Archivio del Tag ‘Corriere della Sera’
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Pasolini profetizzò gli orrori di oggi: chi l’ha ucciso?
Nell’aprile di quest’anno il Vaticano, che aveva a suo tempo perseguitato Pasolini e ne aveva appoggiato una condanna per blasfemia, ha definito il suo capolavoro, “Il Vangelo secondo San Matteo”, «il miglior film mai realizzato su Gesù Cristo». Questa espressione della fede radicale di Pasolini dipinge Gesù come un rivoluzionario “Messia rosso”, secondo la dottrina francescana della santa povertà, che ha una parziale influenza sull’attuale pontefice Francesco. Ma l’attenzione ossessiva per la sua morte è meno spiegabile: nel 2010 l’ex sindaco di Roma e leader del Partito Democratico di centro-sinistra Walter Veltroni chiese che il caso venisse riaperto sulla base di un insieme di strane circostanze convergenti e politicamente rilevanti. Pasolini venne ucciso il giorno dopo il suo ritorno da Stoccolma, dove aveva incontrato Ingmar Bergman e altri dell’avanguardia cinematografica svedese, e aveva rilasciato un’esplosiva intervista al settimanale “L’Espresso”, in cui aveva esplicitato il suo argomento preferito: «Ritengo che il consumismo sia una forma di fascismo peggiore delle versioni classiche».La visione di Pasolini di un nuovo totalitarismo, in cui l’ipermaterialismo distrugge la cultura italiana, può essere considerata un’acuta previsione di ciò che è avvenuto in tutto il mondo nell’era di Internet. Ma la sua critica era stata, per molti mesi prima dell’assassinio, più specifica. Aveva accusato la televisione di esercitare un’influenza estremamente pericolosa, prevedendo con grande anticipo l’emergere e la presa del potere di un soggetto come il magnate mediatico e primo ministro Silvio Berlusconi. Ancor più nello specifico, aveva scritto una serie di articoli per il “Corriere della Sera” di denuncia della dirigenza del partito al potere, la Democrazia Cristiana, come pervasa dall’influenza della mafia, prefigurando gli scandali della cosiddetta Tangentopoli di 15 anni dopo, quando un’intera classe politica venne messa agli arresti nei primi anni ’90. Nei suoi articoli, Pasolini affermava che la dirigenza democristiana doveva essere processata non solo per corruzione, ma per associazione con il terrorismo neofascista, come le bombe sui treni e i fatti di Milano.Un ulteriore elemento agghiacciante: quelli erano i cosiddetti “anni di piombo” in Italia, culminati nella bomba alla stazione di Bologna cinque anni dopo la morte di Pasolini, per mano di neofascisti in collaborazione coi servizi segreti, che uccise 82 persone. Io ero uno studente nella turbolenta Firenze del 1973, dove ritornai da allora ogni anno, e militante in un’organizzazione radicale chiamata Lotta Continua; e ricordo bene che il giornale “Lotta Continua” riceveva contributi da Pasolini, benché il suo rapporto con i movimenti radicali nati nel 1968 fosse ambiguo. Lui si identificava con i poliziotti contro gli studenti che manifestavano, perché, diceva, loro erano “figli dei poveri” attaccati dai borghesi “figli di papà”. Sta di fatto che al momento dell’omicidio nel 1975, le persone vicine a Pasolini videro la mano del potere dietro al suo assassinio. Non sarebbe stato il primo caso: eminenti personaggi della sinistra furono spesso aggrediti o uccisi; la femminista Franca Rame, che avrebbe sposato l’artista anarchico Dario Fo, venne rapita da neofascisti appoggiati dai carabinieri.Membri della famiglia di Pasolini, il giro dei suoi amici, e gli scrittori Oriana Fallaci e Enzo Siciliano evidenziarono possibili motivi politici per l’assassinio e fornirono prove che contraddicevano la confessione di Pelosi, come un maglione verde ritrovato nella macchina che non apparteneva né a Pasolini né a Pelosi, e un’impronta insanguinata della mano di Pasolini sul tetto (c’era appena qualche macchia di sangue su Pelosi). Dei motociclisti ed un’altra macchina furono visti seguire l’Alfa Romeo. Nel gennaio 2001 uscì un articolo su “La Stampa”, che portava la teoria della cospirazione su un terreno pesante. Si trattava della morte, nel 1962, in un incidente aereo, di Enrico Mattei, presidente del gigante dell’energia Eni, su cui fu girato un famoso film da Francesco Rosi, con cui Pasolini aveva lavorato. L’autore dell’articolo, Filippo Ceccarelli – uno dei più esperti giornalisti politici italiani – citava le inchieste di un giudice, Vincenzo Calia, sugli intrighi politici interni ad Eni, che rivelarono che l’aereo era stato abbattuto. Il giudice Calia coinvolse il successore di Mattei, Eugenio Cefis, in connivenza con leaders politici. Il rapporto citava un giornalista, Mauro di Mauro, che aveva lavorato con Rosi per il film “L’affare Mattei”, che fu rapito e di cui si perse ogni traccia.Molto prima dell’indagine di Calia, pubblicata nel 2003, Pasolini aveva lavorato al volume “Petrolio”, pubblicato postumo, in cui si delineavano le figure, a malapena dissimulate, di Mattei e Cefis, e si mostrava a conoscenza di come lo scandalo Eni e l’assassinio conducessero al cuore del potere e della loggia massonica P2, di cui Cefis era membro fondatore. «Con 25 anni di anticipo», scrisse Ceccarelli, «lo scrittore Pasolini era consapevole dell’esito di una lunga indagine». Poi, nel 2005, si ruppero gli argini. Pelosi, intervistato in televisione, ritrattò la confessione, dichiarando che due fratelli e un altro uomo avevano ucciso Pasolini, chiamandolo “pervertito” e “sporco comunista”, mentre lo colpivano a morte. Disse che essi frequentavano la sede tiburtina del partito neofascista Msi. Tre anni dopo, Pelosi fece altri nomi in un saggio dal titolo “Profondo Nero”, pubblicato dall’editore radicale “Chiarelettere”, in cui rivelava connessioni con cellule fasciste ancor più estreme, legate ai servizi segreti, dicendo che non aveva osato parlare prima, a causa di minacce alla sua famiglia.Uno degli amici più stretti di Pasolini, l’aiuto regista Sergio Citti, uscì allo scoperto dicendo che le sue personali indagini avevano condotto a prove del tutto trascurate: dei pezzi di bastone insanguinati scaricati vicino al campo di calcio, e un testimone, ignorato dall’indagine ufficiale, che aveva visto cinque uomini tirare fuori Pasolini dalla macchina. Citti introdusse un nuovo argomento: il furto delle bobine dell’ultimo film di Pasolini, “Salò”, di cui aveva tentato di negoziare la restituzione. Venne fuori che la banda di ladri frequentava lo stesso bar del biliardo di Pelosi, e aveva contattato Pasolini l’ultimo giorno della sua vita per combinare un incontro. Un’altra ricerca dello scrittore Fulvio Abbate collegava gli assassini alla famosa banda criminale della Magliana, che operava nella periferia del litorale romano. Il caso è ormai chiuso, e c’è chi, nella cerchia di Pasolini come nella classe politica, preferisce così.(Ed Vulliamy, estratto da “Chi ha davvero ucciso Pier Paolo Pasolini?”, articolo pubblicato sul “Guardian” il 24 agosto 2014 e tradotto da “Come Don Chisciotte”, in occasione della presentazione a Venezia del film di Abel Ferrara, che ricostruisce la figura del grande intellettuale partendo dalla sua tragica e misteriosa fine, il 1° novembre 1975, nel corso di un’esecuzione in cui risultò dapprima coinvolto il giovane Giuseppe “Pino” Pelosi).Nell’aprile di quest’anno il Vaticano, che aveva a suo tempo perseguitato Pasolini e ne aveva appoggiato una condanna per blasfemia, ha definito il suo capolavoro, “Il Vangelo secondo San Matteo”, «il miglior film mai realizzato su Gesù Cristo». Questa espressione della fede radicale di Pasolini dipinge Gesù come un rivoluzionario “Messia rosso”, secondo la dottrina francescana della santa povertà, che ha una parziale influenza sull’attuale pontefice Francesco. Ma l’attenzione ossessiva per la sua morte è meno spiegabile: nel 2010 l’ex sindaco di Roma e leader del Partito Democratico di centro-sinistra Walter Veltroni chiese che il caso venisse riaperto sulla base di un insieme di strane circostanze convergenti e politicamente rilevanti. Pasolini venne ucciso il giorno dopo il suo ritorno da Stoccolma, dove aveva incontrato Ingmar Bergman e altri dell’avanguardia cinematografica svedese, e aveva rilasciato un’esplosiva intervista al settimanale “L’Espresso”, in cui aveva esplicitato il suo argomento preferito: «Ritengo che il consumismo sia una forma di fascismo peggiore delle versioni classiche».
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Usa-Kiev, bugiardi nel panico. E Merkel: no alla guerra
L’invasione della Russia in Ucraina? Una bufala penosa, subito smascherata da tutti gli osservatori indipendenti: i tank russi spiati dal satellite erano a Rostov, a 50 chilometri dalla frontiera ucraina. Eppure la “notizia” è stata proposta senza pudore al grande pubblico, proprio mentre l’Ue tratta sottobanco perché non vengano chiusi i rubinetti del gas in vista dell’inverno, e la Merkel avverte che con Putin bisogna trovare un accordo e smetterla coi giochi di guerra promossi dalla Nato. Giochi sporchi, nutriti di menzogne e disinformazione, che non accennano a diminuire: chi attacca sono gli Usa, ma i cattivi sono sempre e solo i russi. «C’è qualcosa di davvero inquietante in questa forsennata reiterazione di puerili bugie che l’America e l’Europa, istericamente, rovesciano sulle opinioni pubbliche frastornate dell’Occidente. Smentirle ad una ad una si può senza difficoltà, ma non si può ignorare la tremenda potenza inquinatrice – e preparatoria alla guerra – che esse producono». Per Giulietto Chiesa, questa cortina fumogena sembra «il segno di qualche cosa di molto grave che si prepara».«Avrete notato che del Boeing malaysiano non si parla più?», continua Chiesa su “Pandora.tv”. «Siamo a quasi un mese e mezzo e tutto tace. Se avessero le prove che la colpa è dei russi – come hanno gridato subito, a gran voce, tutti i media occidentali – lo avrebbero tirato fuori, con clamori e sanzioni. Ma non l’hanno fatto. E si avvicina il momento in cui dovranno dire qualcosa. Per esempio che ad abbattere il Boeing è stata l’Ucraina, con quell’ormai famoso aereo che volava attorno al Boeing. Oppure dovranno dire che i dati – delle scatole nere, delle registrazioni tra i controllori a terra ucraini e l’equipaggio – sono andati tutti perduti, “accidentalmente”». A quel punto, tutti finalmente capirebbero, «salvo gli stupidi irrimediabili e i disonesti interessati». L’altra cosa grave, e ormai evidente, è che «Kiev sta perdendo la guerra». Il regime ucraino insediato dal golpe di piazza Maidan «sta subendo una vera e propria disfatta, con una carneficina di soldati e ufficiali di cui Poroshenko e amici dovranno dare conto ai loro cittadini». Disfatta targata Usa e Ue, che quindi «deve essere nascosta agli occhi dei pubblici mondiali», perché «è sconfitta di Obama, sconfitta della Merkel, sconfitta della Polonia e dei baltici». Un disastro «politico, militare, diplomatico».Allora che si fa? «Si moltiplicano freneticamente le bugie». Esempio: «La Russia invade l’Ucraina». Un’altra volta? Ma non l’aveva già invasa? Sono «bugie fragilissime». Se non ci fossero «direttori senza vergogna, come Mauro di “Repubblica” e De Bortoli del “Corriere” (tanto per cogliere due crisantemi dal mazzo), se ne accorgerebbero tutti». Le foto satellitari dell’ultima “invasione” «sono truccate male», e le stesse dichiarazioni di Poroshenko «sono tradotte male». Tutto diventa «senza fondamento», surreale. La Russia “invade” l’Est dell’Ucraina con 1000 uomini? «Ma, suvvia, scherziamo? E come fa una persona intelligente come Federico Rampini a crederci? Non si sono neanche accorti che gli stessi ribelli, attraverso la voce del primo ministro della Repubblica del Donbass, hanno dichiarato che tra di loro ci sono circa 4.000 volontari russi? Hanno bisogno di tirare fuori 1.000 fantasmi inviati da Putin che, peraltro, nemmeno gli osservatori dell’Ocse hanno visto passare?». E’ evidente, al contrario, che Putin in tutti questi mesi «ha puntato a una soluzione diplomatica di un problema non creato da lui».Il presidente russo non ha la minima intenzione di “prendere Kiev”, e nemmeno di “prendersi il Donbass”, continua Giulietto Chiesa. «A Minsk, Putin ha detto chiarissimo che non intende neppure fare il mediatore», affermando testualmente che «la questione è un affare interno dell’Ucraina». Ora, «se i leader europei non fossero degli sciocchi vassalli ricattati, prenderebbero le distanze da questa America che punta alla guerra. Direbbero a Obama che la patata rovente ucraina se le deve prendere in mano lui, che l’ha creata. Non occorre dirgli che è un bugiardo, basta lasciarlo al suo destino. Ma è ovvio che stanno facendo i vassalli». Giulietto Chiesa lancia un appello a Beppe Grillo: «E’ il momento che la gente, in Italia, intervenga. L’unico che può farlo è il M5S». Serve «una manifestazione nazionale per chiedere un cambio di linea», invocato da «un palco di “salvezza nazionale”», dal quale parlino «tutti quelli che ci stanno». Perché «non è questione di dare una spallata: è questione di salvare la nostra pelle, di tutti. Se aspettiamo i “pacifisti” e le sinistre, allora stiamo freschi: i tempi della crisi ucraina precipitano, non c’è tempo da perdere. Troppo pochi sono quelli che capiscono che il pericolo è sempre più vicino».Se l’Italia dorme, una soluzione può venire solo dalla Germania. Lo afferma un altro osservatore internazionale, Pepe Escobar, che sottolinea le parole di Angela Merkel intervistata dalla televisione pubblica “Ard” all’indomani del vertice di Minsk: «Deve essere trovata una soluzione alla crisi Ucraina che non faccia male alla Russia». Ovvero, «ci deve essere un dialogo: ci può essere solo una soluzione politica, non ci sarà una soluzione militare a questo conflitto». Chiaro, no? «Noi [Germania] vogliono avere buone relazioni commerciali con la Russia. Vogliamo relazioni ragionevoli con la Russia. Confidiamo l’un l’altro e ci sono tanti altri conflitti nel mondo in cui dobbiamo lavorare insieme, quindi spero che potremo fare progressi». Tradotto: l’Ucraina non diventerà un avamposto della Nato coi missili puntati su Mosca, perché «quello che dice la Germania, l’Unione Europea lo esegue», scrive Escobar su “Rt”. «In geopolitica, questo significa anche un enorme passo indietro che dovrà fare Washington», nel suo ossessivo «accerchiamento della Russia», in parallelo con «contenimento e accerchiamento della Cina».L’Ucraina è ko, l’economia agonizza in una depressione catastrofica, banche e moneta sono crollate, e qualsiasi fondo in arrivo «servirà solo per pagare i conti in sospeso e per alimentare (sprecandolo) la scricchiolante macchina militare», senza contare che «le condizioni di “aggiustamento strutturale” richieste dal Fmi prevedono un dissanguamento per gli ucraini». Quanto all’Europa, «l’idea che la Ue pagherà le mostruose bollette (energetiche) dell’Ucraina è un mito», perché la Germania ha rallentato la sua crescita proprio a causa dell’interruzione delle relazioni commerciali con Mosca. Per questo sono ripartite le trattative tra Bruxelles e Cremlino, cominciando proprio dal gas: «Il Generale Inverno, ancora una volta, decide ogni guerra». In sostanza, aggiunge Escobar, è l’Unione Europea (non la Russia) a dire al presidente ucraino Petro Poroshenko di «smetterla con questa sua “strategia” perdente di insistere su una lenta pulizia etnica dell’Ucraina orientale». Mosca, peraltro, accetterebbe volentieri «una soluzione di decentramento, che tenga in considerazione gli interessi – e i diritti linguistici – della gente di Donetsk, Lugansk, Odessa, Kharkov», senza che il Cremlino incoraggi nessuna secessione.