Archivio del Tag ‘civiltà’
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Crolla un’epoca di abusi, se la Torino-Lione non è più tabù
«Se proprio bisogna spendere tanti miliardi per “bucare” qualcosa, si perfori il sottosuolo di Torino per dotare il capoluogo piemontese di una vera rete metropolitana: vorrebbe dire fermare migliaia di auto, migliorare la salute della città più inquinata d’Italia e regalare ai pendolari due ore di vita ogni giorno, contro il famoso quarto d’ora che la Torino-Lione farebbe risparmiare agli improbabili passeggeri della linea ferroviaria ad alta velocità». Parola di Gianna De Masi, già assessore ambientalista di Rivoli, terza città della provincia per numero di abitanti, alla vigilia dell’ennesimo corteo promosso dai NoTav per celebrare i trent’anni di opposizione all’infrastruttura più controversa d’Europa. «Ormai la Francia aspetta solo un cenno per poter dire addio a questo progetto faraonico e completamente inutile», sostengono gli attivisti valsusini. «Sono gli stessi tecnici di Palazzo Chigi, oggi, a confermare i dati da noi forniti da almeno dieci anni», puntualizza il professor Angelo Tartaglia del Politecnico torinese: la Torino-Lione (costosissima, devastante per l’ambiente, pericolosa per la salute con cantieri “infiniti” tra montagne piene di amianto) non servirebbe a niente, dato che il trasporto italo-francese è al tramonto e l’attuale linea internazionale Torino-Modane che già attraversa la valle di Susa potrebbe reggere da sola un incremento del 900% del traffico, secondo le autorità elvetiche incaricate dall’Unione Europea di monitorare i collegamenti transalpini.
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“Vaccinare” i bambini da una religione che li mette in croce
L’idea di un rapporto sui danni della dottrina cattolica è recente, nella forma di divulgazione popolare. Nella mia attività professionale e clinica ho avuto modo di verificare e raccogliere una serie di connessioni tra modalità formative che tendono a deprimere l’identità psico-affettiva nella costituzione evolutiva della persona e le inevitabili conseguenze nella determinazione del destino individuale e sociale dell’uomo. Il mondo reale è, infatti, una rappresentazione di ciò che è stato impresso nella fase costituente dell’Io. Alice Miller, per esempio, ne “La persecuzione del bambino” cerca con ansia di mettere in guardia gli educatori dagli effetti della pedagogia nera della religione. Ma la stessa razionalità è utile solo se possiamo educare a riconoscere gli stili formativi che producono un accumulo di cattiveria, di distruttività e di infelicità nell’uomo. L’insegnamento cristiano è falsamente improntato all’amore universale: basta guardare il simbolo genetico del cristianesimo, il crocifisso e ciò che esso rappresenta, per capire la componente di ambivalenza sadica e masochista che questo “amore” veicola nell’inconscio dei bambini.Il sacrificio come premessa, l’esordio della vita nella colpa, l’inquietante percezione di un uso distorto dell’autorità del genitore, equiparato a Dio, nell’espropriare il corpo del figlio e nel farne l’oggetto da distruggere per le proprie incarnazioni mistiche. Quale amore ha bisogno di sacrifici umani? Può la salvezza dell’umanità derivare dalla disgrazia procurata a un incolpevole? Si tratta di perversione, di cannibalismo affettivo e domestico! Come può accadere che una tale deviazione della coscienza si affermi in modo così radicale nella cultura dell’Occidente? Perché l’intellettualità europea, salvo poche eccezioni, per lo più originate dall’ambiente di cultura ebraica, non sa rilevare l’evidenza di una tale incongruità con i precetti fondamentali del rispetto umano? Perché ci si ostina a ritenere degne di fede false acquisizioni razionali e a falsificare la storia stessa senza suscitare una opposizione netta tra coloro che si dicono laici? Ho cercato di dare le risposte a questi quesiti in due saggi: “Pinocchio eroe anticristiano. Il codice della nascita nei processi di liberazione” (Edizioni Sapere, Padova, 2000), e “Il furore di Nietzsche. La nascita dell’eroe e della differenza sessuale (Cleup, Padova, 2005).Ora, con l’estendersi dell’interesse su questi temi, al di fuori della tradizionale banalità dell’ateismo che cercava di dimostrare la non esistenza materiale di Dio, il gruppo dell’axteismo si è prefisso di registrare i danni della esistenza di Dio come categoria della mente e dell’educazione di massa. Dov’era Dio, si chiedono in tanti, mentre in Europa imperversavano i roghi crematori della Shoà? Il Dio cristiano e antigiudaico della tradizione era là! Logica conseguenza dell’odio che aveva seminato per secoli e anche, in quegli anni, sulle pagine dell’organo vaticano, la “Civiltà Cristiana”. Era assente solo sui banchi degli imputati a Norimberga, dove si è negata la verità inconfutabile che gli ebrei sono stati perseguitati in quanto tali – ebrei – da una identità culturale altra ed egemone: i cristiani!Mai il cristianesimo ha subito le conseguenze dei suoi insegnamenti ambigui, di un amore sadico, improntato alla sofferenza come valore e all’infelicità dell’esistenza reale. Da Annamaria di Cogne ai giovani assassini di Satana, la cronaca registra le forme del disagio radicato nelle istanze della religione che continua impassibile a rivendicare per sé il diritto all’egemonia sull’etica e sulla morale.E’ invece evidente che la presenza dei valori cristiani (sopportazione, peccato, sangue e demonio) è stata l’unica istituzione sempre garantita nei luoghi del degrado umano ed economico, non solo non riuscendo ad apportare modifiche strutturali alle cause della sofferenza, ma legandosi in modo complementare e ambivalente con le dinamiche stesse dell’ingiustizia e dell’ignoranza. Soluzioni? Al di là di un auspicabile risveglio della ragione di fronte alle palesi deformità introdotte dalla religione cristiana, cattolica in particolare, nelle basilari nozioni di igiene degli affetti e del rispetto umano; al di là delle incredibilmente gravi (e in parte inesplorate) responsabilità storiche che un amore così immaturo ha inculcato nella soggettività dell’Occidente, resta ancora non risolto il nodo centrale della comprensione profonda di questo fenomeno. Non è sufficiente contrapporre il darwinismo al conato del creazionismo nelle tendenze regressive del presente. E’ necessario aprire gli armadi di una conoscenza così gravosa da recepire in termini estesi, da essere rifiutata largamente anche nelle fasce della popolazione “di sinistra” in Italia.Dietro la religione e i suoi dettami di crudeltà oggettiva nei rapporti pedagogici tra generazioni, si legittima il motore stesso dell’alienazione sessuale della donna (quindi dell’intera umanità), la sua esclusione da una completa individuazione e responsabilità sociale. La mistificazione di questo importantissimo tema è tale da riferire l’ambito delle discussioni unicamente al conflitto tra sessi. Niente di più sbagliato. Lo studio dell’esegesi analitica del mito, come accade con lo studio dei sogni e del simbolismo in generale applicato alla letteratura e all’arte, rivela nel racconto cristiano (eucaristia, spirito santo e pos-sesso sulla figlia Maria, negazione del ruolo del padre, incarnazione nel corpo dei figli con le stimmate sessuali femminili del sangue e del dolore) l’estensione in termini socializzati della psicologia della Grande Madre intesa nel senso junghiano (Erich Neumann, “Storia delle origini della coscienza”, Astrolabio).L’alienazione della donna madre, unitamente all’enorme potere neuro-affettivo che il mistero del parto-creazione comunque le conferisce (nella fisiologia dei mammiferi), connota l’identità dell’Eterna Fattrice di una attribuzione divina da sempre riconosciuta nelle culture di ogni epoca, a partire dalle più remote. La religione in genere, in Occidente la religione cristiana, è esattamente l’espressione più coerente della psicologia della Grande Madre. Da qui deriva l’invisibilità e la radicale impunibilità delle istanze anche sadiche (ma ammantate di profonda affettività) del cristianesimo. Da qui l’assoluta incongruenza tra buon senso, ragione e fede. La madre può sbagliare, essere immatura negli affetti, esigere tributi di sangue, e tuttavia conservare intatta la forza del suo potere che le deriva dall’aver “pettinato” i neuroni e l’identità affettiva dei nati da lei, uomini e donne. Dalla natività di un essere destinato al rito di sangue e martirio, al controllo delle istanze sessuali e di generazione, alle perversioni mistiche del corpo martoriato esposte dalla ginecologia religiosa dell’arte sacra, la religione non è solo un’istanza del potere politico o culturale: essa è innanzitutto la realtà di una inveterata e radicata violenza domestica, una affezione profonda perseguita con tenacia anche da chi non si dice praticante e tuttavia, difende il cristianesimo nella sua essenza.Per lo stesso motivo il cristianesimo ha resistito ad ogni critica razionale, anche se riconosciuta valida e dimostrata. Ma non è più lecito tollerare un uso anti-umano del potere degli affetti, diretto specialmente contro i bambini e la loro aspettativa di vita! Alla base di tutto ciò, c’è un paradosso intrinseco alla natura sessuale dell’umanità che evidenzia come solo la figlia, in quanto femmina, può divenire più grande e potente del suo creatore, che è la madre. Unicamente lei, non il maschio vezzeggiato, può procreare e mettere in mora il ruolo di potere generazionale della madre! Solo alla luce di questa premessa si possono comprendere i legami di senso che uniscono riti crudeli contro la giovane donna, che non è ancora madre, come l’infibulazione (rito di ingresso della giovane nel clan delle donne adulte), la cacciata con maledizione e colpa della figlia Eva dalla gratuità domestica per partorire con dolo e dolore, e – peggiore di tutte – lo spossessamento del corpo e della sessualità della figlia Maria da parte della madre spirito-santo, trinità cristiana che già incorpora il sistema intero di padre e figlio.Alcuni lessici del linguaggio comune rivelano la natura matriarcale della Chiesa: “Don” è contrazione di “donna”, è anche il suono del batacchio sotto la gonna-campana, iconologia della madre che in sé trattiene il figlio-fallo, nella fattispecie il prete; “duomo” è la fusione di donna-uomo: i frati recano il cordone ombelicale ancora non reciso alla vita, le suore il velo placentale segno di possesso della madre; il divieto all’uso della sessualità sottolinea la centralità e l’obbedienza all’unico sesso della madre. Nel caso del racconto dei Vangeli, la giovane donna semplicemente viene privata del diritto di succedere alla madre nel potere di una autonoma procreazione; l’infelicità che ne consegue si riverbera nel rapporto con l’uomo, nel masochismo congenito che la lega al persecutore, nella depressione post-partum o sterilità. Maria non ha sesso e non ha un amante, che invece la tradizione ebraica conferisce ad Eva. Lo stesso tema del conflitto tra matrigna e figlia viene trattato, ma risolto (!), nelle fiabe: Cenerentola, la Bella Addormentata, Biancaneve.L’entità unica matriarcale proposta dal modello cristiano imperversa, invece, nell’illusione di vivere due esistenze in una: la sua e quella della figlia che le appartiene per diritto di invidia (individia). Il figlio Cristo, esito nella figlia di questa mancanza di riconoscimento della proprietà sessuale, prodotto di un tale spossessamento, nato per caso inopinato (per virtù dello Spirito Santo e non di una libera scelta), non può che essere un… povero cristo! E tale sarà il suo destino. Sul suo corpo reso femminile con la ferita nel costato (da cui era nata Eva) e dagli attributi di innocenza, passività ed esclusione, convergono le istanze femminili irrisolte dell’infelicità e dell’immaturità affettiva. Lo scarico sul corpo mistico dell’uomo femminilizzato e mestruato (Cristo, Che Guevara o Padre Pio) costituisce il punto di saldatura e di scarico emotivo della innaturale fusione tra madre e donna (ma-donna), sempre a scapito della giovane e del rinnovo di generazione. Ecco che Cristo ha una funzione lenitiva attraverso la rappresentazione della sua morte nel ma-sacro (sacralità materna). In questo modo il cerchio mistico dell’incesto cristiano si alimenta di dolore, perversione e controllo.Guai a toccare questa figura sanguinante, avvolta nel sudario della placenta sindone! Si tollera l’intollerabile pur di non riconoscere il conflitto tra generazioni al femminile! Cosa si può fare per porre rimedio a questa barbarie nella civiltà degli affetti? Provate voi a spiegare alle masse di “credini” (credenti passivi) e “fedenti” (credenti in cattiva fede) quali istanze innaturali e contrarie alla naturale emancipazione della sessualità si riproducono nella formazione pedagogica cristiana. Noi da tempo combattiamo una battaglia impari contro le istituzioni alienate dello sfruttamento che, conseguentemente e coerentemente con la disumanità del credo, si sono stabilizzate in accordo e reciproco sostegno con la religione. Non è forse vero che, in economia, ogni Azienda Madre controlla e possiede le azioni delle sue filiali? Non è forse vero che il nazismo (primato di nascita e madre-patria) e il razzismo fondino le loro ragioni sul diritto di sangue e di appartenenza forzata, che sono attributi del codice materno? E i misfatti sanguinosi delle “nostre cose”, nella tragica epica di Cosa Nostra, non sono forse ascrivibili ad una affiliazione di mafia intorno al corpo centrale del “mammasantissima”?Non è semplice capire fino a che punto si estendano le implicazioni di una sub-cultura matriarcale degli affetti al tempo stesso potente, disumana e incontrollata. Essa confonde uomini e donne in una esistenza crudele e alienata. Chi riporta danni psicologici, in seguito a una certa dottrina, può essere recuperato? Occorre mettere in atto strategie di recupero e di consapevolezza in larghi strati della popolazione. Sempre Alice Miller dimostra la ineluttabile relazione tra formazione affettiva e qualità della vita. Tuttavia in Italia, non una sola ora di educazione alle ragioni della laicità è stata organizzata nei programmi scolastici nazionali! Eppure lo Stato italiano è nato su criteri di latinità pre-cristiana, la scienza (Giordano Bruno, Galilei) si è costituita intorno ad un nucleo anticristiano, il Rinascimento è stato possibile solo grazie alla riscoperta dei classici greci, l’antifascismo e la Liberazione non ha visto il Vaticano attivo contro i regimi, bensì schierato dall’altra parte.Il meglio prodotto in Italia (compresa l’arte sacra, che non era certo frutto di stinchi di santo) è stato ispirato da una visione laica e democratica della vita e del corpo. Proporre la necessaria questione della emarginazione del cristianesimo nel novero delle opzioni del privato incontra oggi una resistenza fortissima, in tutti i settori. Nella migliore delle ipotesi si tende a sminuire il problema e a lasciare intatte le contraddizioni. Non si pensi tuttavia che questa sia una battaglia di retroguardia: è la prima volta che si pone in modo cosciente e radicale la proposta concreta di rendere visibile al largo pubblico le responsabilità, non solo storiche, ma formative e causali del cristianesimo. Il problema è la fede in sé o l’apparato che ogni religione monoteista costruisce intorno al proprio credo? Il credo monoteista sta ad indicare la centralità del ruolo sessuale della madre (anche se incarna corpi maschili) nel costruire la dinamica degli avvenimenti della realtà. Perfino la storia recente dimostra che la religione è più efficace della politica nel determinare gli eventi; per questo è importante che si voglia sapere dei reali contenuti trasmessi.Di per sé la religiosità è un fattore umano compatibile con la civiltà, a patto che si sia consapevoli delle istanze che si veicolano nel racconto di fede che poi diviene prescrizione e istanza morale. Sarebbe altresì necessario che le rappresentazioni religiose e rituali rimanessero tali, ossia distinte dall’imposizione di un credo che confonde il simbolico con il reale. Per esempio, il fatto di celebrare la festa della nascita a dicembre con il rito dei doni da parte di Babbo Natale non deve imporre la necessità dell’inganno sulla reale esistenza di un personaggio della fantasia come se fosse reale! Una cosa è la naturale progressione che i bambini attuano nel distinguere la fantasia dalla realtà, altra cosa è la pelosa e deleteria attitudine degli adulti di vedere realizzate le proprie istanze di insoddisfazione infantile facendo credere per forza l’esistenza del falso. Forse che non si può giocare o godere di un rito gioioso sapendo che è un rito in quanto tale?Le religioni monoteiste non sono uguali negli effetti delle istanze da esse inoculate fin dalla più tenera età. Non sempre è facile riconoscere, nel confronto, il grado di pericolosità; infatti, concorrono altri fattori nelle società a influenzare gli effetti del credo. In Occidente la cultura laica e razionalista ha attenuato enormemente gli effetti già deleteri del cristianesimo; oltre alla secolare reclusione e sterminio degli ebrei, si pensi all’analogo scempio attuato nelle Americhe: è un vizio congenito al cristianesimo, la crudeltà. Nei paesi arabi l’islamismo non si giova di una analoga progressione sociale. L’ebraismo ha invece individuato le corrette radici del problema, proponendosi in termini di patto (Akedà) tra generazioni. Sempre la madre si pone nel ruolo di Dio (l’appartenenza ebraica è matrilineare), ma conferisce il potere della legge terrena (Dio verso Mosè) al ruolo paterno. L’esatto opposto della regressione cristiana, che rimanda il padre nella vacuità dei cieli o nel pleonasmo di un vecchio e sterile sposo. Nell’ebraismo la madre ideale è colei che è disposta a separarsi dal figlio purché egli viva (il giudizio di Salomone); nel cristianesimo la madre è entità globale, indistinta, inglobante e distruttiva, come la Grande Madre del clan o gregge pre-sociale.Ogni religione rimane comunque una opzione implicita della coscienza su temi che invece sono alla portata della comprensione umana. Meglio sarebbe una civiltà fondata sulla capacità di rappresentare, senza obbligo di fede, tutte le istanze dell’animo umano. La tradizione dei Greci in questo è maestra. Dibatterne pubblicamente? Personalmente non esito a rischiare attacchi personali o scomuniche di varia natura, poiché ritengo una battaglia di assoluta civiltà rendere visibili gli effetti dell’ignoranza e della malafede. Bisogna battersi in tutti i campi della società per affermare una civiltà ed una igiene degli affetti. So per certo che è possibile. Se qualcuno vuole reagire con la consueta violenza già riscontrata nella storia di fronte agli avanzamenti della coscienza e della società, è avvisato: noi siamo pronti. Esiste una minoranza numerica di individui che è già maggioranza qualitativa nel distinguere e rendere visibili i fantasmi dell’inconscio retaggio di una aggressività non risolta. Si tratta di individuare i percorsi di una emancipazione ulteriore per adeguare la consapevolezza umana allo sviluppo della tecnologia e all’inedito potere che essa conferisce all’uomo. Le nuove potenzialità richiedono una dilatazione della coscienza per far sì che ciò che abbiamo costruito non sia rivolto contro di noi, ma a vantaggio di una integrazione con la natura, di cui siamo e restiamo una cosciente emanazione.(Sergio Martella, dichiarazioni rilasciate a “Cristianesimo.it” per l’intervista “Tesi sull’oggettiva e palese pericolosità psichica dell’insegnamento cristiano”, ripresa dal blog “La Crepa nel Muro” dell’11 agosto 2014. Psicologo e psicoterapeuta, il professor Martella è docente presso la facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Padova).L’idea di un rapporto sui danni della dottrina cattolica è recente, nella forma di divulgazione popolare. Nella mia attività professionale e clinica ho avuto modo di verificare e raccogliere una serie di connessioni tra modalità formative che tendono a deprimere l’identità psico-affettiva nella costituzione evolutiva della persona e le inevitabili conseguenze nella determinazione del destino individuale e sociale dell’uomo. Il mondo reale è, infatti, una rappresentazione di ciò che è stato impresso nella fase costituente dell’Io. Alice Miller, per esempio, ne “La persecuzione del bambino” cerca con ansia di mettere in guardia gli educatori dagli effetti della pedagogia nera della religione. Ma la stessa razionalità è utile solo se possiamo educare a riconoscere gli stili formativi che producono un accumulo di cattiveria, di distruttività e di infelicità nell’uomo. L’insegnamento cristiano è falsamente improntato all’amore universale: basta guardare il simbolo genetico del cristianesimo, il crocifisso e ciò che esso rappresenta, per capire la componente di ambivalenza sadica e masochista che questo “amore” veicola nell’inconscio dei bambini.
