Archivio del Tag ‘civiltà’
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Autopsia degli italiani: il nostro sistema-paese sta sparendo
Cos’hanno in comune le coppie che non vogliono avere figli, i ragazzi che se ne vanno all’estero, i pensionati che prendono la cittadinanza in paesi dove il costo della vita e delle tasse è più basso; oppure quanti rigettano i simboli viventi della vita italiana, dal crocifisso al presepe, quelli che chiedono di abbattere le frontiere e di lasciar entrare chiunque decida di vivere da noi e i censori che condannano chiunque voglia tutelare la nostra identità nazionale? Concorrono tutti, spesso a loro insaputa, al suicidio degli italiani o se preferite alla loro eutanasia. Corale, anche se spesso individuale. Molti di loro hanno buone ragioni personali, concrete e contingenti per le loro scelte e le loro rinunce. Non fanno figli perché si sentono precari, non hanno lavoro stabile né casa adeguata né sostegni di alcun tipo per metterli al mondo. Oppure vanno via dall’Italia perché qui non trovano lavoro, non vedono riconosciuti i loro studi, i loro meriti, la loro capacità. O ancora, abbandonano il paese perché sono tartassati e qui non ce la fanno a mantenere uno standard di vita adeguato, non si sentono garantiti come pensionati, temono la criminalità e sono disamorati del loro paese.Altri considerano l’Italia un corridoio umanitario, un luogo di transito e di approdo per chiunque voglia; reputano sacrosanto accogliere tutti, anche se sbarcati clandestinamente, perché sono umanitari, si mettono nei panni di chi parte, di chi arriva e sempre meno nei panni di chi fu, è o sarà italiano. O ancora: vogliono aprirsi al mondo e dar posto ad altri modi e modelli di vita, sono xenofili, desiderano le storie d’altri, sono stanchi delle proprie. Ragioni diverse tra loro, assolutamente non accorpabili e diseguali anche sul piano etico, diversamente rispettabili, ma il risultato è uno solo: si pongono mentalmente o fisicamente fuori dal loro paese, contribuiscono alla fine degli italiani, a cominciare da se stessi. Ciascuno a suo modo, spesso in buona fede e con le migliori intenzioni, stacca la spina all’Italia, concorre alla scomparsa degli italiani, si dimette da italiani o non ne garantisce la prosecuzione; accelera la cessazione della nazione e dell’identità collettiva. Per non dire dell’autodenigrazione nazionale e del diffuso vizio di rappresentare il mondo sempre a rovescio: i buoni sono quelli che vengono da fuori, i cattivi sono quelli di dentro.E tralascio la cornice di un paese in via di dismissione, marchi distintivi che vanno all’estero, aziende che chiudono, l’Italia che perde l’auto, il burro e l’acciaio, l’auto. Si cambia paese come si cambia gestore telefonico perché è più vantaggioso. Il dispatrio diventa solo una voltura. Sopravvivono come individui, come cittadini del mondo, come nomadi, utenti e consumatori, come esuli o profughi dal nostro paese, ma si cancellano come italiani, come famiglie, come abitati di una terra, di una città, scelgono l’evacuazione, la desertificazione, alimentano la sostituzione di popolo. Non riusciamo più a vedere le cose dal punto di vista sociale, comunitario, nazionale e tantomeno con lo sguardo storico e connesso al rapporto tra le generazioni; le vediamo solo dal punto di vista individuale, soggettivo, utilitario e contingente. O peggio, ideologico. Non riusciamo più a capire il senso storico di quel che stiamo vivendo e facendo, ci occupiamo solo dell’occasione del momento, siamo interamente immersi nella situazione, non siamo in grado di proiettare le scelte immediate nel futuro, di capirne gli effetti e di rapportarli al mondo circostante.Eppure sta avvenendo un processo storico importante e letale. È l’eutanasia di un popolo, di una nazione, di una civiltà. Ma se lo dici rischi pure di essere perseguitato a norma di legge come se la preoccupazione per la vita del tuo paese e del tuo popolo, fosse una forma di odio, di razzismo e di disprezzo nei confronti degli altri. È chiaro che l’italianità non si misura dal colore della pelle, e nemmeno da altri indicatori superficiali. Anzi, chi si affida solo a quelli già è estraneo allo spirito di una nazione, non capisce l’importanza di un’identità, di una cultura, di una tradizione nazionale. Ci sono bianchissimi e purissimi italiani che sono meno italiani nella testa e nel cuore di tanti altri, oriundi o sopraggiunti. Come si fronteggia il suicidio degli italiani? Innanzitutto assumendone coscienza, diventando consapevoli di quel che sta accadendo; poi cercando con realismo, senza velleità, possibili rimedi e possibili alternative ai percorsi ritenuti obbligati della deitalianizzazione in automatico; infine studiando, sollecitando e promuovendo iniziative, programmi, politiche, per rispondere al fenomeno e incoraggiarne la ripresa, a ogni livello.Invece non vedo niente di tutto questo, se non qualche scaramuccia di basso livello su qualche minchiata secondaria, come il caso Balotelli o poco altro. In particolare trovo sconfortante un’area politica che pure è maggioritaria nel paese ma si lascia dettare l’agenda dalla dittatura del politically correct e si limita a saltare o a non saltare al comando dei circensi. L’ultimo è stato il caso Segre, con la relativa commissione anti-odio, così prefabbricato. Prendete voi iniziative in senso inverso piuttosto che limitarvi a discutere se acconsentire, astenervi o respingere le iniziative altrui, nate al puro scopo di mettervi in difficoltà, spaccarvi e mantenere il bastone del comando, imponendo il loro canone. Anche perché nel caso in questione, non è in gioco una parte politica o una spicciola convenienza elettorale. È in gioco un popolo, una storia, una patria; il loro passato e il loro futuro.(Marcello Veneziani, “Il suicidio degli italiani”, da “La Verità” del 7 novembre 2019; articolo ripreso dal blog di Veneziani).Cos’hanno in comune le coppie che non vogliono avere figli, i ragazzi che se ne vanno all’estero, i pensionati che prendono la cittadinanza in paesi dove il costo della vita e delle tasse è più basso; oppure quanti rigettano i simboli viventi della vita italiana, dal crocifisso al presepe, quelli che chiedono di abbattere le frontiere e di lasciar entrare chiunque decida di vivere da noi e i censori che condannano chiunque voglia tutelare la nostra identità nazionale? Concorrono tutti, spesso a loro insaputa, al suicidio degli italiani o se preferite alla loro eutanasia. Corale, anche se spesso individuale. Molti di loro hanno buone ragioni personali, concrete e contingenti per le loro scelte e le loro rinunce. Non fanno figli perché si sentono precari, non hanno lavoro stabile né casa adeguata né sostegni di alcun tipo per metterli al mondo. Oppure vanno via dall’Italia perché qui non trovano lavoro, non vedono riconosciuti i loro studi, i loro meriti, la loro capacità. O ancora, abbandonano il paese perché sono tartassati e qui non ce la fanno a mantenere uno standard di vita adeguato, non si sentono garantiti come pensionati, temono la criminalità e sono disamorati del loro paese.
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Tellinger: noi, specie schiava degli Dei venuti dallo spazio
«Siamo stati creati o ci siamo evoluti? La verità sta probabilmente nel mezzo, ed è sconvolgente». Lo afferma UnoEditori, nell’annunciare l’uscita per l’Italia del libro di Michael Tellinger “Specie Schiava degli Dei” (titolo originale: “Slave Species of the Gods”) con la prefazione di Mauro Biglino. «Tellinger ci dimostra come l’uomo sia frutto di una manipolazione genetica effettuata da una specie aliena, gli Anunnaki, per realizzare la loro missione sulla Terra». Lo confermerebbero scoperte spiazzanti, come i fossili di “umanoidi”: quel che resta degli antichi Figli delle Stelle? Attraverso un’analisi meticolosa e comparativa di testi antichi (sumeri e biblici) con moderne conoscenze, secondo l’editore «emerge un affresco storico che ricostruisce l’epopea dell’uomo, la sua relazione di schiavitù con gli “dèi” e la sua possibile riscossa e liberazione». La deduzione è drastica: «La storia ufficiale è una menzogna necessaria a far sì che l’umanità rimanga nell’ignoranza per continuare a servire i creatori». Secondo Tellinger, la specie umana è il risultato di una manipolazione genetica: l’Homo Sapiens sarebbe un ibrido ottenuto dall’incrocio tra Anunnaki e Homo Erectus. Esiste una radice comune all’origine di tutte le civiltà della Terra, e i miti – è la tesi del libro – sono di fatto il riflesso archetipico di realtà storiche, di eventi realmente verificatisi. Quanto al denaro, «è stato inventato dagli Anunnaki come strumento di controllo della razza umana».
