Archivio del Tag ‘corruzione’
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L’élite eversiva e il naufragio dell’Italia, nave dei folli
Josè Saramago nella “Zattera di pietra” immagina che la penisola iberica si stacchi dal Continente e vaghi per l’oceano Atlantico come un’isola ribollente di contrasti e di passioni. Forse non ce ne siamo accorti ma il cataclisma raccontato dal premio Nobel portoghese sta accadendo alla nostra Italia che si è staccata da quasi due decenni dall’Europa e naviga come una nave piena di pazzi nel Mediterraneo. Il prodigio è stato compiuto da un uomo anziano e vigoroso che, a capo di una ciurma nordista, ha segato i confini che ci tenevano legati a un mondo che ci guarda al di là delle Alpi stupefatto e persino divertito.
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Siamo pecore, non osiamo reagire alla Casta feudale
Il benessere ci ha fatto male: il quattrino, lo status symbol, tutte queste cose si sono generalizzate perché non ci sono più quei valori che io chiamo pre-politici e che non riguardano né questo né quel partito ma riguardano l’uomo in quanto tale. Noi ci siamo tremendamente involgariti su tutti i piani, anche su questo. Cominciò Craxi al processo Cusani quando disse che nessuno poteva dirsi innocente? Questo è il vecchio trucco di “tutti colpevoli, nessun colpevole” con cui Craxi tenta di salvarsi. Ed è senz’altro vero che gruppi finanziari molto forti non erano sottoposti a ricatto, ma non c’era appalto senza tangente politica, e questo riguardava anche piccoli e medi imprenditori che certamente non incutevano timore a nessuno ma erano concussi.
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Pane e Internet, Davos: aspettiamoci altre 100 rivolte
Da dove ci piomberà addosso il prossimo cigno nero? No, questo “Black Swan” non è il thriller con Natalie Portman nella parte della ballerina, candidata all’Oscar. Il cigno nero è una metafora statistica entrata nel gergo della finanza, si definisce come “un evento ad alto impatto, bassa probabilità, bassissima prevedibilità”. Esempio classico: la crisi dei mutui subprime del 2007. L’interrogativo sui cigni neri appassiona davvero il World Economic Forum. Chi riuscisse a prevedere il prossimo choc planetario, che si tratti di un leader politico o di un grande capitalista, avrà un vantaggio su tutti. Potrà usarlo bene – predisporre antidoti, limitare i danni – o semplicemente arricchirsi speculando nella direzione giusta.
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Noi, la speranza dell’Egitto contro la violenza di Mubarak
Mi chiamo Rania Aala, ho trent’anni, e da quando sono nata ho sempre visto Mubarak al governo, sempre. E’ frustrante per la mia generazione. Il partito al governo, l’Npd, pensa che siccome ci sono quaranta milioni di poveri in questo Paese, allora siamo tutti ignoranti, politicamente incompetenti, senza leadership. Anche i capi della cosiddetta ‘opposizione’ si sono comportati come se noi non esistessimo. Ci hanno lasciato fuori dall’equazione e sono diventati tristi, ridicolmente oppressivi. Il picco della nostra frustrazione si è verificato in occasione di due fatti: le dichiarazioni di Gamal Mubarak, che vuol correre per la presidenza dopo il padre, uccidendo così tutte le nostre speranze
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Diluvio di menzogne sulla Tav: la verità dei valsusini
E’ appena terminata la compravendita delle vacche in quella sorta di foro boario che qualcuno chiama ancora parlamento. Il grande mandriano si è accaparrato tre bovini e ha ristabilito il suo equilibrio. Quello che dovrebbe essere il santuario dell’amministrazione di uno stato civile e democratico si è dimostrato un letamaio infestato da disonorevoli e acquiescenti personaggi da riffa mentre le prostitute di corte stanno abbandonando il feudatario dopo averne scarnificato il basso ventre. A questo punto mi chiedo fino a che punto la manipolazione dell’informazione riesca a trasformare questa triste nazione. Cosa sappiamo in verità di quanto codesti Visitor stiano architettando “pro domo” loro e sulla nostra testa?
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Rivolta a Tirana: anche l’Albania sull’orlo della guerra civile
Dopo la Tunisia, ora è l’Albania a vacillare, sull’orlo della guerra civile: il bilancio degli scontri nelle piazze il 21 gennaio parla di tre morti e 55 feriti, tra cui 30 poliziotti e 25 civili. E’ il drammatico epilogo della crisi politica che divampa da un anno e mezzo: l’opposizione socialista accusa di corruzione il governo conservatore di Sali Berisha, sospettato anche di brogli elettorali. In allarme l’Unione Europea, che invita alla calma e ricorda a Tirana che i cittadini hanno il diritto democratico di protestare. A far precipitare la situazione, la polizia antisommossa spaventata dai 20.000 manifestanti raccoltisi davanti al palazzo governativo: dopo gli idranti, i lacrimogeni e le cariche con manganelli, sono stati esplosi colpi di pistola e tre persone sono rimaste a terra, giungendo senza vita all’ospedale.