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Delitti rituali, la magia esiste: lo svela Stephen King in “It”
“It” è considerato il libro capolavoro di Stephen King. Un romanzo lunghissimo (circa 1300 pagine) che, come tutti i libri di questo scrittore, non è solo un libro del terrore (oserei dire che non lo è affatto) ma ci introduce nella quotidianità della provincia americana, facendocela assaporare come se la vivessimo noi stessi in prima persona. Nella dedica iniziale che Stephen King fa alla moglie e ai figli, c’è una frase che è la chiave di interpretazione di tutto il suo straordinario libro: ragazzi, il romanzesco è la verità dentro la bugia, e la verità di questo romanzo è semplice: la magia esiste. Il romanzo è infatti la storia di sette ragazzi che combattono contro le forze del male nella cittadina di Derry; ma la storia è, in realtà, l’occasione per raccontare la realtà in cui viviamo, e per mostrare – a chi riesce a vederlo – il funzionamento di due aspetti molto importanti di questa realtà: il meccanismo operativo della magia, e il modo di agire delle forze esoteriche sulla realtà di tutti i giorni. Chi ha letto questo romanzo, ha trovato in esso tutte le cose di cui abbiamo parlato e ampiamente trattato nel nostro sito in questi dieci anni: gli omicidi rituali, la pervicace volontà di chi indaga di non accertare la verità; il capro espiatorio, assolutamente improbabile, che viene accusato di una serie di delitti per tacitare l’opinione pubblica; la magia e il suo funzionamento; la lotta tra il bene e il male e le sue dinamiche.Iniziamo dagli omicidi rituali. La cittadina di Derry è sconvolta da una serie di omicidi, tutti diversi l’uno dall’altro per tipologia, efferatezza e modalità. Tuttavia, a un certo punto della storia, viene trovato un colpevole unico, che non ha le caratteristiche compatibili per quel tipo di delitti così eterogeneo. Eppure, dal momento che le forze dell’ordine e l’opinione pubblica non vedono l’ora di trovare un capro espiatorio, la versione di Henry Bowers che, tra l’altro si è autoaccusato dei delitti, viene accettata per vera senza neanche una verifica (pag. 709). Il meccanismo descritto dal romanzo è quello che abbiamo raccontato e sottolineato nelle vicende delle Bestie di Satana (che si autoaccusano di efferati delitti, con una versione dei fatti strampalata e incompatibile con lo stato di tempo e luogo della vicenda) e del Mostro di Firenze, ma anche nel caso Manson (anche qui si autoaccusano del delitto alcune ragazze strafatte di droga, con un Qi intellettivo molto basso e forti problemi psichici). Il romanzo è soprattutto una rappresentazione di come funziona la lotta tra bene e male. Il male è rappresentato come una forza insidiosa e silenziosa, che si insinua non in uno o più individui specifici, ma in una collettività.Il male, in pratica, sta nell’atteggiamento della gente, nel non voler vedere la realtà, nel tapparsi gli occhi davanti a verità scomode per il proprio quieto vivere. Per dirla con le parole di Fausto Carotenuto, i poteri oscuri non sono altro che la somma di tutti i nostri sentimenti negativi. Il male può essere sconfitto dall’amore, dall’amicizia (che, come dice qualcuno, è l’amore senza le sue ali) e dal coraggio di andare avanti sconfiggendo le proprie paure (nel romanzo, l’unico dei ragazzi che si lascia sopraffare dalla paura, infatti, si suicida; ucciso quindi non dal mostro che terrorizza la città, ma da lui stesso). «La gente di Derry aveva vissuto da sempre con Pennywise in tutte le sue molteplici manifestazioni; e forse, in qualche modo, era addirittura arrivata a comprenderlo, ad aver bisogno di lui, ad averlo in simpatia. Ad amarlo. Può darsi… sì, persino quello può darsi» (pag. 533). Più in generale, il mostro che terrorizza la città assume diverse forme, una per ogni paura dei vari protagonisti; il male, cioè, assume di volta in volta proprio la forma più temuta dalla vittima. Da questo punto di vista il romanzo racconta il funzionamento della cosiddetta legge di attrazione e del potere che ha la nostra volontà di materializzare proprio ciò che temiamo di più e ciò che desideriamo.«Credi di vedermi?», dice un giorno It ad uno dei protagonisti: «Tu in realtà vedi solo quello che ti concede la tua mente» (pag. 1217). E difatti, poche pagine prima, Bill pensa tra sé: «It è solo la forma che ha preso a prestito dalle nostre menti. Sono quanto di più vicino le nostre menti sappiano accettare sulla vera essenza di It» (pag. 1212). Il mostro, che alla fine viene sconfitto, esiste davvero. Ma la morale che se ne trae è che quel mostro viene alimentato dalle paure e dagli atteggiamenti degli abitanti del luogo; in poche parole, si potrebbe dire che il mostro, il male, siamo noi stessi. «It e il tempo erano in qualche modo intercambiabili; It aveva tutte le loro facce insieme con le mille con cui aveva terrorizzato e ucciso… e l’idea che It poteva essere loro era la più devastante» (pag. 564). «Stai cercando di dire che questo essere non è malvagio? Che è semplicemente parte dell’ordine naturale delle cose?», chiede Eddie a Mike. E questo mostro – ecco una parte fondamentale nel messaggio del libro – viene sconfitto solo per mezzo della volontà e dell’immaginazione dei ragazzi. Eddie usa come arma il suo inalatore per l’asma; un apparecchio già innocuo di per sé contro un mostro del genere, ma reso ancora più innocuo dal fatto che lo stesso farmacista che lo aveva venduto sapeva che era solo un placebo, pieno in sostanza di acqua fresca e nient’altro.Ciò che rende potente l’arma utilizzata è solo la forza di volontà sprigionata dal protagonista nel momento della battaglia finale. Ad esempio: «I proiettili d’argento avevano funzionato perché in sette avevano fuso insieme la loro convinzione sull’efficacia di quello strumento». Non a caso il gruppo che sconfigge il mostro è costituito da bambini, e poi verrà sconfitto di nuovo molti anni dopo, ad opera dello stesso gruppo ormai formato da adulti, che rinnovano la loro volontà di fanciulli; il chiaro messaggio dietro tutto questo è che gli adulti non sono in grado, in genere, di vedere la realtà senza preconcetti e di utilizzare l’immaginazione e la volontà. Per utilizzarla occorre tornare bambini, e forgiare una realtà diversa da quella che gli apparati del potere costituito hanno costruito per noi, come una sorta di ragnatela che ci avviluppa (non a caso It appare come un gigantesco ragno, che tesse una specie di tela invisibile su una città, che è preda del mostro senza rendersene conto).A un certo punto del libro compaiono anche le forze del bene, rappresentate da una tartaruga che esiste fin dall’inizio del tempi. La tartaruga non è stata scelta a caso da King, essendo fondamentale nella tradizione di molte religioni: in quella buddista è il simbolo del divino, in particolare dello scorrere lento del tempo, e si narra che il Buddha fosse una tartaruga, in una delle sue incarnazioni precedenti. Nella mitologia induista è uno degli Avatar di Visnù; nella mitologia cinese è l’animale che sorregge il mondo; e per i nativi americani è la madre primordiale. Ma quando Bill, uno dei protagonisti, le chiede aiuto contro il mostro, supplicandola, ella risponde: «Devi aiutarti da te, figliolo… ci sono i tuoi amici» (pag. 1220). Per quanto riguarda la magia, il libro non ne parla espressamente. Quindi non compaiono maghi, streghe, vampiri, o entità varie, e di per sé pare non parla affatto della magia pura. In realtà tutto il libro è il racconto di come operano le forze della natura sull’uomo (e la magia, come diceva Paracelso e come qualunque esoterista sa, altro non è che la conoscenza delle leggi della natura); ed è quindi il racconto di come immaginazione e volontà (le due componenti fondamentali della magia) possono modificare la realtà e plasmarla a piacimento.Nel libro c’è addirittura la magia sessuale; uno dei fatti narrati nel romanzo, incomprensibili per chi non conosce la magia, ma che rappresenta un punto cruciale di tutto il racconto, è quando i ragazzi promettono solennemente, dopo aver sconfitto il mostro, che quando questo ritornerà loro si ritroveranno di nuovo tutti insieme a combatterlo, e suggellano questo patto con un rapporto sessuale con la protagonista femminile del romanzo, Beverly Marsch. Il rapporto sessuale, infatti, ha degli effetti magici, nel senso che (come abbiamo scritto nel nostro articolo “Sesso, magia sessuale, tantra e civiltà moderna”) lega le anime delle persone che si congiungono, rafforzandone la volontà, e creando un legame invisibile ma duraturo, che può essere indirizzato verso finalità specifiche, scelte da coloro che hanno il rapporto sessuale. Questo rapporto multiplo crea un legame tra tutti, una specie di promessa, che li porterà nuovamente a riunirsi per adempiere a quel patto. «Conosco un sistema – rispose Beverly nell’oscurità – So come ridiventare tutti uniti. Perché se non saremo uniti, non usciremo vivi di qui. E’ una cosa che ci unirà per sempre e che serve a dimostrare che vi amo tutti e siete tutti miei amici» (pag. 1246). Cos’è quindi che fa vincere i ragazzi contro il mostro? E’ «la loro forza unita, resa invincibile dalla forza di quell’Altro, ed era la forza del ricordo e del desiderio, e soprattutto era la forza dell’amore e di un’infanzia dimenticata» (pag. 1264).Nel romanzo compare anche un’altra idea di fondo: quella che la nostra vita sia guidata da forze invisibili, di cui a stento percepiamo l’esistenza. Forze che solo pochi percepiscono, e che impongono di domandarsi quanto effettivamente l’uomo sia dotato del cosiddetto libero arbitrio: «C’è qualcosa che ci sta chiamando, qualcosa che ci sceglie uno ad uno. Niente di tutto questo è casuale». Questo pensa Bill, uno dei protagonisti (pag. 421). E questa idea, da fa sfondo invisibile a tutto il racconto. Il libro “It” di Stephen King, quindi, considerato da tutti il suo capolavoro, è un romanzo, ma anche un libro sulla magia, sulla magia sessuale, sull’amore, sull’amicizia, sul potere, sul funzionamento della realtà e sul funzionamento delle energie dell’universo, e dunque sulla vita. Per questo è un libro magico che ha conquistato milioni di lettori in tutto il mondo, la maggior parte dei quali all’oscuro del reale significato del romanzo; ma attratti da esso da qualcosa… di magico, appunto. Non un romanzo del terrore, quindi, ma un libro sulla magia e sulla realtà in cui viviamo.(Paolo Franceschetti, “Stephen King, delitti rituali e magia”, dal blog “Petali di Loto” del 9 aprile 2018. Il libro: Stephen King, “It”, Sperling & Kupfer, 1344 pagine, euro 12,90).“It” è considerato il libro capolavoro di Stephen King. Un romanzo lunghissimo (circa 1300 pagine) che, come tutti i libri di questo scrittore, non è solo un libro del terrore (oserei dire che non lo è affatto) ma ci introduce nella quotidianità della provincia americana, facendocela assaporare come se la vivessimo noi stessi in prima persona. Nella dedica iniziale che Stephen King fa alla moglie e ai figli, c’è una frase che è la chiave di interpretazione di tutto il suo straordinario libro: ragazzi, il romanzesco è la verità dentro la bugia, e la verità di questo romanzo è semplice: la magia esiste. Il romanzo è infatti la storia di sette ragazzi che combattono contro le forze del male nella cittadina di Derry; ma la storia è, in realtà, l’occasione per raccontare la realtà in cui viviamo, e per mostrare – a chi riesce a vederlo – il funzionamento di due aspetti molto importanti di questa realtà: il meccanismo operativo della magia, e il modo di agire delle forze esoteriche sulla realtà di tutti i giorni. Chi ha letto questo romanzo, ha trovato in esso tutte le cose di cui abbiamo parlato e ampiamente trattato nel nostro sito in questi dieci anni: gli omicidi rituali, la pervicace volontà di chi indaga di non accertare la verità; il capro espiatorio, assolutamente improbabile, che viene accusato di una serie di delitti per tacitare l’opinione pubblica; la magia e il suo funzionamento; la lotta tra il bene e il male e le sue dinamiche.
