Archivio del Tag ‘Bielorussia’
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Spread, Isis, Covid: se la guerra russa mette fine alla farsa
«Candidate Putin al Nobel per la Medicina: in sole 48 ore ha debellato il Covid, facendolo sparire dalla faccia della Terra». Così recita un “meme” che sta circolando sul web, mentre la popolazione di Kiev assiste con angoscia alla guerra improvvisamente riesplosa nelle strade dopo la finta rivoluzione del 2014. Allora, i cecchini sparavano sulla folla inerme, perché venisse incolpato il morente governo filo-russo di Viktor Yanukovic, detronizzato dalle truppe “colorate” di Obama e Soros. In campo c’erano anche le milizie (con tanto di bandiera nazista) che in quei giorni bruciarono vivi i sindacalisti di Odessa, asserragliati nel loro palazzo e intenzionati a resistere a un golpe bianco che si stava drammaticamente tingendo di rosso. Riecco dunque la guerra classica, a rubare purtroppo la scena: il vecchio spettacolo orrendo (bombe, missili, cannonate) rispunta dopo due anni di guerra subdola, asimmetrica e mediatica, combattuta contro la popolazione mondiale – in particolare quella occidentale – in nome di una presunta emergenza sanitaria, con l’obiettivo di cambiare i connotati dell’umanità.Oggi, gli analisi più onesti si sforzano di leggere gli eventi in termini tradizionalmente geopolitici riconoscendo le ragioni del risentimento russo, dopo il tradimento – da parte degli Usa – risalente ai tempi dei Bush: non era affatto previsto (anzi: era solennemente vitetato) che la Nato venisse estesa ai Paesi Baltici, alla Polonia, a Romania e Bulgaria. Figurarsi poi all’Ucraina. Negli ultimi decenni, la Russia è stata costantemente accerchiata e attaccata: in Cecenia e nel Daghestan, in Georgia, in Siria. La minaccia – spesso affidata anche a manovalanza terroristica – ha scosso l’Armenia, si è introdotta in Kazakhstan; la stessa mano ha tentato di abbattere il regime bielorusso di Lukashenko, satellite di Mosca, fiero avversario della narrazione “pandemica”. Anni fa, in previsione delle Olimpiadi Invernali di Sochi, Vladimir Putin rivolse all’Occidente uno storico appello: mettere da parte il passato e provare a diventare veri amici, in una prospettiva di collaborazione senza precedenti. Obama rispose con il gelo, poi con il “regime change” a Kiev, mentre i tagliagole dello Stato Islamico terrorizzavano la popolazione siriana.Il blocco atlantico ha le carte in regola, per dettare le sue condizioni: dopo aver raso al suolo l’Iraq e l’Afghanistan, facendo volare lo jihaidsmo, gli “esportatori di democrazia” hanno distrutto un altro paese, la Libia, e assassinato l’ennesimo leader locale in grado di arginare i Fratelli Musulmani. Qualcosa del genere accadde anche in Egitto con la caduta del despota Mubarak, dopo il discorso incendiario di Obama. Ed era solo l’antipasto per arrivare all’altro bersaglio grosso: la Siria di Bashar Assad, figlio di Hafez Assad, un tempo alleato di Saddam Hussein e Muhammar Gheddafi. Una cancrena inarrestabile, quella del terrorismo pilotato, che invece è stata poi arginata proprio dalla Russia. E’ lo stesso potere che – anche attraverso la Bielorussia – si è opposto alla dominazione Covid, denunciandone il carattere golpista e corruttivo. Lo stesso Putin si è distinto anche nello smascherare la distorsione politica messa in piedi, sempre sulla base di menzogne, per trasformare la crisi ecologica del pianeta in un progetto autoritario, se non totalitario, cavalcato dalle élite finanziarie dell’Occidente.Probabilmente mai, negli ultimi cent’anni, si era scesi così in basso: l’impero marittimo euro-atlantico, mercantilista e bellicista dietro il paravento della democrazia e della libertà (in casa propria), dopo le atomiche sui civili di Hiroshima e Nagasaki deve ancora scontare l’infame, sanguinosa menzogna dell’11 Settembre, e oggi parla attraverso l’ometto finito alla Casa Bianca nel 2020 in mezzo al colossale imbroglio del voto postale e dei software di Dominion. E’ esattamente il potere che ha trasformato la Cina nel paese-mostro della tessera a punti che misura la buona condotta del suddito, il potere che – d’intesa coi cinesi – ha trasformato un ipotetico virus (mai isolato biologicamente) in una micidiale arma di distruzione di massa: distruzione sociale, politica, economica, psicologica. E’ il potere che ieri usava lo spread e oggi il Tso, i lockdown, i coprifuoco, il Green Pass. Il potere che finge di idolatrare Greta, per imporre la sua legge possibilmente con le buone, ma – nel caso, come si è visto – anche con le cattive. Ora, in modo drammatico, le cannonate russe sembrano interropere questa farsa mondiale, fondata sull’ipnosi. Nessuno azzarda previsioni precise, sugli eventuali sviluppi dell’improvviso cambio di copione. La sensazione, però, è che un’intera epoca stia letteralmente per crollare, in modo pericoloso e inevitabilmente rovinoso.(Giorgio Cattaneo, 26 febbraio 2022).«Candidate Putin al Nobel per la Medicina: in sole 48 ore ha debellato il Covid, facendolo sparire dalla faccia della Terra». Così recita un “meme” che sta circolando sul web, mentre la popolazione di Kiev assiste con angoscia alla guerra improvvisamente riesplosa nelle strade dopo la finta rivoluzione del 2014. Allora, i cecchini sparavano sulla folla inerme, perché venisse incolpato il morente governo filo-russo di Viktor Yanukovic, detronizzato dalle truppe “colorate” di Obama e Soros. In campo c’erano anche le milizie (con tanto di bandiera nazista) che in quei giorni bruciarono vivi i sindacalisti di Odessa, asserragliati nel loro palazzo e intenzionati a resistere a un golpe bianco che si stava drammaticamente tingendo di rosso. Riecco dunque la guerra classica, a rubare purtroppo la scena: il vecchio spettacolo orrendo (bombe, missili, cannonate) rispunta dopo due anni di guerra subdola, asimmetrica e mediatica, combattuta contro la popolazione mondiale – in particolare quella occidentale – in nome di una presunta emergenza sanitaria, con l’obiettivo di cambiare i connotati dell’umanità.
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Guerra all’infame tiranno Lukashenko, pirata anti-Covid
Alexandr Lukashenko ha tutto, per recitare la parte del cattivo in un filmaccio di Hollywood: al potere ininterrottamente dal 1994, dopo un quarto di secolo ha lanciato il figlio Viktor verso la successione irritando metà dei bielorussi, poco entusiasti della dinastia “sovietica” di un paese che non ha rinunciato a continuare a chiamare Kgb il suo servizio di intelligence. Stavolta pare averla fatta grossa: arrivare a dirottare un volo civile (con 6 agenti segreti a bordo, e un Mig nei cieli per “convincere” il Boeing a fare scalo a Minsk, al solo scopo di arrestare un passeggero, noto oppositore) non ha precedenti, nella storia. Per la precisione, è l’ennesimo incidente senza precedenti, in questi mesi folli, in cui succede – ogni giorno – quello che fino a ieri sarebbe stato impensabile, nel “mondo libero”. Si va dall’imposizione del distanziamento interpersonale a quella del coprifuoco, fino alla libertà vigilata e condizionata dall’inoculo vaccinale a base di farmaci genici ancora sperimentali: sostanze autorizzate solo dopo aver negato l’esistenza delle cure ordinarie, e spacciate come unico possibile rimedio di fronte a una patologia presentata come quasi incurabile, dalla quale invece si guarisce spesso da casa, in pochi giorni, mediante l’assunzione di antinfiammatori e altri farmaci di uso comune.Proprio contro la frode politica mondiale costruita attorno al Covid, il presidente-autocrate bielorusso (vero nome, Aljaksandr Lukašėnka) sparò una denuncia a reti unificate nella primavera 2020, rilanciata in Italia dallo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale: prima l’Oms e poi il Fmi avrebbero offerto alla Bielorussia fino a 900 milioni di dollari per “fare il lockdown, come in Italia”, così da sottoporre all’ipnosi pandemica anche l’Est Europa, che gli Usa contendono alla Russia spostando sempre più in là la sfera d’influenza della Nato, in violazione degli accordi stipulati ai tempi di Gorbaciov come contropartita per la fine della guerra fredda. Immediata la reazione euro-atlantica alla denuncia anti-Covid del “dittatore” Lukashenko: l’Occidente si è accorto di colpo dell’esistenza della Bielorussia, storica alleata di Mosca, e ha sostenuto improvvisamente le opposizioni, che hanno definito “truccate” le elezioni dell’estate 2020, in cui Lukashenko (tanto per cambiare) ha incoronato se stesso per la sesta volta consecutiva. A seguire: “rivoluzione colorata” a cronometro, secondo il modello ucraino, in questo caso con gli oppositori messi in fuga dal governo di Minsk supportato da Putin, a sua volta “assediato” dall’amministrazione Biden dopo essersi fieramente opposto, anch’esso, alle misure dittatoriali anti-Covid.Il seguito è rocambolesco: il giovane Roman Patrosevich, che viaggiava su un volo Atene-Vilnius della Ryanair, è stato arrestato a Misnk dopo l’atterraggio forzato dell’aereo, che era diretto in Lituania. Lukashenko ha così messo le mani sull’oppositore, che attraverso il canale “Telegram Nexta” aveva denunciato i brogli con cui il regime avrebbe manipolato le elezioni dell’estate 2020 (poco prima che ben altri denunciati brogli, quelli statuntitensi, sfrattassero Donald Trump dalla Casa Bianca). Nel frattempo, in Europa orientale la situazione è precipitata: la Russia ha schierato oltre 10.000 soldati alla frontiera con l’Ucraina per difendere il Donbass preso a cannonate dal governo di Kiev sostenuto da Biden. E gli 007 di Mosca nelle scorse settimane hanno dichiarato di aver sventato un complotto golpista che a Minsk prevedeva addirittura l’eliminazione fisica di Lukashenko, il cui “nervosismo” può forse essere così spiegabile. Nulla che traspaia, naturalmente, dalla grancassa del mainstrem, che – come ieri per il concerto-Covid – ora si è gettato con un sol uomo (Ue in testa) per condannare e sanzionare il perfido tiranno di Misk, che osa compiere atti di pirateria aerea dirottando un volo civile, tra lo sconcerto dei passeggeri, dopo aver inventato un inesistente allarme-bomba a bordo del velivolo.L’uomo di Minsk – con il suo plumbeo look da ex ufficiale sovietico – fornisce il più perfetto degli assist, a un regime occidentale che ha sospeso la democrazia e truccato le carte persino nel “paese della libertà”, dove nell’autunno 2020 i media erano arrivati a togliere la parola persino al presidente in carica. E’ il paese delle “extraordinary rendition” dell’era Bush, gli arresti illegali con destinazione Guantanamo, il lager medievale attrezzato per le peggiori torture contro detenuti trattati come oggetti, senza diritti. E’ il sistema che in Russia inventa un oppositore di cartone come Alexej Navalnij, ma continua a tenere in carcere un eroe dell’informazione come Julian Assange, colpevole di aver mostrato al mondo l’infamia degli invasori americani in Iraq. Poteri-ombra, come quelli che hanno “aiutato” l’Isis a devastare la Siria, ora pretendono di mostrarsi ultra-trasparenti nel condannare l’imperdonabile Lukashenko, il nuovo “grande Satana” da detestare, proprio mentre i liberi cittadini del libero Occidente controllano, sul giornale, a che ora della sera potranno rincasare, per gentile concessione di governi che tengono ancora in piedi la favola nera del Covid, venduta al popolo bue come verità di fede dalla quale è severamente proibito allontanarsi.Nella democratica Germania di Angela Merkel, oggi la polizia può penetrare nelle abitazioni senza nemmeno un mandato giudiziario, solo per controllare che nessuno osi infrangere la religione del Covid. La differenza con la Bielorussia (dove basta contestare il sovrano per finire in galera, anche se si viaggia su un volo di linea) si va pericolosamente assottigliando, in un pianeta dove è evidentemente in corso una guerra mondiale che oppone golpisti e resistenza, mobilitando le massime élite in una partita necessariamente opaca, a doppio fondo, lontanissima dai riflettori. Una delle carte sul tavolo è proprio il sogno del “regime change” in Russia, dove c’è chi non perdona a Putin di aver sbaragliato l’Isis in Siria, mettendo fine alla trama del terrore che ha preceduto l’ultima versione del terrorismo, quello sanitario. E’ palese che la Bielorussia dell’impresentabile Lukashenko non è che il possibile antipasto del boccone grosso, sempre che i manovratori non ritengano la Russia il miglior baluardo possibile, in fondo, per arginare l’esuberanza inquietante della Cina. Intanto, l’autocrate di Minsk ha regalato uno splendido diversivo, ai “dittatori” del Covid impegnati nel loro convulso, contraddittorio Grande Reset, che procede a singhiozzo in mezzo a tamponi, mascherine e vaccini, nel paradiso artificiale nelle fake news televisive.(Giorgio Cattaneo, 25 maggio 2021).Alexandr Lukashenko ha tutto, per recitare la parte del cattivo in un filmaccio di Hollywood: al potere ininterrottamente dal 1994, dopo un quarto di secolo ha lanciato il figlio Viktor verso la successione irritando metà dei bielorussi, poco entusiasti della dinastia “sovietica” di un paese che non ha rinunciato a continuare a chiamare Kgb il suo servizio di intelligence. Stavolta pare averla fatta grossa: arrivare a dirottare un volo civile (con 6 agenti segreti a bordo, e un Mig nei cieli per “convincere” il Boeing a fare scalo a Minsk, al solo scopo di arrestare un passeggero, noto oppositore) non ha precedenti, nella storia. Per la precisione, è l’ennesimo incidente senza precedenti, in questi mesi folli, in cui succede – ogni giorno – quello che fino a ieri sarebbe stato impensabile, nel “mondo libero”. Si va dall’imposizione del distanziamento interpersonale a quella del coprifuoco, fino alla libertà vigilata e condizionata dall’inoculo vaccinale a base di farmaci genici ancora sperimentali: sostanze autorizzate solo dopo aver negato l’esistenza delle cure ordinarie, e spacciate come unico possibile rimedio di fronte a una patologia presentata come quasi incurabile, dalla quale invece si guarisce spesso da casa, in pochi giorni, mediante l’assunzione di antinfiammatori e altri farmaci di uso comune.