«Poroshenko, d’altra parte, è il tipico oligarca ucraino che balla in mezzo agli altri oligarchi», continua Escobar: «Ora che è in alto, non vuole rischiare di farsi ammazzare per strada. Ma potrebbe esserlo, se continuerà a fidarsi del sostegno dei neo-nazisti del Pravi Sektor e di Svoboda, perché con loro non si arriverà mai a nessuna soluzione politica». E’ “l’Impero del Caos” a non volerla, una soluzione politica: «Una Ucraina neutrale, economicamente legata sia alla Ue che alla Russia e parte di una integrazione economico-commerciale con tutta l’Eurasia è un anatema». A premere per la guerra è Washington, che finora ha contato sulla Nato. E se la Germania cambiasse linea? «Ogni diplomatico Ue che abbia una coscienza – non ci crederete, ma ne esistono – sa che l’isteria senza fine fondata sul “rischio russo” per l’Europa orientale è un mito spacciato da Washington, che serve solo a rafforzare la Nato». A Bruxelles non è un segreto per nessuno: «I grandi poteri europei, semplicemente, non vogliono che ci siano delle basi permanenti della Nato in Europa orientale. Francia, Italia e Spagna sono decisamente contrari». La Germania? «E’ ancora seduta sul muretto, in attesa di capire bene come non inimicarsi né la Russia né gli Stati Uniti». Se ne parlerà al vertice convocato in Galles: fino a che punto l’Europa “tedesca” continuerà a seguire Obama nelle pericolose provocazioni contro Putin, la cui vittima principale – a cominciare dal gas – è proprio l’Unione Europea?«L’impostazione neoliberale ormai data agli asset, una privatizzazione senza esclusione di colpi e un selvaggio saccheggio a titolo definitivo dell’Ucraina, il tutto travestito da prestiti e “aiuti”, è ormai un processo inarrestabile», scrive Escobar. «Eppure, aver preso il controllo dell’agricoltura e del potenziale energetico dell’Ucraina non sembra essere ancora sufficiente per l’Impero del Caos: vuole indietro anche la Crimea (che in futuro dovrà essere la base Nato di Sebastopoli), vuole schierare un sistema di difesa missilistica in Polonia e nei paesi baltici e poi non gli dispiacerebbe anche che cambiasse il regime in Russia». E poi c’è sempre il volo malese Mh-17: «Se – meglio prima che dopo – si dimostrerà che l’Impero del Caos ha ingannato l’Europa imponendo sanzioni controproducenti, basate su prove più che inconsistenti, l’opinione pubblica tedesca costringerà la Merkel ad agire di conseguenza». Indizi importanti: «La Germania si è mossa in segreto dietro il vertice di Minsk, vediamo ora se si muoverà in segreto anche dietro il prossimo vertice del Galles. Alla fine toccherà alla Germania impedire che la “Guerra Fredda 2.0” divampi ogni giorno di più in tutta Europa».L’invasione della Russia in Ucraina? Una bufala penosa, subito smascherata da tutti gli osservatori indipendenti: i tank russi spiati dal satellite erano a Rostov, a 50 chilometri dalla frontiera ucraina. Eppure la “notizia” è stata proposta senza pudore al grande pubblico, proprio mentre l’Ue tratta sottobanco perché non vengano chiusi i rubinetti del gas in vista dell’inverno, e la Merkel avverte che con Putin bisogna trovare un accordo e smetterla coi giochi di guerra promossi dalla Nato. Giochi sporchi, nutriti di menzogne e disinformazione, che non accennano a diminuire: chi attacca sono gli Usa, ma i cattivi sono sempre e solo i russi. «C’è qualcosa di davvero inquietante in questa forsennata reiterazione di puerili bugie che l’America e l’Europa, istericamente, rovesciano sulle opinioni pubbliche frastornate dell’Occidente. Smentirle ad una ad una si può senza difficoltà, ma non si può ignorare la tremenda potenza inquinatrice – e preparatoria alla guerra – che esse producono». Per Giulietto Chiesa, questa cortina fumogena sembra «il segno di qualche cosa di molto grave che si prepara».
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Industrie e banche agli stranieri, per Renzi va bene così
La vendita della Indesit a Whirpool è solo l’ultimo caso: si sta verificando nel silenzio generale la fine dell’Italia industriale, come predetto da Luciano Gallino. Il pericolo imminente è quello di cedere al capitale estero non solo le industrie ma anche le grandi banche, e di svendere completamente il risparmio italiano. A causa del declino verticale dell’industria e della sofferenza delle banche italiane, e a causa della colpevole inerzia governativa e dei pesanti vincoli europei, il capitalismo nazionale sta diventando un servile vassallo di quello internazionale. E l’Italia rischia così di precipitare definitivamente nel Terzo Mondo. Se l’“Economist” definisce “untangled” (sciolto, smembrato) il capitalismo italiano, sfugge il peso della svolta forzata di Mediobanca, che ha deciso di sciogliere gli accordi incrociati tra le maggiori aziende nazionali: da allora, secondo Enrico Grazzini, il capitalismo italiano si è votato a una sorta di suicidio irreversibile.Al cosiddetto capitalismo di relazione, «cioè all’intreccio tra capitalismo (semifallito) delle grandi famiglie, capitalismo finanziario e capitalismo (quasi dismesso) di Stato, si è sostituito l’arrembaggio dell’industria e della finanza internazionale, con la benedizione del governo Renzi», scrive Grazzini su “Micromega”. Intervistato dal “Corriere della Sera”, il premier ha definito «un’operazione fantastica» la vendita dell’Indesit di Merloni alla concorrente Whirpool: «Ho parlato personalmente io con gli americani a Palazzo Chigi. Non si attraggono gli investimenti esteri riscoprendo una visione autarchica e superata del mondo. Noi vogliamo portare aziende da tutto il mondo a Taranto come a Termini Imerese. Il punto non è il passaporto, ma il piano industriale. Gli imprenditori stranieri sono i benvenuti in Italia se hanno soldi e idee per creare posti di lavoro». Così, commenta Grazzini, il liberista Renzi esulta di fronte al fatto che il capitalismo industriale italiano non è più competitivo e si sta smembrando a favore dei capitali stranieri.Ovvio che gli investimenti esteri sono benvenuti, non si possono proteggere a tutti i costi le società nazionali, «ma bisognerebbe assolutamente evitare di cedere le industrie strategiche indispensabili per il futuro industriale del nostro paese». Quasi sempre, continua Grazzini, le cessioni all’estero arricchiscono solo le grandi famiglie, come i Merloni e i Tronchetti Provera (vedi i casi di Pirelli e Telecom Italia). L’ondata di cessioni industriali non comporta solo la riduzione drastica dell’occupazione, ma anche l’impossibilità di mantenere le condizioni per uno sviluppo economico autonomo e democratico. L’Italia, «cedendo le sue industrie e le sue banche», di fatto «mina le basi del suo sviluppo». E, da domani, «peserà come il due di picche nel turbolento scenario economico e politico europeo e mondiale». Parla da sola la “fuga” americana della Fiat, «propiziata dai miliardi concessi da Obama per proteggere l’industria americana dell’auto e dal silenzio criminale e assurdo dei governi italiani».De-italianizzata anche Telecom, che non ha più pesanti azionisti italiani e «dietro lo schermo ideologico della public company guidata dai manager è sostanzialmente in vendita», sono rimasti pochissimi i grandi gruppi italiani in grado di competere sul mercato internazionale. «E sono praticamente tutti statali, ovvero Eni, Enel, Finmeccanica, Fincantieri e pochi altri». Nonostante i peccati mortali attribuiti (spesso giustamente) ai boiardi di Stato, quel che resta della nostra industria pubblica sa competere meglio di quella privata, rileva Grazzini. «Anche per queste industrie strategiche il governo prevede però una disgraziata privatizzazione a favore dei capitali esteri, con l’obiettivo (falso) di diminuire il debito pubblico e rispettare i vincoli di deficit pubblico posti dall’Unione Europea». La verità è ben altra: «L’euro ci strozza e la Ue vuole farci vendere i gioielli di famiglia. Ma anche un grullo capisce che non si può alleggerire un debito di 2.100 miliardi con la vendita di quote di società da cui ricavare al massimo qualche decina di miliardi».All’opposto, lo Stato francese difende il controllo della sua industria nucleare e dell’energia, diventando il maggiore azionista di Areva per impedirne la completa acquisizione da parte dell’americana General Electric. «L’ideologia liberista di Renzi non è più praticata neppure presso i paesi più liberisti», scrive Grazzini. «Obama protegge gelosamente le sue industrie strategiche, l’auto, l’hi-tech e la finanza. La Fed, la banca centrale americana, stampa decine di miliardi di dollari al mese grazie ai quali le banche d’affari e le industrie statunitensi possono acquistare facilmente i concorrenti esteri. Anche grazie al “privilegio esorbitante” del dollaro facile, il 40% circa della Borsa italiana è in mano a banche d’affari, fondi pensione e fondi speculativi e di private equity americani, arabi, europei, fondi sovrani di Stati esteri». Esempio: il fondo BlackRock, gigante della finanza Usa, è uno dei principali azionisti non solo di Telecom Italia ma anche di Unicredit e Intesa, cioè delle due principali banche nazionali in cui confluisce gran parte del risparmio degli italiani.Ma non è solo il governo americano a intervenire a favore della sua industria: secondo uno studio di Mediobanca, il governo britannico e quello tedesco hanno speso rispettivamente 1.213 e 446 miliardi di euro per salvare le loro banche nazionali dalla crisi. Angela Merkel fa di tutto per proteggere e sviluppare l’industria tedesca dell’auto e della meccanica. La Germania, inoltre, «manovra l’euro come se fosse il marco per favorire le sue esportazioni e la proiezione internazionale della sua industria». E il governo bianco-rosa della cancelliera finanzia (giustamente) con denaro pubblico la sua industria delle energie alternative, contrastando duramente l’Unione Europea che vorrebbe impedire gli aiuti di Stato anti-competitivi. «I paesi emergenti – a partire da Cina, India e Brasile – sono riusciti a svilupparsi negli ultimi decenni attirando gli investimenti industriali esteri, ma anche proteggendo le industrie strategiche grazie allo stretto controllo dei capitali stranieri».Solo una politica pubblica attiva e intelligente, conclude Grazzini, può infatti difendere l’economia nazionale dall’assalto dei grandi enti finanziari che divorano le industrie, sviluppando ricerca, infrastrutture, aziende hi-tech e energie alternative. «Purtroppo il governo Renzi sembra avere una visione di politica economica completamente subordinata all’ideologia del “lasciar fare” ai mercati finanziari. Il governo interviene solo “a babbo morto” quando un’azienda è completamente fallita, come Alitalia, per cederla ai capitali esteri, cercando solo, per quanto possibile, di salvare le grandi banche creditrici (Intesa e Mps innanzitutto, nel caso Alitalia)». A fermare la slavina basterebbe un intervento deciso della Cassa Depositi e Prestiti, «l’unico ente nazionale simile a una banca pubblica». Meglio ancora: «Il governo dovrebbe nazionalizzare e gestire una grande banca, e finanziare (con profitto pubblico) le piccole aziende italiane in grave crisi di liquidità», nonché «le medie aziende del cosiddetto “quarto capitalismo” in grado di competere sui mercati internazionali».Un fondo pubblico specializzato, continua Grazzini, dovrebbe inoltre co-finanziare massicciamente le società private di “venture capital”, per sponsorizzare l’avvio e lo sviluppo globale di nuove start-up nei campi promettenti ma incerti dell’hi-tech. Peccato che politica sia praticamente inesistente, a cominciare da sinistra e sindacati, pur sapendo che «l’intervento statale non basta assolutamente per salvare e sviluppare l’industria nazionale: nell’economia dell’innovazione e delle conoscenze occorre mobilitare soprattutto l’intelligenza e la partecipazione dei lavoratori». Democrazia dal basso, per consentire alla forza lavoro – come avviene in Germania – di eleggere i suoi rappresentanti nei consigli di amministrazione delle grandi imprese, come l’Ilva e Telecom. Per Grazzini, «il pericolo maggiore – e imminente – è che non solo le industrie manifatturiere ma anche le banche nazionali vengano cedute all’estero (come è già successo con Mps, la terza banca nazionale) e che il risparmio degli italiani vada ad alimentare completamente lo sviluppo delle economie estere». Con soddisfazione sospetta, l’“Economist” annuncia che dal 2010 le fondazioni nazionali (lottizzate, ma pur sempre semi-pubbliche) abbiano perso la presa sulle banche italiane quotate in Borsa, che ormai dipendono dal “libero” mercato azionario per il 77%, con investitori stranieri padroni dell’11% del credito italiano, cioè il doppio rispetto a pochi anni fa.L’unificazione bancaria europea decisa dalla Ue genera la necessità di ricorrere al mercato per ricapitalizzare le banche nazionali colme di debiti in sofferenza a causa della crisi, e spesso dei crediti erogati agli “amici”. «L’apertura del mercato bancario nazionale sollecitata dall’Unione Europea è una fortuna per la speculazione internazionale», spiega Grazzini. «Le ricapitalizzazioni sono una manna per gli investitori esteri che con pochi soldi potranno acquistare il risparmio nazionale: ma senza il minimo controllo sul risparmio non ci saranno nuovi investimenti e prospettive di sviluppo più o meno sostenibile». L’Italia? «Diventerà irrimediabilmente un paese del terzo mondo». Ama conclusione: «L’economia italiana avrebbe bisogno di democrazia economica dal basso, di una avanzata politica industriale, di capitani d’industria come Enrico Mattei e Adriano Olivetti, di innovatori come Steve Jobs, di banchieri come Raffaele Mattioli, e di politici della statura di De Gaulle per difendere e sviluppare l’economia nazionale. Purtroppo invece in Italia hanno prevalso i Marchionne, i Berlusconi e i Renzi».La vendita della Indesit a Whirpool è solo l’ultimo caso: si sta verificando nel silenzio generale la fine dell’Italia industriale, come predetto da Luciano Gallino. Il pericolo imminente è quello di cedere al capitale estero non solo le industrie ma anche le grandi banche, e di svendere completamente il risparmio italiano. A causa del declino verticale dell’industria e della sofferenza delle banche italiane, e a causa della colpevole inerzia governativa e dei pesanti vincoli europei, il capitalismo nazionale sta diventando un servile vassallo di quello internazionale. E l’Italia rischia così di precipitare definitivamente nel Terzo Mondo. Se l’“Economist” definisce “untangled” (sciolto, smembrato) il capitalismo italiano, sfugge il peso della svolta forzata di Mediobanca, che ha deciso di sciogliere gli accordi incrociati tra le maggiori aziende nazionali: da allora, secondo Enrico Grazzini, il capitalismo italiano si è votato a una sorta di suicidio irreversibile.