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Paolo Rumor: un potere segreto ci domina da 12.000 anni
Un’entità clandestina, sinistra perché invisibile. Segretamente dominante, e molto antica: vecchia di millenni, addirittura. «Mi addolora, aver scoperto l’esistenza di un’Europa nascosta e parallela: interviene nella politica e anche nella cultura, condizionando il nostro mondo». E’ qualcosa di proto-storico, quasi eterno: oggi, attraverso i suoi emissari, questa entità fantasma «agisce accorpando fattori monetari e produttivi, di cui paghiamo le conseguenze sulla nostra pelle», come si è visto nella débacle dell’ultimo decennio. «La distruzione dell’equilibrio monetario europeo è frutto di queste persone». Una cupola misteriosa di origine antichissima: addirittura 12.000 anni. Paolo Rumor la chiama, semplicemente, “la Struttura”. Risalirebbe alla notte dei tempi, nel territorio che vide fiorire la civiltà sumera e poi quella egizia. Ne parlò a suo padre, Giacomo Rumor, l’esoterista e politico francese Maurice Schumann, tra i fondatori del gollismo: gli rivelò, per iscritto, l’esistenza plurimillenaria della “Struttura”. Una conferma viene dal cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI e amico di Giacomo Rumor, coinvolto dal Vaticano nella gestazione dell’unità europea per bilanciarne l’esuberante componente massonica.Nomi che ricorrono: il padre di Paolo Rumor era cugino del più celebre Mariano Rumor, esponente della Dc e per 5 volte primo ministro italiano. Lo Schumann menzionato, invece, non ha nulla a che vedere con l’altro Schuman (sempre francese, ma con una sola “enne” nel cognome), cioè l’eurocrate Robert, considerato – insieme al connazionale Jean Monnet – tra i padri fondatori dell’Ue. La notizia? Questo potere oligarchico si considera discendente di una filiera ininterrotta di dominatori, lunga qualcosa come 12 millenni. E’ la verità, piuttosto scioccante, contenuta nel saggio “L’altra Europa”, edito da Panda. Libro che Paolo Rumor ha scritto con l’aiuto del politologo Giorgio Galli, grande conoscitore del ruolo occulto dell’esoterismo nella politica, e dell’architetto Loris Bagnara, studioso dell’archeo-astronomia egizia della piana di Giza. La tesi: un’unica piramide di potere si “passa il testimone” attraverso le epoche, all’insaputa dei popoli che governa – ieri per mezzo di sovrani e condottieri, oggi più prosaicamente attraverso i politici, il più delle volte inconsapevoli del “grande gioco”. Una visione che fa impallidire l’élite “feudale” denunciata da Paolo Barnard, risalente “soltanto” al medioevo, o l’intreccio delle potentissime Ur-Lodges messe clamorosamente in piazza da Gioele Magaldi.«Il progetto iniziale non era di unire l’Europa ma il bacino del Mediterraneo, dove allora si era sviluppata la civiltà», premette Paolo Rumor nella lunga intervista concessa a Fabio Frabetti ai microfoni di “Border Nights”. Tutto nasce dopo la morte del padre, Giacomo Rumor, nel 1981. Il figlio era al corrente del lavoro “diplomatico” condotto dal genitore quarant’anni prima. Brillante avvocato e fervente cattolico, impegnato nella Resistenza, Giacomo Rumor era stato coinvolto nel gruppo di studi promosso dallo stesso presidente americano Roosevelt per preparare l’Europa antifascista del dopoguerra. Erano incontri discreti, spesso clandestini: «Mio padre andava e veniva da Vienna o dal Sud della Francia viaggiando sotto falso nome. In tempo di guerra può sembrare pazzesco, eppure dovevano aver trovato un sistema per evitare controlli». Giacomo Rumor entra in stretto contatto con Maurice Schumann, futuro segretario di Stato francese, che lo mette a parte della verità indicibile. Rumor ne rimane scosso: «Mio padre era un cattolico convinto, e come tale provava fastidio per l’esoterismo», racconta il figlio. La componente esoterica era evidente in Schumann, e a Giacomo Rumor non piaceva. «In effetti dopo un po’ mio padre ha rinunciato all’incarico, rendendosi conto che l’Europa nasceva con un consistente lascito massonico».A Simone Leoni, della rivista “Fenix”, Paolo Rumor riassume l’origine (sconcerante) del libro. «Mio padre non aveva intenzione di pubblicare gli incartamenti in suo possesso, né di rendere noto ciò che aveva conosciuto», premette. «Riteneva che il pubblico non fosse in grado di accettare ciò che lui era venuto a sapere dai suoi privilegiati interlocutori francesi». In sostanza, Giacomo Rumor «pensava che il mondo non fosse ancora maturo per sostenere l’impatto emotivo che possono provocare gli eventi storici reali, quelli mai divulgati al pubblico». Poi, però, all’inizio deglo anni ‘90, Paolo Rumor si accorge che molti indizi stanno ormai venendo a galla, e quindi decide di pubblicare «gran parte di ciò che possedevo». E aggiunge: «Mi sono sentito liberato da un peso che mi gravava sulla coscienza: quello di trattenere notizie che in definitiva appartengono alla collettività e alla storia».Forme di unità continentale sono state l’Impero Romano e poi il Sacro Romano Impero. Ma, secondo Rumor (in base alle carte di suo padre, ottenute da Schumann) l’attuale Unione Europea sarebbe figlia di un progetto molto più antico: il primo disegno organico, scrive, è databile nel II secolo dopo Cristo. Ma risalirebbe in realtà a una determinazione stabilita addirittura attorno al 10.000 avanti Cristo. Ufficialmente, ricorda Rumor, il moderno progetto-Europa è nato dal Mouvement Européen francese, nei primi decenni del 1900. Ma è stato “incubato” da un cenacolo esclusivo del ‘700, l’Ordine delle Ardenne (o di Stenaj), a sua volta risalente al potere imperiale di Roma. La “Struttura” descritta nel libro «non risulta possedere un nome definito», spiega l’autore: «Si maschera dietro altre compagini associative, dinastiche e religiose». Nell’elenco custodito da suo padre, «figura risalire fino al 136 dopo Cristo, ma si parla di un’antecedenza molto maggiore». In altre parole: «Possiamo ritenere che essa esistesse anche durante il periodo romano e alessandrino, evidentemente con scopi diversi da quello prettamente ufficiale, cioè l’unificazione del bacino mediterraneo, in quanto a quel tempo era stata di fatto raggiunta tramite la dominazione romana».Nello scritto che Schumann consegnò a Giacomo Rumor verso la fine degli ani ‘40, «si enunciava un’antecedenza della cosiddetta “Struttura” al decimo millennio avanti Cristo». E’ precisa anche l’ubicazione dell’entità di potere, «centrata prevalentemente nel basso corso del Nilo, nel Golfo Persico (ma in aree oggi sommerse), nel Golfo di Cambaj, a Galonia Laeta, nel “continente di Colba” (non identificabile) e in altri siti di incerta collocazione». Sono dunque così remoti, gli antenati del grande potere oggi alle prese con il “nuovo ordine mondiale” globalista? L’idea di un “nuovo ciclo storico”, spiega Paolo Rumor, «trae origine da concezioni simili, proprie della religione e della visione cosmica dell’antico Egitto dinastico o di altre civiltà del Mediterraneo». L’autore ritiene che vi siano «reali e precise coincidenze tra la collocazione dei siti e la descrizione degli eventi di cui parlano gli incartamenti di monsieur Schumann». Coincidenze peraltro «avvalorate dalla ricerca paleografica avvenuta negli ultimi anni».Le cartografie conservate da Rumor «descrivono la derivazione della prima compagine organizzata in modo civile della storia». E’ la stessa dinamica illustrata nel saggio “Dominio” dall’intellettuale triestino Francesco Saba Sardi: la nascita dell’attuale modello di potere, con l’avvento del neolitico e la scoperta dell’agricoltura, da cui l’inedita necessità di controllare militarmente territori coltivabili. E’ allora che, insieme alla guerra, nasce la figura del re-sacerdote, il detentore di conoscenze supeirori su come ottenere i raccolti. Nascono anche altri soggetti sociali, assenti tra le popolazioni nomadi del paleolitico: i servi, contadini e soldati. I loro compiti: coltivare i campi, conquistarli, difenderli. Nasce, in altre parole, questo potere – configurato in forma di dominio, per la prima volta nella storia dell’umanità. Una dinamica che il libro di Paolo Rumor – inseguendo i primordi del supremo potere in forma di casta – mappa con precisione, «a partire dal noto sito di Menfi o dalla collina rocciosa ove è ubicata la Sfinge, alla periferia del Cairo odierno, fino alla sua precedente collocazione lungo gli originari siti fluviali del Tigri e dell’Eufrate, nell’Iraq meridionale, e all’interno di quello che adesso è il Golfo Persico e che, precedentemente, in un periodo che si aggira sull’8000 avanti Cristo, era ancora una pianura abitabile, non sommersa dal mare».In quest’ultima zona, tra le spiagge dell’Iraq e quelle dell’Iran, si sarebbe formato il primo nucleo che avrebbe fatto da culla alla società cui apparteneva la “Struttura” vera e propria, prima che il mare, invadendo le coste, costringesse i proto-Sumeri a spostarsi nella Mesopotamia interna e poi in Egitto. Ne parla anche Graham Hancock in “Civiltà sommerse”, edito da Corbaccio. «Ritengo che la storia dell’Egitto arcaico – dice Rumor – racconti, nella versione del mito, l’evoluzione della specie umana più di ogni altra civiltà antica». Il mito del “nuovo ciclo storico” si è poi “travasato” con mille affluenti nella cultura delle epoche posteriori, fino ai tempi moderni (dall’uomo nuovo del comunismo all’antropologia odierna della plebe globalizzata senza più diritti). «Non sarebbe la prima volta che, cercando il mito, si raggiunge la realtà», dice Paolo Rumor. Lo stesso Mauro Biglino, autore di una rilettura letterale della Bibbia, ricorda che solo grazie alla sua fede nelle pagine dell’Iliade il tedesco Heinrich Schliemann giunse a scoprire le rovine di Troia.Tornando al francese Schumann e alla storia della “Struttura”, Paolo Rumor tratteggia un network potentissimo e invisibile, fatto di uomini politici ed esponenti del mondo della cultura, ricercatori scientifici e archeologi, etnologi, antropologi. Ma anche uomini di Chiesa e personaggi delle più disparate etnie. Nel ‘900, la maggior parte dei leader del network-fantasma è di estrazione francese, inglese e germanica. «Mano a mano che si arretra nel tempo – spiega Rumor – l’elenco contempla una prevalenza francese», mentre, continuando a ritroso, «nel periodo greco-romano la componente etnica è quasi esclusivamente ebraica». L’elenco di Maurice Schumann termina all’inizio dell’era cristiana, ma attenzione: «Esiste un secondo elenco, solamente enunciato a mio padre e non consegnatogli – aggiunge Paolo Rumor – che contiene l’ascendenza dei nominativi fino all’epoca di inizio della “Struttura”», nel decimo millennio avanti Cristo. Diecimila anni dopo, nel libro di Paolo Rumor, compare il fatidico termine “Illuminati”. «E’ usato per descrivere un gruppo o categoria di persone di stirpe giudaica, vissute in Palestina in un periodo antecedente il 136 dopo Cristo». Lo stesso termine, aggiunge l’autore, indica persone vissute anche nel basso Nilo, nello stesso periodo. Coincidenze?Si chiamano infatti “illuminati” anche i re pre-dinastici, probabilmente capi tribù egizi risalenti a prima del regno di Menes, cioè il sovrano che unificò i diversi territori tribali intorno al 3100 avanti Cristo ed eresse la sua capitale, Menfi. Sempre intervistato da Leoni per “Fenix”, Rumor prova a spiegare i possibili, vertiginosi collegamenti tra la valle del Nilo e i palazzi di Bruxelles. L’ambiente esoterico-politico che si era occupato delle prime fasi dell’Europa unita, premette, condivideva «la particolare convinzione di far parte di una consorteria la cui linea ininterrotta affondava asseritamente le proprie origini nell’antichità più remota», quella del Mediterraneo del 10.000 avanti Cristo. Che intenzioni aveva, quell’élite-ombra, cent’anni fa? In teoria, diceva di voler creare «una sorta di umanità nuova, diversa da quella dei secoli precedenti», lontana dagli orrori bellici del ‘900. Sulla carta, un’umanità «ispirata a criteri di fratellanza e ad un’etica civica rinnovata», verso «un mondo migliore». In realtà, la “Struttura” si è nascosta molto bene nei gangli istituzionali: interferisce nei maggiori eventi economici scavalcando gli Stati, come sappiamo. Quello che sbalordisce è leggere che questa entità era presente già nell’antichità.Secondo i documenti presentati da Rumor, intorno ai due secoli posti a cavallo dell’era cristiana, l’oligarchia-fantasma costituiva “un diffuso movimento non conformista”, «fortemente orientato in termini religiosi» ma al tempo stesso «vocato ad azioni militari per la salvaguardia della propria identità». All’epoca, aggiunge l’autore, la centrale di potere era collocata nella Giudea sotto la dominazione romana. Ma attenzione: verso la metà del primo secolo, la “Struttura” «ha subito una violenta scissione al suo interno, ad opera di agenti infiltrati dagli occupanti militari». Una buona parte del movimento, continua l’autore, è andata a originare «quella che poi diventerà l’organizzazione cristiana delle origini». Il Cristianesimo, dunque, come “format” politico creato da metà dell’élite, inizialmente unita. «Invece, la parte rimasta fedele alle proprie origini ideologiche e storiche ha continuato ad operare come prima, mimetizzandosi in una proliferazione di fazioni e società segrete», fino ad assumere un indirizzo comune all’interno del continente europeo.Ricapitolando: «L’ambiente politico che ha dato impulso all’Unione Europea appartiene ad una “consorteria” che, asseritamente, fa risalire sé stessa alla prima organizzazione sociale nata nell’Egitto protostorico attorno al diecimila avanti Cristo. Ne esistono le prove, anche se io stesso – ammette Rumor – ho fatto fatica a prestar fede ad un tale enunciato, che cozza contro la maggior parte delle conoscenze scientifiche in materia». Ma la vera e propria novità, «che l’ambiente esoterico-politico dei costruttori dell’Europa nasconde», secondo Rumor «consiste nel fatto che quello che noi oggi conosciamo come Cristianesimo è nato in realtà come un’opera di dissimulazione, frutto del tentativo di reazione della Roma antica a quell’ambiente giudaico che si tramandava l’antichissima consorteria». Paolo Rumor invita i lettori a consultare libri come “Il mistero del Mar Morto”, di Michael Baigent (Feltrinelli), giusto per orientarsi meglio fra tornanti storici sfuggenti. Altro consiglio di lettura: le opere di Theodor Reik sull’interpretazione della Bibbia e dei miti antichi, compresa l’origine del Cristianesimo dall’Ebraismo. «Queste letture dovrebbero “corazzare” ciascuno dal non cadere nella trappola dei miti moderni e dalla superficiale interpretazione delle opere religiose in genere».Quanto alla spiazzante rivelazione de “L’altra Europa”, fino ai misfatti degli attuali oligarchi, Rumor si esprime con la massima franchezza anche a “Border Nights”: «Uno dei modi per dirigere la politica internazionale è proprio l’accentramento delle proprietà monetarie e della produzione. Oggi l’economia conta più della politica: ed è in questo modo che agisce questa organizzazione segreta, diffusa a livello mondiale». E’ lecito chiamarli Illuminati? «E’ uguale: possiamo usare sinonimi, ma la sostanza è la stessa». E il network non ha limiti, non conosce frontiere né bandiere: «Abbiamo trovato la presenza di questa “Struttura” nella Chiesa cattolica, in molte associazioni filantropiche. Soprattutto l’abbiamo trovata nella scienza, negli ambienti universitari, nella ricerca». Fausto Carotenuto, già analista dei servizi segreti, parla di due “piramidi oscure” e concorrenti, i cui vertici però si toccherebbero: uno è massonico, l’altro cattolico (ma discendente da culti preesistenti: «A Roma, il Pontifex Maximus contava più dell’imperatore»). Spiega Paolo Rumor che la “Struttura” «ha avuto modo di diffondersi nell’ultimo secolo attraverso un sistema “a cellule”; collegate tra loro, si scambiano messaggi, conoscenze, impulsi da dare all’esterno».Quello delle “cellule”, dice Rumor, è uno schema perfetto: ognuno conosce direttamente solo il proprio superiore e il diretto sottoposto. «E’ un modo molto efficace per nascondersi, per non essere identificati: ottimale, visti gli scopi prefissi». E’ la piramide degli Invisibili: «Sui politici influisce in maniera subdola, indirizzando le aspettative delle persone e promuovendo idee politiche distorte». Ha uomini ovunque. Montini, per esempio: «Telefonò a mio padre per tentare di salvare il presidente dell’Eni, Enrico Mattei, dall’attentato che lo avrebbe ucciso. Il futuro Paolo Vi ne era al corrente, perché lavorava nel servizio segreto del Vaticano». Per l’unità europea, aggiunge Rumor, il vertice cattolico «è stato molto importante, un catalizzatore di rilievo». Era preoccupata, la Santa Sede, nell’immediato dopoguerra: vedeva nascere l’Europa unita sotto una forte egemonia massonica. L’esoterismo? E’ sempre stato «il linguaggio degli ambienti elitari», dice Rumor. «Cultura ed esoterismo in Europa sono sinonimi, perché hanno dovuto “sposarsi”, in un certo senso, per poter sopravvivere: per non essere fagocitati dalla Chiesa oppure dall’Islam».Fa impressione, comunque, “scoprire” che il potere di Bruxelles sia insediato da una “Struttura” che, a quanto pare, si considera erede dei sumeri e della Valle dei Re. Un filo segreto unisce l’unione bancaria europea di Mario Draghi al mitico Codice di Hammurabi? E Papa Francesco, oltre a essere il primo gesuita al Soglio di Pietro, è dunque anche l’ultimo discendente degli antichi “scissionisti” che, nella Giudea dell’Anno Zero, spaccarono in due la “Struttura” dando inizio a una feroce lotta, sommersa e plurisecolare? L’élite vaticana è stata infatti sfidata dalla corrente di formazione esoterica che, opponendosi all’assolutismo delle monarchie e all’oscurantismo teocratico, ha dato vita alle forme attuali della modernità democratica. Alla luce di queste rivelazioni si possono rileggere sotto altra luce vicende storiche drammatiche come quelle dei Catari e dei Templari? Singolari coincidenze: la primigenia “civiltà sommersa” cui allude Maurice Schumann sarebbe stata situata nel Golfo Persico, a due passi dal Gan Eden biblico da cui si propagò la stirpe di Caino, cacciata dal “paradiso terrestre”, per poi andare incontro al “diluvio”. La storia è interamente da riscrivere, ripetono ormai molti studiosi. E forse, aggiunge Biglino, vale la pena di prendere alla lettera i libri antichi, cosiddetti “sacri”. La stessa Bibbia racconta – testualmente – l’incontro coi misteriosi Elohim, potentissimi e in possesso di tecnologie fantascientifiche. Nessuno sa ancora spiegare l’improvvisa comparsa dell’avanzatissima civiltà dei sumeri. Ci nascondono qualcosa di fondamentale sulla nostra origine, gli intramontabili signori della “Struttura”?(Il libro: Paolo Rumor, Giorgio Galli, Loris Bagnara, “L’altra Europa. Miti, congiure ed enigmi all’ombra dell’unificazione europea”, Panda Edizioni, 370 pagine, euro 18,90).Un’entità clandestina, sinistra perché invisibile. Segretamente dominante, e molto antica: vecchia di millenni, addirittura. «Mi addolora, aver scoperto l’esistenza di un’Europa nascosta e parallela: interviene nella politica e anche nella cultura, condizionando il nostro mondo». E’ qualcosa di proto-storico, quasi eterno: oggi, attraverso i suoi emissari, questa entità fantasma «agisce accorpando fattori monetari e produttivi, di cui paghiamo le conseguenze sulla nostra pelle», come si è visto nella débacle dell’ultimo decennio. «La distruzione dell’equilibrio monetario europeo è frutto di queste persone». Una cupola misteriosa di origine antichissima: avrebbe addirittura 12.000 anni. Paolo Rumor la chiama, semplicemente, “la Struttura”. Risalirebbe alla notte dei tempi, nel territorio che vide fiorire la civiltà sumera e poi quella egizia. Ne parlò a suo padre, Giacomo Rumor, l’esoterista e politico francese Maurice Schumann, tra i fondatori del gollismo: gli rivelò, per iscritto, l’esistenza plurimillenaria della “Struttura”. Una conferma viene dal cardinale Montini, futuro Papa Paolo VI e amico di Giacomo Rumor, coinvolto dal Vaticano nella gestazione dell’unità europea per bilanciarne l’esuberante componente massonica.
