Archivio del Tag ‘caos’
-
Tsunami Grillo: senza futuro i partiti del Rigor Montis
«Metta in piedi un’organizzazione, si presenti alle elezioni e vediamo quanti voti prende». Profetico come sempre, il sindaco torinese Piero Fassino. Era solo il 2009, ricorda il “Fatto Quotidiano”, e già invitava Beppe Grillo a «fondare un partito per i fatti suoi invece che venire a rompere le scatole ai democratici», che gli rifiutarono l’iscrizione al partito e quindi l’accesso alle future primarie, alle quali si era provocatoriamente auto-candidato. Risultato, lo tsunami: per volontà dell’“Italia giusta”, quella vera, che ha “smacchiato” gli aspiranti “smacchiatori”. In capo a tre anni, Grillo festeggia “la fine della Terza Repubblica” e lancia in orbita il “Movimento 5 Stelle”, primo partito alla Camera, in un paese ancora bloccato dal “Porcellum” e paralizzato dal clamoroso pareggio delle coalizioni Pd-Pdl, condannate a gestire le euro-macerie di Mario Monti, elettoralmente irrilevante.
-
Amoroso: l’euro ci porta in guerra, è da malati di mente
Gli economisti in genere, anche di altri paesi, criticano l’euro perché dicono che non ha consistenza economica. Cioè, le teorie economiche dimostrano quali sono le condizioni perché si possa fare un’unità monetaria. L’euro è stato fatto non tenendo conto di tutti quei criteri-base per cui si possa creare un’area monetaria omogenea che funzioni. Per questo Paul Krugman e molti altri hanno criticato l’euro. La moneta è uno strumento dell’economia, non è l’economia; quindi intestardirsi, insistere su un meccanismo che chiaramente non sta funzionando, rischia – e questo è l’aspetto doloroso – di minacciare e distruggere lo stesso progetto europeo. Dal momento dell’introduzione dell’euro fatta in modo così forzato, che è successo? Già l’introduzione dell’euro ha diviso l’Europa – volevamo un’Europa più larga, ma che crescesse insieme.
-
Galeano: spaventati e soli, il vero potere ci vuole così
Il lanciatore di scarpe iracheno, che scagliò le proprie calzature verso Bush, è stato condannato a tre anni di carcere. Non merita invece un’onorificenza? Chi è dunque il terrorista? Il lanciatore di scarpe o il suo bersaglio? Il serial killer che ha volutamente determinato la guerra in Iraq su un terreno di bugie massacrando una moltitudine d’individui, legalizzando e ordinando la tortura di altri, non è forse il vero terrorista? Il popolo di Atenco, in Messico, i Mapuche, indigeni del Cile, i Kekchies del Guatemala, i contadini senza terra in Brasile, tutti accusati del crimine di terrorismo per aver difeso i loro diritti e la loro terra, sono forse i colpevoli? Se la terra è sacra, anche se la legge non lo specifica, coloro che la difendono non sono altrettanto sacri?
-
Si combatte in Mali, ma il vero obiettivo francese è Algeri
L’appetito vien mangiando, dice il proverbio. Così, una volta «ricolonizzate» la Costa d’Avorio e la Libia, e «dopo aver tentato di accaparrarsi anche la Siria», la Francia «mira di nuovo al Mali per attaccare di spalle l’Algeria». Lo sostiene l’inviato speciale francese Thierry Meyssan, da anni in prima linea sui fronti caldi del Mediterraneo: è l’Algeria, dice Meyssan, il vero obiettivo dell’attivismo militare francese nel Mali, che resta peraltro un paese-chiave per il futuro energetico europeo: si diramano infatti nel sottosuolo maliano gli immensi giacimenti algerini di petrolio e gas, lungo frontiere di sabbia oltre le quali il Niger custodisce l’enorme riserva di uranio che alimenta le centrali nucleari della Francia. Naturalmente, per far intervenire l’esercito, la Francia ha avuto bisogno di utilizzare, sul campo, le solite pedine: i jihadisti di Al-Qaeda, reclutati dall’intelligence parigina.