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La tripletta di Renzi: Italia senza Senato, Unità e Fiat
Renzi pensa molto di sé ma neppure lui avrebbe creduto a un simile colpo: liberare l’Italia negli stessi giorni, del Senato, dell’Unità e della Fiat. Non era facile perché non c’è apparente legame fra i tre grandi scomparsi, una istituzione, un giornale-memoria e una azienda che, da sola, rappresentava e garantiva l’Italia come paese industriale. Non ditemi che mettere insieme le tre chiusure (o partenze per sempre) è solo una trovata polemica. Renzi è bravo, come dicono tutti (chiamandolo continuamente Matteo perché è così giovane, e dandogli ideali pacche sulle spalle) e se si chiude il Senato è solo per una sua decisione (il perché, dovremo estrarlo dalle macerie); se chiude l’“Unità”, ciò che resta di un pezzo glorioso del suo partito, è perché tutto quel passato di altri gli dà noia; se se ne va la Fiat, un esodo unico in Europa e mai accaduto in un grande paese, è perché il suo disinteresse per ciò che non controlla – o lui o la Boschi – lo innervosisce e, francamente, non gli interessa.Nella loro diversa pesantezza e dimensione, tutti e tre gli eventi hanno un loro aspetto non chiaro (e anzi, misterioso) e stupisce che così tanta parte dei media italiani si prestino a celebrare due degli eventi e a ignorare il terzo. Nonostante la memoria corta di un mondo su cui piovono Twitter e hashtag come la cenere dopo Hiroshima, credo che si ricorderà la fine del Senato. Perché non se ne conosce la ragione; perché c’erano cose ben più urgenti da fare; perché ha sradicato in modo rozzo e violento i molti legami, ascendenze e conseguenze nella Costituzione; perché, come ha detto bene, chiaro e al momento giusto, il capogruppo di Forza Italia Paolo Romani, questa legge porta due firme: quella di Matteo Renzi e quella di Silvio Berlusconi. Lo testimonia un’immagine destinata a restare come quelle dei Marines di Iwo Jima: Maria Rosaria Rossi, di casa Berlusconi, abbraccia Maria Elena Boschi, di casa Renzi, con il furore femminile di poche grandi occasioni della vita.La commenta bene, in un desolato e bellissimo testo, sul “Corriere della Sera” (7 agosto) Corrado Stajano: «Perché, ci si chiede, discutere della legge fondamentale della Repubblica in modo così affannoso e dilettantesco, con il ritmo di una tappa a cronometro su pista, tra minacce e blandizie?». Nell’entusiasmo del momento si erano persino dimenticati che Giorgio Napolitano, a un certo momento, avrebbe dovuto diventare senatore a vita. E la Finocchiaro è dovuta correre indietro a inserire un’eccezione per ex presidenti della Repubblica, che restano d’ora in poi i soli senatori a vita. Ma dove? Nel festoso suk di portatori di interessi nominati dalle Regioni.Intanto Renzi ha chiuso “L’Unità”. Ma quando mai?, ti direbbero al Nazareno, se ti accogliessero e non temessero che qualcuno gli guardi le carte sul tavolo. “L’Unità”, ti direbbero, ha finito la corsa, punto e basta. Svelto com’è, Renzi non ha neanche perduto tempo a verificare se e come l’organo del Partito Democratico svolge il suo ruolo. Sì, qualche volta avrà notato con la coda dell’occhio, che non era tutto scritto da lui, che non c’entrava, neppure dopo anni di Ds e poi di Pd remissivo e sempre pronto a qualche pacificazione, con la nuova vita insieme, lui e Berlusconi, Berlusconi e lui. Non tutti cambiano radicalmente in una o due assemblee, come i membri di direzione del suo partito. Dopo tutto quel giornale ha mai aperto con grande foto del sorriso fisso sulla non realtà della Boschi o della incompetente e dannosa gentilezza della Madia?Diciamo la verità: il giornale stava nei ranghi ma non lo aveva ancora portato in trionfo. E poi, a certe scadenze, veniva fuori con certi ricordi e immagini e voci di cui non senti il bisogno, mentre condividi questa nuova Italia rinnovata e pacificata con Berlusconi. Intanto se i competenti del mondo fanno notare le tue disattenzioni economiche e il rischio grave dell’Italia, sei già circondato di “grandi giornali” italiani detti indipendenti che si occupano di non dirlo. Infine deve avere notato che nessuno, anche tra i più miti redattori dell’“Unità”, era mai stato boy scout. Renzi ha imparato solo la prima parte del celebre motto: “Tutti per uno”. È svelto, e passa subito alla conclusione: chiudere, e farla finita, come gli dice Verdini da un pezzo, con la paccottiglia comunista. La Fiat, che era l’immagine dell’Italia industriale nel mondo e il punto di riferimento per l’industria italiana (se lo fa la Fiat, come fa la Fiat…) si è sfilata con agilità dalle tasse (paga a Londra), dai legami con l’Italia (ha sede amministrativa e legale in Olanda) e dalla produzione (che ha luogo alla periferia di Detroit).Di fronte a un evento di tale enormità i politici non c’erano, non al Parlamento di una o due Camere, non al governo. Renzi lavorava a cambiare verso, a cambiare l’Italia, a forgiare le riforme che tracciano qualche solco ma non si sa per dove. Anche perché gli hanno portato a Palazzo Chigi tre immensi gipponi, che sarebbero destinati alla produzione italiana (famosa nel mondo per la Cinquecento, ricordate?). Ma la produzione italiana non esiste. Piani, progetti e investimenti sono stati tenuti fermi. E gli operai della Fiat, noti nel mondo per il loro lavoro, ora sopravvivono in buon numero con la cassa integrazione di questa Repubblica, mentre la Casa Tudor-Marchionne paga al governo inglese. Renzi? Per lui va bene. Il paese gli sembra più fresco, più giovane. Senza Fiat, senza “Unità”, senza Senato, lui ci ha riportati come bambini al mattino di una giornata che ci promette bellissima. Se righiamo dritto, senza ostruzionismi e senza menarla sulla Costituzione.(Furio Colombo, “Renzi, la tripletta: via Senato, Unità e Fiat”, da “Il Fatto Quotidiano” dell’11 agosto 2014).Renzi pensa molto di sé ma neppure lui avrebbe creduto a un simile colpo: liberare l’Italia negli stessi giorni, del Senato, dell’Unità e della Fiat. Non era facile perché non c’è apparente legame fra i tre grandi scomparsi, una istituzione, un giornale-memoria e una azienda che, da sola, rappresentava e garantiva l’Italia come paese industriale. Non ditemi che mettere insieme le tre chiusure (o partenze per sempre) è solo una trovata polemica. Renzi è bravo, come dicono tutti (chiamandolo continuamente Matteo perché è così giovane, e dandogli ideali pacche sulle spalle) e se si chiude il Senato è solo per una sua decisione (il perché, dovremo estrarlo dalle macerie); se chiude l’“Unità”, ciò che resta di un pezzo glorioso del suo partito, è perché tutto quel passato di altri gli dà noia; se se ne va la Fiat, un esodo unico in Europa e mai accaduto in un grande paese, è perché il suo disinteresse per ciò che non controlla – o lui o la Boschi – lo innervosisce e, francamente, non gli interessa.
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Eutanasia dell’Italia, aspettando l’inferno della Troika
Verrà la Troika e avrà i miei occhi, sembra dire Eugenio Scalfari, che forse trascura l’ultima tragica battuta del “Tamburo di latta”, memorabile film sulla Germania nazista: eravamo un popolo di ingenui, credevamo fosse Babbo Natale e invece quello che bussava alla porta era l’Uomo del Gas. La Troika, peggio dell’orco delle fiabe nere: il braccio armato dell’élite tecno-finanziaria che sta scassinando gli Stati europei riducendoli in miseria e portandogli via tutto. Più che fantascienza, un film dell’orrore. Tutto avviene nella quasi-indifferenza generale. Le televisioni, 24 ore su 24, propongono l’anonimo volto del carneade Renzi, la sua predicazione imbarazzante a cui – questa la notizia – ha creduto, forse per disperazione, il 40% dei votanti alle ultime europee. Lo stellone italiano, Babbo Natale. Ma a bussare alla porta, avverte Ferruccio De Bortoli, sarà proprio lui, l’Uomo del Gas. L’avrebbe confidato ad amici, hanno scritto. Manovra lacrime e sangue in autunno, con prelievo forzoso dai conti correnti degli italiani. Poi, comunque, arriverà la falce della Troika: l’Italia sarà commissariata come la Grecia.Un incubo, annacquato ogni giorno da polemiche minute – la distriba sugli 80 euro, le schermaglie parlamentari – mentre il paese affonda ogni giorno di più. E il peggio è che affonda senza neppure l’onore di una diagnosi con dignità politica, con piena cittadinanza in Parlamento. L’Italia, dicono ormai tutti gli analisti economici indipendenti, sta morendo per un motivo elementare: qualcuno, tra Berlino e Bruxelles, ha deciso di assassinarla. L’arma letale si chiama euro, il killer che la impugna si chiama Troika. Ogni possibile restrizione di bilancio – il pareggio obbligatorio, il tetto del 3%, il Fiscal Compact, la mannaia sulla spesa pubblica vitale – è direttamente riconducibile all’euro. Altre spiegazioni non reggono, eppure c’è ancora chi si attarda in chiacchiere su mafia e corruzione, evasione fiscale e auto blu. Se anche suonassero le sirene antiaeree, nessuno le sentirebbe. Non una sola formazione politica è stata capace di organizzare un fronte culturale, una mobilitazione trasversale, nonostante l’emergere ormai dilagante – non nel mainstream, però, ma solo nelle catacombe del web e nelle assemblee porta a porta – di voci autorevoli di esperti, economisti, ex ministri, intellettuali ed ex dirigenti dello Stato, tutti a dire che l’Eurozona è semplicemente demenziale, criminale, insostenibile. E non è stato un incidente, ma un disegno.Scalfari addirittura la invoca, la Troika, confermando – involontariamente – l’allarme lanciato da De Bortoli, che ha già concordato l’abbandono della direzione del “Corriere della Sera”. Renzi, dal canto suo, sembra in gara col Mostro: taglia il Senato, amputa la democrazia elettorale, predispone la più colossale privatizzazione della storia italiana. Forse, semplicemente, tenta di convincere il Mostro a tenersi lontano dall’Italia: se saranno gli italiani a suicidarsi da soli, forse sarà meno doloroso. Siamo a questo? Letture critiche si intrecciano un po’ ovunque, sui blog. L’ok al mostruoso Juncker? Un boccone alla belva Merkel, per tenerla buona. La battaglia europea per la Mogherini, ben relazionata con Kerry? Un messaggio: confidiamo nella protezione americana contro gli abusi disumani dell’asse franco-tedesco. Realpolitik compensativa: silenzio sulla macelleria di Gaza e su quella in Ucraina progettata da Obama, e avanti tutta con l’adesione al Ttip, il Trattato Transatlantico, negoziato in segreto, che potrebbe segnare la fine del made in Italy. «Renzi è la rovina dell’Italia», avrebbe detto De Bortoli. Senza spiegare, peraltro, chi ne sarebbe la salvezza.Verrà la Troika e avrà i miei occhi, sembra dire Eugenio Scalfari, che forse trascura l’ultima tragica battuta del “Tamburo di latta”, memorabile pellicola sulla Germania nazista: eravamo un popolo di ingenui, credevamo fosse Babbo Natale e invece quello che bussava alla porta era l’Uomo del Gas. La Troika, peggio dell’orco delle fiabe nere: il braccio armato dell’élite tecno-finanziaria che sta scassinando gli Stati europei riducendoli in miseria e portandogli via tutto. Più che fantascienza, un film dell’orrore. Tutto avviene nella quasi-indifferenza generale. Le televisioni, 24 ore su 24, propongono l’anonimo volto del carneade Renzi, la sua predicazione imbarazzante a cui – questa la notizia – ha creduto, forse per disperazione, il 40% dei votanti alle ultime europee. Lo stellone italiano, Babbo Natale. Ma a bussare alla porta, avverte Ferruccio De Bortoli, sarà proprio lui, l’Uomo del Gas. L’avrebbe confidato ad amici, hanno scritto. Manovra lacrime e sangue in autunno, con prelievo forzoso dai conti correnti degli italiani. Poi, comunque, arriverà la falce della Troika: l’Italia sarà commissariata come la Grecia.
