Archivio del Tag ‘Cina’
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Fai da te, baratto anti-crisi: cosa sappiamo fare di utile?
Il “New York Times” racconta di come in Grecia si stia pian piano diffondendo un’economia basata sul baratto, su moneta locale, su autoproduzione e banche del tempo. Qualcuno sussurra che anche l’Italia sia destinata alla famosa “fine dell’Argentina”, dove la sussistenza di molte famiglie si basò a lungo sugli scambi di beni e servizi. Così mi sono chiesta: cosa sappiamo fare di utile? Se dovesse accadere un disastro come quello greco, con milioni di persone senza lavoro o con stipendi ancor più miseri di quelli odierni, chi riuscirà davvero a sopravvivere? La risposta è: chi ha qualcosa da vendere. Non solo patate e uova, ma anche conoscenze che possano essere utli agli altri.
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Siamo in crisi, e questi politici non servono più a niente
Stefano Fassina prova a contestare la lettera con cui la Bce impone all’Italia l’euro-gogna del debito, ma Enrico Letta lo corregge spiegando che non si può essere «europeisti a intermittenza», proprio mentre Arturo Parisi mette in croce Bersani per non aver mosso un dito sulla raccolta firme per il referendum che restituirebbe agli italiani almeno una legge elettorale decente. Foto di famiglia con rovine: e questa sarebbe l’opposizione destinata a mandare a casa il Cavaliere, sostituendolo al governo di non si sa più bene cosa – sicuramente un paese precarizzato e impoverito, spaventato, commissariato dai banchieri mondiali nonché ostaggio di miliardari-filosofi travestiti da salvatori della patria, oracoli della “crescita” e tagliatori di teste come Marchionne.
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Giulietto Chiesa: non arrendiamoci alla finanza mondiale
Ritengo che i popoli europei devono respingere la logica di Francoforte. Non accetteremo la resa che ci viene richiesta dalla grande finanza internazionale: noi combatteremo, come i greci. Respingiamo la richiesta di arrenderci, non vogliamo rinunciare alla nostra sovranità. Però attenzione: nessuno ci garantisce che la rivolta europea, se ci sarà, sia una rivolta di sinistra, o progressista. La soluzione potrebbe diventare di destra. Alcuni segnali già ci sono: il voto finlandese, il voto olandese, la presenza in Italia di un partito xenofofo e parafascista, se non nazista, come la Lega. Se la la crisi precipita velocemente, i popoli potrebbero essere travolti, impauriti e incapaci di capire.
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Dalla Libia al Sudan un unico obiettivo: fermare la Cina
Prima la Tunisia, frontiera ovest. Poi l’Egitto, frontiera est. Restava un ultimo ostacolo: Gheddafi. Non solo per mettere le mani sul petrolio libico, ma anche e soprattutto per tagliare la strada alla Cina, che era riuscita a inserire nel proprio network energetico persino il poverissimo Ciad, ai confini meridionali della Libia, mentre appena più a ovest la secessione del Sud Sudan, preparata da Washington, ha sottratto al controllo africano, e quindi cinese, le maggiori risorse del sottosuolo sudanese. L’analisi, dedicata agli entusiasti che in questi mesi hanno fatto il tifo per le “Twitter revolutions”, è firmata da William Engdahl del “Global Research Institute” canadese diretto da Michel Chossudovsky. Aprite gli occhi, avverte Engdahl: il regista del Risiko africano è il Pentagono.
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Cabras: smascheriamo i falsi profeti della crescita impossibile
Diffidate di chiunque vi parli di ripresa: politici e industriali che promettono “patti per la crescita” non sanno, o fingono di non sapere, che l’Italia da almeno vent’anni non è più in grado di crescere come un tempo: tramontata la grande industria, negli due decenni il paese ha campato di economia virtuale e boom effimeri, speculazione e assalto ai territori e ai servizi, tagliando diritti e precarizzando il lavoro. Risultato: l’ex Belpaese declassato dalla finanza mondiale rischia di dover affrontare lo stesso suicidio sociale della Grecia, un tunnel senza via di scampo. Alternative? Una sola: non pagare il debito iniquo frutto della speculazione e rivalutare il welfare partendo dal bene comune, ma prima serve una rivoluzione culturale che mandi a casa l’intera classe dirigente.
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Barnard: prima dell’Euro, il debito era la nostra ricchezza
La cosa migliore che uno Stato a moneta sovrana può fare per i propri cittadini è di spendere a deficit, cioè creare debito pubblico. Abbiamo già visto, e qui ne riparliamo, come la spesa a deficit produca ricchezza fra i cittadini, e come non sia affatto vero che il debito dello Stato a moneta sovrana sia anche il debito dei cittadini: questa è una menzogna. Nel capitolo “Il più grande crimine” dimostrerò che la sopraccitata menzogna fu creata ad arte dalle élites finanziarie per distruggere gli Stati, con essi noi persone e le democrazie partecipative. Ma ora parliamo di questo debito. Innanzi tutto cosa significa. Uno Stato può avere diversi debiti, a seconda del settore economico che si prende in analisi. Ma i principali sono il Debito Pubblico, il Deficit di bilancio e il Debito Estero.