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Ben Alì: fuga del dittatore affarista inventato dall’Italia
E’ finita come una storia d’altri tempi, di quando i dittatori se ne scappavano furtivamente in aereo portando in valigetta i numeri dei conti correnti svizzeri. «E’ un’assenza temporanea», dicono, naturalmente, i suoi sodali, ma lui, il genenale Zine El-Abidine Ben Ali, difficilmente lo rivedremo a Tunisi. Molto difficilmente, perché la sua storia di 23 anni di potere assoluto finisce qui. Non amava la divisa, il generale, benché militare lo fosse fin dentro l’anima, con la costruzione d’una carriera passata attraverso le accademie d’armi di Francia e Usa. Ma i suoi interessi si erano concentrati da subito sui servizi di sicurezza, e tra spie e dossier è raro vedere uniformi militari.
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Tunisi, il regime si arrende alla rivolta popolare
Dopo quasi un mese di rivolta per il pane e 66 morti nelle piazze, il regime tunisino si è arreso: il “presidente benevolo”, ribattezzato “il Pinochet arabo” dai blogger indipendenti del Medio Oriente, il 13 gennaio ha annunciato in televisione la propria capitolazione, scatenando l’entusiasmo popolare nelle strade nonostante il coprifuoco. Dopo voci che davano per imminente il ricorso all’esercito, Ben Alì – forse dissuaso proprio dai militari, non disponibili a schierare i carri armati – ha annunciato che nel 2014 metterà fine al proprio regno che dura da 23 anni. E intanto ha esaudito le pressanti richieste della folla, inferocita dalla fame e dalla brutale repressione: saranno calmierati i prezzi del pane, del latte e dello zucchero.
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Inferno Tunisia: «Il lavoro è un diritto, banda di ladri!»
Dal 17 dicembre, la Tunisia è teatro di scontri che sono scoppiati in una regione svantaggiata e che si sono diffusi in tutto il Paese con movimenti di protesta. Il potere reagisce con un giro di vite autoritario. «Durante i suoi 23 anni di regno, Ben Alì ha dimenticato le regioni interne del Paese; ora i dimenticati della Repubblica si sono ricordati della sua buona memoria!». E’ così che l’economista Abdeljelil Bedoui commenta gli scontri che sono scoppiati il 17 dicembre a Sizi Bouzid (nella zona centro occidentale del Paese) e aggiunge: «Questi movimenti di protesta popolare si sono innescati in una regione che registra il record di 32,3 per cento di disoccupazione, il più alto del Pease. Questi giovani sono trattati con disprezzo, umiliati dalle autorità e non trovano ascolto né un ambito in cui esprimersi».
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Guerra al potere: Fratelli del Bosco, i ribelli della Taiga
Se Rambo diventa Robin Hood, se il reduce addestrato a combattere come una macchina da guerra si mette al comando di una banda di ragazzi e li guida contro la corruzione degli sceriffi, allora la situazione diventa pericolosa per qualunque governo. Lo è doppiamente se tutto questo accade nei boschi della Siberia, una miniera d’oro che rifornisce di legname pregiato i ricchi di tutto il pianeta, e i ribelli diventano così forti da trasformarsi in una sfida all’autorità di Putin: non più cronaca ma leggenda dell’Oriente estremo dove codici d’onore e tecnologia, corruzione e guerriglia si inseguono tra i fusti di alberi secolari.
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Italiani: desolata autopsia di un popolo
Non so quando è successo, se ci sia stato un giorno esatto o se piuttosto sia sempre andata così, ma a un certo punto molti – me compreso – si sono sentiti stranieri nella propria terra. Non un granché, va detto, come sensazione. Membri immusoniti e incarogniti – quindi quasi mai fotogenici – di una minoranza trascurabile. A volte colta, talora esecrabile, spesso snob. Sempre pleonastica. Mai capace, ora perché impossibilita e ora in quanto pigra o poco organizzata, di cambiare veramente le cose. Sconfitta da una maggioranza inamovibile, che coltiva tranquilla l’orribile varietà delle proprie superbie: immarcescibile come una malattia; come una sfortuna; più che altro, come un’anestesia (cit).
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Fazio: la Rai ha paura della trasmissione con Saviano
Mafia e politica, scandali ed emergenze sociali: dai rifiuti alle carceri, fino alla ricostruzione all’Aquila. Senza trascurare la guerra dei dossier e la “macchina del fango” per delegittimare gli avversari. «Capisco che sono argomenti che fanno paura», si sfoga Fabio Fazio, annunciando che la Rai – dopo “Annozero” e “Report” – sta cercando di ostacolare anche l’attesa trasmissione con Roberto Saviano, in partenza l’8 novembre: manca ancora il via libera ai contratti per gli ospiti, tra cui Paolo Rossi, Antonio Albanese e il Premio Oscar Roberto Benigni. «Così il programma non può andare in onda», afferma il conduttore: «E’ un momento in cui la tv non può permettersi di raccontare la realtà».