-
Arriva una guerra mondiale: lo dicono i guru della finanza
Mentre Israele bombarda Gaza per colpire Hamas, alleato di ferro dell’Iran, all’indomani dello scandalo Petraeus che ha azzoppato la Cia e con essa il generale più prestigioso del Pentagono, i guru della finanza mondiale vedono ormai la guerra come destino imminente dell’umanità, o almeno dell’Occidente stritolato dai debiti: «Crediamo che la guerra sia un’inevitabile conseguenza della attuale situazione economica mondiale», avverte Kyle Bass, super-manager di hedge funds americani e fondatore di “Hayman Capital”. «Trilioni di dollari di debiti saranno ristrutturati – scrive Bass sul “Washington’s Blog” – e milioni di risparmiatori finanziariamente prudenti perderanno una percentuale rilevante del loro potere d’acquisto reale, esattamente al momento sbagliato nella loro vita: ancora una volta, il mondo non finirà, ma il tessuto sociale delle nazioni dilapidatrici sarà sfilacciato e in alcuni casi strappato. Purtroppo, guardando indietro nella storia economica, troppo spesso la guerra è la manifestazione di una semplice entropia economica sostenuta fino alla sua logica conclusione».
-
Obama e l’appuntamento peggiore: quello con la guerra
«Nei prossimi mesi, quando Obama avrà incontrato Xi Jinping, suo neo-omologo designato, potremo capire se i numeri uno e due al mondo sono destinati a cooperare o a scontrarsi». Parola di Lucio Caracciolo, che vede “guerre imperiali” appena oltre il giardino della Casa Bianca, all’indomani della conferma di Obama, che è stato rieletto «per salvare l’America da un’altra recessione, non per cambiare il mondo». Ma posti di lavoro e benessere sociale dipendono sempre più «dal modo in cui l’America sta al mondo», ovvero «dalle relazioni politiche, commerciali e finanziarie con il resto del pianeta, Cina in testa, che non accetta più il Washington consensus e non dimentica che la crisi in corso è nata a Wall Street». L’unico non indifferente vantaggio rispetto al primo quadriennio, aggiunge il direttore di “Limes”, è che Obama «non può essere riconfermato, sicché deciderà senza farsi condizionare da pedaggi elettorali».
-
L’Independent: gli Usa sapevano dell’attentato di Bengasi
L’ambasciatore statunitense Chris Stevens sarebbe stato ucciso l’11 settembre nell’assalto al consolato Bengasi, condotto con armi pesanti, per vendicare il “tradimento” degli americani, che in Pakistan hanno assassinato il guerrigliero Mohammed Hassan Qaed, un agente libico di Al-Qaeda. “Abu Yahya al-Libi”, questo il suo nome di battaglia, sarebbe stato “sacrificato” da Washington dopo la fine della guerra contro Gheddafi, nella quale la Nato non ha esitato a impiegare terroristi islamici. Il film contro Maometto che ha incendiato le capitali musulmane sarebbe stato solo un pretesto per scatenare il caos, all’interno del quale è maturato l’attentato, dei cui preparativi – scrive il quotidiano inglese “The Independent” – si sospetta che l’America fosse al corrente. Dettagli inquietanti, sottolinea “Megachip” in una nota, che rivelano «l’imbarazzante alleanza occidentale, nella sporca guerra di Libia, con i peggiori tagliagole».
-
La verità su Tangentopoli imbarazza i partiti di oggi
Su “La Stampa” nei giorni scorsi è apparsa una sorta di stranissima inchiesta a puntate sulla stagione di Mani Pulite: un’intervista all’ex ministro socialista Rino Formica (31 agosto), intitolata “Usa, che errore puntare tutto su Berlusconi, Fini e D’Alema”; un’intervista all’ex ministro socialista Gianni De Michelis (1 settembre), dal titolo “La Seconda Repubblica figlia di diplomatici e Fbi”; un’intervista all’ex ministro democristiano Cirino Pomicino (2 settembre), dal titolo “Ho sempre pensato che Tangentopoli fosse pilotata dalla Cia”. Tutti potentissimi politici dell’ancien régime travolti dalla famosa inchiesta giudiziaria iniziata nel 1992. Interviste rilasciate ai giornalisti della “Stampa” a seguito di quella in qualche misura clamorosa rilasciata prima di morire dall’ex ambasciatore americano in Italia Reginald Bartholomew alla medesima testata, intitolata: “Così intervenni per spezzare il legame tra Usa e Mani pulite”.