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Appello a Liliana Segre: la Commissione attenta alla libertà
Questo scritto è un appello alla senatrice Segre, al suo coraggio, alla sua lucidità. Una delle più gravi violazioni in atto dei principi fondamentali della Costituzione e della stessa civiltà occidentale è la limitazione ai diritti di informazione, di insegnamento e di ricerca scientifica voluta dal pensiero unico e dai suoi beneficiari. La pubblica informazione è in mano a cinque grandi agenzie mondiali, controllate da capitali privati, dedite al filtraggio delle notizie, delle analisi e al consolidamento di un pensiero unico liberista-mercatista-globalista; ad esse quasi tutti i giornalisti e i mass media si attengono, anche quelli pubblici. I docenti, anche quelli universitari, persino quelli di filosofia, ricevono dalla politica direttive ideologiche afferenti al pensiero unico, cui devono attenersi per conservare il posto, far carriera, aver visibilità. La ricerca scientifica, con la stampa scientifica, è in gran parte finanziata e controllata da capitali privati che contrattualmente si riservano la proprietà dei risultati e il diritto di decidere che cosa divulgare e che cosa no; in tal modo il capitale orienta la scienza, il suo insegnamento, la sua applicazione, dall’economia alla medicina;Ai medici in Italia è stato perfino vietato, sotto pena di radiazione, di esercitare il diritto di informazione dei pazienti sugli effetti dei vaccini obbligatori. Facebook esercita arbitrariamente il potere di oscurare i suoi utenti non allineati col pensiero unico (lo ha fatto anche a me, per un mese, durante la campagna elettorale europea). Imperversa la pratica del grievance-mongering, o vittimismo di mestiere, consistente nell’attaccare, isolare, licenziare, oscurare persone che hanno espresso le proprie idee o preferenze nel rispetto della legge, e che strumentalmente il vittimista accusa di averlo offeso nella sua sensibilità religiosa o etnica o razziale o sessuale. Tutto ciò costituisce un’aggressione organica, sistemica, strategica, alla stessa esistenza di una società basata sulle predette libertà, ed esigeva l’urgente costituzione di una Commissione parlamentare per la tutela delle medesime libertà. Invece, hanno fatto la Commissione Segre per il controllo discrezionale della comunicazione via Internet (con possibilità di censura, punizione e oscuramento), onde limitare ulteriormente la libertà di informazione e di pensiero, col pretesto della lotta a un estremismo politico e a un razzismo o suprematismo o sessismo che, sì, esistono e sono talvolta lesivi di beni giuridici riconosciuti, ma sono già puniti dalle leggi italiane e che non hanno, né possono avere in questa fase storica, la forza materiale per minacciare la società.L’istituzione della Commissione va vista e studiata insieme con altre due ‘riforme’: il tracciamento di ogni pagamento e versamento (con la costrizione a passare per una banca ad ogni transazione); l’imposizione di vaccinazioni di massa senza trasparenza sugli effetti reali dei prodotti inoculati (con l’Ema che vuole inserire dal 2022 le certificazioni vaccinali nei passaporti come condizione di validità). Le tre suddette riforme vanno comprese come strumenti fondamentali e integrati dell’attuale fase evolutiva del controllo sociale, basata essenzialmente: sulla manipolazione e modificazione diretta degli uomini, anche biologica e genetica, via farmaci, vaccini, alimenti; sul loro monitoraggio costante e capillare nelle idee, negli spostamenti, nel denaro; sulla possibilità di escluderli unilateralmente, con un click, dalle reti (comunicazioni, servizi, accesso al proprio denaro in banca).Lo statuto della Commissione Segre (andatevelo a leggere) è formulato in termini vaghi, indeterminati, ampiamente soggettivi e discrezionali, non limitati all’istigazione all’odio (…intolleranza, razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza nei confronti di persone o gruppi sociali sulla base di alcune caratteristiche quali l’etnia, la religione, la provenienza, l’orientamento sessuale, l’identità di genere o di altre particolari condizioni fisiche o psichiche), in modo che essa possa censurare, impedire e reprimere non solo e non tanto le istigazioni all’odio, ma la divulgazione di informazioni e analisi oggettive che possano, per le loro implicazioni, suscitare indignazione morale, “odio” nella Neolingua politically correct.Infatti, è facile equivocare tra indignazione e odio, accusare colui di diffondere odio colui che in realtà diffonde informazioni e commenti su inganni, soprusi, illegalità, tradimenti politici, maxi-truffe bancarie coperte dalle istituzioni, soprattutto in relazione al nuovo ordine globale e totalizzante, il quale delegittima come eresia ogni alternativa a sé stesso. L’ordine del capitalismo finanziario e del mercato (non libero, ma) manipolato, con tutti gli effetti sulla vita delle persone e delle società, è un ordine onnipervasivo, egemonizza l’intrattenimento, la cultura e la stessa contro-cultura (vedi il fenomeno Greta). Il totalitarismo capitalista non è funzionalmente diverso da altri totalitarismi, a quelli verso cui, per il pensiero unico, è lecito esprimere odio, come quello autore dello sterminio di milioni soggetti appartenenti a categorie-bersaglio, tra cui innanzitutto gli ebrei, compresi i familiari della senatrice Segre – la quale suppongo non abbia percepito per tempo i fini liberticidi a cui è stata strumentalizzata, ma ora può ben rimediare brillantemente. Gli ebrei, ricorrenti vittime della persecuzione contro la libertà culturale, sono pure storici paladini, nonché simbolo, della medesima!La Commissione Segre, nata da un testo della Boldrini e che dovrebbe chiamarsi commissione Boldrini ed è stata ridenominata ‘Segre’ solo per inibire le critiche, ha uno statuto che, con la sua vaghezza, la predispone: a prevenire e contrastare lo svilupparsi una coscienza dei gravissimi, attuali conflitti di classe e tra nazioni, e a tutelare così la falsa narrazione irenica (deconflittualizzata) del mainstream; a oscurare l’informazione sugli effetti perniciosi e, per l’appunto, ‘odiosi’ del liberal-globalismo, scoraggiando la critica sistemica ad esso; a contrastare il dissenso e il suo organizzarsi in opposizione politica e sociale, ossia a difendere il pensiero unico liberale, il consenso ad esso, ai suoi esecutori politici, economici e culturali, e alle loro riforme; a colpire ogni richiamo politico allo Stato nazionale, alla sua sovranità sulla moneta, sui confini, sulle scelte di modello socioeconomico, e alla responsabilità democratica verso il bene dei propri cittadini come funzione e dovere di tale Stato (tutte cose che l’ordine finanz-capitalistico è vigorosamente impegnato a smantellare e screditare, perché ostacolano l’ottimizzazione del mondo alle sue dinamiche anche demografiche).Molte notizie, in materia di economia, finanza, banche, immigrazione, potranno essere censurate perché idonee a suscitare indignazione sociale, che verrà ridefinita “odio” allo scopo predetto. Del resto, già gli antichi sentenziavano: veritas odium parit. Se lo scopo della Santa Commissione fosse onesto e non liberticida, se fosse diverso da quello che ho testé descritto, il suo statuto da un lato sarebbe stato garantista, cioè preciso e oggettivo nel definire, con riferimento al Codice Penale, le espressioni da colpire; e, dall’altro lato, avrebbe compreso la tutela dì diritti – questi sì costituzionalmente fondati – di opinione, informazione, ricerca e insegnamento, mediante l’individuazione e il contrasto a tutte quelle lesioni alla libertà di parola che ho menzionato in apertura. Senatrice Segre, affido a Lei l’iniziativa di questa alta difesa della Libertà!(Marco Della Luna, “Santa Commissione o Santa Inquisizione?”, lettera aperta alla senatrice Liliana Segre pubblicata sul blog di Della Luna il 4 novembre 2019, “per la difesa della fede nella narrazione”).Questo scritto è un appello alla senatrice Segre, al suo coraggio, alla sua lucidità. Una delle più gravi violazioni in atto dei principi fondamentali della Costituzione e della stessa civiltà occidentale è la limitazione ai diritti di informazione, di insegnamento e di ricerca scientifica voluta dal pensiero unico e dai suoi beneficiari. La pubblica informazione è in mano a cinque grandi agenzie mondiali, controllate da capitali privati, dedite al filtraggio delle notizie, delle analisi e al consolidamento di un pensiero unico liberista-mercatista-globalista; ad esse quasi tutti i giornalisti e i mass media si attengono, anche quelli pubblici. I docenti, anche quelli universitari, persino quelli di filosofia, ricevono dalla politica direttive ideologiche afferenti al pensiero unico, cui devono attenersi per conservare il posto, far carriera, aver visibilità. La ricerca scientifica, con la stampa scientifica, è in gran parte finanziata e controllata da capitali privati che contrattualmente si riservano la proprietà dei risultati e il diritto di decidere che cosa divulgare e che cosa no; in tal modo il capitale orienta la scienza, il suo insegnamento, la sua applicazione, dall’economia alla medicina.