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Scie chimiche in tribunale, ma resta il silenzio sul fenomeno
Tu chiamalo, se vuoi, giornalismo. Nessuno sa o vuole spiegare come mai i cieli non sono più azzurri, ma a strisce bianche. Eppure la colpa è dei “complottisti”, non dei governi che tacciono sul fenomeno. Non fa eccezione la reporter Silvia Bencivelli, letteralmente bombardata da «un crescendo di insulti e minacce sui social (spesso a sfondo sessuale)», dopo un articolo scritto per “La Stampa” nel 2013, dal titolo: “Scie chimiche, la leggenda di una bufala”. Un assedio intimidatorio che, scrive ora su “Repubblica”, «mi ha costretto a vivere nella paura» da quando un “branco” di ostinati “cospirazionisti” l’ha presa di mira. Ora è stato condannato quello che Silvia Bencivelli definisce “il capobranco”: si tratta di Rosario Marcianò, del blog “Tanker Enemy”: otto mesi, per diffamazione a mezzo web. «La sentenza è di quelle storiche, capaci di creare un precedente», scrive Giorgia Marino sulla “Stampa”, che saluta «forse anche un cambio di rotta, in tempi in cui odio digitale ed esacerbata violenza verbale impediscono troppo spesso un pacato e civile dialogo online». Tutto nasce nel 2013, quando Bencivelli scrive un articolo che la stessa Marino definisce “di giornalismo scientifico”. «Dopo appena mezz’ora dalla pubblicazione online, sulla casella di posta elettronica della giornalista arriva una email di Marcianò: “Non ti vergogni?”. Da quel momento – scrive Giorgia Marino – comincia un vero e proprio mail-bombing da parte dei seguaci di Marcianò, a cui segue una valanga di messaggi aggressivi su Facebook, incitati dallo stesso guru delle scie chimiche».«Una bufera a cui non ero minimamente preparata», sostiene Silvia Bencivelli: «Io mi occupo di neutrini e balene, mai avrei pensato di poter suscitare un tale odio con un mio scritto». Si occupa di neutrini e balene, ma ha affrontato anche il tema delle scie chimiche. Come? Definendo il fenomeno “la leggenda di una bufala”. Sicurezza tolemaica, esibita già a partire dal sottotitolo: “Come una storia inventata da due truffatori americani nel 1997, per colpa dell’irrazionalità e dell’antiscienza, è diventata un articolo di fede”. Dunque quelle scie bianche sono rilasciate “dall’irrazionalità e dall’antiscienza”, non dagli aerei? Nell’articolo, la Bencivelli rievoca la storia di due statunitensi, Richard Finke e Larry Wayne Harris, che per reclamizzare la Lwh Consulting, società di consulenza contro gli attacchi terroristici, nel 1997 «cominciarono a spammare email in cui annunciavano l’imminenza di un attacco», con il batterio della peste bubbonica nebulizzato in atmosfera. A seguire, un “mailing” aggressivo sulla presunta irrorazione con sostanze tossiche mescolate al carburante degli aerei: «Le linee che riempiono i nostri cieli non sono scie di condensazione: vengono disperse e possono durare ore, rilasciando lentamente il flagello». La bufala cominciò così a volare, scrive Bencivelli, approdando sui media americani grazie al giornalista William Thomas, che ha lanciato “Skyder Alert”, il primo social network per appassionati di “chemtrails”: scaricato su smartphone, permette di inviare direttamente ai propri politici di riferimento le foto del cielo solcato da strisce bianche.«Sì, perché le principali prove dell’esistenza del fenomeno sono, al momento, fotografie del cielo», aggiunge Silvia Bencivelli nel suo articolo del 2013, citando “leggende” come quella degli “elicotteri neri” e “arei invisibili” che rilascerebbero veleni. Ma, a parte le dicerie sui vettori-fantasma, che dire delle scie che infestano lettaralmente il cielo da una quindicina d’anni? «Nella loro versione tradizionale», scrive la giornalista, «le scie chimiche vere e proprie sarebbero bianche e si riconoscerebbero dalle normali scie di condensazione degli aerei perché più spesse, più durature e genericamente insolite e sospette». Sarebbero? Certo: si usa il condizionale, di fronte alle scie bianche, come se chiunque non le potesse vedere. «Sarebbero anche recenti, cose degli ultimi vent’anni», aggiunge Bencivelli, «a dispetto di documenti fotografici risalenti alla guerra civile spagnola e alla seconda guerra mondiale che mostrano il cielo striato dalle tracce dei bombardieri». Qui bisogna ricorrere a Orwell: a meno di non metter mano a Photoshop, infatti – tra le foto scattate, a miliardi, sul pianeta Terra – è praticamente impossibile vedere (in tempo di pace) cieli striati di bianco, prima del Duemila. Oggi, viceversa, come chiunque può constatare – chiunque, ma non il giornalismo “scientifico” – non esiste più alcun orizzonte interamente blu, se non in giorni di forte vento: l’atmosfera è letteralmente coperta dalla griglia candida stesa in cielo ogni giorno dai “pittori” alati.Come da copione, in questi casi il mainstream si rivolge al Cicap, il think-tank fondato alla fine degli anni ‘80 su impulso di Piero Angela. L’iniziale Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale, proprio nel 2013 ha cambiato pelle: il suo “controllo” si è concentrato sulle Affermazioni sulle Pseudoscienze. L’uomo Cicap immancabilmente citato da Silvia Bencivelli nel suo celebre articolo sulla “Stampa” è Simone Angioni, chimico dell’università di Pavia. Lo schema è ripetitivo: Angioni si limita a parlare delle innocue scie di condensazione, quelle che “seguono” l’aereo per pochi chilometri, dissolvendosi rapidamente. Un giornalista, “scientifico” o no, a questo punto dovrebbe fare domande. Per esempio: le scie sono aumentate? Da quando sono comparse le scie “persistenti”? Sono provocate dal carburante degli aerei o da mutate condizioni atmosferiche? C’è da preoccuparsi o possiamo stare tranquilli? In altre parole: cosa sono, tutte quelle scie che ormai velano il sole e che vent’anni da non c’erano? Ma niente: non se ne parla proprio, laddove si svela “la leggenda di una bufala”. Il chimico Angioni preferisce un altro tema: la descrizione delle dicerie comuni, a cura del “complottismo”, sulla composizione delle scie. «Per qualcuno, di recente – aggiunge il tecnico del Cicap – c’è anche il sospetto di un complotto internazionale per indurre modifiche climatiche con microparticelle metalliche o cose simili, che nasce dalla confusione con esperimenti veri, e pubblici, di modifica di microcondizioni climatiche».Esperimenti veri, e pubblici, di modifica di microcondizioni climatiche? Questa sì che è una notizia, ma a quanto pare è fuori dalla portata dal nostro giornalismo “scientifico”. Il report “owning the weather” diffuso dal generale Fabio Mini, già a capo della missione Nato in Kosovo, è rimasto per lo più confinato nel recinto “cospirazionista” del web, così come le tesi sulla geoingegneria esposte a Erice dallo scienziato americano Edward Teller, il primo a parlare di “aerosol” nei cieli. «Ma in sostanza, niente di dimostrato e niente, alla fine, di veramente spaventoso», si legge nell’articolo della Bencivelli sulle scie, rassicurante solo per i ciechi. «Solo una bufala che vola», insiste, nonostante le innumerevoli interrogazioni parlamentari sul tema e il riprovevole spazio concesso alle ipotetiche “chentrails” da trasmissioni come “Voyager” e da emittenti come “Radio Deejay”. Ma attenzione: «Non è un vero business», precisa il chimico Angioni, improvvisandosi esperto di comunicazione: «Piuttosto serve ad avere l’attenzione dei media e del pubblico, fino alla prima serata in tv», quando finalmente si parlerà di cose più serie. «Nonostante tutto, la bufala delle scie chimiche continua a viaggiare indisturbata». Perché? Secondo Angioni, per una ragione umanissima: «La convinzione di essere i salvatori del mondo è appagante, soprattutto se si può diventare eroi restando comodamente seduti alla propria scrivania».Al contrario, «rivedere le proprie convinzioni significa tornare alla dura realtà», sostiene il chimico del Cicap. «Così molti preferiscono rimanere nel mondo delle cospirazioni globali». Il mondo dei complotti: «Quello in cui le bufale volano, per esempio», chiosa Silvia Bencivelli, il cui caso – le minacce, ora sanzionate dalla magistratura – torna ad alimentare la campagna di stampa contro il web. Silenzio assoluto, invece, sulle fake news che i grandi media continuano a fabbricare: solo “Pandora Tv” ha raccontato la storia di Hassan Djab, 11 anni, trasformato – in cambio di un po’ di cibo – in “comparsa” per il video girato dagli Elmetti Bianchi per simulare le conseguenze del presunto attacco chimico a Douma, servito da pretesto per il bombardamento missilistico ordinato da Trump. Giornali e televisioni? Hanno parlato dei “gas di Assad”, poi hanno voltato pagina. «I Caschi Bianchi tentano di corrompere anche il mondo dello spettacolo», denuncia Roger Waters in un concerto a Barcellona, dopo che qualcuno aveva cercato di ingaggiare l’ex Pink Floyd per la “crociata” contro la Siria. E’ vero, sui social media circola molto odio, protetto dall’anonimato dei nickname. Le menzogne veicolate dalla grande stampa, invece, fanno volare i missili. Le scie chimiche? Sembrano una piccola palestra di deformazione della realtà. Non viene in mente, al Cicap, che per dissipare le più fervide fantasie “complottistiche” basterebbe un pizzico di verità? Chi si azzarderebbe ancora a romanzare ipotesi fantasiose, se finalmente un governo si decidesse a spiegare cosa sono, quelle scie bianche che tutti (tranne il giornalismo “scientifico”) vedono invadere il cielo, da una ventina d’anni?Tu chiamalo, se vuoi, giornalismo. Nessuno sa o vuole spiegare come mai i cieli non sono più azzurri, ma a strisce bianche. Eppure la colpa è dei “complottisti”, non dei governi che tacciono sul fenomeno. Non fa eccezione la reporter Silvia Bencivelli, letteralmente bombardata da «un crescendo di insulti e minacce sui social (spesso a sfondo sessuale)», dopo un articolo scritto per “La Stampa” nel 2013, dal titolo: “Scie chimiche, la leggenda di una bufala”. Un assedio intimidatorio che, scrive ora su “Repubblica”, «mi ha costretto a vivere nella paura» da quando un “branco” di ostinati “cospirazionisti” l’ha presa di mira. Ora è stato condannato (in primo grado) quello che la Bencivelli definisce “il capobranco”: si tratta di Rosario Marcianò, del blog “Tanker Enemy”: otto mesi, per diffamazione a mezzo web. «La sentenza è di quelle storiche, capaci di creare un precedente», si compiace Giorgia Marino sulla “Stampa”, che saluta «forse anche un cambio di rotta, in tempi in cui odio digitale ed esacerbata violenza verbale impediscono troppo spesso un pacato e civile dialogo online». Tutto nasce nel 2013, quando Bencivelli scrive un articolo che la stessa Marino definisce “di giornalismo scientifico”. «Dopo appena mezz’ora dalla pubblicazione online, sulla casella di posta elettronica della giornalista arriva una email di Marcianò: “Non ti vergogni?”. Da quel momento – scrive Giorgia Marino – comincia un vero e proprio mail-bombing da parte dei seguaci di Marcianò, a cui segue una valanga di messaggi aggressivi su Facebook, incitati dallo stesso guru delle scie chimiche».
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Il vero motivo della morte di Carlo Giuliani al G8 di Genova
Non sparate a casaccio sulla polizia, si raccomanda Franco Gabrielli dalle pagine del “Manifesto”, ripercorrendo l’inferno del G8 di Genova rievocato dal “quotidiano comunista”, secondo cui «la credibilità della polizia è da ricostruire». A stretto giro, la risposta – durissima – del padre di Carlo Giuliani, affidata al blog “Contropiano” dopo che, scrive, il “Manifesto” ha rifiutato di pubblicargliela. La tesi del capo della polizia: c’erano anche i carabinieri, a Genova, insieme ad altri organi dello Stato; per questo non è giusto criminalizzare un’istituzione che, assicura Gabrielli, si è ampiamente emendata dai gravi errori commessi. Giuliano Giuliani concorda solo in parte: è oggi questore di Pesaro, scrive, il funzionario che a piazza Alimonda accusò un manifestante di aver ucciso suo figlio, «completando così l’indegna azione di un carabiniere che con una pietra ha spaccato la fronte di Carlo agonizzante». Paura e odio, furore, guerriglia: sotto i riflettori, per anni, gli attori di quella spaventosa pagina italiana, per la quale si è parlato di “sospensione della democrazia”. D’accordo, ma il movente? Perché trasformare Genova nel teatro di una carneficina? Lo spiega un ex dirigente della Nsa, Wayne Madsen. L’intelligence Usa, rivela, ha piegato le forze dell’ordine italiane a un disegno oscuro: quel sangue doveva servire a seppellire per sempre il movimento NoGlobal, di cui le multinazionali avevano il terrore, all’alba del nuovo millennio.Missione compiuta, si direbbe: dopo Seattle, Praga e altre fiammate, a Genova nel luglio del 2001 è stato letteralmente soppresso «il primo movimento di protesta, nella storia dell’Occidente, capace di mobilitarsi in modo disinteressato, cioè senza più difendere singole cause territoriali, nazionali o di categoria, ma schierandosi in modo permanente a tutela dei diritti dell’umanità, in ogni continente». Lasciata l’intelligence Usa (l’agenzia resa tristemente celebre dallo scandaloso “datagate” spionistico del governo Obama), Madsen è divenuto un fiero accusatore di un sistema manipolatorio che a Genova, dice, richiedeva un preciso tributo di sangue: la morte di Carlo Giuliani, la “macelleria messicana” dei ragazzi inermi nella scuola Diaz (col pretesto di bombe molotov introdotte dagli stessi agenti) e poi l’incubo delle torture inflitte ai “prigionieri” nella caserma di Bolzaneto. Tutta quella violenza barbarica sembra portare la stessa “firma” della mano segreta che, di lì a un paio di mesi, avrebbe pilotato l’immane attentato delle Torri Gemelle a New York, dando inizio alla “guerra infinita” contro il “terrorismo”. Un nome? Il massone “controiniziato” George W. Bush. Esponente, secondo Gioele Magaldi, della “Hathor Pentalpha”, definita “loggia del sangue e della vendetta”. La costola più nera e tenebrosa dell’élite globalista, formata da “signori della guerra” che «non hanno esitato a reclutare, tra i loro affiliati, prima Osama Bin Laden e poi Abu Bakr Al-Baghdadi».Da Al-Qaeda all’Isis, stesso copione (opaco) del terrore, scatenato contro civili, polizia e militari – ma non all’insaputa di precisi settori dell’intelligence. Prove? «Dispongo di 6.000 pagine di documenti», assicura Magaldi, autore del saggio “Massoni”. «Entro due anni certe carte verranno rese pubbliche», afferma Gianfranco Carpeoro, che ha firmato il volume “Dalla massoneria al terrorismo”, fornendo anche – insieme allo stesso Magaldi – un’accurata lettura della simbologia non certo islamica, ma “templare”, del recentissimo terrorismo targato Isis che ha insanguinato l’Europa a cominciare dalla Francia. Identico lo stile degli attentati: colpire nel mucchio, sparare sulla folla per terrorizzare tutti (e rendere accettabili le leggi d’emergenza, sul modello del Patriot Act statunitense disegnato per confiscare libertà e diritti). Genova? Una pietra miliare: il Rubicone varcato da un potere globalista “medievale”, neo-feudale, smisuratamente avido e bugiardo, estremamente feroce. Lo sostiene Madsen, intervistato da Franco Fracassi nel saggio “G8 Gate”. Una vera e propria confessione: «Mesi prima, per la tragica “riuscita” di quel G8 – dice – la Nsa mise a disposizione 1.500 funzionari, e a Genova (oltre alla polizia italiana) c’erano 700 agenti dell’Fbi».Nessuno lo sapeva, all’epoca, ma tutti videro lo stesso spettacolo: i reparti antisommossa si accanivano contro manifestanti inermi, ignorando deliberatamente i famosi “black bloc” spuntati dal nulla, liberi di devastare impunemente la città. I “neri” colpivano i loro obiettivi e poi si disperdevano rapidamente tra i vicoli. «E’ una tattica di guerriglia insegnata nelle scuole Nato: si chiama “swarming”», afferma – sempre nel libro di Fracassi – il generale dei paracadutisti Fabio Mini, già comandante della missione atlantica Kfor in Kosovo. «Esistono precise strutture – rivela Mini – in grado di far affluire in piena sicurezza centinaia di persone, da tutta Europa, senza il rischio di subire controlli alle frontiere, neppure dopo l’evento». Lo strascico del G8 di Genova è ancora fatto essenzialmente di rabbia e di dolore: le vittime denunciano omissioni e indulgenze, il nuovo capo della polizia (che ha preso le distanze da De Gennaro) giura che, oggi, simili episodi non potrebbero più ripetersi. Carlo Giuliani, intanto, a piazza Alimonda è morto. E la meccanica delle ricostruzioni difficilmente va oltre i dettagli del crimine. Una coltre di silenzio protegge ancora gli aspetti più decisivi: il movente e i mandanti.Per questo è importante la voce di un uomo come Madsen. «I mandanti sono le multinazionali – dice – che erano letteralmente terrorizzate dal crescente consenso di quei ragazzi: il movimento NoGlobal andava stroncato. E il loro uomo, Bush, ha semplicemente eseguito gli ordini». Com’era, il mondo, nel 2001? Stava molto meglio di adesso, secondo tutti gli indicatori. Archiviata la storica sfida con l’Urss, la guerra era praticamente assente. Anche per gli italiani, all’epoca, l’Unione Europea poteva sembrare un’istituzione amica. Si pagava ancora in lire: l’euro avrebbe iniziato a circolare solo l’anno seguente. In Afghanistan c’erano già i Talebani, ai quali si opponeva solo un leader laico e nazionalista come Ahmad Shah Massud: quando l’Alleanza del Nord entrò in azione, per prima cosa fu assassinato l’ingombrante Massud, autorevole interprete della sovranità afghana. Ucciso da un certo Hekmathyar, collegato ai servizi del Pakistan addestrati dalla Cia. «Il governo di Islamabad ha sostenuto Al-Qaeda in accordo con Bush», denunciò Benazir Bhutto, a sua volta assassinata nel 2007 per impedirle di vincere le elezioni e smascherare le trame che legavano Bush e Bin Laden al generale Musharraf, dittatore “americano” del Pakistan. Da anni, ormai, la “guerra infinita” era diventata la nuova normalità fondata su bombe e menzogne, fino all’attuale conflitto siriano.Un film dell’orrore, sostiene Madsen, grazie al quale nessuno si è più sognato di contestare frontalmente lo strapotere delle corporation e dell’oligarchia finanziaria, che in Europa è riuscita a ridurre alla fame un paese come la Grecia, senza più medicinali per i bambini, e a destituire con un golpe bianco il governo italiano democraticamente eletto. Si arrivò a insediare a Palazzo Chigi uno spettro come Mario Monti, cioè l’essere umano più lontano possibile dall’antropologia di una rockstar come Manu Chao, eroe del “social forum” che a Genova nel 2001 sognava una fratellanza universale capace di opporsi alle diseguaglianze create dalla rapina sistematica del mondo, quella che oggi spinge verso l’Europa milioni di migranti in fuga dalle loro economie sapientemente disastrate dal nostro apparato economico e politico, finanziario e militare. Un mondo migliore è possibile, recitava lo slogan dei ragazzi che guardavano al mito del “subcomandante” Marcos, esotico e mediatico custode di una biodiversità civile fondata sui diritti. Oggi, il dibattito pubblico è precipitato sotto terra, tra le rovine dell’Ue e della Bce: si parla al massimo di soldi, di Flat Tax e reddito di cittadinanza. Siamo caduti in basso? Il primo passo, sostiene Wayne Madsen, è stato il corpo esanime del militante che i grandi poteri economici, dai loro palazzi, volevano morto. E’ toccato a Carlo Giuliani. Forse, riletta così, può sembrare meno oscura la ragione (mostruosa) di quella fine così atroce.(Giorgio Cattaneo, “G8 Genova, il vero motivo della morte di Carlo Giuliani”, dal blog “Petali di Loto” del 17 aprile 2018).Non sparate a casaccio sulla polizia, si raccomanda Franco Gabrielli dalle pagine del “Manifesto”, ripercorrendo l’inferno del G8 di Genova rievocato dal “quotidiano comunista”, secondo cui «la credibilità della polizia è da ricostruire». A stretto giro, la risposta – durissima – del padre di Carlo Giuliani, affidata al blog “Contropiano” dopo che, scrive, il “Manifesto” ha rifiutato di pubblicargliela. La tesi del capo della polizia: c’erano anche i carabinieri, a Genova, insieme ad altri organi dello Stato; per questo non è giusto criminalizzare un’istituzione che, assicura Gabrielli, si è ampiamente emendata dai gravi errori commessi. Giuliano Giuliani concorda solo in parte: è oggi questore di Pesaro, scrive, il funzionario che a piazza Alimonda accusò un manifestante di aver ucciso suo figlio, «completando così l’indegna azione di un carabiniere che con una pietra ha spaccato la fronte di Carlo agonizzante». Paura e odio, furore, guerriglia: sotto i riflettori, per anni, gli attori di quella spaventosa pagina italiana, per la quale si è parlato di “sospensione della democrazia”. D’accordo, ma il movente? Perché trasformare Genova nel teatro di una carneficina? Lo spiega un ex dirigente della Nsa, Wayne Madsen. L’intelligence Usa, rivela, ha piegato le forze dell’ordine italiane a un disegno oscuro: quel sangue doveva servire a seppellire per sempre il movimento NoGlobal, di cui le multinazionali avevano il terrore, all’alba del nuovo millennio.
