Archivio del Tag ‘biomasse’
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La “teoria del chiasso” oscura la verità sul clima terrestre
Sulla questione climatica, oramai, si sente soltanto chiasso. Chiasso mediatico, chiasso rabbioso, chiasso interessato, genuino, ispirato, malevolo… ma sempre e solo chiasso. Perché il chiasso è il fenomeno che più s’oppone al ragionamento e alla meditazione, unica via per giungere alla sintesi di qualsiasi evidenza naturale, per trovarne una soluzione o, almeno, comprenderne la genesi. Potremmo definire il chiasso come l’antitesi vera e propria della ricerca scientifica. A parte il chiasso, quali sono i dati in nostro possesso? La percentuale di CO2 nell’atmosfera terrestre nel 1975 era di 320 ppm (parti per milione), oggi abbiamo superato le 390 ppm: in 45 anni è aumentata del 22%. Nello stesso periodo, la temperatura media globale è aumentata di circa 0,5 gradi Celsius e i mari sono saliti di circa 40 millimetri. Possono indicarci qualcosa questi pochi dati certi? Il rapporto fra questi dati è provato e riproducibile in laboratorio: se in un laboratorio, a temperatura e illuminazione costanti, immettiamo in un recipiente di vetro una miscela di aria e CO2 ed aumentiamo la CO2, otteniamo un aumento di temperatura, perché l’anidride carbonica (e altri gas) riflettono la radiazione infrarossa che, dal suolo, viene riflessa verso il cielo e la proiettano nuovamente verso terra. Insomma, come in una serra, non la lasciano sfuggire.Il terzo dato necessita di una comparazione; ossia due recipienti, come sopra, con del ghiaccio alla medesima temperatura e peso: in quello a maggior temperatura, nella stessa unità di tempo, si scioglierà una maggior quantità di ghiaccio. Ciò che possiamo provare scientificamente è tutto qui: il resto richiede la preparazione di modelli matematici, poiché un conto è operare un esperimento in laboratorio, un altro espanderlo a livello della biosfera, dove intervengono miliardi d’interazioni delle quali non conosciamo interamente i rapporti, e per questo li indaghiamo con modelli matematici i quali, come ogni modello prodotto dall’uomo, è passibile di critica. Perché il chiasso? Il primo obiettivo dei fautori del chiasso è disperdere la concentrazione, effettuando un’operazione di per sé semplice, soprattutto nei confronti di coloro che non sono molto avvezzi nell’epistemologia delle scienze sperimentali: assegnare il medesimo valore d’inesistenza inerente fra la critica dei modelli matematici e l’evidenza dei dati scientifici. E’ un chiasso un poco furbetto e sempliciotto: in altre parole, se dimostro che il modello matematico è imperfetto, lo saranno anche i dati scientifici che lo alimentano. Il che è pietosamente falso: sarebbe come sostenere, nella costruzione di due grattacieli, che essendo errato in uno dei due il calcolo delle masse e delle relative pressioni, sono errati i concetti fisici di massa e pressione.Più interessante, invece, la critica proveniente dagli ambienti del “complotto”. Si sostiene che, siccome il sistema politico-economico è una piovra che tutto controlla e decide, allora l’evidenza di nuovi ed enormi profitti conduce ad esaltare la necessità di compiere questi interventi, finalizzati ad un maggior profitto per gli azionisti. Nulla da eccepire sotto l’aspetto della critica: nessuno di noi ha mai pensato che le holding economiche del pianeta siano istituti di beneficienza sociale. Il nesso, però – inconsistente – è fra le nuove tecnologie energetiche e l’intervento finanziario. Prima del secolo XVIII, era la nobiltà ad assumersi oneri ed onori per quanto riguardava gli interventi, ma la macchina a vapore sconvolse questi equilibri: troppo grandi gli interventi richiesti, estesi sui cinque continenti, in continua evoluzione. La ferrovia fu il canto del cigno per il potere economico della nobiltà, la quale – anche per altri fattori storici – si vide relegata in un angolo del potere finanziario ed economico. Precisando il fenomeno, nel secolo XIX, per la macchina a vapore e il carbone, furono le banche ad