Archivio del Tag ‘bombe’
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Kill the Children, la grande ipocrisia dei signori della guerra
In mezzo alle polemiche sulle organizzazioni non governative internazionali che traghettano verso l’Italia i disperati raccolti sulle coste libiche, la mia attenzione è stata attratta dal profilo dei componenti del Consiglio Direttivo italiano di una di esse, Save The Children. Nella lista ho notato in particolare un nome, quello di Marco De Benedetti, che – oltre ad essere il figlio dell’oligarca italiano naturalizzato svizzero Carlo De Benedetti – ricopre la carica di Managing Director e Co-Presidente Europa di The Carlyle Group. Ora, The Carlyle Group non è un’azienda qualsiasi, ma un gigante mondiale nella gestione degli attivi di aziende di tanti settori, incluse le industrie del complesso militare-industriale. Carlyle ha sede al centro dell’Impero, a Washington, e vive di una perenne commistione politica-affari, tanto che ha reclutato fra i suoi super-faccendieri anche ex direttori Cia ed ex presidenti Usa come George Bush padre e l’ex primo ministro britannico John Major. Nel 2008-2016 il suo direttore dei servizi finanziari globali è stato un pezzo grosso di Wall Street, Olivier Sarkozy, fratellastro dell’ex presidente francese Nicolas, mentre fra gli amministratori di Carlyle c’è anche il numero uno della General Motors, Dan Akerson.Insomma, parliamo di un architrave del capitalismo globalizzato, che gestisce “asset” per centinaia di miliardi dollari, di quel capitalismo al centro delle rapine finanziarie, delle guerre mediorientali e di un’altra serie di fenomeni che potremmo ribattezzare “Kill The Children”. Vediamo così adesso i bambini fuggiti da una casa perduta per via di una bomba aeronautica o di una bomba finanziaria ricollegata a imprese partecipate da Carlyle, mentre sono raccolti in mare da un’azienda dell’assistenza che incrocia la sua orbita con la Carlyle, e magari fornirà loro farmaci e cibo di aziende partecipate da Carlyle. Il capitalismo è tentacolare, apre e chiude cicli, è completo, e si fa anche bello, con tanto di riviste patinate e siti cinguettanti che vantano i buoni rapporti dei pezzi grossi del non profit con le multinazionali quotate nelle grandi borse del generoso Occidente.Nel 2014, l’ex primo ministro britannico Tony Blair fu insignito di un premio istituito dall’influente ramo statunitense di Save the Children, il Global Legacy Award, durante una cena di gala a New York. Proprio lui, Blair, non esattamente il salvatore dei bambini iracheni e afghani. L’industria della filantropia compie gesti buoni. Ma la muovono salotti esclusivi che incrociano le loro strategie con quelle dei padroni della geopolitica, cioè i signori delle guerre e delle ondate di profughi. Nella statistica delle singole vite salvate, che fanno un bel rumore, scompaiono le masse sommerse e silenziate dai grandi media, a loro volta pilotati dagli stessi salotti.(Pino Cabras, “Kill the Children”, da “Megachip” del 3 maggio 2017).In mezzo alle polemiche sulle organizzazioni non governative internazionali che traghettano verso l’Italia i disperati raccolti sulle coste libiche, la mia attenzione è stata attratta dal profilo dei componenti del Consiglio Direttivo italiano di una di esse, Save The Children. Nella lista ho notato in particolare un nome, quello di Marco De Benedetti, che – oltre ad essere il figlio dell’oligarca italiano naturalizzato svizzero Carlo De Benedetti – ricopre la carica di Managing Director e Co-Presidente Europa di The Carlyle Group. Ora, The Carlyle Group non è un’azienda qualsiasi, ma un gigante mondiale nella gestione degli attivi di aziende di tanti settori, incluse le industrie del complesso militare-industriale. Carlyle ha sede al centro dell’Impero, a Washington, e vive di una perenne commistione politica-affari, tanto che ha reclutato fra i suoi super-faccendieri anche ex direttori Cia ed ex presidenti Usa come George Bush padre e l’ex primo ministro britannico John Major. Nel 2008-2016 il suo direttore dei servizi finanziari globali è stato un pezzo grosso di Wall Street, Olivier Sarkozy, fratellastro dell’ex presidente francese Nicolas, mentre fra gli amministratori di Carlyle c’è anche il numero uno della General Motors, Dan Akerson.
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Craig Roberts: Putin si difenderà usando la bomba atomica
Fine del film: la Russia, insieme alla Cina, si sta preparando a subire un attacco nucleare da parte degli Usa. E non starà certo a guardare. E’ la conclusione cui giunge un allarmatissimo Paul Craig Roberts, di fronte all’escalation in atto: i missili sulla Siria, le minacce a Mosca e quelle rivolte alla Corea del Nord. «I dirigenti russi, che a differenza dei bugiardi occidentali dicono la verità, hanno dichiarato in modo chiaro che la Russia non combatterà più una guerra nel proprio territorio», scrive Craig Roberts. «I russi non potevano specificarlo più chiaramente: provocate una guerra, dicono, e vi distruggiamo nel vostro territorio». Aggiunge l’ex viceministro di Reagan: «Washington è così arrogante e perduta nella sua hybris, da non capire che anni di bugie cristalline sulle intenzioni e azioni della Russia e dei russi hanno convinto la Russia che Washington stia preparando le popolazioni degli Stati Uniti e dei popoli prigionieri di Washington, nell’Europa dell’Ovest e dell’Est, nonché in Canada, Australia e Giappone, a un primo colpo nucleare Usa contro la Russia». Bombe atomiche: «C’è l’Arnageddon nucleare all’orizzonte?».I già pubblicati piani di guerra degli Stati Uniti contro Pechino «hanno convinto la Cina della stessa cosa», scrive Craig Roberts sul suo blog, in un post tradotto da Pino Cabras per “Megachip”. «Se non è per la guerra, a che altro s’indirizza il cambiamento della dottrina di guerra negli Stati Uniti?». George W. Bush, ricorda l’analista americano, aveva abbandonato il ruolo “stabilizzatore” delle armi nucleari – l’equilibrio missilistico della deterrenza incrociata – per «spostarle da una funzione di rappresaglia a quella di un “primo attacco” nucleare». La nota teoria del “first strike”, un colpo missilistico a sorpresa. Poi, sempre Bush junior «si è tirato fuori dal trattato anti-missili balistici stipulato dal presidente Richard Nixon». Così, ora, «abbiamo siti missilistici Usa posizionati lungo i confini della Russia». In più, «raccontiamo ai russi la menzogna che i missili sono intesi a prevenire un attacco nucleare iraniano con missili balistici intercontinentali (Icbm) contro l’Europa». E questa menzogna, coninua Craig Roberts, «è raccontata e accettata dai burattini in Europa, nonostante il fatto, ben noto e incontestabile, che l’Iran non possieda né armi nucleari né Icbm». Ma i russi non lo accettano: «Sanno che è un’altra menzogna di Washington».Così, «quando la Russia ascolta queste flagranti, palesi, evidenti bugie, sa che Washington intende un attacco nucleare preventivo contro la Russia», scrive Craig Roberts. «La Cina ha raggiunto le stesse conclusioni». Quindi, ecco la situazione: «Due paesi con forze nucleari si aspettano che i pazzi furiosi che governano l’Occidente stiano per attaccarli con le armi nucleari». E cosa stanno facendo, Russia e Cina? «Si stanno preparando per distruggere il malefico Occidente, un assortimento di bugiardi e criminali di guerra, di cui il mondo non ne ha mai sperimentato di simili in precedenza». E sono gli Stati Uniti, cioè la “superpotenza” che «dopo 16 anni è ancora incapace di sconfiggere poche migliaia di Taliban armati di armi leggere in Afghanistan», a rischiare grosso. «Putin ha dimostrato straordinaria pazienza, riguardo alle menzogne e provocazioni di Washington». Ma, avverte Craig Roberts, il capo del Cremlino «non può rischiare la Russia fidandosi di Washington, di cui nessuno può fidarsi: né il popolo americano, né il popolo russo, né popolo alcuno». Allarme rosso, dunque, visto che i media mainstream – che Roberts chiama “presstitutes”, stampa prostituita al potere – sono tutti saltati «sul carro della propaganda dello Stato Profondo», insieme alla “sinistra” liberal-progressista, anch’essa «complice della marcia verso l’Armageddon».Perfettamente inutile aspettarsi qualche segnale positivo da parte di Donald Trump, che spedisce a Mosca il segretario di Stato, Rex Tillerson, con la faccia tosta di accusare la Russia dopo aver architettato l’attacco coi gas, in Siria, allo scopo di strappare Damasco alla tutela dei russi, vincitori sull’Isis armato dall’Occidente. «Un nuovo folle alla Casa Bianca ha sostituito il vecchio folle», conclude Craig Roberts. «Neanche 100 giorni in carica, e Trump è già un criminale di guerra insieme al resto del suo governo guerrafondaio». Stephen Cohen, «uno dei pochi americani rimasti informati sulla Russia», ha detto che Mosca si sta «preparando alla guerra calda», temendo che «i pazzi di Washington» intendano colpirla per primi con la bomba atomica. Insiste Craig Roberts: Russia e Cina spareranno i loro missili un minuto prima. E sarà la catastrofe. Pericolo massimo, anche e soprattutto perché nessuno ne parla. «Quando osservate il presidente e il governo a Washington, i governi europei (specie gli idioti a Londra), i governi canadese e australiano, potete solo meravigliarvi della totale stupidità della “leadership occidentale”. Stanno implorando la fine del mondo. E i puttanoni del giornalismo lavorano alacremente per trascinarci alla fine della vita». Craig Roberts è preoccupatissimo: «E’ in preparazione la scomparsa di enormi masse, tra i popoli occidentali. Ma non arrivano ad accorgersene, essendo protette dalla loro spensieratezza».Fine del film: la Russia, insieme alla Cina, si sta preparando a subire un attacco nucleare da parte degli Usa. E non starà certo a guardare. E’ la conclusione cui giunge un allarmatissimo Paul Craig Roberts, di fronte all’escalation in atto: i missili sulla Siria, le minacce a Mosca e quelle rivolte alla Corea del Nord. «I dirigenti russi, che a differenza dei bugiardi occidentali dicono la verità, hanno dichiarato in modo chiaro che la Russia non combatterà più una guerra nel proprio territorio», scrive Craig Roberts. «I russi non potevano specificarlo più chiaramente: provocate una guerra, dicono, e vi distruggiamo nel vostro territorio». Aggiunge l’ex viceministro di Reagan: «Washington è così arrogante e perduta nella sua hybris, da non capire che anni di bugie cristalline sulle intenzioni e azioni della Russia e dei russi hanno convinto la Russia che Washington stia preparando le popolazioni degli Stati Uniti e dei popoli prigionieri di Washington, nell’Europa dell’Ovest e dell’Est, nonché in Canada, Australia e Giappone, a un primo colpo nucleare Usa contro la Russia». Bombe atomiche: «C’è l’Arnageddon nucleare all’orizzonte?».