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Giorgio Galli: magia, esoterismo e potere. La storia segreta
Il mago in politica? Conta, sì. Ma non ha l’ultima parola. Certo, esiste: anche se i giornali non ne parlano mai. E spesso, proprio con il mondo esoterico sono in contatto i servizi segreti. Lo rivela il professor Giorgio Galli, autorevole politologo, per lunghi anni docente all’università di Milano. Un monumento della cultura italiana contemporanea. Classe 1928, ha all’attivo quasi cento titoli: dal volume d’esordio sulla storia del Pci, risalente al ‘53, fino all’ultimo lavoro, “Il golpe invisibile” (Kaos, 2015), che spiega “come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo Stato di diritto”. Intervistato da Fabio Frabetti e Paolo Franceschetti a “Border Nights” sul ruolo dell’occultismo nella politica, il professore chiarisce: la deriva “magica” dell’esoterismo ha certamente condizionato importanti leader del passato, Hitler in primis. Ma poi il fenomeno si è attenuato. Perché parlarne, allora? Perché non ne parla mai nessuno, a livello di ufficialità, se non per liquidare l’argomento in modo sprezzante, come se il fenomeno non esistesse. Altrettanto sbagliato, secondo Galli, l’atteggiamento iper-complottista di chi considera onnipotenti le società iniziatiche, massoneria compresa: hanno il loro peso, senz’altro, ma non possono decidere tutto.La missione dello studioso: svelare retroscena occulti e, al tempo stesso, demifisticare – con l’occhio razionale dello storico – le tante mitologie connesse al presunto potere di grandi “maghi”, al fianco dei potenti della Terra. Nel mirino innnanzitutto il leader del nazismo. Un fenomeno al quale – tra Himmler e la società Thule – il professor Galli ha dedicato ben tre saggi. Il primo, “Hitler e il nazismo magico” (Rizzoli) risale al 2005. A seguire, “La svastica e le streghe”, una “intervista sul Terzo Reich, la magia e le culture rimosse dell’Occidente”, pubblicata da Hobby & Work nel 2009, quattro anni prima di “Hitler e la cultura occulta”, libro uscito nel 2013, pubblicato ancora da Bur-Rizzoli. Impossibile non notare il potere ipnotico che la retorica del dittatore esercitava su masse immense, durante le celebri adunate oceaniche del nazismo. Disponeva di tecniche occultistiche? «Intanto era nato a Braunau sull’Inn, paese che ha dato i natali a un numero di medium superiore alla norma: c’è chi ritiene che, in determinate zone della Terra, vi siano cariche magnetiche che conferiscano doti particolari, come quelle che caratterizzano i medium e i veggenti». Inoltre, aggiunge Galli, è noto che Hitler prese lezioni da Erik Jan Hanussen, famoso ipnotista austriaco che, «nei teatri, ipnotizzava gli spettatori, facendo creder loro che fossero reali fenomeni che erano solo immaginari».Lo stesso Hanussen, mago e illusionista, fu poi ucciso dai nazisti il 30 giugno del 1934 nella strage passata alla storia come la “notte dei lunghi coltelli”. Una buona occasione «per far sparire le tracce della formazione ipnotistica che Hitler aveva ricevuto». Ma una cosa è ammettere che Hitler credesse nell’occulto e si avvalesse di maghi come Hanussen, un’altra è pensare che il nazismo sia “esploso” in virtù della magia: «Mai, il nazismo, si sarebbe potuto affermare senza la sconfitta della Germania nel primo conflitto mondiale, senza la crisi del dopoguerra e senza la grande crisi del ‘29, tutti fenomeni che hanno determinato il destino del paese sino all’avvento del Terzo Reich». Quindi attenzione: «Io non sostengo che l’esoterismo sia la chiave interpretativa della storia», precisa Galli. «Dico che ne è una delle componenti (e non delle più importanti), che però è stata completamente trascurata». E’ chiaro che a partorire il nazismo è stata la crisi politica, sociale ed economica patita dalla Germania a partire dal 1914. «Le cause che gli storici hanno studiato permettono di capire la vicenda tedesca anche senza bisogno di studiare l’esoterismo. Però, appunto, c’è anche l’esoterismo: e ha avuto un ruolo importante nella formazione culturale di una parte dell’élite nazionalsocialista».La storia politica ed economica spiega tante cose, ribadisce Galli, ma «talvolta, in determinate circostanze, non spiega tutto». Secondo il gollista Maurice Schumann, gruppi esoterici presenti anche in Vaticano hanno influenzato la nascita della stessa Unione Europea: «E’ una componente sin qui trascurata, meno importante di altre, ma che va tenuta presente». Giorgio Galli ha scritto anche un’introduzione al recente saggio “Mussolini e gli Illuminati”, nel quale Enrico Montermini mette in luce il rapporto (rimasto in ombra) tra il fascismo e l’esoterismo, dal ruolo di Giuseppe Cambareri – il mago di tanti ufficiali dell’esercito mussoliniano – all’intervento della massoneria anglosassone agli esordi delle camicie nere, fino al drammatico epilogo di piazzale Loreto, «macabro sacrificio rituale per celebrare simbolicamente la caduta dell’ultimo Cesare». Magia e dittature, ma non solo: «Lo stesso Churchill, che era massone – racconta Galli – si consultò moltissimo con l’ambiente esoterico, prima di decidere l’atteggiamento da assumere con Hitler». Furono alcuni esoteristi a confermargli che occorreva opporsi strenuamente al Terzo Reich: impossibile conviverci, perché avrebbe trasformato l’Europa nel peggiore degli incubi.Esoterismo? «E’ una cultura che ha solide radici nella storia dell’Occidente», spiega Giorgio Galli al pubblico di “Border Nights”. «Bisogna risalire agli astrologi caldei, ai profeti ebraici, fino a personaggi molto recenti come René Guénon e Julius Evola». Si intitola “Occidente misterioso” un saggio del 1987, edito da Rizzoli, in cui Galli indaga tra “baccanti, gnostici, streghe”, ovvero “i vinti della storia e la loro eredità”. «E’ una corrente di pensiero che ha solide radici e si ripresenta anche in periodi di grande avanzamento scientifico». Per dire: erano esoteristi Cartesio e Newton. «Si tratta di una cultura che ha profonde radici nello sforzo umano verso la conoscenza: radici così solide che, dal ‘500 in poi, ha potuto resistere al grande avvento della rivolzione scientifica». Quella dell’esoterismo «è un tipo di conoscenza che prevede approcci diversi da quelli scientifico-razionali». Metodo analogico, pensiero simbolico. Com’è che i politici entrano in contatto col mondo esoterico? «Esistono gruppi e associazioni che mantengono viva questa tendenza». Secondo la cultura esoterica, aggiunge il professore, «sulla Terra sono esistite civiltà molto remote, in genere scomparse per catastrofi naturali: l’esempio più noto sono i riferimenti che Platone fa ad Atlantide».Giorgio Galli segnala un libro come “L’altra Europa”, nel quale l’autore – Paolo Rumor (figlio di Mariano, pluri-minustro Dc) – documenta «la convinzione che siano esistite civiltà terrestri delle quali sono rimaste tracce, e in cui affonderebbe le sue radici la politica che poi ha portato all’Unione Europea». Intorno all’anno Mille, dice Galli, in alcuni ambienti «era maturata quella convinzione», riguardo all’ancestrale discenza da civiltà estinte. E quindi «ci sarebbe un rapporto tra antichi assetti sociali e il progetto dell’Ue, che in realtà è nato molto prima di quanto si ritenga». Se qualcuno ha in mente solo Jean Monnet, la Cee e l’Unione Europea si sbaglia: «Documenti di Mariano Rumor – afferma il professore – dimostrano che questo progetto sarebbe maturato molto più in là nel tempo, in ambienti legati alla cultura esoterica e alla convinzione dell’esistenza di antiche civiltà scomparse, che avrebbero lasciato tracce nella nostra cultura». Sicché, periodicamente, «emergono piccoli cenacoli, che credono di essere gli eredi di un antico sapere». Gli approcci sono diversi, aggiunge Galli: «Alcune società esoteriche sono orientate verso la conoscenza: per loro, l’esoterismo è uno strumento del sapere. In altri gruppi, invece, si ritiene che possa anche essere uno strumento per il potere».Non ha molti segreti, per Giorgio Galli, la contaminazione esoterica della politica: ne parlava già nel 1995 in “Cromwell e Afrodite” (Kaos), o in libri come “La politica e i maghi, da Richelieu a Clinton”, pubblicato da Rizzoli nello stesso anno. Galli ha firmato studi sulla massoneria, su Fatima, sulla new age, sulle Torri Gemelle. Titoli accattivanti: “La venerabile trama”, del 2007 (Lindau), racconta “la vera storia di Licio Gelli e della P2”. In “Stelle rosse” (Alacran, 2007), mette a nudo “astrologia neo-illuminista a uso della sinistra”. Titoli espliciti: “Politica ed esoterismo alle soglie del 2000”, scritto con Rudy Stauder e pubblicato da Rizzoli nel 1992, e “Esoterismo e politica” (Rubbettino, 2010). E’ del 2004 il saggio “La magia e il potere”, ovvero “l’esoterismo nella politica occidentale”, edito da Lindau. Ma cos’è la magia? Solo superstizione? «E’ un approccio culturale che si è manifestato in una fase della storia umana», spiega il professore a “Border Nights”, rispondendo alle domande di “Maestro di Dietrologia”. «Non credo che esista una magia con un reale potere», aggiunge. «Credo però che sia una convinzione diffusa». L’esoterismo, dice, è anche questo: «La convinzione che, facendo determinate operazioni, o con certe liturgie, si possano ottenere determinati risultati. La cultura esoterica è legata a questa convinzione, che però non è la mia».I maghi, aggiunge Giorgio Galli, sono i rappresentanti di questo tipo di cultura: talvolta entrano in contatto col potere e talvolta no. «La rivoluzione scientifica ha reso meno sistematici quei rapporti: quelli che vengono chiamati Magi, astrologi e veggenti facevano parte normalmente del personale vicino al potere – a Roma e in Grecia, poi nelle corti medievali. Fino al ‘500-600 questi rapporti erano organici e continui, in seguito sono diventati più rari o soltanto occasionali». E i famosi maghi consultati da capi di Stato? «In alcuni casi – risponde Galli – ci sono società segrete che trasmettono questo tipo di cultura. Alcune – tedesche, francesi, inglesi – sono elencate in “Hitler e il nazismo magico”. Probabilmente ne esistono ancora, anche se adesso la loro influenza mi pare molto minore di quanto non fosse all’inizio del secolo scorso». Magia e potere, ma soprattutto stelle, oroscopi, tarocchi. «Quello che so – aggiunge Galli – è che molti politici, anche di rilievo, consultano abituamente astrologi e cartomanti: sono un aspetto popolare e diffuso di culture che hanno origini esoteriche, ma è anche un campo che si presta moltissimo alle truffe e alle manipolazioni».Da Roma, ha contattato il professore un gruppo di tradizione esoterica che si definisce “Evoliani a 5 Stelle”, dal nome di Evola. «Sono degli esoteristi di cultura evoliana, che si esprimono positivamente attorno al Movimento 5 Stelle», precisa Galli. Non che l’esoterismo sia del tutto estraneo, ad alcuni aspetti del mondo grillino: «Lo stesso cortometraggio di Gianroberto Casaleggio, “Gaia”, esprime una cultura che qualche rapporto con quella esoterica potrebbe averlo: è collegata con la cultura delle grandi catastrofi, che poi alla fine danno un risultato positivo». Ma quello dei 5 Stelle è un populismo destinato a trasformarsi nella vera avanguardia tecnocratica del neoliberismo globalista? Giorgio Galli lo esclude in modo categorico. «I 5 Stelle secondo me sono ancora in una fase magmatica, in cui convivono componenti dell’anticapitalismo di sinistra e componenti dell’anticapitalismo di destra. Penso che siano in una fase di trasformazione – conclude il politologo – ma non credo affatto che possano diventare i nuovi strumenti del grande capitale: rimarranno sempre un movimento indirizzato a cambiamenti che, nella loro cultura, ritengono positivi. Che poi riescano nel loro intento è un altro problema, ma non credo che si mettano al servizio del potere capitalistico».Il mago in politica? Conta, sì. Ma non ha l’ultima parola. Certo, esiste: anche se i giornali non ne parlano mai. E spesso, proprio con il mondo esoterico sono in contatto i servizi segreti. Lo rivela il professor Giorgio Galli, autorevole politologo, per lunghi anni docente all’università di Milano. Un monumento della cultura italiana contemporanea. Classe 1928, ha all’attivo quasi cento titoli: dal volume d’esordio sulla storia del Pci, risalente al ‘53, fino all’ultimo lavoro, “Il golpe invisibile” (Kaos, 2015), che spiega “come la borghesia finanziario-speculativa e i ceti burocratico-parassitari hanno saccheggiato l’Italia repubblicana fino a vanificare lo Stato di diritto”. Intervistato da Fabio Frabetti e Paolo Franceschetti a “Border Nights” sul ruolo dell’occultismo nella politica, il professore chiarisce: la deriva “magica” dell’esoterismo ha certamente condizionato importanti leader del passato, Hitler in primis. Ma poi il fenomeno si è attenuato. Perché parlarne, allora? Perché non ne parla mai nessuno, a livello di ufficialità, se non per liquidare l’argomento in modo sprezzante, come se il fenomeno non esistesse. Altrettanto sbagliato, secondo Galli, l’atteggiamento iper-complottista di chi considera onnipotenti le società iniziatiche, massoneria compresa: hanno il loro peso, senz’altro, ma non possono decidere tutto.