investire e a fare profitti, sorrette dal patrimonio azionario dell’espansione borghese, mentre nel XX secolo s’affermarono mezzi di finanziamento ancor più evoluti, quali fondi d’investimento, fondi pensione, fondi sovrani.Ricapitolando, c’è da operare una distinzione fra sviluppo e ricerca tecnologica e mezzi di finanziamento: mentre i primi possono essere anche frutto di ricerche e sviluppi nati nell’ambito pubblico – gli istituti universitari, ad esempio – i secondi sono quasi interamente rivolti agli investitori privati, siano essi banche o strutture finanziarie. Aprendo una breve parentesi, si può notare come in Italia si sia generato un fenomeno che dire “assai strano” è ancora riduttivo: il sistema autostradale, costruito col finanziamento pubblico, è diventato una gestione privata, in cambio – diciamolo chiaro – di un piatto di lenticchie. E la dimostrazione, lampante, è dei nostri giorni e di cosa sta accadendo. Quindi, è assolutamente normale che il sistema finanziario s’adoperi per entrare e guadagnare nel comparto delle nuove tecnologie energetiche: compito della parte pubblica sarà, invece, definire il quadro degli investimenti per fare in modo che questi interventi non siano “a gamba tesa”. Alternative? Ancor più ampio, come prospettive, è la definizione del sistema economico di riferimento: non si può tacere sul fatto, evidente, che la maggior potenza economica in forte ascesa sia la Cina – la Cina popolare, che si dice ancora comunista, qualsivoglia sia il significato che i dirigenti cinesi assegnano oggi a quel termine (sarebbero, però, analisi che richiederebbero ben altro spazio di un articolo).Il ministro del petrolio saudita, molti anni fa, ebbe a pronunciare una frase profetica: «L’Era della Pietra non terminò certo per la mancanza di pietre, e l’Era del Petrolio potrebbe terminare molto prima dell’esaurimento del petrolio». E se così non fosse, sarebbe un dramma. Oggi, a nostro favore, abbiamo la ricerca tecnologica, la quale è passata da un processo combustione>energia meccanica>energia elettrica alla più semplice captazione diretta dell’energia elettrica, vuoi con la captazione eolica, vuoi con quella fotovoltaica. E molto rimane ancora da esplorare, sul fronte delle energie dalle correnti sottomarine e dal moto ondoso, sull’eolico d’alta quota, sul geotermico, sullo sfruttamento delle biomasse di scarto, sull’idroelettrico da grandi masse e modeste cadute e quanto, sicuramente, ci segnaleranno nel futuro scienza e tecnologia. Perché rifiutare? Non sappiamo cosa significhino quelle 390 ppm di CO2 nell’atmosfera, come non sappiamo cosa ci porterà quel mezzo grado in più, né quei 40 millimetri in più d’acqua negli oceani. Possiamo solo dire che quei miseri 40 millimetri d’innalzamento del livello di mari e oceani significano circa 14.500 miliardi di tonnellate d’acqua in più negli oceani. Non cambierà nulla? Lo cambierà? Non lo sappiamo.Sappiamo però che, qualsiasi mutamento questo quadro porterà, sarà fuori dalle capacità umane, in futuro, porvi rimedio: l’unico atteggiamento da assumere, oggi, è l’elementare principio di prudenza, cercando di salvaguardare un equilibrio che ben conosciamo e nel quale siamo vissuti per migliaia di anni. I mezzi li abbiamo tutti: sarà solo l’ennesima transizione della civiltà umana verso sistemi più evoluti: dalla trazione animale a quella meccanica, alla trazione elettrica. Dall’energia muscolare a quella meccanica, a quella elettrica fino a quella nucleare, che non ha dato i risultati sperati, poiché basta un solo errore (e ce ne sono stati ben due) per condannare intere regioni all’inesistenza per la vita umana. Ci sono gli aspetti economici e finanziari, ma questo non è un principio immutabile – come le leggi della fisica – bensì soltanto un metodo costruito dall’uomo per governare l’economia delle società umane. Se dovesse risultare un errore, un obbrobrio oppure un ostacolo per l’evoluzione umana, basterà rimuoverlo o modificarlo. Questo lo possiamo fare: basta averne consapevolezza.