove il potere si trasmette per via ereditaria. Però lei non è assolutamente all’altezza del compito, come non lo è questo Armin Laschet, diventato nuovo presidente della Cdu. È l’ennesima prova che la Merkel è di una povertà intellettuale e politica sconcertante: è il filisteismo tedesco fatto persona». Sapelli critica i contratti firmati dalla Commissione Europea con AstraZeneca: «Nemmeno uno studente che deve dare l’esame di diritto privato avrebbe fatto una cosa del genere: il confronto con i contratti preparati dagli inglesi è imbarazzante».Nel Regno Unito, sintetizza il professore, c’è la “common law”, che si basa su un’antropologia positiva: fai, intraprendi, e i controlli dello Stato verranno dopo. «Dietro al diritto romano e germanico (e al codice napoleonico) c’è invece un’antropologia negativa: prima lo Stato, poi il cittadino. Così, i contratti della Ue non si preoccupano di fare arrivare prima i vaccini, ma di spendere meno ed evitare la corruzione: una follia. Siamo in mano a persone irresponsabili». Il grande colpevole? Berlino. «Peggio della leadership tedesca non può esserci nulla. Non facciamoci paralizzare da questa questione: è come se gli antifascisti si fossero rifiutati di combattere il fascismo perché la caduta del fascismo avrebbe aperto le porte al disordine». Per Sapelli, «è tempo di un nuovo Quarantotto europeo». Una rivoluzione come quella del Risorgimento, per dare all’Ue uno statuto finalmente democratico. «O si fa così, o ci sarà una lunghissima crisi di cui pagheranno il prezzo i poveri, i piccoli imprenditori, gli artigiani, i precari, le classi medie. Un’agonia senza fine, ecco qual è l’alternativa».Mario Draghi contro Angela Merkel: la contesa di oggi è sui vaccini, ma lo sfondo investe la governance europea a guida tedesca, che ha quasi schiantato l’Italia e fatto scappare la Gran Bretagna. Lo sostiene Giulio Sapelli, storico dell’economia, intervistato da Fabio Carioti per “Libero“. «Peggio di come siamo adesso non si può stare», dice Sapelli. «Dobbiamo batterci non per uscire dalla Ue o dall’euro, ma per introdurre una Costituzione Europea al posto dei trattati attuali. Serve uno Stato di diritto nel quale non comandi più un’unica nazione e dove, anche se una nazione è più forte delle altre, la sua forza sia temperata dalla legge». In fondo, lascia intendere Sapelli, la missione di Draghi – oggi fortemente avversato da Berlino – è proprio questa: impedire il collasso dell’Italia, impostando una “ripartenza” che neutralizzi l’ordoliberismo tedesco, che ha trasformato l’Ue in un grande feudo depresso, senza democrazia, dove si vive malissimo. Lo si è visto anche con il disastro-vaccini: «La guerra fatta al vaccino inglese AstraZeneca la spiego con la grave cecità della Merkel: mi ricorda la guerra della Prussia contro l’Inghilterra, con la differenza che la Merkel non è Bismarck».
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Covid, svolta: Piemonte, protocollo per guarire da casa
Il Piemonte rompe gli schemi: dal Covid si può guarire a casa, senza essere ricoverati. Prima in Italia, la Regione guidata da Alberto Cirio ha modificato il protocollo per la presa in carico a domicilio dei pazienti Covid: ora verrà effettuata dai medici di famiglia con l’appoggio delle Usca, speciali unità sanitarie territoriali. «Una svolta che, secondo diversi esperti, rappresenta il primo, imprescindibile passo verso il contrasto dell’emergenza sanitaria», sottolinea “Qui Finanza”. «A cambiare infatti è proprio il paradigma: non è più immaginabile (come non lo è mai stato: ci è voluto un anno, per arrivarci) che la malattia da Covid-19 venga affrontata nei reparti ospedalieri. Per chi arriva in ospedale spesso è troppo tardi. Il coronavirus va combattuto e gestito sin da subito a casa, all’insorgere dei primissimi sintomi: questa la strada». Stop quindi a Tachipirina e “vigile attesa”. Lo scorso dicembre, l’Aifa aveva pubblicato un documento nel quale raccomandava proprio il semplice paracetamolo per i pazienti Covid “lievi”, ancora a casa: spesso, significa lasciare che il malato si aggravi.A questa decisione, ricorda “Qui Finanza”, si è opposto il “Comitato Cura Domiciliare Covid-19” guidato da Erich Grimaldi e Valentina Piraino, entrambi avvocati, che hanno presentato istanza cautelare – vincendola – contro il ministero della salute e l’Aifa, per la libertà di scelta sui farmaci da adottare nella terapia. «Il Tar ha dunque dato ragione al gruppo di medici “dissidenti”, aprendo un vero e proprio squarcio, anche concettuale, sulle terapie domiciliari». Ora il Piemonte raccoglie questo prezioso testimone e va oltre. «Siamo convinti, perché lo abbiamo riscontrato sul campo fin dalla prima ondata, che in molti casi il virus si possa combattere molto efficacemente curando i pazienti a casa», spiega l’assessore regionale alla sanità, il leghista Luigi Icardi. «Non vuol dire limitarsi a prescrivere paracetamolo per telefono e restare in “vigile attesa”» (del peggioramento), ma «prendere in carico i pazienti a domicilio». Finalmente.L’obiettivo è chiaro: affrontare il Covid prima che il paziente possa aggravarsi, se lasciato senza cure, e al tempo stesso evitare che i ricoveri e le degenze prolungate (oltre l’effettiva necessità clinica dei pazienti che possono essere curati a domicilio) determinino una consistente occupazione di posti letto e l’impossibilità di erogare assistenza a chi si trova in condizioni più gravi e con altre patologie di maggiore complessità. Ed ecco allora la “rivoluzione” introdotta dal Piemonte: accanto a eparina, steroidi e antibiotici, la Regione guidata da Alberto Cirio introduce per la prima volta in Italia la vitamina D, insieme ai farmaci antinfiammatori non steroidei e all’idrossiclorochina. «Quest’ultima, dopo che il Consiglio di Stato ne ha consentito la prescrizione sotto precisa responsabilità e dietro stretto controllo del medico», precisa sempre “Qui