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Bizzi: bomba a Gerusalemme, per incendiare il mondo
«Spero siano notizie infondate, ma negli ambienti di intelligence circola la voce di un possibile, enorme attentato terroristico – magari con l’impiego di mini-atomiche – che sarebbe in preparazione a Gerusalemme, progettato dai “soliti noti” per far ricadere la colpa sull’Iran e quindi poi coinvolgere nella tensione anche Russia e Cina». A lanciare l’allarme è Nicola Bizzi, storico nonché editore di Aurora Boreale. Bizzi è co-autore e curatore (con Matt Martini) del bestseller “Operazione Corona”, che svela imbarazzanti retroscena sugli eventi degli ultimi mesi: l’emergenza pandemica sarebbe una sofisticata “invenzione” del vertice finanziario mondiale, nel 2019 terrorizzato dalla storica crisi dei Repo, le compensazioni interbancarie delle banche centrali. In altre parole: non potendo sdoganare l’idea keynesiana dell’emissione monetaria illimitata, dopo decenni di austerity neoliberista fondata sul dogma (farlocco) della “scarsità di moneta”, di fronte alla carenza di liquidità per garantire il credito non restava che il “piano-B”, cioè il collasso pilotato dell’economia, con i lockdown, per azzerare di colpo la domanda di prestiti.Massone, esponente della comunità “eleusina” e in contatto con ambienti dell’intelligence, Nicola Bizzi ha spesso firmato annunci poi regolarmente confermati dai fatti. «Da almeno un mese – disse, a marzo – mi hanno spiegato che il 12 aprile inizierà una sorta di de-escalation, riguardo all’emergenza Covid, in virtù di un accordo riservatissimo che sarebbe stato raggiunto a fine 2020: una volta risolta la crisi finanziaria dei Repo, di cui l’opinione pubblica è rimasta all’oscuro, la fazione ostile alle restrizioni-Covid avrebbe indicato una sorta di road-map: se entro il 12 aprile 2021 avesse cominciato a “sgonfiarsi” il terrorismo mediatico costruito sulla cosiddetta pandemia, gli artefici del fenomeno-Covid avrebbero evitato di rendere conto dei loro misfatti». Secondo Bizzi, è esattamente quello che sta avvenendo: proprio il 12 aprile sono uscite dallo stato d’emergenza sia la Gran Bretagna che la Repubblica Ceca, mentre Spagna e Portogallo hanno accelerato le riaperute. «Qualcosa del genere è avvenuto per Olanda e Belgio, dove i governi tentano però di resistere alle riaperture».Succede anche in Francia, dove – segnala Matt Martini – nei giorni scorsi il Parlamento si è pronunciato contro l’adozione del “pass vaccinale”, salvo poi rimangiarsi la parola in serata (grazie a pressioni esercitate su singoli parlamentari?). «Non mi stupisce», dice Bizzi: «I poteri che si sono “inventati” il Covid non possono fare retromacia di colpo, dicendo alla popolazione: abbiamo scherzato». Lo stesso Bizzi, nella tarda primavera 2020, fu il primo a sottolineare – riscuotendo notevoli riscontri, in tutta Europa – la clamorosa denuncia del presidente bielorusso Alexandr Lukashenko, secondo cui prima l’Oms e poi il Fmi avrebbero offerto cifre stellari, fino a 900 milioni di dollari, per indurre la Bielorussia ad attuare il lockdown «come in Italia». E’ noto che Minsk – che non ha attuato alcuna misura d’emergenza, contro il Covid – è una sorta di avamposto di Mosca, sul fronte geopolitico occidentale. Contro Lukashenko era stata messa in atto l’ennesima “rivoluzione colorata”, poi abortita. Fallita la rivolta “democratica”, l’autocrate di Minsk – ostile al “partito del Covid” – ha rischiato di essere ucciso, in un attentato sventato dagli 007 russi.«Il colpo di Stato contro Lukashenko in Bielorussia, sventato dai servizi segreti di Putin – dice Bizzi – doveva servire come premessa per militarizzare l’Ucraina, da parte della Nato, che avrebbe poi agito direttamente contro i russi». Ora il tentativo di riaccendere la guerra ripartirebbe da Gerusalemme, per mezzo del terrorismo “false flag”? «Speriamo proprio di no, mi auguro che siano soltanto illazioni», dice l’editore di Aurola Boreale, secondo cui però non è il caso di abbassare la guardia. «C’è chi teme che in Iran, dove si voterà presto e dove l’ayatollah Khamanei si starebbe spegnendo a causa di una lunga malattia, potrebbe emergere una giovane leadership “antiglobalista”: un’ipotesi che fa paura, al punto da progettare attentati per congelare questo processo attraverso un conflitto di portata mondiale?». Quello contro la Russia è stato appena disinnescato. Però, il solo fatto di parlare di eventuali attentati, stavolta in Israele – insiste Bizzi – a volte può servire ad allontanare possibili pericoli.«Spero siano notizie infondate, ma negli ambienti di intelligence circola la voce di un possibile, enorme attentato terroristico – magari con l’impiego di mini-atomiche – che sarebbe in preparazione a Gerusalemme, progettato dai “soliti noti” per far ricadere la colpa sull’Iran e quindi poi coinvolgere nella tensione anche Russia e Cina». A lanciare l’allarme è Nicola Bizzi, storico nonché editore di Aurora Boreale. Bizzi è co-autore e curatore (con Matt Martini) del bestseller “Operazione Corona”, che svela imbarazzanti retroscena sugli eventi degli ultimi mesi: l’emergenza pandemica sarebbe una sofisticata “invenzione” del vertice finanziario mondiale, nel 2019 terrorizzato dalla storica crisi dei Repo, le compensazioni interbancarie delle banche centrali. In altre parole: non potendo sdoganare l’idea keynesiana dell’emissione monetaria illimitata, dopo decenni di austerity neoliberista fondata sul dogma (farlocco) della “scarsità di moneta”, di fronte alla carenza di liquidità per garantire il credito non restava che il “piano-B”, cioè il collasso pilotato dell’economia, con i lockdown, per azzerare di colpo la domanda di prestiti.
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Operazione Corona: i golpisti vorrebbero farla franca
Un colpo di Stato mondiale, progettato contro una vittima in particolare: la nostra società occidentale. Doveva scattare nel 2022, ma la crisi bancaria dei Repo ne ha accelerato i tempi. Ora il golpe è fallito, ma ha lasciato macerie: ha disastrato la democrazia e rottamato l’economia, proprio come volevano i golpisti, ingigantendo la paura e trasformando i cittadini in docilissime pecore, private delle libertà più elementari in nome di un pericolo virtuale, manipolato da cima a fondo. Ormai è cominciata una grande retromarcia, segretamente pattuita, ma a caro prezzo: non si può smontare da un giorno all’altro un “giocattolo” come quello, che ha distribuito miliardi e sta ancora arricchendo intere filiere di beneficiari, migliaia di persone. E il fardello più inquietante è quello rappresentato dai vaccini “genici” in circolazione: aleggia il vecchio incubo del depopolamento, predicato da una certa élite. Una cosa è certa: l’establishment del lockdown spera di passarla liscia, evitando una nuova Norimberga che metta in chiaro i crimini commessi. E il governo Draghi servirebbe proprio a questo: a far uscire l’Italia dall’emergenza, incanalandola però nei binari del Grande Reset in corso. E soprattutto: assolvendo la politica che ha eseguito gli ordini golpisti.In altre parole, anche il finale dovrà avere il sapore della farsa: avremo “sconfitto il virus” – si dirà – grazie ai sacrifici imposti con i lockdown, e poi soprattutto grazie alla vaccinazione di massa (imposta col ricatto, nonostante la Costituzione vieti di disporre Tso sulla base di farmaci ancora sperimentali). Tra tante voci eretiche, quella di Nicola Bizzi – storico e fondatore delle Edizioni Aurora Boreale – spicca per la precisione delle denunce solitarie, il tempismo delle previsioni e la lucidità delle analisi. Il saggio “Operazione Corona”, che oggi è il libro più censurato d’Italia, parla di un “colpo di Stato globale”: un golpe «finalizzato innanzitutto a un Grande Reset economico, finanziario e sociale, e in secondo luogo anche a una drastica riduzione delle libertà civili e democratiche, su scala planetaria». Secondo alcuni indizi doveva essere attuato solo nel 2022, ma a bruciare i tempi – nel settembre 2019 – sarebbe stata la crisi dei Repo, le compensazioni interbancarie tra banche centrali: non c’era più denaro per garantire i prestiti, e l’unica soluzione consisteva nell’arresto improvviso dell’economia, trovando un espediente adatto (il provvidenziale virus mediatico).Lo spiega l’economista Andrea Cecchi nei capitoli economici di “Operazione Corona”: la cosiddetta pandemia è stata una crisi pianificata, visto che il mondo si era trovato sull’orlo di un vero e proprio collasso economico, all’insaputa dell’opinione pubblica. «Certi “padroni del vapore” se la sono vista brutta: rischiavano che il loro giocattolo finanziario si inceppasse», dice Bizzi, in un recente video su YouTube. «Forum di Davos, Fmi e vari altri poteri sovranazionali hanno quindi dovuto anticipare questa operazione, architettando il presunto rilascio di un virus e creando una situazione senza precedenti». Quando mai s’è visto, nella storia delle epidemie, che si isolino le persone sane? «Logiche economiche: la vera funzione dei lockdown è stata quella di bloccare l’economia paralizzando la domanda, la richiesta di credito e la circolazione del denaro, così da demolire l’economia a tappe preordinate». Una vera e propria “demolizione controllata”, come quella delle Torri Gemelle. «Per fare tutto questo si sono serviti della Cina, che ha avuto il suo tornaconto (è stato l’unico paese col Pil in crescita, nel 2020) ma in realtà non è la principale colpevole».Facile, usare la Cina: «Serviva un paese totalitario, per inaugurare la logica del lockdown: e solo la Cina poteva farlo, perché il regime cinese esercita un controllo mostruoso sulla popolazione». All’inizio, dice Bizzi, si era pensato al Brasile: ipotesi subito scartata, però, per l’opposizione del presidente Bolsonaro e per la stessa indole della popolazione brasiliana, assai meno docile di quella cinese. Ma attenzione: la Cina ha chiuso completamente solo l’Hubei, la regione di Wuhan, senza fermare il resto del paese. Certo, ha collaborato perfettamente alla farsa del terrorismo psicologico: «In televisione ha mostrato persone che cadevano come morte, per strada, o in preda a convulsioni. E ancora: migliaia di persone ammassate su letti da campo allestiti in palazzetti dello sport, tutti con convulsioni simultanee: cose che poi non abbiamo mai visto, in Occidente – neanche in Italia, paese che è stato il vero epicentro di tutta questa macchinazione. Quelli cinesi erano chiaramente personaggi che recitavano un copione del terrore molto ben studiato, attraverso una Oms completamente controllata da Pechino».Chi ha buona memoria, aggiunge Bizzi, ricorderà uno spettacolo molto simile: quello della cerimonia di inaugurazione delle Olimpiadi di Londra nel 2012. «Incredibilmente, tutto quello che poi è successo oggi era stato raffigurato, in maniera coreografica (incluso Boris Johnson, su un letto d’ospedale) in quell’inquietante rappresentazione». Finalmente, nel 2020 lo schema è stato applicato: al mondo è stata imposta «questa idea folle e criminale di lockdown, termine che in inglese significa “carcere duro”». Colpo di Stato globale, pianificato nei minimi dettagli. «E i governi, specie quelli occidentali, hanno applicato alla lettera un “pacchetto” preconfezionato, imposto a esecutivi che sapevano molto bene, con largo anticipo, cosa sarebbe accaduto». Già nel giugno scorso, Bizzi era stato il primo a portare allo scoperto il caso della Bielorussia, passato sotto silenzio. «La Bielorussia è l’unico paese europeo a essersi rifiutato di applicare qualunque misura di contenimento: non ha attuato lockdown né chiusure, e non ha mai minimamente toccato le libertà dei cittadini. E chiaramente è stata demonizzata».In una seduta del governo, il presidente Lukashenko – ricordando ai suoi ministri di aver appena respinto una lauta proposta dell’Oms (92 milioni di dollari) per fare un lockdown “come in Italia”, ha spiegato che l’offerta era stata decuplicata dal Fmi: 900 milioni, per introdurre restrizioni “all’italiana”. «Prove alla mano – aggiunge Bizzi – ho poi dimostrato che i vertici italiani (i servizi segreti, il governo e le più alte cariche dello Stato) erano stati informati già dal mese di agosto del 2019 che sarebbe stato necessario applicare un lockdown, nel nostro paese». Sei mesi di anticipo, quindi, sulla cronologia ufficiale degli eventi? Bizzi invita a osservare certi dettagli: «Sono state potenziate in modo incredibile le forze dell’ordine, incluse le polizie municipali: aumenti di organico, mezzi, camionette, aerei, elicotteri, droni, attrezzature elettroniche. Un’operazione del genere non la fai in due settimane, servono mesi di preparazione». Ovvia deduzione: era tutto preordinario, dall’autunno 2019. E anche il nostro governo, come