-
Il Telegraph: muoia la Grecia, un piano deciso dall’inferno
L’establishment europeo è felice per la vittoria di Nuova Democrazia ed è disponibile a tenere ancora in vita un paziente che non riesce più a respirare. Ma, questa sensazione, non potrà andare avanti ancora per molto. I nuovi leader della Grecia hanno ricevuto un mandato dall’inferno. In un modo o nell’altro quasi il 52% del voto popolare è andato a partiti che si opponevano al salvataggio previsto dal Memorandum. Comunque la nazione non ha accettato le politiche di austerità della troika. La sinistra dura del partito Syriza di Alexis Tsipras adesso è forse più pericolosa all’opposizione, con un gran numero di seggi in Parlamento, e potrà tartassare il governo senza assumersene la responsabilità, dato che lo Stato sta mandando a casa 150 mila lavoratori del settore pubblico, un quinto del totale.
-
Video-choc: lo stragista di Tolosa era una pedina degli 007
«Va’ all’inferno, traditore. Mi hai mandato in Iraq, Pakistan e Siria per aiutare i musulmani. E ora ti riveli essere un criminale e un capitano dei servizi francesi. Non lo avrei mai creduto». A parlare è Mohammed Merah, lo stragista franco-algerino di Al Qaeda poi ucciso a Tolosa dalla polizia, nell’alloggio in cui si era asserragliato dopo aver commesso l’ennesimo attentato. Merah parla in un video e accusa il suo migliore amico, Zouheir: «Mi ucciderete senza un motivo», dice, ma «siete voi che mi avete messo in questa situazione». Merah si congeda drammaticamente da Zouheir: «Non ti perdonerò mai». Il giovane attentatore, scrisse il “Foglio” già il 22 marzo «grazie a fonti dei servizi», era nientemeno che «un’operazione dell’intelligence francese finita male». Un infiltrato “inconsapevole”, incaricato di organizzare stragi da attribuire poi a paesi come la Siria, accusati di ospitare terroristi.
-
Bengasi contro Tripoli: la Libia sarà la nuova Somalia
Un’assemblea delle tribù e delle milizie riunita a Bengasi ha dato vita al “Consiglio provvisorio di Barqa”, Cirenaica, chiedendo la piena autonomia della regione da Tripoli. Mustafa Abdel Jalil, presidente del Cnt fino alle prossime elezioni di giugno, ha definito l’iniziativa la «sedizione dell’est» accusando non meglio precisati «paesi arabi» di avere fomentato la «cospirazione». Poi la minaccia: «Devono sapere che gli infiltrati e i fedelissimi dell’ex regime tentano di utilizzarli e noi siamo pronti a dissuaderli, anche con la forza». Replica Hamid Al-Hassi, capo militare della Cirenaica: «Siamo pronti a dare battaglia. Siamo dunque a quel rischio di guerra civile che lo stesso Jalil paventava di fronte all’anarchia delle milizie che spadroneggiano in Libia». La Libia “liberata” dalla Nato sta per diventare la nuova Somalia?
-
Fukushima, panico nucleare: la verità non si saprà mai
Far sfollare l’intera città di Tokyo. Il governo giapponese non escluse neanche questa ipotesi nei concitati giorni dopo il triplice disastro che colpì la centrale nucleare di Fukushima-Daichi. È quanto emerge da un’inchiesta condotta dalla Rebuild Japan Initiative Foundation che ha cercato di ricostruire la gestione della crisi provocata dal terremoto e dell’onda anomala che investirono l’impianto l’11 marzo scorso. Il rapporto di 400 pagine sarà presentato per interno in settimana, ma anticipazioni pubblicate dal “New York Times” mettono a nudo la condotta dei vertici nipponici e puntano il dito contro il governo le cui iniziative rischiarono di aggravare la situazione, con il premier e i suoi ministri all’oscuro delle linee guida contenute nel protocollo di emergenza e consigliati male dagli esperti.