Finanza”. «In più, come delineato da Icardi, si prevede la possibilità di attivare “ambulatori Usca” per gli accertamenti diagnostici altrimenti non eseguibili o difficilmente eseguibili al domicilio, ottimizzando così le risorse professionali e materiali disponibili».Questi ambulatori «sono pensati per consentire il controllo dei pazienti a cadenza regolare e offrire prestazioni adeguate per una diagnosi e una gestione più appropriata della malattia». In questi luoghi «si potranno eseguire visite mediche, prelievi di sangue, consegne e ritiro urine per esame completo», ma anche «monitoraggi della saturazione ed eventuale emogasanalisi, elettrocardiogrammi, ecografie toraciche, tamponi naso-faringei per test molecolari e antigenici, attivazioni di percorsi preferenziali con invio diretto in radiologia per eseguire radiografie e Tac al torace». Alle Usca è previsto anche l’affiancamento di un servizio psicologico, svolto da remoto, utilizzando le postazioni di telemedicina attivate in sede distrettuale e costituito da colloqui in videochiamata con il paziente e il nucleo familiare.Si tratta di una vera e propria rivoluzione, virtualmente contagiosa: non a caso, la Lombardia ha richiesto contatti con il Piemonte per valutare anche sul suo territorio l’estensione del protocollo domiciliare. Tra i protagonisti della svolta si segnala il professor Pietro Luigi Garavelli, infettivologo e primario all’Ospedale Maggiore di Novara, tra i primi in Italia a segnalare l’efficacia delle cure precoci, da prescrivere nelle prime fasi della malattia. Obiettivo: intervenire in modo tempestivo, scongiurando l’aggravarsi del paziente. Conseguenze: elevate possibilità di guarigione, nella maggior parte dei casi, evitando il ricovero. Tradotto: significa tagliare in modo drastico i numeri dell’emergenza, eliminando il preoccupante affollamento dei reparti ospedalieri. Uno “spettacolo” prolungatosi per un anno intero, in cui i malati sono stati “dimenticati” a casa per giorni, senza terapie, lasciando che loro condizioni si aggravassero. Spesso, infatti, gli insuccessi ospedalieri sono dipesi dal ritardo nelle terapie: malati ricoverati quando ormai le loro condizioni erano seriamente compromesse. Scandalosa, in questo, la latitanza delle autorità sanitarie nazionali.Colpisce, nel caso piemontese, anche il ricorso alla vitamina D, raccomandato già un anno fa dai migliori medici, spesso sbeffeggiati dai virologi “televisivi”. «A inizio pandemia proprio l’Accademia di Medicina di Torino aveva istituito un gruppo di lavoro, coordinato dal presidente Giancarlo Isaia, professore di geriatria, e da Antonio D’Avolio, professore di farmacologia all’università di Torino, composto da 61 medici di diverse città italiane con l’intento di fornire un contributo e un supporto scientifico alle istituzioni». Già mesi fa, scrive “Qui Finanza”, il gruppo aveva elaborato un documento inviato alle autorità sanitarie nazionali e regionali «ma per lo più inascoltato», che riporta «le più recenti e convincenti evidenze scientifiche sugli effetti positivi della vitamina D, sia nella prevenzione che nelle complicanze del coronavirus». Della vitamina D, infatti, «sono noti da tempo gli effetti sulla risposta immunitaria, sia innata che adattiva». Oggi è possibile reperire su “PubMed” almeno 300 lavori, editi nel 2020, che trattano il legame tra Covid-19 e vitamina D, che hanno confermato «la presenza di ipovitaminosi D nella maggioranza dei pazienti affetti da Covid, soprattutto se in forma severa, e di una più elevata mortalità ad essa associata».Da qui il suggerimento di intervenire con la somministrazione della vitamina D «soprattutto nella popolazione anziana, che in Italia ne è in larga misura carente». Proprio come ha fatto il premier inglese Boris Johnson in Gran Bretagna. Come spiega l’Accademia di Medicina nel suo documento, in uno studio osservazionale di 6 settimane su 154 pazienti, la prevalenza di soggetti con scarsa vitamina D è risultata del 31,86% negli asintomatici e del 96,82% in quelli che sono stati poi ricoverati in terapia intensiva. In uno studio randomizzato su 76 pazienti oligosintomatici, la percentuale di soggetti per i quali è stato necessario, successivamente, il ricovero in terapia intensiva è stata del 2% se trattati con dosi elevate di calcifediolo e del 50% nei pazienti non trattati. In 77 soggetti anziani ospedalizzati per Covid, la probabilità di sopravvivenza alla malattia è risultata «significativamente correlata con la somministrazione di colecalciferolo». Dunque, ora si cambia: dopo un anno di inerzia e centomila morti. Un fallimento catastrofico, a cui il Piemonte – prima Regione italiana – si incarica di rimediare, facendo da apripista. Crolla un tabù: dal Covid si può (e si deve) guarire restando a casa, senza più finire all’ospedale.Il Piemonte rompe gli schemi: dal Covid si può guarire a casa, senza essere ricoverati. Prima in Italia, la Regione guidata da Alberto Cirio ha modificato il protocollo per la presa in carico a domicilio dei pazienti Covid: ora verrà effettuata dai medici di famiglia con l’appoggio delle Usca, speciali unità sanitarie territoriali. «Una svolta che, secondo diversi esperti, rappresenta il primo, imprescindibile passo verso il contrasto dell’emergenza sanitaria», sottolinea “Qui Finanza“. «A cambiare infatti è proprio il paradigma: non è più immaginabile (come non lo è mai stato: ci è voluto un anno, per arrivarci) che la malattia da Covid-19 venga affrontata nei reparti ospedalieri. Per chi arriva in ospedale spesso è troppo tardi. Il coronavirus va combattuto e gestito sin da subito a casa, all’insorgere dei primissimi sintomi: questa la strada». Stop quindi a Tachipirina e “vigile attesa”. Lo scorso dicembre, l’Aifa aveva pubblicato un documento nel quale raccomandava proprio il semplice paracetamolo per i pazienti Covid “lievi”, ancora a casa: spesso, significa lasciare che il malato si aggravi.
