Archivio del Tag ‘catastrofe’
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Magaldi: ristori-flop. Oligarchi con Letta, contro Draghi
«Male sul fronte sanitario, malissimo su quello economico». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, boccia le misure di sostegno (troppo timide) varate dal governo Draghi, in un’Italia dall’economia ancora tramortita dalle chiusure forzate. «E’ vero, non siamo più nella primavera 2020, in cui – per volere di Conte – non poteva circolare nessuno. Però avanza inesorabile la morte civile del paese, col pretesto della pandemia, come se le restrizioni fossero risolutive, per arginare il virus: e sappiamo che non lo sono». Il guaio? «Il regime di lockdown fa comodo a tanti poteri, restii a rinunciare alle loro nuove prerogative: per questo, il 1° Maggio, anche se ci sarà ancora il coprifuoco, la Milizia Rooseveltiana compirà una “passeggiata” serale in piazza Campo dei Fiori, a Roma, per sollecitare il ritorno alla normalità, cioè alla libertà». Il 17 febbraio, alla prima “passeggiata” ai piedi della statua di Giordano Bruno aveva partecipiato anche Enrico Montesano.«Quella che pratichiamo è una forma di disobbedienza civile, nonviolenta, per dire dire basta a misure assurde: dall’emergenza Covid si esce innanzitutto ricorrendo finalmente a cure domiciliari precoci, in modo da ridurre molto i ricoveri in ospedale». Magaldi quindi non approva la linea adottata in materia sanitaria da Mario Draghi, che ha volutamente lasciato a Roberto Speranza il ruolo di arcigno “carceriere” degli italiani. «Finora, purtroppo, il nuovo governo non ha osato uscire dalla modalità adottata praticamente da tutti, in Europa, che prevede il ricorso sistematico alle restrizioni», sottolinea il presidente del Movimento Roosevelt. «Da una parte lo capisco: Draghi non intende esporsi all’accusa di esser stato imprudente, che gli verrebbe mossa da chi aspetta solo un suo passo falso. In realtà, il suo piano è semplice: immunizzare al più presto la popolazione, coi vaccini, per poi organizzare finalmente la ripresa. E in questo senso, eliminando Arcuri e altri, qualcosa di buono l’ha fatto».Quanto all’emergenza socio-economica, Magaldi distingue: «Draghi ha esposto propositi rivoluzionari: recuperare Keynes, anche in Europa, per risollevare l’economia in modo decisivo, con investimenti pubblici senza precedenti». Dov’è il problema? «Nell’approccio alla crisi, ormai devastante per milioni di italiani: non puoi limitarti a elemosinare “ristori” che fanno ridere i polli. Se impedisci a un esercizio di lavorare – insiste Magaldi – non puoi elargire solo le briciole: devi rinfondere i titolari di tutti gli introiti perduti». Un invito, quindi: «Meglio che il governo si corregga subito, incrementando i “ristori”, prima che sia troppo tardi: se non interviene per tempo, infatti, molte aziende non riusciranno a riaprire mai più. Ed è una vera catastrofe, che insieme alla ristorazione, allo spettacolo e al turismo coinvolge, in modo devastante, un vastissimo indotto».Altro campanello d’allarme, per il leader “rooseveltiano”, l’ascesa di Enrico Letta alla guida del Pd. «Ha l’aria di essere tornato in campo proprio per dare fastidio a Draghi, per conto dei poteri oligarchici che temono ciò che il neo-premier potrebbe fare». L’accusa di Magaldi discende dal profilo dello stesso Letta: «E’ un servizievole paramassone, abituato a eseguire ordini provenienti dai poteri che contano. E oggi – aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt – quei poteri massonici di segno “neoaristocratico” hanno davvero paura, di fronte ai propositi enunciati da Draghi: cioè l’abolizione definitiva dell’austerity, facendo dell’Italia il punto di partenza per una rigenerazione (economica, sociale e democratica) della stessa Europa». Un piano che l’ex presidente della Bce ha enunciato già l’anno scorso, in un intervento sul “Financial Times”: utilizzare la pandemia come alibi per cancellare il rigore neoliberista, rimettendo mano all’intervento strategico dello Stato nell’economia, senza più badare a spese.I poteri reazionari a cui risponde Letta, secondo Magaldi, potrebbero anche utilizzare il neo-segretario del Pd per ostacolare Draghi nella sua proiezione verso il Quirinale. Tra i fantasmi appostati dietro l’angolo, per esempio, c’è sempre Romano Prodi: Magaldi l’ha definito «globalizzatore in grembiulino», militante nell’area massonica conservatrice (nonostante la sua collocazione tattica nel centrosinistra). Neppure Letta – che massone non è – ha mai mostrato segni di “pentimento”, rispetto al suo passato di pallido continuatore del massone oligarchico Monti. Tutti spettri, le cui ombre si allungano sul futuro di quello che i media avevano ribattezzato Super-Mario. «Se ci tiene a diventare capo dello Stato – chiosa Magaldi, esponente italiano del circuito massonico progressista sovranazionale – Draghi farà bene a correggere il suo approccio di fronte al Covid, limitando le restrizioni (come chiede la Lega) e soprattutto a metter mano a ben altri fondi, per indennizzare le aziende ancora incredibilmente costrette alla chiusura».«Male sul fronte sanitario, malissimo su quello economico». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, boccia le misure di sostegno (troppo timide) varate dal governo Draghi, in un’Italia dall’economia ancora tramortita dalle chiusure forzate. «E’ vero, non siamo più nella primavera 2020, in cui – per volere di Conte – non poteva circolare nessuno. Però avanza inesorabile la morte civile del paese, col pretesto della pandemia, come se le restrizioni fossero risolutive, per arginare il virus: e sappiamo che non lo sono». Il guaio? «Il regime di lockdown fa comodo a tanti poteri, restii a rinunciare alle loro nuove prerogative: per questo, il 1° Maggio, anche se ci sarà ancora il coprifuoco, la Milizia Rooseveltiana compirà una “passeggiata” serale in piazza Campo dei Fiori, a Roma, per sollecitare il ritorno alla normalità, cioè alla libertà». Il 17 febbraio, alla prima “passeggiata” ai piedi della statua di Giordano Bruno aveva partecipato anche Enrico Montesano.
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Lockdown, medioevo nel 2021: i terrapiattisti del Covid
Uscire dal medioevo: lo chiedeva (in modo “gridato”) un giornalista come Paolo Barnard, co-fondatore di “Report”, almeno dieci anni fa. Nel saggio “Il più grande crimine”, denunciava il carattere neo-feudale dell’élite eurocratica ordoliberista, capace di coniugare neoliberismo economico e autoritarismo politico-sociale nell’adesione fanatica al dogma mercantilista dell’economia “neoclassica”, tra i fantasmi settecenteschi di David Ricardo (prima produco, poi risparmio: senza possibilità di investire a monte, scommettendo sull’economia), come se il denaro fosse ancora un bene materiale e limitato, paragonabile alle materie prime e ai prodotti agricoli come il grano. Al centro della polemica innescata da Barnard campeggiava la grande menzogna sulla “scarsità di moneta”, utilizzata (ormai in tempi di valuta “fiat”, virtualmente illimitata e a costo zero) da un oligopolio privatistico, pronto a imporre l’austerity per ottenere la più grande retrocessione sociale di massa della storia moderna: il debito pubblico come colpa e come handicap, non più interpretato in modo keynesiano come leva strategica destinata a produrre benessere diffuso attraverso investimenti lungimiranti.
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Covid, svolta: Piemonte, protocollo per guarire da casa
Il Piemonte rompe gli schemi: dal Covid si può guarire a casa, senza essere ricoverati. Prima in Italia, la Regione guidata da Alberto Cirio ha modificato il protocollo per la presa in carico a domicilio dei pazienti Covid: ora verrà effettuata dai medici di famiglia con l’appoggio delle Usca, speciali unità sanitarie territoriali. «Una svolta che, secondo diversi esperti, rappresenta il primo, imprescindibile passo verso il contrasto dell’emergenza sanitaria», sottolinea “Qui Finanza”. «A cambiare infatti è proprio il paradigma: non è più immaginabile (come non lo è mai stato: ci è voluto un anno, per arrivarci) che la malattia da Covid-19 venga affrontata nei reparti ospedalieri. Per chi arriva in ospedale spesso è troppo tardi. Il coronavirus va combattuto e gestito sin da subito a casa, all’insorgere dei primissimi sintomi: questa la strada». Stop quindi a Tachipirina e “vigile attesa”. Lo scorso dicembre, l’Aifa aveva pubblicato un documento nel quale raccomandava proprio il semplice paracetamolo per i pazienti Covid “lievi”, ancora a casa: spesso, significa lasciare che il malato si aggravi.A questa decisione, ricorda “Qui Finanza”, si è opposto il “Comitato Cura Domiciliare Covid-19” guidato da Erich Grimaldi e Valentina Piraino, entrambi avvocati, che hanno presentato istanza cautelare – vincendola – contro il ministero della salute e l’Aifa, per la libertà di scelta sui farmaci da adottare nella terapia. «Il Tar ha dunque dato ragione al gruppo di medici “dissidenti”, aprendo un vero e proprio squarcio, anche concettuale, sulle terapie domiciliari». Ora il Piemonte raccoglie questo prezioso testimone e va oltre. «Siamo convinti, perché lo abbiamo riscontrato sul campo fin dalla prima ondata, che in molti casi il virus si possa combattere molto efficacemente curando i pazienti a casa», spiega l’assessore regionale alla sanità, il leghista Luigi Icardi. «Non vuol dire limitarsi a prescrivere paracetamolo per telefono e restare in “vigile attesa”» (del peggioramento), ma «prendere in carico i pazienti a domicilio». Finalmente.L’obiettivo è chiaro: affrontare il Covid prima che il paziente possa aggravarsi, se lasciato senza cure, e al tempo stesso evitare che i ricoveri e le degenze prolungate (oltre l’effettiva necessità clinica dei pazienti che possono essere curati a domicilio) determinino una consistente occupazione di posti letto e l’impossibilità di erogare assistenza a chi si trova in condizioni più gravi e con altre patologie di maggiore complessità. Ed ecco allora la “rivoluzione” introdotta dal Piemonte: accanto a eparina, steroidi e antibiotici, la Regione guidata da Alberto Cirio introduce per la prima volta in Italia la vitamina D, insieme ai farmaci antinfiammatori non steroidei e all’idrossiclorochina. «Quest’ultima, dopo che il Consiglio di Stato ne ha consentito la prescrizione sotto precisa responsabilità e dietro stretto controllo del medico», precisa sempre “Qui Finanza”. «In più, come delineato da Icardi, si prevede la possibilità di attivare “ambulatori Usca” per gli accertamenti diagnostici altrimenti non eseguibili o difficilmente eseguibili al domicilio, ottimizzando così le risorse professionali e materiali disponibili».Questi ambulatori «sono pensati per consentire il controllo dei pazienti a cadenza regolare e offrire prestazioni adeguate per una diagnosi e una gestione più appropriata della malattia». In questi luoghi «si potranno eseguire visite mediche, prelievi di sangue, consegne e ritiro urine per esame completo», ma anche «monitoraggi della saturazione ed eventuale emogasanalisi, elettrocardiogrammi, ecografie toraciche, tamponi naso-faringei per test molecolari e antigenici, attivazioni di percorsi preferenziali con invio diretto in radiologia per eseguire radiografie e Tac al torace». Alle Usca è previsto anche l’affiancamento di un servizio psicologico, svolto da remoto, utilizzando le postazioni di telemedicina attivate in sede distrettuale e costituito da colloqui in videochiamata con il paziente e il nucleo familiare.Si tratta di una vera e propria rivoluzione, virtualmente contagiosa: non a caso, la Lombardia ha richiesto contatti con il Piemonte per valutare anche sul suo territorio l’estensione del protocollo domiciliare. Tra i protagonisti della svolta si segnala il professor Pietro Luigi Garavelli, infettivologo e primario all’Ospedale Maggiore di Novara, tra i primi in Italia a segnalare l’efficacia delle cure precoci, da prescrivere nelle prime fasi della malattia. Obiettivo: