Archivio del Tag ‘clima’
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Speculano sulla fame, l’Onu: tagliamo i viveri alla finanza
Un mercato poverissimo, pieno di prodotti d’importazione: non in Norvegia, ma in Senegal, nel cuore verde dell’Africa. Un sacco da 50 chili di riso importato costa 14.000 franchi Cfa, la moneta delle ex colonie francesi. «Di colpo, la zuppa della sera è sempre più liquida», scrive il grande antropologo svizzero Jean Ziegler: «Solo pochi chicchi sono autorizzati a galleggiare nell’acqua della pentola: presso i mercanti, le donne acquistano ormai riso al bicchiere». E’ il risultato della finanziarizzazione delle derrate alimentali: la speculazione globalizzata sta affamando anche i paesi africani meno poveri. Miliardi di tonellate in pochissime mani, che si palleggiano i prodotti facendoli rincarare. Così tutto aumenta ogni giorno, accusano le donne africane intervistate da Ziegler per un reportage apparso su “Le Monde Diplomatique” e ripreso da “Micromega”. L’Onu dispone aiuti alimentari, ma il problema è un altro: sottrarre al sistema speculativo le materie prime agricole.
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Migrazioni climatiche: ogni anno, milioni di persone in fuga
La Terra si riscalda troppo e fa avanzare il deserto oppure le acque, che sommergono intere regioni. Siccità o inondazioni, stesso risultato: un esodo biblico, con la fuga di milioni di persone, specie dalle aree sovrappopolate dell’Asia e del Pacifico, dov’è più forte l’esplosione demografica degli ultimi anni. Solo nell’ultimo biennio, secondo gli osservatori più attenti, più di 42 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case. E la situazione è destinata a peggiorare: «I cambiamenti climatici aumenteranno la frequenza e la gravità di tali eventi, rendendo zone sempre più ampie inospitali e insicure per gli insediamenti umani», afferma nel suo ultimo rapporto l’Asian Development Bank. Emergenza anche economica, ad aggravare il bilancio della crisi: alluvioni, terremoti, siccità e incendi ci costano sempre di più, e la colpa è del “climate change”. Un conto salatissimo per l’umanità: 300 miliardi di euro, solo nel 2011, cioè il doppio dell’anno precedente.
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La diserzione della politica: cittadini sempre più indifesi
L’incredibile Bersani demolito in mondovisione da Marco Travaglio in soli 13 minuti, senza essere riuscito a dire una parola a giustificazione della Tav Torino-Lione. E poi Alfano che blatera contro il “pericolo rosso” e le nozze gay, mentre il suo capo Berlusconi festeggia l’assoluzione di Dell’Utri in Cassazione. Così, il dialogo con la popolazione italiana – dalla valle di Susa militarizzata alle retrovie dell’ultimo corteo romano della Fiom – è affidato ai reparti antisommossa, mandati “al fronte” da un governo di anonimi tecnocrati che nessuno ha eletto. Ormai, avverte Lorenzo Guadagnucci, stanno usando la polizia contro di noi, secondo lo schema inaugurato al famigerato G8 di Genova: per Andrea Camilleri, quelle erano «prove tecniche di colpo di Stato».
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Luca Mercalli al premier: Tav, il silenzio degli arroganti
Caro presidente Monti, l’8 gennaio a “Che tempo che fa” le ho donato una copia del mio libro “Prepariamoci” e Lei, squisitamente, mi ha stretto la mano e detto: «Ne abbiamo bisogno». Un mese dopo, assieme ad alcune centinaia di docenti di atenei italiani, ricercatori e professionisti (inclusi Vincenzo Balzani, Luciano Gallino, Alberto Magnaghi, Salvatore Settis) firmavo un appello per sollecitare una Sua riconsiderazione delle argomentazioni tecnico-economiche a supporto della linea ad alta capacità Torino-Lione, che da anni risultano non convincenti. A tutt’oggi non solo non è giunto un Suo cenno di considerazione, quanto piuttosto la perentoria affermazione che i dati sono definitivi e invarianti, le decisioni sono assunte, il progetto deve andare avanti anche manu militari. Non mi aspettavo una tale chiusura, ora fonte di una profonda spaccatura in una parte del mondo intellettuale e scientifico italiano.
