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Travaglio: giusto scavare su Berlusconi, mafia e terrorismo
Com’era prevedibile soprattutto da lui, il violento attacco di Renzi alla Procura di Firenze che indaga sull’ipotesi di Berlusconi e Dell’Utri come mandanti esterni delle stragi del ‘92-93 ha scavalcato Salvini, Meloni e i vertici di Forza Italia (molto più prudenti) e suscitato l’entusiasmo del “Giornale” di Sallusti, oltre che le congratulazioni di molti “garantisti” dell’area Pd. Marco Travaglio, sul “Fatto”, spiega perché non sarebbe affatto “assurda” l’iniziativa degli inquirenti toscani contro il Cavaliere. «Forse, a distanza di 26-27 anni», afferma Travaglio, l’ipotesi investigativa «non troverà prove sufficienti per sfociare in un processo». Eppure, alla luce dei fatti accertati, è «pienamente logica, plausibile e coerente» con la storia del rapporto tra Cosa Nostra e la politica berlusconiana. La premessa del direttore del “Fatto” è semplice: crollata la Prima Repubblica sotto i colpi di Mani Pulite, sia la mafia che il patron di Mediaset vedevano crollare i loro tradizionali partiti di rifemento: «E’ così assurdo pensare che concordassero sull’urgenza di farne uno nuovo che li garantisse entrambi?». D’accordo, ma che c’entra Berlusconi con la mafia? Nella sentenza che lo condanna in via definitiva, la magistratura afferma che Marcello Dell’Utri, dal 1974 al 1992, era stato il «mediatore del patto tra Berlusconi e Cosa Nostra».Patto? Secondo altri analisti, è possibile che Berlusconi si sia visto costretto a fronteggiare le cosche, dalle quali era stato pesantesente minacciato in senso estorsivo. All’inizio del ‘93, scrive invece Travaglio, i boss mafiosi Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella progettarono il partito autonomista “Sicilia Libera”, per poi scioglierlo a fine anno «per fare campagna elettorale alla neonata Forza Italia». Nel novembre di quell’anno, le agende di Dell’Utri registrano due incontri con Vittorio Mangano, uscito di galera 19 anni dopo l’ingaggio come “fattore” ad Arcore. «Di che parlavano i due? Del partito che Dell’Utri stava creando o – come giura lui – dei problemi di salute di Mangano?». Il 19-20 gennaio del ’94, Giuseppe Graviano, è a Roma: il boss di Brancaccio convoca il suo killer di fiducia, Gaspare Spatuzza (già autore materiale delle bombe in via D’Amelio, via dei Georgofili, via Palestro e alle due basiliche romane) al Bar Doney di via Veneto. Il bar, osserva il direttore del “Fatto”, è proprio «di fronte all’hotel Majestic, dove all’epoca soggiorna Dell’Utri per selezionare i candidati di Forza Italia». Lì – racconterà Spatuzza – il boss gli confida che Berlusconi e Dell’Utri «ci stanno mettendo l’Italia nelle mani», ma occorre il «colpo di grazia», ovvero: l’attentato all’Olimpico di Roma.Perché Spatuzza, pentito sempre puntualmente “riscontrato” a partire dalla confessione su via D’Amelio che spazzò via i depistaggi, dovrebbe inventarsi proprio quella frase? Il 23 gennaio, a due mesi dalle elezioni anticipate – continua Travaglio – Cosa Nostra tenta ma fallisce l’attentato all’Olimpico. «La strage è rinviata a una domenica successiva. Ma il 26 gennaio, col famoso videomessaggio, B. “scende in campo”. Il 27 i fratelli Graviano vengono arrestati a Milano (dove hanno procurato un lavoro a un loro favoreggiatore che deve seguire il figlio calciatore, dopo un provino nei pulcini del Milan ottenuto grazie all’interessamento di Dell’Utri). Cosa Nostra annulla la strage allo stadio e depone le armi: i boss sparavano da due anni a casaccio, o erano un po’ stanchini, o non volevano disturbare il partito amico?». Vinte le elezioni del ‘94 Berlusconi va al governo «e vara subito il decreto Biondi, con tre norme pro mafia, anticipate da Dell’Utri a Mangano nei loro incontri nella villa di Como», scrive Travaglio. Intanto, anche da premier e dopo tutte le stragi, Berlusconi «continua a pagare 250 milioni di lire ogni sei mesi a Cosa Nostra». Si domanda il direttore del “Fatto”: «La pax mafiosa sta dando i primi frutti, o anche queste sono coincidenze?».Nel 1996 il boss Salvatore Cancemi, già membro della Commissione di Cosa Nostra e ora pentito (il più alto in grado della storia d’Italia), parla di Berlusconi e Dell’Utri come mandanti esterni delle stragi. «Lo seguiranno decine di altri collaboratori di giustizia», scrive Travaglio. «Ma, anche fingendo che non esistano, c’è il boss irriducibile Giuseppe Graviano che, intercettato in carcere nel 2016-2017, racconta le stragi al compagno d’ora d’aria come di “una cortesia” chiesta da “Berlusca”». A quanto pare, Cancemi freme d’ira contro Berlusconi perché 25 anni prima, dice, «mi sono seduto con te, mangiato e bevuto», «ti ho portato benessere», e ti invece «hai fatto il traditore», «mi hai pugnalato», «mi stai facendo morire in galera». Conclude Travaglio: perché mai, parlando delle stragi, Cancemi dovrebbe tirare in ballo Berlusconi e infuriarsi per il presunto tradimento, al punto di progettare un ricatto ai suoi danni? «Si annoiava? Voleva divertirsi?». O davvero, invece, Berlusconi e Dell’Utri «nel ‘93-94 gli avevano chiesto e promesso qualcosa?». Per questo, Travaglio invita «Renzi e gli altri mafiologi della mutua» a fornire «la loro versione dei fatti», visto che l’iniziativa giudiziaria su Berlusconi li scandalizza tanto.Com’era prevedibile soprattutto da lui, il violento attacco di Renzi alla Procura di Firenze che indaga sull’ipotesi di Berlusconi e Dell’Utri come mandanti esterni delle stragi del ‘92-93 ha scavalcato Salvini, Meloni e i vertici di Forza Italia (molto più prudenti) e suscitato l’entusiasmo del “Giornale” di Sallusti, oltre che le congratulazioni di molti “garantisti” dell’area Pd. Marco Travaglio, sul “Fatto”, spiega perché non sarebbe affatto “assurda” l’iniziativa degli inquirenti toscani contro il Cavaliere. «Forse, a distanza di 26-27 anni», afferma Travaglio, l’ipotesi investigativa «non troverà prove sufficienti per sfociare in un processo». Eppure, alla luce dei fatti accertati, è «pienamente logica, plausibile e coerente» con la storia del rapporto tra Cosa Nostra e la politica berlusconiana. La premessa del direttore del “Fatto” è semplice: crollata la Prima Repubblica sotto i colpi di Mani Pulite, sia la mafia che il patron di Mediaset vedevano crollare i loro tradizionali partiti di riferimento: «E’ così assurdo pensare che concordassero sull’urgenza di farne uno nuovo che li garantisse entrambi?». D’accordo, ma che c’entra Berlusconi con la mafia? Nella sentenza che lo condanna in via definitiva, la magistratura afferma che Marcello Dell’Utri, dal 1974 al 1992, era stato il «mediatore del patto tra Berlusconi e Cosa Nostra».
