Archivio del Tag ‘business’
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Pensioni, l’Fmi: se i vecchi non muoiono, saranno un peso
Da quando Christine Lagarde è comparsa sul palcoscenico mondiale in veste di direttore del Fondo Monetario, in casa l’abbiamo ribattezzata “la commare secca”. Il nomignolo deriva da una poesia di Giuseppe Gioacchino Belli, che ha poi ispirato l’omonimo film di Bertolucci: commare secca in dialetto romanesco significa nient’altro che “la morte”. Sia per l’aspetto segaligno della Lagarde, sia per il suo ruolo nell’ente deputato ad affibbiare il famoso “bacio della morte”, il nomignolo le sta a pennello. Ma io sapevo che prima o poi se lo sarebbe guadagnato sul campo, ne ero assolutamente certa: non si diventa capo del Fondo Monetario se non si ha la falce in mano. E mercoledì 11 aprile Christine ha puntualmente avverato la mia ennesima cassandrata.
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Migrazioni climatiche: ogni anno, milioni di persone in fuga
La Terra si riscalda troppo e fa avanzare il deserto oppure le acque, che sommergono intere regioni. Siccità o inondazioni, stesso risultato: un esodo biblico, con la fuga di milioni di persone, specie dalle aree sovrappopolate dell’Asia e del Pacifico, dov’è più forte l’esplosione demografica degli ultimi anni. Solo nell’ultimo biennio, secondo gli osservatori più attenti, più di 42 milioni di persone sono state costrette a lasciare le proprie case. E la situazione è destinata a peggiorare: «I cambiamenti climatici aumenteranno la frequenza e la gravità di tali eventi, rendendo zone sempre più ampie inospitali e insicure per gli insediamenti umani», afferma nel suo ultimo rapporto l’Asian Development Bank. Emergenza anche economica, ad aggravare il bilancio della crisi: alluvioni, terremoti, siccità e incendi ci costano sempre di più, e la colpa è del “climate change”. Un conto salatissimo per l’umanità: 300 miliardi di euro, solo nel 2011, cioè il doppio dell’anno precedente.
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Gli Usa non lasceranno Kabul: la guerra infinita conviene
Doveva essere un’operazione di polizia internazionale per catturare Osama Bin Laden e sgominare Al Qaeda dopo l’attentato del secolo, quello dell’11 Settembre: così almeno secondo la Casa Bianca, lo stesso super-potere che due anni dopo invaderà l’Iraq col pretesto delle inesistenti “armi di distruzione di massa” di Saddam Hussein. Inabissato “con rito islamico” il fantasma di Bin Laden nelle acque dell’oceano, il ritiro dall’Afghanistan resta un miraggio. Copione invariato: bombardamenti, stragi di civili, attentati, soldati uccisi, bare avvolte nelle bandiere e politici occidentali che ripetono che il contingente internazionale rimarrà nel paese asiatico “per difendere la pace e la sicurezza”. Una favola tragica: l’Afghanistan resta un paese in macerie perché l’abbiamo condannato a rivestire lo stesso ruolo che Israele gioca in Medio Oriente, ossia quello di fabbrica e fucina della instabilità regionale.
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Zombie dell’800: il governo degli affari ci dichiara guerra
Credo che oramai sia evidente che tutti i movimenti, tutte le lotte in corso in questo paese, per quanto differenti negli obiettivi e nelle storie, hanno di fronte lo stesso avversario che argomenta allo stesso modo. I metalmeccanici, da poco scesi in piazza con rabbia e orgoglio, sono di fronte alla devastazione del contratto nazionale e delle più elementari libertà nei luoghi di lavoro. Milioni di altri lavoratori subiscono le stesse aggressioni senza avere la stessa forza o senza essere chiamati alla lotta da un sindacalismo confederale sempre meno capace di reagire. In valle Susa nel nome degli affari, della competitività, del “lo vuole l’Europa”, si sta procedendo a una sopraffazione democratica e ambientale tra le più gravi della storia della Repubblica.
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Green economy? No, grazie: Torino incenerisce il futuro
Per favore, fermare quel mostro: servirà solo a seppellirci di debiti e probabilmente anche di tumori. Il “mostro” è l’inceneritore torinese del Gerbido, in via di costruzione alla periferia di Mirafiori, affidato “in house” alla società pubblica Trm, trattamento rifiuti metropolitani. Costo iniziale: quasi mezzo miliardo di euro. Soldi prestati dalle banche, scrive il battagliero comitato No-Inc, che dovranno essere restituiti (con fior di interessi) nei prossimi vent’anni: questo condannerà la Provincia di Torino per almeno quattro lustri a distruggere i suoi rifiuti, anziché riciclarli con intelligenza, restando «completamente tagliata fuori da tutti gli sviluppi futuri delle tecnologie alternative e sicure». Se la risposta ai No-Inc è la stessa riservata ai No-Tav, nessuna speranza: nonostante la crisi, anziché l’occupazione della green economy Torino preferisce l’antico sistema dei maxi-affari per grandi opere anti-ecologiche e nate già vecchie.
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Saviano: le mani della mafia anche sulla Tav Torino-Lione
Tutti parlano di Tav, ma prima di ogni cosa bisognerebbe partire da un dato di fatto: negli ultimi trent’anni l’alta velocità è diventata uno strumento per la diffusione della corruzione e della criminalità organizzata, un modello vincente di business perfezionatosi dai tempi dalla costruzione dell’Autostrada del Sole e della ricostruzione post-terremoto in Irpinia. Questa è una certezza giudiziaria e storica più solida delle valutazioni ambientali e politiche (a favore o contro), più solida di ogni altra analisi sulla necessità o sull’inutilità di quest’opera. In questo momento ci si divide tra chi considera la Tav in val di Susa come un balzo in avanti per l’economia, come un ponte per l’Europa, e chi invece un’aberrazione dello spreco e una violenza sulla natura. Su un punto però ci si deve trovare uniti: bisogna avere il coraggio di comprendere che l’Italia al momento non è in grado di garantire che questo cantiere non diventi la più grande miniera per le mafie.