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Magaldi avverte Speranza: riapra l’Italia, o sarà cacciato
«Caro Speranza, noi quest’estate te la renderemo calda: ti ci brucerai il culo, tu e tutti quelli che hanno in mente di farci ancora penare con la colorazione delle Regioni». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, avvisa il titolare del dicastero della sanità, che definisce «ministro per sbaglio», sopravvissuto alla tetra stagione di Giuseppe Conte. «Di Speranza non mi è piaciuto un accento: ha parlato di un’estate in cui staremo meglio, ma dovremo comunque mantenere le zone a colori». Esponente italiano del circuito massonico sovranazionale di segno progressista, Magaldi scandisce: «Credo che Speranza farà bene a fermarsi in tempo, se non vuole essere tra quelli che, alla fine, saranno liquidati con un bel calcio nel sedere». Magaldi è tra quanti hanno propiziato la nascita del nuovo esecutivo, «guidato da un Mario Draghi che – a dispetto della sua storia di privatizzatore e guardiano dell’austeriy – da oltre un anno ha capovolto la sua posizione, tornando ai lidi post-keynesiani». Ovvero: in tempi di crisi, lo Stato non può badare al risparmio.«Intanto – premette il presidente del Movimento Roosevelt – ringrazio Mario Draghi perché, quanto meno, ha resistito fino in fondo alla tentazione del lockdown generale: in questi giorni le strade di Roma, pur essendo “zona rossa” (un’idiozia, per la quale alla fine a pagare sono solo i ristoratori) erano gremite di gente: cosa impensabile, un anno fa, con Conte». Aggiunge Magaldi: «Riconosco a Draghi di aver tenuto duro, pur nell’asservimento psicologico a un paradigma che non è il mio». Sulla politica anti-Covid, il leader “rooseveltiano” ha le idee chiare: «La restrizione insopportabile dei diritti civili non serviva, per combattere l’epidemia». Autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere, 2014), il leader “rooseveltiano” avrebbe preferito “lasciar correre” il virus, verso l’immunità di gregge, limitandosi a proteggere anziani, malati e ipocondriaci. «Ormai lo confermano studi autorevoli: il lockdown è inutile. In più, ormai disponiamo di terapie efficaci».La via maestra consiste nel predisporre un protocollo nazionale per cure precoci, domiciliari, che avrebbero l’effetto di ridimensionare l’emergenza, facendo crollare il numero dei ricoveri. Un approdo al quale Draghi non è ancora pervenuto, preferendo ricorrere alla campagna vaccinale, ma Magaldi non esclude che, col tempo, il “cambio di paradigma” possa finalmente prevalere. Per ora, comunque, applausi a Draghi sul fronte economico: «Riconosco la volontà del suo incipit governativo, con la dichiarazione sui soldi che devono essere dati, e non chiesti, agli italiani: è una cosa inedita, esprimersi in modo così coraggioso, per un governante che ha addosso gli occhi della comunità internazionale». Magaldi si dichiara «moderatamente ottimista» anche sul fronte Covid, e spiega: «Credo che le posizioni terroristiche e apocalittiche dei fautori del lockdown siano state comunque arginate e tacitate».Intanto, però, Magaldi avverte l’esecutivo Draghi: «Attenzione, dopo il 1° Maggio non tollereremo più le eventuali restrizioni ancora in vigore». Una promessa: «Come già lo scorso 17 febbraio, la Milizia Rooseveltiana tornerà a “passeggiare” in piazza Campo dei Fiori, a Roma: se la gente non sarà ancora stata messa in condizioni di tornare lavorare, e se non saremo tutti liberati (se non si ripristinerà la libertà di circolazione, come la Costituzione pretende) noi da quel giorno scenderemo in piazza in modo continuo e sistematico, fino a quando questa storia non sarà finita». Secondo Magaldi, «si sta comunque andando verso un ampliamento della comprensione, da parte di questo governo, di ciò che andrà sempre più cambiato». Sicché, «molta gente sta per essere messa in panchina, e altra ci finirà». Il primo della lista, sottinteso, è proprio Roberto Speranza.«Caro Speranza, noi quest’estate te la renderemo calda: ti ci brucerai il culo, tu e tutti quelli che hanno in mente di farci ancora penare con la colorazione delle Regioni». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, avvisa il titolare del dicastero della sanità, che definisce «ministro per sbaglio», sopravvissuto alla tetra stagione di Giuseppe Conte. «Di Speranza non mi è piaciuto un accento: ha parlato di un’estate in cui staremo meglio, ma dovremo comunque mantenere le zone a colori». Esponente italiano del circuito massonico sovranazionale di segno progressista, Magaldi scandisce: «Credo che Speranza farà bene a fermarsi in tempo, se non vuole essere tra quelli che, alla fine, saranno liquidati con un bel calcio nel sedere». Magaldi è tra quanti hanno propiziato la nascita del nuovo esecutivo, «guidato da un Mario Draghi che – a dispetto della sua storia di privatizzatore e guardiano dell’austeriy – da oltre un anno ha capovolto la sua posizione, tornando ai lidi post-keynesiani». Ovvero: in tempi di crisi, lo Stato non può badare al risparmio.