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Barnard: siamo in crisi perché l’antica élite si è ripresa tutto
Ogni aspetto che regola la nostra vita nell’Unione Europea è deciso dalla Commissione, non eletta da nessuno. La Commissione Europea decide anche sulle Costituzioni: una sentenza della Corte Europea di Giustizia decreta che le leggi europee hanno priorità anche sulle Costituzioni dei singoli paesi. Oggi, per statuto, parlamentari e ministri italiani in Europa sono tenuti a fare gli interessi dell’Europa in Italia, non gli interessi dell’Italia in Europa. Non rappresentano l’Italia in Europa: rappresentano l’Europa in Italia. Questa struttura sovranazionale, creata dall’élite politico-economica messa all’angolo dalla Rivoluzione Francese e poi nel ‘900 dall’affermazione della democrazia, ha ripreso il potere e ha creato l’euro per togliere la sovranità agli Stati. Lo sapevano dal 1943: l’euro serve a togliere agli Stati la loro ragione di esistere, fino a distruggerli. Cito una frase, pronunciata da uno dei grandi burocrati europei, uno degli uomini del vero potere, Jacques Attali. Era consulente di Mitterrand insieme a un insigne economista, Alain Parguez, poi ravvedutosi. Parguez lo ferma in un corridoio della Commissione Europea e gli dice: «Sapete cosa state facendo? State distruggendo l’Europa. Cos’avete in mente?». E Attali risponde, letteralmente: «Non è colpa nostra se la plebaglia europea pensa che l’unione monetaria sia stata fatta per la loro felicità».Questa è la mentalità di coloro che ci considerato «degli outsider rompicoglioni», «una massa ignorante» da mettere ai margini. E hanno vinto, su di noi. Questo progetto di Unione Europea messo nelle mani di burocrati dell’estrema destra finanziaria, completamente svincolato dal controllo dei cittadini, prende piede formalmente in Italia negli anni ‘90, quando improvvisamente crolla la Prima Repubblica. Crolla un sistema di partiti: arriva Tangentopoli e spazza via una classe politica che la finanza internazionale (specie americana) considerava incontrollabile, non dedita a sufficienza al mantra delle privatizzazioni e dei tappeti rossi stesi davanti alla grande finanza speculativa. In Italia c’erano ancora leggi che impedivano grandemente l’esportazione dei capitali (il famoso “capital flight”, che è un fenomeno devastante, che distrugge interi paesi nell’arco di un attimo). L’Italia era un paese con partiti corrotti, ladri, bugiardi e mafiosi. Ma non erano nella Serie A. Erano nella Serie C, non facevano il gioco che contava. E con il crollo dell’Unione Sovietica, scrive un importante economista come Marcello De Cecco, questi partiti perdono ulteriormente il loro valore, per gli Stati Uniti: non servivano più a niente. E chi serviva veramente, in quel momento, alla grande finanza internazionale? Chi poteva essere il grande interlocutore per gli anni ‘90 e Duemila, per la grande finanza speculativa internazionale? Il candidato ovvio: il partito comunista.Era dagli anni ‘60 che il Pci faceva riunioni a Bellagio, sul Lago di Como, con la Fondazione Rockefeller: Sergio Segre, Amendola e soprattutto Giorgio Napolitano, che è stato il grande accoglitore del grande capitale finanziario internazionale dentro il Pci, in Italia, garantendo tappeti rossi stesi davanti a loro. Era dagli anni ‘60 che il Pci, mentre in piazza faceva la retorica dei lavoratori, della sinistra, sotto sotto dialogava. Al Mulino, a Bologna, facevano le riunioni con la Fondazione Agnelli. Veniva Brzezinski, a parlare col Pci: si stavano già mettendo d’accordo negli anni ‘60. E quindi, a maggior ragione, negli anni ‘90 questo partito diventa l’interlocutore privilegiato. Gli americani lo dicono molto chiaro, in un rapporto del Council on Foreign Relations, che incarna la politica estera statunitense: è un partito che ci è utile, scrivono, perché è l’unico in Italia a essere strutturato come una grande azienda, sa come fare business. E infatti lo facevano, il business: facevano chiudere le fabbriche in Italia e assicuravano i soldi per la Fiat in Russia, eccetera. Tangentopoli distrugge la Dc e il Psi ma risparmia il Pci (poi Pds, Ds e Pd). Ne chiesi conto a Gherardo Colombo, giudice di Mani Pulite (io sono di Bologna, città dove si pagavano mazzette per qualsiasi servizio), e Colombo rispose: gli imprenditori denunciavano solo la Dc e il Psi.Di fatto, dopo il ‘92-93 crolla questa classe politica, in Europa si sta consolidando l’Unione Europea, e in Italia arrivano i cosiddetti governi tecnici: Ciampi, poi il grande periodo del centrosinistra fino al 2000. In Italia, questa pianificazione orrenda che ha distrutto Stati, leggi e cittadini è stata portata su un vassoio d’argento unicamente dal centrosinistra. I nomi sono quelli di Andreatta, Prodi, Visco, Bassanini, Draghi, Amato, D’Alema. Le privatizzazioni selvagge dell’Italia avvengono tutte sotto i governi di centrosinistra, che stabiliscono il record europeo delle privatizzazioni, dal 1997 al 2000. Record europeo: riusciamo a battere addirittura l’Inghilterra del partito laburista di destra di Toby Blair. Oggi come allora, pubblicamente il centrosinistra fa la retorica del mondo del lavoro e della solidarietà sociale: tutte balle, questa gente è veramente bieca. L’Italia in quel periodo comincia a vendere i suoi beni pubblici, fa delle scelte sempre condizionate dal fantasma dell’inflazione. Scelte importanti: decide di internazionalizzare il proprio debito. Anziché fare quello che avrebbe dovuto fare una vera coalizione di centrosinistra, cioè trovare le risorse nazionali per gestire il proprio debito (perfettamente gestibile), l’Italia di Prodi e D’Alema internazionalizza il debito, mettendolo nelle mani delle grandi fondazioni economiche estere. Così, grazie a questa bella gente, negli anni ‘90 l’Italia è l’unico paese europeo a consegnarsi totalmente nelle mani della finanza internazionale.Marcello De Cecco (Normale di Pisa, La Sapienza) è considerato il più autorevole economista italiano, in assoluto. Scrive: il permanere di un debito pubblico internazionalizzato costituisce una zavorra permanente per l’economia italiana. Non le permette di correre, e le impedisce di seguire una politica in contrasto con le opinioni dei mercati finanziari internzionali, dai quali può discostarsi solo per pochi mesi. Cioè: se si sgarra per pochi mesi, si è finiti. E aggiunge, citando la caduta del governo Berlusconi nel ‘94: è la prova lampante del fatto che una maggioranza parlamentare che si metta in contrasto con i mercati internazionali si decompone, e il governo cade. Aprite gli occhi: Berlusconi ha avuto guai continui – non per via del fatto che è un pessimo politico, ma perché ha disobbedito a questa gente. Mentre gli altri, quelli che dovrebbero fare i nostri interessi, ci stanno rovinando: la nostra sinistra, quelli di “Repubblica”, Scalfari e De Benedetti (a cui D’Alema ha regalato miliardi, come la rete telefonica delle Ferrovie dello Stato venduta a De Benedetti per niente, e che De Bedenetti ha rivenduto facendo profitti di oltre il 300%). Questa sinistra sta rovinando gli operai, i lavoratori, i cassintegrati, i precari, i giovani che non trovano lavoro.Questo centrosinistra che, internazionalizzando il debito, ha consegnato l’Italia nelle mani della finanza internazionale, che cosa ci ha fatto perdere? Sapete qual è la cifra finale (dati del 2011) che l’Italia ha perduto, per la crisi finanziaria del 2007-2008 causata da questa gente? E ci siamo dentro fino al collo, nelle privatizzazioni e nella svendita del bene pubblico, a beneficio delle grandi banche d’investimento grazie a Prodi e D’Alema. Abbiamo perso 457 miliardi di euro: ricchezza sparita dall’Italia in soli tre anni. Una cifra che vale 33 finanziarie. Il conflitto d’interessi di Berlusconi sono 6 miliardi di euro, la casta di Beppe Grillo sono 4 miliardi di euro, tutte le mafie italiane messe assieme contano per 90-100 miliardi di euro. Questi signori ce ne hanno portati via 457. Questo paese non ha più alcuna possibilità di riscattarsi in nessun modo: con l’arrivo dell’euro, siamo veramente rovinati. In una situazione di questo genere, uno Stato avrebbe una sola possibilità di scampo, che è quello che fanno gli Stati Uniti: spendere a deficit. Stampare denaro, continuare a indebitarsi, svalutare la propria moneta – cioè, tutto quello che si può fare quando uno Stato ha una moneta propria (come il dollaro e la sterlina, com’erano il marco in Germania e la lira in Italia). Noi una moneta propria non l’abbiamo più, abbiamo l’euro.Di chi è l’euro? Di nessuno, nemmeno delle banche. La sua emissione viene decisa dai 16 governatori delle banche centrali dell’Eurozona, la Bce formalmente prende la decisione e le banche centrali nazionali stampano questa moneta. Sapete, quando viene stampato, a chi va in mano l’euro? Al ministero del Tesoro? No: va alle banche private, e da queste ai mercati dei capitali. Il ministro del Tesoro deve costruire un ospedale, aprire una strada, pagare gli stipendi agli insegnanti? Va a bussare ai mercati dei capitali privati e dice: per favore, mi