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Sangue arabo: la regina Elisabetta discende da Maometto
Scontro di civiltà? Ma mi faccia il piacere! Mentre i missili del Regno Unito cadono sulla Siria, il settimanale marocchino “Assahifa Al-Ousbouia” avverte: la regina inglese Elisabetta II è una discendente del sommo profeta Maometto, fondatore dell’Islam. A dire il vero, ricorda il “Corriere della Sera”, la teoria era stata già suggerita una trentina di anni fa dal “Burke’s Peerage”, la guida genealogica all’aristocrazia britannica: la linea di discendenza dei Windsor consente di risalire ai re musulmani medievali di Spagna e per quella via fino a Maometto, vissuto in Arabia nel sesto secolo. La scoperta risale agli anni ‘80, quando l’allora direttore del “Peerage”, Harold Brooks-Baker, scrisse alla premier Margaret Thatcher raccomandando di incrementare la sicurezza della regina: «È poco noto al pubblico britannico che il sangue di Maometto scorre nelle vene della sovrana. Tuttavia, tutti i leader religiosi musulmani sono orgogliosi di questo fatto». Oggi, la stampa inglese riprende con enfasi la notizia, rimbalzata dal Marocco: un filo diretto unisce Buckingham Palace alla Mecca? “Assahifa Al-Ousbouia” corrobora l’ipotesi, fornendo un albero genealogico completo. Eil giornale maghrebino saluta la scoperta come «un ponte fra le due religioni e i due regni».«Ne è seguita curiosità ed eccitazione in diversi paesi musulmani, oltre all’interesse della stampa britannica», scrive Luigi Ippolito sul “Corriere”. In prima fila il “Times”, che cita lo storico David Starkey, secondo cui l’ipotesi del legame fra Elisabetta e Maometto è affascinante e «non del tutto fuori luogo», anche se non è stato ancora dimostrato con certezza. Ciò che è «sicuro come la roccia», afferma lo storico britannico, è la discendenza dell’attuale casa regnante da Riccardo di Conisburgh, conte di Cambridge e nonno di re Riccardo III, vissuto in Inghilterra a cavallo fra il XIV e il XV secolo. Il conte era figlio di Isabella di Castiglia, a sua volta nata da Pietro “il Crudele”, re di Castiglia e Leon fino al 1369. «A partire da questo personaggio – aggiunge il “Corriere” – si può risalire ad Abu al-Qasim Muhammad ibn Abbad, sovrano musulmano di Siviglia morto nel 1042, il quale a sua volta discendeva da Hasan ibn Ali, nipote di Maometto in quanto figlio di Fatima, la figlia più giovane del Profeta». Sempre secondo lo storico Starkey, è indubbio che «i monarchi medievali spagnoli e le case reali islamiche erano molto vicine e completamente mescolate».L’anello di congiunzione tra mondo islamico e corona cristiana sarebbe Zaida, una principessa musulmana vissuta nell’anno Mille che scappò da Siviglia per diventare la moglie (o l’amante) di re Alfonso VI di Castiglia: la loro discendenza avrebbe poi sposato Riccardo di Conisburgh, l’avo di Elisabetta. «L’origine di Zaida è meno certa, ma sarebbe lei la discendente diretta di Maometto che connette Londra all’Arabia, in quanto probabile figlia di al-Mutamid ibn Abbad, re musulmano di Siviglia fino al 1091», scrive Ippolito. E’ il caso di dire “Allah salvi la regina?”. Certo non è facile accettare l’idea che siano “parenti” di Maometto i reali inglesi, a capo di un paese che – con Tony Blair – inventò le “armi di distruzione di massa” per avviare la devastazione del Medio Oriente, partendo dall’Iraq tuttora disastrato. Inglesi e arabi “amici”? C’è il precedente del mitico tenente colonnello Thomas Edward Lawrence, 007 di Sua Maestà: all’inizio del ‘900, Lawrence d’Arabia sposò la causa del nazionalismo arabo, guidando – dalla Giordania – la rivolta degli arabi contro l’Impero Ottomano all’inizio del ‘900.Un altro filo – sottilissimo, quasi invisibile – lega la Gran Bretagna all’Oriente musulmano attraverso la musica pop: merito di Freddie Mercury, cantante dei Queen, nato a Zanzibar nel ‘46 come Farrokh Bulsara da genitori appartenenti all’etnia “parsi”, la stessa degli attuali patron del gruppo Tata, colosso automobilistico indiano. Di religione zoroastriana, i “parsi” (nome che in India designa la popolazione proveniente dalla Persia) sono tra i 200.000 seguaci dell’antichissima fede madzea fondata da Zoroastro, considerata “madre” delle religioni successive, dal Cristianesimo all’Islam: sarebbero sacerdoti mazdei i Re Magi dell’adorazione di Beltemme. In modo cifrato, Freddie Mercury (ucciso dall’Aids nel ‘91) rivela una misteriosa connessione tra la sua origine orientale e il trono britannico: il nome Queen scelto per il gruppo musicale viene da Elisabetta I, ultima monarca della dinastia Tudor. Regnò nel ‘500 difendendo l’autonomia della Chiesa d’Inghilterra dal potere vaticano. La sua epoca, denominata “età elisabettiana”, fu un periodo di straordinaria fioritura artistica e culturale: durante il suo regno vissero personaggi del calibro di William Shakespeare, Christopher Marlowe, Ben Jonson, Edmund Spenser.Il filosofo Francis Bacon scrisse “La Nuova Atlantide”, uno dei caposaldi della cultura “rosacrociana” che tra ‘500 e ‘600 propose un nuovo orizzonte per l’umanità, basato sulla fratellanza universale. Il racconto, pubblicato postumo nel 1627, fa parte del genere letterario utopico, lo stesso di opere coeve come “La Città del Sole” di Tommaso Campanella e “Utopia” di Thomas More, anch’esse frutto del pensiero “rosacrociano” espresso a fine ‘500 da Giordano Bruno. Bacone prende spunto dal mito di Atlantide, narrato da Platone nel “Crizia”. Platone a capo del suo Stato aveva posto i filosofi, mentre Campanella sceglie un sacerdote. A questi, Bacone preferisce gli scienziati, «dotati di un sapere pratico capace di trasformare la realtà e assicurare una vita migliore all’umanità». Nume tutelare del nuovo progresso umanistico? Elisabetta I, che si fa ritrarre in celebri quadri con al collo monili contrassegnati dai simboli della fratellanza Rosacroce, il Pellicano e la Fenice. Proprio quel Pellicano – che “resuscita” i suoi pulcini nutrendoli col suo stesso sangue (citato da Dante e da Leonardo) – viene scelto come simbolo dei Queen da Freddy Mercury, icona gay degli anni ‘80. Un inglese atipico, di origine mediorientale, che in incognito disegnò una linea diretta capace di collegare idealmente il trono inglese a mondi lontanissimi solo in apparenza, se è vero che un po’ del sangue di Maometto scorre nelle vene della famiglia Windsor.Scontro di civiltà? Ma mi faccia il piacere! Mentre i missili del Regno Unito cadono sulla Siria, il settimanale marocchino “Assahifa Al-Ousbouia” avverte: la regina inglese Elisabetta II è una discendente del sommo profeta Maometto, fondatore dell’Islam. A dire il vero, ricorda il “Corriere della Sera”, la teoria era stata già suggerita una trentina di anni fa dal “Burke’s Peerage”, la guida genealogica all’aristocrazia britannica: la linea di discendenza dei Windsor consente di risalire ai re musulmani medievali di Spagna e per quella via fino a Maometto, vissuto in Arabia nel sesto secolo. La scoperta risale agli anni ‘80, quando l’allora direttore del “Peerage”, Harold Brooks-Baker, scrisse alla premier Margaret Thatcher raccomandando di incrementare la sicurezza della regina: «È poco noto al pubblico britannico che il sangue di Maometto scorre nelle vene della sovrana. Tuttavia, tutti i leader religiosi musulmani sono orgogliosi di questo fatto». Oggi, la stampa inglese riprende con enfasi la notizia, rimbalzata dal Marocco: un filo diretto unisce Buckingham Palace alla Mecca? “Assahifa Al-Ousbouia” corrobora l’ipotesi, fornendo un albero genealogico completo. E il giornale maghrebino saluta la scoperta come «un ponte fra le due religioni e i due regni».
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Konrad Lorenz: solo la bellezza può fermare il nostro declino
Quando nel 1973 venne attribuito il Premio Nobel per la medicina e la fisiologia a Konrad Lorenz, “padre” dell’etologia, vi fu una sorta di sollevazione negli ambienti scientifici che non mancò di contagiare anche quelli politici. Il ricercatore austriaco, noto per le sue indagini del comportamento umano attraverso lo studio dell’istinto animale e dell’adattamento ambientale, era ritenuto un fautore dell’antiegualitarismo. Non gli vennero risparmiate accuse anche infamanti, ma nel contempo i suoi saggi di carattere antropologico oltre che quelli strettamente connessi alla sua materia venivano sempre più studiati al fine di comprendere la decadenza che Lorenz denunciava tanto nella sfera intima dell’uomo quanto nel mondo circostante. Al di là della “demonizzazione”, le opere di Lorenz s’imposero anche in ambito a lui non proprio favorevole soprattutto per merito di editori liberi come Adelphi, in Italia, che l’anno successivo pubblicò il libro di Lorenz di maggior successo, “Gli otto peccati capitali della nostra civiltà”, seguito da “L’altra faccia dello specchio”. In entrambi lo scienziato metteva l’umanità davanti dal suo non proprio luminoso destino determinato dagli squilibri demografici, dall’inquinamento atmosferico, dal depauperamento delle risorse naturali, dalla massificazione del consumi, dall’invadenza della tecnologia, fino a criticare appunto l’egualitarismo pervasivo del quale la struttura stessa delle megalopoli era lo specchio più evidente…Lorenz, dopo i primi “affondi” critici che arrivarono a colpirlo come “nemico della democrazia”, ha conosciuto una lenta ma inarrestabile rivalutazione, al punto che quando di recente qualcuno (com’è costume di questi tempi) ha provato ha scavare nel suo lontanissimo passato, scoprendo che aveva simpatizzato in gioventù, come molti altri intellettuali e non solo, per la parte sbagliata (operazione non dissimile da quella che è stata messa in atto contro Martin Heidegger), non è sembrato opportuno neppure ai più critici di affondare eccessivamente il bisturi in una materia controversa e sostanzialmente poco interessante. Il suo pensiero è certamente più “lungo” delle polemiche postume, soprattutto se effettuate contro uno scienziato che non può replicare, essendo scomparso nel 1989. L’etologia, soprattutto grazie a Lorenz, ha dimostrato che le derivazioni della cultura freudo-marxista nel campo dell’antropologia sono state a dir poco fallaci e menzognere. Studiosi come Robert Ardrey, Eibl-Eibsfeldt, Eric von Holst, Karl von Frisch hanno applicato, come lo scienziato austriaco, il metodo naturalistico desunto dall’osservazione del comportamento animale e dei gruppi sociali primitivi o organizzati, per asseverare che le comunità tendono a conservarsi secondo schemi certo non collimanti con la visione del “buon selvaggio” di Rousseau.Il realismo dovrebbe far riconoscere che il principio di conservazione è strettamente legato a quello di aggressività, e tenendo conto di questo dato naturalistico è possibile costruire aggregati tendenzialmente solidi e ordinati da un principio politico fondato sull’autorità. Una sintesi di queste idee è racchiusa nella penetrante e brillante “Intervista sull’etologia” realizzata da Alain de Benoist con Konrad Lorenz alla fine degli anni Settanta e pubblicata per la prima volta in Italia nel 1980, che oggi rivede la luce preceduta da una prefazione di Mario Bozzi Sentieri, che situa il pensiero del grande etologo nell’ambito di una concezione organicistica della società. Il libro è qualcosa di più di un’intervista pura e semplice. Esso consta di tre parti: la prima è un saggio di de Benoist sull’etologia dalle origini ai giorni nostri, incentrato soprattutto sulla polemica tra gli ambientalisti e gli innatisti; la seconda parte è il colloquio vero e proprio tra l’allora giovane intellettuale francese e lo scienziato; l’ultima è uno scritto di Lorenz significativamente intitolato “Patologia della civiltà e libertà della cultura”.Molto opportunamente, riassumendo il pensiero di Lorenz, de Benoist rileva che mentre i fautori del materialismo pratico vedono nell’uomo soltanto la dimensione biologica e gli spiritualisti lo riducono alla sua dimensione spirituale, per gli etologi egli non è assolutamente unidimensionale, ma è il prodotto di tutte le dimensioni possibili e quindi la creatura più complessa che esista. Da qui alla polemica antiegualitaria il passo è breve. Posto che esistono indubbie differenziazioni nell’uomo e tra gli uomini, Lorenz così si esprime: «L’ineguaglianza dell’uomo è uno dei fondamenti ed una delle condizioni di ogni cultura, perché è essa che introduce la diversità nella cultura. Nella società umana, la divisione del lavoro è fondata su una differenza, un’ineguaglianza dei membri della società. Alla base di questa ineguaglianza vi è una differenza di capacità… Il fatto che siamo diversi è capitale, dal punto di vista dei valori. Sebbene si sia diversi, abbiamo gli stessi diritti fondamentali. Oggi uomo ha il diritto di sviluppare le facoltà che sono in lui… Il punto di vista egualitario è completamente antibiologico: gli uomini sono diversi dal momento del loro concepimento».È naturale che questa visione si scontri con gli apologeti del pensiero tecnomorfico e pseudo-democratico, che ripongono le loro aspettative nel salvifico avvento della tecnocrazia e della massificazione, i pilastri del “pensiero unico”. Lorenz invita a riscoprire il principio della selettività e della meritocrazia contro il riduzionismo egualitario, l’appiattimento delle personalità, il depotenziamento delle energie vitali. Le civiltà muoiono, dice Lorenz, quando i processo di parassitismo e di degenerescenza impoveriscono la forza di conservazione e di aggressività insite nell’uomo. Restare fedeli alla propria natura è la sola possibilità che l’uomo ha di sottrarsi all’imbarbarimento e alla soggezione alla costruzione di destini che contrastano con la sua natura. Ancora più esplicito Lorenz è nel saggio “Il declino dell’uomo”, opportunamente edito da Piano B, nel quale sostiene che la tecnocrazia crea una società iperorganizzata allo scopo di deresponsabilizzare la persona. Sul piano culturale, sostiene, viene a mancare la pluralità di opinioni e scambi reciproci che sono i fondamenti di qualsiasi processo creativo.Sicché la nostra epoca è assolutamente povera di creatività, se non vogliamo considerare questa nelle espressioni culturali, letterarie e artistiche dominanti, le cui scialbe prove – a parte qualcuna, ovviamente – sono destinate a individui che recepiscono la semplicità e l’ovvietà rifiutando ciò che è intrinsecamente complesso. È la civiltà che è minacciata, dice Lorenz, che approfondisce questa sua affermazione formulando una diagnosi assolutamente pertinente, avendo di vista la minaccia delle forme che minano le qualità e lo doti che «fanno dell’uomo un essere umano». Pochi, aggiunge, considerano come una malattia il declino del quale parla nel libro, e non si propongono di individuarne le cause. Accontentandosi dello sviluppo tecnico ed economico, l’uomo accetta passivamente di essere dominato da forze incontrollabili. E ciò è ancor più pernicioso per le generazioni future. «La gioventù di oggi – scrive – si trova in una situazione particolarmente critica. Se vogliamo stornare l’apocalisse che ci minaccia, dobbiamo risvegliare, soprattutto nei giovani, la sensibilità per i valori, per la bontà, per la bellezza: una sensibilità che è stata calpestata dalla mentalità scientista e dal pensiero tecnomorfo».Come se ne esce? Riprendendo il contatto più stretto con la natura, ricoprendo l’armonia del creato, praticando il culto delle differenze che solo può metterci al riparo dall’omologazione e dalla tirannia – diremmo oggi – del “pensiero unico”. Konrad Lorenz nella citata “Intervista” offre un esempio che può sembrare banale, ma non lo è, per recuperare una dimensione davvero umana: «Bisogna imitare i contadini, presso i quali tutto avviene in modo naturale: il bambino gioca ad imitare i suoi genitori e in questo modo si forma. Ho un amico contadino che è notevolmente rispettato dai suoi figli. Per una semplice ragione: fa le cose meglio di loro, e i figli cercano di farle bene quanto lui». Saggezza antica, saggezza di sempre. Il fondamento dell’autorità è nell’esempio. L’educazione a seguirlo è il metodo. L’oca Martina non seguiva Lorenz nello stagno di Altenberg insieme con la sua prole in fila ordinata? Il principio e il senso dell’umanità in un quadro idilliaco, fiabesco, che l’etologo ha proposto con la semplicità di un contadino austriaco a un’umanità frastornata da disumani meccanismi che la stanno risucchiando nel nulla.(“Il declino dell’uomo secondo il Premio Nobel Konrad Lorenz”, dal blog “La Crepa nel Muro” del 5 aprile 2018. I libri: Alain de Benoist, “Intervista sull’etologia”, Oaks editrice, 156 pagine, 14 euro; Konrad Lorenz, “Il declino dell’uomo”, Piano B, 232 pagine, 16 euro).Quando nel 1973 venne attribuito il Premio Nobel per la medicina e la fisiologia a Konrad Lorenz, “padre” dell’etologia, vi fu una sorta di sollevazione negli ambienti scientifici che non mancò di contagiare anche quelli politici. Il ricercatore austriaco, noto per le sue indagini del comportamento umano attraverso lo studio dell’istinto animale e dell’adattamento ambientale, era ritenuto un fautore dell’antiegualitarismo. Non gli vennero risparmiate accuse anche infamanti, ma nel contempo i suoi saggi di carattere antropologico oltre che quelli strettamente connessi alla sua materia venivano sempre più studiati al fine di comprendere la decadenza che Lorenz denunciava tanto nella sfera intima dell’uomo quanto nel mondo circostante. Al di là della “demonizzazione”, le opere di Lorenz s’imposero anche in ambito a lui non proprio favorevole soprattutto per merito di editori liberi come Adelphi, in Italia, che l’anno successivo pubblicò il libro di Lorenz di maggior successo, “Gli otto peccati capitali della nostra civiltà”, seguito da “L’altra faccia dello specchio”. In entrambi lo scienziato metteva l’umanità davanti dal suo non proprio luminoso destino determinato dagli squilibri demografici, dall’inquinamento atmosferico, dal depauperamento delle risorse naturali, dalla massificazione del consumi, dall’invadenza della tecnologia, fino a criticare appunto l’egualitarismo pervasivo del quale la struttura stessa delle megalopoli era lo specchio più evidente…
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Skripal, tutto falso: Londra perde la faccia, Gentiloni pure