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“Per l’Italia si avvicina la fine”, e Rcs silura De Bortoli
Qualcosa di esplosivo sta accadendo nei piani alti del mainstream italiano: a rompere il tabù, prospettando l’arrivo della famigerata Troika, il triumvirato tecnocratico composto da Commissione Ue, Bce e Fmi, è stato il direttore del “Corriere della Sera” Ferruccio De Bortoli. «Il direttore del “Corriere” ci descrive lo scenario che ci aspetta il prossimo autunno», avverte Cesare Sacchetti, «quando vedremo realizzarsi le peggiori nemesi nella manovra economica, che prevederà un probabile prelievo forzoso sui conti correnti». Sarebbe la riedizione del 1992, quando l’allora primo ministro Giuliano Amato «decise di approvare questo furto a danno del risparmio dei cittadini italiani». Solo allora «verrà dichiarata la resa ai tecnocrati». E sarà «messo in un angolo» il governo presieduto da Matteo Renzi, «che non ha vinto nessuna elezione democratica ma è stato nominato dal Capo dello Stato». Tutto questo, mentre i signori della Troika faranno all’Italia quello che fecero nel 2011 alla Grecia, che in cambio dei 50 miliardi ricevuti sta privatizzando tutto: sono all’asta «porti, aeroporti, isole e acquedotti».È questa, scrive Sacchetti su “L’Antidiplomatico”, «la forma più subdola e criminale con la quale il colonialismo finanziario distrugge e depreda gli Stati sovrani, ostaggi di un debito sovrano denominato in una valuta straniera che non possono stampare». Parole profetiche: «Datemi il controllo della moneta di una nazione e non mi importa di chi farà le sue leggi», disse un certo Mayer Amschel Rothschild. Auspicio «portato a compimento nella moderna Eurozona», dal momento che «gli Stati ex-sovrani sono messi nelle condizioni di una colonia: per poter finanziare la propria spesa devono bussare alle porte dei colonizzatori, che vorranno in cambio la linfa economica degli Stati e prenderanno il possesso monopolistico di tutti i settori strategici di quel paese». L’Italia è già da tempo in vendita, e gli investitori stranieri stanno facendo man bassa dei suoi gioielli, «gentilmente offerti dal governo Renzi», come la Cassa Depositi e Prestiti, Poste Italiane (che dismetterà il 40% della partecipazione pubblica), nonché Eni e Enel, «che potrebbero cedere il 5% delle azioni, come annunciato recentemente dal sottosegretario all’economia, Giovanni Legnini».Mentre gli italiani provano a godersi quei pochi spicchi di sole di quest’estate anomala, scrive Sacchetti, l’ipotesi che la Troika venga qui nel Belpaese non è più remota. «Il giorno dopo che De Bortoli ha annunciato questo scenario, Rcs fa sapere che non si avvarrà più della collaborazione del direttore. È stato infranto un vincolo di riservatezza, qualcosa che doveva essere taciuto è stato rivelato». Forse il direttore «ha pagato questa delazione», anche se «l’impressione è quella di un Ponzio Pilato che vuole lavarsi le mani del sangue degli italiani e non intende accollarsi la responsabilità morale di un disastro sociale ed economico senza precedenti». Non passano che pochi giorni dalle scioccanti dichiarazioni di De Bortoli che «il Barbapapà del giornalismo italiano, Eugenio Scalfari», fondatore di “Repubblica”, «ci fa dono di una delle sue memorabili articolesse domenicali, dove si augura una venuta della Troika che “deve combattere la deflazione che ci minaccia”».Per Scalfari, la Troika – proprio lei, la massima responsabile dell’euro-disastro – deve «puntare su una politica al tempo stesso di aumento del Pil, di riforme sulla produttività e la competitività, di sostegno della liquidità e del credito delle banche alle imprese». Scalfari, che non ha ancora digerito la detronizzazione del suo beniamino Letta (con quale cenava, addirittura insieme a Draghi e Napolitano) non manca di inviare un messaggio a Renzi: «Capisco che dal punto di vista del prestigio politico sottoporsi al controllo diretto della Troika sarebbe uno scacco di rilevanti proporzioni, ma a volte la necessità impone di trascurare la vanagloria e questo è per l’appunto uno di quei casi». Parole chiare: caro Renzi, ti è stato affidato un compito ben preciso e non lo stai portando a termine come previsto.«Questo – scrive Sacchetti – il contenuto del messaggio che Scalfari manda al premier, al quale potrebbe essere dato il ben servito molto presto se non esegue pedissequamente le istruzioni che gli sono state date». E la fine che lo attende, se non “obbedisce”, «è quella dei suoi predecessori Monti e Letta, i quali sono stati gettati via come due scarpe vecchie appena diventati inutili». Nessuna sorpresa: «E’ il meccanismo infernale che ha progettato l’élite transnazionale che detesta gli Stati e i popoli che li abitano, considerati alla stregua di una plebe ignorante priva di diritti», conclude Sacchetti. «De Bortoli e Scalfari sanno molto bene quale sarà il trattamento che attende l’Italia e ne stanno discutendo nei primi giorni di agosto, mese ideale per sferrare l’ennesimo calcio nelle gengive agli italiani, distratti dalle vacanze». Al loro ritorno, «potrebbero trovare ciò che è stato conquistato ieri dai loro padri completamente distrutto nel giro di pochi mesi oggi».Qualcosa di esplosivo sta accadendo nei piani alti del mainstream italiano: a rompere il tabù, prospettando l’arrivo della famigerata Troika, il triumvirato tecnocratico composto da Commissione Ue, Bce e Fmi, è stato il direttore del “Corriere della Sera” Ferruccio De Bortoli. «Il direttore del “Corriere” ci descrive lo scenario che ci aspetta il prossimo autunno», avverte Cesare Sacchetti, «quando vedremo realizzarsi le peggiori nemesi nella manovra economica, che prevederà un probabile prelievo forzoso sui conti correnti». Sarebbe la riedizione del 1992, quando l’allora primo ministro Giuliano Amato «decise di approvare questo furto a danno del risparmio dei cittadini italiani». Solo allora «verrà dichiarata la resa ai tecnocrati». E sarà «messo in un angolo» il governo presieduto da Matteo Renzi, «che non ha vinto nessuna elezione democratica ma è stato nominato dal Capo dello Stato». Tutto questo, mentre i signori della Troika faranno all’Italia quello che fecero nel 2011 alla Grecia, che in cambio dei 50 miliardi ricevuti sta privatizzando tutto: sono all’asta «porti, aeroporti, isole e acquedotti».
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De Bortoli: rischio prelievo forzoso, poi arriverà la Troika
Crescita giù, conti pubblici a rischio. Renzi? «La rovina dell’Italia», secondo quanto Ferruccio De Bortoli, direttore del “Corriere della Sera”, avrebbe confidato ad amici. Secondo De Bortoli, il governo Renzi sarà “costretto” a varare in autunno una manovra “lacrime e sangue” da 20 miliardi, cui seguirà la resa sostanziale alla Troika Ue, formata da Commissione Europea, Bce e Fmi, pronta a “mettere le mani nelle tasche degli italiani” anche con un prelievo forzoso dai conti correnti. Che le cose non stiano andando bene, scrive il newsmagazine “Investire Oggi”, lo si capisce dall’intervista che il premier ha rilasciato a “La7” a fine luglio, nella quale ha ammesso che sarà difficile centrare l’obiettivo di crescita dello 0,8% per quest’anno. Tuttavia, il premier ha aggiunto che una crescita dello 0,4% piuttosto che dello 0,8% o dell’1,5% sarebbe «indifferente», perché nulla cambierebbe nella vita ordinaria delle persone. «Se a fare la battuta non fosse il capo di un governo, ci sarebbe da ridere».L’Italia sta precipitando nell’abisso infernale dell’Eurozona: difficile immaginare che per un’economia il cui Pil è del 9% più basso di quello del 2007 e che presenta una disoccupazione prossima al 13%, una crescita zero o una dell’1,5% sia uguale. Comunque sia, perfino Renzi è costretto alle prime ammissioni. Scenario confermato peraltro dal Fmi, secondo cui la crescita italiana per il 2014 non supererebbe lo 0,3%, mentre Bankitalia e Confindustria sono ancora più pessimiste, fermandosi allo 0,2%. Anche l’Istat avverte che la “ripresa” potrebbe non esserci stata nemmeno nel secondo trimestre. «Ormai – scrive Investire Oggi” – non esiste un serio analista che non preveda la necessità di una manovra correttiva a settembre». Per Jp Morgan e Mediobanca, la stangata sarà nell’ordine di 20 miliardi di euro, «che è anche la stessa cifra di cui si parla a porte chiuse nel Pd». Una mazzata secca: «Si vocifera che il ministro dell’economia, Pier Carlo Padoan, stia pensando a un prelievo sugli assegni pensionistici oltre i 3 mila euro all’anno».Secondo alcuni media, poi, alla manovra-tagliola crede anche Ferruccio De Bortoli, che ormai teme la possibile adozione del provvedimento più brutale – il prelievo forzoso – che precederebbe il commissariamento definitivo dell’Italia da parte della Troika europea. Sempre secondo “Investire Oggi”, dello stesso parere sarebbe il super-banchiere Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di sorveglianza di Intesa-Sanpaolo, a sua volta azionista in Rcs, il gruppo editoriale che controlla il “Corriere”. «Potremmo declassare le affermazioni di De Bortoli a semplice sfogo, a boutade, a esagerazioni del tutto personali e senza fondamento», precisa “Investire Oggi”, «ma stiamo parlando non solo del numero uno del principale quotidiano italiano, bensì di colui che gestisce l’organo di informazione dei salotti buoni italiani, che ha perfetta percezione di cosa pensi la finanza nazionale e internazionale». E quindi, «se De Bortoli arriva ad affermare che ci sarà una maxi-manovra da 20 miliardi, che sarà effettuato un prelievo forzoso e che alla fine arriverà la Troika, significa che verosimilmente ha informazioni che lo spingono a esternare simili frasi».http://www.investireoggi.it/economia/prelievo-forzoso-manovra-da-20-miliardi-e-arrivo-della-troika-e-un-incubo-o-la-verita/Crescita giù, conti pubblici a rischio. Renzi? «La rovina dell’Italia», secondo quanto Ferruccio De Bortoli, direttore del “Corriere della Sera”, avrebbe confidato ad amici. Secondo De Bortoli, il governo Renzi sarà “costretto” a varare in autunno una manovra “lacrime e sangue” da 20 miliardi, cui seguirà la resa sostanziale alla Troika Ue, formata da Commissione Europea, Bce e Fmi, pronta a “mettere le mani nelle tasche degli italiani” anche con un prelievo forzoso dai conti correnti. Che le cose non stiano andando bene, scrive il newsmagazine “Investire Oggi”, lo si capisce dall’intervista che il premier ha appena rilasciato a “La7”, nella quale ha ammesso che sarà difficile centrare l’obiettivo di crescita dello 0,8% per quest’anno. Tuttavia, il premier ha aggiunto che una crescita dello 0,4% piuttosto che dello 0,8% o dell’1,5% sarebbe «indifferente», perché nulla cambierebbe nella vita ordinaria delle persone. «Se a fare la battuta non fosse il capo di un governo, ci sarebbe da ridere».
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Sos: il Tesoro accumula miliardi, teme il crac dell’euro?
Siamo venuti a sapere, da fonte interna e autorevole del ministero competente, che il Tesoro italiano sta accumulando una riserva di denaro liquido superiore al momento attuale ai 92 miliardi di euro – con l’obbiettivo di raggiungere i 150 entro fine anno – in vista del tracollo della valuta unica europea. Immagino non sia sfuggito ai più che Banca d’Italia abbia comunicato l’ammontare del debito pubblico, arrivato a 2.166,3 miliardi, e che il motivo dell’impennata sia anche da addebitare agli oltre 14 miliardi accantonati proprio dal Tesoro. Quasi quindici, per la precisione. Perchè? Perchè far crescere il debito per accantonare contanti? Che senso ha? Da notare che nel 2013 la scorta di liquidi di questa funzione centrale dello Stato era molto inferiore: 62,4 miliardi. Ebbene, in un anno è cresciuta del 50% dell’importo precedente. Non si tratta di aggiustamenti di cassa. Quelli, si contano con le virgole.Qua siamo di fronte a una strategia precisa: accantonare un vero “tesoro” nelle casse del Tesoro. E un tesoro in euro, proprio quando la macchina dello Stato ha un disperato bisogno di denaro, ha senso solo se lo si ritiene strategico, così importante da dover aumentare ancor di più il buco complessivo dello Stato. E’ evidente che l’Italia nel suo piccolo stia correndo ai ripari. Si sta cercando di accumulare contanti per provare a impedire l’insolvenza che s’innescherà non appena arriverà l’autunno. Le previsioni fatte dal governo Renzi sono completamente sbagliate. Non per niente, lo stesso Renzi ha concesso un’intervista al “Corriere della Sera” con la quale ha tenuto a “smentire” voci mai girate ufficialmente – e allora perchè smentirle? – di un possibile “commissariamento” dell’Italia da parte della Troika Ue. E le previsioni errate stanno creando una voragine nei conti pubblici, per ora tenuta nascosta.Alcuni quotidiani hanno scritto di 24 miliardi di buco nei conti. Altri giornali si sono spinti a parlare di “manovra autunnale”. La verità è un’altra. La recessione non sta dando tregua e i dati sono tutti convergenti: l’Europa dell’euro è avviata a un inasprimento della crisi, ora arrivata ad aggredire il cuore della macchina economica europea: la produzione industriale. E’ in forte calo ovunque sia in circolazione l’euro. E anche i fondamentali sono da brivido: quando i Btp italiani arrivano a rendere circa come i titoli di Stato degli Stati Uniti d’America, voi capite che sta accadendo qualcosa di folle. La follia consiste nel tenere artificialmente in equilibrio valori finanziari che sarebbero del tutto squilibrati, se affidati al mercato o, se si preferisce, se rispecchiassero davvero la realtà. Quindi, che accadrà questa estate? Rimarrà tutto com’è ora o s’inizierà a vedere all’orizzonte la tempesta? Francamente, ho la netta sensazione che questo agosto sarà molto, molto simile all’agosto del 2008. Poi, il 15 settembre arrivò il crac della Lehman Brothers. E il 15 settembre 2014 riapriranno le porte del Parlamento dopo la pausa estiva…(Max Parisi, “Il Tesoro italiano sta accumulando una montagna di soldi in previsione del crac dell’euro”, da “Il Nord” del 14 luglio 2014).Siamo venuti a sapere, da fonte interna e autorevole del ministero competente, che il Tesoro italiano sta accumulando una riserva di denaro liquido superiore al momento attuale ai 92 miliardi di euro – con l’obbiettivo di raggiungere i 150 entro fine anno – in vista del tracollo della valuta unica europea. Immagino non sia sfuggito ai più che Banca d’Italia abbia comunicato l’ammontare del debito pubblico, arrivato a 2.166,3 miliardi, e che il motivo dell’impennata sia anche da addebitare agli oltre 14 miliardi accantonati proprio dal Tesoro. Quasi quindici, per la precisione. Perchè? Perchè far crescere il debito per accantonare contanti? Che senso ha? Da notare che nel 2013 la scorta di liquidi di questa funzione centrale dello Stato era molto inferiore: 62,4 miliardi. Ebbene, in un anno è cresciuta del 50% dell’importo precedente. Non si tratta di aggiustamenti di cassa. Quelli, si contano con le virgole.