date degli euro? Vi rendete conto di cosa sta succedendo? Uno Stato (teoricamente sovrano, ma non più sovrano) per comprare un cancellino di una lavagna di scuola deve andare al mercato dei capitali privati a prendere in prestito gli euro. I mercati dicono: certo che te li prestiamo, gli euro, ma i tassi di interesse li decidiamo noi. Sapete cosa vuol dire, questo? Sapete cos’è la variazione percentuale di un punto sui tassi d’interesse su miliardi di euro? L’Italia è ridotta come il cittadino strangolato dalla banca a cui ricorre per un prestito, se deve comprarsi l’auto. Ecco perché siamo costretti a tagliare le spese pubbliche. Al contrario di uno Stato a moneta sovrana (Usa, Inghilterra, Giappone) oggi l’Italia ha un debito che è veramente un debito – prima non lo era: era un fantasma, era inventato che fosse un problema, perché lo Stato era indebitato solo con se stesso, non doveva soldi a nessuno.Il debito dello Stato era la ricchezza dei cittadini. Oggi, con l’euro, è cambiato tutto. Oggi siamo veramente indebitati, dobbiamo veramente fare i tagli ai servizi pubblici e dobbiamo veramente tassare per tirar su dei soldi, perché dobbiamo bussare alla porta dei capitali privati per spendere ogni singolo euro destinato alla nazione. A questo pensava l’economista francese François Perroux nel 1943, quando disse: togliendogli la moneta, si toglie agli Stati la ragione di esistere e li si distrugge. Questo ci hanno fatto, e chi ha portato in Italia questa roba su un tappeto rosso è Romano Prodi, con tutta la sua cricca di delinquenti. E’ un disastro: non possiamo neanche più dire che è sbagliato tagliare i fondi alla sanità o alla scuola. I soldi dove andiamo a prenderli? Prima sì, si poteva dire: è sbagliato fare quei tagli, è una scelta politica, ideologica. Oggi non più: ci hanno tolto la funzione primaria dello Stato, e hanno vinto definitivamente. Prima ci impedivano di fare la piena occupazione, il welfare e il benessere per tutti, terrorizzandoci con dei fantasmi ideologici per impedire allo Stato di spendere. Adesso ce lo hanno impedito con uno strumento che è addirittura irreversibile. Adesso, anche un primo ministro si svegliasse una mattina e dicesse “io sono uno Stato sovrano e posso spendere a deficit e creare la piena occupazione”, non può più farlo neanche se vuole, perché non ha più la moneta per farlo.Vuol dire posti di lavoro perduti, aziende chiuse, ricchezza evaporata, povertà. La disoccupazione galoppa, i fallimenti delle aziende sono aumentati del 40% nel solo 2009. Il 30% degli italiani è costretto al prestito, il 38% è in difficoltà economiche, il 76% è costretto alla flessibilità. Il lavoro a chiamata è aumentato del 75%. Un milione e 650.000 italiani sono senza coperture di alcun tipo, se licenziati: non percepiscono nulla. Il 50% delle pensioni italiane sono sotto i mille euro: non ci vivi, non ce la fai. Un italiano su cinque rimanda le visite specialistiche, l’11% degli italiani non si riscalda, l’11% non ha soldi per le spese mediche ordinarie. Il 31% degli italiani non può permettersi di spendere 750 euro per un’emergenza in famiglia. E la grande finanza internazionale ci ha rubato 457 miliardi di euro in tre anni. Qui dobbiamo spalancare la mente. Che cosa succederà? Da qui in avanti, succederà esattamente quello che era pianificato dagli anni ‘30: il ritorno al potere assoluto dell’élite finanziaria, con la marginalizzazione delle leggi e dei cittadini. In particolare, pianificavano che in Europa si creassero delle sacche di povertà talmente ampie da poter poi fare del blocco industriale franco-tedesco una grande potenza dell’export, in competizione con gli Stati Uniti, con la Cina e con l’India.Mantenendo un euro estremamente sopravvalutato, hanno introdotto tutte queste misure di precarizzazione del lavoro e di erosione dei diritti. Stiamo privatizzando a man bassa, stiamo alienando beni pubblici per due lire al capitale privato. Con un euro molto forte, l’Europa non è competitiva sui mercati: ne soffrono le aziende, che devono tagliare il costo del lavoro. Significa che lo Stato deve sborsare cassa integrazione e sborsare un sacco di soldi che non si può più permettere, con l’euro. Questo mette in crisi gli Stati, e la crisi degli Stati crea ancora più incertezza economica, ancora più deflazione e disoccupazione. Il costo del lavoro cala ancora di più: oggi è normale accettare un posto di lavoro al supermercato per 700 euro, coi turni spezzati. In Germania è lo stesso: nel 2009 i lavoratori hanno registrato la più alta produttività europea coi più bassi stipendi. Quindi in Europa si sta creando questa situazione dove c’è un impoverimento drastico, una disoccupazione che sta schizzando alle stelle: stiamo a 23 milioni di disoccupati. Incertezza, povertà crescente, sacche di lavoro sottopagato per competere con la Cina, con l’India e con gli Stati Uniti sul mercato delle esportazioni. E qui il vero potere fa la prima, grande tornata di profitti: diventerà competitivo esportare dall’Europa pagando una miseria il lavoratore europeo.La deflazione e l’incertezza finanziaria fanno sì che i mercati perdano di valore, e se perdono di valore gli Stati sono costretti ai tagli. Devono alienare i beni pubblici, e quindi al primo che arriva a comprare vendono a due lire una Telecom, l’acqua, il sistema sanitario o le ferrovie, cosa che succede dagli anni ‘90 e che succederà ancora di più. Loro comprano a due lire, e quindi fanno la seconda tornata di profitti. Poi l’euro crollerà: crolleranno i tassi di interesse, e gli speculatori internazionali faranno profitti immensi, con i “credit default swaps” e le altre scommesse che si fanno sui crolli delle monete. E alla fine di tutto questo, quando l’Europa sarà un buco nero di economia, ridotta quasi a un territorio da Secondo Mondo balcanico, il vero potere farà la quarta tornata di profitti: le scommesse, coi derivati, sul crollo del mercato europeo. Che è quello che hanno fatto in Grecia: hanno scommesso sul crollo della Grecia, che loro stessi stavano causando. Questo è il futuro che si prospetta, per noi, grazie a questa pianificazione di 70 anni. Guardate che il Fondo Monetario Internazionale (che è uno degli attori principali di questo piano scellerato) ha capito di aver troppo calcato la mano, arrivando a pubblicare un rapporto che prevede per l’Europa lo spettro della disoccupazione di massa. Dobbiamo correre ai ripari, dice il Fmi, che chiede agli Stati di cominciare a spendere a deficit e aumentare la spesa pubblica (ma non lo possiamo più fare, non abbiamo più la moneta).Se il Fondo Monetario arriva a questo, vuol dire che la situazione è più che drammatica. Ci sono uomini – ne cito uno, Carlo De Benedetti – che fin dagli anni ‘90, in combutta coi politici del centrosinistra, avevano già capito perfettamente che cosa stava succedendo, e come fare queste quattro tornate di profitti. Cosa ha fatto? Si è tolto dall’Olivetti, che aveva una competizione sui mercati che non poteva reggere, e si è messo nell’industria dei servizi. E così hanno fatto tanti industriali, anche Benetton: ha lasciato le magliette ai competitor cinesi e indiani e si è buttato nell’acquisizione di questi servizi essenziali. Perché lo fanno? Ok, stanno creando questo buco nero, in Europa. Ci stanno distruggendo completamente. Ma quando saremo tutti più poveri, come faremo a fargli fare dei profitti? La risposta è questa, e loro la conoscono da tanto tempo: in termini tecnico-economici si chiama “captive demand”. Che cosa fanno? Ti impoveriscono, ti precarizzano e guadagnano sulle esportazioni, intanto però si comprano i servizi essenziali per la cittadinanza: la sanità, l’acqua, la luce, i trasporti – tutto, anche l’anagrafe e i servizi funerari. Tutto già previsto dai negoziati internazionali, verrà venduto tutto. Il Pd è il partito italiano più avanzato nella privatizzazione della sanità: ci lavora nelle lobby europee.Quando avranno acquisito questi servizi essenziali, e noi saremo tutti più poveri, loro faranno profitti spaventosi: perché senza l’acqua non possiamo vivere, non possiamo stare senza i treni o senza la sanità. Siamo prigionieri: “captive demand” vuol dire “richiesta prigioniera”, il cittadino diventa prigioniero di una richiesta che deve soddisfare. Per cui starà senza mangiare, rinuncerà alle vacanze e non comprerà più le lenti a contatto, ma l’acqua la pagherà, il gas lo pagherà, la nonna la seppellerirà, l’operazione al fegato la dovrà fare. Chi è l’uomo più ricco del mondo? Non più Bill Gates, ma Carlos Slim: è un messicano, e ha nelle sue mani tutte le telecomunicazioni del Messico. Ha fatto quello che ha fatto De Benedetti, che ha fatto Benetton in Italia. Si è comprato un servizio essenziale: i messicani devono telefonare, non possono non farlo. Saranno dei poveracci, il Messico è un paese di poveri. Ma lui è l’uomo più ricco del mondo, guardacaso. Questo ci stanno facendo, questo ci aspetta.Sbalordisce l’ampiezza di questo disegno criminale, che è il più grande crimine della storia occidentale dalla fine della Seconda Guerra Mondiale a oggi. Perché non solo hanno distrutto gli Stati, le leggi e i cittadini , ma hanno anche tenuto milioni di persone in condizioni di povertà, di bisogno, di indigenza. E oggi tengono i nostri ragazzi precari, le donne che non possono fare figli perché non possono mantenerli, le coppie che non si sposano perché non possono comprare casa. Tuttto questa sofferenza, che è stata immensa per milioni di persone in tutte le nazioni cosiddette ricche, è stato deciso a tavolino. E’ veramente il più grande crimine. E quello che ci aspetta è proprio la conclusione degna di questo crimine immenso, che hanno commesso. Non esito a dire che, di fronte a una pianificazione di questo tipo, occorrerebbe una nuova Norimberga. Bisognerebbe portare questi personaggi (molti sono ancora vivi) a un processo internazionale per crimini contro l’umanità.