Archivio del Tag ‘caos’
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Soldati e pirati: crisi India-Italia, capolavoro d’ipocrisia
Non sono stati loro a sparare sui pescatori indiani al largo di Kochi, ma rischiano addirittura la pena di morte: se anziché italiani fossero soldati americani, francesi o inglesi, a quest’ora davanti a quel porto ci sarebbe già schierata una portaerei, e l’India non si permetterebbe certo di commettere gli abusi che sta compiendo ai danni del mercantile sequestrato, la Enrica Lexia, e della sua scorta ingiustamente accusata, i “marò” del battaglione San Marco. Lo afferma Gianandrea Gaiani, esperto strategico e direttore di “Analisi Difesa”, in merito alla clamorosa crisi diplomatica esplosa fra Italia e India in seguito al fermo dei due militari italiani, ufficialmente sospettati di aver sparato e ucciso due pescatori indiani dopo averli scambiati per pirati.
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Siria, sangue e menzogne: e se un giorno toccasse a noi?
Una “tecnica” (in inglese technical) è un tipo di veicolo militare low cost, un micidiale accrocchio composto da un mezzo civile con un cassone (tipicamente un pick-up) attrezzato con armi pesanti, quali lanciarazzi e grosse mitragliatrici. È spaventosamente efficace e distruttivo. Gli hanno dato anche altri nomi: gunship, guerrilla truck, battlewagon, gunwagon. Noi continuiamo a chiamarlo con il nome che ne battezzò la comparsa in Somalia. Guardiamolo bene, fissiamocelo in testa, quel veicolo. Quando la “tecnica” scorrazzerà nelle nostre strade di sempre, in slalom tra le macerie, l’involucro della nostra normalità sarà stato già frantumato.
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Forze inglesi a Damasco, non è Assad a massacrare i siriani
Stanno macellando la Siria, a cannonate: non i presunti “boia” del regime di Assad, ma i brutali miliziani armati dall’Occidente. «Sono loro che ci terrorizzano», dichiara un testimone in una drammatica intervista realizzata a Homs dalla prestigiosa giornalista indipendente Silvia Cattori: «Ci minacciano se solo mettiamo il naso fuori di casa, siamo noi a chiamare l’esercito in nostro aiuto». E la versione dei media, che propongono una rivolta popolare contro l’oppressione della dittatura? Un diluvio di menzogne, senza uno straccio di prova. Per questo, Russia e Cina hanno posto il veto all’Onu contro una risoluzione anti-Assad. Ma c’è di peggio: oltre alla “legione libica” proveniente da Bengasi, in Siria – contro l’esercito di Damasco – sarebbero in azione reparti scelti del Qatar e addirittura forze speciali inglesi.
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Crisi e guerra: contro la Cina, la geopolitica del caos
«È proprio vero il detto che chi non conosce la storia è condannato a ripeterla. Sembra d’assistere ad una riedizione degli eventi post-1929. E vogliamo dirla tutta? Il 1929 sfociò alfine nella Seconda Guerra Mondiale». Parola di Daniele Scalea, condirettore della rivista “Geopolitica”, che lancia uno sguardo ai pesanti rivolgimenti che hanno segnato il 2011: la Cina che cresce, l’Europa che vacilla, gli Usa che destabilizzano le aree-cerniera come l’Africa e il Mediterraneo, senza però un disegno chiaro: è la “geopolitica del caos” che, dalla Libia alla Siria, punta a generare conflitti regionali, per rallentare l’ascesa di Pechino e prendere tempo, in attesa che il petrolio del Medio Oriente diventi sempre meno strategico.
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Fuga dall’euro, vigilia di panico: l’Eurozona sta per saltare
Natale 2011, vigilia di panico: mentre Londra si prepara all’eventualità di dover evacuare gli inglesi che lavorano in Spagna e Portogallo, temendo il caos per una possibile «implosione delle banche» con assalti ai bancomat, almeno due colossi bancari «di caratura mondiale» si stanno preparando al collasso dell’euro: hanno infatti contattato Swift, l’azienda belga che gestisce i sistemi per le transazioni finanziarie internazionali. Obiettivo: ottenere la tecnologia e i codici necessari per tornare ad effettuare transazioni in vecchie valute pre-euro, come la lira italiana, la dracma greca e l’escudo portoghese. La doppia notizia è rivelata dal “Wall Street Journal”: gli inglesi hanno già attivato i servizi segreti per una possibile fuga da Madrid e Lisbona, mentre due super-banche hanno «preso le misure» in vista dell’eclissi dell’euro.