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Bizzi: la farsa-Covid è finita, grazie a Putin e ai Rothschild
Qualcosa è cambiato, dopo un anno di bugie e sofferenze? Sembrerebbe di sì: persino il massimo portavoce degli spaventapasseri-Covid, cioè il catastrofico Roberto Speranza, ha stranamente annunciato l’imminente uscita graduale dal tunnel, nel corso della primavera, in vista di un’estate finalmente quasi normale. Facile la spiegazione di comodo offerta dal ministro-carceriere: i vaccini garantiranno l’immunità di massa, dopo che i lockdown hanno limitato i danni. Falsità visibili dalla Luna: l’Italia delle zone rosse ha collezionato centomila morti (dichiarati, almeno). E gli attuali non-vaccini (cioè i preparati genici che inseguono le varianti del coronavirus) non riusciranno mai – secondo autorevoli infettivologi come Pietro Luigi Garavelli, primario a Novara – a proteggere davvero la popolazione, perché il virus (mutante) sarà sempre più veloce di loro. Come se ne esce? Lo spiegano i medici che guariscono i pazienti: le cure precoci, prescritte ai primi sintomi, molto spesso permettono di curarsi da casa, evitando il ricovero.Così si sgonfiano i numeri dell’emergenza: ci crede il Piemonte, prima Regione italiana ad adottare il protocollo-base che il ministero della sanità si è finora rifiutato di fornire ai medici di famiglia. Niente più panico, dunque. I primi a raccomandare l’opposto della linea adottata dai governi occidentali erano stati i luminari che un anno fa sottoscrissero la Dichiarazione di Great Barrington, negli Usa: bisogna lasciarlo correre, il virus, per raggiungere in fretta l’immunità di gregge, stando pronti a usare i farmaci giusti per curare (a casa, presto e bene) chi si ammala. I vaccini? Non indispensabili. Parola dei maggiori epidemiologi del mondo, quelli che per primi affrontarono l’Ebola. Unica accortezza: proteggere anziani e malati, tenendoli isolati (loro sì), ma evitando assolutamente i lockdown e ogni forma di distanziamento, pena il trascinarsi del Covid per anni. Recenti studi pubblicati da “Science” e “Nature” lo confermano: se ci si contagia a milioni, il Sars-Cov-2 diventa progressivamente innocuo, come un banale raffreddore.Se è così, perché mai abbiamo sbagliato tutto – distanziando, chiudendo, ospedalizzando – per un anno intero? «Non è stato affatto un errore, ma una scelta deliberata». Lo sostiene Nicola Bizzi, storico ed editore di Aurola Boreale, co-autore del saggio “Operazione Corona, colpo di Stato globale”. Nella trasmissione web-streaming “L’orizzonte degli eventi”, condotta sul canale YouTube di “Border Nights” insieme a Tom Bosco e Matt Martini, Bizzi sintetizza: l’anonimo “sequestro” del pianeta, in virtù di una semplice sindrome influenzale (sia pure pericolosa, se non curata tempestivamente) faceva parte di un piano preciso, coltivato da élite oscure. L’altra notizia è che questo piano mostruoso è tecnicamente fallito: già a novembre, dice Bizzi, i “golpisti” hanno trattato la resa, accettando un esito diverso: la “pandemia” sarebbe terminata a fine aprile. Ultima concessione, il lauto business dei vaccini. Poi, la ritirata: cioè l’annuncio che il virus sarebbe stato sconfitto. «L’alternativa sarebbe stata un Processo di Norimberga, per crimini contro l’umanità».In altre parole: sbrigatevi a vendere i vostri inutili vaccini, ancora per qualche mese, e poi toglietevi di torno. Credibile? Per Bizzi, assolutamente sì: «Fate caso ai segnali che provengono dal mondo che conta, quello della finanza: stranamente, da settimane, le agenzie di rating prevedono la fine della pandemia entro aprile e il grande rilancio di settori come il turismo e l’immobiliare». Eppure, per i media, siamo ancora alle prese con il peggio. «Appunto: i media si adegueranno rapidamente». Non potendo ammettere che i numeri dell’emergenza erano gonfiati, oltre che propiziati dal pazzesco rifiuto di curare i pazienti in modo tempestivo, a casa, ora parleranno dell’effetto miracoloso dei vaccini. «Una recita, ampiamente prevista e concordata coi vincitori». Chi sono? «Una parte dell’élite mondiale, che non ha mai approvato il Grande Reset disegnato a Davos, il progetto di schiavizzazione dell’umanità». Nomi? Uno, enorme: «I Rothschild: hanno contrastato la cordata di Bill Gates e Fauci, della Cina, dell’Oms. Evidentemente, quel tipo di Great Reset contrastava coi loro interessi».Non solo: Bizzi – che vanta importanti relazioni col mondo dell’intelligence – parla di una storica “guerra” all’interno della stessa, potente massoneria sovranazionale: una fazione importante si sarebbe opposta con ogni mezzo al “totalitarismo sanitario”, che secondo i “falchi” «doveva durare fino a tutto il 2023, cancellando per sempre diritti, libertà e democrazia». Se quel piano è fallito – sottolinea Bizzi – lo dobbiamo in gran parte alla Russia di Vladimir Putin: «Col suo vaccino Sputnik, che è sostanzialmente un antinfluenzale, si è portata dietro tre quarti del mondo, dall’India al Sudamerica». Abile, Putin: «Ha usato la Bielorussia come apripista. Ricordate? Il presidente Lukashenko – immediatamente aggredito con la solita “rivoluzione colorata” finanziata da Soros – denunciò il tentativo di corruzione da parte di Oms e Fmi: avrebbero coperto di soldi la Bielorussia, se avesse accettato di attuare il lockdown “come l’Italia”. Una denuncia che non è rimasta inascoltata».Putin, il presidente che Joe Biden ha appena definito «un assassino», ha messo fine per primo allo stato d’emergenza, abolendo ogni forma di distanziamento: «La scorsa settimana ha celebrato a furor di popolo la riunificazione con la Crimea: nel più grande stadio di Mosca c’erano duecentomila persone strette l’una all’altra, mano nella mano, e senza mascherina». Messaggi eloquenti, in mondovisione: «E’ il segnale: l’incubo ha le settimane contate, ormai, anche in Occidente, che – attenzione – resta di gran lunga l’area del