intervenire in modo tempestivo, scongiurando l’aggravarsi del paziente. Conseguenze: elevate possibilità di guarigione, nella maggior parte dei casi, evitando il ricovero. Tradotto: significa tagliare in modo drastico i numeri dell’emergenza, eliminando il preoccupante affollamento dei reparti ospedalieri. Uno “spettacolo” prolungatosi per un anno intero, in cui i malati sono stati “dimenticati” a casa per giorni, senza terapie, lasciando che loro condizioni si aggravassero. Spesso, infatti, gli insuccessi ospedalieri sono dipesi dal ritardo nelle terapie: malati ricoverati quando ormai le loro condizioni erano seriamente compromesse. Scandalosa, in questo, la latitanza delle autorità sanitarie nazionali.Colpisce, nel caso piemontese, anche il ricorso alla vitamina D, raccomandato già un anno fa dai migliori medici, spesso sbeffeggiati dai virologi “televisivi”. «A inizio pandemia proprio l’Accademia di Medicina di Torino aveva istituito un gruppo di lavoro, coordinato dal presidente Giancarlo Isaia, professore di geriatria, e da Antonio D’Avolio, professore di farmacologia all’università di Torino, composto da 61 medici di diverse città italiane con l’intento di fornire un contributo e un supporto scientifico alle istituzioni». Già mesi fa, scrive “Qui Finanza”, il gruppo aveva elaborato un documento inviato alle autorità sanitarie nazionali e regionali «ma per lo più inascoltato», che riporta «le più recenti e convincenti evidenze scientifiche sugli effetti positivi della vitamina D, sia nella prevenzione che nelle complicanze del coronavirus». Della vitamina D, infatti, «sono noti da tempo gli effetti sulla risposta immunitaria, sia innata che adattiva». Oggi è possibile reperire su “PubMed” almeno 300 lavori, editi nel 2020, che trattano il legame tra Covid-19 e vitamina D, che hanno confermato «la presenza di ipovitaminosi D nella maggioranza dei pazienti affetti da Covid, soprattutto se in forma severa, e di una più elevata mortalità ad essa associata».Da qui il suggerimento di intervenire con la somministrazione della vitamina D «soprattutto nella popolazione anziana, che in Italia ne è in larga misura carente». Proprio come ha fatto il premier inglese Boris Johnson in Gran Bretagna. Come spiega l’Accademia di Medicina nel suo documento, in uno studio osservazionale di 6 settimane su 154 pazienti, la prevalenza di soggetti con scarsa vitamina D è risultata del 31,86% negli asintomatici e del 96,82% in quelli che sono stati poi ricoverati in terapia intensiva. In uno studio randomizzato su 76 pazienti oligosintomatici, la percentuale di soggetti per i quali è stato necessario, successivamente, il ricovero in terapia intensiva è stata del 2% se trattati con dosi elevate di calcifediolo e del 50% nei pazienti non trattati. In 77 soggetti anziani ospedalizzati per Covid, la probabilità di sopravvivenza alla malattia è risultata «significativamente correlata con la somministrazione di colecalciferolo». Dunque, ora si cambia: dopo un anno di inerzia e centomila morti. Un fallimento catastrofico, a cui il Piemonte – prima Regione italiana – si incarica di rimediare, facendo da apripista. Crolla un tabù: dal Covid si può (e si deve) guarire restando a casa, senza più finire all’ospedale.Il Piemonte rompe gli schemi: dal Covid si può guarire a casa, senza essere ricoverati. Prima in Italia, la Regione guidata da Alberto Cirio ha modificato il protocollo per la presa in carico a domicilio dei pazienti Covid: ora verrà effettuata dai medici di famiglia con l’appoggio delle Usca, speciali unità sanitarie territoriali. «Una svolta che, secondo diversi esperti, rappresenta il primo, imprescindibile passo verso il contrasto dell’emergenza sanitaria», sottolinea “Qui Finanza“. «A cambiare infatti è proprio il paradigma: non è più immaginabile (come non lo è mai stato: ci è voluto un anno, per arrivarci) che la malattia da Covid-19 venga affrontata nei reparti ospedalieri. Per chi arriva in ospedale spesso è troppo tardi. Il coronavirus va combattuto e gestito sin da subito a casa, all’insorgere dei primissimi sintomi: questa la strada». Stop quindi a Tachipirina e “vigile attesa”. Lo scorso dicembre, l’Aifa aveva pubblicato un documento nel quale raccomandava proprio il semplice paracetamolo per i pazienti Covid “lievi”, ancora a casa: spesso, significa lasciare che il malato si aggravi.
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Bizzi: la farsa-Covid è finita, grazie a Putin e ai Rothschild
Qualcosa è cambiato, dopo un anno di bugie e sofferenze? Sembrerebbe di sì: persino il massimo portavoce degli spaventapasseri-Covid, cioè il catastrofico Roberto Speranza, ha stranamente annunciato l’imminente uscita graduale dal tunnel, nel corso della primavera, in vista di un’estate finalmente quasi normale. Facile la spiegazione di comodo offerta dal ministro-carceriere: i vaccini garantiranno l’immunità di massa, dopo che i lockdown hanno limitato i danni. Falsità visibili dalla Luna: l’Italia delle zone rosse ha collezionato centomila morti (dichiarati, almeno). E gli attuali non-vaccini (cioè i preparati genici che inseguono le varianti del coronavirus) non riusciranno mai – secondo autorevoli infettivologi come Pietro Luigi Garavelli, primario a Novara – a proteggere davvero la popolazione, perché il virus (mutante) sarà sempre più veloce di loro. Come se ne esce? Lo spiegano i medici che guariscono i pazienti: le cure precoci, prescritte ai primi sintomi, molto spesso permettono di curarsi da casa, evitando il ricovero.Così si sgonfiano i numeri dell’emergenza: ci crede il Piemonte, prima Regione italiana ad adottare il protocollo-base che il ministero della sanità si è finora rifiutato di fornire ai medici di famiglia. Niente più panico, dunque. I primi a raccomandare l’opposto della linea adottata dai governi occidentali erano stati i luminari che un anno fa sottoscrissero la Dichiarazione di Great Barrington, negli Usa: bisogna lasciarlo correre, il virus, per raggiungere in fretta l’immunità di gregge, stando pronti a usare i farmaci giusti per curare (a casa, presto e bene) chi si ammala. I vaccini? Non indispensabili. Parola dei maggiori epidemiologi del mondo, quelli che per primi affrontarono l’Ebola. Unica accortezza: proteggere anziani e malati, tenendoli isolati (loro sì), ma evitando assolutamente i lockdown e ogni forma di distanziamento, pena il trascinarsi del Covid per anni. Recenti studi pubblicati da “Science” e “Nature” lo confermano: se ci si contagia a milioni, il Sars-Cov-2 diventa progressivamente innocuo, come un banale raffreddore.Se è così, perché mai abbiamo sbagliato tutto – distanziando, chiudendo, ospedalizzando – per un anno intero? «Non è stato affatto un errore, ma una scelta deliberata». Lo sostiene Nicola Bizzi, storico ed editore di Aurola Boreale, co-autore del saggio “Operazione Corona, colpo di Stato globale”. Nella trasmissione web-streaming “L’orizzonte degli eventi”, condotta sul canale YouTube di “Border Nights” insieme a Tom Bosco e Matt Martini, Bizzi sintetizza: l’anonimo “sequestro” del pianeta, in virtù di una semplice sindrome influenzale (sia pure pericolosa, se non curata tempestivamente) faceva parte di un piano preciso, coltivato da élite oscure. L’altra notizia è che questo piano mostruoso è tecnicamente fallito: già a novembre, dice Bizzi, i “golpisti” hanno trattato la resa, accettando un esito diverso: la “pandemia” sarebbe terminata a fine aprile. Ultima concessione, il lauto business dei vaccini. Poi, la ritirata: cioè l’annuncio che il virus sarebbe stato sconfitto. «L’alternativa sarebbe stata un Processo di Norimberga, per crimini contro l’umanità».In altre parole: sbrigatevi a vendere i vostri inutili vaccini, ancora per qualche mese, e poi toglietevi di torno. Credibile? Per Bizzi, assolutamente sì: «Fate caso ai segnali che provengono dal mondo che conta, quello della finanza: stranamente, da settimane, le agenzie di rating prevedono la fine della pandemia entro aprile e il grande rilancio di settori come il turismo e l’immobiliare». Eppure, per i media, siamo ancora alle prese con il peggio. «Appunto: i media si adegueranno rapidamente». Non potendo ammettere che i numeri dell’emergenza erano gonfiati, oltre che propiziati dal pazzesco rifiuto di curare i pazienti in modo tempestivo, a casa, ora parleranno dell’effetto miracoloso dei vaccini. «Una recita, ampiamente prevista e concordata coi vincitori». Chi sono? «Una parte dell’élite mondiale, che non ha mai approvato il Grande Reset disegnato a Davos, il progetto di schiavizzazione dell’umanità». Nomi? Uno, enorme: «I Rothschild: hanno contrastato la cordata di Bill Gates e Fauci, della Cina, dell’Oms. Evidentemente, quel tipo di Great Reset contrastava coi loro interessi».Non solo: Bizzi – che vanta importanti relazioni col mondo dell’intelligence – parla di una storica “guerra” all’interno della stessa, potente massoneria sovranazionale: una fazione importante si sarebbe opposta con ogni mezzo al “totalitarismo sanitario”, che secondo i “falchi” «doveva durare fino a tutto il 2023, cancellando per sempre diritti, libertà e democrazia». Se quel piano è fallito – sottolinea Bizzi – lo dobbiamo in gran parte alla Russia di Vladimir Putin: «Col suo vaccino Sputnik, che è sostanzialmente un antinfluenzale, si è portata dietro tre quarti del mondo, dall’India al Sudamerica». Abile, Putin: «Ha usato la Bielorussia come apripista. Ricordate? Il presidente Lukashenko – immediatamente aggredito con la solita “rivoluzione colorata” finanziata da Soros – denunciò il tentativo di corruzione da parte di Oms e Fmi: avrebbero coperto di soldi la Bielorussia, se avesse accettato di attuare il lockdown “come l’Italia”. Una denuncia che non è rimasta inascoltata».Putin, il presidente che Joe Biden ha appena definito «un assassino», ha messo fine per primo allo stato d’emergenza, abolendo ogni forma di distanziamento: «La scorsa settimana ha celebrato a furor di popolo la riunificazione con la Crimea: nel più grande stadio di Mosca c’erano duecentomila persone strette l’una all’altra, mano nella mano, e senza mascherina». Messaggi eloquenti, in mondovisione: «E’ il segnale: l’incubo ha le settimane contate, ormai, anche in Occidente, che – attenzione – resta di gran lunga l’area del mondo più colpita: sia in termini sanitari che in termini economici. E non credo proprio sia un caso». Alla luce del Bizzi-pensiero, le traduzioni nostrane sembrano più agevoli: Mario Draghi, che ha adottato la sottigliezza del soft-power, ha pubblicamente elogiato lo stesso Speranza (la maschera del rigore) irritando moltissimi italiani, ormai insofferenti di fronte al “regime” sanitario delle restrizioni. Ma ecco che, in capo a pochi giorni, proprio Speranza comincia a intonare la nuova canzone (”ne usciremo presto”) che, secondo Bizzi, era stata concordata già a novembre, nelle segrete stanze del grande potere: quello che poi, a cascata, spiega anche ai Roberto Speranza cosa dire, e quando.Qualcosa è cambiato, dopo un anno di bugie e sofferenze? Sembrerebbe di sì: persino il massimo portavoce degli spaventapasseri-Covid, cioè il catastrofico Roberto Speranza, ha stranamente annunciato l’imminente uscita graduale dal tunnel, nel corso della primavera, in vista di un’estate finalmente quasi normale. Facile la spiegazione di comodo offerta dal ministro-carceriere: i vaccini garantiranno l’immunità di massa, dopo che i lockdown hanno limitato i danni. Falsità visibili dalla Luna: l’Italia delle zone rosse ha collezionato centomila morti (dichiarati, almeno). E gli attuali non-vaccini (cioè i preparati genici che inseguono le varianti del coronavirus) non riusciranno mai – secondo autorevoli infettivologi come Pietro Luigi Garavelli, primario a Novara – a proteggere davvero la popolazione, perché il virus (mutante) sarà sempre più veloce di loro. Come se ne esce? Lo spiegano i medici che guariscono i pazienti: le cure precoci, prescritte ai primi sintomi, molto spesso permettono di curarsi da casa, evitando il ricovero.
