Archivio del Tag ‘capitalismo’
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Licenziare per crescere? Barnard: siete bugiardi e criminali
Licenziare per crescere? Follia, ossimoro. Ma attenti: il nuovo dogma riciclato dal club di Mario Monti in realtà è roba vecchia. La coniò cent’anni fa l’economista inglese Arthur Cecil Pigou, alfiere della scuola “neoclassica” europea, nemica dell’economia democratica fondata sulla condivisione progressiva della ricchezza prodotta. Quello di Pigou non era un errore, ma un calcolo: impoverire milioni di lavoratori significa innanzitutto concentrare fortune inaudite nelle mani di pochissimi “rentiers”, veri eredi dei nobili che in Francia nel 1789 esasperarono il paese fino a far scoppiare la Rivoluzione. Come può un lavoratore amputato nel reddito essere poi colui che consuma abbastanza da sorreggere l’economia a cui l’azienda stessa si rivolge? E, come disse Keynes: in un’economia che soffre per il calo dei consumi, a loro volta come fanno le aziende ad assumere lavoratori?
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Ugo Mattei: sveglia, la democrazia italiana non esiste più
Penso che i referendum siano stati una gigantesca occasione perduta, a cui ha fatto seguito una reazione molto più dura di quanto ci saremmo potuti aspettare. Talmente dura da sfociare in un governo tecnico che ha sospeso la democrazia in tutto il paese, istituendo un modo di fare politica fascistoide. Chiunque protesta è aggredito o trattato come sovversivo. Penso che ciò sia una vera e propria reazione al risultato referendario di giugno: in quell’occasione, in quella fase storica, milioni di italiani – cittadini di uno dei grandi paesi industrializzati – avevano affermato di voler abbandonare il modello neoliberista. Dopo questa affermazione ha agito una reazione a cui abbiamo risposto con una spaventosa debolezza politica.
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Scontro di civiltà: minacciati dalla violenza del sistema-Tav
Quello in atto in valle di Susa è un autentico “scontro di civiltà”: la manifestazione di due modi contrapposti e paradigmatici di concepire e di vivere i rapporti sociali, le relazioni con il territorio, l’attività economica, la cultura, il diritto, la politica. Per questo esso suscita tanta violenza da parte dello Stato – inaudita, per un contesto che ufficialmente non è in guerra – e tanta determinazione – inattesa, per chi non ne comprende la dinamica – da parte di un’intera comunità. Quale che sia l’esito, a breve e sul lungo periodo, di questo confronto impari, è bene che tutte le persone di buona volontà si rendano conto della posta in gioco: può essere di grande aiuto per gli abitanti della valle di Susa; ma soprattutto di grande aiuto per le battaglie di tutti noi.
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Via banchieri e cialtroni, riprendiamoci il nostro denaro
Perché l’Eurozona è in crisi? Come si può uscire da questa situazione? Ci sono alternative alle teorie dominanti che ci hanno trascinati in questa voragine? Sì, eccome. Lo hanno spiegato, al meeting di Rimini promosso da Paolo Barnard e totalmente auto-finanziato dai partecipanti, i super-economisti “eretici” che la soluzione giusta l’hanno già confezionata, con grande successo, per la spettacolare rinascita dell’Argentina. Una sola strada: archiviare l’euro e tornare a una moneta sovrana creata per i cittadini e non contro di loro. Piccolo problema: l’attuale classe dirigente, italiana ed europea. Da spazzare via al più presto, con nuove elezioni capaci di selezionare idee utili e democratiche, per un futuro di speranza. Passaggio intermedio: diventare «il peggior incubo dei banchieri», per dirla con il professor William Black, uno degli economisti neo-keynesiani che hanno accettato la scommessa di Barnard.
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Salviamo la Grecia dai suoi salvatori: sono dei criminali
Nel momento in cui un giovane greco su due è disoccupato, 25.000 persone senza tetto vagano per le strade di Atene, il 30 per cento della popolazione è ormai sotto la soglia della povertà, migliaia di famiglie sono costrette a dare in affidamento i bambini perché non crepino di fame e di freddo e i nuovi poveri e i rifugiati si contendono l’immondizia nelle discariche pubbliche, i “salvatori” della Grecia, col pretesto che i Greci «non fanno abbastanza sforzi», impongono un nuovo piano di aiuti che raddoppia la dose letale già somministrata. Un piano che abolisce il diritto del lavoro e riduce i poveri alla miseria estrema, facendo contemporaneamente scomparire dal quadro le classi medie.
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Pietà per l’orso: una nuova religione che salvi noi cannibali
Quando Berlusconi è caduto, sotto il Quirinale suonava l’orchestra della Resistenza Musicale Permanente, uno dei tanti movimenti antiberlusconiani, il cui coro ha cantato l’Alleluia di Händel. Poi Monti è stato accolto col consenso quasi generale della popolazione, senza che si conoscesse il suo programma: lui, del resto, era il salvatore. «L’accoglienza che gli è stata fatta – scrive il poeta Carlo Bordini – mi ha fatto pensare all’accoglienza che fece Roma a Hitler nel 1938», riservando «un entusiasmo delirante» al messia del nazismo. Ammettiamolo: il mondo è a pezzi. La soluzione? Semplice: abolire la proprietà privata. Mission impossibile, naturalmente, per colpa del socialismo storico: l’orrore scatenato dal totalitarismo sovietico ha frenato ogni possibile evoluzione libertaria, lasciando campo libero alla ferocia schiavistica del capitalismo.