mondo più colpita: sia in termini sanitari che in termini economici. E non credo proprio sia un caso». Alla luce del Bizzi-pensiero, le traduzioni nostrane sembrano più agevoli: Mario Draghi, che ha adottato la sottigliezza del soft-power, ha pubblicamente elogiato lo stesso Speranza (la maschera del rigore) irritando moltissimi italiani, ormai insofferenti di fronte al “regime” sanitario delle restrizioni. Ma ecco che, in capo a pochi giorni, proprio Speranza comincia a intonare la nuova canzone (”ne usciremo presto”) che, secondo Bizzi, era stata concordata già a novembre, nelle segrete stanze del grande potere: quello che poi, a cascata, spiega anche ai Roberto Speranza cosa dire, e quando.Qualcosa è cambiato, dopo un anno di bugie e sofferenze? Sembrerebbe di sì: persino il massimo portavoce degli spaventapasseri-Covid, cioè il catastrofico Roberto Speranza, ha stranamente annunciato l’imminente uscita graduale dal tunnel, nel corso della primavera, in vista di un’estate finalmente quasi normale. Facile la spiegazione di comodo offerta dal ministro-carceriere: i vaccini garantiranno l’immunità di massa, dopo che i lockdown hanno limitato i danni. Falsità visibili dalla Luna: l’Italia delle zone rosse ha collezionato centomila morti (dichiarati, almeno). E gli attuali non-vaccini (cioè i preparati genici che inseguono le varianti del coronavirus) non riusciranno mai – secondo autorevoli infettivologi come Pietro Luigi Garavelli, primario a Novara – a proteggere davvero la popolazione, perché il virus (mutante) sarà sempre più veloce di loro. Come se ne esce? Lo spiegano i medici che guariscono i pazienti: le cure precoci, prescritte ai primi sintomi, molto spesso permettono di curarsi da casa, evitando il ricovero.
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Garavelli: vaccini e lockdown, tutto inutile. Curare a casa
Mai vaccinare in piena pandemia: il virus salterà l’ostacolo generando varianti. Altro errore, le restrizioni e i lockdown: possono frenare il contagio nel caso di patologie da contatto, come l’Ebola, ma non certo l’espansione di un fenomeno virale che si trasmette ovunque, attraverso il fiato. Lo sostiene l’infettivologo Pietro Luigi Garavelli, primario della divisione malattie infettive all’Ospedale Maggiore di Novara. Tra i primi in Italia ad affrontare il Covid con successo nel suo reparto, Garavelli – sempre misurato, nonché convinto pro-vax – in questo caso esce dal coro. Di recente, sui giornali, ha rilanciato il tema fondamentale: perché intasare ancora gli ospedali, dopo un anno, anziché predisporre un serio protocollo terapeutico nazionale per cure precoci domiciliari? In altre parole: perché il ministero della sanità non ha ancora predisposto opportune linee-guida destinate ai medici di famiglia? Ormai è noto: se si interviene subito e coi farmaci giusti (antinfiammatori, idrossiclorochina, colchicina e antibiotici) il Covid in molti casi si ferma ai primi sintomi, senza degenerare. Se non lo si fronteggia in modo immediato, invece, all’ospedale rischiano di finire pazienti in condizioni ormai gravi.Nei giorni scorsi, in piena isteria vaccinale dopo il caso AstraZeneca e le prime allarmanti notizie sulle reazioni avverse (stranamente evidenziate dai grandi media), Garavelli è tornato a far sentire la sua voce. «È dimostrato che ormai il Sars-Cov-2 è presente nella popolazione tutto l’anno», ha premesso, in una lunga intervista ad “Affari Italiani”, ripresa da “Libero”. Un virus ormai endemico: «I portatori sani sono milioni di italiani», asintomatici. «Per cui assistiamo a brevi ondate epidemiche a scadenza di mesi le une dalle altre, come è normale che avvenga». Così come è normale che in giro ci siano migliaia di varianti. Semai, «a non essere normale, in questa situazione, è una cosa che si impara al primo anno di specializzazione». Ovvero: «Non si vaccina mai durante una epidemia, perché il virus reagirà mutando, producendo varianti, e sarà sempre più veloce di noi». Con un virus Rna, spiega il professore, bisognerebbe «trovare un denominatore comune su cui montare il vaccino». Così, invece, «facendo vaccini contro le spike che mutano, non hai speranza di arrivare prima di lui».In sostanza «lo rincorreremo sempre, proprio perché tende a mutare velocemente». “Libero” definisce l’uscita di Garavelli «un vero e proprio fulmine a ciel sereno, che rischia di ribaltare le credenze sul coronavirus e non solo». Il primario novarese si muove controcorrente anche sul lockdown. Nelle settimane in cui la maggior parte del paese si trova a fare i conti con la zona rossa, verso la serrata totale per le festività di Pasqua, l’esperto avverte: «Il lockdown è una misura di isolamento che serve per patologie da contatto, come l’Ebola». A suo dire, dunque, la chiusura totale con l’azzeramento delle relazioni sociali è controproducente: «Allo stato attuale delle cose, quando il virus è ormai endemico – scandisce Garavelli – un lockdown funzionerebbe se ad esempio avvenisse nello stesso lasso temporale in tutto il mondo e si vaccinassero contestualmente le persone con un vaccino risolutivo». Anche se muta costantemente, verso un’auspicabile evoluzione che lo renda gradualmente innocuo, questo virus – annota il medico – non ha ancora ridotto la sua virulenza.