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Il folle riconosce il mondo, il genio ci mostra com’è davvero
Il genio e il folle sono fratelli, forse gemelli. In entrambi il possibile eccede sul reale, ma nel pazzo il possibile sconfina nell’impossibile. Il genio non si accontenta del rapporto tra la realtà e la sua mente; stabilisce nuovi, più arditi contatti. Il pazzo invece ha perso quella relazione e va a ruota libera. Chesterton notava che il pazzo non è colui che ha perso la ragione ma chi ha perso tutto tranne la ragione: ha perso il rapporto col mondo reale. Genio e sregolatezza, si dice. Ma debordare dalle regole è un effetto della genialità, non è la prova del genio. La pazzia è l’emisfero in ombra dell’umanità, il lato b che percorre come una trama a rovescio la storia della civiltà, dell’arte, del pensiero e dei rapporti umani. Il sogno, il gioco, la fiction sono le dosi giornaliere di pazzia dei “savi”; quando la mente va in libera uscita e danza a corpo libero. Osate esser pazzi, esortava Papini. Come in una pulp fiction filosofica, artistica e letteraria scorre la divina pazzia di cui scriveva Platone e le tragedie greche da Eschilo a Euripide; la pazzia vissuta, studiata o narrata di Torquato Tasso ed Erasmo da Rotterdam, Cervantes con don Chisciotte e Shakespeare con Enrico IV, Hölderlin e Nietzsche, van Gogh e Ligabue, Dino Campana ed Ezra Pound, Pirandello e Strindeberg, Bukovski e Pessoa, Jaspers e Foucault, Mario Tobino e Alda Merini.Per Thomas Beckett nasciamo tutti pazzi, alcuni poi lo restano. Il genio mette a frutto la pazzia, cavalca la follia senza esserne dominato. A volte finisce irretito nella sua follia, perché ne è congenitamente predisposto, è ipersensibile o ha preteso l’infinito, l’assoluto. Ma chi è il genio, cosa lo distingue dal resto degli uomini? Dal ’68 in poi serpeggia l’illusione di una genialità di massa, attraverso l’uso estroso della trasgressione: si ritiene che la sregolatezza decreti il genio. Creatività diffusa, fantasia, la vita come capriccio e stravaganza di massa sono i suoi indizi fino al paradosso di sentirsi tutti speciali, fuori dal comune. Si abusa dell’aggettivo geniale. In giro troppi geni estemporanei per autoacclamazione o per esagerazione di chi li ama (ogni scarrafone è genio a mamma sua). Per Arthur Schopenhauer, che visse con la frustrazione del genio incompreso, genio è colui che sa vedere l’assoluto nel particolare, sa andare oltre i fenomeni e trascende la soggettività in una visione più ampia.Il genio ha una conoscenza intuitiva; vede le cose collegate da una postazione più alta, vede il mondo alla luce del sole, non al lume della sua candela. La fantasia è un suo strumento indispensabile per trascendere il reale nel possibile. Vede il generale nel particolare, a differenza dell’uomo comune e delle donne, nota Schopenhauer. Coglie l’essenza delle cose e supera la natura che invece congiunge intelletto e volontà. Ciò porta il genio a somigliare alla follia: entrambi, notava Pessoa, sono disadattati. Il genio non è mai un moderato o un flemmatico, spiega Schopenhauer, ma è sempre un eccessivo, frutto di un’esaltazione anormale della sua vita neuro-cerebrale. Il genio si dedica all’inutile e i suoi frutti saranno colti nel futuro. Un’opera geniale non è mai utile; è il suo rango, la sua nobiltà, come la fioritura. Il genio non serve al suo tempo, ed eccedendo dalla norma è destinato ad essere incompreso. Le persone comuni possono apprezzare il talento o il tipo brillante, difficilmente il genio che vive in perenne discordanza col mondo esterno e col proprio tempo. Avvertenza d’obbligo: per un genio incompreso ci sono mille presunti incompresi che geni non sono.Il genio è per natura solitario. È troppo raro per poter incontrare suoi simili e troppo diverso dagli altri per poter stare in compagnia e pensare in comune. Perciò si apparta, è a disagio. Se il genio è misantropo anche qui non vale l’inverso, che la misantropia non è il segno certo di una superiorità. Il genio è malinconico, anche se si delizia quando dà sfogo alla sua vena. Lo diceva già Aristotele, lo ripeteva Cicerone, poi anche Goethe. Schopenhauer spiega che la sua mente è più capace di percepire la miseria della condizione umana. Dunque il genio non può che essere pessimista, come lo era lui. Ripeto la controtesi: se il genio è malinconico, non tutti i tristi e i depressi sono geniali. Infine il genio è come un bambino, ha uno sguardo puro e disinteressato sul mondo. Anzi, ogni bambino è in un certo senso un genio potenziale e ogni genio è in un certo senso un bambino (S. cita Mozart e Goethe, noi potremmo citare Dalì e Fellini).Nel fanciullo, nota S., l’intelletto prevale sulla volontà (ma i suoi capricci non prefigurano la volontà?). Al bambino come al genio manca l’arida serietà tipica degli uomini comuni; c’è una vena giocosa e grottesca. Qui si affaccia la sindrome di Peter Pan: ma l’infantilismo in sé non è sintomo di genialità. Per Schopenhauer la genialità originaria del bambino viene poi rubata dalla genitalità: la pulsione sessuale è il focolaio della volontà e dunque nemica della conoscenza. Come dire che il genio tende a restare sessualmente bambino. Il genio, insomma, è un bambino malinconico che trascura sé e si cura del mondo. Il suo soffitto è il cielo, la sua vista è la visione del mondo, che è la sua penetrazione. Schopenhauer fa notare che l’orangutan è intelligente da piccolo e diventa poi brutale da adulto, in un rapporto inverso tra età e intelligenza. Ma non mancano capolavori del genio in età senile. Se il genio è sregolatezza, anche l’età precoce non può essere una regola. Il genio è puer eternus, bambino perenne. Ma la sua ombra è il pazzo, che a volte lo accoppa.(Marcello Veneziani, “Rari geni, pochi pazzi, tanti imitatori”, da “La Verità” del 23 ottobre 2019; articolo ripreso sul blog di Veneziani).Il genio e il folle sono fratelli, forse gemelli. In entrambi il possibile eccede sul reale, ma nel pazzo il possibile sconfina nell’impossibile. Il genio non si accontenta del rapporto tra la realtà e la sua mente; stabilisce nuovi, più arditi contatti. Il pazzo invece ha perso quella relazione e va a ruota libera. Chesterton notava che il pazzo non è colui che ha perso la ragione ma chi ha perso tutto tranne la ragione: ha perso il rapporto col mondo reale. Genio e sregolatezza, si dice. Ma debordare dalle regole è un effetto della genialità, non è la prova del genio. La pazzia è l’emisfero in ombra dell’umanità, il lato b che percorre come una trama a rovescio la storia della civiltà, dell’arte, del pensiero e dei rapporti umani. Il sogno, il gioco, la fiction sono le dosi giornaliere di pazzia dei “savi”; quando la mente va in libera uscita e danza a corpo libero. Osate esser pazzi, esortava Papini. Come in una pulp fiction filosofica, artistica e letteraria scorre la divina pazzia di cui scriveva Platone e le tragedie greche da Eschilo a Euripide; la pazzia vissuta, studiata o narrata di Torquato Tasso ed Erasmo da Rotterdam, Cervantes con don Chisciotte e Shakespeare con Enrico IV, Hölderlin e Nietzsche, van Gogh e Ligabue, Dino Campana ed Ezra Pound, Pirandello e Strindeberg, Bukovski e Pessoa, Jaspers e Foucault, Mario Tobino e Alda Merini.