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Bastardi, avidi e bugiardi: ecco a voi i signori del petrolio
Cosa succede se un’industria ha troppo potere? Semplice: si bypassano le regole e si controlla l’informazione per soffocare il dissenso. Nel frattempo il clima cambia e la gente muore. Influenze politiche, ricatti, corruzione: è ciò che “Bastardi avidi e bugiardi”, la video-inchiesta del regista americano Craig Rosebraugh si propone di scardinare. Dagli Usa a Tuvalu, dal Perù all’Uganda, fino ad arrivare in Europa, è decisamente inquietante il ritratto tracciato dal documentario, prodotto dall’attrice Daryl Hannah (“Kill Bill”), già arrestata in passato per il suo attivismo ambientalista. “Greedy Lying Bastards”, scrive Andrea Bertaglio sul “Fatto Quotidiano”, può essere visto come la risposta al film pro-petrolio “SpOILed”, presentato negli Usa lo scorso anno e finanziato da personaggi legati al business dei combustibili fossili.
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Meno e meglio: la madre della crisi è proprio la crescita
Sommando il debito pubblico ai debiti delle famiglie e delle imprese, in tutti i paesi industrializzati l’indebitamento complessivo supera il 200 per cento del prodotto interno lordo. Perché? A partire da questa domanda cruciale, che tuttavia nessuno ha mai posto, si sviluppano i contributi all’analisi della crisi in corso e le proposte per ridurne le conseguenze devastanti, riuniti nel volume collettivo “Crisi economica, debiti pubblici e decrescita felice”, pubblicato dalle Edizioni per la decrescita felice, a giorni in libreria. L’indebitamento complessivo dei paesi industrializzati, rispondono gli autori del volume, è necessario per assorbire la produzione crescente di merci che altrimenti rimarrebbero invendute.
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Pietà per l’orso: una nuova religione che salvi noi cannibali
Quando Berlusconi è caduto, sotto il Quirinale suonava l’orchestra della Resistenza Musicale Permanente, uno dei tanti movimenti antiberlusconiani, il cui coro ha cantato l’Alleluia di Händel. Poi Monti è stato accolto col consenso quasi generale della popolazione, senza che si conoscesse il suo programma: lui, del resto, era il salvatore. «L’accoglienza che gli è stata fatta – scrive il poeta Carlo Bordini – mi ha fatto pensare all’accoglienza che fece Roma a Hitler nel 1938», riservando «un entusiasmo delirante» al messia del nazismo. Ammettiamolo: il mondo è a pezzi. La soluzione? Semplice: abolire la proprietà privata. Mission impossibile, naturalmente, per colpa del socialismo storico: l’orrore scatenato dal totalitarismo sovietico ha frenato ogni possibile evoluzione libertaria, lasciando campo libero alla ferocia schiavistica del capitalismo.
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Giulietto Chiesa: difendiamoci insieme, o ci fanno a pezzi
L’Italia sta male, e domani starà malissimo? Niente paura: il presidente americano applaude. Barack Obama, premio Nobel per la pace reduce della guerra in Libia e attualmente impegnato a preparare in Siria la prossima grande guerra, quella contro l’Iran, plaude allo stratega Mario Monti. E’ il suo uomo, ha le carte in regola: Goldman Sachs, Trilaterale, Bilderberg, Commissione Europea. Il popolo italiano è in buone mani: nessun pericolo che possa far pesare la propria volontà democratica. Nel giugno 2011, coi referendum, avevamo votato per i beni comuni? Perfetto: con Mario Monti, si privatizzerà tutto. Gli italiani volevano la testa di Berlusconi? Be’, l’hanno avuta. E adesso, per favore, subiscano in silenzio il nuovo programma terminale: la fine della sovranità democratica, motivata ovviamente dall’emergenza del debito. Risultato già scritto: declino e crisi infinita.