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Kadosh, messaggio templare: Draghi abbatta le colonne
Qualcuno intravede nell’11 Settembre l’abbattimento di due colonne: hanno cercato di fare tabula rasa di un sistema? Appunto: possiamo dire che quello dell’11 Settembre è “l’abbattimento delle colonne” in chiave contro-iniziatica. Chi ha operato in quel modo ha lanciato un messaggio massonico che soltanto gli imbecilli, che sono tantissimi, non hannocompreso (o non hanno voluto comprendere: il sistema mediatico mainstream non è fatto di imbecilli; è popolato per lo più di servi, che rispondono a gente che non è affatto imbecille, e che vuole che il racconto sulle cose rimanga in una dialettica tra il complottismo più becero e il pastone mainstream più insignificante e conformista). Chi ha operato in quel modo sapeva di avere a che fare con il simbolismo massonico. Ma, in chiave contro-iniziatica, non ha “abbattuto le colonne” per perseguire giustizia e libertà. Ha abbattuto le colonne per compiere un’opera inversa, di costrizione: non è un caso che, da quell’evento, siano nati dei pacchetti legislativi (negli Usa, il Patriot Act) che andavano nel senso della restrizione della libertà e della somma ingiustizia, in danno dei cittadini.Il massone iniziato al 30° grado viene messo nelle condizioni di “abbattere le colonne” del Tempio. La massoneria ha questa enfasi, sulla costruzione: l’iniziato è un costruttore, come ricordato nella ritualità. Nella sua “cassetta degli attrezzi”, sapienziali e pratici, c’è l’idea del costruire, che si tratti di costruzioni materiali o spirituali, sociali, intellettuali. La sua opera frena le pulsioni distruttive. Eppure, in questo grado viene chiamato a compiere la “distruzione delle colonne”. L’abbattimento delle colonne è un librarsi verso la trascendenza, è la messa in discussione di qualunque costrutto umano. Ecco il paradosso: i liberi muratori sono costruttori, eppure il cavaliere Kadosh sa che qualunque costruzione umana, persino i costrutti più sublimi della stessa massoneria, a un certo punto vanno abbattuti: perché quella libertà, nell’immanenza (sociale, politica) può essere figlia soltanto della liberazione nella trascendenza, cioè nell’affrancamento da tutti i vincoli e i limiti della vita immanente. Significa essere proiettati verso l’assoluto, che però finisce a sua volta per essere relativo: la trascendenza non può che avere a che fare con un rapporto diverso con l’immanenza.Per agire bene nell’immanenza occorre trascenderla: ed ecco perché occorre “abbattere le colonne” del Tempio. Quindi, sì: i cavalieri templari sanno essere distruttori, e una delle loro funzioni, talvolta, consiste nel fare tabula rasa di qualsiasi cosa impedisca la fruizione di quella giustizia e quella libertà a cui si sono votati. Sul piano numerologico, nel 30° grado massonico viene svelato il “mistero del settenario”, nella connessione al serpente (il potere del serpente, la conoscenza del serpente) e al numero 14: la scala dei 7 gradini che compare in questo grado è sia ascendente che discendente. E il 14 rinvia a uno degli arcani maggiori al libro sacro al dio Toth, cioè i Tarocchi: l’Arte. E’ la capacità di trasformare. E’ quell’insieme di sapienza, potenza e amore che conferisce all’uomo la capacità di “essere dio della Terra”, ovvero di accedere a conoscenze e poteri trascendenti per plasmare di nuovo l’immanenza. E a livello globale, questo è un periodo nel quale proprio i temi del 30° grado massonico sono quasi incarnati nei pensieri, nelle aspirazioni, nelle problematiche di miliardi di persone.C’è un equilibrio che si è rotto: viviamo in una svolta epocale. Questa svolta evoca scenari da incubo, delle distopie. Ne parla un bel libro, “Il grande reset”, dell’amica Ilaria Bifarini. Il tema nasce dalle dichiarazioni di Klaus Schwab (ispiratore del World Economic Forum di Davos), da alcuni visto come un incubo: questa grande crisi sarebbe il preludio non già di una rigenerazione possibile dell’economia, della società, dei rapporti umani (usciti più saldi dalla terribile esperienza che stiamo tuttora vivendo); sarebbe invece il preludio di uno scenario da incubo, il cui il distanziamento sociale diventerebbe stabile, in cui certi mestieri morirebbero, e in cui alcuni – già oggi – stanno certamente lucrando molto: da un lato c’è la morte per asfissia di interi segmenti produttivi, ma altri stanno facendo soldi a palate (e si preparerebbero a farne altrettanti, nel nuovo corso delle cose, dove la pandemia diventerebbe permanente, periodica). Quindi dovremmo abituarci, secondo questo scenario distopico, a un’umanità che va peggiorando il suo percorso di civiltà.Questo non può non avere a che fare con il ruolo, i doveri e anche i diritti dei cavalieri Kadosh. Chi sono? Sono quegli iniziati che, nella vita reale, vogliono realizzare lo spirito di questo grado massonico. Ogni autentico cavaliere Kadosh, in questa epoca, non potrà che aver pronta la mano alla spada: per capire se quello che ci attende è un mondo di giustizia e libertà, oppure un mondo di nuove e più pesanti oppressioni. Oggi abbiamo a Palazzo Chigi un illustre rappresentante del mondo supermassonico: un uomo, un iniziato, un “fratello” che per lunghi anni ha interpretato da par suo, ma da contro-iniziato, l’ideologia neoaristocratica e neoliberista (in Europa, declinata nel senso dell’ordoliberismo), e un bel giorno ha rivelato ai confratelli progressisti di voler passare dall’altra parte, la loro. Io stesso mi sono esposto, nell’avvalorare questo cambio di casacca, di intendimenti. Cosa che confermo: i passi che il “fratello” Mario Draghi sta compiendo, nel suo difficile ruolo di governo, sono perfettamente intonati ad una strategia sottile.Altri, però, guardano con attenzione a ciò che sta accadendo in Italia, e cercheranno di impedire che le cose vadano in una certa direzione. E c’è sempre il dubbio che, a un certo punto, Draghi o altri possano cedere, sotto il peso di determinate pressioni. Ecco allora che il ruolo del cavaliere templare è importante, da ricordare: sia per Mario Draghi che per gli altri fratelli coinvolti in importanti ruoli, intorno a Palazzo Chigi, in questo tempo. E’ importante ricordare che le spade dei cavalieri templari sono lì, pronte a difendere (e a spiegare, combattendo cioè anche con la penna) i valori per cui devono battersi. Questa traiettoria del 30° grado, che è graduale e sapiente, gnostica e sottile, sarà accompagnata. Però, chi dovesse avere dei tentennamenti, fino magari a pensare di doversi arrestare, di fronte alle “colonne da abbattere”, sappia che invece le colonne vanno abbattute. Questa traiettoria (del fratello Draghi e di altri, che non si ferma a Palazzo Chigi: deve andare oltre) dev’essere quella di chi abbatte le colonne, senza alcun ripensamento. E chi vuol capire, capisca.Mario Draghi non è venuto certamente ad abbattere il capitalismo: da social-liberale, quale si è infine ricordato di voler essere, non prevede l’abbattimento delle multinazionali, cioè dell’idea di società che operano a livello sovranazionale. Ma, specie per l’Italia, è importantela difesa delle piccole e medie imprese. Soprattutto le piccole imprese, infatti, sono l’asse portante di questo paese. L’attuale presidente di Confindustria ne ha appena svilito il ruolo, affermando che “piccolo non è bello”, sbagliando clamorosamente. Oltretutto, con una cattiva scelta di tempi ha fatto l’encomio di Conte, salvo – l’indomani – genuflettersi di fronte all’arrivo di Draghi (e ha fatto bene, ma c’è ancora molta confusione). A livello mondiale, la convivenza di multinazionali e di piccole e medie imprese significa “glocalismo”, cioè coniugare l’aspetto “gobal” con l’aspetto “local”.Perché mai, una società che operasse in regime di libero mercato (senza monopoli, senza oligopoli) non dovrebbe potersi proiettare in un orizzonte globale, offrendo ottimi servizi su scala planetaria? Le multinazionali, semmai, devono essere al servizio di un’economia globale più giusta, più rispettosa di un presente e di un futuro in cui i paesi che devono svilupparsi abbiano garanzie e protezioni per quello sviluppo endogeno, che non dev’essere soffocato dalla rapacità di alcune multinazionali, cui vanno tagliate le unghie. Altre multinazionali vanno ricondotte a una condizione che non sia oligopolistica. Altre ancora, probabilmente, pagheranno per esser state il braccio armato di gruppi oligarchici che si muovono su un piano che va oltre quello economico.“Abbattere le colonne”, per questo governo, significa abbattere le colonne di una falsa Europa, di una falsa idea di economia sociale e di mercato ispirata all’ordoliberismo, e riadattare al XXI secolo alcuni caposaldi dell’ideologia social-liberale, keynesiana, rooseveltiana e rosselliana, e puntare decisamente verso un’Europa fondata politicamente. Abbattere le colonne del Tempio significa fare strage di tutti quegli interessi oligarchici che hanno impedito all’Europa di diventare un soggetto davvero integrato, capace di collocarsi nelle dialettiche geopolitiche più importanti. E significa ridare all’Italia uno slancio che ha perso da tanto tempo. Fare questo è un’opera erculea, titanica. Serviranno anni e anni. E occorre pazienza, perché di mezzo c’è anche una pandemia (che Draghi non ha potuto gestire dall’inizio, e che è stata affrontata malissimo nello scorso anno).Nel 30° grado, “abbattere le colonne” significa liberarsi di ogni costruzione, anche la più sublime (persino del simbolo del Grande Architetto, della dualità, dei più importanti archetipi massonici iniziatici) per librarsi davvero verso la trascendenza. Abbattere le colonne significa ricordarsi che il fondamento della libertà sta nella trascendenza rispetto a ogni forma. E così, il templare snuda la spada. Ed è pronto a colpire anche il “fratello” che abbia tradito gli intendimenti che, come templare, sarebbe stato tenuto a osservare. Quindi, i cavalieri templari che svolgeranno il loro ruolo con onore e abbatteranno le colonne del Tempio (che vanno abbattute) saranno supportate dai “fratelli”. Gli altri invece saranno “passati a fil di spada”, nauralmente in senso metaforico.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate nell’ambito della trasmissione web-streaming “Massoneria On Air” condotta il 4 marzo 2021 da Fabio Frabetti di “Border Nights”, con la partecipazione di Sergio Magaldi e Gianfranco Carpeoro, che hanno chiarito la natura del 30° grado massonico del Rito Scozzese e la “missione” del cavaliere Kadosh, ispirato all’élite esoterica dei Templari, impegnata a battersi per “giustizia e libertà”, in difesa degli oppressi. «Questa puntata – ha annunciato Gioele Magaldi, in apertura – sarà guardata anche dal “fratello” Mario Draghi, che è un appassionato di scozzesismo». Autore del saggio “Massoni” e presidente del Movimento Roosevelt, Magaldi – leader del Grande Oriente Democratico ed esponente italiano del circuito massonico progressista mondiale – interpreta la missione di Draghi nel segno della discontinuità rispetto ai decenni precedenti, verso una riconversione democratica della politica, italiana e internazionale).Qualcuno intravede nell’11 Settembre l’abbattimento di due colonne: hanno cercato di fare tabula rasa di un sistema? Appunto: possiamo dire che quello dell’11 Settembre è “l’abbattimento delle colonne” in chiave contro-iniziatica. Chi ha operato in quel modo ha lanciato un messaggio massonico che soltanto gli imbecilli, che sono tantissimi, non hanno compreso (o non hanno voluto comprendere: il sistema mediatico mainstream non è fatto di imbecilli; è popolato per lo più di servi, che rispondono a gente che non è affatto imbecille, e che vuole che il racconto sulle cose rimanga in una dialettica tra il complottismo più becero e il pastone mainstream più insignificante e conformista). Chi ha operato in quel modo sapeva di avere a che fare con il simbolismo massonico. Ma, in chiave contro-iniziatica, non ha “abbattuto le colonne” per perseguire giustizia e libertà. Ha abbattuto le colonne per compiere un’opera inversa, di costrizione: non è un caso che, da quell’evento, siano nati dei pacchetti legislativi (negli Usa, il Patriot Act) che andavano nel senso della restrizione della libertà e della somma ingiustizia, in danno dei cittadini.