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Mitchell, Apollo 14: i nostri governi parlano con gli alieni
«Gli alieni sono qui, da parecchi anni. Ci sono tante ottime prove che lo dimostrano». Fa un certo effetto leggere che un ex astronauta ritiene sicura l’esistenza di civiltà extraterrestri: non in qualche remota galassia ma proprio qui, sul nostro pianeta, in mezzo a noi. «E vi assicuro che fa ancora più effetto sentirglielo dire di persona», scrive Sabrina Pieragostini, giornalista televisiva di “Studio Aperto”, che con l’anziano Mitchell ha parlato al telefono poco prima che l’astronauta ci lasciasse, nel 2016. Classe 1930, Mitchell è stato un eroe dell’epopea spaziale del XX secolo, membro del ristrettissimo “club dei 12” (tanti sono gli uomini che, almeno ufficialmente, hanno posato i loro piedi sulla Luna). La Pieragostini gli fece un’intervista radiofonica: lui dalla sua casa in Florida, lei dall’Italia. «Ottenerla è stato incredibilmente semplice», ammette la giornalista, sul suo blog. «La nostra chiaccherata, ovviamente, non poteva che incentrarsi sull’argomento che dal 2008 l’ha riportato alla ribalta: la vita extraterrestre e il “cover up”», cioè la coltre di silenzio stesa sugli Ufo, la cui esistenza è stata ammessa soltanto oggi dalla marina militare degli Stati Uniti, con tanto di video registrati dalle telecamere dei caccia, che inquadrano i dischi volanti nel mirino.Pilota della missione Apollo 14 e recordman di permanenza sul suolo lunare, Mitchell ha risposto a tutte le domande di Sabrina Piragostini, ribadendo la sua assoluta certezza che non siamo soli: una verità a suo avviso «nota da tempo a molti governi» e che «forse, un giorno, sarà finalmente svelata». L’astronauta ha però escluso che le sue convinzioni siano legate ad esperienze dirette, vissute durante la sua permanenza nello spazio. «Ma ciò che ha saputo e sentito, dopo il suo ritorno dalla Luna, lo ha persuaso che il fenomeno Ufo sia reale», riporta la Pieragostini. Un evento si impone su tutti: il celeberrimo caso di Roswell. E’ stato il “crash” più famoso della storia, avvenuto a pochi chilometri di distanza da Artesia, la cittadina del New Mexico in cui il giovane Edgar era cresciuto. Il giorno dello schianto di quello che da decenni l’esercito americano definisce un banale pallone-sonda meteorologico, però, Mitchell non era lì: studiava al college. Ma a distanza di molti anni, quando – divenuto ormai una celebrità internazionale – è tornato a trovare gli amici, i testimoni di quella misteriosa vicenda hanno fatto la fila per andare da lui a raccontargli cosa fosse davvero accaduto, quel 3 luglio del 1947. «L’ incidente è reale, è tutto vero», ha confermato così Mitchell alla giornalista italiana, senza la minima esitazione.La loro conversazione ha preso il via da quell’esperienza, segnando la carriera e stessa vita di Mitchell: la missione Apollo 14 che lo portò a camminare, per molte ore, sul nostro satellite. «Se credo che gli alieni esistano? Certamente! Penso che ci siano le prove che siamo stati visitati da molto tempo». Un’affermazione sorprendente, da parte di un uomo di scienza. Soprattutto considerando che molti altri scienziati, al contrario, insistono nel dire che non esistano prove a sostegno di simili teorie. «Le prove invece ci sono eccome», ha assicurato Mitchell: «Conosco personalmente alcuni dei ricercatori più autorevoli, in America e in Europa». Come dire: in certi ambienti la notizi è risaputa. «Poi, sono cresciuto a Roswell, in New Mexico, dove è avvenuto il famoso incidente del 1947, perciò conosco molto bene l’argomento e anche le persone che ne furono coinvolte: ed è stato un incidente reale», ha insistito Mitchell. Quindi gli alieni sono qui, sulla Terra, in mezzo a noi? «Senza dubbio sono qui», è la risposta dell’astronauta. «Negli ultimi decenni, molti studiosi hanno effettuato ricerche in questo ambito. Ci sono stati tantissimi episodi di dischi volanti, avvistamenti di astronavi… Sia piloti civili che militari hanno avuto incontri con Ufo nei cieli durante gli ultimi anni. È tutto ben verificato, sono informazioni perfettamente dimostrate».E che aspetto avrebbero, i nostri visitatori? Risposta: «Sono consapevole del fatto che in tutte le ricerche e i rapporti in materia si parla di diverse razze aliene. Alcuni potrebbero essere dei robot, altri delle vere forme viventi. Ci sono almeno 3 o 4 tipi di alieni che ci hanno già visitato e che sono qui, tra noi, da parecchio tempo». Quali erano le fonti di Mitchell? Si trattava di militari e funzionari governativi? «Solo alcuni lavorano per il governo, ma la maggior parte sono ricercatori indipendenti», ha risposto l’ex pilota dell’Apollo 14. «Hanno trascorso decine di anni a compiere le loro indagini, cercando i testimoni, analizzando i siti e scrivendo i loro resoconti. Questo, sia negli Stati Uniti che in Europa. In particolar modo, in Inghilterra Nick Pope è un’ottima fonte di informazioni su tutto ciò che accade nel Regno Unito». Domanda inevitabile: davvero, come molti affermano, Stati Uniti, Europa, Russia e Cina – solo per citare alcune delle nazioni impegnate nella conquista dello spazio – stanno coprendo la verità in merito alla questione extraterrestre? Cosa sanno, veramente? «Non sono informato, ovviamente, su tutto ciò che i governi conoscono, ma siamo consapevoli che molti di loro tengono ancora ben chiusi i loro archivi», ha detto Mitchell. «Il mio governo, ad esempio, quello degli Stati Uniti, ha deciso per il momento di non rendere pubblici i contenuti dei suoi archivi». Già nel 2008, durante un’intervista radiofonica, Mitchell aveva sostenuto di «aver avuto informazioni da fonti militari» dell’esistenza di «contatti consolidati tra vari governi terrestri ed esponenti di civiltà aliene».Quindi il “cover up”, l’insabbiamento, è un fenomeno reale? «Direi che alcuni governi trattengono ancora la piena informazione, sì, è vero. Ma sta arrivando il momento delle domande». Ora, con l’improvviso sdoganamento ufficiale dell’esistenza degli Ufo (per la verità, quasi obbligatorio dopo centinaia di migliaia di avvistamenti, sempre più frequenti), la sensazione è che ci stiamo avvicinando a qualcosa di definitivo: la rivelazione, la cosiddetta “disclosure”. Siamo alla vigilia, come tanti auspicano, di un cambio di rotta? Davvero l’opinione pubblica sta per essere messa al corrente della realtà aliena? «Spero di sì», ha detto Mitchell alla Pieragostini. «Spero che presto la gente sappia cosa sta realmente succedendo». E ancora: «Non sono sicuro che ciò avverrà in tempi brevi, ma mi auguro che sia così. Mi farebbe molto piacere». In una conferenza stampa di qualche anno prima, Mitchell aveva ribadito il concetto: «Per lungo tempo l’umanità si è chiesta se siamo soli nell’universo, ma solo ora ne abbiamo le prove. No, non siamo soli. Il nostro destino, secondo me, si apre alla possibilità di entrare in una sorta di comunità planetaria. Dobbiamo provare a tendere la mano oltre il nostro pianeta e oltre il nostro sistema solare, per capire realmente cosa c’è là fuori».«Gli alieni sono qui, da parecchi anni. Ci sono tante ottime prove che lo dimostrano». Fa un certo effetto leggere che un ex astronauta ritiene sicura l’esistenza di civiltà extraterrestri: non in qualche remota galassia ma proprio qui, sul nostro pianeta, in mezzo a noi. «E vi assicuro che fa ancora più effetto sentirglielo dire di persona», scrive Sabrina Pieragostini, giornalista televisiva di “Studio Aperto”, che con l’anziano Mitchell ha parlato al telefono poco prima che l’astronauta ci lasciasse, nel 2016. Classe 1930, Mitchell è stato un eroe dell’epopea spaziale del XX secolo, membro del ristrettissimo “club dei 12” (tanti sono gli uomini che, almeno ufficialmente, hanno posato i loro piedi sulla Luna). La Pieragostini gli fece un’intervista radiofonica: lui dalla sua casa in Florida, lei dall’Italia. «Ottenerla è stato incredibilmente semplice», ammette la giornalista, sul suo blog. «La nostra chiacchierata, ovviamente, non poteva che incentrarsi sull’argomento che dal 2008 l’ha riportato alla ribalta: la vita extraterrestre e il “cover up”», cioè la coltre di silenzio stesa sugli Ufo, la cui esistenza è stata ammessa soltanto oggi dalla marina militare degli Stati Uniti, con tanto di video registrati dalle telecamere dei caccia, che inquadrano i dischi volanti nel mirino.
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Petizione: la Gruber è faziosa, va cacciata da Otto e mezzo
«Non si permetta, io non dico sciocchezze!». L’ultima a protestare è Giorgia Meloni, che si è sentita presa a sberle in trasmissione, insolentita da Lilli Gruber. Il sulfureo Vittorio Feltri definisce la conduttrice di “Otto e mezzo” con poche parole: «Capace di dirigere con grande abilità un programma brutto, un ring dove non vince il più forte bensì il più cafone». Lilli Gruber? Sa anche prodursi in «qualcosa di disgustoso e fuori dalle elementari regole del giornalismo», sentenzia il mitico direttore di “Libero”. Perché allora non chiedere che cambi mestiere, la navigatissima giornalista di origine altoatesina che esordì al Tg2 nell’era Craxi? Facile a dirsi, ma la Lilli nazionale «ottiene buoni ascolti», aggiunge Feltri: «E Cairo, il padrone de “La7”, gongola». Tra chi non rinuncia alla speranza di vedere la televisione italiana “bonificata” dall’invadente presenza della Gruber c’è Marco Moiso, pubblicitario londinese, vicepresidente del Movimento Roosevelt. «Lilli Gruber – scrive, nel testo di una petizione su “Change.org” – non sembra essere in grado di fare il mestiere della giornalista in maniera obiettiva ed equanime». L’accusa: «Il suo stile di giornalismo, giudicato fazioso (e strumentale all’agenda politico-finanziaria neoliberista), offende troppe persone per poter continuare ad avere uno spazio importante come quello di “Otto e Mezzo”».