(Carlo Bertani, “Teoria del chiasso”, dal blog di Bertani del 1° gennaio 2020).Sulla questione climatica, oramai, si sente soltanto chiasso. Chiasso mediatico, chiasso rabbioso, chiasso interessato, genuino, ispirato, malevolo… ma sempre e solo chiasso. Perché il chiasso è il fenomeno che più s’oppone al ragionamento e alla meditazione, unica via per giungere alla sintesi di qualsiasi evidenza naturale, per trovarne una soluzione o, almeno, comprenderne la genesi. Potremmo definire il chiasso come l’antitesi vera e propria della ricerca scientifica. A parte il chiasso, quali sono i dati in nostro possesso? La percentuale di CO2 nell’atmosfera terrestre nel 1975 era di 320 ppm (parti per milione), oggi abbiamo superato le 390 ppm: in 45 anni è aumentata del 22%. Nello stesso periodo, la temperatura media globale è aumentata di circa 0,5 gradi Celsius e i mari sono saliti di circa 40 millimetri. Possono indicarci qualcosa questi pochi dati certi? Il rapporto fra questi dati è provato e riproducibile in laboratorio: se in un laboratorio, a temperatura e illuminazione costanti, immettiamo in un recipiente di vetro una miscela di aria e CO2 ed aumentiamo la CO2, otteniamo un aumento di temperatura, perché l’anidride carbonica (e altri gas) riflettono la radiazione infrarossa che, dal suolo, viene riflessa verso il cielo e la proiettano nuovamente verso terra. Insomma, come in una serra, non la lasciano sfuggire.
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Gas: è scoppiata la Terza Guerra (mondiale) dell’energia
Negli ultimi mesi si sono prodotti una serie di avvenimenti che hanno investito pesantemente il mondo dell’energia: la crisi di Crimea, che sta profilando una crisi nella vendita di gas russo alla Ue, con conseguente arresto del progetto South Stream e parallela proposta americana di forniture sostitutive; la forte penetrazione dei cinesi nel mercato mediorientale, dove sono diventati i primi acquirenti del petrolio iracheno; la destabilizzazione sociale e finanziaria del Venezuela (terzo produttore mondiale); l’inasprimento della crisi libica, dove le forniture sono sempre più a rischio; la crescente tensione fra il Qatar (detentore di fortissime riserve di gas e petrolio) e l’Arabia Saudita, che non approva l’appoggio ai Fratelli Musulmani e le pretese egemoniche quatarine sul Golfo. Il tutto mentre prosegue la guerra civile siriana e l’embargo euro-americano contro l’Iran.Una precipitazione di eventi assai insolita, che profila tendenze di medio periodo suscettibili di mutare l’assetto strategico mondiale dell’energia. E ovviamente non dobbiamo stare a spendere parole sulla centralità dell’energia, sia dal punto di vista economico che politico, nell’ordine mondiale. A partire dagli anni novanta, si era determinato un quadro che possiamo descrivere come segue. Con la comparsa delle ingenti masse di gas russo, si produceva una accentuata diversificazione delle fonti di approvvigionamento energetico (ancora molto petrolio, ma anche gas, nucleare, carbone, etanolo da biomasse e fonti alternative) e, di conseguenza, delle tecnologie necessarie al trattamento delle varie fonti. La differenziazione di fonti e tecnologie induceva i vari paesi ad adottare diversi mix energetici, per così dire “personalizzati”, in base alle esigenze di ciascuno. E questo, a sua volta, dava luogo ad un accentuato policentrismo sia dei produttori che dei consumatori, assicurando un regime di relativa abbondanza energetica a basso costo.Questo accentuato policentrismo energetico, insieme all’affermarsi più rapido del previsto di nuove potenze economiche emergenti, determinava un più generale policentrismo dell’ordine mondiale. Un aspetto particolarmente importante di questa nuova situazione è stato rappresentato dal gas, rapidamente affermatosi fra le primissime fonti in ordine di importanza. Come si sa, esso è difficilmente trasportabile via mare (per i costi di liquefazione e poi rigasificazione del prodotto) e prevalentemente è distribuito attraverso gasdotti che hanno elevati costi di costruzione, per cui si privilegia lo scambio fra paesi limitrofi