(Paolo Barnard, estratto della conferenza “Il più grande crimine”, video caricato su YouTube nel 2011. I dati citati, relativi al 2009, disegnano un quadro che poi si è aggravato in modo ulteriormente drammatico, con il governo Monti. Già nel 2010 Barnard aveva pubblicato online il suo saggio “Il più grande crimine”, che ricostruisce la riconquista del potere da parte dell’élite, a spese della democrazia, con un piano concepito a partire dagli anni ‘20 del ‘900, giunto a compimento in Europa con la creazione dell’Unione Europea e dell’Eurozona).Ogni aspetto che regola la nostra vita nell’Unione Europea è deciso dalla Commissione, non eletta da nessuno. La Commissione Europea decide anche sulle Costituzioni: una sentenza della Corte Europea di Giustizia decreta che le leggi europee hanno priorità anche sulle Costituzioni dei singoli paesi. Oggi, per statuto, parlamentari e ministri italiani in Europa sono tenuti a fare gli interessi dell’Europa in Italia, non gli interessi dell’Italia in Europa. Non rappresentano l’Italia in Europa: rappresentano l’Europa in Italia. Questa struttura sovranazionale, creata dall’élite politico-economica messa all’angolo dalla Rivoluzione Francese e poi nel ‘900 dall’affermazione della democrazia, ha ripreso il potere e ha creato l’euro per togliere la sovranità agli Stati. Lo sapevano dal 1943: l’euro serve a togliere agli Stati la loro ragione di esistere, fino a distruggerli. Cito una frase, pronunciata da uno dei grandi burocrati europei, uno degli uomini del vero potere, Jacques Attali. Era consulente di Mitterrand insieme a un insigne economista, Alain Parguez, poi ravvedutosi. Parguez lo ferma in un corridoio della Commissione Europea e gli dice: «Sapete cosa state facendo? State distruggendo l’Europa. Cos’avete in mente?». E Attali risponde, letteralmente: «Non è colpa nostra se la plebaglia europea pensa che l’unione monetaria sia stata fatta per la loro felicità».
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Bevi Nespresso, e paghi il satellite-spia di George Clooney
George Clooney nasce il 6 maggio 1961 a Lexington in Kentucky. Il padre, Nick Clooney, era un famosissimo giornalista in Kentucky. La madre, Nina Bruce Warren, ex reginetta di bellezza, era impegnata sulla scena politica e sociale della città. Come il marito era molto conosciuta e aveva molti fans. George e la sorella Adelia sono i figli di due celebrità. Fin da piccoli sono abituati alla vita mondana, sorridono, stringono mani, conversano amabilmente. La sorella maggiore del padre, Rosemary Clooney, morta nel 2002 a settantaquattro anni, negli anni cinquanta fu una celebre star del music-hall. Le sue canzoni arrivarono in testa alla hit parade dell’epoca. Rosemary sarà anche un’attrice in un film del 1953 dal titolo “Il cammino delle stelle”. Rosemary era amica intima di Robert Kennedy, e proprio la notte in cui viene assassinato, il 6 giugno 1968, lo sta aspettando all’Ambassador Hotel di Los Angeles e addirittura sente gli spari che gli sono fatali. La morte di Robert Kennedy getterà Rosemary in una profonda depressione durata otto anni, dalla quale non si riprenderà mai completamente. I Clooney sono conosciuti come i Kennedy del Kentucky. Hanno in comune con loro le origini irlandesi, la fede cattolica e la fede democratica.Secondo il sito “ancestry.com”, una delle antenate di George era zia di Abraham Lincoln, repubblicano ma amatissimo dai democratici per avere abolito la schiavitù. Lincoln, sedicesimo presidente americano, nacque proprio in Kentucky. L’infanzia di George non è stata così facile. A otto anni gli viene diagnosticata la dislessia. Cinque anni dopo, a tredici anni, è colpito per lunghi mesi da una paralisi di Bell, a causa di un nervo cranico danneggiato, come era già accaduto a sua sorella qualche anno prima. Ma saltiamo al 1979, quando troviamo George sui banchi universitari, studente di giornalismo annoiato e sfaticato. Nel 1981 la zia Rosemary e il marito, l’attore e regista José Ferrer, arrivano a Lexington per trascorrervi qualche settimana. In realtà sono lì per girare un lungometraggio, e a George viene proposto di comparire in una scena. Folgorato dal cinema, il ragazzo abbandona gli studi di giornalismo, vuole andare in California e tentare la carriera cinematografica. Lavora alcuni mesi per guadagnare i soldi per il viaggio, che il padre gli nega, poi parte e raggiunge la zia Rosemary a Los Angeles che lo ospita per i primi tempi. Il successo arriverà solo nel 1994 con la serie “Er, Medici in prima Linea”: George ha trentatré anni.Da allora fino al matrimonio del 27 settembre 2014 sarà lo scapolo più ambito di Hollywood. In realtà George Clooney era già stato sposato una prima volta nel 1984 con l’attrice Talia Balsam. Il matrimonio durò sino al 1993. Da allora sino al matrimonio con Amal Alamuddin seguiranno molte fidanzate a intervalli regolari di tre o quattro anni. Storie mediatiche, nelle quali nulla è lasciato al caso. Tutte le sue partner, dopo la rottura (che interviene sempre dopo i tre anni di relazione) beneficiano di qualche premio di consolazione, notorietà rapida e redditizia. Tutte le sue ex si rifanno rapidamente una vita e trovano anche dei mariti d’oro. Una saga sentimentale che sembra preparata a tavolino, e che fa nascere negli anni molti sospetti sul reale orientamento sessuale della star. Sulla supposta doppia vita di Clooney le voci corrono per tanto tempo soprattutto a Laglio, sul lago di Como, dove nel 2001 l’attore compra una villa. Qualcuno, in quel periodo, su Internet ribattezza il lago di Como ‘Lake Homo’. Il matrimonio con Amal metterà fine a ogni chiacchera.Nel 2000 l’attore crea la propria casa di produzione, Section Eight, perché vuole realizzare film politicamente impegnati. Sarà il padre a influenzare la sua prima opera come regista: “Confessione di una mente pericolosa”, storia di un presentatore televisivo ingaggiato dalla Cia per diventare un sicario. Come attore, George Clooney riceve il suo primissimo Oscar per il film “Syriana” nell’anno della sua mobilitazione per la causa del Darfur. Nel film, George interpreta un agente Cia in rotta totale con la politica di Washington. Clooney si lancia in un cinema militante, rompendo con la sua immagine di bel ragazzo sexy. Nel 2007 l’attore annuncia pubblicamente il proprio impegno per il Darfur, e attraverso una lettera alla cancelliera tedesca e ai suoi omologhi europei chiede di far pressione sul Sudan. Nel 2008 l’Onu lo nomina messaggero della pace, la più alta distinzione civile. La sua vita cinematografica diventa realtà. In molte delle sue sceneggiature compare una sigla: quella della Cia. Clooney è un frequentatore del Cfr, il Council on Foreign Relations, think-tank fondato nel 1921, con sede a New York e un distaccamento vicinissimo al potere, a Washington. Il suo obiettivo è l’analisi strategica della politica estera degli Stati Uniti e della situazione mondiale. Clooney ne diventa membro permanente nel 2010 con l’appoggio dell’editorialista del “New York Times” Nicolas Kristof e del giornalista Charlie Rose.L’attore deve seguire alcuni stage specifici al Cfr. Da allora la sua figura sarà associata per sempre a quella del Darfur, sulla situazione del quale è informato da una serie di articoli di Nicholas Kristof. Proprio per parlare del Darfur Clooney incontrerà Obama, all’epoca senatore. Secondo il giornalista belga Michel Collon, Clooney ha favorito interessi e strategia degli Stati Uniti nella regione del Sudan. Clooney finanzierà un satellite per sorvegliare le attività del presidente sudanese Omar el-Bèchir. Fino al 2010 tutti i compensi ricevuti da Nespresso saranno investiti in questo progetto. L’obiettivo del ‘Satellite Sentinel Project’, con un sito Internet dedicato all’osservazione satellitare, è ottenere immagini di carri armati, fosse comuni e altre atrocità sul territorio. Si cercano le prove della colpevolezza del capo dello Stato per condurlo davanti alla Corte penale Internazionale. Un film di spionaggio… Nel mirino del satellite di Clooney ci sono ora la Repubblica democratica del Congo, la Repubblica Centrafricana e la Siria.Nel 2013 Nespresso e Technoserve (associazione senza scopo di lucro), si sono associate per migliorare i mezzi di sopravvivenza degli abitanti