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Fmi: all’Italia il bacio della morte, rifiutato dall’Islanda
Quando ieri ho letto un po’ ovunque i piagnistei per l’avvento cinese, perché «finiremo nelle mani della Cina», perché «arriva il pericolo giallo», non sono riuscita a spaventarmi. Proprio per nulla. Avevo il sentore che il nostro debito in mano ai cinesi non fosse messo peggio che in mano ai francesi, ai tedeschi, o a chiunque altro, e che ci sono sicuramenti sorti più tristi. E infatti. Per la prima volta nella storia, l’esercito del Principe delle Tenebre si sta per avventare su un Paese del G8, ovvero il Fondo Monetario Internazionale si candida a correre a salvamento dell’Italia. Peggio di così è impossibile. Il prestito del Fmi, chiamato da molti analisti internazionali “il Bacio della Morte”, è quello che ha segnato le sorti di tantissimi Paesi in via di sviluppo.
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Noi, sudditi del debito: i “sacrifici” salvano solo la finanza
Una nauseabonda cacofonia condotta al massimo livello di decibel sta investendo da oltre due mesi il paese. Tutti accettano in pieno che è tempo di «duri sacrifici» per pagare i detentori del debito pubblico nazionale, prevalentemente banche ed affini. Lo “scontro” é solo sulla ripartizione dei sacrifici. Non si ragiona sul fatto che le economie europee hanno ampie capacità produttive eccedentarie. I redditi della stragrande maggioranza dei cittadini europei non sono però a un livello sufficiente ad attivare l’utilizzo normale delle industrie e dei servizi al consumo. Queste imprese investono poco e, se lo fanno, l’investimento é abbinato a piani di ristrutturazione e delocalizzazione. A loro volta le industrie di beni strumentali non ricevono – dalle aziende di beni di consumo – nuovi impulsi a produrre per via dell’eccesso di capacità.
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Sartori: ma quale crescita, il nostro sistema sta crollando
Tutti gli economisti, o quasi tutti, sostengono che la salvezza sta nella “crescita”. Perché il mondo occidentale non cresce più (in nessun senso della parola). La sola crescita globale è stata, da un secolo a questa parte, quella della popolazione. Oggi siamo 7 miliardi, forse arriveremo a 9 o anche a 10. E di tanto cresce la popolazione, di altrettanto (se non più) crescono i problemi che la crescita economica dovrebbe risolvere. Problemi che oramai sono di “grande depressione”. E problemi che le ricette degli economisti non sembrano in grado di risolvere. Forse perché sono ricette che ci hanno fatto sbagliare previsioni e terapie da almeno mezzo secolo a questa parte. Perché da mezzo secolo a questa parte gli economisti ci hanno incoraggiato a spendere più di quanto guadagniamo, creando così un progresso economico fondato sul debito.
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Libia, la verità? Fermare la Cina, inguaiando anche l’Europa
Gheddafi è solo una maschera, il tiranno perfetto contro cui scatenare i media, quindi l’opinione pubblica e infine i Tornado. Berlusconi? Non conta niente, ha subito una guerra che non voleva, come del resto la manovra finanziaria “lacrime e sangue”. E gli alleati europei? Idem: nonostante le apparenze, la battaglia di Tripoli è contro di loro, innanzitutto: concepita per metterli nei guai. E persino «il povero Obama» ha dovuto abbozzare. Perché a decidere di trasformare la Libia in un inferno come l’Iraq è stato il super-potere di Wall Street. Con un obiettivo evidente: fermare l’avanzata della Cina. «Non è nemmeno questione di petrolio», dice Giulietto Chiesa all’“Espresso”: «Tra 5-10 anni non ci sarà più posto per Usa e Cina insieme: o troveranno un accordo, o sarà guerra mondiale».
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La Borsa è zona di guerra: gli Stati vacillano, vicini alla resa
Trecento miliardi di capitalizzazione “bruciati” in un solo giorno sulle piazze europee: “La Borsa è zona di guerra”, titola la Cnn il 19 agosto, assistendo al crollo simultaneo dei centri finanziari di tutto il mondo. «Di fatto – scrive Francesco Piccioni sul “Manifesto” – gli Stati sono stati mobilitati per “salvare il sistema finanziario”; per farlo hanno distrutto i propri bilanci, gonfiando oltre misura il debito pubblico mentre tagliavano disperatamente la spesa sociale per “reperire risorse”». Dopo la prima ondata di tagli, il sistema finanziario ha ricominciato il gioco della speculazione, solo che adesso «gli Stati non sono più una risorsa di denaro fresco, ma una parte del problema: per questo le misure avanzate da Merkel e Sarkozy non avrebbero potuto “rassicurare i mercati” neanche se fossero state cento volte più intelligenti».
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Crisi Usa? Cina e Iran: basta dollari, meglio il baratto
Mentre gli Usa rischiano il default, la bancarotta “tecnica” che – se non verrà innalzata la possibilità di indebitamento – impedirebbe al governo federale di poter pagare ad esempio stipendi pubblici e pensioni di guerra, s’è scoperto che Cina e Iran stanno studiando un nuovo sistema, in realtà antichissimo, per scambiarsi beni senza ricorrere al denaro: il baratto. Uno scambio alla pari: la Cina importerebbe il petrolio di Teheran insieme ad altre materie prime, come il cromo; in cambio, Pechino offrirebbe all’Iran i manufatti della propria industria, in piena espansione. Paradossale, nell’era della finanzia globale? No, se a far paura è proprio l’inaffidabilità della moneta commerciale: il dollaro.