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L’astronauta Worden: siamo noi gli alieni, veniamo da lassù
«Siamo noi, gli alieni: da dove credete che veniamo?». Il colonnello Al Worden, astronauta dell’Apollo 15 e detentore di numerosi record, non ha atteso le clamorose ammissioni dell’Us Navy sugli Ufo per stupire il pubblico. Ci aveva pensato già nel settembre del 2017, rilasciando in televisione una dichiarazione pubblica «sconcertante e, come sempre, passata sotto il totale silenzio dei media internazionali», scrive l’antropologo Enrico Baccarini, documentarista della “Bbc” e direttore della rivista “Archeomisteri”. Appassionato studioso delle antiche civiltà indiane e autore di svariati saggi, Baccarini appartiene – come Graham Hancock – alla corrente di pensiero che rivaluta i testi dell’antichità: non libri “sacri”, ma cronistorie attendibili che narrano le avventure di quelli che, a tutti gli effetti, sembrano essere antichi astronauti. E ora ci si mette anche la Nasa, che ha editato il saggio “Archeology, Anthropology and Interstellar Communication”: secondo il curatore, Douglas Vakoch, è possibile che i nostri antenati abbiano scambiato per “divinità” quei misteriosi visitatori. Il primo a crederci è proprio un veterano dello spazio come Worden: secondo cui, addirittura, gli alieni saremmo noi. Tecnicamente: discendenti di antichi “profughi” cosmici.Alfred Merril Worden (nato Jackson, in Mississippi, il 7 febbraio 1932) è un celebre astronauta statunitense. Fu il pilota del modulo di comando per la missione lunare Apollo 15 nei mesi di luglio e agosto 1971, ricorda Baccarini sil suo sito. Proprio il colonnello Worden fu uno dei 19 astronauti scelti dalla Nasa nell’aprile 1966. Servì come membro dell’equipaggio di supporto della missione Apollo 9 e come pilota comandante del modulo di comando di riserva della missione Apollo 12. Pilotò anche il modulo di comando per l’Apollo 15, dal 26 luglio al 7 agosto 1971. I suoi compagni di volo furono David Scott, comandante del veicolo, e James Irwin, comandante del modulo lunare. Secondo la Nasa, l’Apollo 15 fu la quarta missione con equipaggio a metter piede sul suolo lunare e la prima ad esplorare il Ruscello di Hadley e i Monti Appennini, situati sul bordo sud-est del Mare Imbrium, spazio ora desertico del satellite naturale della Terrra. Per Baccarini, Warden è «una figura di tutto rispetto». Come ingegnere aeronautico e astronauta della Nasa, «ha vissuto una vita addentrandosi ad avere una mente razionale e scientifica, ma ancor più a vagliare e analizzare ogni informazione prima di “parlare”».Cos’ha detto, due anni fa, a proposito delle nostre origini? «Siamo noi gli alieni: pensiamo che sia qualcun altro, e invece siamo noi quelli che sono venuti da qualche altra parte». Quello che Warden evoca è una specie di esodo spaziale: partiti da chissà dove, dice, i nostri progenitori arrivarono sulla Terra perché qualcuno di loro doveva pur sopravvivere. «Sono saliti su un piccolo veicolo spaziale e sono venuti qui, sono atterrati e hanno iniziato la civiltà qui: questo è quello che credo». Insiste l’astronauta: «Se non mi credete, andate a prendere i libri sugli antichi Sumeri e vedete cosa avevano da dire al riguardo, ve lo diranno subito». L’allusione è alla sumerologia, resa popolare dai saggi divulgativi di Zecharia Sitchin: le tavolette mesopotamiche raccontano lo sbarco sulla Terra dei potenti Anunna, o Anunnaki, che poi ibridarono il loro Dna con quello degli ominidi, per dare origine all’homo sapiens. Nell’intervista, rilasciata a “Good Morning Britain” sulla rete inglese “Itv”, Worden sostiene apertamente che gli umani sono i discendenti da una razza extraterrestre legata agli antichi astronauti e che, per varie ragioni, si sono fermati nel nostro pianeta dando inizio alla nostra specie e detenendo un ruolo chiave nell’evoluzione della civiltà umana.In più, Worden consiglia di leggere gli antichi testi sumerici per avere una chiara idea di quanto detto. «Cosa poter aggiungere? Si tratta del delirio senile di un astronauta? Non pensiamo proprio», scrive Baccarini. «Anzi: riteniamo che queste affermazioni debbano essere prese con la giusta importanza che meritano». La teoria degli antichi astronauti, detta anche paleocontatto o paleoastronautica, è quell’insieme di teorie che ipotizzano un contatto tra civiltà extraterrestri e antiche civiltà umane, quali sumeri, egizi, popoli dell’India antica e civiltà precolombiane. Questa teoria, ricorda Baccarini, iniziò a diffondersi verso la fine degli anni ’50, quando giornalisti e studiosi di varie estrazioni iniziarono a ipotizzare che, nel remoto passato del nostro pianeta, una o più civiltà altamente progredite e provenienti dallo spazio esterno avessero interagito con noi, e forse in certi casi letteralmente “creato” la nostra specie. A distanza di quasi settant’anni – aggiunge Baccarini – questo campo di studi è riuscito a collezionare una serie di evidenze ed elementi tali da non lasciare altre possibilità interpretative, al riguardo.Le affermazioni di Al Worden non sono certamente le prime e non saranno le ultime: Baccarini ricorda quelle dell’astronauta Edgar Mitchell, scomparso nel 2016. Otto anni prima, in un’intervista radiofonica, aveva dichiarato: «Da ambienti militari e governativi sono venuto a conoscenza del fatto che il fenomeno Ufo è reale, che ci sono stati contatti tra esseri umani ed esseri extraterrestri, e che questi contatti sono tuttora in corso». Né Warden né Mitchell ci portano alla “pistola fumante” per confermare definitivamente questa costellazioni di tesi, ammette Baccarini. Ma, provenendo da fonti così autorevoli, queste affermazioni «non possono certamente essere prese sotto gamba». Peraltro, «risultano sintomatiche di una linea di pensiero che, di giorno in giorno, sembra acquisire sempre più fautori». Uno degli aspetti più interessanti investe anche la reinterpretazione delle testimonienze archeologiche: alcune figure umanoidi, inicise nella roccia, sembrano indossare tute e caschi. E’ possibile che antichi astronauti extraterrestri abbiano visitato il nostro pianeta in un remoto passato e ritenuti dai nostri antenati come divinità discese dal cielo? Secondo “Archeology, Anthropology and Interstellar Communication”, pubblicato dalla Nasa, l’antica arte rupestre potrebbe essere il segno delle loro visite passate.Alcuni dei capitoli più interessanti – segnala sempre Baccarini – trattano il tema della comunicazione extraterrestre nel passato. «In una sezione, ad esempio, il professor William Edmondson, dell’Università di Birmingham, considera la possibilità che alcune raffigurazioni di arte rupestre sulla Terra possano essere di origine extraterrestre». In realtà, aggiunge Edmondson, non abbiamo certezze: «Possiamo dire poco su ciò che significano queste raffigurazioni, sul perchè siano state incise nella roccia o su chi le abbia create». Addirittura, aggiunge il professore, «potrebbero essere state fatte degli alieni a tutti gli effetti». Come riporta il “Daily Mail”, la pubblicazione affronta una serie di argomenti con l’intervento di numerosi esperti, tra cui la prospettiva di vita su altri pianeti e gli strumenti attraverso i quali inviare o ricevere messaggi. Il curatore, Douglas Vakoch, da parte sua parla delle difficoltà che potrebbero sorgere a seguito di un primo contatto con una civiltà aliena: sa segnali radio, dice, «potremmo intuire l’esistenza di un’intelligenza, ma non potremmo capire cosa dico». E aggiunge: «Anche se rilevassimo una civiltà in uno dei sistemi stellari più vicini, i loro segnali dovrebbero attraversare migliaia di miliardi di chilometri, raggiungendo la Terra dopo molto tempo».Ma la speranza non è perduta: in tutto il libro, Vakoch e colleghi cercano di offrire soluzioni concrete che possano rivelarsi preziose per il futuro. «Per andare oltre la semplice individuazione di tale intelligenza, e avere qualche possibilità realistica di comprenderla, possiamo prendere esempio da ricercatori che affrontano sfide simili sulla Terra», continua Vakoch: «Come gli archeologi, che ricostruiscono la storia di civiltà del passato da informazioni frammentarie, così dovranno fare i ricercatori del Seti per comprendere civiltà lontane da noi, separate da vaste distese di spazio e tempo». Il Seti (Search for Extra-Terrestrial Intelligence) è un progetto finanziato dalla Nasa dal lontano 1971. Missione: rilevare la presenza di vita intelligente nello spazio oltre la Terra. A quanto pare sono stati fatti passi da gigante, in questa direzione, se è vero che l’astronauta Edgar Mitchell parla di contatti stabili e regolari con entità aliene. Nel suo libro, Vakoch (Nasa) resta sul vago, è vero. In compenso, Al Worden sostiene che i discendenti degli alieni siamo noi. Affermazioni destabilizzanti, ovviamente, fino a ieri sostanzialmente ignorate dai grandi media. Ora invece è il Pentagono a rifarsi avanti: per suggerirci – sia pure a piccole dosi – che tra noi e gli equipaggi degli Ufo c’è probabilmente una lunga storia, che forse sta per essere raccontata.«Siamo noi, gli alieni: da dove credete che veniamo?». Il colonnello Al Worden, astronauta dell’Apollo 15 e detentore di numerosi record, non ha atteso le clamorose ammissioni dell’Us Navy sugli Ufo per stupire il pubblico. Ci aveva pensato già nel settembre del 2017, rilasciando in televisione una dichiarazione pubblica «sconcertante e, come sempre, passata sotto il totale silenzio dei media internazionali», scrive l’antropologo Enrico Baccarini, documentarista della “Bbc” e direttore della rivista “Archeomisteri”. Appassionato studioso delle antiche civiltà indiane e autore di svariati saggi, Baccarini appartiene – come Graham Hancock – alla corrente di pensiero che rivaluta i testi dell’antichità: non libri “sacri”, ma cronistorie attendibili che narrano le avventure di quelli che, a tutti gli effetti, sembrano essere antichi astronauti. E ora ci si mette anche la Nasa, che ha editato il saggio “Archeology, Anthropology and Interstellar Communication”: secondo il curatore, Douglas Vakoch, è possibile che i nostri antenati abbiano scambiato per “divinità” quei misteriosi visitatori. Il primo a crederci è proprio un veterano dello spazio come Worden: secondo cui, addirittura, gli alieni saremmo noi. Tecnicamente: discendenti di antichi “profughi” cosmici.