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Cure precoci: la svolta, malgrado il ministro Speranza
Le prossime settimane non saranno facili, avverte Roberto Speranza, dopo 365 giorni e 52 settimane tutt’altro che allegre, per gli italiani. Sarebbe bello, aggiunge, poter annunciare il ritorno alla vita, e invece tocca rassegnarsi (ancora) alla clausura. No, signor ministro: non ci siamo. Sarebbe bello, semmai, poter finalmente dire – sia pure con almeno sei mesi di ritardo – che ormai abbiamo trovato il modo di uscire dai guai. Sarebbe splendido poter comunicare agli italiani che ora siamo attrezzati, meglio tardi che mai, di fronte alla calamità Covid. Come? Nel modo più semplice: abilitando i medici di base a intervenire subito sui pazienti, ai primissimi sintomi, senza cioè aspettare che si aggravino, al punto da dover ricorrere alla respirazione assistita, in ospedale. E’ francamente sconcertante che i medici del territorio non siano ancora stati istruiti su come procedere, mediante un opportuno protocollo. Ed è surreale che il ministro della salute – dopo un anno intero trascorso a fare non si sa bene cosa – abbia il cattivo gusto di ripresentarsi in pubblico, con la stessa faccia, a ripetere quello che diceva esattamente un anno fa.Si chiama coazione a ripetere: è qualcosa che presuppone, se si è in buona fede, una specie di cortocircuito cognitivo, intellettuale. E’ in buona fede, l’infelice Speranza? Sembrerebbe di sì, visto che ha speso l’estate 2020 a scrivere un libro auto-celebrativo, anziché degnarsi almeno di rispondere ai (tanti) medici italiani che gli si erano rivolti, nei mesi precedenti, per segnalargli terapie efficaci – in fase precoce – nel frattempo sperimentate con successo. Farmaci in grado di “spegnere” l’incendio Covid nei primi giorni, quando il paziente è ancora a casa. La cura quindi non prevede il ricovero: dunque, nessuno stress emergenziale su una struttura ospedaliera resa fragile da decenni di tagli scellerati. Clamoroso il caso dei 30 specialisti italiani che già ad aprile scrissero inutilmente a Speranza per avvisarlo dell’efficacia dei cortisonici: il pupillo di Bersani non si curò nemmeno di rispondere “grazie, leggerò”. Due mesi dopo, i sanitari inglesi raggiunsero le stesse conclusioni: i cortisonici funzionano. E in quel caso il governo di Londra li ascoltò, eccome. Così, riscossero persino il plauso – non scontato – dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.Sono questi gli Oscar, i Nobel che Roberto Speranza ha collezionato, dopo un anno trascorso al ministero della sanità: basterebbero a suggerirgli di rassegnare dignitosamente le dimissioni. Per un presumibile scrupolo morale, nei mesi scorsi fece ritirare dalle librerie il suo libro “Perché guariremo”, immaginabile summa clinico-politica su come uscire indenni dalle pandemie, dall’alto dello scranno ministeriale di un paese che vanta centomila vittime e il record europeo di danni socio-economici da Covid. Alcuni medici in prima linea, come quelli di associazioni come “Ippocrate”, si sono rassegnati a curare i pazienti in modo gratuito e volontaristico, vista la latitanza delle istituzioni sanitarie. E oggi ribadiscono: è essenziale intervenire subito, evitando di abbandonare i pazienti per giorni nelle loro case, perché il Covid può evolvere velocemente facendo danni spesso irreparabili. Lo si è visto negli ospedali: i migliori rianimatori non sono sempre riusciti a utilizzare l’elevato potenziale delle terapie intensive per salvare soggetti, anziani e non solo, ricoverati in condizioni ormai gravemente compromesse.Fare presto: questa, dicono i sanitari, è la chiave vincente. Non per far sparire il Covid dalla circolazione: nessuno maneggia la bacchetta magica. Si tratta però di statistica: avremmo evitato almeno il 60% dei ricoveri. Cifre mostruose: se confermate, basterebbero a cancellare il grande terrore alimentato per un anno intero da cattivi politici e cattivi giornalisti, sempre disattenti di fronte alle notizie positive provenienti dal mondo medico, a sua volta mandato troppo spesso allo sbaraglio, senza mezzi adeguati, di fronte all’invasione dei pronto soccorso. A sottolineare l’importanza decisiva della tempestività è anche un luminare come Giuseppe Remuzzi, direttore dell’Istituto Mario Negri di Milano: ha messo a punto una sorta di protocollo che garantisce di ridurre radicalmente il problema, con la semplice somministrazione domiciliare – purché precoce – di normali farmaci antinfiammatori. La grande notizia è che il nuovo governo, guidato da Mario Draghi, sembra intenzionato a percorrere finalmente la strada giusta, cioè questa: predisporre un protocollo nazionale basato sulle cure precoci da prescrivere a casa. Obiettivo garantito: tagliare di netto la pressione sugli ospedali e trasformare il Covid in quello che è, cioè una malattia il più delle volte regolarmente curabile, se affrontata per tempo.Non è più di moda, la canzone funebre intonata ininterrottamente, per un anno, dagli spaventapasseri di Giuseppe Conte, impegnati a recitare ogni sera la medesima litania tombale destinata ai telespettatori ipnotizzati dalla paura. I medici che hanno imparato a guarire dal Covid ammettono che un anno fa l’esecutivo può esser stato colto di sorpresa, ma aggiungono che – se si fosse fatto tesoro delle scoperte maturate sul campo, in poche settimane – oggi conteremmo decine di migliaia di vittime in meno. Il Sars-Cov-2 è un virus mutante e altamente contagioso: si spera che, nell’immediato, i vaccini “genici” in circolazione possano almeno frenarlo, consentendo di allentare la stretta sociale e rianimare l’economia, di cui interi settori (come il turismo, la cultura, la ristorazione) sono letteralmente allo stremo. Allo scopo, lo stesso Draghi ha appena licenziato uno degli uomini-simbolo del disastro italiano, Domenico Arcuri, ricorrendo addirittura a un militare, il generale Figliuolo, per rimediare almeno alla catastrofica inefficienza del piano vaccinale di Conte, allineando cioè acquisizioni di scorte e somministrazioni celeri.Se ora Draghi recluterà Remuzzi (o qualcuno della sua scuola), in attesa di poter quantificare alla distanza l’effettiva efficacia della copertura vaccinale, si presume che accadrà questo: nel frattempo, i pazienti Covid saranno finalmente curati subito, e la maggior parte di loro guarirà in pochi giorni restando a casa. A quel punto, riascoltare Roberto Speranza nell’edizione marzo 2021 (rassegnarsi al lockdown, ancora) sarà come rivedere un film dell’orrore, pieno di farneticazioni minacciose e inconcludenti come le ciance inutilmente spese, per un anno intero, al capezzale dell’Italia, trasformata in malato terminale. “Così guariremo” sarebbe il titolo (corretto) del libro che Speranza non ha saputo scrivere: guariremo – non è più un mistero, ormai – con i farmaci giusti prescritti nelle prime ore, restando a casa e mettendo fine all’incubo. E magari tornando anche in montagna a sciare: ma solo tra un anno, visto lo scherzetto che il Ministro della Paura ha combinato alle aziende del turismo invernale, bloccate a poche ore dalla riapertura promessa. L’arcano, semmai, riguarda il luogo segreto al quale Roberto Speranza attinge per trovare il coraggio di ripresentarsi in televisione, oggi, a ripetere che non c’è niente da fare, che dobbiamo continuare a soffrire. Senza speranza, appunto.(Giorgio Cattaneo, “Cure precoci: la svolta, malgrado il ministro senza speranza”, dal blog del Movimento Roosevelt del 2 marzo 2021).Le prossime settimane non saranno facili, avverte Roberto Speranza, dopo 365 giorni e 52 settimane tutt’altro che allegre, per gli italiani. Sarebbe bello, aggiunge, poter annunciare il ritorno alla vita, e invece tocca rassegnarsi (ancora) alla clausura. No, signor ministro: non ci siamo. Sarebbe bello, semmai, poter finalmente dire – sia pure con almeno sei mesi di ritardo – che ormai abbiamo trovato il modo di uscire dai guai. Sarebbe splendido poter comunicare agli italiani che ora siamo attrezzati, meglio tardi che mai, di fronte alla calamità Covid. Come? Nel modo più semplice: abilitando i medici di base a intervenire subito sui pazienti, ai primissimi sintomi, senza cioè aspettare che si aggravino, al punto da dover ricorrere alla respirazione assistita, in ospedale. E’ francamente sconcertante che i medici del territorio non siano ancora stati istruiti su come procedere, mediante un opportuno protocollo. Ed è surreale che il ministro della salute – dopo un anno intero trascorso a fare non si sa bene cosa – abbia il cattivo gusto di ripresentarsi in pubblico, con la stessa faccia, a ripetere quello che diceva esattamente un anno fa.
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Corsa contro il tempo: Draghi e la liberazione dell’Italia
Saranno delusi, i tanti italiani che avevano sperato – con l’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi – di veder sparire da subito almeno alcuni dei simboli più deteriori dell’emergenza, come l’increscioso coprifuoco alle ore 22 (misura “di guerra”, difficilmente compatibile con l’ordinamento democratico costituzionale). Meno sorprendente, invece, la proroga del divieto di spostamento tra Regioni: una concessione transitoria al “partito del rigore”, in cambio della rinuncia a imporre l’ennesimo, catastrofico lockdown, invocato a gran voce dai falchi come Walter Ricciardi, appena premiato da Papa Bergoglio con la nomina nella Pontificia Accademia della Vita. Succede in Italia, il paese sull’orlo del baratro dove la politica si è arresa al super-tecnocrate Draghi, e dove Marco Travaglio offre la seguente spiegazione, destinata all’infanzia: uno “sfasciacarrozze” con appena il 2% del consensi (Renzi) ha osato mandare a casa il governo più bello del mondo, guidato dal leader più carismatico della storia nazionale, stracarico di onori e successi, invidiatoci dal resto del pianeta.Su altri organi del mainstream, invece, la musica sta cambiando: in un solo giorno, il 23 febbraio, la “Repubblica” degli Agnelli-Elkann (ben equipaggiati da Conte con iniezioni di miliardi e persino lucrose commesse per produrre mascherine) riesce a presentare nell’edizione online ben tre titoli dissonanti, rispetto alla canzone intonata nel 2020, per un anno intero. Primo titolo: meglio 4 persone al ristorante che 24 a casa, dice il presidente della Lombardia, il leghista Attilio Fontana. Accanto a Fontana, le mascherine sotto accusa: la metà delle Ffp2 cinesi è irregolare e non protegge dal virus. Ristoranti protagonisti anche nel terzo titolo, stavolta con l’aggiunta di un video: i carabinieri si sono tolti il casco per solidarietà coi ristoratori, affluiti a piazza Montecitorio per protestare contro la perdurante chiusura serale dei locali. C’è anche un quarto titolo, che menziona un altro leghista, il ministro Giorgetti: ha convocato le aziende farmaceutiche nazionali per impostare la produzione italiana dei vaccini e quindi accelerare il piano vaccinale.Scontato anche questo, purtroppo: i vaccini vengono presentati come l’unica possibile via d’uscita, oggi, per mettere fine a un’emergenza anomala, largamente gonfiata da numeri controversi e sicuramente aggravata dalla devastante negligenza del precedente governo-meraviglia, quello rimpianto da Travaglio: se si lasciano i malati a casa senza cure per giorni, poi è inevitabile che sugli ospedali (già in affanno per i tagli degli ultimi anni) si riversi una massa ingente di pazienti ormai gravi. Mentre Travaglio dormiva, infatti, nel 2020 è accaduto esattamente questo: il ministero della sanità ha regolarmente ignorato i medici che segnalavano la scoperta di terapie efficaci, tranquillamente somministrabili a domicilio. E il ministro (anziché usare l’estate per attrezzare una adeguata risposta territoriale in autunno, sulla base dei farmaci disponibili) ha perso tempo a scrivere un libro grottesco e auto-celebrativo, che poi non ha neppure osato far distribuire nelle librerie. Una delle maggiori iatture, per gli italiani, è che il ministro di Conte sia rimasto al suo posto, almeno per ora, anche con Draghi.A parte Travaglio e la fascia più puerile dei lettori, a pochi è sfuggito il senso dell’operazione-Draghi: recuperare il Parlamento, con l’appoggio del maggior numero possibile dei partiti. Obiettivo: consentire una loro possibile riabilitazione, dopo i disastri che hanno commesso, facendo infatti registrare due record europei (quello delle vittime del Covid e quello delle vittime socio-economiche dello stato d’emergenza, abbandonate al loro destino da un governo incapace di tamponare le falle). Ora si favoleggia dei 209 miliardi del Recovery Plan, che Conte non era riuscito a presentare in modo credibile. Ma 200 miliardi di euro erano il “minimo sindacale” che serviva all’Italia, già prima del Covid, per rimettersi in piedi. Nel solo 2020, poi, Conte è riuscito a bruciare 160 miliardi (in gran parte forniti dalla Bce) per misure non risolutive, destinate a tradursi in quello che Draghi chiama “debito cattivo”, cioè pesante e improduttivo.Sempre i più sprovveduti possono immaginare che Draghi sia stato richiamato in servizio solo per non sprecare almeno i 209 miliardi in arrivo: ma si tratta di una minima parte del suo mandato. La prima riguarda la pandemia. Tema: come uscire, alla velocità della luce, dall’emergenza. Il sistema mondiale (che ha sovragestito il Covid fin dall’inizio) ha già pronta la risposta: se ne esce solo coi vaccini. Ovvio l’atteggiamento di Draghi: facciamo in modo, allora, che