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Pareggio di bilancio, tasse e crisi: Renzi si piega all’Ue
Più tasse, più crisi, meno lavoro: l’Italia dovrà affrontare nuovi “sacrifici umani” per piegarsi alla legge del pareggio di bilancio entro il 2015. Gli elettori che hanno votato il Pd di Renzi alle europee sono serviti: lo schermo della propaganda è crollato col verdetto dell’Ecofin, dopo l’inutile presenza del premier italiano all’ultimo vertice di Bruxelles. Almeno altri 2 miliardi di euro da trovare, a partire dalla finanziaria di ottobre. «Mentre il presidente del Consiglio era a Bruxelles per negoziare, a parole, maggiori margini di flessibilità all’interno del rispetto dei trattati esistenti – scrive “Libero” – contemporaneamente lo stesso vertice sanciva nero su bianco la bocciatura alla prima e unica richiesta formale fatta dal governo di deroga ai patti europei». Di fatto, sono state vanificate le richieste del ministro Padoan, che voleva far slittare dal 2015 al 2016 il pareggio di bilancio strutturale. Ora, con la bocciatura dell’Ue, l’Italia avrà un anno in meno per comprimere ulteriormente la spesa pubblica e mettere in croce famiglie e aziende.Per rispettare il trattato-capestro, continua il quotidiano milanese, servono coperture per il bonus Irpef, i famosi 80 euro. Soprattutto, al governo occorrono le risorse per rendere strutturale il bonus, ma all’appello mancano 20 miliardi. Il guaio è che il pareggio di bilancio, aberrazione tecnocratica che deprime l’economia devastando il tessuto produttivo del paese, è stato inserito nella Costituzione italiana già nel 2012 col voto unanime di Pd, Pdl e terzo polo: da quel momento, solo «eventi eccezionali» possono giustificare il «ricorso all’indebitamento», ricorda “Pagina 99”. La catastrofe discende dal Trattato di Maastricht, di impronta “feudale” e neoliberista, che mira ad azzerare la sovranità pubblica per sabotare la missione socio-economica dello Stato, storico garante del benessere diffuso, lasciando mano libera al super-potere dell’élite finanziaria e delle sue multinazionali. Determinante l’adozione della moneta unica, che sottrae allo Stato la capacità di far fronte alla spesa sociale e sostenere gli investimenti strategici – welfare, istruzione, sanità, infrastrutture – che hanno guidato lo sviluppo del dopoguerra in tutto l’Occidente grazie al ricorso al deficit positivo, la leva strategica e democratica del debito pubblico.A partire da Maastricht, l’oligarchia che condiziona i politici insediati a Bruxelles ha disposto la storica limitazione del 3% nel rapporto tra deficit e Pil. Cinque anni dopo, nel 1997, il tetto del 3% – che non corrisponde ad alcun criterio economico ma è solo un’indicazione politica per indebolire gli Stati, esponendoli allo strapotere delle corporation – è stato recepito nel Patto di Stabilità e Crescita. «Le cose sono cambiate con il grande crack del 2008», aggiunge “Pagina 99”. «Che la crisi dei debiti sovrani europea sia stata figlia di finanze pubbliche fuori controllo è una tesi più controversa di quanto possa sembrare ad un primo sguardo: può forse attagliarsi al caso della Grecia, ma assai meno – ad esempio – a quello dell’Irlanda, dove il debito pubblico è stato gonfiato proprio dagli interventi a soccorso del settore finanziario privato». In ogni caso, continua il giornale, i piani di salvataggio varati dall’Unione Europea per gli Stati maggiormente in difficoltà hanno determinato la richiesta di una contropartita da parte del paese che più ha contribuito, in termini finanziari, alla loro realizzazione: la Germania.Da qui, l’imposizione di regole sempre più stringenti sulla finanza pubblica: dal 13 dicembre 2011 è in vigore il cosiddetto Six-pack, un pacchetto di regolamenti ripresi successivamente anche dal Fiscal Compact, che punta ad azzerare il deficit. «Il disavanzo strutturale è differente dal semplice rapporto deficit-Pil», precisa “Pagina 99”, perché corretto dall’impatto del ciclo economico e delle misure una tantum e temporanee: «Ad esempio, nel caso dell’Italia, il Def appena approvato dal Parlamento riferisce che l’indebitamento netto strutturale sarà del -0,6% nel 2014, a fronte di un rapporto deficit-Pil del -2,6%». È la prima di queste due variabili che doveva essere azzerata entro il 2015, secondo quanto programmato dal governo Letta. Ed è a questo medesimo dato che ha fatto riferimento Padoan nella sua missiva indirizzata alla Commissione Europea, sonoramente bocciata. «Il Fiscal Compact ha ulteriormente irrigidito questo percorso, imponendo ai paesi sottoscrittori di inserire il pareggio di bilancio nei rispettivi ordinamenti nazionali, ad un livello costituzionale».Comunque, osserva Daniele Basciu sul blog “Economia Mmt”, era tutto già scritto nel Def varato da Renzi ad aprile 2014: nel documento, messo a punto da un ministro come Padoan (tecnocrate iper-liberista proveniente dall’Ocse, con alle spalle “ricette” per indebolire gli Stati a vantaggio dei colossi finanziari) il governo aveva già previsto, da qui al 2018, di aumentare le tasse e l’avanzo primario, «cioè preleverà più tasse di quanto spenderà». In presenza di risparmio sulla spesa pubblica, ricorda Basciu, è necessario che ci siano dei deficit a controbilanciare il risparmio stesso, perchè ci sia la piena occupazione. Viceversa, senza più deficit, la strada della disoccupazione è segnata. «Il governo Renzi aveva quindi già deciso di non fare deficit, cioè aveva deciso di impegnarsi ad aumentare i disoccupati e i fallimenti delle aziende, che chiuderanno per diminuzione di clienti in grado di spendere e fare acquisti». Con buona pace degli ingenui elettori di Renzi, che «sono completamente all’oscuro del funzionamento di un’economia moderna».Per Basciu, seguace della Modern Money Theory di Warren Mosler introdotta in Italia da Paolo Barnard, quella degli elettori Pd è «una specie di tribù convinta che, recitando certe litanie e formule su “Sky” e sul “Corriere della Sera”, l’economia magicamente si rimetta in moto: sono i flagellanti delle processioni sacre, che mentre il celebrante recita i riti si battono sulla schiena con dei giunchi per propiziarsi la divinità». Ma questa non è più economia, protesta il blogger: è antropologia. «Il Def è il testo sacro, subordinato a Trattato di Maastricht e al Fiscal Compact, testi sacri di ordine superiore in cui sono scritte le regole. Il ruolo dell’officiante è trovare le formule per rivolgersi alle masse». Così Renzi dichiara: «O l’Europa cambia direzione di marcia o non esiste possibilità di sviluppo e crescita», ma si contraddice nello stesso discorso, aggiungendo: «Noi non chiediamo di violare la regola del 3%». Ergo, «Renzi farà l’austerity, come i testi sacri prescrivono», e di fatto «promette meno deficit, quindi più disoccupati».Ma l’elettore di Renzi che ha in casa un figlio disoccupato o un parente artigiano che chiude perchè non ha più clienti? Niente paura, «assiste alla celebrazione del rito ed è felice, sta bene: “C’è qualcuno”, pensa, “che si prende cura di me”». Qualcuno della “scuola” di Padoan, beninteso, che tratta lo Stato come se fosse una famiglia o un’azienda, cioè un soggetto economico per il quale il risparmio è virtù, mentre il debito è un problema. Fingendo di non sapere che tra famiglie e aziende il denaro può solo passare di mano in mano, mentre lo Stato sovrano il denaro lo crea in quantità teoricamente illimitata, per far fronte ai bisogni della società, tenendo conto della salute del sistema produttivo. In teoria, la missione dello Stato democratico è la piena occupazione: quella che i neoliberisti vogliono cancellare dalla storia, inserendo anche nelle nostre Costituzioni il cancro del pareggio di bilancio, cui ora l’Unione Europea obbliga l’Italia di Renzi, senza sconti.Più tasse, più crisi, meno lavoro: l’Italia dovrà affrontare nuovi “sacrifici umani” per piegarsi alla legge del pareggio di bilancio entro il 2015. Gli elettori che hanno votato il Pd di Renzi alle europee sono serviti: lo schermo della propaganda è crollato col verdetto dell’Ecofin, dopo l’inutile presenza del premier italiano all’ultimo vertice di Bruxelles. Almeno altri 2 miliardi di euro da trovare, a partire dalla finanziaria di ottobre. «Mentre il presidente del Consiglio era a Bruxelles per negoziare, a parole, maggiori margini di flessibilità all’interno del rispetto dei trattati esistenti – scrive “Libero” – contemporaneamente lo stesso vertice sanciva nero su bianco la bocciatura alla prima e unica richiesta formale fatta dal governo di deroga ai patti europei». Di fatto, sono state vanificate le richieste del ministro Padoan, che voleva far slittare dal 2015 al 2016 il pareggio di bilancio strutturale. Ora, con la bocciatura dell’Ue, l’Italia avrà un anno in meno per comprimere ulteriormente la spesa pubblica e mettere in croce famiglie e aziende.
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Fini: media cialtroni, smascherati solo se la crisi precipita
Credo che l’informazione sia finita. Non il nostro mestiere, ma l’informazione. L’informazione è finita per eccesso di informazione. È quello che ti insegnano al primo anno di economia: il primo cucchiaio di minestra ti salva la vita, il secondo ti nutre, il terzo di fa piacere, ma, alla lunga, il decimo ti uccide. Noi siamo attraversati di continuo da messaggi, non solo di tipo informativo, ma anche pubblicitari, per cui non riusciamo più a ritenere nulla di quel che leggiamo. Qualche anno fa lessi un articolo americano che spiegava come i giovani cresciuti in era pre-televisiva avessero una quantità di informazioni molto superiore ai loro coetanei nati dopo. Non parlo di qualità, ma di quantità. È un processo naturale, oserei dire di difesa. Come non puoi emozionarti di tutto, così non puoi ritenere tutto. Non credo che sia una morte definitiva, perché non c’è mai nulla di definitivo, però per gli anni a venire sono molto pessimista, non per difetto, ripeto, ma per eccesso.I veri cambiamenti avvengono soltanto quando ci si ritrova in condizioni di crisi veramente profonda. Se ci fosse una crisi economica veramente forte, e adesso non ci siamo ancora, allora forse le persone si sveglierebbero e non farebbero come adesso, che tirano a campare. E questo vale per tutto, non soltanto per l’informazione. L’informazione è un campo strano: se leggi soltanto quella mainstream sai che al 90 per cento è taroccata, se invece cerchi in rete ti ritrovi con una massa talmente vasta di informazioni che non sai più nemmeno come gestirla. Qual è l’errore peggiore che può fare un giornalista? Non scrivere quello che vede e non dire quello che pensa, senza dimenticare mai che quello che pensa non è la verità assoluta, visto che non c’è nessuna verità. La cosa peggiore che può fare un giornalista è non essere onesto. Io l’ho sempre detto: se in un’inchiesta dovessi scoprire che mia madre è una puttana, scriverei che mia madre è una puttana. Questo deve fare il giornalista.Naturalmente non c’è una verità oggettiva, non esiste, ma questo è un tema più profondo, qui sfociamo nella metafisica. C’è un bellissimo film degli anni Cinquanta di Akira Kurosawa che si chiama Rashomon. Kurosawa ti fa vedere la scena di un samurai e di sua moglie che vengono aggrediti in un bosco. Lei viene stuprata e lui ucciso. Poi c’è il processo, e al processo ognuno racconta la sua verità. E Kurosawa ti fa vedere ogni volta la stessa scena, senza cambiare una virgola, ma ogni volta la verità è diversa. L’onestà intellettuale è un atteggiamento mentale che dovrebbe rappresentare la normalità. Significa trattare nello stesso modo chi ti sta simpatico e chi ti sta antipatico. Una cosa se secondo te è sbagliata, o giusta, lo devi riconoscere indipendentemente da chi la fa. Questo vuol dire essere coerente e onesto intellettualmente, se no fai l’agitatore, che è un altro mestiere.Il grande corruttore in questo senso è stato Eugenio Scalfari, il quale incominciò a dire una cosa per poi dire il suo contrario sei mesi dopo, finché arrivò all’apice assoluto e, in un articolo su Bettino Craxi, scrisse una seconda parte in cui riusciva a smentire ciò che lui stesso aveva detto nella prima. Un tempo questo non sarebbe stato possibile, perché come diceva Giorgio Bocca esisteva una “società degli eccellenti”. È un concetto da prendere con le molle, ma insomma, certe cose non le potevi fare, se no eri squalificato. Poi è saltato tutto, e infatti lo vediamo nel giornalismo di oggi, ma anche nella politica. «Stai sereno», dice Renzi a Letta, e dopo due giorni gli ha preso il posto. Ecco, almeno per queste cose, un tempo l’Italia era diversa, c’erano delle regole, anche non scritte, ma certe cose non le potevi fare. E non solo nel giornalismo, anche nella vita quotidiana. Era un’Italia, quella dei Cinquanta e Sessanta, in cui l’onestà era un valore per tutti: per la borghesia, se non altro perché dava credito, per il mondo contadino, in cui se venivi meno alla parola data o a una stretta di mano venivi escluso dalla comunità, e anche per le classi medie e il proletariato.Quale è stato il punto di rottura? Il boom economico, l’idolatria del quattrino. L’idolatria del quattrino ha cambiato gli italiani radicalmente: ora ci si vende per niente. Lo vediamo tutti i giorni, i recenti scandali che abbiamo visto ne sono la prova. Il dio quattrino è diventato l’unico idolo condiviso di questo paese. Questa è la verità. Il giornalismo e gli intellettuali – uh, che brutta parola – hanno delle responsabilità gravissime, forse maggiori della stessa classe politica. Gli intellettuali hanno tradito il loro compito, il loro mestiere. E qual è il mestiere dell’intellettuale o del giornalista è, per usare una vecchia formula un po’ usurata, quella del cane da guardia del potere, il controllore. Un ruolo che in alcune parti del mondo ancora esiste, penso agli Stati Uniti, paese che detesto per molti motivi, ma a cui bisogna dare questo merito: la stampa, o almeno, delle parti della stampa sembrano ancora avere l’indipendenza minima, quella che ti permette quando parli dell’Afghanistan, per esempio, di criticare l’operato del tuo governo e del tuo esercito.In Italia la stampa ha smesso da molto tempo di fare il suo mestiere, è totalmente versipelle, ma ci sono esempi di tutti i tipi. Giuliano Ferrara direi che ne è l’emblema, perché è una persona intelligente, anche se in questo caso l’intelligenza mi sembra una aggravante più che un’attenuante. In ogni caso, è questo mondo quello di cui parlo: i Ferrara, i Della Loggia, i Panebianco, i Battista e via dicendo, sono loro che hanno squalificato il lavoro del giornalista. Ma ci sono anche esempi positivi, penso ai Rizzo, agli Stella, che hanno fatto parecchia gavetta e che sono degli ottimi giornalisti. Il problema è che restano in uno stato di perenne gavetta, non avranno mai il peso che può avere un editorialista del “Corriere della Sera”, che poi non si sa nemmeno più perché debbano essere loro gli editorialisti del “Corriere”.Qual è il prezzo che un giornalista paga per difendere la propria onestà intellettuale? Come paga? Be’, con la marginalizzazione, l’estromissione, l’annullamento. Del resto, non si può fare la rivoluzione con la mutua, come pretendevano quelli del ‘68. Se ti metti contro devi essere disposto a pagarne il prezzo, e il prezzo è quello. Una nuova generazione di giornalisti potrà cambiare le cose? È molto difficile. Prima di tutto perché è difficilissimo entrare. Una volta assumevi il figlio del collega o il nipote di un politico, ma insieme assumevi anche uno bravo. Adesso quelli bravi fanno molta più fatica. Forse il web sarà utile in questo senso, per creare qualcosa di nuovo e indipendente, anche se la rete ha tutta una serie di problemi che non rendono affatto facile emergere. Con l’abbondanza che può offrire il web farsi notare è sempre più un’impresa eccezionale.Ci sono tantissimi finti anticonformisti in Italia, ci sono sempre stati, e se ne stanno benissimo incistati in quello che si chiama pensiero unico, che non sanno nemmeno bene che cos’è. È il pensiero uscito dalla rivoluzione industriale, che si basa su una distinzione netta tra destra e sinistra, che sono in realtà due facce della stessa medaglia. Questo quando sono onesti intellettualmente. Quando sono disonesti sembrano anche la stessa faccia, perché fondamentalmente si conformano al potente del momento. È normale, è quello di cui parlava Flaiano quando diceva “salire sul carro del vincitore”. Adesso c’è Renzi, prima c’era Berlusconi, poi chi sa chi ci sarà. Una volta i giornali davano spazio anche a personaggi eterodossi. Certo li usavano come foglia di fico, ma almeno li facevano scrivere. Pensa all’esempio di Pasolini, che ha scritto cose micidiali sulle pagine del “Corriere della Sera”, opinioni eterodosse che oggi non hanno più spazio. Questo tipo di intellettuale è esistito in Italia per molto tempo. Mi vien da pensare anche a una parte della carriera di Bocca, o di Montanelli. Adesso però io non riesco a vedere personaggi di questo genere, di questa statura intellettuale. Insomma, o fai parte della compagnia del giro, quella dei Fazio, dei Saviano, dei Gramellini, o non avrai spazio. Per avere spazio devi essere cooptato da qualcuno.(Massimo Fini, dichiarazioni rilasciate ad Andrea Coccia per l’intervista “I giornalisti? Sono più disonesti dei politici”, pubblicata da “Linkiesta” il 15 giugno 2014).Credo che l’informazione sia finita. Non il nostro mestiere, ma l’informazione. L’informazione è finita per eccesso di informazione. È quello che ti insegnano al primo anno di economia: il primo cucchiaio di minestra ti salva la vita, il secondo ti nutre, il terzo di fa piacere, ma, alla lunga, il decimo ti uccide. Noi siamo attraversati di continuo da messaggi, non solo di tipo informativo, ma anche pubblicitari, per cui non riusciamo più a ritenere nulla di quel che leggiamo. Qualche anno fa lessi un articolo americano che spiegava come i giovani cresciuti in era pre-televisiva avessero una quantità di informazioni molto superiore ai loro coetanei nati dopo. Non parlo di qualità, ma di quantità. È un processo naturale, oserei dire di difesa. Come non puoi emozionarti di tutto, così non puoi ritenere tutto. Non credo che sia una morte definitiva, perché non c’è mai nulla di definitivo, però per gli anni a venire sono molto pessimista, non per difetto, ripeto, ma per eccesso.