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Decrescita è democrazia, contro la dittatura che ci assedia
«La decrescita è il riflusso di un torrente straripato: siccome il fiume dell’economia è uscito dagli argini, è quanto mai auspicabile che vi rientri». Si intitola “Per un’abbondanza frugale” l’ultimo saggio dell’eco-intellettuale francese Serge Latouche, che insiste ancora, innanzitutto, sul concetto di decrescita come via d’uscita dalla crisi: per Latouche si tratta di un “orizzonte di senso” per abbandonare la società dei consumi, ma anche un obiettivo politico a breve termine, «da opporre alle pseudoterapie neoliberali o keynesiane nella situazione attuale di depressione repressiva», osserva Luca Barbirati nella sua recensione. La ricetta? Economia locale a filiera corta, lavori socialmente utili e orario ridotto: anche solo 4 ore al giorno.
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Rifkin: energia da ogni casa, la rivoluzione siamo noi
La seconda rivoluzione industriale, alimentata dal petrolio e dagli altri combustibili fossili, è entrata in un finale di partita molto pericoloso; i prezzi crescono, la disoccupazione resta alta, il debito si è impennato e la ripresa sta rallentando. Peggiora ancora il cambiamento climatico provocato dai combustibili fossili, base energetica dell’attività industriale. Di fronte a un collasso dell’economia globale, l’umanità è alla disperata ricerca di una nuova visione che ci porti nel futuro. Le grandi rivoluzioni economiche della storia si verificano quando le nuove tecnologie della comunicazione convergono con i nuovi sistemi energetici. Le rivoluzioni energetiche possono rendere il commercio più ampio ed integrato. Se accompagnate da rivoluzioni nei mezzi di comunicazione, consentono la gestione di nuove e più complesse attività commerciali.
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Doiron: spiazziamo il potere, mettiamoci a coltivare l’orto
Il mio nome è Roger Doiron e coltivo un piano sovversivo. È così sovversivo infatti che ha il potenziale per modificare radicalmente l’equilibrio di potere non solo nel nostro paese ma in tutto il mondo. Non c’è niente di particolarmente radicale o rivoluzionario in un prato. Ma comincia a diventare interessante quando lo trasformiamo in un orto. Suggerirei a tutti voi che l’orticoltura è un’attività sovversiva. Pensate al cibo come a una forma di energia. È ciò che ci alimenta e allo stesso tempo una forma di potere. E quando incoraggiamo la gente a coltivare parte del proprio cibo la stiamo incoraggiando a prendere il potere nelle proprie mani. Potere sulla propria dieta, potere sulla propria salute e un po’ di potere sul proprio portafogli. Penso che questo sia veramente sovversivo perché stiamo anche, necessariamente, dicendo di sottrarre quel potere a qualcun altro, ad altri soggetti sociali che attualmente hanno potere su cibo e salute.
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Salvare il pianeta? Prima, salviamo il genere umano
È più facile rimettere in discussione i nostri sistemi di consumo piuttosto che quelli di produzione? Se nessuno più ignora l’ampiezza della crisi ambientale che l’umanità sta affrontando, la crisi di civiltà a cui questa si accompagna rimane poco conosciuta. Non si può tuttavia uscire dall’impotenza se non la si diagnostica e non se ne misura l’effettiva gravità. Il pianeta Terra, modo di dire per designare il nostro habitat naturale, peggiora a vista d’occhio, ne siamo largamente consapevoli e non c’è formazione politica che non includa, almeno nei suoi discorsi, la causa ecologica. Il pianeta Uomo, modo di dire per designare il genere umano, peggiora in maniera altrettanto allarmante, ma non si è consapevoli del livello di gravità raggiunto e non c’è formazione politica in grado non foss’altro di attribuire alla causa antropologica un’importanza pari a quella ecologica.