Non hanno solo accusato, isolato e punito Mosca, con sanzioni e rappresaglie diplomatiche, sulla base di menzogne. Per poterlo fare, qualcuno ha quasi ucciso l’ex spia Sergeij Skripal e sua figlia, due persone intossicate a tradimento con il gas nervino. Ora le loro condizioni stanno migliorando: i due non sono più in pericolo di vita. Ma la notizia è un’altra: l’accusa contro i servizi segreti di Putin sta crollando, rivelandosi una immane “fake news” di Stato, per coprire un auto-attentato “false flag” mal riuscito. Devastante l’ammissione del direttore di Porton Down, i laboratori militari britannici per le armi chimico-batteriologiche: non c’è prova che il Novichock usato (o che sarebbe stato usato) contro Skripal fosse di origine russa. Il punto è che il ministro degli esteri britannico Boris Johnson aveva assicurato, in un tweet del 22 marzo e subito diffuso nel mondo, che «analisi condotte al laboratorio di scienza e tecnologia bellica di Porton Down da esperti di livello mondiale hanno appurato che si tratta dell’agente nervino militare Novichok prodotto in Russia». Il governo, sottolinea Maurizio Blondet, aveva impegnato la parola dei suoi scienziati di fama mondiale senza averli interpellati, e prima ancora che conducessero le indagini. E non è tutto: lo stesso Johnson ha cercato di cancellare il tweet del 22 marzo, negando di aver sostenuto che il nervino fosse d’origine russa, benché sia ancora sul web una sua intervista a “Deutsche Welle” dove afferma «categoricamente» che Porton Down aveva riconosciuto il veleno come russo.Del resto, aggiunge Blondet sul suo blog, hanno ancora cancellato neppure la “dichiarazione di guerra” dell’ambasciatore britannico a Mosca, Laurie Bristow, che il 22 marzo aveva convocato la stampa estera per confermare l’accusa. «Boris Jonson ha molte domande a cui dovrà rispondere», dice ora detto Jeremy Corbyn, il leader dell’opposizione laburista, che da settimane era sotto un inverosimile uragano di attacchi e insulti da parte dei media britannici (da “traditore” ad “antisemita”) per essersi rifiutato di unirsi al coro di condanne senza prove. Adesso tutti vedono che Corbyn aveva ragione: il governo May cadrà? Ma intanto 28 Stati occidentali, fra cui 15 dell’Unione Europea, si sono uniti all’accusa del tutto infondata abbandonandosi ad espulsioni in massa di diplomatici russi. Per bocca di Donald Tusk e Federica Mogherini, l’Ue ha dichiarato il suo appoggio assoluto al Regno Unito nelle sue false accuse, e la stessa Nato ha espulso sette addetti russi e rifiutato l’accredito a nuovi membri dello staff. «In pratica – osserva Blondet – tutte le nazioni occidentali hanno trattato la Russia da Stato canaglia, Stato criminale, paria delle nazioni, da appestato; hanno comminato nuove e più gravi sanzioni. Senza mai dar credito, nemmeno per un attimo, alle proteste russe di estraneità».E’ andata in scena «una spaventosa prova di aggressività demente, di inciviltà nei rapporti internazionali, che non poteva che preludere a qualche gravissima azione o provocazione bellica, tanto era palesemente mal fondata fin dalle prime fasi». Tanto più spaventosa, aggiunge Blondet, «perché tutti i media mainstream si sono uniti alla canea di accuse, con la bava alla bocca». Uno spettacolo inquietante: «Abbiamo avuto qui una prova dal vivo della criminosa irresponsabilità e del delirio di cui sono capaci i poteri forti, della loro attitudine al pericoloso sragionare in coro dei nostri politici, come ad un segnale convenuto, obbedendo ad automatismi di cui non scorgiamo l’origine, e per questo fanno più paura». Scherza col fuoco, l’Occidente: il governo cinese ha esplicitamente giudicato con sdegno questo comportamento incivile, sul piano internazionale, da parte di europei e statunitensi. E che l’abbia giudicato allarmante lo conferma la visita a Mosca, il 3 aprile, di una delegazione cinese capeggiata dal ministro della difesa Wei Fenghe, il quale ha detto ad alta voce: «La parte cinese è venuta ad informare gli americani di quanto siano stretti i legami tra le forze armate russe e cinesi». Un linguaggio senza edulcorazioni, chiaro e netto: «Quello che Pechino giudica il solo adatto ai gangster occidentali», avverte Blondet.Il punto è che, adesso, nessuno in Europa si sta scusando con Putin per questa «delinquenziale falsità, di cui non sappiamo ancora lo scopo vero». Gentiloni e Alfano? Pur “uscenti”, si sono vilmente accodati: hanno espulso due diplomatici russi, in ossequio alle menzogne di Londra. «Mogherini e Donald Tusk, Macron e Stoltenberg, Merkel, sono in grado di ammettere pubblicamente il loro errore – peggio che errore, solidarietà in una menzogna e complicità in un “false flag”? Per aver inscenato tutti insieme, delinquenti, una provocazione gravissima che solo la fermezza e i nervi d’acciaio di Putin e Lavrov hanno evitato di far precipitare in un conflitto armato, come era probabilmente nei piani di lorsignori?». Blondet è pessimista: «Non credo sapremo mai a cosa mirassero questi delinquenti che ci governano, recitando questa scenata. Forse a preparare una rivincita in Siria? Forse ad allargare fino a rendere irreversibile la frattura fra Russia ed Europa, mira storica della “geopolitica” britannica da McKinder?». Purtroppo, aggiunge Blondet, ci sono dei precedenti «altrettanto inspiegati, risalenti al 1994.Su un aereo proveniente da Mosca, ricorda Blondet, il 10 agosto di quell’anno la polizia di Monaco di Baviera “trovò” 363 grammi di plutonio. «Ovviamente, si scatenò un attacco concertato, da parte dei politici e dei media, sul presunto “commercio del terrore” che veniva dai mal guardati reattori nucleari sovietici; da cui malviventi evidentemente trafugavano plutonio (plutonio!) da vendere sul mercato del terrore». Questo clamore, osserva il giornalista, contribuì a far vincere le elezioni ad Helmuth Kohl. Ci volle quasi un anno di tempo prima che lo “Spiegel” uscisse con la vera storia: sull’aereo russo, il carico di plutonio era stato “piazzato” dai servizi di spionaggio tedeschi (Bnd). A quale scopo? «Varie serie di “rivelazioni” e “gole profonde” non fecero altro che rendere più complesso, e infine indecifrabile, il movente: un classico metodo di insabbiamento a cui in Italia dovremmo essere abituati, da Ustica al caso Moro», scrive Blondet. «Ovviamente ed italicamente, fu messa insieme anche una commissione parlamentare d’inchiesta sul caso – dopotutto sarebbe bene sapere come mai 336 grammi di plutonio fossero nelle disponibilità del Bnd – e come potete già indovinare, finì nel nulla. Il capo del Bnd fu mandato in pensione anticipata, e fu tutto».Non hanno solo accusato, isolato e punito Mosca, con sanzioni e rappresaglie diplomatiche, sulla base di menzogne. Per poterlo fare, qualcuno ha quasi ucciso l’ex spia Sergeij Skripal e sua figlia, due persone intossicate a tradimento con il gas nervino. Ora le loro condizioni stanno migliorando: i due non sono più in pericolo di vita. Ma la notizia è un’altra: l’accusa contro i servizi segreti di Putin sta crollando, rivelandosi una immane “fake news” di Stato, per coprire un auto-attentato “false flag” mal riuscito. Devastante l’ammissione del direttore di Porton Down, i laboratori militari britannici per le armi chimico-batteriologiche: non c’è prova che il Novichock usato (o che sarebbe stato usato) contro Skripal fosse di origine russa. Il punto è che il ministro degli esteri britannico Boris Johnson aveva assicurato, in un tweet del 22 marzo e subito diffuso nel mondo, che «analisi condotte al laboratorio di scienza e tecnologia bellica di Porton Down da esperti di livello mondiale hanno appurato che si tratta dell’agente nervino militare Novichok prodotto in Russia». Il governo, sottolinea Maurizio Blondet, aveva impegnato la parola dei suoi scienziati di fama mondiale senza averli interpellati, e prima ancora che conducessero le indagini. E non è tutto: lo stesso Johnson ha cercato di cancellare il tweet del 22 marzo, negando di aver sostenuto che il nervino fosse d’origine russa, benché sia ancora sul web una sua intervista a “Deutsche Welle” dove afferma «categoricamente» che Porton Down aveva riconosciuto il veleno come russo.
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Pallante: come salvarci dalla catastrofe globale della crescita
Così tenero, che si taglia con un grissino. Peccato che non si sia mai visto, in natura, un pesce che abbia la consistenza del budino. Eppure ha funzionato, la celebre pubblicità del tonno, perché viviamo in un mondo virtuale, inventato di sana pianta, plasmato da un pensiero “magico”: non valgono più le regole dell’universo, ma quelle fabbricate dalla neolingua della manipolazione. Lo sostiene Gianfranco Carpeoro, autore di saggi come “Summa Symbolica”. La tesi: il 90% delle nostre azioni è sapientemente pilotato, a nostra insaputa. In altri termini, lo dimostra anche Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita: il linguaggio comune trasforma i difetti in virtù, presenta i problemi come soluzioni. E’ un inganno, un trucco al quale abbocchiamo regolarmente, quando pensiamo che sia desiderabile (magari perché “si taglia con un grissino”) il cosiddetto “sviluppo sostenibile”. Un ossimoro: se lo sviluppo non è fisiologico – cioè a termine, come quello di un bambino o di una pianta – è qualcosa che fa male, che sega il ramo sul quale stiamo appollaiati. La parola “sviluppo” è diventata surreale, come il celebre tonno. E’ ormai sinonimo di crescita illimitata, innaturale, cancerogena. Abbellirla con l’ipocrita aggettivo “sostenibile” significa solo prolungare il decorso del male: morte lenta.L’unica terapia? Fermare la crescita tumorale delle merci. Serve qualcosa di enorme, paragonabile alla Rivoluzione Industriale, ma di segno opposto. Valori da capovolgere: il “tanto-avere” è il grande nemico del “ben-essere”. Nel suo ultimo saggio, che definisce “un manifesto politico e culturale”, Pallante denuncia il capitalismo industriale degli ultimi 250 anni. Una forza tellurica eversiva, segnalata da Marx come pericolo: se prima il denaro era solo un mezzo per scambiare merci, è diventato l’unico fine dell’intero ciclo economico. E’ Keynes, nel 1931, il primo a parlare di “disoccupazione tecnologica”: scopriamo sempre nuovi sistemi per «risparmiare forza lavoro», senza riuscire a ricollocarla. Succede perché siamo avidi, dice Pallante: riducendo l’orario di lavoro, l’innovazione di processo non comprometterebbe l’occupazione. Al contrario: sarebbero le macchine a lavorare per noi. Il guaio? Il nostro obiettivo non è vivere bene, in armonia con gli altri e con il pianeta. Vogliamo solo avere tanti soldi, costi quel che costi. Alle conseguenze, semplicemente, non pensiamo: la guerra sociale, la predazione globale delle risorse, il collasso della biosfera. Il paziente è grave: consuma più di quanto la Terra possa dargli. Ogni anno la “deadline” si accorcia: prima del Duemila la linea rossa veniva superata a ottobre, poi a settembre. Ora siamo “in riserva”, ogni anno, già dal mese di luglio.Non ci vuole un indovino per intuire che di questo passo andremo a sbattere. L’emissione di anidride carbonica non smaltibile dalla fotosintesi vegetale è quasi raddoppiata, sugli oceani galleggiano “continenti” di plastica, il pesce s’è dimezzato, il clima terrestre sta per raggiungere i 2 gradi sopra la soglia di sicurezza. E non abbiamo ancora visto niente: si calcola che interi paesi, come il Bangladesh, saranno sommersi. Noi che facciamo? Niente. Anzi, peggio: acceleriamo la corsa verso lo schianto. La globalizzazione violenta del mercato, dice Pallante, riproduce su scala mondiale quanto avvenne con la Rivoluzione Industriale: masse ingenti di contadini e artigiani sradicate dai loro territori e trasformate in folle di profughi economici. Obiettivo: accrescere la platea dei consumatori di merci superflue. Esaurite le capacità dell’Occidente, si punta al resto del mondo. Interi continenti da depredare di materie prime a basso costo, attraverso guerre coloniali permanenti. Decine di paesi devastati, dai quali non resta che scappare. Il sistema li accoglie a braccia aperte, i migranti che ha messo in fuga: diventeranno nuovi consumatori e contribuenti, in termini di tasse e versamenti pensionistici, senza contare il loro sfruttamento schiavistico e il business criminale che specula sull’accoglienza, mortificando la solidarietà di migliaia di volontari.Proprio la mano tesa, offerta ai rifugiati, rivela che la vittoria del mostro (da noi stessi alimentato ogni giorno) non è ancora definitiva. Sopravvivono religioni, cresce a vista d’occhio la fame di spiritualità. In modo spesso confuso, si va in cerca di valori. «Nelle società che hanno finalizzato l’economia alla crescita della produzione di merci e appiattito gli esseri umani sulla dimensione materialistica – scrive Pallante – la valorizzazione della dimensione spirituale è un atto di disobbedienza civile». Consente di recuperare la solidarierà «non solo tra gli esseri umani, ma tra tutti i viventi», e arricchisce la pulsione all’uguaglianza di un profilo anche esistenziale. Cosa manca? Una politica, capace di aggregare milioni di individui per invertire il corso degli eventi, scongiurando la catastrofe. Destra e sinistra? Un lungo equivoco. E’ lo stesso Hayek, nume tutelare dei criminali architetti dell’austerity europea, a chiarire che il liberalismo non è stato conservatore, ma rivoluzionario. La sinistra ha arrancato dietro al capitale, cercando solo di distribuirne i profitti in modo più largo. Ma, secondo Pallante, persino l’ossigeno del deficit teorizzato da Keynes è controproducente: siamo al punto in cui – come predetto dal Club di Roma, cioè dal Mit di Boston – ogni espansione dei consumi ci accorcerebbe ulteriormente la vita.Come se ne esce? In un solo modo: tagliando il Pil. Decrescita infelice? No: selettiva. Nel mirino, gli sprechi. Non la barzelletta delle auto blu, ma cifre spaventose, che valgono intere finanziarie: la sola riconversione ecologica degli edifici farebbe crollare di 2/3 la spesa energetica nazionale, creando un oceano di posti di lavoro (utili) e abbattendo in modo vertiginoso l’impatto ambientale. Nel gelido Nord Europa c’è chi vive in “case passive” tecnologicamente avanzate, senza riscaldamento convenzionale, a emissioni zero. Noi invece siamo ancora impelagati nelle guerre geopolitiche per i gasdotti, come se vivessimo all’inizio del ‘900. Le ultime elezioni italiane hanno rottamato la vecchia politica e in particolare la sinistra? Ovvio: proprio la sinistra ha abbandonato i territori che storicamente si era candidata a tutelare. In ordine sparso, si va organizzando localmente un arcipelago di comunità fondate sulle filiere corte, ancora senza rappresentanza istituzionale. Riuscirà a nascere un partito che punti alla sostenibilità dell’economia, anziché all’impossibile “sviluppo sostenibile”? Matematica: benché “sostenibile”, cioè con minor impatto immediato sull’ecosistema, qualsisasi “sviluppo” (crescita illimitata) diventa comunque insostenibile alla distanza, perché farà crescere consumi superflui e veleni.«E’ l’equivoco delle rinnovabili: sono meno impattanti oggi, ma quell’energia “verde” aggraverà il bilancio ecologico domani, se ci sarà ancora “sviluppo”». L’alternativa? Vivere benissimo e diventare tutti ricchissimi: non per forza di denaro, ma di beni (prodotti con “valore d’uso”, anziché merci “usa e getta”). Nel suo libro – densamente argomentato e documentato, numeri alla mano – Pallante ammette che il suo pensiero è necessariamente eretico, di fronte al non-pensiero del “mercato”. «La decrescita selettiva degli sprechi – insiste – è l’unica via d’uscita a una crisi che da troppo tempo genera problemi al sistema economico e sofferenze umane gravissime». Mentre la disoccupazione ci devasta, nessuno mette in cantiere le attività utili, quelle adatte ad affrontare la crisi sociale e l’emergenza ambientale. «Una società che non fa lavorare chi vorrebbe farlo e non commissiona i lavori più necessari, che ripagherebbero i loro costi con i risparmi che consentono di ottenere, è profondamente malata. E la sua malattia è causata dalla diffusione dell’idea assurda che lo scopo dell’economia sia la crescita del Pil. Prima ce ne liberiamo e meglio sarà».Inutile spiegarlo agli oligopolisti del denaro, i ras della finanza che stanno schiantando il pianeta alla velocità della luce. Dovranno essere i molti, non i pochi, a disertare dall’esercito del Pil, additando questo “sviluppo” come il vero nemico di un’umanità ancora intenzionata ad abitare la Terra. E’ in arrivo un cataclisma definitivo o sarà ancora possibile metter mano al nostro destino, fermando la corsa verso il baratro? Dipende da noi, secondo Pallante, che intanto propone di uscire dal grande imbroglio della fiction mainstream. Svegliarsi: rottamare il culto di vocaboli-totem come progresso, modernità e innovazione. Continuare a scambiarli per sinonimi di miglioramento, sostiene, significa restare prigionieri di un inganno saguinoso, ormai esiziale per le sorti della società e del pianeta. Tornare all’antico? Al contrario: «Occorre utilizzare l’enorme patrimonio scientifico e tecnologico delle società industriali», non più per incrementare la produttività e la produzione di merci, ma «per sviluppare le tecnologie che aumentano l’efficienza con cui le risorse della Terra vengono trasformate in beni». Raffinate tecnologie, che riducono gli sprechi, tagliano le emissioni e recuperano i rifiuti.Oggi, insiste Pallante, difendere la democrazia significa affrontare i problemi creati dalla gobalizzazione: «Occorre porre al centro della politica economica l’autosufficienza alimentare ed energetica». Filiere corte, dall’energia al cibo. Parola d’ordine: «Rilocalizzare tutte le attivitù produttive che rispondono ai bisogni fondamentali della vita e possono essere svolte più vantaggiosamente a livello nazionale che a livello globale». Settori d’impiego teoricamente infiniti: basterebbe «ristrutturare ecologicamente il patrimonio edilizio, rinaturalizzare il paesaggio, ripulire i fiumi, rifare le reti idriche che perdono mediamente il 65% dell’acqua». Solo così, conclude Pallante, si può rianimare l’economia creando lavoro “utile”, che risana l’ecosistema. Serve un nuovo umanesimo, un patto tra comunità consapevoli: «Occorre ridare slancio alla convinzione che il lavoro di ognuno può contribuire in maniera determinante al benessere di tutti», restituendo un futuro ai giovani e alle generazioni a venire. Utopia? Sì, necessaria e urgente. Non c’è più tempo per i sogni, serve una politica operativa basata su un paradigma opposto a quello della crescita, cieca e suicida. Anche perché l’alternativa è già scritta: siamo noi, il famoso tonno da tagliare con un grissino.(Il libro: Maurizio Pallante, “Sostenibilità equità solidarietà”, sottotitolo “Un manifesto politico e culturale”, Lindau, 185 pagine, 16 euro).Così tenero, che si taglia con un grissino. Peccato che non si sia mai visto, in natura, un pesce che abbia la consistenza del budino. Eppure ha funzionato, la celebre pubblicità del tonno, perché viviamo in un mondo virtuale, inventato di sana pianta, plasmato da un pensiero “magico”: non valgono più le regole dell’universo, ma quelle fabbricate dalla neolingua della manipolazione. Lo sostiene Gianfranco Carpeoro, autore di saggi come “Summa Symbolica”. La tesi: il 90% delle nostre azioni è sapientemente pilotato, a nostra insaputa. In altri termini, lo dimostra anche Maurizio Pallante, teorico italiano della decrescita: il linguaggio comune trasforma i difetti in virtù, presenta i problemi come soluzioni. E’ un inganno, un trucco al quale abbocchiamo regolarmente, quando pensiamo che sia desiderabile (magari perché “si taglia con un grissino”) il cosiddetto “sviluppo sostenibile”. Un ossimoro: se lo sviluppo non è fisiologico – cioè a termine, come quello di un bambino o di una pianta – è qualcosa che fa male, che sega il ramo sul quale stiamo appollaiati. La parola “sviluppo” è diventata surreale, come il celebre tonno. E’ ormai sinonimo di crescita illimitata, innaturale, cancerogena. Abbellirla con l’ipocrita aggettivo “sostenibile” significa solo prolungare il decorso del male: morte lenta.