gli altri dell’Europa occidentale, «ha ricevuto finanziamenti a pioggia, presumibilmente da parte di organizzazioni come il Fmi, per poter garantire la tenuta di un futuro lockdown».Di questo, si sono preoccupati: di come attuare il “carcere duro”. «E non certo di potenziare la sanità e gli ospedali, o di assicurare una prevenzione sanitaria (che nel caso di una pandemia sarebbe dovuta essere la cosa più logica)». Nicola Bizzi li definisce «branco di assassini». Scandisce: «A questi signori non è mai importato niente, della salute degli italiani». Aggiunge: «Non sappiamo cosa si sia effettivamente scatenato. Ma sappiamo che questo virus, o presunto tale – come ha ben documentato Matteo Martini, in “Operazione Corona” – non è stato mai isolato». Seriamente? «Certo: e questo sta venendo fuori, perché il governo giapponese ha fatto un’interrogazione internazionale: ha dimostrato che il virus non è stato mai isolato. Soprattutto, il Giappone ha sfidato tutti i governi (soprattutto quelli dell’Occidente) a dimostrarne l’isolamento: e nessuno ha risposto». Sostanzialmente, quindi, «non c’è nessuna prova che il virus sia mai stato isolato: hanno solo fatto infiniti “sequenziamenti”, la cui utilità è tutta da spiegare. E in compenso, hanno attuato la frode della Pcr: dico frode, perché sappiamo che quello dei tamponi non è un metodo diagnostico riconosciuto. Un’operazione, peraltro, dal costo esorbitante: in un anno, per i tamponi, in Italia abbiamo speso un ammontare equivalente a 10 leggi finanziarie».Per Bizzi, però, il cuore della questione-lockdown non è il business degli approfittatori. A monte, si tratta di una decisione imposta dal super-potere mondiale che controlla le banche centrali. E a valle, una mera questione di ordini da eseguire. «A differenza di alcuni paesi del Nord Europa e dell’Est Europa, che hanno dimostrato molta più autonomia e libertà, i governi dell’Europa occidentale (Italia e Germania, Francia, Spagna) sono totalmente eterodiretti. Non hanno autonomia decisionale: tutte le decisioni importanti non vengono prese nelle sedi istituzionali (governo, Parlamento) ma nell’alveo di organizzazioni sovranazionali». Quali? «Spesso si parla del Bilderberg e della Trilaterale, ma anche queste sono organizzazioni di potere intermedie, che hanno il compito di ratificare, imponendole ai governi, decisioni che sono prese ancora più in alto». Ecco perché Bizzi ricorre a termini impegnativi: «Questo è un piano diabolico, lasciatemelo dire: mira alla distruzione completa dei diritti democratici dei cittadini e del modello stesso di democrazia occidentale».Sono stati abili, i golpisti: hanno operato con la programmazione neurolinguistica, e tutte le mosse dei governi sono state calcolate. «Dalla durata stessa dei lockdown fino ai messaggi lanciati dai media, è stata tutta un’operazione calcolata a tavolino in modo che attecchisse sulle masse, proprio secondo le tecniche della Pnl». Gli architetti della crisi che ha travolto il pianeta hanno unito molteplici interessi: «Per esempio quelli del Forum di Davos, per avviare questa “quarta rivoluzione industriale” fondata sul mito di una falsa “green economy” che in realtà vuole portare al transumanesimo, all’abolizione del contante, alla distruzione dei più basilari diritti degli esseri umani». Come reagire, dunque? «Il dovere principale di chi ha un minimo di raziocinio, e quindi ormai ha capito con che cosa abbiamo a che fare, è quello di resistere con ogni mezzo, cercando di fare corretta informazione: non dobbiamo permettere che questo piano vada avanti, dobbiamo gettare più sabbia possibile nei suoi ingranaggi». Non è facile: gli italiani – dice Bizzi – ci sono cascati: hanno creduto alla storia che è stata loro raccontata.«I nostri connazionali hanno dimostrato una grande incoscienza, e hanno accettato con estrema leggerezza le misure liberticide varate dai governi Conte e Draghi. L’illusione – portata anche dalla televisione – che i governi stessero togliendo la libertà ai cittadini per ragioni sanitarie, emergenziali, ha davvero attecchito, e ha fatto sì che molte persone si adeguassero». Questo, fatalmente, acquisce il senso di isolamento di chi, come Bizzi, alla versione ufficiale non ha mai creduto. «Io sapevo da tempo dove si sarebbe andati a parare, e quando sono arrivate le prime notizie dalla Cina mi sono detto: ecco, ci siamo. Per un mese intero, a febbraio 2020, nessuno ha spiegato che il governo Conte aveva introdotto lo stato d’emergenza già il 31 gennaio: volevano il maggior numero possibile di morti, volevano scatenare il panico e alimentare il terrore». Unica presenza anomala, nell’Italia di quei primi mesi: la Russia. «Non scordiamoci la missione della brigata di militari russi accorsi in Lombardia, specializzati in guerra batteriologica: per la prima volta nella storia, mezzi militari della Russia in un paese Nato. Erano venuti per capire come mai il problema fosse partito proprio dall’Italia».Una missione rimasta in sordina, quella dei russi. «Hanno trovato molte cose, anche se poi le evidenze sono state secretate. Pare sia stato qualcosa di batteriologico, a esser stato rilasciato sul nostro territorio. Non ne ho le prove: se questo fosse vero, però, farebbe emergere complicità criminali inaudite». Ora, però, siamo di fronte a svolte impreviste: ci stiamo forse avvicinando a un capovolgimento della situazione. «Ho ragione di essere ottimista», perché gli esecutori nazionali del piano «hanno semplicemente aggirato la Costituzione, che non è mai stata né sospesa né archiviata, né modificata: gli articoli della Costituzione sono perfettamente in vigore, così come le leggi antiterrorismo – che fra l’altro vietano di circolare a volto coperto (è reato penale)». Inutile spaventarsi: «Non hanno valore le multe comminate da certi emuli della Gestapo, che magari indossano l’uniforme della polizia municipale e sembrano in preda a un delirio di onnipotenza».Bizzi ricorda le scene a cui abbiamo assistito, nel 2020: persino donne anziane malmenate, gettate a terra solo perché non indossavano la mascherina. «Alcuni sindaci erano arrivati a imporre nei supermercati una spesa minima di 50 euro, con vecchi in coda che magari non avevano 10 euro in tasca. Cosa hanno subito, queste persone, grazie a certi amministratori locali? Qui nessuno è esente da colpe». Per Bizzi la verità sta venendo a galla molto in fretta: «E non dobbiamo permettere che certi personaggi la passino liscia. Tutti – dalle più alte cariche dello Stato, fino ai più piccoli amministratori locali – sono stati complici di questo grande inganno, di questa colossale macchinazione, che ha portato a un’indebita, incostituzionale repressione delle libertà. Misure come il coprifuoco: vogliamo scherzare? Neanche nel ‘44 venivano applicate in questo modo». Ma attenzione: «Non bisogna avere timore delle uniformi: polizia e carabinieri hanno giurato, sulla Costituzione, e si trovano a gestire una situazione che non sopportano più».«Io sono in contatto con sindacati delle forze dell’ordine, che da mesi esprimono tutto il loro dissenso: si stanno rifiutando di sanzionare i cittadini, stanno cominciando a ribellarsi anche loro», assicura Bizzi. In più, ci sono forti segnali di un capovolgimento internazionale della situazione: questo ci fa ben sperare. Essendo stata risolta la crisi dei Repo già nell’autunno 2020, «è venuto meno il motore economico di questo colpo di Stato globale: non c’è più una ragione economica per disporre nuovi lockdown allo scopo di fermare l’economia, che infatti si sta riprendendo». Bizzi segnala che è in corso di attuazione anche il Quantum Financial System, che scardinerà completamente gli attuali parametri economici globali (sulla possibilità di emissione monetaria illimitata). Non siamo mai stati completamente soli: la Russia di Putin, quella che aveva inviato i suoi specialisti in Italia, si è smarcata per prima: dimostrando quanto fosse artificiosa, l’intera operazione-paura. «Mosca ha applicato un lockdown solo inziale e molto blando, poi due mesi fa ha rimosso le ultime restrizioni. E ha fatto una mossa molto intelligente: è la stata la prima a lanciare il suo vaccino».Lo Sputnik – dice Bizzi – non è un vaccino mRna: è solo una sorta di antinfluenzale rafforzato, in Russia proposto unicamente su base volontaria. «Da noi invece si tenta di imporre – con la persuiasione, il ricatto e la minaccia – una vaccinazione sperimentale mRna. Agghiacciante: milioni di italiani si sono messi in coda come tanti lemming, pronti a lanciarsi nel precipizio. Si stanno suicidando, e non se ne rendono conto: hanno subito un vero e proprio lavaggio del cervello». Ma anche la geografia mondiale del fronte-vaccini suggerisce he questa operazione stia finendo: «Due terzi dei governi mondiali si sono di fatto smarcati, rifiutando i vaccini mRna (Pfizer, Moderna). Non solo: inaugurando le terapie domiciliari, hanno abbattuto la narrazione dell’ospedalizzazione. Hanno dimostrato che è una montatura: semplicemente assumendo determinati farmaci si evita il ricovero. Una soluzione che in Italia viene ostacolata con ogni mezzo: Speranza è ricorso al Consiglio di Stato. Hanno il terrore che venga messa in crisi la narrazione delle terapie intensive intasate».Già a febbraio, a Bizzi era stato riferito che «sarebbe stato raggiunto un accordo, nell’ambito di una trattativa internazionale fra certe organizzazioni di potere». In pratica, ai golpisti del Covid avrebbero detto: «L’operazione è fallita, è stato raggiunto appena il 20% degli obiettivi prefissati. La verità sta venendo a galla, rischiate una nuova Norimberga. Quindi vi diamo una “timeline”: se dal 12 aprile iniziate una de-escalation per chiudere questa operazione con le buone, vi permettiamo di uscirne puliti». Vale a dire: se i governi si atterranno a questa direttiva, cominceranno a dire che i contagi stanno calando. E se ne vanteranno: «Abbiamo sconfitto il terribile virus grazie ai vostri sacrifici», sarà il refrain. «E cercheranno di uscirne a testa alta. Perché il loro obiettivo è proprio quello: scongiurare una nuova Norimberga. E quindi: evitare che vengano alla luce tutte le responsabilità, a ogni livello, dal Quirinale all’ultimo Comune. Facile attaccare Conte: è indifendibile, ha firmato i provvedimenti più spregevoli. Ma tutti si dimenticano che qualcuno, al di sopra di lui, certe cose le ha autorizzate».Questi signori, quindi, secondo Bizzi «puntano a salvaguardare il sistema», cioè «a impedire che per loro finisca molto male, dal punto di vista giuridico (anche penale)». Erano dunque programmate, le riaperture: graduali, per tenere in piedi la credibilità retroattiva della farsa. «Un mese dopo la segnalazione che avevo ricevuto – racconta sempre Bizzi – Boris Johnson ha annunciato che la Gran Bretagna avrebbe riaperto proprio il 12 aprile, in concomitanza con altre riaperture europee, come quella della Spagna (anche più dura dell’Italia, nella repressione). Ebbene: da un mese la Spagna ha riaperto locali, palestre e piscine, autorizzando anche concerti con migliaia di persone. Sono riaperture chiaramente pianificate: non è che possono dire, da un giorno all’altro, “abbiamo scherzato, vi abbiamo presi in giro”. Non possono riaprire tutto di colpo: perderebbero la faccia, e dovrebbero rinunciare improvvisamente a interessi economici che sono mostruosi». Un oceano di soldi: «Qualcuno è stato appena messo da parte, ma non c’è solo Arcuri: in tanti stanno ancora guadagnando, da questa operazione».Nicola Bizzi parla di «servigi da pagare a migliaia di persone, negli apparati statali: e questa cosa non la si può interrompere da un giorno all’altro». Aggiunge: «La mia impressione – confermata da alcune informative che ricevo – è che ci sia stato un motivo preciso dietro al licenziamento di Conte, con la necessità poi di mettere in piedi questo governo, che peraltro non mi piace per niente». Mario Draghi? «Come ben sappiamo, ha più scheletri nell’armadio di Nosferatu: conosciamo il suo passato e le sue malefatte». Per Bizzi il governo Draghi resta pericoloso: «Un esecitivo che conferma Speranza alla sanità e inserisce al proprio interno personaggi come Colao è tutt’altro che raccomandabile». Per contro, la sua funzione sarebbe quella di «portare l’Italia a una de-escalation, a una uscita graduale da questa operazione, a tappe pianificate (ma in modo da lasciare indenne la politica, facendola uscire a testa alta». Torneremo a respirare, dunque, ma i “collaborazionisti” la faranno franca. «E questo non è accettabile: dobbiamo esigere che ci vengano restituite le libertà che la Costituzione ci garantisce».Se l’Operazione Corona è scattata per motivi finanziari – dice ancira Bizzi – sicuramente è stata sfruttata dai pericolosi fanatici che coltivano apertamente