questi vaccini vengano finalmente forniti, in modo da poter dichiarare cessato l’allarme. E’ evidente che i vaccini possono essere una soluzione solo tattica e contingente (oggi pressoché inevitabile, per Draghi, dopo un anno vissuto a senso unico). Ma non è scritto da nessuna parte che si debba trattare col vaccino un virus super-influenzale. E se domani ne comparisse un altro? Il precedente è pericoloso: se irrompe un virus all’anno, la medicina rinuncia a curare i malati e ripiega sui soli vaccini, la cui efficacia e sicurezza è ancora da dimostrare? E’ evidente la manipolazione in atto, su scala planetaria, che mira a ridurre la nostra libertà. Se arrivano il Covid-20, poi il 21, il 22 e così via, che si fa? Ogni volta si chiude il paese per un anno, pregando che arrivi il salvifico vaccino?Solo un cieco può non vedere il gioco perverso, l’oculata regia che sovrintende alla malagestione della cosiddetta pandemia, declinata come una sorta di “golpe bianco”, su scala mondiale, da filiere di potere che in questi decenni hanno imposto le crisi finanziarie, gli opachi terrorismi domestici, le peggiori guerre imperiali e l’esplosione del business vaccinale di Big Pharma, accanto ad altri spettacolari fenomeni come l’illusionismo climatico, utilizzato per lanciare l’ultima versione della mondializzazione, in salsa “green”, sotto il ferreo controllo delle multinazionali finanziarie. Con il Covid, il super-potere neoliberista ha giocato particolarmente sporco, provando cioè ad approfittare del panico mediatico-sanitario per imporre restrizioni a carattere tendenzialmente permanente, dalla didattica alla distanza al telelavoro, trasformando il distanziamento (sanitario, sociale, antropologico) in condizione post-umana a cui rassegnarsi. E tutto questo, per via di un virus che – a detta degli scienziati – è altamente contagioso ma scarsamente letale, nella maggior parte dei casi asintomatico o curabile con facilità.Sfrattata dalla storia, negli ultimi decenni l’Italia è scivolata nelle ultimissime posizioni del G20: cacciata dalla Libia, maltrattata dall’Unione Europea. Siamo il paese a cui Emmanuel Macron (ricevuto coi massimi onori in Vaticano) scaricava migranti, dopo averli fatti manganellare dalla polizia, salvo poi definire “disgustosa” la politica del Salvini di ieri, quello “gialloverde”. Oggi, è come se le lancette del conto alla rovescia di fossero fermate. I fobici – che non capiscono perché Draghi sieda a Palazzo Chigi – temono che l’ex capo della Bce si trasformi nello spietato liquiditatore di quel che resta del paese (come se non vedessero che bastava Conte, semmai, a garantire all’Italia la rovina terminale). Sistemata l’emergenza – per ora solo con i vaccini, purtroppo – Draghi dovrà certo fornire una versione sensata del Recovery. Ma non sarà che un primissimo passo, verso la vera posta in gioco: cancellare il paradigma del rigore, giocando sul filo dell’equivoco, di fronte a un mostro come l’eurocrazia (da cui Draghi, non a caso, proviene).In altre parole: l’Italia sembra un avamposto della possibile resistenza, planetaria, contro il “golpe-fantasma”, condotto attraverso la sovragestione dell’emergenza sanitaria. Impossibile uscirne in pochi giorni. Ma, come paiono suggerire gli stessi carabinieri a Montecitorio, nel frattempo occorrono anche gesti forti, di rottura: come ad esempio la riapertura in sicurezza dei ristoranti, al più presto, prima che il collasso dell’economia diventi irreversibile. Si tratta di una corsa contro il tempo: non è possibile “convertire” in pochi giorni gli stessi partiti che, fino a ieri, fingevano di credere (insieme ai Travaglio di tutta penisola) che la crisi fosse inevitabile, così come la resa di fronte al Covid, tradotta in termini di lockdown, a costo di affondare il paese. La scommessa di Draghi, probabilmente, si giocherà nel giro di poche settimane: limitare i danni, azzerare il panico, indurre i media a raccontare un’altra storia. E prepararsi allo scontro, quello vero: contro le baronie feudali del Nord Europa, che temono il risveglio dell’Italia.Saranno delusi, i tanti italiani che avevano sperato – con l’arrivo di Mario Draghi a Palazzo Chigi – di veder sparire da subito almeno alcuni dei simboli più deteriori dell’emergenza, come l’increscioso coprifuoco alle ore 22 (misura “di guerra”, difficilmente compatibile con l’ordinamento democratico costituzionale). Meno sorprendente, invece, la proroga del divieto di spostamento tra Regioni: una concessione transitoria al “partito del rigore”, in cambio della rinuncia a imporre l’ennesimo, catastrofico lockdown, invocato a gran voce dai falchi come Walter Ricciardi, appena premiato da Papa Bergoglio con la nomina nella Pontificia Accademia della Vita. Succede in Italia, il paese sull’orlo del baratro dove la politica si è arresa al super-tecnocrate Draghi, e dove Marco Travaglio offre la seguente spiegazione, destinata all’infanzia: uno “sfasciacarrozze” con appena il 2% del consensi (Renzi) ha osato mandare a casa il governo più bello del mondo, guidato dal leader più carismatico della storia nazionale, stracarico di onori e successi, invidiatoci dal resto del pianeta.
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Il Virus del Terrore e il sottile alchimista Mario Draghi
Il Virus del Terrore ha le settimane contate? E’ quello che si augurano tutti: sia la maggioranza dei cittadini, ipnotizzati per un anno dalla sovragestione del panico, sia la vasta minoranza vigile che non ha smesso di porsi domande, ascoltando i medici indipendenti (quelli che al Covid hanno preso le misure a partire dall’aprile 2020, con farmaci in grado di disinnescarne l’evoluzione peggiore). Generalmente, dalle catastrofi si può uscire in due modi: con un Processo di Norimberga che metta alla sbarra i protagonisti delle scelte più sciagurate, oppure optando per un risanamento silenzioso e pragmatico, che faccia a meno della vendetta politica e affidi semmai alla storia il giudizio sugli errori commessi. Evidente la natura della scelta adottata da Mario Draghi: amnistiare i partiti che hanno partecipato al disastro direttamente, dai banchi del governo Conte, o anche indirettamente, attraverso Regioni che non si sono mai discostate dal delirio fobico-mediatico nazionale, basato sui numeri “impazziti” della pandemia e su una imbarazzante impreparazione del sistema sanitario, colonizzato da Big Pharma (a partire dalla ricerca scientifica) e falcidiato da decenni di tagli selvaggi e sconsiderati.A scagliare la pietra dello scandalo sono i sanitari estranei al circo televisivo del mainstream: medici in prima linea negli ospedali e, prima ancora, impegnati sul territorio nei loro ambulatori. La loro denuncia si basa ormai anche su evidenze statistiche: è rarissimo che possa incorrere in seri pericoli chi viene curato a casa in modo tempestivo, ai primi sintomi, ricorrendo a farmaci appropriati (di uso comune, collaudati, sicuri). La strage – dicono i sanitari, come quelli riuniti in modo volontaristico in associazioni come “Ippocrate” – sarebbe stata determinata proprio dalla rinuncia alle cure tempestive, domiciliari: gli ospedali, incluse le terapie intensive, sarebbero stati intasati da malati abbandonati a se stessi per giorni, lasciati a casa senza terapie, dando tempo al Covid di sviluppare le conseguenze più gravi. Questo, dicono, spiegherebbe anche l’elevata percentuale di insuccessi, nei centri ospedalieri, troppo spesso costretti ad assistere pazienti ormai gravemente compromessi.Devastante, in questo, l’assenza dello Stato: si commenta da sola la scelta, da parte di molti medici, di condividere un loro efficace protocollo terapeutico, da utilizzare per trattare i pazienti: l’invito, se si vuole guarire, è a saltare i passaggi ordinari (medico di famiglia, pronto soccorso) rivolgendosi direttamente a loro, i medici che sanno come guarire dal Covid. Medici – altro aspetto increscioso – che prestano la propria opera in modo gratuito, assistendo pazienti a cui il sistema sanitario, troppe volte, non offre risposte efficaci, cioè appropriate e tempestive. Di sfuggita, lo stesso Draghi ne ha accennato nel suo discorso al Senato, quando ha sottolineato l’assoluta necessità di riabilitare innanzitutto la medicina territoriale, lasciando agli ospedali solo i casi più gravi. Non una parola, in questo senso, si era sentita in tutto il 2020, quando l’unica preoccupazione di Conte e dei suoi tecnici sembrava quella di terrorizzare la popolazione, rinchiusa in casa a colpi di Dpcm, mentre il ministro della sanità – anziché mettersi al lavoro per proteggere gli italiani in vista dell’autunno – perdeva l’estate a scrivere un libro surreale sui suoi “successi”, che poi non ha neppure osato distribuire nelle librerie.Ogni Norimberga – la spada simbolica della giustizia – necessita di un esercito nettamente vincitore. Non è il nostro caso: nessuno, dei partiti italiani, può dirsi innocente. Tutti hanno ceduto alla tentazione della paura, collaborando in vario modo (sia pure con gradazioni diverse) alla Legge del Terrore, che – con Conte – ha messo l’Italia sul binario morto della depressione: sanitaria, sociale, economica e psicologica. A essere defunto è il peggior governo possibile, non contrastato da un’opposizione degna (capace cioè di avanzare proposte radicalmente alternative, anche sulla gestione della pandemia). E’ per questo, probabilmente, che tutti i partiti neo-governativi – nessuno escluso – oggi sono ricoverati in terapia intensiva, nello strano ospedale del dottor Draghi, sperando che l’illustre clinico li possa miracolare. Cosa che, evidentemente, non succederà: almeno, non nei termini auspicati dalle attuali, incolori dirigenze, tutte largamente impresentabili. La fedina in discussione non è penale, ma politica: non hanno saputo leggere il mondo, e tradurre i bisogni in risposte.Tra gli ousider, poi, non manca chi paventa – con Draghi – l’avvento di una sorta di sottomissione definitiva, post-democratica, all’insegna del cosiddetto post-umanesimo vaticinato dalle élite di Davos, quelle del Grande Reset: una riconversione globale (ecologistica ma anti-sociale), capace di rendere permanente la mutazione anche antropologica della società che l’irruzione del virus ha indotto, distanziando le persone e costringendole a un auto-isolamento infinito: a scuola, al lavoro, in ognuno dei luoghi in cui fino a ieri si esprimeva liberamente la socialità. Un incubo distopico, figlio – ancora e sempre – della paura: in questo, il coronavirus (presentato come minaccia invincibile) ha rimpiazzato ottimamente le fobie di ieri, scatenate con le crisi finanziarie e con il ricorso al terrorismo. Il virus è un nemico ancora più subdolo: può sempre colpire chiunque, ovunque. Per soccombere, basta fingere di non sapere che le cure esistono (e funzionano), rendendo quindi sostanzialmente superflua la stessa vaccinazione, presentata invece come unica possibile salvezza.Sembra la storiella dell’alleanza clandestina tra il vetraio e il monello con la fionda, se poi si scopre che i profeti della vaccinazione universale sono i medesimi soggetti che hanno a lungo maneggiato i virus, nei loro laboratori. L’enormità degli accadimenti del 2020 – lo scontro epocale con la Cina, la manipolazione delle presidenziali negli Usa – è stata in qualche modo preparata anche da fenomeni mediatici come la bolla-Greta, sostenuta da precisi settori della grande finanza mondiale per deformare la realtà e convincere miliardi di persone che le alterazioni del clima (sempre avvenute, e oggi gravi) dipendano dall’attività antropica. I creatori di Greta sono gli stessi protagonisti dell’inquinamento terrestre, che oggi hanno imposto la loro agenda “green” basata su suggestive interpretazioni (industriali, finanziarie) della pretesa riconversione ecologica del sistema, partendo dalla colpevolizzazione del singolo, mortificato nelle sue capacità di consumo anche “grazie” agli effetti devastanti della sovragestione terroristica della crisi epidemica, con la brutale imposizione degli inutili, disastrosi lockdown.E’ soverchiante, la narrazione (disonesta) che è stata imposta dal pensiero unico, nella sua dimensione inevitabilmente mondiale, sorretta dal grande potere onnipervasivo che nei decenni precedenti – anche a suon di ricatti e guerre – ha attuato una rivoluzione violenta, imposta dall’alto, come la globalizzazione finanziaria, sottomettendo interi popoli attraverso il regime dell’emissione monetaria “privatizzata”, che trasforma il debito in schiavitù. Sono bastate le mediocri fanterie giornalistiche, nei singoli paesi, a sbaragliare i cosiddetti sovranismi politici, intimiditi e neutralizzati con pochissima fatica, mentre si lascia volentieri al complottismo chiassoso il ruolo di opposizione solo virtuale, cioè verbosa e sostanzialmente innocua, nell’immensa deriva di società un tempo vitali e democratiche, oggi narcotizzate dalla digitalizzazione che trasforma l’individuo in uno spettatore apatico, ormai indifferente persino alle più feroci limitazioni della libertà personale.La verità è che nessun soggetto politico, in questi anni, ha saputo organizzare una risposta all’altezza dei pericoli, dopo aver elaborato un’analisi dei problemi. Ogni denuncia è rimasta circoscritta nel perimetro ristretto di sparuti gruppuscoli, di fronte alla storica diserzione di intellettuali, artisti e pensatori. Gli stessi partiti si sono ridotti a comitati elettorali, affidati a piccoli leader acefali e, di conseguenza, pronti a