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Global Strike: nuova religione, certezze piccine come Greta
Con Greta, oppure contro Greta: è indifferente, purché si dia spettacolo. Lo spiega il regista Massimo Mazzucco: intanto, i primi vincitori dell’operazione sono i media. Negli odierni palinsesti televisivi, sempre più stanchi, ogni minuto di ascolto vale oro, in termini pubblicitari. La ragazzina svedese infatti fa audience, e nel modo più comodo e inoffensivo: agita nobili ideali e solleva grandi interrogativi, ma senza mai allarmare il potere. La baby-agitazione sul clima non prevede, domattina, nessun G20 e nessun referendum. Solo parole al vento? Non per forza: può anche darsi che il seme gettato da Greta – diventare più responsabili verso l’ambiente – possa dare frutto, domani, tra i giovanissimi di oggi, quando saranno chiamati a votare e a scegliere leader meno “distratti”. Il rovescio della medaglia è lampante: il rischio è quello di appiattire masse immense su una sorta di non-pensiero, fondato su un assioma indimostrato: e cioè che il surriscaldamento climatico in corso sarebbe senza precedenti, nonché di origine umana. Sicuri? Per nulla: sull’attuale impatto ambientale in termini di temperature si accettano scommesse, mentre se c’è una certezza è proprio questa: la Terra si è sempre surriscaldata, per poi tornare a raffreddarsi fino a congelarsi, molto prima della nostra civiltà industriale. Quanto tempo prima, esattamente?
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Veneziani: non è col sovranismo che si sconfigge il Mostro
Pontida, Atreju e poi? Tweet, selfie, comizi, talk show, magari un corteo. Ma qual è la consistenza di quel fenomeno pur maggioritario nel nostro paese che è chiamato sovranismo? Dico la consistenza oltre l’apparenza mediatica, le opinioni espresse, le facce dei leader. Sapete come la penso, sapete che la sintesi del peggio che comanda l’Italia suscita in me come in molti di voi, qualcosa di più del dissenso e dell’opposizione. Disgusto, indignazione, a tratti perfino schifo al solo vederli e sentirli. Quando il peggior settarismo si unisce al peggior trasformismo in un progetto che è agli esatti antipodi di quel che pensano, dicono, vogliono gli italiani e di quel che il puro buon senso, la realtà, non hai voglia di sottoporre a critica chi si oppone a loro. Puro sfascismo, inavvertenza del declino verso cui ci portano al galoppo, negazione di ogni senso d’italianità, di civiltà, di priorità legate alla vita reale delle persone, delle famiglie, dei popoli. Però possiamo chiederci una volta, almeno una volta, che altro c’è di solido, di credibile, di fondato oltre le facce, gli slogan e le dichiarazioni dei leader sul versante dei sovranisti?Sapete che vuol dire governare l’Italia, e sapete che vuol dire farlo avendo il mondo contro, i potentati veri, i media, Papi, i giudici d’assalto, i presidenti e i tecnocrati, le classi dominanti europee? Nessuno pensa che all’opposizione si possa disporre di mezzi e risorse adeguate ad affrontare una sfida così grande; si sa che c’è uno squilibrio clamoroso, che parliamo di Davide contro Golia, con l’unica forza che ci sono milioni di Davide a tendere la fionda del medesimo puntata contro il gigante. Ma si può costruire una credibile alternativa ai poteri armati e accessoriati solo con la biblica fionda e il tifo intorno? Può bastare l’uso dei social per combattere una vera battaglia di civiltà? Si può far rinascere un paese, rifondare una nazione sovrana con qualche palliativo, qualche piccola battaglia simbolica e poi nient’altro? No, non può bastare.Sì, qualcosa magari c’è, qualche buon amministratore locale, qualcuno che se la cava, qualche faccia credibile e rispettabile. Ma poi basta, il vuoto; nessuna classe dirigente, nessuna struttura, nessun quartier generale, nessuna vera strategia oltre la solita tattica elettorale più contorno di sondaggi. Il deserto, e gli slogan nel deserto. Non tornerò a ripeterlo, magari lo scriverò una volta su “La Verità” o su “Panorama”; per ora lo dico solo a voi, amici della pagina. Non mi va di far la cassandra; e poi, se consideri chi c’è al potere, chi abita il Palazzo, tutti gli altri se, ma, boh, finiscono in un angolo; non puoi perder tempo a “sottilizzare” sulla reale consistenza di quell’alternativa se hai la certezza che quel potere fa male. Ma ogni tanto, a bassa voce, in un orecchio, diciamocelo pure noi. Non bastano due facce, quattro slogan e tanta rabbia per costruire una seria alternativa di governo. Ce lo siamo detti, non ce lo ripeteremo. Ma dovevamo dircelo, senza ipocrisia. Con la speranza di sbagliarci o di vederla noi troppo negativamente.(Marcello Veneziani, “Detto tra noi”, da “La Verità” del 21 settembre 2019; articolo ripreso sul blog di Veneziani).Pontida, Atreju e poi? Tweet, selfie, comizi, talk show, magari un corteo. Ma qual è la consistenza di quel fenomeno pur maggioritario nel nostro paese che è chiamato sovranismo? Dico la consistenza oltre l’apparenza mediatica, le opinioni espresse, le facce dei leader. Sapete come la penso, sapete che la sintesi del peggio che comanda l’Italia suscita in me come in molti di voi, qualcosa di più del dissenso e dell’opposizione. Disgusto, indignazione, a tratti perfino schifo al solo vederli e sentirli. Quando il peggior settarismo si unisce al peggior trasformismo in un progetto che è agli esatti antipodi di quel che pensano, dicono, vogliono gli italiani e di quel che il puro buon senso, la realtà, non hai voglia di sottoporre a critica chi si oppone a loro. Puro sfascismo, inavvertenza del declino verso cui ci portano al galoppo, negazione di ogni senso d’italianità, di civiltà, di priorità legate alla vita reale delle persone, delle famiglie, dei popoli. Però possiamo chiederci una volta, almeno una volta, che altro c’è di solido, di credibile, di fondato oltre le facce, gli slogan e le dichiarazioni dei leader sul versante dei sovranisti?
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I militari Usa: è vero, gli Ufo esistono. Cosa non ci dicono?