precisi piani mondiali per il depopolamento. Ci sono personaggi come il francese Jacques Attali (mentore di Macron), o come lo stesso Bill Gates, che da trent’anni ci dicono in faccia che siamo in troppi, sulla Terra, e che occorre ridurre forzatamente (con le buone o con le cattive) la popolazione globale, che sta sfuggendo al loro controllo finanziario e politico. «Non è vero che siamo in troppi, per le risorse terrestri. E’ vero invece che le risorse sono mal distribuite: l’1-2% detiene il 90% della ricchezza, non vuole perderne il controllo e la vuole incrementare ulteriormente». Le lezione da trarre? I golpe esistono, ma non sempre vanno in porto come previsto. «Questa operazione era partita con “pacchetti precofenzionati” a cui tutti avrebbero dovuto adeguarsi, e invece molti paesi se ne sono smarcati fin da subito: l’Africa, per esempio, non ha aderito al piano. I paesi dell’Africa nera e del Nordafrica non volevano veder distrutta la loro economia, e soprattutto non volevano partecipare a un piano genocida: perché è qui il vero nodo della questione».Già negli anni ‘80, Jacques Attali scriveva: nel futuro prossimo – visto che non possiamo più ridurre la popolazione coi campi di concentramento e le esecuzioni sommarie – sarà necessario ridurla con altri sistemi: anche con certe terapie iniettabili, che la gente stessa sarà spinta a richiedere. «E infatti ci siamo arrivati», secondo Bizzi, che segnala un sito americano molto inquietante, “Deagel.com”, che si occupa di armamenti. Nel 2017 aveva presentato strane proiezioni statistiche demografiche, immaginando – Stato per Stato – la popolazione mondiale nel 2025. Il sito dichiarò di essersi basato su fonti di intelligence (senza citare quali) e su dati di organizzazioni internazionali (probabilmente la Fao, il Fmi, l’Oms). Un quadro allarmante, che vedeva tutto l’Occidente depopolato. Un’Italia ridotta a 40 milioni di abitanti, una altrettanto drastica riduzione prevista per Francia e Spagna, e una Germania con una popolazione destinata a crollare (da 80 a 28 milioni). Analoga previsione per gli Usa: appena 90 milioni di abitanti, contro gli attuali 320. Stessa sorte per il Canada, mentre il fenomeno non avrebbe investito gli altri paesi del mondo, sostanzialmente stabili.«So che le stime sono andate correggendosi, col tempo, ma la tendenza resta: a essere colpite – secondo “Deagel” – sarebbero solo l’Europa occidentale e il Nord America, più l’Australia e la Nuova Zelanda: cioè quei paesi che hanno adottato le misure più restrittive, applicando alla lettera i dettami di questo colpo di Stato globale, incluse le vaccinazioni forzose (i vaccini mRna)». C’è un nesso, tra queste previsioni e quello che sta realmente avvenendo o che avverrà? Nel 2017 qualcuno già “sapeva” che in Occidente sarebbe stata introdotta una vaccinazione mRna, e che questa – magari – sarebbe stata tale da produrre un simile depopolamento? «Diciamo c’è di che riflettere», dice Bizzi. «La mia opinione – sostiene – è che questa sia una “guerra” contro l’umanità occidentale, contro la nostra civiltà». Guardiamoci attorno: «I paesi africani, asiatici ed est-europei hanno respinto al mittente le richieste dell’Oms. Il vero fulcro di questa operazione sono L’Europa e il Nord America». E’ un fatto: «Stiamo vivendo un’epoca di censura, di medioevo orwelliano», conclude Bizzi. «Io non possiedo tutte le risposte, però mi sto adoperando affinché le verità vengano alla luce».(Il libro: “Operazione Corona, colpo di Stato globale”, Edizioni Aurora Boreale, 588 pagine, euro 22,80. Bizzi ne è co-autore, editore e curatore insieme a Matteo Martini, chimico farmaceutico, che esamina gli aspetti scientifici e virologici dell’affare-coronavirus, dimostrando la premeditazione dell’esplosione pandemica. Un medico come il dottor Stefano Scoglio, già candidato al Nobel, approfondisce invece gli aspetti clinici della sindrome Covid. Il biologo David Suraci, a sua volta, affronta il tema vaccini, denunciando i pericoli della vaccinazione mRna. All’economista Andrea Cecchi e al giornalista Luca La Bella, analista finanziario, il compito di illuminare i retroscena bancari che sarebbero all’origine della crisi, mentre l’avvocato Marco Della Luna, già autore di “Oligarchia per popoli superflui”, approfondisce gli aspetti giuridici introdotti con le restrizioni. Gli psicologi Alfonso Guizzardi e Alessandro Gambugiati, infine, analizzano le tecniche di manipolazione adottate e i danni psicologici inferti alla popolazione, soprattutto agli anziani e ai bambini. In vetta alle classifiche, “Operazione Corona” è stato realizzato a tempo di record per offrire una panoramica completa ed esaustiva sulla considetta pandemia, illuminandone le principali zone d’ombra).Un colpo di Stato mondiale, progettato contro una vittima in particolare: la nostra società occidentale. Doveva scattare nel 2022, ma la crisi bancaria dei Repo ne ha accelerato i tempi. Ora il golpe è fallito, ma ha lasciato macerie: ha disastrato la democrazia e rottamato l’economia, proprio come volevano i golpisti, ingigantendo la paura e trasformando i cittadini in docilissime pecore, private delle libertà più elementari in nome di un pericolo virtuale, manipolato da cima a fondo. Ormai è cominciata una grande retromarcia, segretamente pattuita, ma a caro prezzo: non si può smontare da un giorno all’altro un “giocattolo” come quello, che ha distribuito miliardi e sta ancora arricchendo intere filiere di beneficiari, migliaia di persone. E il fardello più inquietante è quello rappresentato dai vaccini “genici” in circolazione: aleggia il vecchio incubo del depopolamento, predicato da una certa élite. Una cosa è certa: l’establishment del lockdown spera di passarla liscia, evitando una nuova Norimberga che metta in chiaro i crimini commessi. E il governo Draghi servirebbe proprio a questo: a far uscire l’Italia dall’emergenza, incanalandola però nei binari del Grande Reset in corso. E soprattutto: assolvendo la politica che ha eseguito gli ordini golpisti.
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Biden: anche il genocidio armeno, per nuocere a Mosca?
«Joe Biden ha deciso di riconoscere come genocidio l’uccisione di 1,5 milioni di armeni durante il periodo della Prima Guerra Mondiale da parte dell’Impero Ottomano». Lo scrive il “New York Times”, precisando che l’annuncio è atteso per il 24 aprile, 106esimo anniversario dell’eccidio di massa. «Biden sarà il primo presidente Usa a farlo, dopo che almeno una trentina di paesi hanno fatto passi analoghi», osserva “Repubblica”. L’Olocausto armeno è stato riconosciuto soprattutto in Europa e in Sudamerica, a partire dalla presa di posizione dell’Uruguay, risalente al 1965. Il Vaticano si mosse nel 2000, l’Unione Europea solo nel 2015 (dopo una prima risoluzione del 1987). L’Italia è intervenuta nel 2019, mentre la Russia già nel 1995, nel solco della storica amicizia russo-armena risalente all’epoca sovietica. La mossa degli Usa è ora destinata a infiammare le tensioni con la Turchia, alleato Nato, scrive “Repubblica”, secondo cui il gruppo di potere che oggi gestisce la Casa Bianca avrebbe «anteposto il suo impegno verso i diritti umani». Ferite aperte: e non solo con la Turchia, visto che è recentissima la crisi del Nagorno Karabakh, a due passi dalle frontiere con la Russia.La guerra del Nagorno Karabakh era deflagrata tra il gennaio 1992 e il maggio 1994, nella piccola enclave armena nel sud-ovest dell’Azerbaijan, tra la maggioranza etnica armena (sostenuta dalla vicina Armenia) e la repubblica caucasica dell’Azerbaijan. Il conflitto è riesploso nell’autunno 2020, impegnando direttamente la Russia in funzione di mediatrice. Il conflitto, sottolinea l’Ispi, si è trasformato rapidamente in una crisi umanitaria di dimensioni immani: sarebbero stati 90.000 (su una popolazione totale di 140.000 persone) i civili fuggiti dal Karabakh verso l’Armenia. Un grosso problema, per la Russia di Putin: tradizionalmente vicina agli armeni, di religione cristiana, Mosca avrebbe tentato di evitare di mettersi in urto con gli azeri, musulmani. «Altro elemento di discontinuità, che ha alterato e rovesciato l’equilibrio provvisorio e fragile di questo conflitto – scrive l’Ispi – è la natura del coinvolgimento della Turchia a fianco di Baku». Già nel 1993, Ankara chiuse i confini con l’Armenia in solidarietà all’Azerbaijan, ma stavolta ha offerto un supporto militare diretto (aviazione e droni).Se è vero che Biden aveva annunciato in anticipo (in campagna elettorale) la sua intenzione di riconoscere finalmente il dramma storico armeno, finora sottaciuto per non irritare la Turchia, membro della Nato, è impossibile non contemplare le implicazioni geopolitiche del gesto, nella primavera 2021: sono in aumento le frizioni con il regime di Erdogan, sempre meno controllabile da Washington nonostante il suo impegno – sotto l’amministrazione Obama – ad assistere l’Isis in Siria, con la complicità dell’Occidente, in un fuzione anti-russa. Lo stesso Mario Draghi (vicino all’amministrazione Biden) ha appena definito “dittatore” il sultano di Ankara, che contende all’Italia il controllo energetico della Libia, in coabitazione con una Russia ormai nel mirino degli Usa dopo le continue provocazioni a cui Mosca è stata sottoposta nell’Est Europa. «Alcuni paesi hanno preso l’abitudine di prendersela con la Russia», ha detto Vladimir Putin in questi giorni. «Per loro è come una competizione sportiva, un nuovo tipo di sport: giocano a chi sarà il più forte a parlare contro la Russia».Dal capo del Cremlino, un avvertimento esplicito: «Se vogliono bruciare i ponti, o addirittura farli saltare, si pentiranno delle loro azioni, come non si sono mai pentiti prima: la risposta della Russia sarà asimmetrica, rapida e dura». Mosca ha appena espluso 20 diplomatici cechi, in risposta alla cacciata di 18 funzionari russi, allontanati da Praga dopo esser stati incolpati di un mini-attentato più che dubbio, nella Repubbica Ceca. Una mossa che, secondo alcuni osservatori, aveva lo scopo di accendere le tensioni con la Russia e, soprattutto, distogliere i media da una notizia imbarazzante: gli 007 russi avrebbero appena sventato un golpe, a Minsk, che prevedeva l’omicidio mirato del presidente Lukashenko, l’uomo che nel 2020 denunciò l’Oms e il Fmi per aver tentato di corrompere la Bielorussia con offerte miliardarie perché adottasse il lockdown contro il Covid, agendo «come in Italia», secondo le direttive auspicate da personaggi come Bill Gates e Anthony Fauci, sostenitori di Biden.Il club internazionale del “terrorismo sanitario” (utilizzato per liquidare Donald Trump, poi rottamato con i brogli elettorali) sembra ora mettere nel mirino soprattutto la Russia, che – con il vaccino Sputnik – ha trascinato con sé vari paesi, ridimensionando l’emergenza pandemica funzionale al Great Reset socio-economico e finanziario disegnato a Davos. Può sembrare strano che a riesumare i diritti umani (degli armeni di cent’anni fa) siano personalità dal curriculum poco rassicurante come Biden e il suo segretario di Stato, Blinken. Gli Usa stanno impegnando la Nato a sostenere l’Ucraina nella repressione della popolazione russofona del Donbass, separatasi da Kiev dopo il golpe “colorato” finanziato da Soros e promosso da Obama e Biden nel 2014. La Russia risponde militarizzando le frontiere e rinforzando la sua presenza in Crimea e nel Mar Nero. A due passi c’è il Nagorno Karabakh: la presa di posizione di Biden – proprio adesso – ha anche la funzione di destabilizzare ulteriormente la regione, complicando la vita alla Russia?«Joe Biden ha deciso di riconoscere come genocidio l’uccisione di 1,5 milioni di armeni durante il periodo della Prima Guerra Mondiale da parte dell’Impero Ottomano». Lo scrive il “New York Times”, precisando che l’annuncio è atteso per il 24 aprile, 106esimo anniversario dell’eccidio di massa. «Biden sarà il primo presidente Usa a farlo, dopo che almeno una trentina di paesi hanno fatto passi analoghi», osserva “Repubblica”. L’Olocausto armeno è stato riconosciuto soprattutto in Europa e in Sudamerica, a partire dalla presa di posizione dell’Uruguay, risalente al 1965. Il Vaticano si mosse nel 2000, l’Unione Europea solo nel 2015 (dopo una prima risoluzione del 1987). L’Italia è intervenuta nel 2019, mentre la Russia già nel 1995, nel solco della storica amicizia russo-armena risalente all’epoca sovietica. La mossa degli Usa è ora destinata a infiammare le tensioni con la Turchia, alleato Nato, scrive “Repubblica”, secondo cui il gruppo di potere che oggi gestisce la Casa Bianca avrebbe «anteposto il suo impegno verso i diritti umani». Ferite aperte: e non solo con la Turchia, visto che è recentissima la crisi del Nagorno Karabakh, a due passi dalle frontiere con la Russia.