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Armi silenziose per guerre tranquille, mentre noi dormiamo
Guardare una città dall’alto è come vedere un grande formicaio, migliaia di persone viaggiano freneticamente senza mai fermarsi a chiedersi perché corrono. Le scadenze, il lavoro e il tempo le tiene prigioniere mentre tutto intorno a loro sembra essere fermo e statico: ognuno di noi vive un mondo, quello ufficiale in cui vige la morale religiosa, la legge dei “buoni” e l’economia del business. In realtà noi siamo intrappolati in un altro mondo, quello ufficioso, in cui la democrazia non esiste più perché il potere lo hanno attribuito alle istituzioni sovranazionali, la libertà è un’illusione perché il controllo dei nostri istinti e dei nostri pensieri è già in atto, e la legge è quella del Governo Mondiale che mediante le sue sfere di controllo gestisce il sistema. La cibernetica è la nuova scienza sociale, è lo schema per controllare i sistemi complessi come quello nostro, in cui il biologico e l’economico si fondono. Un sistema cibernetico equilibrato crea una struttura a celle, in cui gli elementi interagiscono in modo da aumentare il valore della produzione, e ha la grande proprietà dell’autoregolamentazione. In altre parole, è fatto in modo che dopo ogni azione si attivi subito una contro-reazione, un evento che si dirige verso uno scenario crea automaticamente le condizioni per un evento con tendenza inversa che annulla il primo…È un ecosistema vero e proprio, un essere che vive, perché è in grado di far fronte da solo alle situazioni che mettono in discussione la sua esistenza. Sistemi del genere hanno una grande stabilità nel tempo, e possono funzionare bene solo se li guida un codice etico, un obiettivo che sia nell’interesse di tutti gli uomini. Questo tuttavia non sta accadendo, perché l’intero sistema lavora per soddisfare gli interessi di una classe ben più ristretta, degli Illuminati, degli dèi che non permetteranno mai che la scienza liberi il popolo. Ora utilizzano contro le popolazioni inermi delle armi biologiche, spingono gli uomini a non vivere ma a sopravvivere, invece di gettare proiettili mettono catene tramite i data base; invece di inviare soldati, innescano delle bombe tramite dei computer e sotto gli ordini dei vostri generali, che sono i banchieri. Certamente non fanno niente di evidente, perché non vediamo esplosioni oppure danni fisici, ma la nostra vita sociale viene distrutta ogni giorno dal finto progresso. Le masse e il pubblico non potranno mai capire quest’arma e dunque non potrà credere che non siamo realmente attaccati, se non avviene un fatto criminoso reale.Pensate a che fino ha fatto la democrazia: lei non esiste più ma nessuno lo dice. Il margine di azione degli Stati è sempre più ridotto dagli accordi economici internazionali sui quali non è stato chiesto l’opinione dei cittadini del mondo. Una sospensione proclamata della democrazia avrebbe provocato una rivoluzione, e se non è successo è perché è stato deciso di mantenere una democrazia di facciata: i cittadini continuano a votare, i programmi politici di “destra” e di “sinistra” sono gli stessi. Le elezioni, i telegiornali continuano di esistere, ma sono stati svuotati del loro contenuto. Un telegiornale contiene al massimo 2 a 3 minuti di cronaca sui fatti del giorno, mentre il resto sono argomenti di facciata, di reality-show sulla vita quotidiana. Le analisi dei giornalisti specializzati sono state eliminate, e l’informazione passa attraverso la censura, che consiste non nell’omettere le notizie ma nell’annegarle in un diluvio di notizie insignificanti diffuse da una moltitudine di mezzi con contenuto simile in modo che sembra esistere la pluralità e la democrazia.Tutta la finezza della censura moderna risiede nell’assenza di censori. Questi sono stati sostituiti efficacemente dalla “legge del mercato”, che fornisce i mezzi per finanziare il lavoro di inchiesta. Eventi importanti saranno lievemente accennati, e poi affiancati a notizie di inutili, mentre un attentato verrà trattato con reportage sulle strade e tra le persone per esagerare il dramma. Le informazioni vengono presentate con una tale confusione, affiancate tra di loro anche se di diversa importanza, e questo non permette la memorizzazione delle notizie, che rimangono della mente dello spettatore solo se presentate in modo strutturato e catalogato. Una peggiore memorizzazione colpisca la popolazione con l’amnesia, in modo da essere più semplice da manipolare… La manipolazione mediatica è solo uno degli elementi della strategia del “diversivo”, che consiste nel deviare l’attenzione dal pubblico dai problemi importanti, con una marea continua di distrazioni: tenere il pubblico occupato per creare armi silenziose per guerre tranquille. Questa strategia è indispensabile per impedire il pubblico di interessarsi alle conoscenze essenziali della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia, e infine della cibernetica.Per rendere efficace quest’arma silenziosa occorre innanzitutto mantenere il pubblico ignorante dei principi di base della conoscenza. Per creare l’ignoranza, la creatività e le attività mentali sono stati sabotati fornendo dei programmi di educazione di bassa qualità in matematica, logica, di economia. Mantenere il pubblico nell’ignoranza e nella stupidità; fare in modo che il pubblico sia incapace di comprendere le tecnologie ed i metodi utilizzati per il suo controllo e la sua schiavitù. La qualità dell’educazione data alle classi inferiori deve essere bassa in modo tale che l’ignoranza isoli le classi inferiori dalle classi superiori; le persone vengono incoraggiate in pubblico a cullarsi nella mediocrità, o nell’essere stupide, volgari e incolte. Alla fine l’individuo si convincerà che lui è il solo responsabile della sua disgrazia, a causa dell’insufficienza della sua intelligenza, delle sue capacità, o dei suoi sforzi. Così, invece, al posto di rivoltarsi contro il sistema economico, l’individuo si auto-svaluta e si colpevolizza e generando in lui uno stato depressivo che inibisce ogni reazione, dunque nessuna rivoluzione.La regola generale è che c’è un profitto nella confusione; più la confusione è grande, più il profitto è grande: il migliore approccio è di creare dei problemi, e poi di offrire delle soluzioni, con uno schema “problema-reazione-soluzione”. Per fare accettare una misura inaccettabile, basta applicarla progressivamente, in maniera graduale, per una durata di 10 anni; avrebbe provocato una rivoluzione se fosse stata applicata brutalmente. In alternativa, una decisione impopolare per essere accettata deve essere presentata come “dolorosa ma necessaria”, ottenendo in consenso presente per un’applicazione nel futuro: è sempre più facile accettare un sacrificio futuro che non un sacrificio immediato, anche perché si spera sempre che “in futuro tutto andrà meglio”. Pensate all’euro, e riflettete su quello che è stato ieri, quello che è oggi, e vedrete anche cosa sarà domani. Per circuire l’analisi razionale e il senso critico degli individui è sufficiente far leva sul piano emozionale: le porte dell’inconscio degli individui si spalancheranno, e allora potranno essere immesse idee, desideri, paure.Questo, grazie al fatto che conoscono l’individuo meglio di quanto lui possa conoscere se stesso; grazie alla biologia, la neurobiologia, e la psicologia applicata, il “sistema” è giunto ad una conoscenza avanzata dell’essere umano, sia fisicamente che psicologicamente. Il sistema è arrivato a conoscere l’individuo medio meglio di quanto questo non si conosca da sé. Ciò significa che nella maggioranza dei casi, il sistema detiene un più grande controllo ed un più grande potere sugli individui, superiore al potere e al controllo che gli individui hanno su se stessi. Se siete in cerca di una prova, non cercate la risposta al di fuori di voi stessi ma dentro di voi. Chiedetevi come faranno a impiantare le pulci e i chip nel nostro corpo, o meglio, chiedetevi cosa oggi stanno facendo per realizzare l’impianto delle pulci. Stanno nascondendo i trapianti ad uso medico, per diminuire la diffidenza istintiva della gente sull’intrusione della macchina nel corpo, viene promossa la moda dei piercing, per abituare il la gente all’intrusione degli oggetti materiali nel corpo, viene reso obbligatorio il trapianto per l’identificazione degli animali domestici.Potrebbero anche organizzare, o lasciare organizzare, un attentato nucleare in una città occidentale per rendere obbligatori i trapianti di localizzazione e di identificazione per ogni individuo, in nome della “sicurezza” e della “lotta contro il terrorismo”… Pensateci bene, riflettete, non sarebbe tanto assurdo parlare di una città europea, che possiede il nucleare, e ha già subito minacce terroristiche, in un periodo di gravi scontri ideologici tra diverse culture religiose. Tutti nel profondo della loro coscienza sanno che qualcosa non va. Voi lo sapete ma non potete esprimervi, non potrete mai affrontare questo problema intelligentemente, perché è un’arma biologica, che non permetterà che gridiate e chiediate aiuto, perchè non sapete associarvi ad altri per difendervi. Questo veleno è iniettato lentamente fino ad indurre tutti ad adattarsi anche alla sua presenza, per cominciare a tollerare le sue ripercussioni fino a che la pressione psico-economica alienerà la vostra mentre, e quando noi resistere più lentamente vi abbandonerete al suicidio o asseconderete in sistema. Attacca le capacità, le opportunità degli individui della società, la loro mobilità, per manipolali; infetta le vostre fonti di energia sociali e naturali, le vostre forze deboli psichiche, mentali e emozionali. Guardate la vostra vita ed i vostri sacrifici, sarete tutti complottisti…(“Armi silenziose per guerre tranquille”, dal blog “Etelboro” del 20 settembre 2006).Guardare una città dall’alto è come vedere un grande formicaio, migliaia di persone viaggiano freneticamente senza mai fermarsi a chiedersi perché corrono. Le scadenze, il lavoro e il tempo le tiene prigioniere mentre tutto intorno a loro sembra essere fermo e statico: ognuno di noi vive un mondo, quello ufficiale in cui vige la morale religiosa, la legge dei “buoni” e l’economia del business. In realtà noi siamo intrappolati in un altro mondo, quello ufficioso, in cui la democrazia non esiste più perché il potere lo hanno attribuito alle istituzioni sovranazionali, la libertà è un’illusione perché il controllo dei nostri istinti e dei nostri pensieri è già in atto, e la legge è quella del Governo Mondiale che mediante le sue sfere di controllo gestisce il sistema. La cibernetica è la nuova scienza sociale, è lo schema per controllare i sistemi complessi come quello nostro, in cui il biologico e l’economico si fondono. Un sistema cibernetico equilibrato crea una struttura a celle, in cui gli elementi interagiscono in modo da aumentare il valore della produzione, e ha la grande proprietà dell’autoregolamentazione. In altre parole, è fatto in modo che dopo ogni azione si attivi subito una contro-reazione, un evento che si dirige verso uno scenario crea automaticamente le condizioni per un evento con tendenza inversa che annulla il primo…
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Carpeoro: oligarchi in guerra, e idioti che tifavano Trump
«Stupiti che Trump abbia sparato missili sulla Siria? Friggeva dalla voglia di farlo, e finalmente l’ha fatto. Con buona pace dei tanti idioti che avevano creduto in lui, come fosse qualcosa di diverso dai suoi predecessori». In collegamento con Fabio Frabetti di “Border Nights”, l’autore del saggio “Dalla massoneria al terrorismo” spiega così l’ultimo sussulto di guerra in Medio Oriente: «E’ la guerra degli oligarchi, sgomitano per non restare indietro: sanno che le risorse del pianeta stanno per finire, e ciascuno tenta di conquistare la prima fila per mettere in atto il suo Piano-B». Soldi, interessi. Nient’altro. Da conquistare con ogni mezzo, dai missili al terrorismo “false flag”, targato Isis, che nel frattempo colpisce anche la Svezia, a Stoccolma, con il “solito” veicolo lanciato sulla folla, come già a Nizza, a Berlino, a Londra. Carpeoro legge gli indizi dell’escalation: «Tanti attentati, in serie, temo preparino un attentato più devastante». Il metodo del camion-kamikaze? Micidiale: «Costi minimi, rischio zero, potenzialità di fare enormi danni: gli stessi di un grosso investimento in termini di intelligence, che però comporterebbe alti costi e grandi rischi». Strada ormai obbligata, per l’Isis: «Senza più una base territoriale, è più semplice mandare in giro dei “cani sciolti”, destinati a colpevolizzare l’Islam, che ovviamente non c’entra niente».