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Panico Usa: è Wall Street a detenere il nostro debito
Gli Usa sono letteralmente terrorizzati: se crolla uno Stato europeo, uno qualsiasi, vanno in crisi le grandi banche francesi e tedesche sorrette da Wall Street. Ecco perché Washington è così attenta alla crisi europea e raccomanda a Bruxelles di scongiurare il rischio di default, a cominciare da quello della Grecia: il collasso a catena porterebbe alla bancarotta delle centrali finanziarie statunitensi. Lo afferma Robert Reich, docente di politiche pubbliche all’università californiana di Berkeley, già ministro del lavoro del presidente Clinton nonché autore di tredici libri. «Perché l’America dovrebbe essere così preoccupata? Se volete sapere la vera ragione, seguite i soldi. Un default greco (o irlandese, spagnolo, italiano o portoghese) avrebbe sul nostro sistema finanziario lo stesso effetto dell’implosione della Lehman Brothers nel 2008. Il caos finanziario».
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Lucrano sulla nostra rovina? E’ omicidio, vanno puniti
Gente che guadagna un miliardo in un’ora… e negli ospedali greci mancano le medicine. Scommettere sul crollo conviene. A scuola non ti spiegano come funziona la finanza. Se lo facessero avremmo già le barricate per strada. Se la gente sapesse come funziona il sistema comprenderebbe anche che è naturalmente indirizzato a creare crolli economici, semplicemente perché quando si scatena il caos e la bancarotta gli speculatori guadagnano di più. E’ una caratteristica fisiologica del sistema. E’ più facile scatenare una crisi di panico che una crisi di ottimismo. Questo è essenzialmente il motivo per il quale la finanza mondiale è nello sterco fino al collo.
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Giovani, poveri e precari: la loro rabbia brucia l’Inghilterra
Londra non è come Parigi, non esistono le banlieue, i quartieri poveri convivono al fianco di quelli ricchi. E qualche volta questi due mondi inconciliabili entrano in conflitto. Mi sono tornati in mente i disordini del 1981, senza precedenti in Inghilterra, che dalla capitale, in particolare dal quartiere di Brixton, si sono estesi a Liverpool, a Manchester e in altre città. Sono rimaste nella storia del Paese: la polizia usò i lacrimogeni, cosa che in Italia è normale, ma in Inghilterra non lo è affatto. Era l’alba dell’era Thatcher, con una pesante crisi economica e drastici tagli alla spesa pubblica, proprio come oggi. E, come oggi, la rivolta non fu organizzata da alcun partito. Cominciò con un’esplosione di rabbia di giovani dell’underclass, il sottoproletariato urbano.
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Carlo Grande: la scrittura sincera, antidoto contro il caos
Penso che ogni giornalista, in fondo, accarezzi anche l’idea di scrivere dei libri. Ma gli spazi di buon livello sui giornali e nell’editoria non sono molti. Si devono avere – innate – sensibilità, curiosità, attenzione per gli altri, sguardo profondo e non superficiale per le storie “vere”, che hanno qualcosa di simbolico e toccante. Sono cose indispensabili per chi vuole fare narrativa. Poi si diventa scrittori con il lavoro, l’attenzione, l’umiltà, il dialogo, il coraggio di ascoltarsi e criticarsi fino in fondo, l’esercizio costante. La vera lotta di uno scrittore, diceva Bukowski, è con se stessi.
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Maoz: non c’è perdono, la guerra ci trasforma in assassini
In una situazione tra la vita e la morte, in cui la seconda è tangibile quanto la prima, non si può avere un codice etico. In guerra ogni morale sparisce. Se fai questioni morali, i tuoi soldati muoiono. Le persone normali non uccidono, ma la guerra crea una formula perché questo possa accadere. E’ facile: metti un soldato in una situazione di pericolo di vita e lui inizierà ad ammazzare, perché l’istinto di sopravvivenza è più forte di tutto. Al mondo ci sono buoni e cattivi, in guerra ci sono solo cattivi. Ma tutti sono vittime.