«In pratica, dobbiamo conviverci», cioè «rispettare le misure prudenziali e, oserei dire, curare a casa», conclude Garavelli: «Chiudere a intermittenza la società (e la vita) non ha davvero senso», perché il Covid «è una patologia respiratoria di una certa importanza, ma non si discosta da certe influenze». Parole pesanti: l’Italia (e non solo) è stata messa in croce per una sindrome simil-influenzale. Un fatto senza precedenti, nella storia: nel primo trimestre del 2017, ricordano le fonti ufficiali statistiche, l’influenza stagionale fece praticamente le stesse vittime, senza che i media ne parlassero. Ora, tutto si è capovolto: si è scelta la tattica del lockdown, che allontana l’immunità di gregge senza peraltro alleviare il bilancio sanitario (distruggendo l’economia, in compenso), e si punta solo sui vaccini, che Garavelli sconsiglia. Grande assente – ancora, dopo un anno – la soluzione terapetica sistematica: cure efficaci, da somministrare a casa, che farebbero crollare i numeri dell’emergenza, ininterrottamente esibiti da virologi, politici e media.Mai vaccinare in piena pandemia: il virus salterà l’ostacolo generando varianti. Altro errore, le restrizioni e i lockdown: possono frenare il contagio nel caso di patologie da contatto, come l’Ebola, ma non certo l’espansione di un fenomeno virale che si trasmette ovunque, attraverso il fiato. Lo sostiene l’infettivologo Pietro Luigi Garavelli, primario della divisione malattie infettive all’Ospedale Maggiore di Novara. Tra i primi in Italia ad affrontare il Covid con successo nel suo reparto, Garavelli – sempre misurato, nonché convinto pro-vax – in questo caso esce dal coro. Di recente, sui giornali, ha rilanciato il tema fondamentale: perché intasare ancora gli ospedali, dopo un anno, anziché predisporre un serio protocollo terapeutico nazionale per cure precoci domiciliari? In altre parole: perché il ministero della sanità non ha ancora predisposto opportune linee-guida destinate ai medici di famiglia? Ormai è noto: se si interviene subito e coi farmaci giusti (antinfiammatori, idrossiclorochina, colchicina e antibiotici) il Covid in molti casi si ferma ai primi sintomi, senza degenerare. Se non lo si fronteggia in modo immediato, invece, all’ospedale rischiano di finire pazienti in condizioni ormai gravi.
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Draghi costretto a chiudere: merito dell’incapace Conte
Quando i governi non riescono a fare le cose necessarie per combattere la pandemia, dai tracciamenti al rafforzamento del sistema sanitario, l’unica arma che gli resta è chiudere la gente in casa. Poiché Conte non ha fatto nulla per un anno e mezzo, Draghi eredita una situazione di completo sbandamento. Non si ricostruisce un sistema sanitario e una risposta efficace in 15 giorni, e nemmeno in un mese. Draghi si è reso conto che c’è tutto da fare, e viene da pensare che quando ha accettato di formare il governo non disponesse di tutti gli elementi della situazione. È per questo che si è affidato all’esercito: in questo quadro di grande difficoltà, molti governi – non solo quello italiano – hanno deciso di accentrare e verticalizzare. Anche la Francia ha messo in campo, come noi, i militari. Una stretta ulteriore sortirà l’effetto sperato? Vedremo. Per adesso, mi sembra che stiamo ancora inseguendo la situazione.La stiamo inseguendo sia per ragioni oggettive, cioè il disastro ricevuto in eredità, sia perché la nuova squadra di governo contiene tanti elementi del passato. Alcuni si possono sostituire, come Arcuri. Altri, come Speranza, no. Le chiusure vanno fatte in anticipo, non quando le terapie si riempiono. Avremmo dovuto fare chiusure mirate un mese fa per evitare l’ondata che sta arrivando. Un mese fa c’era la crisi di governo: e infatti adesso siamo all’inseguimento. Fare chiusure draconiane senza vaccinare e senza fare tracciamenti vuol dire essere costretti a riaprire per dare ossigeno. Poi si ricomincia. La macchina vaccinale dovrebbe essere in procinto di partire? Dobbiamo sperarlo. Qui c’è una dinamica interessante da considerare. All’inizio, l’ideologia ufficiale prevedeva di affidarci all’Unione Europea, che avrebbe avuto più potere negoziale sul mercato dei vaccini: si è rivelato un errore.Questo ha portato i vari paesi a ripiegarsi su logiche nazionali. Il punto vero è che ci sono vincoli geopolitici. Per noi sarebbe fondamentale prendere il vaccino Sputnik. Però, se un governo come quello attuale vuole condurre – come mi sembra giusto – una politica che faccia sponda sull’America per contare di più in Europa, Sputnik non si può usare: sia per ragioni economiche (perché una decisione del genere, per i quantitativi che implica, va ad incidere sul business delle aziende Usa), sia per evidenti ragioni geopolitiche. Per disporre di Sputnik in Italia serve un accordo, e secondo me c’è un problema serio con gli americani. Ricordiamoci che gli Stati Uniti hanno fatto sanzioni indirizzate a chi gestisce il centro di ricerca che ha prodotto Sputnik, facente capo al ministero russo della difesa.(Antonio Pilati, dichiarazoni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Draghi sceglie il lockdown duro per restare con gli Usa”, pubblicata dal “Sussidiario” il 9 marzo 2021. Saggista e già commissario dell’Agcom, Pilati è un esperto di comunicazione: il discorso pronunciato da Draghi l’8 marzo, dice Pilati, serve a preparare la gente a un lockdown duro. «Se le nuove misure saranno meno restrittive del previsto, il capo del governo avrà ringraziato e rincuorato gli italiani. Se sarà lockdown totale, in qualche modo ha preannunciato che la situazione lo richiede»).Quando i governi non riescono a fare le cose necessarie per combattere la pandemia, dai tracciamenti al rafforzamento del sistema sanitario, l’unica arma che gli resta è chiudere la gente in casa. Poiché Conte non ha fatto nulla per un anno e mezzo, Draghi eredita una situazione di completo sbandamento. Non si ricostruisce un sistema sanitario e una risposta efficace in 15 giorni, e nemmeno in un mese. Draghi si è reso conto che c’è tutto da fare, e viene da pensare che quando ha accettato di formare il governo non disponesse di tutti gli elementi della situazione. È per questo che si è affidato all’esercito: in questo quadro di grande difficoltà, molti governi – non solo quello italiano – hanno deciso di accentrare e verticalizzare. Anche la Francia ha messo in campo, come noi, i militari. Una stretta ulteriore sortirà l’effetto sperato? Vedremo. Per adesso, mi sembra che stiamo ancora inseguendo la situazione.