del Darfur, attuando uno sviluppo sostenibile del caffè, in un paese che diventa una straordinaria fonte di rifornimento per Nespresso/Nestlé. La svolta impegnata di Clooney comprende anche il felice matrimonio con Amal Alamuddin, brillante avvocato specialista in diritti umani, nata a Beirut il 3 febbraio 1978. All’inizio degli anni ottanta la sua famiglia fugge dal Libano e si stabilisce in Inghilterra a Gerrards Cross, elegante località del Buckinghamshire, dove oggi le case costano in media un milione e mezzo di euro. Uno dei nonni di Amal era ministro, l’altro medico e direttore dell’ospedale universitario americano di Beirut. Il padre è stato vicepresidente e professore di scienze commerciali all’università americana di Beirut. La madre, giornalista per il quotidiano di lingua araba “Al-Hayat”, spesso contestato per l’orientamento filoamericano, ha lavorato anche per la televisione libanese e ha intervistato Bill Clinton, Fidel Castro, Hussein di Giordania.Specialista del mondo arabo, è intervistata dalle reti di tutto il mondo, dalla “Bbc” alla “Cnn” e “Al-Jazeera”. Si definisce la voce dei musulmani moderati. Nella sua carriera Amal ha avuto molti incarichi prestigiosi già prima di conoscere Clooney, come l’impegno all’Onu insieme a Kofi Annan sul tema della Siria. Nel 2011 assume la difesa di Julian Assange, all’epoca fondatore del sito Wikileaks e minacciato di estradizione verso la Svezia, accusato da due donne di una fattispecie minore di stupro. Di lei Assange dirà: «Amal è un’amica e un avvocato che ha una prospettiva globale». Un palmarès incredibile per un avvocato di trentotto anni, sempre considerato junior all’interno del suo studio. L’entrata nella sua vita di George Clooney amplificherà a livello globale la sua reputazione di paladina dei diritti umani, e naturalmente il suo riflesso amplificherà a sua volta la figura della star hollywoodiana, che ora non nasconde più la sua ambizione politica. Un candidato perfetto per i democratici dopo il disastro di Hillary e la presidenza divisiva di Trump? Vedremo. Il suo curriculum è certo perfetto.(Lara Pavanetto, “George Clooney: quando con una tazzina di caffè paghi un satellite spia”, dal blog della Pavanetto del 10 novembre 2017).George Clooney nasce il 6 maggio 1961 a Lexington in Kentucky. Il padre, Nick Clooney, era un famosissimo giornalista in Kentucky. La madre, Nina Bruce Warren, ex reginetta di bellezza, era impegnata sulla scena politica e sociale della città. Come il marito era molto conosciuta e aveva molti fans. George e la sorella Adelia sono i figli di due celebrità. Fin da piccoli sono abituati alla vita mondana, sorridono, stringono mani, conversano amabilmente. La sorella maggiore del padre, Rosemary Clooney, morta nel 2002 a settantaquattro anni, negli anni cinquanta fu una celebre star del music-hall. Le sue canzoni arrivarono in testa alla hit parade dell’epoca. Rosemary sarà anche un’attrice in un film del 1953 dal titolo “Il cammino delle stelle”. Rosemary era amica intima di Robert Kennedy, e proprio la notte in cui viene assassinato, il 6 giugno 1968, lo sta aspettando all’Ambassador Hotel di Los Angeles e addirittura sente gli spari che gli sono fatali. La morte di Robert Kennedy getterà Rosemary in una profonda depressione durata otto anni, dalla quale non si riprenderà mai completamente. I Clooney sono conosciuti come i Kennedy del Kentucky. Hanno in comune con loro le origini irlandesi, la fede cattolica e la fede democratica.
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Secondo voi è “normale” dover scappare dal proprio paese?
«Già la Bibbia ci rivela la nostra natura errante, a cominciare da Abramo», diceva qualche anno fa Moni Ovadia, di fronte all’agitarsi bellicoso ed elettoralistico di più inquietanti “respingitori”, alcuni dei quali pronti – a parole – persino a sparare sui barconi dei naufraghi, carichi di donne e bambini. Che farci? «L’uomo è migrante per natura», ripete – anni dopo, in televisione – un altro esponente di prestigio della cultura italiana come Gabriele Lavia, di fronte al dilagare dell’esodo, oggi aggravato dalle ultime guerre. Solo in Grecia, languono 40.000 profughi da Siria, Iraq e Afghanistan, paesi dove i migranti li abbiamo “aiutati a casa loro” (a scappare a gambe levate). «Per carità, non voglio mettere la palla al piede a Marco Polo», premette Gianfranco Carpeoro: è sacrosanto che chiunque possa sempre decidere di cambiare aria, reinventandosi la vita dall’altra parte del mondo, «ma a patto che lo faccia per sua scelta, non per disperazione, inseguito dalla guerra e dalla fame». Perché altrimenti il buonismo è ipocrita: «Non scordiamoci che siamo stati noi a rendere impossibile vivere, nei paesi dai quali ora si scappa: per questo, quell’immigrazione è innanzitutto un vergogna, un’ingiustizia». Ma non se ne ricorda nessuno. Anzi: «La cosa più assurda è che ci abbiano ormai abituato all’idea che l’immigrazione sia un fatto perfettamente naturale, pacifico, fisiologico».Autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo” che rivela l’incubazione di matrice supermassonica del neo-terrorismo targato Isis, Gianfranco Carpeoro (che è appena tornato in libreria con “Il compasso, il fascio e la mitra”, un saggio sui retroscena massonici e vaticani all’origine del fascismo) torna a protestare contro la vulgata mainstream che impone l’accoglienza dei rifugiati in modo acritico, senza alcuna riflessione sulle vere cause di un esodo di massa così imponente e anomalo. Tanto per cominciare, premette Carpeoro – in diretta streaming con Fabio Frabetti di “Border Nights” – evitiamo i trabocchetti della propaganda incrociata – per esempio, il tentativo di sminuire le intimidazioni come quella che gli skinheads veneti hanno rivolto all’associazione solidaristica “Como Senza Frontiere”, penetrando a forza negli uffici per leggere un proclama anti-migranti di fronte agli attivisti intimoriti, per lo più donne. «Quella è violenza privata», taglia corto Carpeoro, che ha alle spalle decenni di attività forense, come avvocato. «Ognuno a casa sua può dire quello che vuole, ma tu non puoi venire a casa mia a impormi quello che pensi, magari dopo aver forzato la porta: io ho tutto il diritto di cacciarti e denunciarti».Se da un lato le associazioni come quella comasca svolgono una funzione encomiabile di volontariato, dall’altra gli avvoltoi del “politically correct” ci speculano prontamente, fingendo di non sapere perché milioni di persone scappano dall’Africa e dal Medio Oriente: paesi rapinati e devastati dal colonialismo, affidati a corrotte dittature filo-occidentali e, all’occorrenza, bombardati e invasi, senza mai ripristinare condizioni di vita accettabili per i superstiti. Si ribella, Carpeoro, all’idea che sia considerato “normale” affrontare il Mediterraneo a bordo di barconi-colaborodo. «Al contrario – insiste – dovrebbe essere normale poter vivere dignitosamente a casa propria, innanzitutto: non è per niente normale essere costretti a fuggire». Ovviamente, sorvolare sul “movente” (la causa dell’esodo) rende invisibile il “colpevole”: i nostri governi, le nostre multinazionali. «Cosa devono pensare, di noi, gli africani? Sono morti come mosche per il virus Ebola, fino a quando non si è ammalato un occidentale: allora, magicamente, la cura si è trovata». Altra assurdità, la distinzione (un po’ nazista) tra tipologie di migranti: «Non capisco perché uno che muore di fame dovrebbe essere diverso da uno che muore a causa della guerra, o delle malattie». Molto più comodo, in fondo, rifugiarsi nel derby: migranti sì, migranti no. Lasciando indisturbato, come sempre, il sistema che provoca il terremoto al quale stiamo assistendo.«Già la Bibbia ci rivela la nostra natura errante, a cominciare da Abramo», diceva qualche anno fa Moni Ovadia, di fronte all’agitarsi bellicoso ed elettoralistico dei più inquietanti “respingitori”, alcuni dei quali pronti – a parole – persino a sparare sui barconi dei naufraghi, carichi di donne e bambini. Che farci? «L’uomo è migrante per natura», ripete – anni dopo, in televisione – un altro esponente di prestigio della cultura italiana come Gabriele Lavia, di fronte al dilagare dell’esodo, oggi aggravato dalle ultime guerre. Solo in Grecia, languono 40.000 profughi da Siria, Iraq e Afghanistan, paesi dove i migranti li abbiamo “aiutati a casa loro” (a scappare a gambe levate). «Per carità, non voglio mettere la palla al piede a Marco Polo», premette Gianfranco Carpeoro: è sacrosanto che chiunque possa sempre decidere di cambiare aria, reinventandosi la vita dall’altra parte del mondo, «ma a patto che lo faccia per sua scelta, non per disperazione, inseguito dalla guerra e dalla fame». Perché altrimenti il buonismo è ipocrita: «Non scordiamoci che siamo stati noi a rendere impossibile vivere, nei paesi dai quali ora si scappa: per questo, quell’immigrazione è innanzitutto un vergogna, un’ingiustizia». Ma non se ne ricorda nessuno. Anzi: «La cosa più assurda è che ci abbiano ormai abituato all’idea che l’immigrazione sia un fatto perfettamente naturale, pacifico, fisiologico».