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Soldati e pirati: crisi India-Italia, capolavoro d’ipocrisia
Non sono stati loro a sparare sui pescatori indiani al largo di Kochi, ma rischiano addirittura la pena di morte: se anziché italiani fossero soldati americani, francesi o inglesi, a quest’ora davanti a quel porto ci sarebbe già schierata una portaerei, e l’India non si permetterebbe certo di commettere gli abusi che sta compiendo ai danni del mercantile sequestrato, la Enrica Lexia, e della sua scorta ingiustamente accusata, i “marò” del battaglione San Marco. Lo afferma Gianandrea Gaiani, esperto strategico e direttore di “Analisi Difesa”, in merito alla clamorosa crisi diplomatica esplosa fra Italia e India in seguito al fermo dei due militari italiani, ufficialmente sospettati di aver sparato e ucciso due pescatori indiani dopo averli scambiati per pirati.
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Bastardi, avidi e bugiardi: ecco a voi i signori del petrolio
Cosa succede se un’industria ha troppo potere? Semplice: si bypassano le regole e si controlla l’informazione per soffocare il dissenso. Nel frattempo il clima cambia e la gente muore. Influenze politiche, ricatti, corruzione: è ciò che “Bastardi avidi e bugiardi”, la video-inchiesta del regista americano Craig Rosebraugh si propone di scardinare. Dagli Usa a Tuvalu, dal Perù all’Uganda, fino ad arrivare in Europa, è decisamente inquietante il ritratto tracciato dal documentario, prodotto dall’attrice Daryl Hannah (“Kill Bill”), già arrestata in passato per il suo attivismo ambientalista. “Greedy Lying Bastards”, scrive Andrea Bertaglio sul “Fatto Quotidiano”, può essere visto come la risposta al film pro-petrolio “SpOILed”, presentato negli Usa lo scorso anno e finanziato da personaggi legati al business dei combustibili fossili.
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Ciao euro, la Sardegna ora scommette sul Sardex
Se pensate che non si possa vivere senza l’euro, andate in Sardegna e provate a dire in giro che pagherete in Sardex. A parte benzina, farmaci ed energia elettrica, potrete comprare tutto, sia beni che servizi. E quindi alberghi, dentisti, falegnami, elettricisti, meccanici, consulenti di marketing. Ma anche sale congressi, corsi di lingua inglese, pubblicità sui giornali locali. E poi vestiti, mobili, ristoranti e persino la connessione Internet. Oltre a cibo, vino e carni, tutto rigorosamente sardo. Il Sardex è la “moneta a chilometro zero”. Solo che non è una moneta, nel senso che fisicamente non esiste. Non ne hanno stampato nemmeno una banconota: esiste solo su Internet.
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L’altra faccia di Obama, l’uomo che ha beffato il mondo
Boston, 27 luglio 2004: in quella calda sera d’estate tutta l’America si accorse del giovane e carismatico Barack Obama, un tizio semi-sconosciuto, dal nome difficile e dalle origini esotiche. Alla convention democratica che incoronò John Kerry come sfidante di Bush, Obama non era ancora neppure senatore, eppure gli fu affidato il “kenyote speech”, l’attesissimo discorso introduttivo. Già allora c’era chi aveva scommesso su di lui: la cupola finanziaria americana, il super-potere che domina ogni grande decisione planetaria. Per capire chi fosse davvero il neopresidente Obama, bastava la lista dei suoi finanziatori miliardari e quella del suo staff alla Casa Bianca. Barack Obama non era uno di loro: ma è stato scelto e promosso da loro. Ecco perché la sua politica oggi non è molto diversa da quella di Bush.
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Sì alla Torino-Lione: dietro l’accordo, l’uomo del Bilderberg
Il gruppo Bilderberg, cupola finanziaria mondiale che ha piazzato a Bruxelles l’euro-presidente Van Rompuy e a Palazzo Chigi il professor Monti, sembra aver “commissariato” anche la valle di Susa per la realizzazione della linea Tav Torino-Lione: l’olandese Jan Brinkhorst, coordinatore per la politica europea dei trasporti ferroviari e membro del più esclusivo club mondiale dell’oligarchia finanziaria, farà parte del nuovo organismo italo-francese che il 20 dicembre i governi di Roma e Parigi hanno stabilito di costituire per realizzare entro dieci anni, a partire dal 2012, la tratta ferroviaria più controversa del pianeta. Vano l’appello di 150 docenti universitari italiani al presidente Napolitano: la Torino-Lione si farà, anche se finora i promotori non ne hanno mai dimostrato l’utilità. E i lavori di Chiomonte saranno affidati alla Cmc di Ravenna, coop “rossa” considerata storicamente vicina al leader del Pd, Pierluigi Bersani.
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Scempio Italia, Maggiani: non chiedeteci altri soldi
Io la conosco bene la valle della Magra, da Pontremoli in giù. Chi ci va mai giù lungo il fiume a vedere come è fatto? Io ci vado a vedere la Magra, e lo vedo che cos’è diventata in questi ultimi decenni. È diventata un’unica immensa infinita discarica. Però l’hanno chiamato parco naturale, il parco naturale della Magra. Così io trovo i cartelli del parco ficcati sulle discariche abusive, sugli argini dissolti. Nel Medioevo la Magra andava fuori due volte l’anno, adesso ha ricominciato a uscire due volte l’anno.