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Magaldi: chi spegne verità e democrazia se la vedrà con noi
Esplodono bombe, interi paesi sprofondano nella crisi, i missili di Trump piovono sulla Siria. E i media non raccontano la verità: tacciono, mentono, restano reticenti. C’è un piano mondiale, in atto da trent’anni: finanziare guerre, terremotare le economie e silenziare l’informazione. «Ebbene, vi dico: non prevarranno. I manovratori saranno pubblicamente denunciati e fermati». Parola di Gioele Magaldi, gran maestro del “Grande Oriente Democratico” nonché autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che denuncia per la prima volta, con impressionante precisione, le trame occulte di 36 superlogge internazionali, vero e proprio “back office” del potere, al lavoro da decenni per svuotare la democrazia a vantaggio dell’élite mondialista. In collegamento con Claudio Messora su “ByoBlu”, canale web finito di recente sotto attacco (boicottaggio pubblicitario da parte di Google), Magaldi raccoglie la sfida e prepara l’affondo a Roma, l’8-9 aprile, con un forum sul futuro della democrazia con ospiti come l’economista Nino Galloni, il magistrato Ferdinando Imposimato e un giornalista come Giulietto Chiesa, bandiera storica dell’informazione indipedente. Obiettivo: costringere il sistema a dire la verità, anche con la creazione di un nuovo partito, che si impegni a stracciare i trattati europei che stanno piegando l’Eurozona.L’emergenza, oggi, colpisce in primo luogo l’informazione: gli Usa sparano missili sulla Siria per abbattere Assad, e non l’Isis, senza che la grande stampa si premuri di ricordare che è stato proprio l’Occidente a “fabbricare” lo jihadismo, come cavallo di Troia geopolitico in Medio Oriente e come alibi, in Europa, per la politica securitaria motivata dal dilagare del terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera, secondo la peggiore logica della strategia della tensione. A dare fastidio sono le verità che emergono dal web, le sole rimaste? Così parrebbe, visto l’attivismo «dell’ineffabile Laura Boldrini, proconsole di una filiale internazionale, che ha iniziato anche qui in Italia a preoccuparsi di imbavagliare la libera informazione». Magaldi non ha dubbi: «Negli ultimi anni, nel mondo, chi ha prodotto “fake news” non sono tanto i blogger, i siti indipendenti, quelli che cercano – come navi corsare, benemerite – di aprire degli spiragli nel pensiero unico del mainstream». Al contrario: «Il problema è stato spesso di chi ha fabbricato notizie false, e su questo ha anche costruito guerre, speculazioni finanziarie ai danni dei popoli, verso una destrutturazione di quello che sarebbe stato un processo virtuoso di globalizzazione della democrazia».Siamo all’eterna riedizione delle “armi di distruzione di massa” di Saddam, inventate di sana piana come pretesto per invare l’Iraq? Di suo, Magaldi aggiunge una lettura di taglio massonico: quanto di peggio è avvenuto, nel mondo, negli ultimi tre decenni, è stato progettato a tavolino da un’élite super-massonica apolide, decisa a mettere in atto una globalizzazione a mano armata e senza diritti, tantomeno quello all’informazione, su cui si fonda il pensiero democratico. Tutto si tiene, anche la «grottesca celebrazione dei Trattati di Roma affidata ai sedicenti europeisti che in realtà lavorano dal mattino alla sera per distruggere il progetto europeo, soffocato dall’economicismo dei tecnocrati: una camicia di forza che esaspera i nazionalismi, tra manine occulte e cancellerie asservite a interessi apolidi». Come se ne esce? «Noi – insiste Magaldi – abbiamo bisogno di un governo che abbia il coraggio di andare ai tavoli europei e dire: siamo tra i grandi contraenti del progetto europeo, vogliamo riscrivere i trattati, lavorare per un processo costituente per un’unione politica. Se ci state, bene. Altrimenti, se non si apre un dibattito, noi sospendiamo la vigenza dei trattati in Italia, accantonando tutte le retoriche europeiste o antieuropeiste».Gioele Magaldi pensa al Pdp, Partito Democratico Progressista, di cui è appena stato registrato il marchio, in vista delle prossime elezioni politiche. «Sarà un cantiere – spiega – al quale invitiamo tutti quelli che ne hanno abbastanza di sentir parlare di falsi democratici e falsi progressisti, come Bersani che ha votato il pareggio di bilancio in Costituzione, trasformando il Parlamento in una caserma per imporre il sì al Fiscal Compact. Misure-capestro, suicide per l’economia italiana, imposte «da uno dei governi più nefasti della storia, guidato dal massone reazionario Mario Monti, insediato dal massone ancora più reazionario Giorgio Napolitano». In Italia Monti, Letta e Renzi. E in Francia Hollande: «Doveva essere il campione anti-merkeliano e anti-austerity. Invece, tra blandizie e minacce, si è ridoto a un ruolo ornamentale, senza una sola proposta per un vero cambio di paradigma, in Europa». Renzi? «E’ stato poco furbo: se al referendum del 4 dicembre avesse inserito l’abolizione del pareggio di bilancio, avrebbe vinto».Peggio ancora dell’ex premier, forse, «gli avventurieri che vorrebbero appropriarsi delle parole “democratico” e “progressista”, dopo aver sorretto il governo Monti». Nella visione di Magaldi, non resta che ripartire dall’Italia per tentare di invertire il corso della storia, riaccendendo la luce sulla democrazia. A questo serve il “Master Roosevelt in scienze della polis”, che offre formazione per «conoscere le reti private sovranazionali che asservono ai propri interessi i governi eletti». Un’azione «di pedagogia e consapevolezza», fino a ieri limitata alla dimensione meta-partitica. Domani estesa anche all’agone elettorale? Magaldi appare deciso. Vede la necessità di «un partito “pesante”, novecentesco, democratico e ideologico, improntato al “socialismo liberale” di Carlo Rosselli, l’antifascista che diceva: è inutile parlare di libertà politiche e civili se non si offre ai cittadini anche una dignità economica per potersi occupare della res publica». Socialismo e liberalismo: «Keynes e Beveridge, il padre del welfare europeo, erano esponenti del Liberal Party». L’ipotetico nuovo soggetto politico punterebbe sull’elettorato in fuga dal Pd, su quello del centrodestra in pieno caos (e senz’ombra di primarie), rivolgendosi anche ai 5 Stelle: «Rappresentano una speranza, per l’Italia, a patto che si rivelino all’altezza della situazione, offrendo cioè uno spettacolo diverso da quello mostrato a Roma».Un nuovo partito, dunque? Sì, sembra dire Magaldi, se l’offerta politica italiana non offre alternative serie: e cioè un cambio radicale di paradigma. Stop al dogma neoliberista, senza mezzi termini. Come? «Dicendo quello che nessuno dice chiaramente: primo punto del programma, la revisione dei trattati europei. Tutti cianciano, parlano di uscire dall’euro, ma nessuno chiede apertamente, formalmente, di farla finita con questa Ue». Insiste Magaldi: «Propongo una riforma costituzionale per eliminare il pareggio di bilancio. Ho sentito che tutti i partiti che l’hanno votata se ne lamentano, si dicono pentiti. Bene, sfidiamoli: mettiamoli alla prova». Con un nuovo partito? Non ci lasciano altra scelta, sembra concludere Magaldi, che pensa alla discesa in campo. E, citando le «reti massoniche progressiste» a cui fa riferimento, si spende per «rassicurare tutti gli operatori dell’informazione libera e tutti i cittadini», per dire che il bavaglio al web non passerà. «Questi tentativi odiosi saranno sventati. Saranno anche denunciati. E tutti coloro che oggi si stanno impegnando in questa campagna liberticida, oltre a fallire, verranno sottoposti al giudizio severissimo della pubblica opinione», che ha imparato che giornali e televisioni non spiegheranno mai che, dietro ai missili di Trump, ci sono i “padrini” dell’Isis, di cui Magaldi – nel suo libro – fa nomi e cognomi.Esplodono bombe, interi paesi sprofondano nella crisi, i missili di Trump piovono sulla Siria. E i media non raccontano la verità: tacciono, mentono, restano reticenti. C’è un piano mondiale, in atto da trent’anni: finanziare guerre, terremotare le economie e silenziare l’informazione. «Ebbene, vi dico: non prevarranno. I manovratori saranno pubblicamente denunciati e fermati». Parola di Gioele Magaldi, gran maestro del “Grande Oriente Democratico” e presidente del metapartitico Movimento Roosevelt nonché autore del saggio “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere), che denuncia per la prima volta, con impressionante precisione, le trame occulte di 36 superlogge internazionali, vero e proprio “back office” del potere, al lavoro da decenni per svuotare la democrazia a vantaggio dell’élite mondialista. In collegamento con Claudio Messora su “ByoBlu”, canale web finito di recente sotto attacco (boicottaggio pubblicitario da parte di Google), Magaldi raccoglie la sfida e prepara l’affondo a Roma, l’8-9 aprile, con un forum sul futuro della democrazia con speaker come l’economista Nino Galloni, il magistrato Ferdinando Imposimato e un giornalista come Giulietto Chiesa, bandiera storica dell’informazione indipendente. Obiettivo: costringere il sistema a dire la verità, anche con la creazione di un nuovo partito, che si impegni a stracciare i trattati europei che stanno piegando l’Eurozona.
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Scie chimiche: schermare il Sole per “proteggere” la Terra?
Scie chimiche? La meno complottista delle teorie è forse anche la peggiore: irrorare il cielo per creare un velo persistente che attenui l’impatto del sole, scongiurando il cataclisma del surriscaldamento. Un’incognita immensa: nessuno sa che impatto possa avere, questo stratagemma, sull’ecosistema terrestre, continenti e oceani. E’ una riflessione che Giulietto Chiesa ha riproposto di recente, in un dibattito al Senato con politici e scienziati. Del “fenomeno” sappiamo pochissimo, tranne quello che si vede a occhio nudo: i nostri cieli sono ormai gremiti di scie bianche rilasciate dagli aerei. Scie che restano nell’aria per ore, espandendosi, fino a diventare nuvole. Sembra l’applicazione, alla lettera, delle teorie di Edward Teller, il fisico ungherese (naturalizzato statunitense), padre della bomba all’idrogeno e probabile ispiratore del Dottor Stranamore di Stanley Kubrick. Si chiama Solar Radiation Management, l’ipotetico “scudo solare termico” che si andrebbe allestendo, da diversi anni, nel tentativo di ridurre l’effetto della radiazione solare facendola “rimbalzare” su un velo chimico chiaro, riflettente. Un’operazione necessariamente coperta, segreta, gestita da militari, impossibile da divulgare e ammettere.Non abbiamo prove, soltanto indizi: le scie nel cielo sono protette dal silenzio assoluto di qualsiasi istituzione, nonostante il proliferare di voci isolate, denunce, sospetti, qualche ammissione parziale, svariati indizi: Putin che vieta sorvoli di aerei Lufthansa, lo scienziato aerospaziale Douglas Rowland (Nasa) che dichiara che il carburante dei velivoli sarebbe addizionato con il litio, sostanza usata da decenni in ambito psichiatrico. Commentando lo studio dell’Us Air Force, “Owning the weather”, il generale Fabio Mini, già capo della missione Nato in Kosovo, spiega che “possedere il clima” significa utilizzarlo “as a force multiplier”, come moltiplicatore di forza, in ambito militare. Il sottilissimo “fim” creato nella ionosfera sarebbe uno “schermo artificiale” perfetto per ricevere le emissioni radio del sistema Haarp (stazioni in Alaska, Australia e Sicilia, la base Muos di Niscemi) destinate a coordinare in tempo reale le forze armate sparse in tutto il mondo – ma anche, si sospetta, a condizionare il clima di intere regioni del pianeta provocando siccità, inondazioni, forse anche terremoti e tsunami. Complottismo?Se ancora mancano le prove, Giulietto Chiesa si interroga sul possibile movente. Semplicissimo, terribilmente banale: il global warming è una realtà ormai anche scientifica, la Terra si sta velocemente surriscaldando a causa dell’emissione di gas serra provocati dal consumo di carbone e metano, e nessuno – nessun paese, nessun governo – è in grado di fermare le macchine, riducendo l’anidride carbonica e il metano. Per questo, forse, si ricorre alle teorie di Teller: attenuare l’azione del sole, senza però avere la minima idea dell’impatto che questo possa avere sul delicato equilibrio degli ecosistemi. Per questo, se l’operazione è davvero in corso, è impossibile averne conferma: nessuno potrebbe assumersene le responsabilità, ufficialmente. Se il “movente” è innanzitutto ecologico – prima che strategico, militare, geopolitico – allora la situazione è più grave del previsto: significherebbe che si sta tentando, alla cieca, si trovare soluzioni d’emergenza, disperate, a una situazione ormai fuori controllo, che preoccupa l’élite in modo inconfessabile. Ma questi, ribadisce Chiesa, sono soltanto interrogativi: oggi è impossibile pretendere risposte certe dai servizi segreti, perché non esistono forze politiche democratiche capaci di reclamare verità da offrire ai cittadini. Regna il silenzio, mentre il cielo si va riempiendo di scie bianche: domande mute, a cui nessuno vuole rispondere.Scie chimiche? La meno complottista delle teorie è forse anche la peggiore: irrorare il cielo per creare un velo persistente che attenui l’impatto del sole, scongiurando il cataclisma del surriscaldamento. Un’incognita immensa: nessuno sa che impatto possa avere, questo stratagemma, sull’ecosistema terrestre, continenti e oceani. E’ una riflessione che Giulietto Chiesa ha riproposto di recente, in un dibattito al Senato con politici e scienziati. Del “fenomeno” sappiamo pochissimo, tranne quello che si vede a occhio nudo: i nostri cieli sono ormai gremiti di scie bianche rilasciate dagli aerei. Scie che restano nell’aria per ore, espandendosi, fino a diventare nuvole. Sembra l’applicazione, alla lettera, delle teorie di Edward Teller, il fisico ungherese (naturalizzato statunitense), padre della bomba all’idrogeno e probabile ispiratore del Dottor Stranamore di Stanley Kubrick. Si chiama Solar Radiation Management, l’ipotetico “scudo solare termico” che si andrebbe allestendo, da diversi anni, nel tentativo di ridurre l’effetto della radiazione solare facendola “rimbalzare” su un velo chimico chiaro, riflettente. Un’operazione necessariamente coperta, segreta, gestita da militari, impossibile da divulgare e ammettere.