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Piazzale Loreto, sacrificio rituale: morte del nuovo Cesare
Piazzale Loreto: macelleria messicana o rito esoterico? Giorgio Galli, eminente politologo italiano, propende per la seconda ipotesi. Per questo firma il breve saggio pubblicato in appendice nel volume “Mussolini e gli Illuminati”, nel quale Enrico Montermini, giovane ricercatore indipendente, rivisita l’intera parabola del Duce, “da piazza San Sepolcro al rito sacrificale di piazzale Loreto”. L’autore mette in luce il legame occulto tra il fascismo, la massoneria italiana e gli ambienti della supermassoneria finanziaria anglosassone. Una lettura raggelante, quella della fine del dittatore interpretata in chiave esoterica: Mussolini ucciso sul Lago di Como e quindi “battezzato”, da morto, in uno strano rito di purificazione, per poi essere tradotto a Milano, fotografato cadavere con in pugno uno scettro (come l’Imperatore dei tarocchi) e infine appeso a testa in giù, per richiamare un altro degli “arcani”, l’Appeso, simbolo del potere capovolto. Tutto questo a piazzale Loreto, cioè «non a caso, nella piazza milanese dedicata alla Madonna», visto che – nella folle visione dei registi del macabro spettacolo – proprio «nel grembo della beata vergine» doveva “nascere”, simbolicamente, il nuovo Cristo. Un secondo avvento del messia, «propiziato dalla caduta del nuovo Giulio Cesare».Delirio? Eppure coincide alla lettera con la cronologia di quei drammatici giorni. Montermini sostiene che l’atroce scempio di piazzale Loreto parrebbe la diligente attuazione della “profezia” pronunciata nel 1908 dall’esoterista inglese Annie Besant, leader della Società Teosofica fondata da Helena Petrovna Blavatsky. La Besant parla per la prima volta di un nuovo periodo, il passaggio dall’Età dei Pesci all’Età dell’Acquario, segnata dal ritorno di Cristo sulla Terra, preceduto però dalla reincarnazione di Giulio Cesare, che dovrà regnare e poi cadere. Ma che c’entra Mussolini con le visioni di certo esoterismo? C’entra eccome, assicura Montermini, che si incarica di indagare cercando «l’altra faccia della storia, quella che si nasconde dietro gli avvenimenti narrati nei libri». Basta verificare chi favorì la nascita ufficiale del fascismo, il 23 marzo 1919 in piazza San Sepolcro a Milano: «Intorno a Mussolini troviamo sempre personaggi legati al substrato del mondo esoterico: massoneria e altri ordini iniziatici ancora più segreti e potenti, e naturalmente molto meno conosciuti, come la paramassoneria finanziaria con i suoi circoli elitari». La tesi: «Mussolini fu selezionato, fu aiutato ad arrivare al potere». Lo dimostrano «forze politiche ed esoteriche, presenti a piazza San Sepolcro nel momento in cui fu fondato il fascismo».Secondo Montermini, documenti alla mano, Mussolini ricevette una vera e propria investitura dal mondo delle società segrete, da parte di un personaggio in apparenza folkoristico, Regina Teruzzi, che in realtà «era la medium di un gruppo di potentissimi e autorevolissimi cultori della tradizione romana, l’aristocrazia nera dedita alla tradizione pagana». Personaggi di spicco: il duca Giovanni Antonio Colonna Di Cesarò, noto cultore della teosofia e dell’antroposofia (che poi diventerà ministro delle Poste del governo Mussolini) e Don Leone Caetani, anche lui appartenente a una delle più antiche e potenti famiglie dell’aristocrazia nera romana, il cui fratello – Celaso Caetani – diventerà ambasciatore d’Italia a Washington subito dopo la Marcia su Roma (una nomina irrituale, di provenienza non diplomatica, che suscitò scandalo alla Farnesina). Questi personaggi «invitarono la Teruzzi nel “dies natalis” del fascismo per dare a Mussolini la loro investitura». Lei, la medium, «gli profetizzò che sarebbe diventato “console d’Italia”», cioè autocrate. Investitura “profetica” che avvenne a Palazzo Castani, in piazza San Sepolcro, «sede notoria della massoneria milanese».La sala per il ricevimento, aggiunge Montermini, fu messa a disposizione da Cesare Goldman, «israelita, altissimo dignitario della massoneria italiana». Nella regia dell’operazione c’era anche il maggiore sponsor del fascismo “antemarcia”, cioè la Banca Commerciale Italiana, massonica, allora diretta da Jósef Leopold Toeplitz, «seguace dell’eresia “franchista”, una setta ereticale ebraica che aveva mischiato l’antico sapere cabalistico ebraico con i riti orgiastici delle religioni gnostiche del mondo antico». Tra i fondatori del fascismo, in quella occasione, «troviamo un lungo elenco di personaggi associati alla massoneria». Lo stesso gran maestro del Grande Oriente d’Italia, Domizio Torrigiani, «dice che una centuria di massoni milanesi fu tra i fondatori dei Fasci di Combattimento». Mussolini – deduce Montermini – fu accuratamente selezionato dalle società segrete «per rimettere in piedi l’Italia», piegata dagli scioperi insurrezionali del “biennio rosso”, con le fabbriche di armi occupate dagli operai.Il futuro Duce «era perfettamente consapevole di quei piani». La cosa non sorprende: «Già all’indomani della Prima Guerra Mondiale era molto vicino alla massoneria». Per un certo periodo «andò d’amore e d’accordo con le logge, e questo spiega l’aiuto che la massoneria ha dato al successo della Marcia su Roma, soprattutto in termini di desistenza, da parte degli apparati repressivi dello Stato». Fino al 1922, continua lo storico, Mussolini ebbe stretti rapporti con Torrigiani, il leader del Goi. E alla vigilia della Marcia su Roma iniziò a intrattenere rapporti (durati fino al 1925) anche con Raoul Palermi, il “venerabile” della Gran Loggia d’Italia, la massoneria “scozzese” di Piazza del Gesù. «Non a caso Mussolini era circondato da massoni, basta guardare le foto della Marcia su Roma, i cui “quadrumviri” sono tutti affiliati alla massoneria: Italo Balbo, Michele Bianchi, Emilio De Bono e Cesare Maria De Vecchi». Montermini esibisce un’altra foto storica, quella della stretta di mano tra il capo del fascismo e il sovrano, Vittorio Emanuele III, all’indomani della marcia. Un momento solenne, con la frase passata alla storia («Sire, vi offro l’Italia di Vittorio Veneto») suggellata da una stretta di mano particolare, “massonica”. Il Savoia era massone? Sì, secondo documenti dell’intelligence Usa: era il numero uno della Gran Loggia, al di sopra di Palermi. «E nel libro – rivela Montermini – dimostro che era massone lo stesso Mussolini», anche se poi, nel 1925, il dittatore non esiterà a mettere fuorilegge le società segrete.Nel volume, Montermini cita le testimonianze di Cesare Rossi (segretario del Duce, affiliato alla Gran Loggia d’Italia) e Michele Terzaghi (deputato del Pnf, alto dignitario della Gran Loggia): entrambi confermano che Mussolini ricevette “in punta di spada” la consacrazione al 33esimo grado del “rito scozzese antico e accettato”.Terzaghi testimonia che Palermi consegnò a Mussolini il brevetto massonico del 33esimo grado “ad honorem” e gli esibì la Dichiarazione di Principi contenuta nel Manuale massonico degli Apprendisti, su cui Mussolini appose di suo pugno le parole “Visto e approvato”. «Firmò un impegno scritto con la massoneria». Glielo ricorderà lo stesso Palermi molti anni dopo, nel 1934, in una lettera autografa – rintracciata da Montermini – in cui il “sovrano gran maestro” della Gran Loggia d’Italia rinfresca la memoria al Duce, rammentandogli