eseguire semplicemente direttive calate dall’alto, in un pianeta in cui tutti i grandi agglomerati – Big Tech, Big Money – sono riconducibili al controllo esercitato da una manciata di persone, sempre le stesse, che siedono a turno nei consigli di amministrazione dei tre maggiori fondi d’investimento (State Street, Vanguard e BlackRock) che dominano banche e multinazionali in ogni angolo della Terra.E’ questo, il pianeta in cui si muovono determinate élite che hanno cominciato in vario modo a mostrarsi dissonanti, rispetto alla narrazione corrente: per esempio, quelle che nel 2016 sostennero l’eretico tentativo di Donald Trump: proteggere la comunità nazionale dagli effetti più deteriori del globalismo. Già dopo le proteste di Occupy Wall Street, alcune voci autorevoli – Premi Nobel come Paul Krugman – iniziarono a denunciare il carattere calamitoso del capitalismo finanziarizzato. Oggi, con l’alibi del Covid e grazie a Christine Lagarde, la Bce si è trasformata in una vera banca centrale, teoricamente pronta a sostenere l’economia in misura virtualmente illimitata. In questo percorso fatto di autorevolissime voci di dissenso si è fatta notare quella di Mario Draghi: ieri spietato architetto dell’austerity, e oggi profeta di una possibile conversione post-keynesiana dell’economia, sia pure tenendo conto (inevitabilmente) delle disastrose condizioni di partenza, quelle di un pianeta che si è lasciato ipnotizzare dagli stregoni del virus, dopo aver tolto la parola persino al presidente degli Stati Uniti, mettendolo al bando, per mano di poteri oligarchci che pretendono di plasmare le vostre vite al punto da imporre un’unica verità, la loro.Non essendo ancora stata smantellata la democrazia formale, ed essendo lo Stato (o quel che ne rimane) l’unità-base su cui si articola l’esercizio del potere, pare evidente la necessità di calarsi nella dimensione politica, parlamentare e governativa, se si vuole agire direttamente nella materia, per provare a trasformarla. La fisionomia del governo Draghi – affollato di zombie e superstiti grotteschi – sembra dimostrare la volontà di intraprendere un procedimento tipicamente alchemico, partendo cioè dalla “nigredo” della putrefazione, la decadenza fisiologica di partiti-fantasma, nel tentativo di trasmutarne l’essenza attraverso un percorso virtuoso che possa portare un giorno all’oro filosofale, dopo una dolorosa e incessante revisione delle proprie devastanti manchevolezze. Se il sistema unico mondiale prescrive i vaccini per fermare il Covid, è scontato che Draghi si concentri nell’immediato proprio su quelli (garantendo però che vengano finalmente somministrati in tempi velocissimi), ma è fondamentale che non si fermi alla sola campagna vaccinale, sia pure depurata dalle impressionanti cialtronerie della gestione Conte.Nel neonato esecutivo sembra di poter ravvisare una notevole specularità, pratica e simbolica: al “nuovo” Mario Draghi, distanziatosi da un passato prestigioso ma funestato da immani, colpevoli tragedie (le privatizzazioni, l’euro-rigore finanziario) corrisponde, a vista, una pletora di parlamentari e di partiti che, in quasi trent’anni, non hanno saputo far altro che piegarsi ai diktat del potere sovranazionale ultra-privatizzatore, e che da oggi possono cogliere la prima vera occasione per emendare se stessi, verso una rigenerazione culturale e democratica da cui non si può prescindere, se si vuole uscire dall’autismo neoliberista del “non ci sono alternative”, pur in un mondo dominato dall’istinto totalitario di forze potentemente distruttrici, mimetiche e manipolatrici, veri e propri lupi travestiti da agnelli. In piccolo, sarà dirimente la stessa “prova del Covid”: rassicurati gli atterriti (e placata la bulimia di Big Pharma), dopo l’overdose vaccinale non ci saranno più alibi. Riuscirà il governo a resuscitare la sanità, mettendo i medici in condizione di intervenire tempestivamente, contro il Covid e qualsiasi altra minaccia? E soprattutto: riuscirà il sottile alchimista Mario Draghi a inaugurare una diplomazia della lungimiranza, che permetta all’Italia di distinguersi e tornare nella storia, come protagonista di una politica non-orwelliana, in questo fatidico millennio aperto da menzogne sanguinose, come quelle esplose insieme alle Torri Gemelle?Il Virus del Terrore ha le settimane contate? E’ quello che si augurano tutti: sia la maggioranza dei cittadini, ipnotizzati per un anno dalla sovragestione del panico, sia la vasta minoranza vigile che non ha smesso di porsi domande, ascoltando i medici indipendenti (quelli che al Covid hanno preso le misure a partire dall’aprile 2020, con farmaci in grado di disinnescarne l’evoluzione peggiore). Generalmente, dalle catastrofi si può uscire in due modi: con un Processo di Norimberga che metta alla sbarra i protagonisti delle scelte più sciagurate, oppure optando per un risanamento silenzioso e pragmatico, che faccia a meno della vendetta politica e affidi semmai alla storia il giudizio sugli errori commessi. Evidente la natura della scelta adottata da Mario Draghi: amnistiare i partiti che hanno partecipato al disastro direttamente, dai banchi del governo Conte, o anche indirettamente, attraverso Regioni che non si sono mai discostate dal delirio fobico-mediatico nazionale, basato sui numeri “impazziti” della pandemia e su una imbarazzante impreparazione del sistema sanitario, colonizzato da Big Pharma (a partire dalla ricerca scientifica) e falcidiato da decenni di tagli selvaggi e sconsiderati.
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Rivoluzione Draghi: cure a domicilio per guarire dal Covid
Nel paese dove ora si indaga sugli oltri 50 milioni di euro che sarebbero stati intascati come “compenso” per le primissime forniture di mascherine, lo scandalo forse maggiore riguarda l’approccio sanitario alla pendemia: tuttora, come denunciano molti medici coraggiosi, l’Italia non ha ancora un protocollo terapeutico che preveda, in modo sistematico, efficaci cure (domiciliari) per disinnescare il Covid già ai primi sintomi della malattia. «Per questo – affermano i sanitari di associazioni come “Ippocrate” – gli ospedali sono stati presi d’assalto da pazienti in condizioni ormai gravi: erano stati abbandonati a casa e lasciati senza cure, grazie a disposizioni che tuttora prescrivono la somministrazione della sola Tachipirina, farmaco completamente inutile in caso di Covid». Parole che non sono rimaste inascoltate, se è vero che il neo-premier, Mario Draghi, ha chiarito che (accanto alle misure d’emergenza, come una adeguata fornitura di vaccini efficacemente distribuiti) sarà strategico l’allestimento di una risposta sanitaria territoriale, capace di curare in modo tempestivo i malati, evitando il ricovero in ospedale.Proprio la demenziale inefficienza del sistema sanitario, imputabile in primis a Giuseppe Conte e Roberto Speranza, ha gonfiato i numeri del bilancio pandemico italiano (oltre 90.000 vittime, stando ai dati ufficiali – pur contestati da medici come Matteo Bassetti, secondo cui sarebbero stati conteggiati come Covid moltissimi pazienti deceduti per via di altre, gravi malattie). In ogni caso, si tratta di «cifre che hanno messo a dura prova il sistema sanitario nazionale, sottraendo personale e risorse alla prevenzione e alla cura di altre patologie, con conseguenze pesanti sulla salute di tanti italiani», sottolinea Mario Draghi. «L’aspettativa di vita, a causa della pandemia, è diminuita: fino a 4 – 5 anni nelle zone di maggior contagio; un anno e mezzo – due in meno per tutta la popolazione italiana. Un calo simile non si registrava in Italia dai tempi delle due guerre mondiali». Attenzione: «La diffusione del virus ha comportato gravissime conseguenze anche sul tessuto economico e sociale del nostro paese, con rilevanti impatti sull’occupazione, specialmente quella dei giovani e delle donne: un fenomeno destinato ad aggravarsi quando verrà meno il divieto di licenziamento».Si è anche aggravata la povertà, aggiunge Draghi: la Caritas rivela che, in appena un anno, l’incidenza dei “nuovi poveri” è passata dal 31% al 45%: quasi una persona su due che oggi si rivolge alla Caritas lo fa per la prima volta. «Tra i nuovi poveri aumenta in particolare il peso delle famiglie con minori, delle donne, dei giovani, degli italiani che sono oggi la maggioranza (52% rispetto al 47,9 % dello scorso anno) e delle persone in età lavorativa, di fasce di cittadini finora mai sfiorati dall’indigenza». E’ catastrofico, il bilancio del governo Conte: «Il numero totale di ore di cassa integrazione per emergenza sanitaria dal 1° aprile al 31 dicembre dello scorso anno supera i 4 milioni. Nel 2020 gli occupati sono scesi di 444.000 unità», lasciando a casa in particolare i titolari di contratti a termine e i lavoratori autonomi. «La pandemia ha finora ha colpito soprattutto giovani e donne: una disoccupazione selettiva, ma che presto potrebbe iniziare a colpire anche i lavoratori con contratti a tempo indeterminato».Gravi e con pochi precedenti storici – aggiunge Draghi – gli effetti sulle diseguaglianze: «Il nostro sistema di sicurezza sociale è squilibrato, non proteggendo a sufficienza i cittadini con impieghi a tempo determinato e i lavoratori autonomi». Altra brutta notizia: l’Italia è il fanalino di coda, in Europa. E’ vero, le previsioni della Commissione Europea indicano che la recessione continentale sia stata meno grave di quanto ci si aspettasse, e che quindi nel giro di un anno si dovrebbero recuperare i livelli di attività economica pre-pandemia. Ma questo in Italia «non accadrà prima della fine del 2022», e per giunta «in un contesto in cui, prima della pandemia, non avevamo ancora recuperato pienamente gli effetti delle crisi del 2008-09 e del 2011-13». Tutto questo, senza contare le «ferite profonde» non solo sul piano sanitario ed economico, «ma anche su quello culturale ed educativo». I ragazzi devono tornare subito a scuola, insiste Draghi, che cita un dato deprimente: solo il 61% degli studenti ha avuto accesso alla didattica a distanza, spesso impraticabile al Sud.Ovviamente, le priorità immediate per ripartire investono la sanità. «Questa situazione di emergenza senza precedenti impone di imboccare, con decisione e rapidità, una strada di unità e di impegno comune», chiarisce Draghi, partendo dalla campagna vaccinale. «La nostra prima sfida è, ottenutene le quantità sufficienti, distribuire il vaccino rapidamente ed efficientemente» (sottinteso: sonora bocciatura per l’operato di Conte, Speranza e Arcuri). «Abbiamo bisogno di mobilitare tutte le energie su cui possiamo contare, ricorrendo alla protezione civile, alle forze armate, ai tanti volontari», scandisce Draghi. «Non dobbiamo limitare le vaccinazioni all’interno di luoghi specifici, spesso ancora non pronti» (altro siluro contro le costosissime tensostrutture acquistate da Arcuri). «Abbiamo il dovere di renderle possibili in tutte le strutture disponibili, pubbliche e private, facendo tesoro dell’esperienza fatta con i tamponi che, dopo un ritardo iniziale, sono stati permessi anche al di fuori della ristretta cerchia di ospedali autorizzati».E soprattutto, rincara la dose Draghi, occorre procedere «imparando da paesi che si sono mossi più rapidamente di noi, disponendo subito di quantità di vaccini adeguate». Quanto ha dormito, l’inaudito governo Conte? «La velocità è essenziale – insiste Draghi – non solo per proteggere gli individui e le comunità sociali, ma ora anche per ridurre le possibilità che sorgano altre varianti del virus». Sulla base del disastro italiano, il nuovo premier avverte: «Dobbiamo aprire un confronto a tutto campo sulla riforma della nostra sanità», come chiedono i migliori tra i nostri medici in prima linea. Ecco la questione-chiave: «Il punto centrale è rafforzare e ridisegnare la sanità territoriale, realizzando una forte rete di servizi di base (case della comunità, ospedali di comunità, consultori, centri di salute mentale, centri di prossimità contro la povertà sanitaria)». È questa, ribadisce Draghi, «la strada per rendere realmente esigibili i “livelli essenziali di assistenza”», in modo da affidare agli ospedali solo «le esigenze sanitarie acute, post-acute e riabilitative». Parole chiarissime: «La “casa come principale luogo di cura” è oggi possibile con la telemedicina, con l’assistenza domiciliare integrata».Nel paese dove ora si indaga sugli oltre 50 milioni di euro che sarebbero stati intascati come “compenso” per le primissime forniture di mascherine, lo scandalo forse maggiore riguarda l’approccio sanitario alla pendemia: tuttora, come denunciano molti medici coraggiosi, l’Italia continua a non avere un protocollo terapeutico che preveda, in modo sistematico, efficaci cure (domiciliari) per disinnescare il Covid già ai primi sintomi della malattia. «Per questo – affermano i sanitari di associazioni come “Ippocrate” – gli ospedali sono stati presi d’assalto da pazienti in condizioni ormai gravi: erano stati abbandonati a casa e lasciati senza cure, grazie a disposizioni che tuttora prescrivono la somministrazione della sola Tachipirina, farmaco completamente inutile in caso di Covid». Parole che non sono rimaste inascoltate, se è vero che il neo-premier, Mario Draghi, ha chiarito che (accanto alle misure d’emergenza, come una adeguata fornitura di vaccini efficacemente distribuiti) sarà strategico l’allestimento di una risposta sanitaria territoriale, capace di curare in modo tempestivo i malati, evitando il ricovero in ospedale.