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Della Luna: noi e il cantiere (zootecnico) del pensiero unico
Gigantesco, industrioso, immane. E’ uno dei più cospicui fenomeni del nostro tempo. Marco Della Luna lo chiama: il cantiere del pensiero unico globalizzato. Ci sono committenti, architetti, sacerdoti e guardiani. Rendono prevedibili e pilotabili i comportamenti sociali nel mondo super-accelerato e conflittuale in cui viviamo. Manovrando l’industria culturale (entertainment compreso), il capitalismo finanziario «ha creato un’ortodossia, un pensiero obbligato, mainstream, scientifically correct». Uno strumento che, di qualsiasi cosa parli, «delegittima, isola o criminalizza – cioè praticamente scomunica, espelle dalla società conformata – non solo il pensiero divergente dall’ortodossia, ma la stessa libera indagine scientifica, economica e storiografica». Missione titanica: plasmare la società, cioè noi. Usa la storia e l’economia, l’integrazione europea e l’euro, l’immigrazione e l’Islam, le diversità etniche e l’identità sessuale, e da ultimo «le asserite efficacia e innocuità dei vaccini obbligatori». Su queste cose, sottolinea Della Luna, sono state costruiti “protected beliefs”, credenze protette dal dogma. E guai a chi sgarra: per i trasgressori c’è l’isolamento, la punzione economica, persino il carcere.Il dissenso rispetto all’ortodossia, e la stessa libera indagine scientifica e storica di quelle credenze, scrive Della Luna nel suo blog, sono atteggiamenti inammissibili, «sanzionati con la delegittimazione morale, il boicottaggio della carriera, la discriminazione amministrativa, l’esclusione dei media, dall’insegnamento, dall’editoria, quando non anche da conseguenze penali». I dati di fatto smentiscono l’ortodossia? Non importa: «Vengono taciuti all’opinione pubblica, soprattutto nei campi chiave per l’orientamento del pensiero e della sensibilità collettivi, della concezione generale della realtà, del consenso politico, della legislazione e della giurisdizione». Anche la ricerca scientifica è «condizionata, limitata e incanalata attraverso il controllo finanziario della stampa specialistica, delle università, della ricerca, dell’editoria». Per Della Luna, avvocato e saggista, si è così ottenuta una sostanziale limitazione della libertà di ricerca, di insegnamento, di informazione pubblica – limitazione che, di fatto, «previene grande parte del possibile dissenso». Attenzione: «L’imposizione di un’ortodossia è incompatibile con la scienza, perché la scienza procede proprio per continua revisione, verificazione, falsificazione, ed è incompatibile con l’indiscutibilità». Dunque, l’ortodossia «serve a proteggere dal controllo scientifico le credenze che sostengono posizioni di privilegio e sfruttamento».E’ un sistema basato sul dominio, con i suoi guardiani: «Le posizioni politiche che mettono in luce e contestano il trend di progressivo trasferimento dei redditi e della ricchezza dai lavoratori alla finanza improduttiva – scrive Della Luna – sono tutte etichettate, dalla grande comunicazione, come populiste-estremiste, se non peggio», mentre sono definiti “di sinistra” partiti come il Pd in Italia, che «difendono la concentrazione dei redditi e del potere politico nelle mani dei grandi banchieri, quando non sono addirittura diretti da figli di banchieri molto discutibili o addirittura incriminati». Secondo Della Luna, «l’uomo non è una grande risorsa per i suoi ideali di giustizia, verità, libertà: pur di non guardare in faccia la realtà e non doversi addossare responsabilità, la maggior parte della gente adotta credenze assurde e rinuncia alla libertà, arrivando a pagare, a stordirsi, a compiere cose degradanti». C’è chi vorrebbe suscitare un movimento rivoluzionario e moralizzatore? Vorrebbe puntare sulla diffusione della conoscenza, illuminando decisivi aspetti della realtà? Tutte illusioni, sostiene il pessimista Della Luna.Siamo tornati all’antico potere sacerdotale, avverte il saggista: «I cleri di molte civiltà si arricchivano e acquisivano potere politico facendo credere al popolo che, per far sì che gli dèi mandassero la pioggia e proteggessero dalle pestilenze e dalle carestie, bisognasse fare grandi donazioni in sacrificio ai templi e obbedire ai grandi sacerdoti». Oggi, afferma Della Luna, svolge una funzione analoga «la credenza istituzionalizzata (cioè la religione) della scarsità della moneta e della indispensabilità per gli Stati di indebitarsi per finanziarsi». Nel saggio “Pensare altrimenti”, il filosofo Diego Fusaro scrive che il capitalismo finanziario, per realizzare il proprio sistema di profitto, ha necessità di farsi pensiero totalitario, unico, quindi di eliminare ogni identità umana differenziale e ogni valore diverso da quelli di scambio, così come ogni vincolo morale, comunitario, etnico, culturale e spirituale, insieme a ogni concezione alternativa dell’uomo e dell’ordinamento esistente, perché ostacolerebbero la “onnimercificazione” e la immediatezza del business.Il nuovo business, aggiunge Fusaro, vuole che ogni qualità sia riducibile a quantità, e che tutto e tutti siano costantemente disponibili on line per le operazioni di mercato (e di sorveglianza), in un processo di omogeneizzazione e riduzione del qualitativo al quantitativo che ammette solo i flussi di scambio, non i soggetti che se li scambiano. Questo produce un effetto ultimamente entropizzante e mortifero, cioè nullificante: «Illumina l’accostamento che Fusaro fa di questo processo all’avanzare del Nulla che divora il fantastico mondo del famoso film “La storia infinita”», annota Della Luna. Per compiere questa eliminazione, soprattutto nei cosiddetti “gloriosi 30” (i decenni della grande crescita e redistribuzione economica «apparentemente democratica»), il sistema ha sviluppato in modo pianificato «la demolizione della consapevolezza di classe attraverso il consumismo: col quale le classi subalterne hanno assimilato i valori di quelle dominanti e si sono moralmente neutralizzate nonché politicamente castrate».Al contempo, ha prodotto la relativizzazione e l’inversione dei valori e delle istituzioni tradizionali, «assieme a un complesso processo di censura e “tabuizzazione del dissenso”, del pensiero diverso (circa le cose che contano, soprattutto degli scopi dell’esistenza) e delle stesse parole che servono per esprimere la critica al capitalismo finanziario». Imperialismo, colonialismo, plutocrazia, conflitto servi-padroni: «Sono vocaboli fondamentali per rappresentarsi le operazioni e le realtà del nostro mondo», in cui le guerre di conquista per il petrolio e le altre risorse, e per l’imposizione del dollaro come moneta obbligata degli scambi di materie prime, «vengono legittimate come esportazione della democrazia, lotta al terrorismo e tutela dei diritti dell’uomo». Parole necessarie, continua Della Luna, e quindi «tolte dalla comunicazione per l’opinione pubblica, e sostituite con altre parole opportunamente scelte». E’ la “neolingua” orwelliana: invertire il significato delle parole, restringere il lessico per ridurre i concetti e produrre così il consenso al sistema. Lo si ottiene, oggi, con il lancio mirato di milioni di email e tweet, nonché «campagne di criminalizzazione, di allarmismo, di ottimismo» dirette a manipolare la mente e il comportamento collettivo, in ambito politico e finanziario.«Con quest’arma ci si può liberare di intellettuali dissenzienti e delle loro idee o rivelazioni, come pure di concorrenti commerciali e politici, creando l’apparenza che la società stessa, democraticamente, li condanni o ne diffidi, mentre si tratta dell’attacco di un singolo soggetto, moltiplicato per milioni mediante strumenti tecnologici». Così per tutto. La ricerca scientifica? Vincolata ai finanziamenti del capitalismo privato e del settore militare. Conseguenze: «note e terribili, nei campi sanitario e alimentare». E l’ideologia gender, introdotta sin dal ‘96 anche attraverso l’Ue? «Persino dati di fatto biologici, come la dualità dei sessi, vengono negati e “tabuizzati” in quanto dati di natura, immodificabili, e convertiti in convenzioni-costruzioni volontarie, ossia in prodotti, così da creare il mercato dei trattamenti per sviluppare un gender», ovvero: «Trattamenti ormonali per sospendere la sessuazione nei fanciulli rinviandola a quando potranno scegliere se diventare maschi o femmine», e anche «condizionamenti psicologici per indurre identificazioni e prassi di “gender” divergenti dall’appartenenza sessuale biologica».La “destra del capitale” (come la chiama Fusaro), si serve di una censoria “sinistra del costume” (ottusa o mercenaria) che è stata allocata negli spazi e gli organi “culturali” (sovrastruttura) per oscurare, delegittimare, criminalizzare e attaccare, talvolta persino con la violenza fisica, i critici strutturali del modello capitalista, vantandosi “antifascista” «ma di fatto esercitando, in modo tipicamente fascista, la proscrizione e repressione dei critici del sistema, senza confronto nel merito ma semplicemente mediante accuse di immoralità, estremismo, populismo o irrazionalismo, nonché di fake news». Non sempre funziona: le elezioni del 4 marzo 2018 – aggiunge Della Luna – hanno dimostrato che larga parte dell’elettorato ha rigettato la propaganda istituzionale pro-immigrazione e pro-eurocrazia. Nei suoi saggi, l’autore demistifica soprattutto i dogmi fondanti del sistema capitalistico, della sua legittimazione giuridica e del consenso che lo sostiene: scarsità-costosità della moneta, efficienza-esistenza del libero mercato, “virtuosità” della spesa pubblica e della riduzione dei debiti nazionali (mediamente cresciuti, non calati, proprio per effetto del rigore fiscale Ue). «Ma siccome queste sono una credenza protetta, non possono essere messe a confronto col loro fallimento di fatto».In grande maggioranza, sostiene Fusaro citando Etienne de la Boétie, la popolazione tende ad adattarsi cognitivamente, moralmente ed emotivamente allo stato di fatto della realtà, ai rapporti di potere effettivi, «perché pensare l’ingiustizia del potere che si subisce rende il subirla più afflittivo e tormentoso, senza apportare vantaggi». In altre parole: meglio non guardarla in faccia, una realtà così orrenda. L’industria culturale del capitalismo finanziario aiuta, eccome, a non aprire gli occhi: agisce «analogamente ma assai più efficacemente di ogni altro totalitarismo precedente, teocratico, comunista o fascista che fosse». Ha costruito e imposto una sua ortodossia, ha fabbricato un consenso, una legittimazione democratico-giuridica. E ha ottenuto che il “logos” dissenziente, cioè la consapevolezza dell’ingiustizia (dell’illogicità e dell’infelicità provocata dal sistema in atto, e della progettabilità di sistemi diversi) possa circolare solo tra pochi intellettuali indipendenti, marginali al potere, senza poter alimentare un movimento politico consistente ed efficace. Quand’anche, aggiunge Della Luna, non si andrebbe oltre qualche piccolo attrito, «perché la capacità repressiva del sistema, col suo apparato mediatico-militare-istituzionale, è immensa».Del resto, «la quota di potere reale messa in gioco nelle votazioni popolari è minima». Chi vota, può decidere pochissime cose. Della Luna l’ha spiegato in saggi come “Oligarchia per popoli superflui” e “Oltre l’agonia”: il pensiero unico è pervasivo, fortissimo. «E’ di gran lunga più capace che ogni altro sistema di legare a sé le persone, le aziende, i governi», proprio perché «più di ogni altro sistema produce e distribuisce mezzi monetari», che sono «il motivatore universale», e lo fa «con operazioni contabili che indebitano verso di esso, con interesse composto, le persone, le aziende, i governi (denaro-debito)». E quindi, nel finanziare il corpo sociale – cioè nel dargli volta per volta il denaro di cui questo necessita per funzionare – al contempo lo indebita verso di sé, creandogli la necessità di prendere ulteriore denaro a prestito (il cosiddetto “debito infinito”, i cui leader sono i produttori della moneta, cioè i vertici del sistema finanziario). «E’ un fattore matematico ineliminabile. E questa dipendenza è divenuta non solo economica, nel tempo, ma anche politica». Il vertice finanziario emana le direttive e detta le leggi: è il fondamento del potere politico. L’attività strategica dei “produttori di denaro”, insiste Della Luna, rappresenta «il core business del settore bancario», che opprime le nazioni indebitate.«Siamo evidentemente in presenza di un piano politico di lungo termine, ovviamente non dichiarato e non proposto al pubblico dibattito né menzionato o menzionabile nei programmi elettorali dei partiti politici». Per Della Luna, è in corso da decenni «un piano di indebitamento progressivo a fine di potere politico e di esautorazione delle istituzioni pubbliche». Si basa sul fatto che gli utenti del credito (cittadini, aziende, amministratori, politici) si accontentano di risolvere il problema finanziario immediato ottenendo un nuovo finanziamento, senza considerare «l’effetto cumulativo macroeconomico del finanziarsi ripetutamente a credito nel lungo e lunghissimo periodo». Ed è proprio questo l’obiettivo dell’operazione. Il piano «viene nascosto, dai suoi stessi esecutori, dietro i precetti della lotta al debito pubblico, dell’avanzo primario e della “virtuosità” di bilancio – precetti la cui applicazione ha infatti aumentato l’indebitamento pubblico verso la comunità bancaria internazionale, come volevano i loro fautori». Indebitamento che, su scala mondiale, supera i 260.000 miliardi di dollari. In Europa, un muro insormontabile grazie alla moneta unica (Della Luna ne parla in “Cimiteuro”, “Euroschiavi”, “La moneta copernicana”).E’ il “social control”, sintetizza Della Luna, il vero obiettivo di fondo dell’oligarchia finanziaria globale. Il profitto monetario? «E’ solo uno strumento», benché formidabile e con volumi mostruosi. Invece, «gestire un mondo in preda a squilibri e conflitti crescenti è molto più impegnativo». Secondo l’analista, questo richiede il passaggio già in corso: «Dalla società finanziarizzata alla società amministrata zootecnicamente». E’ drastico, Della Luna: «All’atto pratico – scrive – lo spazio di libertà degli uomini è sempre stato proporzionale alla loro capacità fisica e mentale di conquistarselo e difenderlo, ossia di resistere alla tendenza a controllarli e sfruttarli da parte del potere costituito». La libertà individuale? Non è altro che «un rapporto tra la forza di controllo dall’alto e quella di resistenza ad essa dal basso». Oggi, conclude, la tecnologia sta moltiplicando la prima rispetto alla seconda. In ogni campo: dalla comunicazione all’elettronica, della biochimica alla manipolazione genetica per via farmacologica. Contiamo sempre meno, saremo sempre più in gabbia. Zootecnia, appunto: «Gli spazi di libertà vanno ad azzerarsi».Gigantesco, industrioso, immane. E’ uno dei più cospicui fenomeni del nostro tempo. Marco Della Luna lo chiama: il cantiere del pensiero unico globalizzato. Ci sono committenti, architetti, sacerdoti e guardiani. Rendono prevedibili e pilotabili i comportamenti sociali nel mondo super-accelerato e conflittuale in cui viviamo. Manovrando l’industria culturale (entertainment compreso), il capitalismo finanziario «ha creato un’ortodossia, un pensiero obbligato, mainstream, scientifically correct». Uno strumento che, di qualsiasi cosa parli, «delegittima, isola o criminalizza – cioè praticamente scomunica, espelle dalla società conformata – non solo il pensiero divergente dall’ortodossia, ma la stessa libera indagine scientifica, economica e storiografica». Missione titanica: plasmare la società, cioè noi. Usa la storia e l’economia, l’integrazione europea e l’euro, l’immigrazione e l’Islam, le diversità etniche e l’identità sessuale, e da ultimo «le asserite efficacia e innocuità dei vaccini obbligatori». Su queste cose, sottolinea Della Luna, sono state costruiti “protected beliefs”, credenze protette dal dogma. E guai a chi sgarra: per i trasgressori c’è l’isolamento, la punzione economica, persino il carcere.