come “onorò” quella dichiarazione massonica «il 12 novembre 1922, all’Hotel Savoia». Quel documento, scrive Palermi a Mussolini, «fu riprodotto nei libri di Piazza del Gesù». Aggiunge il gran maestro, sempre rivolto al dittatore: «Il prezioso originale fa ora parte di un museo di quegli americani fedeli, ai quali ci rivolgemmo all’indomani della trionfante Marcia su Roma. Ricordate?».Quella lettera, secondo Montermini, certifica in modo evidente l’affiliazione di Mussolini nella massoneria, da cui poi prese le distanze sacrificando la libera muratoria «sull’altare dei Patti Lateranensi», privilegiando il rapporto con l’altro super-potere italiano, il Vaticano. Ma anche la sopressione formale delle comunioni massoniche «rientrava in un disegno più vasto, di cui Mussolini era al corrente: azzerare la massoneria italiana per poi rifondarla, in ossequio al progetto anglosassone di “nuovo ordine mondiale”». Secondo il ricercatore, «Mussolini firmò la sua condanna a morte quando si rifiutò (sulla base probabilmente degli impegni presi con Churchill il 15 gennaio 1927 a Roma) di adempiere alla sua parte dell’accordo, cioè permettere alla massoneria di ricostituirsi e riprendere a operare, rifondata su più solide basi spirituali. Ma c’erano anche stringenti ragioni finanziarie: per esempio, i tentativi dell’Agip di mettere le mani sul pozzi di petrolio iracheni di Mosul». Forse non è casuale neppure la scelta della “forca” di piazzale Loreto: un distributore di carburante della Standard Oil, poi Esso, compagnia fondata da John Davison Rockefeller.Gli storici sottolineano il primo Mussolini, antimassonico: da direttore dell’“Avanti” fu il regista del congresso che, nel 1914, dichiarò incompatibile l’appartenza alla massoneria con la militanza nel partito socialista. Ma la vera storia del Duce è oscillante e contraddittoria, obietta Montermini: appena un anno dopo quel congresso, quando Mussolini ruppe con la direzione del Psi e venne cacciato dal partito (politicamente era un uomo finito) a salvarlo, letteralmente, fu il massone Filippo Naldi, «altissimo dignitario di Piazza del Gesù», che mise in piedi il “Popolo d’Italia” affidandone la direzione a Mussolini. Dopo l’ascesa al potere (e il successivo scaricamento della massoneria, che l’aveva aiutato nella Marcia su Roma), il Duce subì diversi attentati «di matrice esoterica», tra cui quello di una donna irlandese, Violet Gibson, che il 7 aprile 1926 gli sparò, ferendolo al naso. «Il gesto di una pazza», si disse, ma Montermini non concorda: la Gibson aveva conosciuto Colonna Di Cesarò (il promotore di piazza San Sepolcro) durante una riunione della Società Teosofica a Monaco di Baviera. E tentò di uccidere Mussolini «poche ore dopo la morte di Giovanni Amendola, massone e teosofo». I mandanti? «A Londra», sospetta Montermini.Sul fascismo, sostiene lo storico, premevano gli antesignani del New World Order (la finanza “illuminata” di Wall Street) ma anche «il progetto del paganesimo guerriero indoeuropeo e il Movimento Sinarchico d’Impero, francese», ispirato al parigino Joseph Alexandre Saint-Yves, marchese d’Alveydre, teorico della “sinarchia”: il governo oligarchico delle élite visto quasi come una forma di religione. «Quelli che nel libro chiamo “gli Illuminati” esercitavano fortissime pressioni su Mussolini, ma erano divisi al loro interno sulla spartizione del potere». Poi però un accordo lo trovarono, perlomeno sulla fine del Duce italiano: «A inchiodare Roosevelt e Churchill è una intercettazione dei servizi segreti tedeschi», racconta Montermini. Il presidentre americano e il premier britannico «stabilirono nel 1943 che Mussolini doveva essere ucciso». Per la cronaca: «Roosevelt era un 32esimo grado del rito scozzese e Churchill un 33esimo grado, come il successore di Roosevelt, Harry Truman, presidente degli Stati Uniti quando Mussolini venne ucciso».La morte del dittatore, catturato a Dongo il 27 aprile 1945, e avvenuta l’indomani nel pomeriggio a Giulino di Mezzegra, secondo la storiografia ufficiale, per Montermini sarebbe avvenuta in circostanze controverse e non del tutto chiarite. In particolare, racconta il ricercatore, la popolazione locale rimase turbata dallo strano “rito” cui sarebbe stato sottoposto il cadavere del dittatore: spogliato e lavato a una fontana, «come una sorta di rito battesimale di purificazione». Qualcosa di anomalo, al punto da «spingere gli abitanti della zona a far benedire quei luoghi, poi, dai parroci». Montermini parla di «modalità esoteriche della fine di Mussolini, trascurate dagli storici forse perché privi degli strumenti per penetrare quel linguaggio allegorico e simbolico». L’autore sostiene che la scena dell’esecuzione sia stata alterata, e il cadavere «spostato dal luogo del delitto al cancello di Villa Belmonte», prima di raggiungere Milano il 29 aprile. Il corpo di Mussolini, insieme a quello di Claretta Petacci e dei 16 “gerarchi” fucilati, fu condotto a piazzale Loreto: il luogo dove, il 10 agosto 1944, erano stati giustiziati 15 partigiani, i cui corpi erano stati dileggiati e lasciati esposti al sole per l’intera giornata, impedendo ai familiari di raccoglierne i resti.Secondo Montermini, però, la scelta di piazzale Loreto può avere anche un’altra spiegazione, lugubremente simbolica: la preparazione del “nuovo avvento di Cristo”. Fra le tante immagini, scattate e filmate dai “combat filmakers” della Quinta Armata americana agli ordini del Moral Operations Branch dell’Oss (futura Cia), ce n’è una che mostra il corpo di Mussolini ricomposto, con nella mano destra «qualcosa di simile a uno scettro», proprio come l’Imperatore nei tarocchi. «E’ una foto stra-pubblicata ma con l’inquadratura ristretta sui volti di Mussolini e della Petacci, escludendo lo scettro». Per Montermini quella messinscena «è il secondo atto della cerimonia: la consacrazione». Cosa si voleva consacrare? «Mussolini è consacrato come il nuovo Giulio Cesare di cui parlava la Besant nel 1909, nella conferenza “Il secondo ritorno di Cristo sulla Terra”». In altre parole «un Giulio Cesare esoterico, in previsione di propiziare il ritorno di Cristo sulla Terra. E dove altro poteva reimcarnarsi, Gesù Cristo, se non nel grembo della vergine Maria, ossia – a livello metaforico, sempre – al centro di piazzale Loreto, la piazza dedicata alla Madonna di Loreto?».Non è finita: «Terza e ultima fase del rituale, Mussolini viene appeso a testa in giù», come appunto l’Appeso dei tarocchi. La cosa ha «un duplice significato: il sacrificio (ecco quindi l’atto sacrificale per propiziare qualcosa) e l’iniziato, cioè colui che si fa ricettacolo passivo di forze cosmiche, e questo può avvenire soltanto in una fase successiva alla consacrazione esoterica di Mussolini quale novello Giulio Cesare». Per Montermini, si tratterebbe di un dramma simbolico in tre atti – battesimo, consacrazione “romana” e capovolgimento – che suggerisce l’identità dei mandanti, cioè gli alti vertici delle società segrete, gli Illuminati del tempo, e la massoneria angloamericana. Fantasie? Non proprio. «Giorgio Galli si è misurato con le tesi del mio libro, arrivando alla mia stessa conclusione: i fatti di piazzale Loreto, così come raccontati nei libri di storia per 70 anni, sono da riscrivere», ribadisce Montermini. «La mia intuizione la si può analizzare e discutere, ma non confutare: non si può più fare finta di niente». Aggiunge