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La mafia? Creata dai massoni inglesi, per sabotare l’Italia
Spaghetti, pizza e mafia. Sicuri che l’onorata società sia interamente made in Italy? La Sicilia a Cosa Nostra, la Campania alla camorra, la Calabria alla ‘ndrangheta: «Sono accostamenti triti e ritriti, spesso impiegati per dipingere l’intera Italia come un paese mafioso, corroso dal crimine, e quindi da collocare ai margini del sistema internazionale, tra gli Stati semi-falliti». Per un analista geopolitico come Federico Dezzani, la verità è più complessa. E non solo italiana, anche se la mafia ha tratto alimento dal brigantaggio, nato nel Sud come ribellione armata alla ferocia dell’esercito piemontese all’epoca dell’Unità d’Italia. Da allora – 1861 – il paese affronta il problema mafioso: migliaia di inchieste, libri, analisi economiche e sociali. «Ma è possibile affrontare la questione in termini geopolitici?», si domanda Dezzani? La sua risposta è sì. Ed è decisamente spiazzante: «Mafia, camorra e ‘ndgrangheta sono società segrete paramassoniche, inoculate dagli inglesi all’inizio dell’Ottocento per destabilizzare il Regno delle Due Sicilie e trasmesse all’Italia post-unitaria per minare lo Stato e castrarne la politica mediterranea».Nella sua analisi sul biennio 1992-1993, che decretò il passaggio dalla Prima alla Seconda Repubblica, Dezzani smonta la tesi dominante sul quel cruciale periodo della storia italiana: «Alla base delle stragi in Sicilia e “sul continente”, non ci fu il braccio di ferro tra malavita e Stato sul 41 bis, ma un più ampio ampio ed ambizioso progetto con cui le “menti raffinatissime” vollero ridisegnare la mappa economica e politica dell’Italia, inserendola nella più vasta cornice del Nuovo Ordine Mondiale». L’omicidio dell’eurodeputato Salvo Lima? «Va collegato alla cruciale elezione del presidente della Repubblica di quell’anno». Le uccisioni di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino? «Sono analoghi ammonimenti lanciati al Parlamento, ma allo stesso tempo sono anche un avvertimento alla giustizia italiana affinché si fermi al livello “insulare” delle indagini, senza approfondire i legami tra Cosa Nostra ed i servizi segreti della Nato». E le bombe del 1993 «sono un “lubrificante” per consentire agli anglofili del Britannia di smantellare a prezzi di saldo l’Iri e l’industria pubblica».In questo contesto, scrive Dezzani nel suo blog, «la mafia è uno strumento dell’oligarchia atlantica per perseguire obiettivi addirittura in contrasto con gli interessi di Cosa Nostra: è infatti assodato che la stagione stragista debilitò gravemente Cosa Nostra, “spremuta” nella strategia della tensione del 1992-1993 fino quasi a svuotarla». E non è certo un’eccezione l’impiego del crimine organizzato da parte degli angloamericani, già nel corso della Seconda Guerra Mondiale. Dezzani esplora altri momenti cruciali del Belpaese, scovandovi lo zampino della malavita. Per esempio sul caso Moro, a partire dal sequestro, il 16 marzo 1978: «E’ ormai appurato che la ‘ndrangheta abbia partecipato al “commando12” che rapì il presidente della Dc, reo di turbare gli assetti internazionali con la sua apertura al Pci». Non solo: il capo della Nuova Camorra Organizzata, Raffaele Cutolo, ha dichiarato che «avrebbe potuto salvare Moro, se i servizi segreti non si fossero opposti». Prima ancora, la strage di piazza Fontana, 12 dicembre 1969: l’ecatombe che inaugura la strategia della tensione «è perpetrata dalla destra eversiva di Franco Freda, in stretto contatto con la ‘ndrangheta». E ancora: l’omicidio di Enrico Mattei, 1962. «E’ Cosa Nostra a sabotare, all’aeroporto di Catania Fontanarossa, il velivolo su cui trovò la morte il presidente dell’Eni, scomodo alle Sette Sorelle».Rileggendo la storia a ritroso, il binomio atlantico-mafia compare già al momento dello sbarco angloamericano in Sicilia del 1943: «E’ il mafioso Lucky Luciano a facilitare la conquista dell’isola, e papaveri di Cosa Nostra presenziano anche all’armistizio di Cassibile, che sancisce la fine delle ostilità tra l’Italia e gli Alleati». Quasi un secolo prima ci fu un altro famosissimo sbarco, quello di Garibaldi a Marsala, nel 1860, con i “picciotti” impegnari a dare «un contributo determinante alla spedizione di Mille, benedetta e protetta da Londra». Domande: cosa sono, davvero, la mafia, la camorra e la ‘ndragheta? Perché affiorano in tutti i passaggi della storia italiana a fianco di Londra e Washington? E perché sono sovente associate ad un’altra organizzazione segreta di matrice anglosassone, la massoneria speculativa? Generalmente non se parla, nei film e nei prodotti televisivi sulla mafia, e nemmeno tra le migliaia di pagine stampate. Sulla mafia, scrive Dezzani, «campano non soltanto i malavitosi, ma anche i “professionisti dell’antimafia” che pullulano nei tribunali, pennivendoli del calibro di Roberto Saviano ed il variegato mondo di preti, intellettuali e soloni che ruota attorno alla “lotta alla mafia”». Nessuno di loro, però, secondo Dezzani, ha «intuito la vera natura del crimine organizzato». Ci arrivò Falcone, quando osservò che la mafia «presenta forti analogie con le Triadi cinesi, la malavita turca e la Yakuza giapponese».Con un approccio storico e geopolitico che analizza gli interessi strategici, Dezzani arriva a concludere che mafia, camorra e ‘ndragheta sono «società segrete paramassoniche dedite al crimine, vere e proprie “sette” che rispondono alle logge inglesi ed americane, sin dalla loro origine agli inizi dell’Ottocento». Sarebbe una verità «perfettamente nota agli “addetti ai lavori”», cioè «vertici della mafia, politici, Grande Oriente d’Italia, Cia, Mi6». Una realtà «spesso intuita e talvolta accennata da onesti magistrati e seri studiosi», ancge se nessuno ha finora prodotto uno studio organico sul tema. Dezzani parte dal quesito chiave: perché le mafie si sviluppano in tre regioni meridionali quasi contemporaneamente, tra gli anni ‘10 e ‘30 dell’Ottocento? Le risposte più frequenti sono di natura socio-economica: l’arretratezza del Meridione, il retaggio della dominazione spagnola, la presenza del latifondo, le mentalità della popolazione, la diffusione di miseria e povertà. «Sono risposte fuorvianti», vosto che «il reddito pro-capite del Regno delle Due Sicilie era paragonabile a quello del resto d’Italia», e la povertà era «simile a quella di alcune zone del Piemonte e del Veneto, che non produssero crimine organizzato». Inoltre, «la dominazione spagnola aveva interessato pure la “civilissima” Lombardia» e, per contro, «altre regioni meridionali persino più povere (come il Molise e la Basilicata) non conobbero le mafie, che germogliarono invece in due ricche capitali come Palermo e Napoli».Per scoprire le autentiche origini del fenomeno mafioso, secondo Dezzani occorre «tuffarsi nella storia, accantonando analisi pseudo-economiche, per afferrare le forze vive e la geopolitica dell’epoca». E’ lo stesso procedimento che porta a dimostrare come l’Isis «non sia altro che uno strumento degli angloamericani per balcanizzare il Medio Oriente e dividerlo lungo faglie etniche e religiose, piuttosto che il frutto spontaneo del fondamentalismo islamico». Così, Dezzani si tuffa nella storia, partendo dagli anni a cavallo tra ‘700 e ‘800, quando il mondo è in fiamme per la guerra tra Francia rivoluzionaria e le altre monarchie europee: «La Rivoluzione Francese, in cui Londra ha giocato un ruolo determinante (si pensi agli “anglofili” come Honoré Mirabau, il marchese de La Fayette e Philippe Égalité), è sfruttata dagli inglesi per liquidare la Francia come grande potenza marittima, estendere i propri domini in India e rafforzare l’egemonia su un’area chiave del mondo: il Mar Mediterraneo, da unire in prospettiva al Mar Rosso ed all’Oceano Indiano con il canale di Suez».Il Regno di Napoli, di fronte all’avanzata delle truppe rivoluzionarie francesi, è costretto ad aprire i propri porti alla flotta inglese, «senza sapere che, così facendo, firma la sua condanna a morte: gli inglesi sbarcano infatti coll’obiettivo di rimanerci anche dopo la guerra, installandosi così nello strategico Sud Italia che presidia il Mar Mediterraneo». Per un certo periodo, continua Dezzani, gli inglesi diventano addirittura padroni del Regno: quando infatti il francese Gioacchino Murat si insedia a Napoli, il re Ferdinando IV si rifugia in Sicilia protetto dagli inglesi e Lord William Bentinck governa l’isola come un dittatore de facto. Sotto l’ombra del potere inglese, «arriviamo così alle origini di Cosa Nostra». Un grande esperto di mafia come Michele Pantaleone ricorda che nel Meridione il brigantaggio assunse una funzione “sociale” solo dopo il 1812, quando il potere feudale venne eliminato: Pantaleone scrive che lo «spirito di mafiosità» sorse in concomitanza con la formazione delle famigerate “compagnie d’armi”, create dalla baronia siciliana nel 1813 a difesa dei diritti feudali. Lo “spirito di mafiosità”, dunque, prende forma tra il 1812 e il 1850: «Il suo epicentro è nel palermitano e di qui si irradia verso la Sicilia orientale».Il 1812, anno citato in tutti i testi di storia sulla mafia, è quello in cui il “dittatore” Lord William Bentinck impone al re, esule a Palermo, l’adozione di una Costituzione sulla falsariga di quella inglese, di comune accordo con i baroni siciliani: «Gli stessi baroni che creano quelle “compagnie d’armi”», antesignane della futura mafia. «Strane davvero queste “compagnie”, “consorterie” o “sette” che iniziano a pullulare dopo il 1812: presentano singolari analogie con la massoneria speculativa che gli inglesi innestano ovunque arrivino: segretezza, statuti, rituali d’iniziazione, mutua assistenza, diversi gradi di affiliazione, livelli sconosciuti agli altri aderenti». E poi, continua Dezzani, le nuove “compagnie” accampano anche «la pretesa di non essere volgari criminali, ma “un’aristocrazia del delitto riconosciuta, accarezzata ed onorata”, proprio come i massoni si definiscono gli “aristocratici dello spirito” in contrapposizione all’antica nobiltà di sangue. “Mafia” nei rioni di Palermo significa “bello, baldanzoso ed orgoglioso”».La Restaurazione reinsedia Ferdinando IV, ora Ferdinando I delle Due Sicilie, sul trono di Napoli. Il sovrano, nel 1816, si affretta a revocare la Costituzione scritta dagli inglesi, «considerata come un’insidiosa minaccia alle sue prerogative». Ma è tardi: «I germi inoculati dagli inglesi, le misteriose sette criminali che dalla periferia di Napoli e Palermo si irradiano verso i palazzi di baroni e notabili, però crescono. Corrodono il Regno delle Due Sicilie dall’interno, emergendo come un vero Stato nello Stato: trascorreranno poco meno di cinquantanni prima che contribuiscano in maniera determinante allo sfaldamento del Regno borbonico». È tra il 1820 ed il 1830 che lo scrittore Marc Monnier (1829-1885) situa la comparsa a Napoli di una misteriosa setta paramassonica, la “bella società riformata”, dedita ad attività illecite: «E’ la futura camorra, che nel 1842 scrive il primo statuto definendo i vari gradi di affiliazione sulla falsa riga della libera muratoria, da “giovanotto onorato” a “camorrista”, passando per “picciotto di sgarro” e così via». Quasi contemporaneamente, al di là dello Stretto di Messina, la mafia è già ad uno stadio avanzato, perché nel 1828 il procuratore di Girgenti scrive dell’esistenza di un’organizzazione di oltre 100 membri di diverso rango, «riuniti in fermo giuramento di non rilevare mai menoma circostanza delle operazioni». Idem per la ‘ndrangheta in Calabria.Nel 1848, continua Dezzani, Londra incendia l’Europa usando come cinghia di trasmissione la solita massoneria speculativa: è la “Primavera dei popoli”, cui seguiranno tante altre primavere di complotti, da quella di Praga del 1968 a quella araba del 2011. Nel Mediterraneo gli inglesi si adoperano per staccare la Sicilia, avamposto strategico per ogni operazione militare e politica in quel quadrante, dal Regno Borbonico: i “baroni”, gli stessi che comandano le malfamate “compagnie d’armi”, insorgono contro Ferdinando II, proclamando decaduta la corona borbonica e affidandosi alla corona d’Inghilterra, disposta a difendere l’indipendenza dell’isola. Il contesto internazionale non è però favorevole alla secessione e Ferdinando II reprime manu militari l’insurrezione, guadagnandosi l’appellativo di “re bomba”, dipinto dalla stampa anglosassone come un despota sanguinario e illiberale. «Le carceri, che già allora sono il principale centro di propagazione delle mafie, si riempono di patrioti-liberali e “picciotti”, uniti dal comune retroterra massonico: si saldano così legami che saranno presto utili». Geopolitica, ancora: i rapporti tra Napoli e Londra sono ai minimi storici anche la contesa sullo zolfo siciliano, sicché Ferdinando II si avvicina alla Russia, allora acerrima rivale degli inglesi: sono gli anni del Grande Gioco, in cui Londra e San Pietroburgo si sfidano in Eurasia per l’egemonia mondiale.Quando nel 1853 scoppia la guerra di Crimea, prosegue Dezzani, il Regno delle Due Sicilie rimane rigorosamente neutrale: nega addirittura alle navi inglesi e francesi dirette verso Sebastopoli di attraccare nei propri porti per rifornirsi. Il primo ministro inglese, Lord Palmerston, non ha dubbi: il Regno Borbonico, nonostante la grande distanza geografica, è diventato un vassallo della Russia. Chi partecipa alla “Guerra d’Oriente” è invece il Regno di Sardegna, consentendo così al primo ministro, Camillo Benso, conte di Cavour, di acquisire un ruolo da protagonista nell’ormai imminente riassetto dell’Italia: «La storiografia certifica che Cavour, da buon reapolitiker qual è, non ha in mente “l’unità” della Penisola, bensì “l’unificazione” doganale, economica e militare di tre regni autonomi. Il Regno sabaudo allargato a tutto il Nord Italia, lo Stato pontificio ed il Regno borbonico: la soluzione, seppur caldeggiata da francesi e russi, è però osteggiata dagli inglesi, decisi a cancellare il potere temporale della Chiesa Cattolica e a sostituire gli infidi Borbone con i più sicuri Savoia, tradizionali alleati dell’Inghilterra sin dal Settecento».