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Travaglio: Gelli un dilettante, nella monarchia di Giorgio I
«Chiediamo umilmente scusa a Gelli e ai suoi fratelli per aver demonizzato il loro progetto di Repubblica presidenziale: i piduisti, compreso il povero B. che ci sta ancora provando, erano soltanto dei precursori, tra l’altro piuttosto timidi e minimalisti, della nostra bella Monarchia presidenziale». Così Marco Travaglio commenta l’ultima doppia iniziativa di Napolitano, che il 18 giugno «ha riunito il Consiglio Supremo di Difesa per esautorare ancora una volta il Parlamento, ridurlo a scendiletto del governo Usa e ordinare di non ridurre di un centesimo gli stanziamenti miliardari per acquistare gli inutili anzi dannosi F-35». Non solo, l’uomo del Colle «ha inviato una lettera segreta al fido vicepresidente del Csm Michele Vietti» per bloccare l’azione disciplinare invocata da ben due commissioni parlamentari contro il procuratore di Milano, Bruti Liberati. «Gli F-35 si comprano perché lo dice lui, Bruti si salva perché lo dice lui». Protesta Travaglio: «In una democrazia parlamentare degna di questo nome, fondata sulla divisione dei poteri, i presidenti delle Camere reagirebbero all’istante contro l’ennesima invasione di campo».Allo stesso modo, continua Travagalio, il Csm «accoglierebbe la lettera del presidente come l’interessante parere del primus inter pares, il cui voto vale 1 esattamente come quello degli altri consiglieri». Invece, «tutti si comportano come in una monarchia assoluta, dove il sovrano può tutto». Anche con Renzi, che all’inizio «vantava una certa autonomia» dal Quirinale, ora secondo “Repubblica” «è scoccata una scintilla, una strana alchimia, una singolare emulsione di sintonie e affinità». Aggiunge Travaglio: il bello è che la lettera di Napolitano al Csm «è più misteriosa del terzo segreto di Fatima: la conoscono Lui, Vietti e due giornali amici ammessi agli arcana imperii (“Corriere” e “Repubblica”, che ne anticipano il contenuto ma non il testo)». Bei tempi, prosegue Travaglio, quando i presidenti «parlavano con messaggi alle Camere, comunicati ufficiali, esternazioni pubbliche». Ora invece «piovono pizzini scritti in codice iniziatico e riservati a pochi adepti in grado di decrittarli, al di fuori di ogni controllo democratico, tanto anche gli esclusi dal cerchio magico eseguono senza fiatare».Altri tempi, quando – il 14 novembre ’91 – il presidente Cossiga proibì al vicepresidente del Csm Galloni di mettere all’ordine del giorno del plenum alcune pratiche a lui sgradite e mandò i carabinieri a Palazzo dei Marescialli a far sgombrare l’aula in caso di disobbedienza ai suoi ordini: «Violante avviò le pratiche per l’impeachment, accusandolo di alto tradimento e attentato alla Costituzione, Napolitano ne chiese le dimissioni e l’Anm scese in sciopero contro la grave violazione costituzionale». Oggi invece il mainstream politico e giornalistico tace e acconsente, senza dimenticarsi di bastonare Grillo e il M5S, «trattati come appestati da sempre», ma ancor più da quando hanno annunciato l’accordo tecnico, al Parlamento Europeo, coi nazionalisti inglesi dell’Ukip e con altri esponenti di destra svedesi, francesi e lituani. «Intanto il segretario e premier del Pd Matteo Renzi annuncia tra carnevali di Rio e gridolini di giubilo l’accordo politico-istituzionale, al Parlamento italiano, per la riforma del Senato (e dunque della Costituzione) con Forza Italia, guidata da un frodatore fiscale».Riforma «ideata da un pregiudicato per mafia», Dell’Utri, «recluso nello stesso carcere di Riina». Le manovre per il nuovo Senato sono appoggiate dalla Lega Nord, di cui i media evitano accuratamente di ricordare che è alleata in Europa col Front National di Marine Le Pen, che lo stesso mainstream definisce populista, xenofobo, razzista e fascista. Pesi e misure: «L’anno scorso Adam Kabobo uccise a picconate tre passanti a Milano: il segretario della Lega Nord Matteo Salvini gli augurò di “marcire in prigione”. Martedì Davide Frigatti ha ucciso un passante a coltellate e ne ha feriti altri due a Cinisello Balsamo: Salvini ha educatamente chiesto se non sia “il caso di riaprire delle strutture dove accogliere e curare i malati di mente”. Il fatto che Kabobo sia ghanese e Frigatti padano è puramente casuale», ironizza Travaglio. E che dire di Alfano? «Un mese fa il leader Ndc ha candidato alle europee il governatore dimissionario della Calabria, Giuseppe Scopelliti, condannato in primo grado per abuso d’ufficio, con la decisiva motivazione che “è un presunto innocente” e “noi siamo garantisti”. Lunedì il ministro garantista Alfano ha annunciato via Twitter la cattura dell’“assassino di Yara Gambirasio”, mai condannato in primo grado né imputato, ma solo indagato. Però, non trattandosi di un politico e non militando (che si sappia, almeno) nell’Ncd, è già colpevole prim’ancora del processo».Il 28 marzo 2013 “L’Unità”, organo del Pd, titolò a tutta prima pagina: “Patto Grillo-Berlusconi: fermare il cambiamento”. «La notizia era palesemente falsa – protesta Travaglio – ma non fu mai rettificata dall’house organ allora bersaniano e ora renziano». Neppure quando, il 20 aprile 2013, fu siglato il “patto Pd-Berlusconi” per “fermare il cambiamento” con la rielezione dell’ottantottenne Napolitano, o quando – il 24 aprile 2013 – fu firmato il “patto Pd-Berlusconi” sempre per “fermare il cambiamento” col governo Letta di larghe intese. Nessun soprassalto di sincerità neppure il 19 gennaio 2014, quando al Nazareno fu sottoscritto il “patto Pd-Berlusconi” per “fermare il cambiamento” con l’Italicum (liste bloccate, peggio ancora che col Porcellum) e il Senato delle Autonomie (non più eletto dai cittadini, ma nominato dalla Casta). Silenzio anche nei giorni scorsi «quando una telefonata fra Renzi e il Caimano ha confermato il “patto Pd-Berlusconi” per “fermare il cambiamento”», conclude Travaglio: «Coraggio, compagni dell’ “Unità”, siete ancora in tempo».«Chiediamo umilmente scusa a Gelli e ai suoi fratelli per aver demonizzato il loro progetto di Repubblica presidenziale: i piduisti, compreso il povero B. che ci sta ancora provando, erano soltanto dei precursori, tra l’altro piuttosto timidi e minimalisti, della nostra bella Monarchia presidenziale». Così Marco Travaglio commenta l’ultima doppia iniziativa di Napolitano, che il 18 giugno «ha riunito il Consiglio Supremo di Difesa per esautorare ancora una volta il Parlamento, ridurlo a scendiletto del governo Usa e ordinare di non ridurre di un centesimo gli stanziamenti miliardari per acquistare gli inutili anzi dannosi F-35». Non solo, l’uomo del Colle «ha inviato una lettera segreta al fido vicepresidente del Csm Michele Vietti» per bloccare l’azione disciplinare invocata da ben due commissioni parlamentari contro il procuratore di Milano, Bruti Liberati. «Gli F-35 si comprano perché lo dice lui, Bruti si salva perché lo dice lui». Protesta Travaglio: «In una democrazia parlamentare degna di questo nome, fondata sulla divisione dei poteri, i presidenti delle Camere reagirebbero all’istante contro l’ennesima invasione di campo».
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Barnard: neo-feudalesimo, chi e perché ci ha rovinato
Il complotto. Una parola trasformatasi in un’arma micidiale ai danni di chi studia, denuncia e lotta contro il Vero Potere. E’ usata da giornalisti, soprattutto, quelli che dalle pagine dei grandi quotidiani e dagli schermi Tv ammiccano sorrisetti spregiativi quando quelli come me parlano di Unione Europea criminale, di progetto Neoclassico e infine di Neofeudalesimo. Ci tacciano di essere dei fantasisti o pazzoidi che parlano di complotti, sciocchezze… suvvia, siamo seri. Io (e pochissimi altri) denuncio cose che volano in effetti chilometri sopra la comprensione comune della gente. Esse sono così distanti dal ‘ragionevole’, dal ‘plausibile’, che è gioco facile, per coloro che sanno invece benissimo che quello che io denuncio è vero, squalificarmi come complottista. E allora l’Olocausto?Il massimo storico dell’Olocausto mai esistito si chiamava Prof. Raul Hilberg. Il suo monumentale volume “La Distruzione degli Ebrei d’Europa” racconta fra la tante cose un fatto proprio ‘irragionevole’ e ‘non-plausibile’, una cosa che si direbbe pazzesca. Ed è che, nella civilissima Germania degli anni ’40 del XX secolo, la macchina mostruosa dell’Olocausto si compose precisamente di due componenti: a) di un’ideologia divenuta fede – cioè che l’ebreo andava eliminato per la salvezza del continente Europa; b) e di una, si faccia attenzione!, macchina burocratica di sterminio AUTOPROPAGATASI autopropagatosi, cioè non comandata dall’alto né pianificata dai vertici nazisti. Ovvero di un moto perpetuo e autonomo che creava pezzi della macchina di sterminio man mano che questo moto passava da una testa all’altra, da una burocrazia all’altra, da una regione all’altra, da un’autorità locale all’altra, in Germania come in Polonia.Nessun decreto di Hitler con le parole “gassateli”, nessun comando berlinese di ingegneri pianificatori dei campi di concentramento, nessuna riunione del Terzo Reich dove ogni sei mesi si faceva il punto dello sterminio. Ma, ripeto, un moto AUTOPROPAGATOSI autopropagatosi da un’ideologia/fede e che ha finito col ricomporsi SPONTANEAMENTE spontaneamente in un Olocausto gestito da migliaia di pezzetti burocratici autonomi senza alcuna gestione centrale. Non so se vi è chiaro, ma tutto questo ha dell’incredibile, eppure fu così, lo decreta il massimo storico del Nazismo mai esistito. Ora… immaginate se un’autorità della statura immensa come quella del Prof. Raul Hilberg avesse scritto di tutto ciò, previsto tutto ciò, negli anni dell’ascesa al potere di Hitler. Ma è straovvio: lo avrebbero squalificato come un mentecatto delirante e un complottista, probabilmente anche dagli stessi ebrei tedeschi. Facile, come bere un bicchier d’acqua.E qui arrivo al nostro NEOFEUDALESIMO Neofeudalesimo. Il mio lavoro di oggi, dopo il saggio “Il Più Grande Crimine 2011”, sta svelando una pianificazione di quasi un secolo da parte delle élite Tradizionaliste Neofeudali europee, cioè il Vero Potere, per riprendersi il dominio perduto dall’Illuminismo in poi; per, soprattutto, re-imporre alle “masse ignoranti” d’Europa un GIUSTO ORDINE giusto ordine che ne avrebbe evitato, a loro parere, la degenerazione in un modello di ‘depravata democrazia all’americana’. Il GIUSTO ORDINE giusto ordine significava e significa oggi per loro l’assoluto controllo di una élite non-eletta su centinaia di milioni di cittadini europei sempre più impoveriti, e quindi resi servi impotenti. E lo strumento che queste élite Neofeudali hanno usato per portare al successo quella pianificazione è l’UNIONE MONETARIA EUROPEA Unione Monetaria Europea, oggi chiamata Eurozona, che infatti sta ottenendo la devastazione della democrazia e degli standard di vita in tutta Europa, con crolli di quegli standard e dell’economia della piccola-media borghesia di proporzioni indicibili. Ebbene, ricordate Hilberg: facile per i tromboni servi del Vero Potere ridicolizzare me e le mie autorevoli fonti accademiche come complottisti. Ma non lo siamo. Noi vi stiamo raccontando il prossimo Olocausto, dove nei campi di sterminio è già oggi finita la DEMOCRAZIA democrazia.Elite Tradizionaliste Neofeudali: da dove nascono? E cosa hanno fatto?Per semplificare un racconto immenso, parto dal New Deal di Franklyn D. Roosevelt. Quando la notizia di quella rivoluzione sociale ed economica americana giunse in Europa, essa fu accolta dai discendenti delle famiglie dominanti e dai maggiori capitani d’industria, i Tradizionalisti Neofeudali, con orrore. Niente meno che orrore. Ma che stava facendo quel pazzo degenerato di Roosevelt?, pensarono. Dio! Stava usando i soldi dello Stato per creare dei “falsi diritti” per le “masse ignoranti”, per i disoccupati, e gli stava migliorando lo standard di vita! Questo era anatema per Tradizionalisti Neofeudali, per due motivi: lo Stato Usa, poiché possessore di una moneta sovrana, aveva in mano uno strumento di potere di fuoco infinito per far avanzare proprio le spregevoli “masse ignoranti”, e questo poteva contagiare anche gli Stati d’Europa. Andava evitato a tutti i costi; e una volta che le “masse ignoranti” avessero ottenuto abbastanza diritti e benessere, sarebbero divenute troppo potenti e avrebbero definitivamente distrutto i VALORI DEL GIUSTO ORDINE SOCIALE valori del giusto ordine sociale perduto dopo il crollo dei feudalesimi a favore della democrazia.Questi valori sono: a) sottomissione delle “masse ignoranti” alla superiore saggezza delle élite non-elette, che le governa attraverso istituzioni SOVRANAZIONALI sovranazionali rette da tecnocrati fedeli ai Tradizionalisti Neofeudali (vi dice già qualcosa….?); b) una vita di permanente povertà o scarsità delle “masse ignoranti” per non alzare troppo la testa sopra il regno della Chiesa vaticana, fedele alleata della restaurazione del GIUSTO ORDINE giusto ordine; c) da quella scarsità doveva venire paura e insicurezza continua delle “masse ignoranti” per cementare tutto ciò. Un esempio concreto: essi pensarono che con “masse ignoranti” rese benestanti ‘all’americana’ non sarebbe più stato possibile spedire milioni di poveracci a crepare come maiali al macello nelle trincee di una guerra Neofeudale (I Guerra Mondiale), o in avventure coloniali dello stesso stampo; non sarebbe più stato possibile estrarre manodopera della gleba per i loro conglomerati industriali.Ora ecco chi erano i Tradizionalisti Neofeudali. Il primo gruppo si riunì fra le due Grandi Guerre attorno al Comité des Forges in