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Magaldi: liberi tutti, oppure avremo 10 anni di lockdown
«Chi oggi vorrebbe l’ennesimo lockdown, che è una falsa soluzione, usa il pretesto del Covid per assestare l’ultimo colpo alla nostra libertà: è l’ennesima battaglia, nella lunga guerra scatenata contro la democrazia dagli anni ‘60, a partire dagli omicidi dei Kennedy e di Martin Luther King». Gioele Magaldi, autore del saggio “Massoni” e presidente del Movimento Roosevelt, è allarmato dalla possibile, nuova stretta anti-Covid. «Il lockdown è una falsa soluzione, ora lo dicono anche gli scienziati, in studi come quelli appena pubblicati sulla rivista “Science”». Un avvertimento che, tanto per cambiare, è stato sottovalutato dai media: «Oltre a non poter estinguere il virus – sottolinea Magaldi – il distanziamento è deleterio: impedisce infatti al nostro organismo di sviluppare i necessari anticorpi». La soluzione? «Semplice: fare esattamente il contrario di quanto si è fatto finora. E cioè: contagiarci tutti, dopo aver messo in sicurezza (isolandoli o vaccinandoli) i soggetti fragili, malati e anziani. Solo così si raggiunge l’immunità di gregge, cioè la soluzione definitiva al problema».
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Science: contagiarsi tutti, così il Covid diventa innocuo
Bisogna lasciar circolare il Covid, altrimenti ci vorranno dieci anni per liberarcene. Non è la battuta di un No vax, ma l’opinione di tre scienziati che hanno pubblicato i risultati di un loro studio sulla rivista “Science”, una delle più prestigiose a livello internazionale. Jennie Lavine e Rustom Antia, del dipartimento di biologia della Emory University di Atlanta, assieme a Ottar Bjornstad, del centro dinamica delle malattie infettive della Pennsylvania State University, hanno elaborato un modello teorico che conferma l’ipotesi che il Covid-19 assumerà carattere endemico e la sua letalità finirà per attestarsi intorno allo 0,1%, scendendo al di sotto del livello dell’influenza stagionale. Il Sars-Cov-2 non è stato contenuto subito, la sua diffusione ha provocato una pandemia e non può più essere eliminato direttamente. Ma se vogliamo che si raggiunga in fretta la fase endemica, quando il coronavirus potrà non essere «più virulento del comune raffreddore», scrivono gli autori, occorre che il tasso di contagiosità R0 (R con zero) sia uguale a 6.Cioè che una persona ne contagi sei, altro che l’auspicato valore inferiore a 1 che da mesi ci sta ripetendo il Cts (con quella cabina di regia che è diventato l’incubo settimanale per tutte le Regioni) o che viene sbandierato da più di un anno dagli esperti televisivi alla Massimo Galli. E senza il distanziamento che ci viene imposto, regolamentato a seconda della fascia colorata cui veniamo assegnati in base a incomprensibili algoritmi. Gli scienziati americani arrivano a questa conclusione considerando che «esistono quattro coronavirus di interesse umano (Hcov) che causano il raffreddore comune, o sindromi delle vie respiratorie superiori, e che circolano endemicamente in tutto il mondo. Causano solo sintomi lievi e non rappresentano un notevole onere per la salute pubblica». Gli autori dello studio ritengono che tutti gli Hcov suscitino un’immunità con caratteristiche simili e che «l’attuale, grave problema di salute pubblica sia una conseguenza dell’emergenza epidemica in una popolazione immunologicamente mai trattata, in cui gruppi d’età avanzata senza precedente esposizione sono più vulnerabili».Bisogna agire con vaccini, senza ridurre i test diagnostici e «se è necessario un frequente potenziamento dell’immunità mediante la circolazione virale in corso, per mantenere la protezione dalla patologia, allora potrebbe essere meglio che il vaccino imiti l’immunità naturale nella misura in cui previene la patologia, senza bloccare la circolazione del virus», afferma Jennie Lavine, prima autrice dell’articolo su “Science”. Gli scienziati aggiungono che «infezione o vaccinazione possono proteggere, ma non fornire il tipo d’immunità di blocco della trasmissione che consente la schermatura o la generazione di immunità di gregge a lungo termine». In un successivo articolo apparso su “Nature”, Jennie Lavine, che è ricercatrice di malattie infettive, spiega: «Il virus si attacca, ma una volta che le persone sviluppano una certa immunità, attraverso l’infezione naturale o la vaccinazione, non presenteranno sintomi gravi. Il virus diventerebbe un nemico incontrato per la prima volta nella prima infanzia, quando in genere causa un’infezione lieve o del tutto assente».Si potrà convivere con il Covid, come accade con altri coronavirus endemici che possono provocare più reinfezioni, grazie a un’immunità diffusa acquisita fin da piccoli, quando, a seguito dell’esposizione a raffreddori comuni, sembra si generi una protezione. La cosiddetta «cross reattività», grazie alla quale gli anticorpi riuscirebbero a riconoscere un nuovo virus con corredo genetico simile ad altri patogeni con i quali si è venuti a contatto. Non a caso, per la maggior parte dei bambini il Covid-19 non rappresenta un rischio. Ma se vogliamo arrivare rapidamente a una fase endemica, altrimenti ipotizzata tra dieci anni dagli autori se proseguiamo di questo passo, il forte distanziamento sociale non è la soluzione. «Un R0 maggiore si traduce in un’epidemia iniziale più ampia e più rapida e in una transizione più rapida alle dinamiche endemiche», concludono gli autori dello studio. D’altra parte, ricordiamoci quello che lo scorso ottobre dichiarò il professor Giorgio Palù, oggi presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, a proposito del Covid che è «più mortale dell’influenza», ma come tutti i virus che hanno una letalità relativamente bassa «tende a coesistere. I virus sono parassiti obbligati e non hanno interesse a estinguersi, quindi a uccidere l’ospite e a essere letali».(Patrizia Floder Reitter, “Aprite tutto: per renderlo innocuo, il Covid fa fatto circolare”, articolo pubblicato da “La Verità” e ripreso da “Dagospia” il 7 marzo 2021).Bisogna lasciar circolare il Covid, altrimenti ci vorranno dieci anni per liberarcene. Non è la battuta di un No vax, ma l’opinione di tre scienziati che hanno pubblicato i risultati di un loro studio sulla rivista “Science”, una delle più prestigiose a livello internazionale. Jennie Lavine e Rustom Antia, del dipartimento di biologia della Emory University di Atlanta, assieme a Ottar Bjornstad, del centro dinamica delle malattie infettive della Pennsylvania State University, hanno elaborato un modello teorico che conferma l’ipotesi che il Covid-19 assumerà carattere endemico e la sua letalità finirà per attestarsi intorno allo 0,1%, scendendo al di sotto del livello dell’influenza stagionale. Il Sars-Cov-2 non è stato contenuto subito, la sua diffusione ha provocato una pandemia e non può più essere eliminato direttamente. Ma se vogliamo che si raggiunga in fretta la fase endemica, quando il coronavirus potrà non essere «più virulento del comune raffreddore», scrivono gli autori, occorre che il tasso di contagiosità R0 (R con zero) sia uguale a 6.