È infatti “l’inglese” Giuseppe Garibaldi, l’eroe dei due mondi celebrato dalla stampa angloamericana nonché 33esimo grado della massoneria, a sbarcare nel maggio del 1860 a Marsala, feudo inglese per la produzione di vino, protetto dalle due cannoniere inglesi Argus e Intrepid. «La reazione della marina militare borbonica è nulla, perché la massoneria ha ormai assunto il controllo delle forze armate e dei vertici dello Stato. Le strade e le grandi città sono invece passate sotto il controllo del crimine organizzato: “i picciotti”, che agiscono sempre in sintonia con i “baroni”, danno un aiuto determinante all’avanzata dei Mille». E così «il Regno delle Due Sicilie, svuotato da uno Stato parallelo che è cresciuto dentro lo Stato di facciata, si squaglia rapidamente: Reggio Calabria non oppone alcuna resistenza, mentre Napoli precipita nel caos, lasciando che il vuoto di potere sia colmato dalla camorra, lieta di accogliere Garibaldi e le sue truppe». Nasce in questo modo il Regno d’Italia, «che ancora oggi paga il prezzo del suo peccato originale». Ovvero: «È uno Stato strutturalmente debole, nato senza possedere il monopolio della violenza, costretto a convivere con due gemelli siamesi, le mafie e la massoneria speculativa, che non solo altro che meri strumenti in mano a chi ha davvero orchestrato l’Italia unita: l’impero britannico».Londra, sottolinea Dezzani, non è certo animata da nobili sentimenti: ha defenestrato i russofili Borbone per sostituirli con i fedeli Savoia, ha creato a Sud delle Alpi una media potenza da opporre alla Francia (si veda la Triplice Alleanza), ha partorito uno Stato sufficientemente robusto da reggersi in piedi, ma abbastanza debole da non insidiare la sua egemonia sul Mar Mediterraneo. «Le stesse mafie che hanno corroso il Regno delle Due Sicilie sono lasciate infatti in eredità allo Stato unitario: è un’eredità avvelenata, finalizzata a compiere una perdurante opera di destabilizzazione nel Meridione, cosicché non possa mai sfruttare il suo enorme potenziale geopolitico di avamposto verso Suez, il Levante ed il Nord Africa». E attenzione: «Le mafie come strumento inglese di destabilizzazione non sono una peculiarità del Sud Italia». Dezzani cita le Triadi cinesi che smerciano nel Celeste Impero Celeste quell’oppio per cui Londra ha addirittura combattuto una guerra (1839-1842): le analogie con la mafia, come notava Falcone, sono incredibili. «Tatuaggi, mutua assistenza, omertà, segretezza, riti d’iniziazione, diversi gradi di affiliazione, struttura piramidale: anche le Triadi sono sette criminali paramassoniche e, non a caso, quando i comunisti prenderanno il potere nel 1949, ripareranno nella colonia britannica di Hong Kong».Non c’è alcun dubbio che l’Italia “liberale” fondata nel 1861 sia terreno fertile per il crimine organizzato: mafia, camorra e ‘ndrangheta «si sviluppano nelle rispettive regioni come Stati paralleli a quello unitario, prosperando più che ai tempi del Regno delle Due Sicilie». Per Dezzani, «massoneria e mafie, benedette da Londra, sono i motori dell’Italia liberale, un edificio che sembra spesso vicino al crollo, totalmente ripiegato su se stesso». La mafia contribuisce a mantenere l’Italia in un perenne stato di fibrillazione, guidando ad esempio la rivolta del “sette e mezzo” che paralizza la Sicilia nel 1866, quasi l’antefatto del drammatico 1992. Il fenomeno mafioso, aggiunge Dezzani, è contenuto finché la destra storica, quella di Cavour, resta al potere. Ma poi esplode con l’avvento nel 1876 della sinistra storica: «Sotto la presidenza del Consiglio di massoni come Agostino Depretis e Francesco Crispi, è inaugurato il “Vice-Regno della mafia” che dal 1880 circa si estende fino al 1920». Lo Stato liberale «abdica a favore del baronato». E l’intera Sicilia, formalmente governata da Roma, è in realtà un feudo anglo-mafioso: «Londra non ha bisogno di staccare l’isola del governo centrale come ai tempi di Ferdinando II, perché esercita il controllo de facto con la “setta” criminale paramassonica».Secondo Dezzani, è la stessa organizzazione che negli Stati Uniti assume nomi evocativi come “Mano Nera” o “Anonimi Assassini”: «Quando nel 1909 il commissario della polizia di New York, Joseph Petrosino, sbarca a Palermo per indagare sui legami tra mafia americana e siciliana, “i picciotti” non si fanno scrupoli a sparargli in testa». Nessuno deve disturbare i rapporti tra mafia e politica: il trasformismo parlamentare dell’epoca giolittiana è terreno fertile per la malavita, «determinante per l’elezione degli onorevoli espressi dalle popolose regioni meridionali». Un cambiamento, ammette Dezzani, si registra solo dopo la marcia su Roma del 1922, con l’irruzione sulla scena di Benito Mussolini, che certo «è una vecchia conoscenza di Londra sin dalla Prima Guerra Mondiale e dalla campagna interventista del “Popolo d’Italia”», ed vero che «conquista la presidenza del Consiglio con l’appoggio determinante degli inglesi e della massoneria di piazza del Gesù», ma il duce del fascismo «tende ad emanciparsi in fretta». Secondo Dezzani, «l’omicidio Matteotti del 1924 può infatti essere considerato il primo tentativo inglese di rovesciarlo e ha certamente un certo peso sulla decisione del 1925 di abolire la libera muratoria (sebbene numerosi massoni, primo fra tutti Dino Grandi, restino al governo)».Fedele alla massima “tutto nello Stato, niente al di fuori dello Stato, nulla contro lo Stato”, Mussolini non può ovviamente accettare la convivenza con istituzioni parallele al governo, come la mafia. Nell’ottobre 1925 Cesare Mori è nominato prefetto di Palermo e, in poco meno di quattro anni, infligge un duro colpo a Cosa Nostra, avvalendosi dei “poteri eccezionali” affidatigli da Mussolini: nel 1927 il tribunale di Termini Imerese condanna oltre 140 mafiosi a durissime pene. Chi, ovviamente, stigmatizza la condotta del governo italiano è l’Inghilterra. Dezzani cita l’ambasciatore Ronald Graham, che scrive al premier Chamberlain: «Il signor Mori ha certamente restaurato l’ordine. Ha eliminato numerosi mafiosi e ras ed anche numerosi innocenti con mezzi molto dubbi, comprese prove fabbricate dalla polizia e processi di massa». Al che, aggiunge Dezzani, «mafie e massoneria, sorelle inseparabili, piombano quindi “nel sonno”, in attesa di essere risvegliate al momento opportuno: proprio come ai tempi delle guerre napoleoniche, sbarcheranno in Sicilia con gli inglesi, accompagnati questa volta anche dalle forze armate statunitensi».È il 1943 e la mafia non solo facilita lo conquista dell’isola attraverso Lucky Luciano, ma addirittura «presenzia alla firma dell’armistizio di Cassibile nella persona di Vito Guarrasi, lontano parente di Enrico Cuccia (la cui famiglia è originaria del palermitano)». Finché il “continente” è occupato dai tedeschi, gli angloamericani coltivano la ricorrente idea di separare la Sicilia dal resto dell’Italia: è il momento d’oro del separatismo e del bandito Giuliano, destinato a scemare man mano che le truppe alleate risalgono la penisola. «Perché infatti accontentarsi della Sicilia se, come ai tempi d’oro dell’Italia liberale, è possibile costruire dietro lo Stato di facciata un secondo Stato, retto dalle mafie a dalla massoneria? Inizia così la lunga stagione dei “misteri italiani” dove mafia, camorra e ‘ndrangheta figureranno a fianco di servizi segreti “deviati” e logge massoniche in decine di omicidi ed attentati: dal disastro aereo di Enrico Mattei alle bombe del 1993, dal sequestro Moro al rapimento dell’assessore campano Ciro Cirillo». Inutile stupirsi, insiste Dezzani: «Il fenomeno rientra nella norma, perché sin dalle origini nella prima metà dell’Ottocento le mafie non erano altro che società segrete paramassoniche, dedite al crimine e obbedienti alle logge inglesi e americane».Un pentito, Giovanni Gullà, ha rivelato agli inquirenti i meccanismi di “Mamma Santissima”, la nuova ‘ndrangheta, che contribuirà in maniera decisiva alla strategia della tensione: «La “Santa” si spiega nella logica della “setta segreta”: si è inteso creare una struttura di potere sconosciuta agli altri per ottenere maggiori benefici». Secondo Gullà, «la “Santa”, come setta segreta, è l’esatto corrispondente della massoneria coperta rispetto a quella ufficiale». Certo, «l’appartenente alla ‘ndrangheta non può essere massone», ma questo vale solo «per la ‘ndrangheta “minore” e la massoneria pubblica». La “Santa” invece «rappresenta una struttura segreta dentro la stessa ‘ndrangheta». E quindi, «se il fine mutualistico può essere soddisfatto con l’ingresso di massoni nella struttura e viceversa, nessun ostacolo può essere frapposto». La “Santa”, conclude Dezzani, è dunque l’élite della ‘ndrangheta, «costituita negli anni ‘70 nel nome di tre personaggi storici, tutti risalenti al Risorgimento, tutti massoni, tutti ottime conoscenze di Londra: Giuseppe Garibaldi, Giuseppe Mazzini e Giuseppe La Marmora». Dalla “pax britannica” dell’ordine liberale alla “pax americana” dal 1945 a oggi. L’eventuale fine della mafia? Di ordine geopolitico: «È un sistema internazionale entrato ormai in crisi irreversibile, schiacciato dalla crisi del capitalismo anglosassone e dall’emergere di nuove potenze». Per Dezzani sarebbe il caso di sfruttare il declino dell’egemonia angloamericana «per liquidare anche quelle società segrete paramassoniche che da due secoli corrodono il Meridione e l’Italia, impedendo di sfruttarne l’enorme potenziale come ponte naturale tra Europa e Asia».Spaghetti, pizza e mafia. Sicuri che l’onorata società sia interamente made in Italy? La Sicilia a Cosa Nostra, la Campania alla camorra, la Calabria alla ‘ndrangheta: «Sono accostamenti triti e ritriti, spesso impiegati per dipingere l’intera Italia come un paese mafioso, corroso dal crimine, e quindi da collocare ai margini del sistema internazionale, tra gli Stati semi-falliti». Per un analista geopolitico come Federico Dezzani, la verità è più complessa. E ha un’origine non solo italiana, anche se la mafia ha tratto alimento dal brigantaggio, nato nel Sud come ribellione armata alla ferocia dell’esercito piemontese all’epoca dell’Unità d’Italia. Da allora – 1861 – il paese affronta il problema mafioso: migliaia di inchieste, libri, analisi economiche e sociali. «Ma è possibile affrontare la questione in termini geopolitici?», si domanda Dezzani? La sua risposta è sì. Ed è decisamente spiazzante: «Mafia, camorra e ‘ndrangheta sono società segrete paramassoniche, inoculate dagli inglesi all’inizio dell’Ottocento per destabilizzare il Regno delle Due Sicilie e trasmesse all’Italia post-unitaria per minare lo Stato e castrarne la politica mediterranea».