New York, 20 settembre 2019: nel mirino dei caccia F-18 Usa sembrano oggetti lunghi e velocissimi che cambiano improvvisamente direzione con un’accelerazione fortissima. «Nei filmati che i top gun americani sono riusciti a catturare e che adesso anche la Us Navy ha reso pubblici togliendo il segreto militare, sembrano dei grandi ragni supersonici dalla forma indefinita che vorrebbero quasi danzare con i cacciabombardieri Usa, prima di sparire nel nulla». Se non sono Ufo cosa sono? «Il Pentagono – scrive “Quotidiano.net” – non li chiama con questo nome ma si sta interrogando, da anni e in segreto, su questo Unidentified Aerial Phenomena che, più che incuriosire, ormai turba i voli dei pattugliatori dei cieli, i quali non sanno come comportarsi, non essendo né droni né missili». La messa in rete, inoltre, di tre filmati girati tra il 2017 e il 2018 e la comparazione con un altro video del 2014 sta scatenando adesso un nuovo dibattito proprio nel momento in cui i cieli diventano sempre più affollati. Che ci fanno tutti quei “dischi volanti” lassù, sopra le nostre teste, a poca distanza dai jet militari?Joe Gradisher, il portavoce della marina statunitense, sostiene che i filmati girati da militari Usa sono autentici e che i fenomeni sono reali. Aggiunge: gli avvistamenti sono tutt’altro che inusuali e rari. E incoraggia tutti i piloti a riportarne la durata e l’esatta posizione in cui avvengono per creare una vera e propria mappatura degli oggetti misteriosi. «Abbiamo notato incursioni frequenti nei nostri campi di addestramento – spiega Gradisher – e questo rischia di mettere in pericolo l’incolumità dei piloti. Per lungo tempo – aggiunge – ci siamo anche accorti che molti di loro non li riportavano la notizia degli avvistamenti per paura di venir ridicolizzati, ma adesso siamo ad incoraggiare i top gun affinché siano tempestivi nelle segnalazioni, per poter studiare in profondità il fenomeno». Dichiarazioni piuttosto clamorose, da parte del funzionario militare: come se l’amministrazione volesse preparare il pubblico a imminenti rivelazioni? Fino a ieri, il tema Ufo era relegato alla fantascienza, o poco più. Ora è un continuo rincorrersi di voci. Compresa quest’ultima, dove addirittura si dichiara alla stampa che i piloti militari vengono “incoraggiati a riferire”, in modo da poter “studiare meglio il fenomeno”.«C’è chi pensa che la minaccia non appartenga al mondo della fantasia, ma possa diventare reale se non si riuscirà a stabilirne l’origine», scrive “Quotidiano.net”. «Anche se tra le grandi potenze c’è una sorta accordo non scritto che bandisce per ora la militarizzazione dello spazio, la comparsa di questi “Uap”, oggetti non identificati, sembra andare nella direzione opposta». In realtà, c’è il fondato sospetto che le autorità – non solo statunitensi – si stiano preparando ad ammettere di essere giunte ben oltre la semplice osservazione del fenomeno. Roberto Pinotti, autorevole presidente del Cun (Centro Ufologico Nazionale) e storico collaboratore dell’aeronautica italiana, ricorda che sono ormai oltre un milione gli avvistamenti registrati, di cui il 40% convalidati da militari. Secondo Pinotti, il vero problema – ormai alle porte – sarebbe di portata epocale: e cioè ammettere l’imminenza del “contatto” con entità aliene, non terrestri, che la fantascienza ci ha lentamente abituato a prendere ormai in considerazione come un evento ineluttabile e probabilmente già accaduto, ovviamente a nostra insaputa. «Storicamente – dice Pinotti – nell’incontro tra civiltà diverse, quella meno evoluta ha sempre avuto la peggio».Gli scienziati ammettono che tutto è teoricamente possibile: «Certo non siamo soli, nello spazio», ha detto il grande fisico Stephen Hawking. I militari confemano: il cielo è pieno di velivoli sconosciuti (o almeno, così definiti dai piloti). Padre Josè Gabriel Funes, gesuita argentino come Papa Francesco e direttore della Specola Vaticana, osservatorio astronomico di Mount Graham in Arizona vocato allo studio dell’esobiologia (vita extraterrestre), si è premurato di farci sapere che non esiterebbe a battezzare eventuali “fratelli dello spazio”. L’ex candidato democratico alle primarie americane, Bernie Sanders, ha appena dichiarato che, se venisse eletto presidente, andrebbe a scartabellare tra i dossier sugli Ufo per poi informare la popolazione. In realtà gli alieni sono già tra noi, ebbe a dire – un po’ scherzando e un po’ no – l’allora premier russo Dmitrij Medvedev. Non ha per niente scherzato, invece, il canadese Paul Hellyer, già ministro della difesa, secondo cui «alcuni alieni siedono addirittura nel Congresso Usa». Secondo il biblista Mauro Biglino, l’Antico Testamento racconta in realtà le gesta di “antichi astronauti”, come Yahwè, poi interpretato come “Dio” dalle successive religioni.«Nella misteriosa “Area 51”, considerata una delle più segrete basi di addestramento per l’aeronautica militare americana che sorge in Nevada, da anni i ricercatori stanno approfondendo la presenza in cielo di corpi estranei», scrive “Quotidiano.net”, a corredo delle clamorose rivelazioni della Us Navy. «I piccoli filmati rilasciati in questi giorni hanno riaperto la finestra sugli Ufo con l’intenzione di non chiuderla tanto presto», aggiunge il newsmagazine. Nel frattempo, la zona chiamata “Area 51” sembra diventata sempre più off-limits, da tenere al riparo da sguardi indiscreti. «La no-fly zone è totale e sia militari che civili non possono attraversarla». Una specie di “invasione pacifica” di cittadini curiosi, annunciata via Internet, è stata rimandata. Ma la vera domanda è: quante altre Aree 51 esistono nel mondo, dall’Antartide alla Russia? «Se un giorno si scoprisse che gli “alieni” come Yahwè sono ancora qui e dominano la Terra attraverso i loro rappresentanti, non me ne stupirei», dice Biglino. Già: ma in quel caso il potere terrestre, se si rivelasse affidato a semplici prestanome, come se la caverebbe? Molte voci, sul web, cestinano l’argomento: tutte chiacchiere, per depistare l’attenzione dalle vere responsabilità dei nostri cattivi governanti. A smentire gli scettici, però, ora si aggiungono i militari americani, con i loro sconcertanti video mostrati al pubblico.New York, 20 settembre 2019: nel mirino dei caccia F-18 Usa sembrano oggetti lunghi e velocissimi che cambiano improvvisamente direzione con un’accelerazione fortissima. «Nei filmati che i top gun americani sono riusciti a catturare e che adesso anche la Us Navy ha reso pubblici togliendo il segreto militare, sembrano dei grandi ragni supersonici dalla forma indefinita che vorrebbero quasi danzare con i cacciabombardieri Usa, prima di sparire nel nulla». Se non sono Ufo cosa sono? «Il Pentagono – scrive “Quotidiano.net” – non li chiama con questo nome ma si sta interrogando, da anni e in segreto, su questi Unidentified Aerial Phenomena che, più che incuriosire, ormai turbano i voli dei pattugliatori dei cieli, i quali non sanno come comportarsi, non essendo né droni né missili». La messa in rete, inoltre, di tre filmati girati tra il 2017 e il 2018 e la comparazione con un altro video del 2014 sta scatenando adesso un nuovo dibattito proprio nel momento in cui i cieli diventano sempre più affollati. Che ci fanno tutti quei “dischi volanti” lassù, sopra le nostre teste, a poca distanza dai jet militari?
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Prima i migranti: così Pd e Leu suicideranno il Conte-bis
Se la sinistra è crollata nei consensi negli ultimi anni non è perché Renzi è antipatico, come vogliono far credere i suoi nemici nel Pd e quanti li sostengono. I dem sono precipitati perché nei sette anni in cui hanno governato si sono fatti travolgere dalla crisi economica e dall’invasione degli immigrati. Anziché provare a gestire le due questioni, la sinistra si è consegnata all’Europa, dalla quale si è fatta dirigere. Naturalmente, gli Stati Ue che contano, Germania e Francia, hanno pensato ai propri interessi e non ai nostri; quindi, da una parte hanno salvato le loro banche, lasciando fallire quelle italiane e girando il conto ai risparmiatori truffati, dall’altra ci hanno abbandonati nella gestione dei profughi, arrivando perfino a sospendere il Trattato di Schenghen affinché nessun migrante potesse uscire dal Bel Paese. Questo ha fatto sì che in Italia montasse un profondo risentimento verso le classi dirigenti della sinistra, genericamente ed erroneamente definito odio anti-casta. Era più semplicemente la sensazione di inadeguatezza e distanza dalla realtà che la sinistra ha ha suscitato nei cittadini, i quali hanno cominciato a realizzare che i governi dem avevano arricchito i ricchi e lasciato indietro tutti gli altri, dando in più la sensazione di occuparsi più dei poveri immigrati che dei poveri italiani, che intanto aumentavano.Le persone erano terrorizzate dalla crisi, dalla mancanza di lavoro e dall’enorme flusso di disperati dal mare e la sinistra provava a convincerle che gli immigrati fossero delle risorse e ci avrebbero salvato e che gli arrivi non fossero arginabili. Come a dire: meglio gli africani di voi. Inevitabilmente il 4 marzo 2018 gli elettori hanno punito il Pd votando M5S per bocciare la casta e tornare allo Stato assistenziale e Lega per fermare gli immigrati e avere meno tasse. Subito si è capito che i grillini non erano all’altezza del compito e pertanto i consensi si sono spostati su Salvini. Matteo ha avuto il merito di scegliere per sé il ministero dell’Interno e di imbroccare la politica migratoria, riducendo sbarchi e morti in mare, combattendo Ong e scafisti e dando la sensazione che al governo ci fosse finalmente qualcuno intenzionato