o, comunque, non eccessivamente distanti. Anche per questo motivo si è formato un mercato separato del gas che, cosa importante, non è necessariamente venduto in dollari ma in monete diverse. E questo è uno dei motivi della rapida ripresa russa dal 1998 in poi.In questo quadro, la diversificazione energetica ha avuto oggettivamente un ruolo di contrappeso al progetto di ordine mondiale monopolare degli Usa, alimentando le tendenze centrifughe verso un ordine policentrico. Le stesse guerre mediorientali degli Usa erano il tentativo di affermare il proprio progetto egemonico guadagnando una posizione di controllo della più importante area petrolifera mondiale. Ma, come è noto, le cose sono andate in modo diverso dal previsto e le tendenze dal policentrismo se ne sono rafforzate, garantendo il ritorno della Russia fra i grandi protagonisti della scena mondiale, insieme a Usa e Cina. Questo quadro ha subito una prima destabilizzazione fra il 2006-2010: in un primo momento si era temuto un rapido avvicinarsi del pick oil a causa dei forti consumi cinesi (quel che aveva fatti impazzire il prezzo del petrolio salito sino a 170 dollari al barile), ma dopo, per effetto della crisi bancaria del 2007-8 e delle prospettive offerte dal petrolio di scisti e dallo shale gas con la tecnica del fracking, la situazione si è in gran parte normalizzata, ma scontando nel frattempo un rafforzamento del gas e, pertanto, della Russia da cui la Ue, ormai, dipendeva largamente.Di qui partiva la “guerra dei gasdotti”, complicata dall’attraversamento ucraino dei gasdotti euro-russi. L’Ucraina, oltre che onerosi diritti di passaggio, esercitava massicci prelievi aggiuntivi, che peraltro non pagava. Di qui la decisione russa di costruire gasdotti che la aggirassero: Northstream, dalla Russia alla Germania via Baltico, e South Stream dalle coste russe meridionali all’Italia. Questo progetto fu sottoscritto dall’Eni nel 2009, sotto l’aperta protezione di Berlusconi (siamo nel momento della grande amicizia con Putin con lo scambio di regali come il famoso lettone ed altro). Gli americani non presero bene la cosa, anche perché stavano cercando di realizzare un progetto concorrente, Nabucco, che avrebbe portato il gas centroasiatico sulle sponde del mediterraneo e poi, di lì, in Europa che così sarebbe stata sottratta al temuto magnete russo. La guerra dei gasdotti venne vinta, in un primo momento, dai russi, e sembrò per un attimo che Europa e Russia fossero destinate ad una fatale integrazione crescente (“Eurussia: è il nostro destino?” si chiedeva una copertina di “Limes” del 2009).Oggi questo quadro subisce un attacco frontale a seguito dei fatti ucraini e dell’annessione della Crimea da parte dei russi. Gli Usa sono stati rapidi nell’approfittare dell’ondata (peraltro largamente strumentale) di condanna dell’iniziativa russa e nello spingere la Ue in rotta di collisione con Mosca, che, a sua volta, ha reagito minacciando ritorsioni proprio sul gas. Gli americani si sono fatti avanti offrendo la sostituzione delle forniture russe. In realtà, agli americani preme la creazione di un mercato del gas regolato in dollari, così come è per tutto il resto, e la manovra americana va capita insieme alla questione del negoziato per l’area di libero scambio Usa-Ue. Ovviamente, se gli americani riuscissero nel loro intento, ai russi non resterebbe che offrire il loro gas alla Cina ed, in prospettiva, all’India. Pertanto assisteremmo alla nascita di due blocchi energetici: da un lato la tradizionale alleanza euro-americana cui corrisponderebbe, per reazione, il blocco euro-asiatico cino-russo, suscettibile di diventare cino-russo-indiano. E la competizione fra i due blocchi si sposterebbe rapidamente sull’accaparramento dei mercati mediorientali dove, abbiamo detto, la Cina è già entrata e con tutti due i piedi.Peraltro, è ragionevole aspettarsi un comportamento non omogeneo dei paesi di quell’area: realisticamente l’Iran si orienterebbe verso il blocco asiatico, mentre l’Arabia Saudita resterebbe il tradizionale alleato degli americani, ma