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Uccidere Lukashenko: Mosca sventa il golpe Usa a Minsk
Grande Satana: con questa espressione (deformando con lenti teologiche la Bibbia, dove il “demonio” in realtà non esiste) l’ayatollah Khomeini definitiva l’imperialismo Usa, che in Iran aveva abbattuto il presidente legittimo, Mohammad Mossadeq, ostile al colonialismo petrolifero inglese, per insediare il dittatore di fiducia delle democrazie occidentali, lo scià Reza Pahlevi. Il Grande Satana sembra tornato: mentre il potere euro-statunitense e cinese sostiene che il mondo sarebbe tenuto in ostaggio dal Covid, le grandi potenze mercantili mettono nel mirino il sistema-Russia, l’unico (su scala mondiale) che si sia opposto alla narrazione fobica del coronavirus, decretando la fine dell’emergenza dopo aver rinunciato ai lockdown. Le notizie sembrano rincorrersi lungo un precipizio pericoloso, tracciato dal gruppo di potere che utilizza la Casa Bianca (Joe Biden) come paravento istituzionale per la resa dei conti con Mosca, incessantemente preparata da quando Vladimir Putin ha messo fine al saccheggio occidentale del suo paese. Mentre si assediano le posizioni russe in Ucraina, si tenta di abbattere (uccidendolo) il presidente della Bielorussia, alleato di Mosca.Fonti come “Controinformazione” e “L’Antidiplomatico” forniscono dettagli non rintraccabili nella stampa mainstream occidentale, quella che ha costruito il Grande Terrore del virus di Wuhan. I servizi segreti russi, si legge, nei giorni scorsi hanno sventato un piano per assassinare Lukashenko e i suoi famigliari, onde decapitare la dirigenza di Minsk. Tra i fermati, l’attivista Yuri Leonidovich Zyankovich (uomo con doppia cittadinanza, bielorussa e statunitense) e il politologo bielorusso Alexander Feduta. L’accusa, da parte degli 007 dell’Fsb: stavano progettando un golpe militare, in Bielorussia, tramite il collaudato scenario della “rivoluzione colorata” con il coinvolgimento dei nazionalisti locali e ucraini, da innescare dopo l’eliminazione fisica del presidente Lukashenko. Nella primavera 2020, l’autocrate di Minsk era stato quasi travolto dalle proteste di piazza, orchestrate dall’Occidente. La sua grande colpa? Aver denunciato che l’Oms e il Fmi avevano avanzato offerte miliardarie, alla Bielorussia, se avesse optato per il lockdown «come in Italia».Il cattivo esempio di Lukashenko – niente lockdown, e denuncia del complotto – andava quindi punito severamente, nel 2020 con la sua deposizione e ora addirittura con il suo “omicidio mirato”. Il golpe sventato dai servizi segreti del Cremlino rientra nella drammatica partita a scacchi tra Occidente e Russia: una caccia alle streghe ufficialmente aperta dall’attuale presidente-fantoccio degli Stati Uniti, che ha definito «un assassino» il leader russo, sostenuto in patria da un vasto consenso popolare. Va ricordato che la Russia, in questi anni, non è mai venuta meno al senso dell’onore, rispettando i patti e i trattati internazionali. Al contrario, gli Usa hanno regolarmente violato tutti gli accordi, a partire da quelli risalenti all’epoca di Gorbaciov, quando l’Urss – mettendo fine alla guerra fredda – sognava orizzonti di pace e cooperazione, a beneficio dello sviluppo mondiale. Tradendo le promesse, gli Stati Uniti non hanno esitato, infatti, a spostare continuamente verso Est l’area operativa della Nato, minacciando in modo sempre più diretto la Russia.Dal canto suo, Mosca ostenta saldezza, forte della sua dichiarata potenza difensiva affidata a tecnologie avveniristiche di origine aerospaziale: nel gennaio 2021, il super-cacciatorpediniere americano Donald Cook è stato costretto a navigare alla deriva, nel Mar Nero, dopo un sorvolo radente da parte di un caccia russo Su-24 che ha letteralmente “spento a distanza” i comandi della avanzatissima nave da battaglia statunitense. Può apparire sconcertante – specie oggi, in un clima narrativo ancora dominato dalla cosiddetta pandemia – che a fare notizia siano eventi dal sapore antico, come il dislocamento di reparti corazzati alle frontiere. La Russia ha schierato oltre 1.000 carri armati e 300 aerei a difesa dei confini con l’Ucraina, dopo l’annuncio – da parte del regime di Kiev, sostenuto dalla Nato – di volersi riprendere con la forza le regioni ucraine che nel 2014 operarono la secessione dall’Ucraina, paese storicamente russo, a cui nel 1954 – con Khrushev – l’Urss “regalò” la Crimea, in segno di amicizia.Proprio la Crimea – tornata alla madrepatria russa con regolare referendum, dall’esito plebiscitario – resta la pietra dello scandalo, nonché la potenziale polveriera che potrebbe far esplodere la crisi oggi in corso. In questi giorni, la Russia sta letteralmente militarizzando la penisola del Mar Nero, per scoraggiare un’aggressione da parte della Nato, che utilizzerebbe truppe ucraine. Il ritorno alla Russia da parte della Crimea, nel 2014, si accompagnò al distacco dell’Est Ucraina (Lugansk e Donetsk): proprio il Donbass è stato bombardato, in questi giorni, dalle artiglierie di Kiev, a pochi chilometri dalla linea oltre la quale sono schierati migliaia di soldati russi, pronti anche – secondo Mosca – a penetrare in territorio ucraino, per fermare l’eventuale avanzata delle truppe appoggiate dalla Nato. All’origine del conflitto, il golpe del 2014 truccato da “rivoluzione colorata”: cecchini e mercenari Nato spararono sulla folla per far ricadere la colpa sulla polizia ucraina dell’allora presidente, il filo-russo Viktor Yanukovic. Il colpo di Stato, condotto anche con elementi neonazisti e anti-russi, gettò nel panico le componenti russofone dell’Ucraina (Crimea e Donbass), da allora passate sotto il controllo di Mosca.Di fronte alla sconfitta (in particolare, la perdita della Crimea), Barack Obama reagì imponendo sanzioni contro Mosca: ordine prontamente eseguito dall’Unione Europea, con gravissimi danni inferti al florido export italiano. Ed era solo l’antipasto: poco dopo, infatti, Vladimir Putin avrebbe schierato i suoi aerei a protezione della Siria, salvando Damasco dalle milizie dell’Isis, protette dall’intelligence occidentale sia in modo diretto (Usa, Francia, Gran Bretagna) che attraverso attori locali come Turchia, Israele e Arabia Saudita. Una disfatta, per Obama, difficilmente tollerabile: e proprio Obama è oggi il politico più determinante, nelle scelte della Casa Bianca. Già allora, i russi offrirono speciali inviti alla prudenza: senza alcuna motivazione tattica, infatti, le postazioni dell’Isis furono colpite anche da nuovissimi missili ipersonici, lanciati da corvette in navigazione nel Mar Caspio (a 1.300 chilometri di distanza) senza che i radar Nato riuscissero a “vederli” e intercettarli, prima dell’impatto.Sembrano curiosità per appassionati, ma forse sono notizie su cui può fare affidamento chi teme seriamente che Usa e Russia possano davvero venire alle mani in modo diretto, tenendo conto che (oltre al pericoloso Obama) alla Casa Bianca siede un “signore della guerra” come Biden, scandalosamente coinvolto – anche a livello di business familiare – nel grande affare del golpe in Ucraina, insieme a falchi neocon come Victoria Nuland e personaggi come l’ultra-guerrafondaio Tony Blinken, attuale segretario di Stato. Suona oltremodo sinistro l’impegno della marina militare britannica nel Mar Nero, contro la Russia, annunciato il 18 aprile dal “Sunday Times”: nessuno dimentica il ruolo svolto da Londra, con Blair, all’epoca dell’invenzione delle “armi di distruzione” di massa di Saddam, infame campagna di disinformazione per preparare l’invasione dell’Iraq. Ci risiamo? Non è rassicurante nemmeno la strana esplusione di diplomatici russi decretata dalla Repubblica Ceca in questi giorni, probabilmente per innalzare una cortina fumogena destinata a distogliere l’attenzione dei media dall’imbarazzante golpe in Bielorussia appena sventato da Mosca, capitale di un paese che ha osato sfidare i signori del Covid, anche facendo concorrenza ai loro vaccini miliardari.Grande Satana: con questa espressione (deformando con lenti teologiche la Bibbia, dove il “demonio” in realtà non esiste) l’ayatollah Khomeini definitiva l’imperialismo Usa, che in Iran aveva abbattuto il presidente legittimo, Mohammad Mossadeq, ostile al colonialismo petrolifero inglese, per insediare il “dittatore di fiducia” delle democrazie occidentali, lo scià Reza Pahlevi. Il Grande Satana sembra tornato: mentre il potere euro-statunitense e cinese sostiene che il mondo sarebbe tenuto in ostaggio dal Covid, le grandi potenze mercantili mettono nel mirino il sistema-Russia, l’unico (su scala mondiale) che si sia opposto alla narrazione fobica del coronavirus, decretando la fine dell’emergenza dopo aver rinunciato ai lockdown. Le notizie sembrano rincorrersi lungo un precipizio pericoloso, tracciato dal gruppo di potere che utilizza la Casa Bianca (Joe Biden) come paravento istituzionale per la resa dei conti con Mosca, incessantemente preparata da quando Vladimir Putin ha messo fine al saccheggio occidentale del suo paese. Mentre si assediano le posizioni russe in Ucraina, si tenta di abbattere (uccidendolo) il presidente della Bielorussia, alleato di Mosca.
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Kazari ashkenaziti, l’ebraismo asiatico su cui Israele tace
C’è una storia dimenticata e volutamente occultata. Io sono massone, e appartengo anch’io a una minoranza, quella eleusina: e comprendo il peso che persecuzioni possano avere avuto, nella storia. La cultura tradizionale ebraica è tuttora sconosciuta, ai più: curioso, perché è tra quelle che più hanno permeato la cultura europea, negli ultimi secoli. E’ una cultura che è sempre stata un po’ chiusa. E anche per via delle fortissime tensioni storiche – con la cacciata degli ebrei dalla Spagna a opera di Isabella di Castiglia dopo la Reconquista, poi per opera dell’Inquisizione e dell’azione stessa della Chiesa cattolica, senza contare le tante conversioni forzate al cattolicesimo – non c’è mai stato un dialogo aperto fra la cultura ebraica e quella cristiana, predominanti nell’Europa moderna. E questo ha fatto sì che ci sia sempre stata una grave e lacunosa mancanza di conoscenza reciproca. Ad esempio: si parla pochissimo dell’origine degli ebrei ashkenaziti, che oggi rappresentano la maggioranza, nella popolazione ebrea.Le fonti collocano l’origine della tradizione ebraica in Medio Oriente, in Palestina, in parte anche in Egitto. Ci sono connessioni dirette tra il popolo ebraico e figure come il faraone Akhenaton e personaggi come Mosè. E’ stata invece volutamente occultata l’origine storica di quella grande parte dell’ebraismo che appartiene alla cultura ashkenazita. Le origini non risalgono all’area siro-palestinese (il Regno di Giudea), ma ad un’area geografica diversa e distante, identificabile con il territorio di quello che è storicamente conosciuto come l’Impero Kazaro. Numerose le fonti: cronache arabe, persiane, bizantine e russe (Principato di Kiev). E’ un argomento raramente studiato, cui si tende a non dare risalto, anche per una serie di ragioni politiche. L’Impero Kazaro si sviluppò in un’aera che va dal Caucaso all’odierna Ucraina, la Crimea, le steppe del Kazakhstan e l’Uzbekistan settentrionale: un territorio vastissimo. Trae origini dalle migrazioni di una serie di popoli che, nei primi secoli della nostra era, abitavano l’area della cosiddetta Asia Centrale.Erano popolazioni in una certa misura discendenti dall’antico popolo degli Sciti, storicamente stanziato sull’odierna costa dell’Ucraina e in Crimea, e in parte da popolazioni turcomanne, inizialmente nomadi, stanziate in quest’area già dal III-IV secolo dopo Cristo. Popolazioni storicamente note come Göktürk (”turchi blu”: una caratteristica totemica). Questo ramo delle popolazioni turcomanne, molto affine agli attuali ungheresi e agli unni (che molto interagirono con gli ultimi secoli dell’Impero Romano), attorno al V secolo dette origine a una prima grande forma statale, una struttura organizzata che venne chiamata Kaganato, che deriva dal termine Kagan (”Re dei Re”). Questo primario Kaganato dei Göktürk entrò inizialmente in guerra con tutte le potenze vicine, specie la Cina. Tutta la parte orientale del Kaganato venne sottomessa dai cinesi e annessa ai territori del Celeste Impero. La parte occidentale, destinata a sopravvivere più a lungo, conobbe varie traversie, fino a che non cadde sotto l’egemonia di una particolare dinastia, quella degli Hashina: nome identificato da importanti linguisti americani come derivante dall’antica lingua scita.Risolti i problemi col potente e ingombrante vicino cinese, il Kaganato entrò in rotta di collisione con altre potenze, in primis l’Impero Bizantino (cristiano), e poi con la nascente e preponderante potenza islamica. Siamo ormai nel VII secolo: l’Islam aveva appena iniziato la sua opera di espansione e dominio, e il territorio dei kazari (particolare civiltà turcomanna, di religione politeista con caratteristiche sciamaniche) fu progressivamente attaccato dagli arabi, che avevano già occupato la Persia. Dell’affascinante mitologia di fondazione del clan degli Hashina parla Diego Marin, nel libro “Il sangue degli Illuminati”. Quel clan «era considerato il prescelto dal dio celeste Tengri, associabile all’antico dio delle tempeste Teshup», o anche allo stesso Zeus.Gli Hashina veneravano i propri antenati con cerimonie annuali, che si concludevano in un luogo particolare, chiamato “la Caverna Ancestrale”, da cui si riteneva che lo stesso clan Hashina fosse fuoriuscito. «Il mito racconta la storia di un bambino, l’unico sopravvissuto a un massacro tribale. Famiglia e amici erano stati sterminati. Lui solo era riuscito a scappare, rifugiandosi in una grotta nelle vicinanze. Qui aveva incontrato una lupa, di nome Hasena». La lupa lo aveva adottato (come Romolo e Remo, allattati e salvati). «Una volta cresciuto, il bambino ebbe un’unione sessuale con la lupa, che avrebbe dato alla luce ben 10 figli, tutti gemelli, uno dei quali poi passato alla storia come il capostipite degli Hashina». La lupa Hasena è ancora ben viva, nella tradizione mitologica di tutti i popoli di origine turcomanna, dalla Turchia all’Asia Centrale (Turkmenistan, Tagikishan, Uzbekistan, Kazakhstan, fino agli uiguri dello Xinjang cinese).Ancora oggi, la lupa Hasena è il simbolo di partiti nazionalisti turchi: oggi musulmani, non hanno mai