Francia, finanziato dalla famiglia Wendel e dai tedeschi Krupp, con interventi finanziari di non poco conto della Banca di Francia. Erano politici, principalmente, ma raccoglievano le idee di pensatori noti, da Junger a Keyserling, Heidegger, Jouvenel, Perroux, Mounier, Céline, naturalmente selezionandone le analisi più convenienti per il loro sogno di restaurazione del GIUSTO ORDINE giusto ordine, e scartandone molte altre (ad eccezione di Perroux che fu preso e copia-incollato da cima a fondo). Gli economisti di riferimento erano i Neoclassici più noti allora: Walras, Jevons, Menger. Questo primo drappello fu immediatamente ingrossato nelle sue fila dai maggiori industriali nordeuropei (franco-tedeschi soprattutto, il cosiddetto cartello dell’acciaio-carbone), dalle famiglie nobili, prima fra tutte la famiglia tedesca dei Thurn Und Taxis e i belgi Davignon e Boel, i Reali allora esistenti in Europa (esclusa la Gran Bretagna) e la miriade di discendenti della casa Hohenstaufen (non posso qui elencare tutti questi ‘rentiers’ europei, ma sono migliaia di famiglie).Se ne deduce che era principalmente un ‘asse’ franco-tedesco, ed aveva un progetto ben preciso: sottomettere a quasi servitù intere nazioni europee a cominciare da Italia, Portogallo, Spagna, il Benelux e anche gli scandinavi. L’Europa dell’est neppure era presa in considerazione, la consideravano territorio coloniale come l’Africa. Per quanto riguarda gli Stati Uniti, i Tradizionalisti Neofeudali avevano due visioni nette: la prima era che la ‘democrazia dei consumi’ d’oltreoceano avrebbe finito per corrompere quella società con i valori ‘depravati’ del benessere minimo della gente, fino alla sua distruzione. Infatti il capitalismo americano, per quanto infestato di imperfezioni, doveva (e deve) mantenere in vita un minimo di spesa pubblica per evitare il collasso totale dei consumi, che è contrario agli interessi delle corporations, e quindi doveva (e deve) mantenere le strutture democratiche di: governo sovrano, Parlamento che decide la spesa (Congresso) e Banca Centrale che la finanza (Fed). Tutti elementi, questi, che per i Tradizionalisti Neofeudali erano bestemmie politiche allo stato puro che avrebbero affondato gli Usa celebrando la vittoria della loro Europa neofeudale.La seconda visione era che appunto l’Europa non avrebbe mai dovuto diventare un modello americano di Stati Uniti d’Europa con un governo centrale democraticamente eletto, un Tesoro comune e Banca Centrale a garanzia dei debiti pubblici (vi dice già qualcosa…..?). Il fatto è che in America nessun singolo Potere era, ed è mai riuscito badate bene, come invece in Europa oggi proprio al culmine del sogno Neofeudale, a impossessarsi di tutti e tre i poteri fondamentali delle élite: il potere economico, quello politico e quello di manipolazione delle masse. I Tradizionalisti Neofeudali invece lavorarono proprio per impossessarsi di tutti e tre questi poteri, con un successo tragico oggi chiamato Unione Europea / Eurozona.Ora torniamo al loro valore numero uno, sopradescritto come: a) sottomissione delle “masse ignoranti” alla superiore saggezza delle élite non-elette, che le governa attraverso istituzioni SOVRANAZIONALI sovranazionali rette da tecnocrati fedeli ai Tradizionalisti Neofeudali. La domanda che si posero fu come ottenere una struttura simile. La risposta che gli arrivò fu lampante: creare una UNIONE MONETARIA Unione Monetaria che, privando gli Stati della loro moneta, li distruggeva di fatto totalmente e li assoggettava ai gestori esterni, sovranazionali, di quella UNIONE Unione. Uno Stato senza portafoglio è un eunuco, anche meno di questo, è come un padre di famiglia senza reddito, il cui Parlamento diventa una facciata di cartapesta: democrazia MORTA morta. Di conseguenza le “masse ignoranti” sarebbero andate allo sbando e crollate nella deflazione permanente del loro standard di vita (vi dice già qualcosa….?), esattamente lo scopo dei Tradizionalisti Neofeudali.La sopraccitata risposta gli fu servita da quattro uomini: Robert Schuman, lobbista dell’industria pesante francese di acciaio e carbone, e un prediletto del Vaticano, uomo di collegamento coi trust dell’acciao-carbone tedeschi; Jean Monnet, banchiere, esperto di finanza, e uomo strategico perché in buoni rapporti con gli Usa; Walter Funk, presidente della Reichsbank (1943); e Francois Perroux, economista, il vero cervello dietro la moneta unica e il modello di Banca Centrale Europea che poi sarebbe venuto, un filonazista puro (almeno fino a che non giudicò Hitler troppo ‘soffice’), con cui lavorava un altro economista di pura tradizione neofeudale, Jaques Rueff.I Neofeudali di Francia e Germania, a quel tempo – e qui stiamo già parlando dei primi anni dopo il 1945 – capirono però che non potevano portare avanti un progetto di rottura così violento coi valori americani, perché l’Europa ridotta a macerie era appesa alla tetta di Washington disperatamente. Qui fu la furbizia di Monnet a fare il trucco. Monnet semplicemente descrisse il micidiale progetto neofeudale della UNIONE MONETARIA Unione Monetaria ai presidenti Usa Truman e Eisenhower come un’unione europea di nazioni retta da un governo di saggi in funzione anti-sovietica! Un muro contro il ‘pericolo rosso’. Non solo, Monnet disse agli americani che la Banca di Francia avrebbe continuato a finanziare la Germania dell’ovest, visto che i Wendel erano di fatto i padroni della banca. Washington ci cascò, e rimase totalmente inconsapevole della vera natura del progetto descritta sopra, e del suo odio feroce per qualsiasi modello americano.Prima di proseguire, va spiegata una cosa di una importanza cruciale, ma veramente assoluta. Quando parliamo di uomini del Vero Potere, tendiamo automaticamente a pensare a questi vampiri che siedono su castelli stracolmi di oro, ricchezze, fortune immani, e che fanno ciò che fanno a milioni di innocenti per pura arrogante avidità. No. Fermi. Personaggi di questa matrice esistono certamente, ma sono più gli americani a essere di quella pasta, come alcuni europei certo, ma NON non i Tradizionalisti Neofeudali. No, no e no. Essi, dovete capirlo, lavorarono, e oggi lavorano, solo per due motivi: a) Un senso di investitura divina al DIRITTO diritto di governare le “masse ignoranti”, esattamente come i loro antenati in epoca feudale. Ma soprattutto… b) Un senso del DOVERE dovere, cioè di dover fare quello che fanno, se no, essi sono convinti, il mondo del GIUSTO ORDINE SOCIALE giusto ordine sociale verrà travolto dalla depravazione di quel mostro purulento chiamato democrazia, che per loro è la fonte della fine di ogni valore, di ogni buon senso, la fonte della fine di tutto. Loro DEVONO devono salvarsi e salvarci, a costo di ammassare montagne di cadaveri.Ricordate bene: un uomo come l’attuale presidente del Consiglio Europeo, il super-Neofeudale Herman Von Rompuy, o un uomo come Mario Monti, ne sono convinti fin nel midollo. Così Juncker, Draghi, Issing, Barnier, Rehn, così erano Padoa Schioppa e soci. Ecco perché non mostrano un milligrammo di pietà umana per le sofferenze di milioni di europei oggi (vedi Grecia). Pensano che essa è la giusta via del SACRIFICIO sacrificio per impedire a tutto il continente di sprofondare nella sparizione finale dei loro ‘GIUSTI VALORI’ ‘giusti valori’. Lo Stato non dovrà MAI PIU’ mai più garantire alle masse i “falsi diritti” del welfare, della democrazia, del benessere in crescita (non vi dice già qualcosa….?).In questo i Tradizionalisti Neofeudali odierni derivano la loro ideologia non solo dai personaggi sopraccitati, ma anche da Heidegger, Hitler, Goebbels, Funk e Schacht, tutti autori di scritti e noti discorsi contro la ‘perversione’ del New Deal di Roosevelt, cioè del modello di Stato interventista nel sociale, e a favore invece della supremazia delle elite su Stati imbelli. Ma la derivano soprattutto (Monti fra i primi) da colui che si contende il titolo di ‘Il più sociopatico economista mai vissuto’ con Robert Malthus, cioè Friedrich Von Hayek, della cosiddetta scuola austriaca, un vero razzista di proporzioni epiche, l’uomo che scrisse di poter tollerare un minimo di Stato Sociale ma solo «per impedire ai poveri di esasperarsi al punto da divenire un pericolo fisico per le classi dominanti» (sic). E’ l’uomo che dopo il francese Perroux si batté per impedire l’accesso delle “masse ignoranti” all’istruzione pubblica, considerata pericolosa perché avrebbe fatto comprendere alle masse l’economia.Il salto del Neofeudalesimo dei Tradizionalisti al Vero Potere Neofeudale del giorno d’oggi.Non vi faccio perdere tempo. La nascita dell’Unione Europea è roba stranota come tappe formali: Piano Schuman 1949, la Ceca nel 1951, il Trattato di Roma 1957, nel 1967 la Comunità Europea (Ce), nel 1979 eleggemmo il primo Parlamento Europeo, poi arriva il 1993 quando nasce l’Unione Europea col Trattato di Maastricht, che sancì una serie di riforme eclatanti, fra cui dal 1° gennaio 2002 quella dell’euro come moneta unica per i suoi membri. La nostra Banca Centrale Europea di oggi è stata modellata precisamente sulle indicazioni del tradizionalista neofeudale François Perroux, che già allora scrisse quelli che oggi sono i comandamenti della Bce: impedire agli Stati di spendere a deficit per il terrore dell’inflazione; le crisi si curano con Austerità feroci, cioè tagli sociali e super-tasse; il Mercato Unico deve esser il Signore assoluto senza nessuna interferenza degli Stati; la flessibilità del lavoro è un comandamento imprescindibile. Questo scrisse il neofeudale Perroux nel 1943 (!), e questo è oggi!E sempre stando col francese, ma anche con l’ultra-neofeudale austriaco sopraccitato, Hayek, si viene a sapere che l’idea di sottomettere le banche al potere delle élite neofeudali – oggi in pieno svolgimento con l’Unione Bancaria Ue (………………………..) – fu loro già 60 anni fa. Oggi, le idee tradizionaliste/neofeudali degli anni ’30 di UNIONE MONETARIA Unione Monetariia, Banca Centrale e distruzione della spesa pubblica degli Stati, hanno preso la forma della perversa struttura dell’Eurozona, con l’UNIONE MONETARIA Unione Monetaria, la Bce e le AUSTERITA’ austerità. Queste perfette riproduzioni del vecchio progetto tradizionalista neofeudale hanno di fatto spogliato totalmente gli Stati ex sovrani di ogni reale potere consegnandolo a élite non-elette (Commissione Ue), e ne hanno esautorato i Parlamenti con i Trattati Ue sovranazionali che sono superiori in autorità alle nostre leggi, cioè il sogno neofeudale come detto più sopra.Ora notate però una cosa: il progetto tradizionalista neofeudale ha tolto tutto allo Stato nazionale meno una cosa: il potere di polizia fiscale, proprio per imporre a milioni di esasperati cittadini gli orrori del ‘giusto sacrificio’ del GIUSTO ORDINE giusto ordine neofeudale, che io ho battezzato coi nomi di Economicidio e Chemiotassazione. Bene, anche questa idea risale al club di Perroux, Funk, Rueff e soci, altra mostruosità neofeudale presente sulla soglia di casa di milioni di noi oggi. Ma chi sono oggi i portatori dell’oscena torcia Neofeudale nella Ue? Cioè: CHI SONO GLI UOMINI CHE HANNO RACCOLTO L’EREDITA’ DEL PIANO TRADIZIONALISTA NEOFEUDALE DEGLI ANNI ’30, E CHE LA STANNO PORTANDO ALLA VITTORIA CON LA DEVASTAZIONE DI TUTTE LE NOSTRE EX DEMOCRAZIE, CON DISOCCUPAZIONE RECORD, PAURA SOCIALE, E DEFLAZIONE ECONOMICA PERMANENTE AI MASSIMI LIVELLI DA 70 ANNI CREATE A TAVOLINO DALL’EUROZONA E DAI SUOI TRATTATI?Chi sono gli uomini che hanno raccolto l’eredità del piano tradizionalista neofeudale degli anni ‘30, e che la stanno portando alla vittoria con la devastazione di tutte nostre ex democrazie, con disoccupazione record, paura sociale e deflazione economica permanente ai massimi livelli da 70 anni, create a tavolino dall’Eurozona e dai suoi trattati?Ne ho già nominati alcuni, cioè Herman Von Rompuy, Mario Monti, Juncker, Draghi, Issing, Barnier, Rehn, Barroso, così era Padoa Schioppa. Aggiungo alcuni altri colossi neofeudali: Jaques Attali, Jaques Santer, lo fu François Mitterrand, Jean-Claude Trichet, poi Giuliano Amato, Romano Prodi, Theo Weigel, col codazzo di centinaia di vassalli tecnocrati come gli italiani Marco Buti e Massimo Tononi. Vi si aggiunge la corte di latifondisti, nobili e massoni ammorbati di Opus Dei che si riuniscono attorno a Etienne Davignon e al famigerato club Bilderberg, sempre potentissimi. Poi il micidiale Jaques Delors, l’uomo di devota ‘scuola Perroux’ che ha tenuto le massime redini d’Europa (presidente della Commissione Europea, il vero potere Ue) per tutti i 10 anni cruciali del passaggio dalle democrazie degli anni ’70 agli Stati fantoccio del dopo-Maastricht, Eurozona. Poi non si dimentichino le correnti tedesche di economia della Scuola di Berlino e di Bremen, con il cosiddetto ‘Ordo-Liberismo’ di Walter Eucken che ha spacciato a generazioni di gonzi tedeschi il Neofeudalesimo come corrente sociale!Ma qui c’è un altro passaggio da capire, che è cruciale. L’avanzata del NEOFEUDALESIMO Neofeudalesimo, cioè della VERA ANIMA vera anima di tutto quello che a voi raccontano come Eurozona e Unione Europea e che ci sta distruggendo come democrazie, si è servita di una specie di ‘ascensore’ per arrivare invisibile nella stanze del potere. Hanno usato l’economia cosiddetta Neoclassica e quella Neoliberista. Come detto, i Neofeudali hanno usato un’arma principale per ottenere l’abbattimento del potere degli Stati di spendere per la crescita del popolo e della democrazia: l’UNIONE MONETARIA Unione Monetaria che, ripeto, significa 1) bloccare la spesa pubblica 2) creare il terrore dei deficit 3) imprigionare i governi entro spese pubbliche