a fermare gli ingressi di clandestini. Pd e Leu non hanno capito la lezione e per 14 mesi hanno insultato il leader leghista, dandogli del razzista, mentre l’89% degli italiani ne condivide la linea. Una volta tornata al governo nel modo in cui tutti sappiamo, la sinistra ha iniziato a ripetere gli errori che l’hanno affossata.Zingaretti, Veltroni, Bersani e Letta hanno dichiarato di voler aprire tutti i porti, introdurre lo ius soli e riavviare la macchina dell’accoglienza che piace alla Chiesa, alle Ong e alle cooperative che fanno affari con i migranti, nonché agli scafisti. A parole il Pd riconosce – e come potrebbe fare diversamente? – che la sua gestione dell’immigrazione è stata un fallimento. Però, anziché scusarsi e farsi umilmente da parte, la sinistra la rivendica nuovamente per sé, per di più con arroganza. L’effetto immediato è stato che la Lega, dopo un piccolo calo dovuto alla difficoltà di Salvini nello spiegare perché era uscito dal governo senza riuscire a ottenere nuove elezioni, è risalita nei sondaggi. Prevedibile: non c’è come lasciar governare M5S e Pd per suscitare nei più la nostalgia per il leader leghista. Delirante la proposta dell’ex premier Enrico Letta, quello che ha trasformato Lampedusa in un campo profughi a cielo aperto. Egli auspica di sottoscrivere, proprio sull’isola simbolo dell’abbandono dell’Italia da parte della Ue, un trattato europeo per la distribuzione degli arrivi.Il prode piddino non si preoccupa di arginare il flusso di arrivi, creare le condizioni perché gli africani non abbandonino e lascino morire il loro continente, che è grande tre volte l’Europa, e ospitare, come fanno tutte le nazioni civili, solo una quota selezionata di immigrati l’anno, quella necessaria all’economia degli Stati. No; lui è impegnato a lanciare un nuovo spot delle frontiere aperte a tutti i disgraziati del mondo: «Venite in Europa, in qualche modo vi distribuiamo tutti, un po’di qua, un po’di là». Enrico sta sereno dopo la sua pensata, ma lui ci è abituato. Noi no, e non vorremmo lasciare il posto a qualcun altro come ha fatto lui. Dopo anni di studi e lezioni a Parigi, Letta si sente non più pisano, ma international. Si è anche scagliato contro la Commissione per la Difesa dello stile di vita europeo, voluta dalla Von der Leyen. «Questo proprio no», ha twittato come fosse il demonio. Ma senza uno stile di vita, e quindi una cultura comune, l’Europa resterà sempre un’unione economica di Paesi sull’orlo del fallimento che si fanno concorrenza tra loro mentre il resto del mondo fa i soldi. Con il più forte che picchia il più debole. Imbevuti di multiculturalismo, Letta e il Pd queste cose non le capiscono più. Sognano un’Europa dalle frontiere ininterrottamente aperte e senza identità, dove tutti sono diversi e quindi uguali. Stanno facendo i conti senza l’oste: le persone non vogliono questo, e i primi a non votarli sono proprio gli extracomunitari riusciti a diventare cittadini.(Pietro Senaldi, “Pd e Leu si suicidano sui migranti”, da “Libero” del 14 settembre 2019).Se la sinistra è crollata nei consensi negli ultimi anni non è perché Renzi è antipatico, come vogliono far credere i suoi nemici nel Pd e quanti li sostengono. I dem sono precipitati perché nei sette anni in cui hanno governato si sono fatti travolgere dalla crisi economica e dall’invasione degli immigrati. Anziché provare a gestire le due questioni, la sinistra si è consegnata all’Europa, dalla quale si è fatta dirigere. Naturalmente, gli Stati Ue che contano, Germania e Francia, hanno pensato ai propri interessi e non ai nostri; quindi, da una parte hanno salvato le loro banche, lasciando fallire quelle italiane e girando il conto ai risparmiatori truffati, dall’altra ci hanno abbandonati nella gestione dei profughi, arrivando perfino a sospendere il Trattato di Schenghen affinché nessun migrante potesse uscire dal Bel Paese. Questo ha fatto sì che in Italia montasse un profondo risentimento verso le classi dirigenti della sinistra, genericamente ed erroneamente definito odio anti-casta. Era più semplicemente la sensazione di inadeguatezza e distanza dalla realtà che la sinistra ha ha suscitato nei cittadini, i quali hanno cominciato a realizzare che i governi dem avevano arricchito i ricchi e lasciato indietro tutti gli altri, dando in più la sensazione di occuparsi più dei poveri immigrati che dei poveri italiani, che intanto aumentavano.
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Al potere la sinistra dei mascalzoni: è una cupola mafiosa
“La sinistra è una cupola”. Titolo ed incipit dell’articolo di Marcello Veneziani sulla “Verità” sono da antologia. «La sinistra è un’associazione di stampo mafioso che detiene stabilmente il potere e lo esercita forzando la sovranità popolare, la realtà della vita e gli interessi della gente. Usa metodi mafiosi per eliminare con la rituale accusa di nazifascismo (o in subordine di corruzione) chiunque si opponga al suo potere. Si costituisce in cupola per decidere la spartizione del potere ed eliminare gli avversari, tutti regolarmente ricondotti a Male Assoluto da sradicare e da affidare alle patrie galere o alla gogna del pubblico disprezzo». Lo scrittore, filosofo ed editorialista va giù duro. La sua lettura di questa pagina deteriore di storia politica che stiamo vivendo si collega a un testo illuminante e dimenticato di Panfilo Gentile intitolato “Democrazie mafiose”: libro che, edito dalle Edizioni Volpe, ebbe poi una diffusione capillare dopo che Montanelli lo elogiò sul “Corriere della Sera”. Il giornalista e polemista Panfilo Gentile circa mezzo secolo fa anticipò con lucidità l’involuzione del sistema democratico e la trasformazione dei partiti in circuiti chiusi e autoreferenziali di stampo mafioso.Se avesse visto quanto sta accadendo oggi – con l’esproprio del voto fino al disprezzo per la volontà popolare – si sarebbe ancora più convinto delle sue analisi. Per Veneziani la sinistra è una «cupola» perché «si serve delle camorre mediatico-giudiziarie e intellettuali per imporre i suoi codici ideologici per far saltare i verdetti elettorali, per forzare il sentire comune e il senso della realtà, per cancellare e togliere di mezzo chi la pensa in modo differente. E si accorda con altri poteri tecnocratici e finanziari, per garantirsi sostegni e accessi in cambio di servitù e cedimenti: Mafia & Capitale. Metodi incruenti, ma di stampo mafioso – specifica nell’articolo – e tramite forme paradossali: perché calpesta la democrazia e si definisce democratica, viola le leggi, perfino la Costituzione – sulla tutela della famiglia, sulla difesa dei confini, sul rispetto del popolo sovrano – ma nel nome della legalità e della Costituzione». Il termine “cupola” è forte, indubbiamente, ma Veneziani spiega che il lessico politico disinvolto e fuori misura non è un’invenzione sua, tutt’altro. E’ la sinistra che lo usa come una clava. Per cui l’unico metodo per fronteggare «in modo adeguato la violenza ideologica e propagandistica della sinistra» è rispondere col suo stesso lessico.Del resto, basta leggere come vengono definiti i sovranisti, chi ha a cuore la difesa dei confini, della famiglia, della religione: «È trattato alla stregua di nipotino di Hitler, di nazista, di razzista. Accuse criminali, ma da parte di chi le rivolge, a vanvera, stabilendo un nesso infame e automatico tra amor patrio e xenofobia, difesa della civiltà e razzismo, amore della famiglia e omofobia», scrive Veneziani sulla “Verità”. E non dovremmo neanche difenderci di fronte a questi attacchi?, si chiede lo scrittore. E fa l’esempio dell’«uso mascalzone dell’antifascismo che serve per isolare e interdire il nemico e poi nel nome della democrazia in pericolo per l’incombente minaccia della Bestia Nera, sono consentite le alleanze più ibride, senza limiti…». Sì, per tutto questo è giusto usare l’espressione «la sinistra è ua cupola», Veneziani è convinto: «E’ giusto alzare il tiro e accusare la sinistra tornata ancora una volta al governo senza passare dalle urne, di essere un’associazione di stampo mafioso, di pensare e agire come una cupola, di calpestare la gente e gli avversari con l’arroganza e la presunzione di essere dalla parte del Giusto da ricordare i più fanatici regimi comunisti… Dal Soviet alla Cupola». Applausi.(Adriana De Conto, “Marcello Veneziani: vi spiego perché la sinistra è una cupola”, dal “Secolo d’Italia” del 7 settembre 2019).“La sinistra è una cupola”. Titolo ed incipit dell’articolo di Marcello Veneziani sulla “Verità” sono da antologia. «La sinistra è un’associazione di stampo mafioso che detiene stabilmente il potere e lo esercita forzando la sovranità popolare, la realtà della vita e gli interessi della gente. Usa metodi mafiosi per eliminare con la rituale accusa di nazifascismo (o in subordine di corruzione) chiunque si opponga al suo potere. Si costituisce in cupola per decidere la spartizione del potere ed eliminare gli avversari, tutti regolarmente ricondotti a Male Assoluto da sradicare e da affidare alle patrie galere o alla gogna del pubblico disprezzo». Lo scrittore, filosofo ed editorialista va giù duro. La sua lettura di questa pagina deteriore di storia politica che stiamo vivendo si collega a un testo illuminante e dimenticato di Panfilo Gentile intitolato “Democrazie mafiose”: libro che, edito dalle Edizioni Volpe, ebbe poi una diffusione capillare dopo che Montanelli lo elogiò sul “Corriere della Sera”. Il giornalista e polemista Panfilo Gentile circa mezzo secolo fa anticipò con lucidità l’involuzione del sistema democratico e la trasformazione dei partiti in circuiti chiusi e autoreferenziali di stampo mafioso.