rinunciato a questa raffigurazione mitologica ancestrale che vede nella lupa Hasena l’origine dei turchi, la loro madre. Tornando ai kazari: erano in continuo stato di guerra coi vicini bizantini e arabo-persiani. Poi nell’VIII secolo vengono attaccati attraverso la Persia, vengono sottomessi, e il Kagan dell’epoca, Bulan, accetta di convertirsi formalmente all’Islam. La tregua però dura poco: i kazari contrattaccano, battono gli arabo-persiani e recuperano il loro territorio. Bulan abiura alla fede islamica e, simultaneamente, avviene un fatto incredibile, probabilmente ispirato da ragioni geo-strategiche e interessi commerciali: nel 740 dopo Cristo decide di convertirsi all’ebraismo, imponendo la conversione anche ai sudditi. Un fatto che ha segnato la storia, perché questo impero (che aveva svariati milioni di abitanti) diventa di religione ebraica, pur restando molto lontano dalla culla dell’ebraismo – l’area siro-palestinese – essendo esteso tra il Caucaso, la Crimea e le steppe del Kazakhstan.Sempre scondo le ricerche di Diego Marin, questa conversione sarebbe stata suggellata dal matrimonio tra il principe Bihar Sabriel (figlio di Bulan) e una donna di tradizione ebraica, di nome Serak, che sarebbe stata figlia di Juda Zachai, rabbino di Babilonia, appartenente al casato reale di Marsutra e quindi discendente del primo “esiliarca” di Babilonia. Sarebbe dunque stato questo ramo della tradizione ebraica a favorire la misteriosa conversione dei kazari. Divenuto ebraico, il Kaganato prospera per un po’, soprattutto grazie al commercio, ma poi va a scontrarsi nuovamente con tutti i vicini: bizantini, Impero Arabo e soprattutto con il recente Principato dei Rus’. Quella del Principato di Kiev, primo nucleo embrionale della futura Russia, non è un’origine slava, ma nordica (vichinga, norrena): furono soprattutto mercanti norreni (o variaghi, che dir si voglia) a insediarsi nell’attuale Russia settentrionale, per poi fondare – calando verso sud – l’embrione della futura potenza russa.Il Principato di Kiev, peraltro, era legato a tradizioni sciamaniche. Eppure, Kiev venne appoggiata subito da Bisanzio, nel tentativo di contrastare il Kaganato kazaro. E alla fine, dopo una serie di guerre, con personaggi come Oleg di Kiev e Sviatoslav I, l’Impero Kazaro venne sconfitto: furono occupate le fortezze principali e la stessa capitale, e il vastissimo territorio si disgregò attorno al 960. Da lì, nacquero le prime migrazioni dei kazari verso l’Europa, e il loro insediamento nella valle del Reno. Si dice che “ashkenazita” significhi “tedesco”, e che Ashkenaza fosse una regione franco-tedesca nella Renania. Subito, l’ex Impero Kazaro venne sottomesso dal nascente Stato russo, che non era ancora cristiano: la cristianizzazione della Russia (fatto curioso) fu concomitante con la caduta dell’Impero Kazaro. Il principe Vladimir di Kiev (figlio si Sviatoslav, conquistatore dell’Impero Kazaro) fu il primo regnante russo – in realtà, di origine vichinga – a convertirsi formalmente al cristianesimo. Conversione molto esaltata dai cristiani ortodossi: Vladimir fu santificato, in quanto fondatore del cristianesimo in quella che era la Rus’.Dopo aver sconfitto il potente Impero Kazaro, Vladimir venne avvicinato dagli emissari della Kazaria, che gli suggerirono di convertirsi all’ebraismo. Rifiutò, perché non voleva convertirsi alla religione di un popolo che aveva appena sottomesso. Al che, emissari dell’Impero Arabo (sempre in cambio di alleanze) gli proposero di convertirsi all’Islam. Vladimir rifiutò ancora, spiegando che non avrebbe potuto imporre al suo popolo di rinunciare alle bevande alcoliche. Il principe di Kiev sarebbe poi invece rimasto folgorato dagli emissari bizantini – si racconta – di fronte allo splendore delle chiese cristiane di Costantinopoli. Un racconto chiaramente agiografico. In realtà queste curiose conversioni, da quella del kazaro Bulan all’ebraismo a quella di Vladimir al cristianesimo, sono sempre state frutto di accordi geopolitici: la motivazione non era esattamente spirituale. Così la Russia divenne cristiana, e quello che era il primo, grande impero ebraico (al di fuori del territorio siro-palestinese) si disperse.Iniziò una prima diaspora della popolazione. Ma la vera diaspora non fu causata dal Principato russo di Kiev, che coi kazari mantenne relazioni commerciali e quindi non aveva alcun interesse a disperdere quelle popolazioni appena sottomesse. Qualche secolo dopo, nel 1200, i kazari vennero attaccati dall’Orda d’Oro di Gengis Khan: furono i mongoli, a fare terra bruciata. Travolsero lo stesso Principato di Kiev e sottomisero buona parte del mondo allora conosciuto. Non si limitavano a conquistare e assoggettare: radevano al suolo le città e sterminavano tutti gli abitanti. L’impressionante invasione mongola ha cambiato la storia, e ha stravolto la nascente potenza islamica: la Baghdad dell’epoca era la culla mondiale della conoscenza, l’Islam illuminato aveva fondato una delle più importanti biblioteche della storia, pari a quella di Alessandria d’Egitto. La famosa Casa della Sapienza di Baghdad conteneva l’intera letteratura del mondo, e venne distrutta dai mongoli.Di fronte all’urto dei mongoli, quindi, solo dopo il 1200 i kazari cominciarono a emigrare in massa verso la Russia, la Polonia, la Germania e l’intera Europa orientale, dove cominciarono a chiamarsi ashkenaziti, fino a raggiungere poi anche paesi dell’Europa occidentale, come l’Italia e la Francia. Gli ebrei di origine ashkenazita sono riconoscibili: hanno la carnagione molto chiara e parlano lo yiddish anziché l’ebraico. Nata proprio nell’Est Europa, quella yiddish è una lingua interessantissima, tuttora molto parlata. Ha avuto influenze slave e germaniche, e al suo interno conserva moltissimi vocaboli di origine turcomanna. L’yiddish è la lingua madre di un grande artista come Marc Chagall, reinterpretata da un grande musicista come Moni Ovadia.Invece, gli ebrei sefarditi sono in buona parte di origine spagnola, però hanno una diretta connessione con l’aria siro-palestinese. In più, a cavallo dei Pirenei (col disfacimento dell’Impero Romano) era nato anche il Principato di Settimania, importante realtà statale ebraica con caratteristiche sefardite. Dopo la cacciata degli ebrei dalla penisola iberica, a opera della cattolica dinastina castigliana, ci fu un’altra diaspora (sefardita). Una “diaspora di ritorno”, che interessò tutto il Nord Africa e tutta l’Europa. Quanto agli ashkenaziti, arrivati in epoca medievale in Italia e in Germania, generarono importanti famiglie che – si dice – oggi dominano il pianeta. E’ un’ipotesi da molti sostenuta, tutt’altro che infondata. Ancora all’inizio del 1300, comunque, gli ashkenaziti costituivano solo il 3% della popolazione ebraica mondiale. Raggiunsero il massimo dell’espansione agli inizi del ‘900: nei primi anni Trenta erano diventati il 92% degli ebrei, che oggi in tutto il mondo sono 12-13 milioni.Agli albori del ‘900, avviene un fatto curioso, citato da Mauro Biglino. La grande stampa internazionale anglosassone comincia ad “annunciare” l’imminente strage, in Europa, di 6 milioni di ebrei. Ne scrivono insistenza il “Sun”, il “New York Times”, l’”Atlanta Constitution”, la “Gazzetta di Montreal”. Si chiede ospitalità, in Palestina, per 6 milioni di ebrei che, specie nell’Est Europa, sarebbero allo stremo e starebbero soffrendo un “olocausto europeo”. Dal 1915, quindi, quando Hitler era ancora un ragazzotto, c’era chi “sapeva” che 6 milioni di ebrei sarebbero morti? Poi arriva Hitler, che nel “Mein Kampf” parla di “due stirpi”, quella degli Ariani e quella del Serpente, e infine la Shoah stermina 6 milioni di ebrei. E’ un dato che deve fare riflettere, anche se si tratta di cifre simboliche che hanno una valenza esoterica (parlo dei dati citati da Biglino, cioè i 6 milioni evocati dalla stampa prima della Shoah).Questo utilizzo di numeri è chiaramente funzionale alla nascita e allo sviluppo del movimento sionista, che ha sempre avuto interesse a catalizzare questi dati, per poi agire politicamente fino a creare l’attuale Stato di Israele, che rappresenza la realizzazione del programma politico di Theodor Herzl. Certo è curiosa, all’inizio del ‘900, la ripetizione di quella cifra (6 milioni), che secondo me ha proprio una valenza simbolico-esoterica. Indubbiamente, nella Russia zarista non c’era una situazione felice, per le popolazioni ebraiche ashkenazite, perseguitate dal potere imperiale. Ci furono molti pogrom, ma certo non massacri dall’estensione paragonabile alla Shoah. Oltretutto, in alcune aree come l’attuale Bielorussia, la maggior parte della popolazione era di origine ebraica: sarebbe stato un controsenso, l’annientamento completo di una consistente fetta della popolazione.Insomma, sono questioni su cui riflettere: ma anche facilmente strumentalizzabili. Io poi mi occupo prevalentemente di storia antica, e non voglio entrare nel merito delle cifre: ci sono storici che se ne sono occupati in modo autorevole. Certo, resta il fatto che la stampa internazionale è andata avanti per cinquant’anni, prima di Hitler, a parlare di quei famosi 6 milioni. Qualcuno si stupisce che la popolazione ebraica sia sopravvissuta in modo quasi stabile, sia alle persecuzioni pre-hitleriane che alla stessa Shoah. Ma ripeto: quelli evocati a inizio ‘900 sono numeri “anti-storici”, essenzialmente simbolici. Oggi si sostiene che una parte degli ebrei ashkenaziti sia riuscita, tramite la finanza, a costituire veri e propri imperi, arrivando a condizionare la politica economica di tutti gli Stati del mondo, a partire dagli Usa fino all’ultima creazione europea, l’euro? Ora, si ripete, potenze come quella incarnata da Soros sono impegnate in manipolazioni finanziarie globali. E se ieri la stampa dava conto di certi fenomeni, oggi del mondo ebraico si parla poco, specie dal punto di vista della finanza. Soprattutto, non si approfondisce.Io consiglio un libro inattaccabile, scritto da un professore di religione ebraica di un’università americana, uno storico: si chiama Norman Finkelstein. Il suo libro, “L’industria dell’Olocausto”, storicamente ben documentato, spiega esattamente, nel dettaglio, come la questione della Shoah sia stata interpretata e utilizzata per finalità tutt’altro che religiose o morali – ma per finalità politiche ed economiche – dal movimento sionista. Chiaramente, viene utilizzata una discriminante storica, che giocoforza si è venuta a creare. Nel 1945, in modo simbolico, questa discriminante opera una divisione: il mondo prima della Shoah e il mondo dopo la Shoah. I giornali degli anni Venti e Trenta avevano un’altra libertà di espressione, perché dopo la tragedia della Seconda Guerra Mondiale è nata una sorta di tabù storico, di velo, di ininterpretabilità. Norman Finkelstein questa cosa la denuncia in modo molto forte. E spiega come poi, in realtà, nell’immediato dopoguerra non vi fosse tutta questa retorica dell’Olocausto: è una retorica, dice, che è stata portata avanti dalla politica israeliana in concomitanza con le prime guerre con il mondo arabo, in particolare la Guerra dei Sei Giorni (giugno 1967).Fu allora che la vulgata dell’Olocausto, in una chiave molto particolare, è stata spinta e accelarata, fino a diventare una sorta di dogma intoccabile. In realtà la storia è fatta di interpretazioni e ricerche: uno storico dovrebbe sempre avere le mani libere, per analizzare i documenti e confrontarsi. In questo caso, invece, sono stati imposti dei tabù, come fossero dogmi di fede. E questo è sinceramente anti-storico, anti-scientifico: non ha senso. Tutto questo, però, non è assolutamente dovuto alla cultura ebraica, che è una delle culture più belle da studiare (una delle più interessanti, con cui confrontarsi). Questo atteggiamento di chiusura è invece dovuto all’azione di alcuni gruppi di famiglie, che hanno utilizzato a proprio uso e consumo determinate tradizioni, decidendo che cosa dovesse diventare storico e che cosa dovesse diventare un tabù storico. Hanno utilizzato queste questioni per propri fini, politici ed economici: il che, come si vede, non rappresenta affatto la variegata ricchezza culturale del mondo ebraico, che è fatto di voci diversissime tra loro.Il problema semmai è il sionismo: un movimento anche pericoloso, creato e fondato da ashkenaziti, che ha preteso anche la manipolazione della storia a proprio vantaggio. Esistono moltissimi ebrei che sono fortemente anti-sionisti, e addirittura temono il sionismo. Nello stesso Stato di Israele gli ebrei sefarditi sono una minoranza, oggi, e in alcuni casi vengono addirittura discriminati, anche se in Occidente non se ne parla. La stessa rimozione storica dell’Impero Kazaro, che per secoli controllò enormi estensioni di territorio, è dovuta al fatto che tutte le popolazioni che da esso sono derivate, e che poi hanno portato alla nascita dell’ebraismo ashkenazita, non hanno una diretta discendenza dall’area siro-palestinese. La mancanza di un filo diretto con la Palestina è diventata un altro tabù storico: un’altra questione da non affrontare, perché va a delegittimare la nascita dello Stato di Israele.(Nicola Bizzi, video-intervento “L’Impero Kazaro e le origini dimenticate”, da “Come Don Chisciotte” del 1° novembre 2020. Storico, autore di saggi sorprendenti come “Da Eleusi a Firenze”, Bizzi è l’editore di Aurora Boreale).C’è una storia dimenticata e volutamente occultata. Io sono massone, e appartengo anch’io a una minoranza, quella eleusina: e comprendo il peso che persecuzioni possano avere avuto, nella storia. La cultura tradizionale ebraica è tuttora sconosciuta, ai più: curioso, perché è tra quelle che più hanno permeato la cultura europea, negli ultimi secoli. E’ una cultura che è sempre stata un po’ chiusa. E anche per via delle fortissime tensioni storiche – con la cacciata degli ebrei dalla Spagna a opera di Isabella di Castiglia dopo la Reconquista, poi per opera dell’Inquisizione e dell’azione stessa della Chiesa cattolica, senza contare le tante conversioni forzate al cattolicesimo – non c’è mai stato un dialogo aperto fra la cultura ebraica e quella cristiana, predominanti nell’Europa moderna. E questo ha fatto sì che ci sia sempre stata una grave e lacunosa mancanza di conoscenza reciproca. Ad esempio: si parla pochissimo dell’origine degli ebrei ashkenaziti, che oggi rappresentano la maggioranza, nella popolazione ebrea.