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Riaprite l’Italia: anche Montesano a Campo dei Fiori
«Che brutta parola, negazionisti: erano quelli che negavano l’Olocausto. Noi non neghiamo proprio niente: ci permettiamo solo di dubitare di quanto ci viene raccontato, sul Covid. Sono loro, semmai, che negano l’evidenza: la mascherina è inutile e dannosa. La impongono anche ai bambini, a scuola: dobbiamo liberarli». Così parla Enrico Montesano: c’era anche lui a salutare l’esordio della Milizia Rooseveltiana, ai piedi della statua di Giordano Bruno, arso vivo il 17 febbraio del 1600. «Mi sembra di buon auspicio, un governo che ottiene la fiducia il 17 febbraio dopo aver giurato il giorno 13, altro numero significativo», dice Gioele Magaldi, reduce dalla “cena rivoluzionaria” organizzata dal Movimento Roosevelt al ristorante “L’Habituè”, in violazione del “lockdown serale” imposto ai ristoratori. Poco dopo, in piazza Campo dei Fiori, è intervenuta la polizia per identificare i dimostranti, contestando loro l’infrazione del divieto di circolare dopo le ore 22. «Voglio ricordare – annota Roberto Hechich – che il Cts si era limitato a consigliarla, l’adozione di un coprifuoco, ma solo a partire dalla mezzanotte, e a raccomandare “severi controlli” sulle norme anti-Covid a cena: a far chiudere i locali quindi non è stato il Comitato Tecnico-Scientifico, ma il governo Conte».
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Sono senza Speranza. Magaldi: nasce la Grande Opera
Qualcuno spieghi a quella nullità di Roberto Speranza che non è più il ministro della salute del governo Conte. Avanti così, e potrebbe non esserlo più nemmeno del governo Draghi: al premier non ha dato manco il tempo di presentare il suo programma alle Camere e incassare la fiducia. Tra i piedi gli ha subito gettato una mina, la non-apertura dello sci (a tradimento, senza preavviso), facendo imbestialire tutti, aziende e lavoratori, inclusi i politici: dai leghisti al presidente della conferenza delle Regioni, l’emiliano Stefano Bonaccini, Pd. «E’ talmente piccino, Speranza, da non aver capito la ratio del suggerimento che ha ricevuto: mettere in difficoltà Mario Draghi, i cui nemici (tanti) non vedono l’ora di vederlo annaspare, avendo compreso le sue vere intenzioni». Che sono formidabili: salvare l’Italia, facendo fare a tutti (tecnici e politici) «il contrario di quello che avevano fatto fino a ieri, quando servivano interessi stranieri o cedevano ai dikat di Bruxelles». E attenti: insieme a Speranza rischiano il posto lo stesso Walter Ricciardi, il commissario Domenico Arcuri e i grigi burocrati del Cts, tutti profeti del lockdown e delle zone rosse.L’avviso è circolare, ribadisce Gioele Magaldi: la parola d’ordine è cambiata. Non più chiudere, ma riaprire. Smettere di gridare, incarcerando gli italiani e colando a picco l’economia, e cominciare a contrastare davvero il maledetto virus (che Conte ha utilizzato per un anno, in modo cinico, per restare in sella a tutti i costi). Poi cos’è successo? Quel birbante incorreggibile di Renzi non ha resistito alla tentazione di sgambettare “Giuseppi” per antipatia personale, e magari per allungare le grinfie sul bottino del Recovery? Questa è la versione per bambini, a cui persino i media hanno finto di credere. Poi c’è l’altra spiegazione, quella credibile: si sono attivate le alte sfere. Obiettivo: mettere fine al peggio, una volta per tutte, e non solo archiviando il piccolo regno del terrore e della depressione orchestrato dai manovratori di Conte, al servizio di poteri imperiali anti-italiani, anche cinesi, mercantili e neo-feudali.La caduta dell’ex “avvocato del popolo” era solo il primo passo, innescato dalla ribellione tattica renziana, d’intesa con gli ispiratori massonico-progressisti. La strategia ha a che fare con l’orizzonte storico: la fine dell’austeriy come religione, il tramonto del neoliberismo come dogma. E dunque: l’Italia come piattaforma, mondiale, del cambio di paradigma. Se non si afferra questo, ribadisce il leader “rooseveltiano” del Grande Oriente Democratico, non si capisce il senso di quanto sta avvenendo: l’ex principe europeo del rigore, Mario Draghi, si appresta a guidare un esperimento rivoluzionario, post-keynesiano, fondato sul ritorno alla sovranità democratica, lontano dai ricatti della finanza-canaglia (di cui proprio l’ex capo della Bce è stato uno dei massimi esponenti, dopo aver brutalmente privatizzato l’Italia). Sfoderando il lessico dell’alchimia, Magaldi definisce “grande opera” la raffinata impresa massonica in corso: trasmutare il piombo (di ieri e di oggi) nell’oro di domani, dando modo a chiunque di trasfomare se stesso.Il primo a farlo è stato proprio Mario Draghi, passato dalle superlogge reazionarie a quelle progressiste, per emendarsi da trent’anni di abusi ed entrare nella storia come salvatore, intanto dell’Italia ma poi anche della stessa prospettiva europea, cui imporre una governance finalmente democratica e ispirata alla giustizia sociale. Non se ne parla, ufficialmente? Ovvio: il sistema mainstream non ha “visto” nemmeno la sovragestione autoritaria della pandemia, mentre il complottismo non sa discernere tra il Draghi del Britannia e quello di Palazzo Chigi. Nessuno ha notato le svolte epocali già compiute: nel 2019 l’evocazione della ultra-progressista Mmt (teoria economica che predica il deficit illimitato, a costo zero) per demolire il ricatto dello spread, e nel 2020 – in piena pandemia – l’appello sul “Financial Times” per uscire dalla crisi come si fa in tempo di guerra, cioè inondando l’economia di aiuti strategici a fondo perduto, non destinati a trasformarsi in debito. Sta succedendo qualcosa, lassù: il vertice del mondo (che è massonico) sta vivendo l’inizio di una “guerra intestina” destinata a cambiare volto al futuro del pianeta.Entrambe le fazioni della grande piramide sono decise a sfruttare il Covid, come occasione epocale: da una parte gli oligarchi, gli strateghi del terrore sanitario utilizzato per ridurre la libertà, e dall’altra i democratici, determinati a riformare in senso liberal-socialista il capitalismo finanziario globalizzato, ripristinando democrazia e diritti. L’Italia è il “forno alchemico” in cui la trasformazione dovrebbe avvenire: lo è persino lo stranissimo governo Draghi, coi suoi tecnici (fino a ieri neoliberisti) e i suoi politici non esattamente impeccabili, con tutti gli inevitabili compromessi del caso. Gli esempi non mancano. Di Maio agli esteri? Resterà irrilevante, dice Magaldi: la politica estera (oggi affidata a Eni, Enel e Leonardo) se la intesterà Draghi. Ma la conferma di Di Maio, «ansioso di entrare nel nuovo governo, e tra i più pronti a silurare Conte», era il solo modo per ottenere il supporto dei grillini, oggi lacerati e quasi disperati («a cominciare dai peones, che si sono preclusi il ritorno in Parlamento votando il demenziale taglio dei parlamentari»).Magaldi non è ingeneroso, coi 5 Stelle: è vero, sono crollati per colpa della loro stessa inconsistenza disastrosa, «ma almeno hanno riaperto i giochi infrangendo l’ipocrisia della finta contrapposizione “tribale” tra centrodestra e centrosinistra, incarnata da governi in realtà sempre allineati alla logica del rigore». Inevitabile poi che Draghi prendesse a bordo il Pd, storico custode del potere eurocratico. Ma, di nuovo: «Franceschini resterà alla cultura, cedendo però il turismo – oggi più che mai strategico – al leghista Garavaglia. E alla difesa resterà l’altrettanto ininfluente Guerini: era trumpiano con Trump, ora è bideniano con Biden». Forza Italia? «Berlusconi avrebbe voluto altri ministri. Invece nella squadra sono entrati quelli che per primi si erano mossi nella direzione di un governo Draghi, come Mara Carfagna. La Gelmini? Agli affari regionali farà meno danni di Boccia. Quanto a Brunetta, che a molti è indigesto anche per via di certe sue uscite discutibili, va detto che si tratta di una persona capace: e un mastino come lui sarà utile, per frenare appetiti indebiti in tempi di vacche grasse, davanti ai miliardi del Recovery».Le parole del presidente del Movimento Roosevelt sembrano provenire direttamente dalla cabina di regia, massonico-progressista, dell’esperimento guidato da Super-Mario. «Un esecutivo squisitamente tecnico, benché fatto di eccellenze e orientato in modo opposto rispetto al governo Monti, non sarebbe servito alla causa: che è anche la rigenerazione democratica della politica. Per questo è stata evitata una “maggioranza Ursula”, che avrebbe escluso la Lega e mancato il vero obiettivo: l’unità nazionale, con l’impegno – di ciascuna forza politica – a rivedere radicalmente il proprio orizzonte, archiviando slogan inutili e contrapposizioni di cartapesta fondate sull’ipocrisia, dai tempi in cui destra e sinistra obbedivano agli stessi ispiratori, operando le medesime scelte anti-popolari». Tutti a scuola da Draghi? In un certo senso, è così. «Vale anche per i tecnici ultra-liberisti fino a ieri, come Colao: prepariamoci a vederli all’opera in una direzione radicalmente diversa, rispetto a quella finora seguita».Logico che le leve di comando siano saldamente nelle mani del premier e dei Draghi-boys come i fedelissimi Roberto Garofoli e Daniele Franco, pronti a seguire il loro “capitano” in questa nuova avventura post-keynesiana. «Tra parentesi: con Franco, per la prima volta dopo tanti anni, avremo all’economia un super-ministro che non rema contro l’Italia, come invece avevano regolarmente fatto tutti i titolari di quel dicastero strategico, incluso il Padoan che frenava puntualmente ogni tentativo, da parte di Renzi, di ritagliarsi qualche spazio autonomo di spesa». Questa è la posta in gioco: in prima battuta tamponare il disastro-Covid amplificato dal catastrofico Conte, e introdurre una vera risposta sanitaria (magari curando i pazienti a casa, in modo tempestivo, come finora non è stato fatto: ancora non esiste un protocollo terapeutico nazionale adeguato, e così si finisce all’ospedale ormai in gravi condizioni).Nel frattempo, c’è da redigere finalmente un Recovery Plan che sappia rilanciare il sistema-paese. «Si parla di 209 miliardi: cifra che sarebbe servita già prima del Covid, per rimediare ai guasti. Figurarsi adesso, con la devastazione provocata dai lockdown». Numeri spietati: il Pil in picchiata, 160 miliardi perduti nel 2020, quasi un milione di disoccupati e oltre 400.000 aziende chiuse. Questo sì, è un Grande Reset: in pericolo è la sopravvivenza dell’Italia come sistema sociale. E come si è arrivati così in basso? Semplice: rinunciando alla politica. Fallito il tentativo gialloverde nato nel 2018, l’anno seguente si è abborracciato il Conte-bis solo per fermare Salvini. Il governo sarebbe caduto quasi subito, essendo diviso su tutto (non ultimo il tema-giustizia, ora affidato a Marta Cartabia «che certamente starà ben lontana dalle pulsioni “manettare” incarnate dal grillino Bonafede»). Chi ha salvato Conte? Ovvio: il Covid. Senza l’emergenza, “Giuseppi” sarebbe politicamente defunto almeno un anno fa.Magaldi gli imputa colpe gravissime: pur di restare a Palazzo Chigi, a colpi di Dpcm ha calpestato la Costituzione e rovinato la vita