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L’impero del terrore fatto in casa, il lungo sonno della verità
Un vecchio gioco sporco, sempre uguale. Guerra, o surrogati: crisi, esodi, dittature amiche, terrorismo. Cambia l’identità delle vittime – ieri militari, oggi civili – nonché la scala di grandezza dei danni collaterali, la quantità di morte e di paura, una capitale europea militarizzata o città come Gaza, come Fallujah, rase al suolo insieme ai loro abitanti, donne e bambini, bruciati vivi con il fosforo bianco. L’importante, poi, è dimenticare tutto. Alla fine, la colpa deve ricadere sul terrorista, ormai esclusivamente islamico, “radicalizzato”, immancabilmente sfuggito all’occhiuta sorveglianza della Cia, dell’Fbi, del Mossad, dell’Mi6 inglese, della Dgse francese. Il mostro è l’ex delinquente “coltivato” perché ricattabile, o addirittura spedito al fronte, armi in pugno. Non importa se poi si impone il segreto militare (Charlie Hebdo) bloccando le indagini dopo la scoperta del legame tra il commando, l’armaiolo e i servizi segreti. Non importa se salta in aria un ambasciatore americano (Bengasi) insieme alle ombre imbarazzanti sul trasferimento in Siria di guerriglieri e armi chimiche, all’epoca in cui gli ordini partivano da Hillary Clinton, che poi cancellò migliaia di email. Non importa, ai media mainstream, ricordare quello che è appenna successo: il pubblico, semplicemente, non deve ricordare, non deve fare collegamenti.Non deve ricordare, il pubblico, che l’abominevole Isis nasce nell’Iraq spianato dalle bombe e interamente controllato dagli Usa. Non si deve ricordare che il fantomatico “califfo” Al-Baghdadi venne stranamente scarcerato nel 2009 dal centro di detenzione di Camp Bucca, per ordini superiori, tra lo sconcerto dei carcerieri. Né si devono riproporre le foto che, qualche anno dopo, lo ritraggono in Siria in compagnia del senatore John McCain, inviato speciale di Obama per sostenere la “resistenza democratica” contro il brutale regime di Assad, resistenza affidata ai “moderati” tagliagole libici, sauditi, giordani, iracheni e anche caucasici, ceceni, cioè quasi mai siriani, tutti terroristi di professione, fraternamente accuditi, armati e protetti dalla Nato, attraverso la Turchia e Israele, nonché le petro-dittature del Golfo. No, il pubblico non deve ricordare chi ha fabbricato l’Isis, come e quando, sulla base di quali macerie, con quali soldi, con quale logistica, con quali armamenti, dopo quali rivoluzioni colorate.Il pubblico occidentale deve solo tremare di paura davanti al fantasma del commando kamikaze con passaporto al seguito da lasciare in bella vista, deve tremare davanti al pericolo incombente del lupo solitario che colpisce con il Tir, il camion, il Suv, per poi essere immediatamente ucciso e quindi messo a tacere, in attesa del killer seguente, già in agguato, pronto a colpire ancora, alla cieca, la folla inerme – mai un obiettivo “nemico”, solo e sempre la folla inerme, cioè noi. La cattiva notizia, tra le tante, è che il mondo ormai «è in mano a cinquanta pazzi, che continuano a giocare col fuoco, fabbricando nemici di comodo telecomandati, senza più capire che il gioco si va facendo pericoloso, fuori controllo, perché gli altri – tutti gli altri, a cominciare da Russia e Cina – non consentiranno più che il gioco duri all’infinito, sulla nostra pelle». Lo ha ripetuto Giulietto Chiesa a Londra, in un dibattito con Gioele Magaldi sulla natura eversiva del potere oligarchico che domina in pianeta ormai da decenni, spingendo sette miliardi di persone in un vicolo cieco – militare, energetico, economico, finanziario, ecologico, climatico.Uno scenario che è tragicamente sotto gli occhi di chi vuol vederlo: dove non cadono bombe, piovono i missili di una crisi senza fine, la finanza impazzita e l’economia in pezzi, l’Europa devastata dall’euro e presa d’assalto da milioni di disperati, sotto la regia di un pugno di banchieri e multinazionali. Mentre Magaldi scommette su una riscossa democratica dell’Occidente fondata sulla riconquista della sovranità impugnando le armi del socialismo liberale roosveltiano, Chiesa fa un’altra proposta, preliminare: costruire un think-tank internazionale, un trust di cervelli, che metta insieme le migliori menti del mondo, non solo americane ed europee ma anche russe, cinesi, indiane, africane, per avere una fotografia diversa da quella, unilaterale e integralmente falsa, proposta dal mainstream occidentale. Una lettura diversa della crisi, un’ottica multipolare, come unica possibilità per poi trovare, domani, soluzioni praticabili, lontano dalla “guerra infinita” che Giulietto Chiesa vide arrivare all’indomani del «colpo di Stato mondiale chiamato 11 Settembre».Uno spartiacque fatale, quello dell’attacco alle Torri: da allora, l’élite neocon ha imboccato la via della strategia della tensione, senza più abbandonarla. Iraq, Afghanistan, Yemen e Sudan, Somalia, Georgia, Egitto, Libia, Siria. Una strategia sanguinosa, stragista, preparata dalle “fake news” di regime: le bugie sulle Torri Gemelle, le favole sulle armi di distruzione di Saddam, le stragi inesistenti attribuite a Gheddafi, l’attacco coi gas attribuito ad Assad. Una strategia feroce, fondata sulla grande menzogna del terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera, da Al-Qaeda all’Isis, per innescare campagne militari destinate a mettere le mani sull’intero pianeta, abrogando diritti in Occidente e scatenando una guerra dopo l’altra nel resto del mondo. Ora siamo all’epilogo evocato dal Pnac, il piano per il Nuovo Secolo Americano, che prima ancora del Duemila annunciò che nel 2017 il nemico strategico degli Usa sarebbe stata la Cina. Quando cadde il Muro di Berlino, Gorbaciov sognava ad occhi aperti un mondo diverso, finalmente pacificato. Oggi siamo all’autismo del terrore fabbricato in casa, da un’élite che occulta le notizie e fa spiare miliardi di persone tramite Google, Facebook e le app dello smartphone. Un’oligarchia globale decisa a tutto, pronta a investire ormai solo sull’arma più antica, quella della paura, che nasce dalla manipolazione delle notizie, dal sonno della verità.Un vecchio gioco sporco, sempre uguale. Guerra, o surrogati: crisi, esodi, dittature amiche, terrorismo. Cambia l’identità delle vittime – ieri militari, oggi civili – nonché la scala di grandezza dei danni collaterali, la quantità di morte e di paura, una capitale europea militarizzata o città come Gaza, come Fallujah, rase al suolo insieme ai loro abitanti, donne e bambini, bruciati vivi con il fosforo bianco. L’importante, poi, è dimenticare tutto. Alla fine, la colpa deve ricadere sul terrorista, ormai esclusivamente islamico, “radicalizzato”, immancabilmente sfuggito all’occhiuta sorveglianza della Cia, dell’Fbi, del Mossad, dell’Mi6 inglese, della Dgse francese. Il mostro è l’ex delinquente “coltivato” perché ricattabile, o addirittura spedito al fronte, armi in pugno. Non importa se poi si impone il segreto militare (Charlie Hebdo) bloccando le indagini dopo la scoperta del legame tra il commando, l’armaiolo e i servizi segreti. Non importa se salta in aria un ambasciatore americano (Bengasi) insieme alle ombre imbarazzanti sul trasferimento in Siria di guerriglieri e armi chimiche, all’epoca in cui gli ordini partivano da Hillary Clinton, che poi cancellò migliaia di email. Non importa, ai media mainstream, ricordare quello che è appenna successo: il pubblico, semplicemente, non deve ricordare, non deve fare collegamenti.
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Wired: nessun asteroide-killer colpirà la Terra il 25 febbraio
Rieccoci a scrivere di armageddon, asteroidi e meteoriti pure nel 2017. Dagli ultimi giorni di gennaio in poi è circolata, non solo in Italia ma in gran parte del mondo, una bufala secondo cui un asteroide starebbe per colpire la Terra, presumibilmente il prossimo sabato 25 febbraio. La storia falsa è stata ripresa da diversi siti e testate giornalistiche, in modi un po’ diversi. Ma come stanno davvero le cose? Lo scorso 27 novembre i telescopi della missione NeoWise della Nasa hanno individuato un oggetto spaziale relativamente vicino alla Terra, battezzato WF9. Tecnicamente si tratta di un Neo (Near Earth Object, ossia un oggetto vicino alla Terra) di dimensioni stimate tra 500 metri e un chilometro di diametro. Secondo gli astronomi della Nasa, che hanno pubblicato tutte le informazioni sulla scoperta il 29 dicembre, il periodo orbitale di WF9 è poco meno di 5 anni terrestri, e il prossimo 25 febbraio sarà il giorno di maggior vicinanza al nostro Pianeta, in cui la distanza tra noi e WF9 sarà poco superiore ai 50 milioni di chilometri. Tanto per fare un confronto, la distanza Terra-Luna è di 384mila chilometri, dunque stiamo parlando di un oggetto che passerà a una distanza oltre 100 volte maggiore di quella che ci separa dalla Luna.Oppure, la distanza è pari a circa un terzo di quella che ci separa dal Sole. Insomma, con queste premesse non si può dire che saremo “sfiorati” o “colpiti”: si tratta certo di un importante appuntamento per la ricerca astronomica, ma non di un rischio concreto per il nostro Pianeta. Catastrofismo gratuito: «Tra un mese la Terra sarà colpita da un asteroide che innescherà tsunami distruttivi. L’asteroide in questione è stato identificato dalla Nasa, che tiene sotto controllo la sua traiettoria che dovrebbe passare a circa 51 milioni di chilometri di distanza dalla Terra». Così iniziano gli articoli pubblicati da “Libero” e da “Rete News 24”, che lanciano un allarme per un evento che viene dato per certo, negando il tutto appena qualche parola dopo. “Radio 105” in un altro articolo rilanciato da “Libero” dà delle certezze: «Sull’arrivo e sulle conseguenze dello tsunami non sembrano esserci dubbi», perché «quando si entra nel campo dell’astronomia, tempo e spazio assumono tutto un altro significato» (quale?), mentre l’unica incertezza sarebbe sulla data dell’impatto. La fonte della notizia è apparentemente il “Daily Mail”, giornale online d’oltremanica noto per l’utilizzo di strategie acchiappa click come l’esagerazione e l’allarmismo ingiustificato.In questo caso il tabloid britannico ha pubblicato l’intervista a un certo Dyomin Damir Zakharovich, un russo sedicente astronomo che viene definito un “catastrofista” (quasi fosse una qualifica) e preannuncia effetti devastanti sul nostro pianeta. Oltre a tsunami e terremoti, nelle più disparate versioni della bufala raccolte da Query si legge che il diametro potrebbe arrivare oltre i due chilometri, che l’urto con la Terra potrebbe rilasciare un’energia equivalente a 3mila bombe atomiche e distruggere intere città. In qualche caso la data dell’impatto sarebbe anticipata al 16 febbraio. Di Zakharovich invece si trova ben poco online, solo una fantomatica laurea conseguita a Mosca e un video in cui si dichiara il suo passato (non confermato) da collaboratore scientifico di Putin. Non c’è traccia di pubblicazioni scientifiche o di attività accademica e tutte le informazioni sono in rete da meno di un anno, dunque è plausibile che si tratti di un’identità fittizia creata da qualche burlone anonimo.Complotto versione 1 – la Guerra fredda. Leggendo la bufala tra le righe, si nota che nel gioco delle parti della politica internazionale la Russia avrebbe il ruolo dello Stato paladino, mentre agli Stati Uniti e alla Nasa spetterebbe il ruolo degli oscurantisti che «evitano di diffondere la notizia solo per non creare allarmismi». Zakharovich sarebbe infatti sotto la protezione di Putin, che lo avrebbe contattato consigliandoli di non uscire dalla Russia per tutelare la propria incolumità e continuare a gridare al mondo la verità. Gli Stati Uniti, al contrario, «consapevoli del pericolo» starebbero tentando in tutti i modi di insabbiare la storia, smentendo tutte le notizie sull’asteroide già note da almeno un anno, incluso il suo legame con il pianeta Nibiru. Secondo questa teoria anche le dimensioni di WF9 sarebbero sottostimate per un inganno della Nasa, accusata di mentire per «evitare il panico» e farci credere che l’oggetto si disintegrerà una volta entrato in contatto con la nostra atmosfera.Complotto versione 2 – Nibiru. Un anno fa sui giornali è stata annunciata la scoperta del Pianeta 9, un corpo celeste nascosto nella fascia Kuiper alla periferia del Sistema Solare che potrebbe essere grande dieci volte la Terra. Una vera manna per le teorie del complotto, che hanno finalmente potuto dare un’identità al leggendario pianeta killer Nibiru, nascosto ai margini esterni del Sistema Solare ma destinato a impattare la Terra. Nonostante i calcoli astronomici abbiano già stabilito che il Pianeta 9 segue un’orbita che si mantiene sempre a grande distanza da noi (oltre 200 volte la distanza Terra-Sole), secondo Zakharovich l’oggetto spaziale in avvicinamento sarebbe un frammento del pianeta Nibiru. In attesa di schiantarsi sulla Terra (pare sia a ottobre, secondo le stesse fonti), Nibiru starebbe ruotando in senso inverso rispetto agli altri Pianeti e perciò – non si sa perché – starebbe scagliando nello Spazio alcuni frammenti di roccia.(Molte) certezze e (pochi) dubbi scientifici. Oggi siamo finalmente in grado di fare previsioni accurate sulla traiettoria dei corpi celesti di gran parte del Sistema Solare. Gli oggetti spaziali potenzialmente pericolosi per la Terra sono monitorati lungo le proprie traiettorie, tramite modelli matematici avanzati che tengono conto delle interazioni gravitazionali. Se davvero un enorme sasso stesse puntando dritto verso di noi, lo sapremmo con un discreto anticipo. E dovendo scegliere se fidarsi di un tale Zakharovich – identificabile come un esponente di una teoria del complotto priva di fondamento scientifico e di prove – o del parere della Nasa, suona strano che certi giornali pongano le due versioni sullo stesso piano, facendo credere che si tratti di un dibattito tra due schieramenti equivalenti di pari autorevolezza.L’unico dubbio che gli scienziati hanno su WF9 è di natura tecnica: non è ancora stato stabilito se si tratti di un asteroide o di una vecchia cometa. Il confine tra le due categorie è molto sfumato, infatti potrebbe trattarsi sia di un asteroide ma anche di una antica cometa ormai così vecchia da non avere più una coda visibile, nemmeno quando si avvicina al Sole. L’orbita, la bassa riflettività e il conseguente colore scuro secondo la Nasa farebbero pensare a una cometa, ma è assente la caratteristica nuvola di gas e polvere che dovrebbe originare la coda. Una delle ipotesi, ancora da verificare, è che si tratti di una cometa che col tempo ha perso la maggior parte delle componenti volatili che di solito di trovano sulla superficie.(Gianluca Dotti, “Nessun asteroide colpirà la Terra il 25 febbraio”, da “Wired” del 3 febbraio 2017).Rieccoci a scrivere di armageddon, asteroidi e meteoriti pure nel 2017. Dagli ultimi giorni di gennaio in poi è circolata, non solo in Italia ma in gran parte del mondo, una bufala secondo cui un asteroide starebbe per colpire la Terra, presumibilmente il prossimo sabato 25 febbraio. La storia falsa è stata ripresa da diversi siti e testate giornalistiche, in modi un po’ diversi. Ma come stanno davvero le cose? Lo scorso 27 novembre i telescopi della missione NeoWise della Nasa hanno individuato un oggetto spaziale relativamente vicino alla Terra, battezzato WF9. Tecnicamente si tratta di un Neo (Near Earth Object, ossia un oggetto vicino alla Terra) di dimensioni stimate tra 500 metri e un chilometro di diametro. Secondo gli astronomi della Nasa, che hanno pubblicato tutte le informazioni sulla scoperta il 29 dicembre, il periodo orbitale di WF9 è poco meno di 5 anni terrestri, e il prossimo 25 febbraio sarà il giorno di maggior vicinanza al nostro Pianeta, in cui la distanza tra noi e WF9 sarà poco superiore ai 50 milioni di chilometri. Tanto per fare un confronto, la distanza Terra-Luna è di 384mila chilometri, dunque stiamo parlando di un oggetto che passerà a una distanza oltre 100 volte maggiore di quella che ci separa dalla Luna.