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Stop al Great Reset: due morti sfiorano il principe Carlo
«Il principe Carlo ne ha perso un altro», dice Angela Merkel. «Sono due», conferma Vladimir Putin, al telefono con la cancelliera. «Il primo era il suo preferito, lo sai», aggiunge la Merkel. «Sì, sono stato informato». La tedesca: «Non è una coincidenza». «Sappiamo anche questo», chiosa il russo. Ma chi erano, i due morti menzionati? Il ceco Petr Kellner e il britannico Sir Richard Sutton, beniamini di Carlo d’Inghilterra e descritti come uomini-chiave del cosiddetto Grande Reset. Sono scomparsi nei giorni scorsi a distanza di pochissime ore: il primo caduto insieme al suo elicottero, il secondo accoltellato nella sua abitazione. E il favoloso colloquio telefonico tra Merkel e Putin? Lo pubblica “Mitt Dolcino”, sia pure prendendolo con le molle: lo definisce “report apodittico”, e lo attribuisce a «una Sorcha Faal in maschera», lasciando intendere che l’autrice del post (sul blog “What Does It Mean”) si avvalga di fonti d’intelligence.Né deve stupire la possibilità di una telefonata confidenziale come quella, tra Mosca e Berlino, dato che i capi dei due paesi militano nella stessa superloggia, la “Golden Eurasia”, dai tempi della Germania Est. Sia pure senza prove, e per di più «in un volutamente pessimo inglese», scrive Franco Leaf su “Mitt Dolcino”, il post di “Sorcha Faal” «riafferma il legame Merkel-Putin», e soprattutto «ci parla di una strana moria fra gli alti esponenti del Great Reset». La cosa più interessante di quella trascrizione, però, è lo scambio fra il presidente Putin e la cancelliera Merkel sulle loro rispettive posizioni, per come sono state articolate al World Economic Forum di Davos. Se la Merkel ha definito la pandemia «il disastro del secolo», che ha messo a nudo «le debolezze della nostra società», secondo Putin «è del tutto pleonastico sostenere che non ci siano paralleli diretti nella storia: alcuni esperti – e io rispetto la loro opinione – stanno paragonando la situazione attuale a quella degli anni Trenta».Putin, poi, sottolinea «le negative conseguenze demografiche della crisi sociale», nonché «la crisi dei valori, che potrebbe portare alla perdita dell’eredità civile e culturale di interi continenti». Durante questo scambio – scrive Sorcha Faal”- Putin e la Merkel hanno discusso a lungo l’agenda di Davos. La parte più sorprendente sembra mostrarla la trascrizione (dal tedesco) sulle due “perdite” attribuite a Carlo d’Inghilterra, «nelle vesti di uno dei principali sostenitori del programma socialista-globalista “The Great Reset”». Due dei suoi più stretti alleati per lo sviluppo di questo programma – si legge su “What Does It Mean” – erano l’uomo più ricco della Gran Bretagna, Sir Richard Sutton, e Petr Kellner, l’uomo più ricco della Repubblica Ceca». Il principe Carlo incontrò Kellner per la prima volta quando visitò la Repubblica Ceca nel 1991 e, nel 2009, guidò lo sforzo per farlo selezionare come il “giovane leader globale” del World Economic Forum, si ricorda nel post ripreso da “Mitt Dolcino”.«Due settimane fa, il 27 marzo, Petr Kellner è morto in un misterioso incidente d’elicottero in Alaska», disastro aereo «analogo a quello di Olivier Dassault», industriale e parlamentare francese, erede dell’impero familiare (Dassault, un colosso dell’aviazione: dai jet privati Falcon ai caccia Mirage e Rafale). Classe 1964, Petr Kellner è deceduto in Alaska sulle montagne a circa 80 chilometri da Anchorage, dove era andato per fare eliski. Kellner ha perso la vita assieme ad altre cinque persone, tra le quali due guide locali e il pilota dell’elicottero. Alla guida del fondo d’investimento Ppf, Kellner era stato protagonista della stagioni della grande privatizzazione nell’allora Cecoslovacchia post-sovietica. Un operatore di primissimo piano: banche e assicurazioni, energia, immobiliare e grande distribuzione, con interessi anche in Slovacchia, Russia e Bielorussia, Cina, Vietnam e Kazakhstan. Dal 2007 al 2011 era anche entrato a far parte, in Italia, del Cda delle Generali.L’inglese Richard Sutton, un baronetto di 83 anni, è stato invece aggredito il 7 aprile all’interno della sua villa vicino a Gillingham, nel Dorset (una dimora valutata oltre due milioni di euro). Sutton era un imprenditore che gestiva molte proprietà e alberghi importanti del Regno Unito, come l’Athenaeum Hotel di Mayfair e lo Sheraton Grand London di Park Lane. Figurava nella lista del “Sunday Times” delle persone più facoltose del paese, al 453esimo posto, e il suo patrimonio era valutato in oltre 300 milioni di sterline (quasi 350 milioni di euro). A queste due morti misteriose s’è aggiunta la notizia che – sempre il 9 aprile – il padre di Carlo, il principe Filippo di Edimburgo, è morto in ospedale all’età di 99 anni.Durante una conversazione con la “Deutsche Press Agentur”, come riportato dal tabloid “Express”, trent’anni fa il principe Filippo ebbe a dire: «Nel caso in cui mi reincarnassi, vorrei tornare come un virus mortale, per contribuire a risolvere il problema della sovrappopolazione». Una battuta di spirito, che oggi assume un retrogusto quasi inquietante: ricorda i moniti del Club di Roma, che per mezzo secolo ha parlato della crescita demografica come di una calamità planetaria, ben prima che spuntassero i teorici della decrescita e poi i personaggi come Greta Thunberg, profeti di sventura trasformati in fenomeni mediatici mondiali.«L’importanza di quanto si son detti il presidente Putin e la cancelliera Merkel – entrambi d’accordo sul fatto che le morti misteriose degli alleati del principe Carlo, Sir Richard Sutton e Petr Kellner, non siano una coincidenza – è monumentale», sottolinea “Sorcha Faal” nel post citato da “Mitt Dolcino”. Il contatto tra Mosca e Berlino, secondo “What Does It Mean”, «suggerisce fortemente che queste morti siano in realtà degli omicidi mirati: un messaggio rivolto a chi sostiene il “Great Reset”». Secondo il post, c’era da aspettarselo: «A fronte dell’agenda socialista-globalista volta a “resettare” il mondo intero, le potenti forze che vi si oppongono non permetteranno mai che ciò accada». E’ ancge il motivo, sempre secondo “Sorcha Faal”, per il quale «il presidente Putin ha avvertito quei pericolosi idioti del Wef che il percorso che stanno percorrendo è esattamente come quello degli anni Trenta», che portò fatalmente alla Seconda Guerra Mondiale.«Il principe Carlo ne ha perso un altro», dice Angela Merkel. «Sono due», conferma Vladimir Putin, al telefono con la cancelliera. «Il primo era il suo preferito, lo sai», aggiunge la Merkel. «Sì, sono stato informato». La tedesca: «Non è una coincidenza». «Sappiamo anche questo», chiosa il russo. Ma chi erano, i due morti menzionati? Il ceco Petr Kellner e il britannico Sir Richard Sutton, beniamini di Carlo d’Inghilterra e descritti come uomini-chiave del cosiddetto Grande Reset. Sono scomparsi nei giorni scorsi a distanza di pochissime ore: il primo caduto insieme al suo elicottero, il secondo accoltellato nella sua abitazione. E il favoloso colloquio telefonico tra Merkel e Putin? Lo pubblica “Mitt Dolcino“, sia pure prendendolo con le molle: lo definisce “report apodittico”, e lo attribuisce a «una Sorcha Faal in maschera», lasciando intendere che l’autrice del post (sul blog “What Does It Mean”) si avvalga di fonti d’intelligence.
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Segreti da 5.000 euro: i padrini del Covid contro Mosca
Qualcuno (come Guido Crosetto, di Fratelli d’Italia) può trovare quasi comico il fatto che si esibisca come super-traditore un ufficiale pronto a vendere ai russi “segreti strategici” dal valore di ben 5.000 euro, cioè pari alla multa prevista per la famiglia Rossi se violasse il lockdown di Pasqua? Crosetto non è il solo a sentire puzza di bruciato: parlando all’agenzia “Adn Kronos”, lo stesso generale Mario Mori, già a capo del Ros e del Sisde, conferma: «Di Maio ha parlato di “atto ostile”, ma gli atti ostili li fanno tutti, anche gli americani, gli inglesi, i cinesi. Si fa attività di spionaggio, la fanno i russi, la fa tutto il mondo». Piuttosto: il caso dell’arresto del capitano di fregata Walter Biot, “sorpreso” a passare documenti a un agente russo, sembra chiaramente ingigantito dai media, «perché tutto sommato quell’ufficiale, un tenente colonnello con quella collocazione – dice Mori – non è che potesse detenere grandissimi segreti militari della Nato». L’altra notizia – quella vera – parla invece della risposta russa in arrivo: Mosca ha “tirato fuori dai silos” i suoi missili nucleari, in previsione di un eventuale attacco, a guida Usa, nell’Est dell’Ucraina.
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Bizzi: fine dell’Operazione Corona, a partire dal 12 aprile
Contrordine, cari concittadini: niente più lockdown a Pasqua. Il clamoroso dietrofront di Angela Merkel, che si è scusata coi tedeschi («è stato un mio errore»), secondo Nicola Bizzi conferma quanto annunciato da lui stesso nelle scorse settimane. Ovvero: «Entro una data precisa – il 12 aprile – dovrà essere avviata, in modo vistoso, la de-escalation dell’emergenza Covid». Lo afferma lo storico fiorentino, editore di Aurora Boreale e co-autore del saggio “Operazione Corona, colpo di Stato globale”, nella trasmissione web-streaming “L’orizzonte degli eventi”, il 25 marzo. Una conferma l’ha offerta Gioele Magaldi, poche ore prima, nella diretta su YouTube “Massoneria On Air” condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights” sul tema del Grande Reset enunciato a Davos. «Non è certo casuale – ha sottolineato Magaldi – la data del 1° Maggio, serata in cui il Movimento Roosevelt compirà una “passeggiata” a Roma, in piazza Campo dei Fiori sotto la statua di Giordano Bruno, per festeggiare – ci auguriamo – anche la fine del coprifuoco». Magaldi lo definisce «una misura di guerra, vergognosamente adottata in tempo di pace per alimentare in modo subdolo il clima di “terrore sanitario” che si è impossessato del paese a partire dal primo folle lockdown varato nella primavera 2020 da Giuseppe Conte».Colpo di Stato globale? Esattamente, risponde Bizzi. Che cita uno degli autori di “Operazione Corona”, l’esperto finanziario Andrea Cecchi. «Nell’autunno 2019 – riassume Cecchi – il sistema stava letteralmente per esplodere, a causa della crisi dei Repo, le compensazioni interbancarie: la bolla finanziaria (derivati e titoli di Stato) era tale, che tutte le banche rischiavano di saltare per aria, da un giorno all’altro, non essendovi più liquidità per sostenere il debito speculativo a catena». Unica possibile soluzione: l’emissione “oceanica” di miliardi, da parte delle banche centrali: un evento senza precedenti, nella storia. Seriva però un alibi altrettanto “storico”: per esempio una crisi mondiale pilotata, innescabile solo attraverso una pandemia. Cecchi mette in fila due momenti fondamentali: a giugno 2019, la Banca dei Regolamenti Internazionali (Bri) lanciò l’allarme sistemico. Tradotto: sta per crollare l’intero sistema finanziario del pianeta. A ottobre, ecco l’Event 201: viene effettuata la spettacolare simulazione di un evento pandemico capace di paralizzare il mondo, causato da un virus altamente contagioso ma a bassa letalità.Poco dopo, ecco il coronavirus di Wuhan e il lockdown della Cina: per la prima volta nella storia, i cittadini vengono tutti rinchiusi in casa. «Obiettivo immediato dell’operazione: abbattere la domanda e in particolare la richiesta di prestiti. A questo serviva il blocco dell’economia – sostiene Cecchi – in attesa che poi si passasse alla fase due, cioè l’emissione di fiumi di denaro (da parte delle banche centrali) con l’alibi della crisi pandemica». Come dire: non possiamo più lesinare la moneta, dobbiamo “produrla” – a costo zero – senza limiti, e subito. Fece scalpore, in questo senso, l’intervento di Mario Draghi sul “Financial Times” a marzo 2020: agire «come in guerra», inondando di soldi gli Stati, le aziende e le famiglie. Un compito interpretato con tempestività, in Europa, da Christine Lagarde: la Bce ha smentito la sua stessa storia, tenendo in piedi paesi come l’Italia con l’acquisto di Btp per decine di miliardi di euro, senza più badare ai guardiani (tedeschi) dell’austerity. Tutto bene? Sì, se questo serviva a evitare il peggio. Il risvolto è meno nobile, secondo questa lettura: l’intera operazione di monetazione straordinaria sarebbe servita in primis a salvare la finanza, usando come alibi una “pandemia” gonfiata ad arte.E adesso chi si sta adoperando per “sgonfiarla”, a partire dal 12 aprile 2021? Dice Nicola Bizzi: sono esattamente quei soggetti finanziari che ormai si sentono al sicuro: la grande paura del virus, infatti, non “serve” più. Bizzi fa un nome di enorme peso (i Rothschild) e ricorda – sul piano visibile, geopolitico -il ruolo decisivo giocato dalla Russia di Putin: col suo vaccino Sputnik («che è un antinfluenzale») ha di fatto “smontato” il teatro politico-mediatico del terrore, portandosi dietro oltre metà del mondo, dall’India al Sudamerica. «La stessa Cina, che è stata utilizzata per far partire “l’Operazione Corona”, cioè l’epidemia di Wuhan, il grande terrore e la pratica sistematica del lockdown, adesso non vede l’ora di chiudere la partita». Bizzi ricorda il ruolo dell’Italia di Conte: «E’ stato il primo paese occidentale ad applicare la ricetta della dittatura cinese, facendo da apripista per gli altri Stati democratici».Nicola Bizzi vede la mano di Putin anche nella resistenza della Bielorussia, il cui presidente (Alexandr Lukashenko) denunciò di aver subito pressioni dall’Oms e dal Fmi, con offerte miliardarie, per fare il lockdown «come in Italia». In Russia, l’emergenza è finita da tempo: abolito ogni obbligo di distanziamento. «E attenti, la campagna vaccinale sta per essere smobilitata: è clamoroso che i grandi media si siano permessi apertamente di parlare delle reazioni avverse causate dal “vaccino” AstraZeneca, e paesi come la Polonia stanno già sbaraccando i loro centri vaccinali». Per Bizzi, si tratta di un copione preciso: «A fine 2020, nel grande potere, la cordata vincente (finanziaria) ha imposto ai “falchi” di Big Pharma la seguente soluzione: entro il 12 aprile 2021 si sarebbero impegnati a rendere visibile la retromarcia. Per “premio”, non sarebbero stati processati per i loro crimini». Ed è quanto sta avvenendo, assicura Bizzi: «Se davvero il “partito del lockdown” farà dietrofront da metà aprile, non ci sarà nessun Processo di Norimberga per l’abominio che è stato appena commesso, su scala planetaria».Inquietante, sotto questo aspetto, il voltafaccia dell’ex regina d’Europa: la Merkel ha prima annunciato il più severo dei lockdown in occasione delle festività pasquali, e poi – poche ore dopo – si è rimangiata tutto, chiedendo scusa ai tedeschi. E’ l’indizio più evidente del clamoroso terremoto di cui parla Bizzi? «Diciamo che si tratta di ipotesi ben circostanziate, fondate su informazioni precise che provengono dal mondo dell’intelligence, e non solo». Aggiunge Bizzi: da settimane, le agenzie di rating – megafono di Wall Street – annunciano la fine dell’emergenza pandemica entro aprile, con la forte ripresa di settori come il turismo e l’immobiliare. In questa gigantesca farsa – dice Bizzi – i “non-vaccini” in distribuzione (preparati genici sperimentali) verranno usati dal mainstream per giustificare l’allentamento delle restrizioni e la loro veloce scomparsa. In questa partita, più finanziaria che sanitaria – chiosa Bizzi – si era inserito anche un progetto allucinante, quello di chi mirava al “depopolamento” del pianeta attraverso l’inoculo di sostanze pericolose: ma quel progetto è tecnicamente fallito, per nostra fortuna. «Un consiglio? Intanto, evitare quei “vaccini”, che veri vaccini non sono». Se il quadro sarà confermato, del Covid non sentiremo parlare più: doveva servire essenzialmente a stampare miliardi? Bene: missione compiuta.Contrordine, cari concittadini: niente più lockdown a Pasqua. Il clamoroso dietrofront di Angela Merkel, che si è scusata coi tedeschi («è stato un mio errore»), secondo Nicola Bizzi conferma quanto annunciato da lui stesso nelle scorse settimane. Ovvero: «Entro una data precisa – il 12 aprile – dovrà essere avviata, in modo vistoso, la de-escalation dell’emergenza Covid». Lo afferma lo storico fiorentino, editore di Aurora Boreale e co-autore del saggio “Operazione Corona, colpo di Stato globale”, nella trasmissione web-streaming “L’orizzonte degli eventi“, il 25 marzo. Una conferma l’ha offerta Gioele Magaldi, poche ore prima, nella diretta su YouTube “Massoneria On Air” condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights” sul tema del Grande Reset enunciato a Davos. «Non è certo casuale – ha sottolineato Magaldi – la data del 1° Maggio, serata in cui il Movimento Roosevelt compirà una “passeggiata” a Roma, in piazza Campo dei Fiori sotto la statua di Giordano Bruno, per festeggiare – ci auguriamo – anche la fine del coprifuoco». Magaldi lo definisce «una misura di guerra, vergognosamente adottata in tempo di pace per alimentare in modo subdolo il clima di “terrore sanitario” che si è impossessato del paese a partire dal primo folle lockdown varato nella primavera 2020 da Giuseppe Conte».