con la fastidiosa spina irritativa del Qatar. Sull’altro fianco, l’evolvere della situazione potrebbe portare alla “normalizzazione” del Venezuela chavista. La Cina, che ha trovato spazio in Iraq (e ha la prospettiva del gas russo) potrebbe essere sempre meno generosa con il suo debitore latinoamericano e perdere interesse alle sue forniture, anche in ragione della precaria situazione politica. Viceversa, gli Usa stanno palesemente certando di compattare l’asse ispano-pacifico del continente meridionale, lungo l’asse Messico-Cile per isolare il Brasile (ed eventualmente l’Argentina); il Venezuela è dalla parte dell’Atlantico, ma sarebbe una gran bella posizione da occupare per il controllo del Sud America. Dunque, è facile prevedere che gli Usa cercheranno di approfittare dell’attuale situazione per destabilizzare il regime chavista (motivo di più per comporre subito il conflitto in atto con la piazza, cercando una via di uscita politica).Si profilano, pertanto, mutamenti geopolitici di grande rilievo, ad esempio il ritorno ad una logica di blocchi tendenzialmente bipolare. Beninteso: la globalizzazione ci ha abituato a tendenze fortemente reversibili, per cui più di un disegno è abortito strada facendo (a cominciare da quello monopolare americano) ed è possibile che anche questa volta intervengano controtendenze che scombinino in tutto i in parte il gioco iniziato. Anche perché rivedere l’assetto energetico mondiale, rifare gasdotti nuovi ed abbandonarne di vecchi non sono cose che si fanno in pochi mesi, durante i quali di cose possono succederne. Ma è anche vero che questa situazione di forte reversibilità del quadro non può durare all’infinito e, prima o poi, in modo naturale o cruento, un qualche ordine stabile finirà con affermarsi. Sicuramente una parte di questa battaglia sarà combattuta in Italia e ne vedremo i segni molto presto, con la nuova governance dell’Eni e le conseguenti decisioni su South Stream, che ormai può saltare da un momento all’altro.(Aldo Giannuli, “Si sta profilando una frattura strategica nel campo dell’energia”, dal blog di Giannuli dell’11 aprile 2014).Negli ultimi mesi si sono prodotti una serie di avvenimenti che hanno investito pesantemente il mondo dell’energia: la crisi di Crimea, che sta profilando una crisi nella vendita di gas russo alla Ue, con conseguente arresto del progetto South Stream e parallela proposta americana di forniture sostitutive; la forte penetrazione dei cinesi nel mercato mediorientale, dove sono diventati i primi acquirenti del petrolio iracheno; la destabilizzazione sociale e finanziaria del Venezuela (terzo produttore mondiale); l’inasprimento della crisi libica, dove le forniture sono sempre più a rischio; la crescente tensione fra il Qatar (detentore di fortissime riserve di gas e petrolio) e l’Arabia Saudita, che non approva l’appoggio ai Fratelli Musulmani e le pretese egemoniche quatarine sul Golfo. Il tutto mentre prosegue la guerra civile siriana e l’embargo euro-americano contro l’Iran.
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Il coraggio al governo, o l’Italia sarà rottamata da Renzi
Don Andrea Gallo, Salvatore Borsellino, Carlo Rubbia, Roberto Scarpinato, Giulietto Chiesa. E magari anche Jeremy Rifkin e Pepe Mujica, «se l’Uruguay ce lo prestasse». E’ il fanta-profilo del “governo dei sogni” che Simone Santini disegna per “Megachip”, immaginando che sia Grillo a proporlo al Capo dello Stato. E Napolitano? «Credo che lo stiano ancora raccogliendo dal pavimento». Scherzi a parte: o Grillo rilancia, chiedendo un super-governo clamoroso, o dovrà subire l’assalto di partiti e media intenzionati a “smontare” il suo movimento, per insediare il tandem prossimo venturo, formato da Renzi e Montezemolo, ovvero la “Dc 2.0” incaricata di non cambiare niente e continuare ad obbedire agli ordini del super-potere. Dunque: meglio giocare il tutto per tutto, ora o mai più. Obiettivo: un’altra Europa, un’altra energia, un altro made in Italy. E lavoro per tutti, nel solo modo possibile: cioè con l’intervento diretto dello Stato.