microscopiche 4) quindi paralizzare il flusso di denaro nelle società, portando deflazione economica, fallimenti a catena, disoccupazione alle stelle, paura e insicurezza di tutti 5) e consegnare noi cittadini/aziende nelle mani dei produttori ‘privati’ di denaro, cioè le banche, visto che il produttore di denaro pubblico, lo Stato, è stato castrato.Bene, queste folli regole erano per coincidenza anche il vangelo degli economisti prezzolati dal Vero Potere che si organizzarono per distruggere, per letteralmente polverizzare, tutta l’Economia Sociale nata dal pensiero di Marx, di Keynes, della Robinson, di Kalecki, di Godley, quella cioè che predicava l’esatto opposto: uno Stato DEVE SPENDERE PIU’ DI QUELLO CHE TASSA PER FAR CRESCERE IL 99%, A SCAPITO DELL’1%. Deve spendere più di quello che tassa per far crescere il 99% a scapito dell’1%. Questi economisti prezzolati dal Vero Potere erano e sono appunto i Neoclassici e i Neoliberisti, quelli che (parlando dell’Italia) oggi campeggiano alla Bocconi e sul “Corriere della Sera”, cioè i Giavazzi, gli Alesina, i Boeri, i Mingardi, Stagnaro, Boldrin, ecc. Ma soprattutto i loro ‘superiori’ internazionali come Von Mises, Friedman, Brunner, Tsiang, Meltzer, Lucas, Reinhart e Rogoff, Mankiw.La cosa pietosa di ’sto drappello di venduti con crimini sociali sulla coscienza è che non si sono mai resi conto di essere stati usati come ‘ascensori’ da un potere ben più devastante, quello Neofeudale, che li disprezza persino, considerandoli troppo morbidi nell’opera di annientamento delle “masse ignoranti”, così come Perroux considerava Hitler troppo morbido. Ma i Neofeudali li hanno e li stanno ancora usando. Il problema è che tantissimi antagonisti del Vero Potere credono in buona fede che il nemico da combattere in Ue siano ’ste ‘puttane’ dell’economia Neoclassica e Neoliberista, mentre no! NO!, No!, il nemico ha un altro nome: NEOFEUDALESIMO Neofeudalesimo. Ma naturalmente…. Barnard è un complottista… eh? Cari miei economisti ‘di sinistra’ eteroignari alla Brancaccio, Zezza o Bellofiore? Non avete ancora capito NIENTE niente del Vero gioco, sciocchi.Il grande paradosso capitalistico.Una domanda, sono certo, vi ha già percorso la mente da un bel po’. Questa: ma le classi capitaliste europee non la vedono la contraddizione fra la dottrina ormai dilagante del Neofeudalesimo e i loro interessi? Non lo vedono che distruggere la ricchezza immessa dallo Stato in cittadini/aziende (la spesa pubblica), creare così deflazione permanente e ridurre alla semi-povertà milioni di europei li danneggia nei commerci di beni e servizi e quindi nei profitti? La risposta a questa domanda è sempre – come tutto è quando si parla di Vero Potere, e così come nell’esempio iniziale dell’Olocausto – scioccante e incredibile. La semplifico. Uno dei colossi dell’economia sociale, quella dell’INTERESSE PUBBLICO Interesse Pubblico, e naturalmente sepolto e dimenticato, era Michal Kalecki, polacco. Già lui negli anni ’40 del XX secolo ci avvisava della miopia, MIOPIA, miopia, permanente e irrimediabile della classe capitalista imprenditrice. Disse Kalecki che, contrariamente a tutte le evidenze della scienza economica, gli imprenditori nascono, crescono e muoiono con stampato nel loro cervello il Dogma secondo cui un’azienda profitta se paga i lavoratori il meno possibile. E questo, già ai tempi del geniale polacco, valeva per il gigante Krupp come per il salumaio di quartiere.Oggi questa demenziale distorsione mentale esiste identica in tutta la classe imprenditrice europea, dalla Fiat o Siemens, alle piccole medie imprese, al bar. Non è valso nulla che un altro genio dell’economia sociale come John Maynard Keynes abbia dimostrato all’infinito che il “Paradosso del Risparmio” è una rovina di tutto il ciclo economico mondiale: se si pagano poco i lavoratori, se si risparmia e non si spende, crolla il flusso di liquidità che è proprio quello che fa crescere aziende ed economia, che permette gli investimenti e infine i profitti stessi. E’ lampante no? Ma no. Non è valso a nulla che Marx nell’800 o che Godley pochi decenni fa abbiano spiegato ai capitalisti i precisi meccanismi della creazione del profitto, che richiede SEMPRE sempre l’esistenza di categorie di salariati capaci di spendere bene a favore di altre categorie (e se possibile senza ricorrere al debito con le banche) con, come fornitore di liquidità di ultima istanza, lo Stato. No. Niente. I capitalisti non lo capivano, e non lo capiscono ancora oggi.Gli imprenditori colossi, ma anche quelli medi e piccoli, non la vogliono capire. E allora ecco che si spiega perché il fanatismo dei Neoclassici di ridurre tutti i salari a livelli di semi-povertà gli va a genio perfettamente. E’ il trionfo del loro istinto idiota di dominare i dipendenti credendo di trarne profitto. E’ il trionfo della cocciuta stupidità dell’imprenditore che NON CAPISCE MAI, non capisce mai, MAI NULLA DEI FONDAMENTALI DELLA MACROECONOMIA KEYNESIANA, mai nulla dei fondamentali della macroeconomia keynesiana, che invece farebbe la fortuna sua e dei suoi dipendenti allo stesso tempo. Pensate, in questo contesto, al fenomeno delle mega-fusioni e acquisizioni industriali e bancarie. Spiego: da diversi anni assistiamo a una corsa maniacale di corporations e banche ad acquistare rivali, o aziende minori, per creare questi colossi sempre più immensi. Cito solo la tedesca Audi o la Deutsche Bank, perché la Germania è oggi lo Stato che più al mondo corre per gonfiare in modo mostruoso le dimensioni delle proprie maggiori aziende; ma anche la nostra Unicredit, Eni o Enel tentano espansioni simili, e altri esempi sono infiniti. Il punto che hanno in comune tutti questi operatori del mega-capitale è sempre il medesimo: tagliare i costi e i salari.Cosa stanno facendo questi sciagurati? Semplice: obbediscono all’ordine Neofeudale secondo cui, appunto, l’immane concentrazione del potere dei Signori deve ritornare agli splendori dei secoli IX o XII, con servitù della gleba come manodopera sia di colletti bianchi che blu. E di nuovo non comprendono che questo deprimerà proprio l’economia su cui vivono. No! Comandare è più importante per loro, del resto sono ciechi. E poi si faccia attenzione: i Neofeudali sanno benissimo che una volta che una Corporation o una banca divengono ipertroficamente colossali, è impossibile per qualsiasi Stato lasciarle fallire quando l’economia che esse stesse hanno depresso, come detto sopra, collassa, perché finirebbero per trascinarsi dietro mezzo mondo. E allora gli Stati devono usare il denaro pubblico per salvarle, chinando la testa come sguatteri. E perché la chinano? PERCHE’ NON POSSONO PIU’ USARE LA LEGGE DEI PARLAMENTI PER COMANDARE NELL’INTERESSE PUBBLICO, VISTO CHE I NEOFEUDALI SONO OGGI I SOLI POSSESSORI DELLA LEGGE SOVANAZIONALE. Perché non possono più usare la legge dei Parlamenti per comandare nell’Interesse Pubblico, visto che i Neofeudali sono oggi i soli possessori della legge sovranazionale. Attenti a questo passaggio, lo ripeto. Solo i Tecnocrati Neofeudali possono oggi controllare questi colossi industriali e bancari, visto che sono loro, i Neofeudali della Commissione Europea, della Bce o del Consiglio Ue che gestiscono l’arma finale di tutte le armi: LA LEGGE la legge, oggi da loro esclusivamente creata in Ue.La disperazione di un pubblico che non capisce. Cosa va fatto.Una precisazione importantissima per i lettori, che, mi perdonino, non riescono mai bene a capire le ombre del Vero Potere e virano sempre verso un quadro di buoni contro cattivi, chi vince chi perde. No, le cose nel mondo del Vero Potere, specialmente nella sua versione Neofeudale, non stanno così. La guerra è in corso, non è vinta; i Neofeudali hanno indiscutibilmente ottenuto vittorie agghiaccianti, le ho già descritte alla noia, ma ribadisco: basti pensare al fatto che Camera e Senato oggi sono stati resi teatrino di campagna assieme alla nostra Costituzione; basti pensare che l’Italia non ha mai visto un crollo dei consumi come quello odierno dalla fine della II Guerra Mondiale (Istat), con i giovani disoccupati italiani in numeri di livello africano. Io qui vi ho raccontato dell’esistenza di questo mostro e di ciò a cui mira in futuro. Ma ci sono forze antagoniste alla restaurazione finale del NEOFEUDALESIMO Neofeudalesimo in Europa: non sono certo gli attivisti, che non ci capiscono nulla e si rifiutano di capire; non sono certo (perdonate, conato…) i sindacati. Sono alcune forze di capitalismo europeo filo-Usa; è una parte del mondo finanziario, quella più vicina al sistema bancario ‘retail’, cioè piccole-medie banche; ma soprattutto sono le colossali incognite del capitalismo russo e cinese, dell’asse che stanno creando con l’idea di uno Yuan moneta di riserva internazionale sostenuta dal gas/petrolio russo, cioè una rivoluzione economica sempre modellata sugli Stati Uniti che potrebbe spazzare via da sola tutto il progetto neofeudale in pochi anni.Ma per ora i Neofeudali sono qui, a Bruxelles e a Francoforte, e sono micidiali, hanno in mano tutto il potere, TUTTO tutto. E qui arriva la mia disperazione: un pubblico che non capisce. Lo avete capito che tutto ciò che hanno creato i NEOFEUDALI Neofeudali in oltre 70 anni è all’origine della più devastante crisi delle democrazie, dell’economia, dei posti di lavoro, del futuro dei giovani, della tutela sociale dalla fine della II Guerra Mondiale? Lo capite che l’urlo dell’operaio del Veneto, che la depressione della famiglia laziale una volta benestante e oggi in crisi, che il collasso dei diritti alla vita dignitosa alla salute alla prosperità di milioni di noi provengono tutti dal progetto Neofeudale, OGGI VINCITORE oggi vincitore? Lo avete capito che quel progetto ha distrutto la spesa pubblica, la sovranità dei Parlamenti e l’economia dell’Interesse Pubblico, per restaurare il GIUSTO ORDINE giusto ordine del regno delle élite sulle “masse ignoranti”? E si chiama Eurozona, Ue dei tecnocrati.Lo avete capito che un fantoccio patetico come Renzi, immediatamente chiamato a obbedienza dalla neofeudale Angela Merkel, conta come una cacca di piccione sul davanzale d’Europa? Lo capite che i politici di Roma sono ridicoli figuranti impotenti e grottescamente ignari di tutto il Vero Potere? Vi è chiaro che gli sbraiti di un cretino di Genova neppure arrivano alla soglia di casa dell’autista di uno come Herman Von Rompuy? Che neppure arrivano all’orecchio della camiciaia di Barnier? Lo avete capito che il Vero Potere va studiato e che dobbiamo contrapporgli una guerra totale combattuta da uomini e donne con pedigree d’acciaio, con una preparazione che spacca un capello con uno sguardo? Che va combattuto da chi ha la seguente idea chiara, limpida e scolpita nell’acciaio della propria determinazione a liberarsi:I NEOFEUDALI CI HANNO SOTTOMESSI, DEPREDATI DI DEMOCRAZIA E DIRITTI, CI HANNO SCHIAVIZZATI USANDO CODICI DI LEGALITA’ DA LORO RESI ‘PLAUSIBILI’, QUANDO INVECE ERANO ‘INIMMAGINABILI’, E CI RISERVANO UN FUTURO DA SERVITU’ DELLA GLEBA NEL TERZO MILLENNIO.ORA NOI DOBBIAMO RIPRENDERCI 250 ANNI DI CODICI DI VERA LEGALITA’, QUELLA CHE HA PRODOTTO LE PIU’ AVANZATE COSTITUZIONI DEL MONDO PER L’INTERESSE PUBBLICO, E SBATTERGLIELA IN FACCIA, CON IL POTERE RESTITUITO AGLI STATI SOVRANI E AI PARLAMENTI DI FERMARLI E DI ARRESTARLI, DI PROCESSARLI PER I LORO IMMANI CRIMINI, E DI FARLI SPARIRE.I Neofeudali ci hanno sottomessi, depredati di democrazia e diritti, ci hanno schiavizzati usando codici di legalità da loro resi ‘plausibili’, quando invece erano ‘inimmaginabili’, e ci riservano un futuro da servitù della gleba nel terzo millennio.Ora noi dobbiamo riprenderci 250 anni di vera legalità, quella che ha prodotto le più avanzate Costituzioni del mondo per l’Interesse Pubblico, e sbattergliele in faccia, con il potere restituito agli Stati sovrani e ai Parlamenti di fermarli e di arrestarli, di processarli per i loro immani crimini, e di farli sparire.Questo dobbiamo fare. Significa: l’uscita dell’Italia dall’Eurozona neofeudale, il ripristino della nostra SOVRANITA’ MONETARIA E PARLAMENTARE sovranità monetaria e parlamentare, e l’applicazione in Italia della migliore economia dell’Interesse Pubblico mai esistita: la Mosler Economics Mmt (leggete il Programma di Salvezza Economica per il Paese). Ma significa soprattutto un’altra cosa, caro lettore, cara lettrice: che tu, come me, ritrovi il CORAGGIO coraggio, il coraggio di ribellarti, ora che sai cosa ti stanno facendo. Caro lettore, cara lettrice, senza coraggio siete morti, e saranno morti i vostri figli, e se non avrete coraggio ve lo meritate. Ps: buone elezioni europee… come andare a investire in un pollaio di Vicenza credendo di influenzare la Borsa di New York.(Paolo Barnard, “Il feudalesimo si chiama Eurozona. E’ un mostro. Storia, nomi, fatti”, dal blog di Barnard del 27aprile 2014).Il complotto. Una parola trasformatasi in un’arma micidiale ai danni di chi studia, denuncia e lotta contro il Vero Potere. E’ usata da giornalisti, soprattutto, quelli che dalle pagine dei grandi quotidiani e dagli schermi Tv ammiccano sorrisetti spregiativi quando quelli come me parlano di Unione Europea criminale, di progetto Neoclassico e infine di Neofeudalesimo. Ci tacciano di essere dei fantasisti o pazzoidi che parlano di complotti, sciocchezze… suvvia, siamo seri. Io (e pochissimi altri) denuncio cose che volano in effetti chilometri sopra la comprensione comune della gente. Esse sono così distanti dal ‘ragionevole’, dal ‘plausibile’, che è gioco facile, per coloro che sanno invece benissimo che quello che io denuncio è vero, squalificarmi come complottista. E allora l’Olocausto?