il ricercatore: «Tendiamo a dare spiegazioni sempre razionali deella storia, ma la storia la fanno gli esseri umani, con le loro convinzioni anche religiose. Io non credo in questo tipo di attività occulte – precisa l’autore – ma dal punto di vista storico non possiamo negare il fatto che esistano persone che credono in queste cose, e spesso queste persone sono ai vertici della società».Politica, burocrazia, forze armate: «Non è indifferente sapere che tutte queste persone, che occupano posizioni di potere, credono in una dottrina esoterica che rappresenta il mondo in un certo modo, e che vuole dare un certo indirizzo anche spirituale all’attività quotidiana degli affiliati», sottolinea Montermini. «Ma non c’è solo la massomeria, c’è anche la massoneria deviata, quella dei contro-iniziati, i gruppi esoterici che si ispirano alla massoneria come tipo di organizzazione ma portano avanti un pensiero, una filosofia, una dottrina esoterica diversa, in tutto o in parte, da quella massonica». Lo sappiamo: «Ci sono maestri spirituali che hanno tra i loro adepti personaggi potentissimi, in grado di condizionare la politica degli Stati e quindi la vita di milioni di persone. E dal punto di vista storico, far finta che questa cosa non esista è una mistificazione», concude Montermini. «Si presuppone che i fatti abbiano sempre una consequenzalità logica, negando quindi la presenza dell’irrazionale all’interno della storia: una visione “magica” del mondo che è stata insegnata all’interno dei circoli esoterici, magici, alchemici». Se i grandi poteri non potevano non essere con Mussolini, al momento della sua prodigiosa ascesa, forse non c’è da stupirsi troppo se poi qualcuno sostiene che la sua caduta sia stata davvero “celebrata” come un terribile sacrificio rituale.(Il libro: Enrico Montermini, “Mussolini e gli Illuminati. Da piazza San Sepolcro al rito sacrificale di piazzale Loreto”, Edizioni Sì, 214 pagine, 16 euro. In appendice, nel volume, uno studio di Giorgio Galli, “Piazzale Loreto: macelleria messicana o rito esoterico?”. Molte dichiarazioni di Montermini, in merito al contenuto del libro, sono rintracciabili in filmati su YouTube come “Da piazza San Sepolcro al rito sacrificale di piazzale Loreto” e “Mussolini e gli Illuminati”).Piazzale Loreto: macelleria messicana o rito esoterico? Giorgio Galli, eminente politologo italiano, propende per la seconda ipotesi. Per questo firma il breve saggio pubblicato in appendice nel volume “Mussolini e gli Illuminati”, nel quale Enrico Montermini, giovane ricercatore indipendente, rivisita l’intera parabola del Duce, “da piazza San Sepolcro al rito sacrificale di piazzale Loreto”. L’autore mette in luce il legame occulto tra il fascismo, la massoneria italiana e gli ambienti della supermassoneria finanziaria anglosassone. Una lettura raggelante, quella della fine del dittatore interpretata in chiave esoterica: Mussolini ucciso sul Lago di Como e quindi “battezzato”, da morto, in uno strano rito di purificazione, per poi essere tradotto a Milano, fotografato cadavere con in pugno uno scettro (come l’Imperatore dei tarocchi) e infine appeso a testa in giù, per richiamare un altro degli “arcani”, l’Appeso, simbolo del potere capovolto. Tutto questo a piazzale Loreto, cioè «non a caso, nella piazza milanese dedicata alla Madonna», visto che – nella folle visione dei registi del macabro spettacolo – proprio «nel grembo della beata vergine» doveva “nascere”, simbolicamente, il nuovo Cristo. Un secondo avvento del messia, «propiziato dalla caduta del nuovo Giulio Cesare».
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Euro-tasse criminali: moneta sovrana, la sfida di Cantù
Chiudere bottega, strangolati dalle tasse? Neanche per sogno, meglio rifiutarsi di pagare le imposte: «In un sistema fiscale come quello dell’euro, evadere le tasse è un dovere patriottico». Parola di Paolo Barnard, giornalista convertitosi alla sovranità monetaria come unica via d’uscita dall’euro-tunnel della crisi. «Non possiamo distruggere il nostro futuro per un sistema fiscale criminale». La notizia però è un’altra: sono gli applausi fragorosi dei 180 spettatori radunatisi a Cantù, cuore della Lombardia produttiva. Sindaci, associazioni, organizzazioni politiche, cittadini e imprenditori. E’ il 14 aprile 2013, data a suo modo storica: «Potreste diventare il primo Comune Me-Mmt d’Italia». Il sindaco, l’indipendente Claudio Bizzozero, approva: la piccola Cantù, meno di 40.000 abitanti, in provincia di Como, è pronta a “fare qualcosa” per ribellarsi concretamente alla “dittatura del rigore” che mette alle corde gli enti locali e getta nella disperazione famiglie e imprese.
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Sterminati dalla Chiesa: così morirono gli Eretici del Lago
Bagnolo San Vito, provincia di Mantova. Dal XII al XIV secolo questa cittadina e le zone circostanti sono state un centro molto importante di diffusione dell’eresia catara. Una violenta persecuzione ha cancellato dalla faccia della terra i segni di questa religione. Nel libro “Gli eretici sul lago”, Vittorio Sabbadini ripercorre la storia del movimento cataro e le vicende locali, per far tornare a vivere la memoria di uno dei movimenti religiosi più importanti e rivoluzionari della storia. «Voglio ricordare con grande affetto e molta stima tutti i nostri concittadini bagnolesi e mantovani, vescovi, perfetti, perfette e credenti nella fede catara bagnolese, alla quale sono rimasti fedeli sino alla fine, con l’ingenua utopia di voler fermare il mondo»: così scrive Sabbadini nel commosso incipit del suo saggio. Con passione e sdegno, lo studioso racconta l’odissea di molti suoi antenati, centinaia di suoi concittadini perseguitati e poi sterminati.
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Il tramonto del Pd, la casta che perde a sua insaputa
C’è una nuovo sviluppo nella politica italiana, quella dei partiti che perdono a propria insaputa: così accade nel Pd che canta vittoria non accorgendosi di aver ormai imboccato la strada del disastro. E non è solo la vittoria dei grillini a Parma a definire un quadro fosco, ma principalmente la diserzione dalle urne che segnano le elezioni meno partecipate della storia della Repubblica. Il dato del 51, 4% di per sé striminzito non restituisce la realtà perché è la media delle affluenze nei comuni dove si è votato, ma nei centri di gran lunga più grandi rispetto agli altri, Genova e Palermo siamo al 39% e a Palermo al 41%. Questo significa che sulla platea globale degli aventi diritto al voto, parecchio meno della metà è andata alle urne. La disaffezione è drammatica. La platea degli incerti e degli schifati, una massa enorme.
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Expo 2015, Milano nuova capitale della ‘Ndrangheta?
In vista dell’Expo 2015 le cosche calabresi stanno infiltrando il tessuto imprenditoriale lombardo e spostano il centro dei propri interessi all’ombra della Madonnina, tanto che i magistrati nazionali antimafia avvisano: «Milano è la nuova capitale della ‘ndrangheta e la Lombardia è diventata la quarta regione mafiosa d’Italia». Lo afferma Gian Luca Ursini sul newsmagazine indipendente “PeaceReporter”, in un ampio servizio che aggiorna la geografia criminale italiana partendo dai colossali investimenti in arrivo a Milano per l’expò universale e le sue miliardarie infrastrutture.