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Solare, meno incentivi: Monti taglia la green economy
Energia solare scontata? No, grazie. In stagione di spending review, il governo Monti taglia del 30% i contributi per gli impianti fotovoltaici, con decurtazioni per gli operatori fino al 50%. In compenso, è accolta la richiesta delle Regioni: dovranno essere iscritti a un registro solo gli impianti più grandi, superiori ai 20 chilowatt, contro i 12 previsti inizialmente. Confermati anche i bonus per la sostituzione dei tetti di amianto con moduli fotovoltaici fino a 50 kW (oltre all’esenzione dall’obbligo di registro per le strutture di questo tipo) e per gli impianti costruiti con materiali ‘made in Ue’. Sono le nuove regole del Quinto Conto Energia per il fotovoltaico, che scatterà dal prossimo 27 agosto, dopo mesi di attese, polemiche e addirittura proteste pubbliche.
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Cantieri e veleni: svendere la salute, per trenta denari?
Sindaci pronti a dare l’ok a piccole e grandi opere “inutili”, in cambio di sbrigativi indennizzi e piccole compensazioni. E pazienza se a rimetterci sono il territorio e la salute dei cittadini. Questo il tono dell’ultima denuncia della sezione alessandrina di “Medicina Democratica”, già protagonista di un lungo braccio di ferro con il governo per impedire la “normalizzazione” del deposito Sogin di Bosco Marengo, contenente combustibile radioattivo. La nuova offensiva degli ambientalisti coordinati da Lino Balza riguarda ora le amministrazioni comunali dell’area, “colpevoli” di non opporre alcuna resistenza all’assedio che “Medicina Democratica” segnala: alta velocità, cantieri inutili, inquinamento e disastri vecchi e nuovi.
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Le Nazioni Unite: stop alla crescita, non è più sostenibile
Boom demografico e crescita esplosiva dei consumi nei paesi di nuova industrializzazione: le risorse del pianeta si stanno esaurendo rapidamente. La media annuale è oggi di 10 tonnellate pro capite, il doppio delle risorse consumate nel ‘900. Avanti di questo passo, avverte l’Onu, nel 2050 l’umanità si troverà ad utilizzare annualmente 140 miliardi di tonnellate di minerali, combustibili fossili e biomasse: il triplo della quantità consumata attualmente. Da qui l’importanza del “fare di più con meno”, ottimizzando la “resa” delle risorse grazie al “decoupling”, disaccoppiando cioè l’intensità di energia e materie prime per unità di Pil e riducendo così l’input di materie prime ed energia per produrre beni e servizi. Una cosa è certa: l’attuale crescita non è più sostenibile, bisogna tornare almeno ai livelli del 2000.
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Ecomafie, non Green Economy: il Salento in rivolta
«Aiuto, il Salento sta morendo». Di cemento? Sì, ma non quello dei soliti palazzi. Il nuovo nemico ha un nome suggestivo e ingannevole: green economy. Che per il “Forum ambiente e salute”, network di comitati e associazioni per la difesa del territorio, in Puglia fa rima con devastazione, malversazioni spregiudicate e persino infiltrazioni mafiose per il facile riciclaggio di denaro sporco. «La green economy industriale sta devastando il nostro futuro». Paradosso? Forse, se l’avvenire che gli ambientalisti temono è fatto di «morte distese di ciminiere, mega pale eoliche e deserti di pannelli fotovoltaici, di cemento, di asfalto, di cave e discariche persino nucleari», là dove crescono gli uliveti più belli d’Italia, davanti a una costa tra le più affascinanti del Mediterraneo.
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Vi racconto il paradiso, dove il sole non tramonta
Inizia per caso questo racconto finlandese, meglio dire un resoconto di emozioni vissute in un quarto di secolo, dal 1984 fino a oggi, estate del 2009. Inizia per caso perché ho imparato una frase, la prima frase in lingua Suomi, un idioma per me impossibile: “Aurinko ei laske”; in italiano si traduce “Il sole non tramonta”. Ma vuol dire qualcosa di più di una considerazione geografica, astronomica, fisica. Per me vuol dire: ecco, sono di fronte alla luce, all’iperbole del colore, alla limpidezza di albe e tramonti che sembra ci siano ma in realtà non ci sono per giorni, per settimane.