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Barnard: ci sveglieremo in altro pianeta, e nessuno ne parla
«Casaleggio vide lungo: voleva creare la società civile del click da casa, tutto si fa in casa sul divano, in rete», ma «era un principiante: Facebook-Vr sarà la più devastante paralisi civica dlla storia, un fenomeno che non sfiorò neppure i sogni del padre della paralisi civica programmata, Edward Bernays». Parola di Paolo Barnard, secondo cui il dilagare della cosiddetta realtà virtuale, da Zuckerberg a Oculus con i visori “Rift Headset”, ben fotografa i mutamenti epocali ormai dietro l’angolo: «Il mondo si sta letteralmente trasformando in un altro pianeta», mentre in Italia le news sono ancora firmate da Grillo e Formigoni, Mediaset-Vivendi, Gentiloni e Poletti. Il capo di stato maggiore dell’esercito britannico e il suo futuro omologo americano, scrive Barnard, stanno preparando gli eserciti alla guerra futura, che sarà “cyber”. Alla “Bbc” il generale Richard Barrons ha detto: «Non ci saranno più bombardieri e soldati, ma “cyber fighters”. La Russia di Putin ha fatto il primo passo, in questo, ed è avanti: hanno un milione di programmatori già affiliati a 40 reti illegali. Silicon Valley, Google e Nsa stanno arrancando dietro a Mosca».Le guerre, aggiunge il generale Barrons, saranno combattute «infiltrando le infrastrutture vitali di un paese avversario». Esempio: «Una notte le luci di tutta la Francia salteranno, e nel panico i francesi scopriranno che sono saltati anche i back-up, i server saranno tutti muti. Una potenza Nato messa in ginocchio in meno di un secondo, senza bombe». E che dire dell’energia? «Le rinnovabili uccideranno gli idrocarburi», scrive Barnard nel suo blog. «Questo lo si è capito ai massimi livelli in Usa, Cina, Arabia Saudita, ma soprattutto fra i colossi d’investimento. Chi segue “Carbon Tracker” si fa un’idea della furiosa corsa dei poteri mondiali per l’energia di domani, ma soprattutto del potenziale di conflitti mostruosi per la spartizione della torta. Tutti i paradigmi politici legati all’energia sono saltati, e l’energia è tutto. Miliardi di poveri del mondo rischiano di finire nelle mani degli investitori per accendere una lampadina, mille volte più di quanto non lo siano già oggi».Oltre ai conflitti “cyber”, poi, rimane l’atomica: «Se ci sarà conflitto nucleare sarà in due luoghi: il mar del Sud della Cina, dove gli Usa stanno tentando di tagliare le comunicazioni mercantili ed energetiche di Pechino; oppure nel Jammu-Kashmir, dove fra India e Pakistan la miccia atomica è letteralmente tutti i giorni a un centimetro dal fuoco», sostiene Barnard. Per non parlare della finanza: «Tutta Europa, e tutta la vita economica di ogni vivente oggi in Ue, è appesa al filo del “tapering” della Bce di Draghi. Il “tapering” è il momento certo e già annunciato nel quale la Bce finirà di tenere viva l’Europa comprandogli trilioni di euro di assets (statali e privati) che altrimenti nessuno vorrebbe o che avrebbero prezzi stracciati e tassi alle stelle». Il quantitative easing di Draghi «è oggi l’oggetto di discussione frenetica di tutti gli Ad di ogni singolo istituto finanziario del pianeta. C’è il totale panico, ed è panico vero», ma in Italia a tener banco sono solo la Raggi, Equitalia, i 104 indagati del Pd.Poche settimane fa, aggiunge Barnard, il più grande gruppo assicurativo del mondo, Ing, ha convocato un seminario con oltre 600 esperti mondiali sulla “glocalization”. Letteralmente, per Google: «Diffusione su scala mondiale, grazie ai nuovi mezzi di comunicazione, di elementi culturali, idee, stili di vita propri di realtà locali». Ma anche: «Strategia economica e politica volta a correggere gli aspetti più problematici della globalizzazione, sfruttandone le opportunità per valorizzare a livello mondiale il ruolo di governi, mercati o imprese locali». Per Wikipedia, il neologismo introdotto dal sociologo Zygmunt Bauman significa: «Adeguare il panorama della globalizzazione alle realtà locali, così da studiarne meglio le loro relazioni con gli ambienti internazionali». E quindi: «La creazione o distribuzione di prodotti e servizi ideati per un mercato globale o internazionale, ma modificati in base alle leggi o alla cultura locale», nonché «l’uso di tecnologie di comunicazione elettronica, come Internet, per fornire servizi locali su base globale o internazionale. Craigslist e Meetup sono esempi di applicazioni web glocalizzate». E infine: «La creazione di strutture organizzative locali, che operano su culture e bisogni locali, al fine di diventare multinazionali o globali. Questo comportamento è stato seguito da varie aziende e corporation, ad esempio dall’Ibm».Per Barnard, «è il fenomeno inverso della vecchia globalizzazione e dell’“outsourcing” dei posti di lavoro verso paesi a manodopera per pochi centesimi (Cina, Thailandia, Messico, Bangladesh)». Domanda: perché la “glocalization” sta diventando un altro tema di fibrillazione dei colossi e delle think-tank del mondo occidentale? «Perché anche qui tutti i paradigmi della produzione industriale sono saltati: siamo in un incubo d’incognite su cosa accadrà nel processo di “glocalization” ai nostri impieghi, alle nostre economie. Un intero mondo è di nuovo saltato in frantumi nel cosmo». Da noi chi ne parla? Nessuno. «Oggi le parole di filosofia politica e morale più impressionanti escono dalla bocca di uomini come Ray Dalio, Ceo di Bridgewater, hedge fund “monster”. O da Bill Gross, l’ex Re Mida di Pimco, il più grande gestore di “fixed income” del mondo», investitori in azioni private e titoli di Stato. «Parlano di informazione, di moralità nell’economia, delle strutture sociali, del senso della morte persino, ma lo fanno però con la conoscenza degli strumenti dei padroni del mondo, cioè con la conoscenza del motore che fa vivere o morire 7 miliardi di umani. Questo fa una differenza incredibile». Perfettamente inutili, dice Barnard, «gli sproloqui di filosofi o intellettuali contemporanei», perché «non sanno nulla del motore che fa vivere o morire 7 miliardi di umani». Conclusione: tutto sta cambiando alla velocità della luce, e nessuno ce lo spiega.«Casaleggio vide lungo: voleva creare la società civile del click da casa, tutto si fa in casa sul divano, in rete», ma «era un principiante: Facebook-Vr sarà la più devastante paralisi civica dlla storia, un fenomeno che non sfiorò neppure i sogni del padre della paralisi civica programmata, Edward Bernays». Parola di Paolo Barnard, secondo cui il dilagare della cosiddetta realtà virtuale, da Zuckerberg a Oculus con i visori “Rift Headset”, ben fotografa i mutamenti epocali ormai dietro l’angolo: «Il mondo si sta letteralmente trasformando in un altro pianeta», mentre in Italia le news sono ancora firmate da Grillo e Formigoni, Mediaset-Vivendi, Gentiloni e Poletti. Il capo di stato maggiore dell’esercito britannico e il suo futuro omologo americano, scrive Barnard, stanno preparando gli eserciti alla guerra futura, che sarà “cyber”. Alla “Bbc” il generale Richard Barrons ha detto: «Non ci saranno più bombardieri e soldati, ma “cyber fighters”. La Russia di Putin ha fatto il primo passo, in questo, ed è avanti: hanno un milione di programmatori già affiliati a 40 reti illegali. Silicon Valley, Google e Nsa stanno arrancando dietro a Mosca».
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Barnard: ma i padroni di Hillary temono la guerra atomica
Può sembrare assurdo, ma il rischio-guerra è minore, oggi, se la Casa Bianca finisce nelle mani del super-falco Hillary Clinton. Motivo: la Terza Guerra Mondiale non conviene ai suoi “padroni”, i signori di Wall Street. Lo sostiene Paolo Barnard, sconcertato per «l’isteria» diffusa secondo cui la Clinton – a differenza di Trump – scatenerebbe un conflitto atomico con la Russia. Errore: «Non va visto il candidato, va visto il paese», cioè gli Stati Uniti d’America, che «sono un impero», ma anche «un impero che sta crollando». Basta dare un’occhiata allo scenario geopolitico: il presidente cinese Xi Jinping che annuncia di riesumare la Via della Seta, «cioè di ricostruire l’Impero cinese dallo Stretto di Malacca fino alle porte della Turchia», e «il girone infernale del Medio Oriente, quel manicomio criminale alla deriva in cui gli Usa letteralmente si sono persi, e che li ha già succhiati dentro a una catastrofe che dissanguerà una Washington anemica fino alla morte di tutta la sua politica estera», e forse «fino a una guerra nucleare». Morale: «Qualsiasi presidente americano, in tutto l’arco che va da Bernie Sanders a Ted Cruz, dovrà affrontare il crollo dell’impero, e questo significa letteralmente che ogni giorno nei prossimi cento anni è il giorno del possibile scoppio della Terza Guerra Mondiale, convenzionale o meno, indipendentemente dal candidato alla Casa Bianca».Il punto non è assolutamente se la Clinton sia più guerrafondaia di Trump, insiste Barnard nel suo blog: «La questione è quale candidato americano assillato dal crollo dell’impero resisterà più tempo prima di una dichiarazione di guerra mondiale». E la risposta fra Trump e Clinton «è senza dubbio la Clinton, perché Hillary almeno pensa», e in più «deve rispondere ai suoi padroni», mentre Trump «non pensa e risponde solo agli sbalzi di serotonina del suo cervello da mucca pazza». Sulla Clinton, ovviamente, nessuna illusione: «Sappiamo con certezza, fin dai tempi della giovane coppia Clinton in Arkansas, chi governa e possiede quella coppia di criminali internazionali. Ne conosciamo nomi cognomi e soprattutto gli interessi, che oggi si sono spostati da quelli delle lobby agricole e immobiliari degli anni ’90, a quelli di Wall Street». E qui, per Barnard, viene il punto cruciale, se si teme la Terza Guerra Mondiale: «L’ultima cosa al mondo che la finanza vuole è una guerra nucleare, semplicemente perché non esiste modello algoritmico, statistico, o tendenza di Borsa che racconti all’uomo con le scarpe da 5.000 dollari a Manhattan o a Francoforte cosa accadrebbe alla finanza in caso di guerra nucleare. Non esiste, non ce l’hanno. E gente che oggi ha in mano assets per oltre 30 volte il Pil mondiale, non rischia il culo su un modello che non conosce».Al contrario, continua Barnard, i super-potenti dell’élite finanziaria «sanno benissimo che bottoni premere, dove investire, che profitti si fanno in caso di guerra convenzionale», ma appunto, «non in caso di guerra atomica». Sicché, «la Clinton dovrà guardarli tutti in faccia prima di schiacciare il bottone rosso e non lo farà mai per prima». Al contrario, continua Barnard, Trump sarebbe completamente solo di fronte a quattro fattori ad altissimo rischio: l’espansionismo Nato alle soglie di Mosca, le nuove mini-atomiche americane, l’esplosivo derby Israele-Iran e il dilagare delle basi militari Usa. Il pericolo è motivato da ragioni drasticamente concrete: «Qualsiasi candidato alla Casa Bianca potrebbe scatenare una Terza Guerra da un giorno all’altro, perché dovrà preservare l’Impero per la sopravvivenza di 350 milioni di americani nel loro stile di vita, che non verrà mai messo in discussione, mai». Lo dimostra il fatto che persino Bernie Sanders appoggia le guerre “utili”, infatti «ha speso parole mielose per “i nostri migliori e valorosi americani”, cioè le truppe Usa in guerra, e mai ha pronunciato una singola parola per lo smantellamento totale della finanza speculativa».L’espansionismo Nato, ricorda Barnard, nasce ben prima di Trump e Clinton: fu Ronald Reagan che, «con la faccia come il culo», tradì le promesse fatte a Gorbaciov negli anni ’80 di non espandere la Nato di un metro a Est. «Oggi la Nato è letteralmente arrivata al confine con la Russia, e “deve” farlo, sempre per il solito motivo, cioè il controllo delle risorse materiali e finanziarie» del maggior numero possibile di nazioni, «e dei flussi di energia nell’interesse dell’Impero al crollo». Attenzione: Trump «non si oppone all’espansionismo, dice solo che lo devono pagare gli altri». In effetti, «non ha mai messo in programma il ritiro Nato a ovest della Polonia». Così, «la scintilla finale con Mosca rimarrà tale e quale, pronta a scoppiare, con Donald o con Hillary o con chiunque altro». E la donna «non è affatto peggio», sostiene Barnard. Sviluppi di crisi potrebbero avere tempi brevissimi, con