agli italiani, senza nemmeno riuscire a migliorare la situazione sanitaria. Punta di lancia di questa non-politica, appaltata ai burocrati del Cts, il prode Roberto Speranza (l’omino che non ha ancora capito che non è più Conte, il primo ministro). A proposito: era proprio necessario, tenersi il tragicomico Speranza? Gioele Magaldi ne parla come di un caso umano: «La sua conferma è stata un fatto di carità, cristiana e massonica». Risvolto politico: «Si è data a tutti i partiti l’opportunità di partecipare alle larghe intese, e Leu ha riproposto Speranza: si presumeva che avesse capito di dover cambiare completamente rotta, invece di insistere in modo ottuso e pericoloso con l’inutile strage economica dei lockdown».Inferisce Magaldi: «Era considerata innocua, la riconferma di Speranza, visto il suo carattere politicamente servile: è uno che lega l’asino dove vuole il padrone». Ora è avvisato: «Gli si metta la museruola, proibendogli di dire altre stupidaggini, o sarà accompagnato alla porta insieme a Walter Ricciardi (che fa solo terrorismo psicologico) e allo stesso Arcuri, che ci deve qualche spiegazione su come ha speso tutti quei soldi per le forniture, come quelle delle mascherine». Insomma, cartellino giallo: ultimo avviso. «Fuor di metafora: nessuno era contento di Speranza: né Draghi, né gli uomini di Draghi, né i principali fautori politici del governo Draghi. E quindi stia in campana, Speranza: è stato lasciato al suo posto solo per non umiliare Leu. Ma che succede se il suo partitino (destinato all’estinzione) ora si permette anche il lusso di spaccarsi, sulla fiducia a Draghi?».Per Magaldi, «hanno fatto il loro tempo anche i tecnici del Cts, confusionari e spesso incoerenti». In sintesi: «Dategli qualche settimana di tempo, e sarà Mario Draghi a prendere le misure a tutti questi cialtroni, che non hanno finora combinato nulla di buono, limitandosi a terrorizzare gli italiani». Magaldi cita Paolo Becchi e Giovanni Zibordi: dati alla mano, rilevano che il computo dei decessi a gennaio 2021 è inferiore alla media degli anni precedenti: «Ma non dovevamo avere più morti, a causa del Covid?». Non solo: «Lo stesso Matteo Bassetti, noto infettivologo, ha riconosciuto che tra i morti per Covid sono stati conteggiati anche pazienti morti d’infarto o per altre patologie». Accusa esplicita: «Qui abbiamo dato i numeri al lotto, continuiamo a farlo anche oggi, e questi si permettono di continuare a terrorizzare un paese in ginocchio, che invece deve rialzarsi, reiterando minacce di nuovi lockdown? Ma stiamo scherzando?».Tanto per ribadire il concetto, mercoledì 17 febbraio il Movimento Roosevelt schiererà la sua Milizia Rooseveltiana a Roma in pieno centro, violando il coprifuoco: un sit-in che promette di far parlare di sé, simbolicamente convocato in piazza Campo dei Fiori sotto la statua di Giordano Bruno, eroe ribelle, martire della libertà di pensiero e di azione. E l’adunata notturna (ore 22.45, l’inizio) sarà il culmine di un’intera giornata di disobbedienza civile: «Prima ci sarà un’assemblea del Movimento Roosevelt, che di per sé costituirà un primo assembramento, e poi proseguiremo con una bella cena, in un ristorante che dovrebbe restare chiuso, in virtù delle misure illegittime del governo Conte. Norme che al muovo esecutivo chiediamo di eliminare di corsa, in quanto incostituzionali, inutili sul piano sanitario e disastrose per l’economia».Gioele Magaldi non ha dubbi: archiviata la tragica pantomima del Covid, per un anno affidata alle maschere televisive di Conte, Ricciardi e Speranza, ora c’è da rimettere in piedi l’Italia. Come? Ripartendo dalla politica, quella vera: letteralmente svuotata dagli anni ‘90, con l’avvento del neoliberismo post-democratico che ha prodotto le finte alternanze, per mascherare la legge unica del “pilota automatico”, al di sopra delle elezioni. Che a guidare l’operazione-verità sia lo stesso inventore di quel famigerato dirigismo finanziario, rende il senso della missione: capovolgere tutto, allineando Salvini e Zingaretti, Grillo e Renzi. Tema: smettere di dividersi sulle stupidaggini, e ripensare il futuro del post-Covid, che poi è il presente. Un’altra Italia, una vera Europa. Un orizzonte finalmente aperto sul terzo millennio, seppellito il capitolo infame della paura (dello spread, del terrorismo, dei virus). Non c’è alternativa, disse la Thatcher. Ebbene, Mario Draghi è qui a provare che non è vero: tutti hanno sempre una seconda possibilità. E il tempo di dimostrarlo è adesso.Qualcuno spieghi a quella nullità di Roberto Speranza che non è più il ministro della salute del governo Conte. Avanti così, e potrebbe non esserlo più nemmeno del governo Draghi: al premier non ha dato manco il tempo di presentare il suo programma alle Camere e incassare la fiducia. Tra i piedi gli ha subito gettato una mina, la non-apertura dello sci (a tradimento, senza preavviso), facendo imbestialire tutti, aziende e lavoratori, inclusi i politici: dai leghisti al presidente della conferenza delle Regioni, l’emiliano Stefano Bonaccini, Pd. «E’ talmente piccino, Speranza, da non aver capito la ratio del suggerimento che ha ricevuto: mettere in difficoltà Mario Draghi, i cui nemici (tanti) non vedono l’ora di vederlo annaspare, avendo compreso le sue vere intenzioni». Che sono formidabili: salvare l’Italia, facendo fare a tutti (tecnici e politici) «il contrario di quello che avevano fatto fino a ieri, quando servivano interessi stranieri o cedevano ai dikat di Bruxelles». E attenti: insieme a Speranza rischiano il posto lo stesso Walter Ricciardi, il commissario Domenico Arcuri e i grigi burocrati del Cts, tutti profeti del lockdown e delle zone rosse.
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Draghi sulle macerie della bancarotta politica italiana
La riapparizione dello spettrale Roberto Speranza, confermato ministro del Covid, getta nello sconforto chiunque avesse sperato in un taglio netto e anche estetico, da parte del commissario Draghi, all’intera narrazione funereo-farlocca del grande terrore, alla quale l’inconsistente “Giuseppi” aveva appeso la sua stessa sopravvivenza politica, sequestrando l’Italia per un anno intero grazie a un’interpretazione molto “smart” della stessa Carta costituzionale. Sarà il governo del presidente della Repubblica, si affrettarono a precisare gli aedi ufficiali della verità, quelli che ormai truccano da notizie le opinioni e le trasformano in dogmi di fede. Sono loro, i declamatori cartacei e televisivi, ad aver finto di vedere uno statista, nel 2020 a Palazzo Chigi. E sono gli stessi che, nel giro di 48 ore, hanno licenziato senza rimpianti il grande statista per prostrarsi ai piedi del nuovo principe, un realtà antico, percependolo come il vero uomo del destino, cioè del grande potere finanziario che manovra l’Ue, appositamente creata come strumento di dominio tecnocratico, post-democratico, ispirato da una divinità ineffabile come quella per cui lavorano i pochissimi che si giocano il mondo a dadi, tollerando quel che resta della politica elettiva.Fa impressione, lo spietato falò delle vanità messo in scena dal nuovo esecutivo che allinea Zingaretti e Salvini, Bersani e Berlusconi, con la regia di Matteo Renzi e gli applausi di Beppe Grillo. Vent’anni di politica italiana ridotta a zero, o meglio: disvelata per quello che era veramente, al netto di qualche isolato soprassalto di dignità, velocemente naufragato tra i marosi del massimalismo, fino al grottesco. In virtù della catastrofe sanitaria e quindi socio-economica, sfilano in silenzio gli eroi di ieri, che ormai sembrano fatti di cartone, anche se in teoria hanno ancora un ruolo: come ministri o referenti di ministri, parlamentari e titolari di botteghe partitiche, e probabilmente già impegnati come grandi elettori del prossimo capo dello Stato, incidentalmente e transitoriamente chiamato a tenere in piedi quello che, fino a poco fa, era ancora il paese del Papeete e delle Sardine, del tragicomico “uno vale uno”, del Cavalier Banana e degli odiati “comunisti”, notoriamente vivi solo nelle fiction prodotte ad Arcore. Il paese dei sovranismi senza sovranità, della sinistra senza sinistra: il reame che ha accettato (senza eccezioni) di essere recluso per un anno, viaggiando a fari spenti, dopo aver barattato la perdita della libertà in cambio della promessa, non mantenuta, della sicurezza sanitaria.Il “governo di alto profilo” evocato da Mattarella mette in mostra, per intero, da quali macerie sia evidentemente inevitabile ripartire, se si vuole mettere mano – per la prima volta, dopo decenni – a un doppio sfacelo: da una parte l’imposizione imperiale del grande potere finanziario globalizzato, e dall’altra la piena collaborazione dell’establishment nazionale, che ha appaltato le storiche inefficienze italiche agli ultimi eredi di parrocchie scolorite, un tempo popolate da veri politici. Bandiere che da tempo non rappresentavano più niente, ma che hanno preferito sventolare a lungo, le une contro le altre, piuttosto che ammettere la dura realtà di una condizione umiliante, subordinata a poteri sovrastanti, non più temperata in alcun modo dalla politica pura, quella che coltiva idee che poi diventano ideologie, quindi progetti per il futuro. Veniamo da trent’anni di diktat emanati dall’alto, declinati però – a piano terra – solo attraverso gossip, sondaggi, salotti televisivi e pletorici proclami strillati sui social. Tempo sospeso, dunque. Cambierà verso, ora, la cima del grattacielo? Nel caso, non occorre nessuna particolare chiaroveggenza per intuire che, almeno in prima battuta, nemmeno stavolta toccheranno palla, gli imbarazzanti agitatori delle vecchie bandiere (ora anche vistosamente imbarazzati, se non altro, visto il grigio spettacolo della loro completa bancarotta).(Giorgio Cattaneo, “Draghi e le macerie della bancarotta politica italiana”, dal blog del Movimento Roosevelt del 13 febbraio 2021).La riapparizione dello spettrale Roberto Speranza, confermato ministro del Covid, getta nello sconforto chiunque avesse confidato in un taglio netto e anche estetico, da parte del commissario Draghi, all’intera narrazione funereo-farlocca del grande terrore, alla quale l’inconsistente “Giuseppi” aveva appeso la sua stessa sopravvivenza politica, sequestrando l’Italia per un anno intero grazie a un’interpretazione molto “smart” della stessa Carta costituzionale. Sarà il governo del presidente della Repubblica, si affrettarono a precisare gli aedi ufficiali della verità, quelli che ormai truccano da notizie le opinioni e le trasformano in dogmi di fede. Sono loro, i declamatori cartacei e televisivi, ad aver finto di vedere uno statista, nel 2020 a Palazzo Chigi. E sono gli stessi che, nel giro di 48 ore, hanno licenziato senza rimpianti il grande statista per prostrarsi ai piedi del nuovo principe, un realtà antico, percependolo come il vero uomo del destino, cioè del grande potere finanziario che manovra l’Ue, appositamente creata come strumento di dominio tecnocratico, post-democratico, ispirato da una divinità ineffabile come quella per cui lavorano i pochissimi che si giocano il mondo a dadi, tollerando quel che resta della politica elettiva.