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Bizzi: fine del Covid entro aprile, il golpe mondiale è fallito
Da circa due settimane ci sono ripetuti segnali, da parte delle agenzie di rating, addirittura della Jp Morgan (che ha rilasciato un comunicato in tal senso), e anche dal settore turistico e da quello immobiliare: i segnali dicono sostanzialmente la stessa cosa, come un mantra. E cioè: la pandemia finirà ad aprile. Si tratta di comunicati tecnici, rivolti agli investitori, che le agenzie di rating diramano. Cerchiamo di capire: cosa significa, il fatto che dicano che la pandemia finirà ad aprile? Posso dare una mia interpretazione, non ho la verità in tasca. Ma credo significhi che, molto probabilmente, c’è stata una trattativa, ai vertici. Già, perché piani di certe élite erano decisamente peggiori, di quelli che abbiamo visto finora. Alcuni piani, addirittura, nei mesi scorsi sono stati pubblicati e comunque resi noti, anche se la gente non li vuole vedere e non li vuole capire. Ma la situazione doveva essere ben peggiore, di quella che è adesso.Evidentemente c’è stata una trattativa ai vertici, perché quando c’è una guerra – e qui ci troviamo nel bel mezzo di una gerra, parliamoci chiaro – c’è sempre una controparte: la guerra non è mai unilaterale, la fa una parte contro un’altra parte. E’ vero che questa è una guerra contro l’umanità; ma ci sono delle fazioni, ai vertici del potere, che non sono anti-umane: sostanzialmente, difendono i diritti civili e l’umanità stessa. Quindi c’è una guerra e, se c’è stata veramente una trattativa, a quanto pare, hanno dato a certe élite di potere una scadenza, per la fine di aprile. Come a dire: avete tempo fino ad allora, al massimo, per uscirne puliti. Vi diamo due mesi: in questi due mesi fate il vostro gioco. E infatti stanno facendo una corsa a monetizzare, cioè a fare più tamponi possibili, a fare più vaccini possibili (e questo è un problema). Ma due terzi del mondo si sono già svincolati, da questa pagliacciata: l’India è stata soltanto l’ultimo anello della catena, e così il Sudafrica.Ora, quando la maggior parte del mondo si dissocia, l’Europa non può andare avanti all’infinito. Tant’è che nella stessa Gran Bretagna, che i giornali italiani ci presentano come una nazione in perene lockdown, in perenne stato d’emergenza, abbiamo ormai un terzo dei parlamentari che si è pienamente rivoltato, e che ha detto: adesso basta, chiudete questa pagliacciata, perché non ne possiamo più. Pare quindi che ci sia davvero stata, una trattativa ai vertici: volete uscirne puliti, evitando una nuova Norimberga? Bene, allora chiudete la faccenda entro aprile. E ripeto, certi segnali che arrivano dalle agenzie di rating, dal settore turistico e dal settore immobiliare farebbero propendere per questa ipotesi. Io chiaramente non mi fido di niente e di nessuno, e finché le cose non le vedo concretizzarsi non mi sbilancio più di tanto. Però, a quanto pare, stiamo forse assistendo all’epilogo di questo colpo di Stato globale, che a tutti gli effetti pare essere fallito.(Nicola Bizzi, dichiarazioni rilasciate il 4 marzo 2021 nella trasmissione web-streaming “L’orizzonte degli eventi”, condotta su YouTube con Tom Bosco e Matt Martini. Storico e editore di Aurora Boreale, Bizzi ha curato con Martini il libro-denuncia “Operazione Corona, colpo di Stato globale”, pubblicato da Aurora Boreale).Da circa due settimane ci sono ripetuti segnali, da parte delle agenzie di rating, addirittura della Jp Morgan (che ha rilasciato un comunicato in tal senso), e anche dal settore turistico e da quello immobiliare: i segnali dicono sostanzialmente la stessa cosa, come un mantra. E cioè: la pandemia finirà ad aprile. Si tratta di comunicati tecnici, rivolti agli investitori, che le agenzie di rating diramano. Cerchiamo di capire: cosa significa, il fatto che dicano che la pandemia finirà ad aprile? Posso dare una mia interpretazione, non ho la verità in tasca. Ma credo significhi che, molto probabilmente, c’è stata una trattativa, ai vertici. Già, perché piani di certe élite erano decisamente peggiori, di quelli che abbiamo visto finora. Alcuni piani, addirittura, nei mesi scorsi sono stati pubblicati e comunque resi noti, anche se la gente non li vuole vedere e non li vuole capire. Ma la situazione doveva essere ben peggiore, di quella che è adesso.