l’impiego di armi micidiali come le mini-atomiche B-61 Model 12 per le quali Obama ha speso 1.000 miliardi di dollari. «Escluso che la Clinton possa prendere per prima una decisione atomica per i motivi detti sopra», cioè la necessità di consultare prima i suoi “padroni” di Wall Street, «la facilità dell’uso di una testata “mini” capace ad esempio di distruggere selettivamente un’area grande come 4 quartieri di Milano, si addice molto di più a un rantolo cerebrale di Trump se, poniamo, vi fosse un attentato Isis a Filadelfia con 100 morti».In assoluto, però, secondo Barnard il maggior pericolo di guerra atomica, il più realistico, «non risiede in una consolle di un bunker di Washington, ma a Tel Aviv». Norman Finkelstein definì Israele «uno Stato psicotico». Per Barnard, «i sionisti sono non solo dei criminali internazionali di comprovata devastante letalità, ma sono anche letteralmente dei pazzi». Finora, «l’unico fattore che ha impedito a Israele di usare l’atomica sull’Iran è stata la mano del “padrone” a Washington». Ora, Trump «vuole il disingaggio degli Stati Uniti soprattutto dal rapporto Iran-Usa-Israele, e l’ha detto: per prima cosa ripudierà l’accordo Obama-Rouhani sul nucleare». Questo, per Barnard, significa solo una cosa: che «verrà tolta la “sicura” dalla pistola dei pazzi genocidi sionisti», lasciando mano libera a Tel Aviv per «far partire le testate contro l’Iran», scatenando la guerra atomica. «Qui – insiste Barnard – dobbiamo scongiurare Dio di far vincere la Clinton, che invece la mano sugli psicopatici eredi di Theodor Herzl la terrà eccome».Quanto all’espansionsimo imperiale post-Urss inaugurato con Colin Powell, la “Lillypad expansion”, cioè l’espansione a foglia di ninfea delle basi Nato, se ieri era un’opzione oggi è un “obbligo assoluto” per puntellare l’impero declinante, «pena appunto la sua morte», cominciando con l’accerchiare la Via della Seta cinese in piena costruzione. «E stanno succedendo entrambe le cose contemporaneamente», con Pechino che «ha già piazzato 46 miliardi di dollari in Pakistan protetti da oltre 10.000 soldati con la mira al Golfo Persico», e intanto «sta costruendo piste di decollo per bombardieri in tutti i distretti del Sud-Est Asiatico che controlla», mentre gli Usa «stanno circondando i cinesi» com la “Lillypad expansion” «mirando proprio agli Stretti di Malacca da cui passa la gran parte dell’energia di cui necessita Pechino». Washington «semina basi e flotte, con l’aiuto dell’Australia, come ha recentemente rivelato il grande John Pilger». Dunque: «Avete voi sentito Trump parlare di un piano sensato per la distensione con la Cina?». Soprattutto: sarebbe capace, Trump, «di pensare a una cosa immensa come un piano di distensione fra potenze?». La Clinton, almeno, «non reagirà a una crisi dei missili nel Pacifico con lo sguardo demente sotto alla parrucca di un Trump».Può sembrare assurdo, ma il rischio-guerra è minore, oggi, se la Casa Bianca finisce nelle mani del super-falco Hillary Clinton. Motivo: la Terza Guerra Mondiale non conviene ai suoi “padroni”, i signori di Wall Street. Lo sostiene Paolo Barnard, sconcertato per «l’isteria» diffusa secondo cui la Clinton – a differenza di Trump – scatenerebbe un conflitto atomico con la Russia. Errore: «Non va visto il candidato, va visto il paese», cioè gli Stati Uniti d’America, che «sono un impero», ma anche «un impero che sta crollando». Basta dare un’occhiata allo scenario geopolitico: il presidente cinese Xi Jinping che annuncia di riesumare la Via della Seta, «cioè di ricostruire l’Impero cinese dallo Stretto di Malacca fino alle porte della Turchia», e «il girone infernale del Medio Oriente, quel manicomio criminale alla deriva in cui gli Usa letteralmente si sono persi, e che li ha già succhiati dentro a una catastrofe che dissanguerà una Washington anemica fino alla morte di tutta la sua politica estera», e forse «fino a una guerra nucleare». Morale: «Qualsiasi presidente americano, in tutto l’arco che va da Bernie Sanders a Ted Cruz, dovrà affrontare il crollo dell’impero, e questo significa letteralmente che ogni giorno nei prossimi cento anni è il giorno del possibile scoppio della Terza Guerra Mondiale, convenzionale o meno, indipendentemente dal candidato alla Casa Bianca».
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Crisi e guerra, la grande paura. E l’Fbi azzoppa la Clinton
Non è strano che, a una settimana dal voto, l’Fbi riapra le indagini sullo staff di Hillary Clinton, terremotando inevitabilmente i sondaggi, già in fibrillazione? Non è strano che il direttore della prestigiosa polizia federale osi un gesto simile, alla vigilia dell’election day, come se non ne temesse le conseguenze? Forse non è così strano, se si rileggono – oggi, a qualche mese di distanza – alcune ricostruzioni provenienti dall’Italia: Trump non è (solo) la “bomba a mano” incontrollabile descritta dai media mainstream, ma è anche e soprattutto una “scommessa coperta”, un Cavallo di Troia abilmente lanciato nel campo repubblicano alla stessa élite super-massonica “progressista” che, nel campo opposto, aveva appoggiato il socialista Bernie Sanders. Trump doveva servire a fermare Jeb Bush, Sanders a ostacolare l’ascesa della Clinton. Oggi questo ruolo è stato ereditato dallo stesso Trump, ma il copione non cambia. E il “pericolo” non è Hillary, ma i poteri fortissimi che l’hanno scelta come esecutrice del loro volere, così come scelsero personaggi “neocon” come Victoria Nuland, introdotta nel team di Obama con l’obiettivo di destabilizzare la Russia attraverso la sfida alle frontiere, cominciando dal golpe in Ucraina travestito da rivoluzione.L’escalation a Kiev fu decisa in risposta alla decisione di Putin di schierarsi in difesa della Siria: un cambio di rotta radicale, dopo che il Cremlino aveva assistito passivamente all’ultima puntata della “guerra infinita”, la demolizione della Libia. Dietro le quinte, a Washington, a fare la prima mossa sono sempre loro, gli uomini del Pnac, quelli del “nuovo secolo americano”, protagonisti delle guerre di Bush innescate dall’11 Settembre. E’ il famigerato super-vertice globalizzatore, finanziario e militare, “l’Impero”. Non tollera l’idea che gli Stati Uniti possano perdere i propri immensi privilegi, che sorreggono il tenore di vita (e i clamorosi profitti dell’élite), e per questo è pronto a tutto – anche una Terza Guerra Mondiale, nucleare? Ne è convinto l’ex viceministro di Reagan, Paul Craig Roberts, secondo cui i grandi media – sotto Obama – hanno coperto una sostanziale “dittatura” instauratasi alla Casa Bianca, dove il presidente non è il che il terminale, sempre più opaco, di micidiali gruppi di interesse, completamente irresponsabili e ormai anche in preda al panico, ossessionati dalla paura di perdere il loro immenso potere. Recenti sondaggi, dice Marcello Foa, rivelano che il 70% degli elettori statunitensi non credono più ai grandi media, dai network televisivi al “New York Times”, tutti schierati con la Clinton e ridotti a mero strumento di propaganda dell’establishment, di cui Trump è visto come antagonista.«Illusionismo, puro gioco delle parti», sostiene Fausto Carotenuto, analista internazionale, ai microfoni di “Border Nights”: «Si scontrano due gruppi di potere, sempre gli stessi: uno è definito conservatore, quello che appoggia la Clinton, e l’altro si definisce progressista ma è ancora più ipocrita del primo». Super-massoneria occulta: quella che Gioele Magaldi, progressista, ha messo in piazza tra le pagine del libro “Massoni, società a responsabilità illimitata” (Chiarelettere). Un altro esponente della cultura massonica italiana, Gianfranco Carpeoro, autore del recentissimo saggio “Dalla massoneria al terrorismo” (Uno Editori), avverte: «La novità è che il vertice di quel potere è spaccato, come dimostra l’appoggio dato a un candidato come Sanders». Grandi defezioni, nelle alte sfere, avrebbero propiziato la stessa candidatura Trump. Diserzioni così preoccupanti, secondo Carpeoro, da spingere “l’ala destra” del super-potere a ricorrere in modo sistematico anche alla strategia della tensione, come si deduce dal moltiplicarsi di sanguinosi attentati in Europa, organizzati da quella che Carpeoro chiama “sovragestione”, ovvero: elementi di vertice che si avvalgono di settori dei servizi segreti, che all’occorenza reclutano kamikaze jihadisti.Il vertice della piramide è diviso? Lo dimostra il testa a testa fra Hillary e Trump. E una delle massime eminenze grigie del super-potere massonico, Zbigniew Brezinzki, qualche settimana fa aveva avvertito: ora basta con la guerra fredda, è tempo di sedersi attorno a un tavolo con Putin e coi cinesi, perché questa escalation porta solo al rischio di una catastrofe. Attenzione: Brzezinski è stato uno dei massimi architetti della globalizzazione “imperiale”. Il pericolo di un collasso è concreto, sostiene Giulietto Chiesa: «I padroni universali sanno quello che sta succedendo, e più o meno – tra di loro – se lo dicono». Chiesa cita dichiarazioni recenti, molto inquietanti: da Rockefeller, secondo cui «la Terza Guerra Mondiale è inevitabile: dovremmo metterci d’accordo coi russi, ma temo che non ce la faremo», a Rotschild, che avverte: «Sta per terminare il più grande esperimento finanziario mai realizzato nella storia», la finanza monetarista svincolata dall’economia reale, «e adesso stiamo entrando in acque inesplorate». E Larry Summers, ex segretario al Tesoro, aveva profetizzato: la crescita del Pil mondiale si fermerà attorno al 2005. «Ci stanno dicendo che si sta avvicinando una catastrofe, la fine di questo capitalismo finanziario. Non c’è da stupirsi, quindi, dei preparativi di guerra cui stiamo assistendo».Tra i nuovi “catastrofisti” si iscrive anche il finanziere Carlo De Benedetti, che al “Corriere della Sera” dichiara: «Sta arrivando una crisi gigantesca, che metterà in forse tutta la democrazia nel mondo». Giulietto Chiesa è pessimista: «Tutti quelli che pensano che non succederà niente, perché alla fine ci si metterà d’accordo, si sbagliano. Non sono “i cattivi” che vogliono la guerra, è la situazione che non è sanabile: siamo governati da imbecilli, in un mondo totalmente diviso tra ricchi e poveri come mai nella storia dell’umanità». Lo stesso Carpeoro, nei mesi scorsi, è tornato più volte sul tema: «Il nuovo ordine mondiale è fatalmente incompiuto, provano sempre a realizzarlo ma non ci riescono mai fino in fondo, perché litigano tra loro». Una rissa pericolosa, che può anche esplodere – sotto forma di terrorismo e bombe, domani anche atomiche? Difficile credere che tutto sia appeso, davvero, al solo parrucchino di Trump: non può essere un caso che un super-potente come James Comey, capo dell’Fbi, scenda in campo – a due passi dal voto – per tentare di sbarrare la strada della Casa Bianca ai “padroni” di Hillary Clinton, i “signori della guerra”. Zero fair-play, dicono i commentatori mainstream: la campagna più brutta della storia delle elezioni Usa. Forse anche la più drammatica, cruciale, pericolosa.Non è strano che, a una settimana dal voto, l’Fbi riapra le indagini sullo staff di Hillary Clinton, terremotando inevitabilmente i sondaggi, già in fibrillazione? Non è strano che il direttore della prestigiosa polizia federale osi un gesto simile, alla vigilia dell’election day, come se non ne temesse le conseguenze? Forse non è poi così sorprendente, se si rileggono – oggi, a qualche mese di distanza – alcune ricostruzioni provenienti dall’Italia: Trump non è (solo) la “bomba a mano” incontrollabile descritta dai media mainstream, ma è anche e soprattutto una “scommessa coperta”, un Cavallo di Troia abilmente lanciato nel campo repubblicano alla stessa élite super-massonica “progressista” che, nel campo opposto, aveva appoggiato il socialista Bernie Sanders. Trump doveva servire a fermare Jeb Bush, Sanders a ostacolare l’ascesa della Clinton. Oggi questo ruolo è stato ereditato dallo stesso Trump, ma il copione non cambia. E il “pericolo” non è Hillary, ma i poteri fortissimi che l’hanno scelta come esecutrice del loro volere, così come scelsero personaggi “neocon” come Victoria Nuland, introdotta nel team di Obama con l’obiettivo di destabilizzare la Russia attraverso la sfida alle frontiere, cominciando dal golpe in Ucraina travestito da rivoluzione.