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Revelli: naufragio Italia, la sinistra ha abbandonato la nave
Torna un antico fantasma: la povertà. Uno spettro, quello della morte per fame, che la civiltà occidentale si era illusa di aver archiviato per sempre. Ora torna ad affacciarsi, sotto forma di paura, precarietà, indigenza. L’Italia è in piena decadenza, la povertà è in continua crescita e gli italiani sono disorientati: nonostante il vergognoso arricchimento di pochi, i penultimi se la prendono con gli ultimi, mentre la politica ha toccato il fondo e ora si rassegna all’azione dei “tecnici”. Fanno venire i brividi le cifre sciorinate da Marco Revelli nel suo ultimo libro “Poveri, noi”: «Siamo cambiati nell’ultimo quarto di secolo, ci siamo guardati allo specchio e non ci siamo riconosciuti più: un paese, il nostro, sfigurato dal rancore, dall’ostilità reciproca, dalle solitudini, dalla frustrazione, dall’invidia sociale».
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Decrescita è democrazia, contro la dittatura che ci assedia
«La decrescita è il riflusso di un torrente straripato: siccome il fiume dell’economia è uscito dagli argini, è quanto mai auspicabile che vi rientri». Si intitola “Per un’abbondanza frugale” l’ultimo saggio dell’eco-intellettuale francese Serge Latouche, che insiste ancora, innanzitutto, sul concetto di decrescita come via d’uscita dalla crisi: per Latouche si tratta di un “orizzonte di senso” per abbandonare la società dei consumi, ma anche un obiettivo politico a breve termine, «da opporre alle pseudoterapie neoliberali o keynesiane nella situazione attuale di depressione repressiva», osserva Luca Barbirati nella sua recensione. La ricetta? Economia locale a filiera corta, lavori socialmente utili e orario ridotto: anche solo 4 ore al giorno.
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Theo Angelopoulos: come uscire da questi anni disperati
Questa situazione in Grecia è dura, è diventata un incubo. La gente reagisce in un modo o in altro, prigioniera di quello che è stato deciso altrove. Non è stata una buona decisione entrare in Europa con l’euro. Forse non è stata una buona decisione per l’economia greca, forse non è stata una buona decisione per la Grecia in generale, perché il paese forse non era preparato ad entrare in Europa. Si è voluti entrare in Europa ma forse il paese non era pronto. Questa è una cosa. Un secondo elemento è l’errore di tutta la politica greca dalla fine dei colonnelli. Poiché si era vissuto un periodo assai difficile, il governo che è venuto dopo ha dato l’impressione che tutto fosse permesso. Prima c’è stato Karamanlis e dopo il Pasok e la situazione si è aggravata con il Pasok, si pensava veramente che tutto fosse permesso.
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Declassata anche la Francia: vogliono privatizzare l’Europa
Declassata l’affidabilità creditizia della Francia, insieme a quella del resto d’Europa tranne la Germania: il colpo, durissimo, viene da “Standard & Poor’s” e certifica il dominio statunitense sull’economia finanziaria europea sprofondata nella crisi. Se fu la Goldman Sachs ad aiutare la Grecia a truccare i bilanci fino all’orlo della bancarotta, la stessa banca d’affari americana per la quale lavorarono Mario Draghi e Romano Prodi è ritenuta, insieme alla Deutsche Bank, il grande manovratore che ha costretto alla resa il governo Berlusconi per imporre all’Italia, tramite il passaggio formale del “diktat” della Bce, la politica di rigore affidata al commissario Mario Monti, altro consigliere strategico della Goldman. E oggi, nonostante la terapia d’urto, Wall Street declassa l’Europa, mettendone ulteriormente in pericolo la stabilità finanziaria.
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Rossi: la Bce finanzi un’Europa finalmente democratica
Tutto inutile, se il nostro futuro resta sequestrato dalla finanza speculativa che impone le sue regole stracciando i diritti. L’Europa deve finalmente dotarsi di una Costituzione democratica. E la sua banca centrale, la Bce, deve decidersi a finanziare l’economia reale, e non solo le banche, trasformandosi in “prestatore di ultima istanza” come la Fed americana. Senza queste due condizioni essenziali, nessuna ricetta “tecnica” potrà mai battere la crisi. E nel frattempo, alla recessione si aggiungerà la disperazione degli ex cittadini, trasformati in sudditi di un potere lontano, invisibile e incontrollabile, che attraverso la globalizzazione selvaggia e il dominio assoluto dei capitali ha di fatto cancellato lo Stato di diritto e le sue garanzie sociali duramente conquistate dal lungo cammino dei popoli verso la democrazia.
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Schiavo della finanza, lo Stato non può più spendere per noi
Può sembrare un’eresia, ma non lo è: dalla crisi si può uscire in un solo modo, e cioè aumentando la spesa pubblica. Si aggraverebbe il debito? Inizialmente, sì. Ma investire in settori strategici per produrre lavoro risolleverebbe l’economia, la domanda, le entrate fiscali. Servirebbe una piena sovranità statale e monetaria, che gli Stati europei hanno perduto: costretti a farsi prestare denaro dalla finanza privata, vengono dissuasi dall’indebitarsi ulteriormente, pena la crescita esplosiva dei margini speculativi. Lo Stato, unico soggetto nato per spendere a deficit per il benessere reale dei cittadini, è stato imbrigliato: il grande capitale pretende che si comporti non come uno Stato, ma come una famiglia o un’azienda. Neutralizzata la capacità finanziaria dello Stato, i cittadini sono indifesi di fronte alla crisi.