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Bizzi: la farsa-Covid è finita, grazie a Putin e ai Rothschild
Qualcosa è cambiato, dopo un anno di bugie e sofferenze? Sembrerebbe di sì: persino il massimo portavoce degli spaventapasseri-Covid, cioè il catastrofico Roberto Speranza, ha stranamente annunciato l’imminente uscita graduale dal tunnel, nel corso della primavera, in vista di un’estate finalmente quasi normale. Facile la spiegazione di comodo offerta dal ministro-carceriere: i vaccini garantiranno l’immunità di massa, dopo che i lockdown hanno limitato i danni. Falsità visibili dalla Luna: l’Italia delle zone rosse ha collezionato centomila morti (dichiarati, almeno). E gli attuali non-vaccini (cioè i preparati genici che inseguono le varianti del coronavirus) non riusciranno mai – secondo autorevoli infettivologi come Pietro Luigi Garavelli, primario a Novara – a proteggere davvero la popolazione, perché il virus (mutante) sarà sempre più veloce di loro. Come se ne esce? Lo spiegano i medici che guariscono i pazienti: le cure precoci, prescritte ai primi sintomi, molto spesso permettono di curarsi da casa, evitando il ricovero.Così si sgonfiano i numeri dell’emergenza: ci crede il Piemonte, prima Regione italiana ad adottare il protocollo-base che il ministero della sanità si è finora rifiutato di fornire ai medici di famiglia. Niente più panico, dunque. I primi a raccomandare l’opposto della linea adottata dai governi occidentali erano stati i luminari che un anno fa sottoscrissero la Dichiarazione di Great Barrington, negli Usa: bisogna lasciarlo correre, il virus, per raggiungere in fretta l’immunità di gregge, stando pronti a usare i farmaci giusti per curare (a casa, presto e bene) chi si ammala. I vaccini? Non indispensabili. Parola dei maggiori epidemiologi del mondo, quelli che per primi affrontarono l’Ebola. Unica accortezza: proteggere anziani e malati, tenendoli isolati (loro sì), ma evitando assolutamente i lockdown e ogni forma di distanziamento, pena il trascinarsi del Covid per anni. Recenti studi pubblicati da “Science” e “Nature” lo confermano: se ci si contagia a milioni, il Sars-Cov-2 diventa progressivamente innocuo, come un banale raffreddore.Se è così, perché mai abbiamo sbagliato tutto – distanziando, chiudendo, ospedalizzando – per un anno intero? «Non è stato affatto un errore, ma una scelta deliberata». Lo sostiene Nicola Bizzi, storico ed editore di Aurola Boreale, co-autore del saggio “Operazione Corona, colpo di Stato globale”. Nella trasmissione web-streaming “L’orizzonte degli eventi”, condotta sul canale YouTube di “Border Nights” insieme a Tom Bosco e Matt Martini, Bizzi sintetizza: l’anonimo “sequestro” del pianeta, in virtù di una semplice sindrome influenzale (sia pure pericolosa, se non curata tempestivamente) faceva parte di un piano preciso, coltivato da élite oscure. L’altra notizia è che questo piano mostruoso è tecnicamente fallito: già a novembre, dice Bizzi, i “golpisti” hanno trattato la resa, accettando un esito diverso: la “pandemia” sarebbe terminata a fine aprile. Ultima concessione, il lauto business dei vaccini. Poi, la ritirata: cioè l’annuncio che il virus sarebbe stato sconfitto. «L’alternativa sarebbe stata un Processo di Norimberga, per crimini contro l’umanità».In altre parole: sbrigatevi a vendere i vostri inutili vaccini, ancora per qualche mese, e poi toglietevi di torno. Credibile? Per Bizzi, assolutamente sì: «Fate caso ai segnali che provengono dal mondo che conta, quello della finanza: stranamente, da settimane, le agenzie di rating prevedono la fine della pandemia entro aprile e il grande rilancio di settori come il turismo e l’immobiliare». Eppure, per i media, siamo ancora alle prese con il peggio. «Appunto: i media si adegueranno rapidamente». Non potendo ammettere che i numeri dell’emergenza erano gonfiati, oltre che propiziati dal pazzesco rifiuto di curare i pazienti in modo tempestivo, a casa, ora parleranno dell’effetto miracoloso dei vaccini. «Una recita, ampiamente prevista e concordata coi vincitori». Chi sono? «Una parte dell’élite mondiale, che non ha mai approvato il Grande Reset disegnato a Davos, il progetto di schiavizzazione dell’umanità». Nomi? Uno, enorme: «I Rothschild: hanno contrastato la cordata di Bill Gates e Fauci, della Cina, dell’Oms. Evidentemente, quel tipo di Great Reset contrastava coi loro interessi».Non solo: Bizzi – che vanta importanti relazioni col mondo dell’intelligence – parla di una storica “guerra” all’interno della stessa, potente massoneria sovranazionale: una fazione importante si sarebbe opposta con ogni mezzo al “totalitarismo sanitario”, che secondo i “falchi” «doveva durare fino a tutto il 2023, cancellando per sempre diritti, libertà e democrazia». Se quel piano è fallito – sottolinea Bizzi – lo dobbiamo in gran parte alla Russia di Vladimir Putin: «Col suo vaccino Sputnik, che è sostanzialmente un antinfluenzale, si è portata dietro tre quarti del mondo, dall’India al Sudamerica». Abile, Putin: «Ha usato la Bielorussia come apripista. Ricordate? Il presidente Lukashenko – immediatamente aggredito con la solita “rivoluzione colorata” finanziata da Soros – denunciò il tentativo di corruzione da parte di Oms e Fmi: avrebbero coperto di soldi la Bielorussia, se avesse accettato di attuare il lockdown “come l’Italia”. Una denuncia che non è rimasta inascoltata».Putin, il presidente che Joe Biden ha appena definito «un assassino», ha messo fine per primo allo stato d’emergenza, abolendo ogni forma di distanziamento: «La scorsa settimana ha celebrato a furor di popolo la riunificazione con la Crimea: nel più grande stadio di Mosca c’erano duecentomila persone strette l’una all’altra, mano nella mano, e senza mascherina». Messaggi eloquenti, in mondovisione: «E’ il segnale: l’incubo ha le settimane contate, ormai, anche in Occidente, che – attenzione – resta di gran lunga l’area del mondo più colpita: sia in termini sanitari che in termini economici. E non credo proprio sia un caso». Alla luce del Bizzi-pensiero, le traduzioni nostrane sembrano più agevoli: Mario Draghi, che ha adottato la sottigliezza del soft-power, ha pubblicamente elogiato lo stesso Speranza (la maschera del rigore) irritando moltissimi italiani, ormai insofferenti di fronte al “regime” sanitario delle restrizioni. Ma ecco che, in capo a pochi giorni, proprio Speranza comincia a intonare la nuova canzone (”ne usciremo presto”) che, secondo Bizzi, era stata concordata già a novembre, nelle segrete stanze del grande potere: quello che poi, a cascata, spiega anche ai Roberto Speranza cosa dire, e quando.Qualcosa è cambiato, dopo un anno di bugie e sofferenze? Sembrerebbe di sì: persino il massimo portavoce degli spaventapasseri-Covid, cioè il catastrofico Roberto Speranza, ha stranamente annunciato l’imminente uscita graduale dal tunnel, nel corso della primavera, in vista di un’estate finalmente quasi normale. Facile la spiegazione di comodo offerta dal ministro-carceriere: i vaccini garantiranno l’immunità di massa, dopo che i lockdown hanno limitato i danni. Falsità visibili dalla Luna: l’Italia delle zone rosse ha collezionato centomila morti (dichiarati, almeno). E gli attuali non-vaccini (cioè i preparati genici che inseguono le varianti del coronavirus) non riusciranno mai – secondo autorevoli infettivologi come Pietro Luigi Garavelli, primario a Novara – a proteggere davvero la popolazione, perché il virus (mutante) sarà sempre più veloce di loro. Come se ne esce? Lo spiegano i medici che guariscono i pazienti: le cure precoci, prescritte ai primi sintomi, molto spesso permettono di curarsi da casa, evitando il ricovero.
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Russia: God, appello “ai massoni Putin, Navalny e Blinken”
Un appello «ai massoni Tony Blinken, Vladimir Putin e Alexej Navalny» perché possano «trovare un accordo nazionale e sovranazionale per una pacifica transizione della Russia alla democrazia, alla libertà, alla laicità e allo Stato di diritto». Lo firma il Grande Oriente Democratico, organismo guidato da Gioele Magaldi, che si rivolge simultaneamente al nuovo “ministro degli esteri” di Biden, al presidente russo e al suo oppositore. L’ultimo arresto arresto di Navalny è maturato, secondo le autorità giudiziarie russe, «in attesa di un’udienza che dovrà valutare l’accusa che abbia violato gli obblighi di una precedente sentenza detentiva». Una decisione che ha scantenato vaste proteste di piazza, duramente represse: i media occidentali, mai teneri con Putin, parlano di 5.000 fermi. I massoni progressisti di “God” descrivono come «dolorosa e incresciosa» l’attuale situazione politico-sociale in Russia, paese – va ricordato – sottoposto a spietate sanzioni da parte dell’Occidente. A innescare le sanzioni, il rifiuto di accettare il ritorno della Crimea alla madrepatria russa, deciso (con un referendum plebliscitario) per rispondere al violento “golpe colorato” promosso da Obama e Biden, anche con l’aiuto di manovalanza neonazista, per staccare l’Ucraina dall’orbita di Mosca.Il sanguinoso “golpe arancione” del 2014, avviato con colpi di arma da fuoco contro la polizia del filorusso Viktor Yanukovic, ha prodotto l’immediata rivolta, nell’Est Ucraina, della regione mineraria del Donbass, popolata da russi. Simultanea la secessione popolare della Crimea, strategica per la sua posizione sul Mar Nero, da sempre russa e “regalata” all’Ucraina da Khrushev negli anni ‘60, nell’ambito però dell’allora Unione Sovietica. La propaganda dei media occidentali ha convalidato la tragicomica versione proposta da Obama, Biden e dalla stessa Ue, secondo cui la Crimea sarebbe stata “illegamente annessa alla Russia” dal “dittatore” Putin. Pesante il ruolo di Joe Biden nel golpe ucraino, così come le torbide manovre avviate all’indomani del colpo di Stato: il figlio, Hunter Biden, è finito nei guai per i maxi-emolumenti incassati dopo esser stato piazzato, dal padre, alla guida del gigante petrolifero ucraino, Burisma. Tutto questo accadeva mentre, sull’altra sponda dell’Atlantico (e con l’aiuto dei servizi segreti italiani) Obama e soprattutto la Clinton si affannavano a fabbricare prove false per montare il ridicolo Russiagate contro Donald Trump.Gioele Magaldi è esponente di primo piano, in Italia, del network massonico-progressista sovranazionale che ha sostenuto Trump contro il “finto progressismo” della Clinton. Ora che a sedere alla Casa Bianca è Biden, Magaldi avverte: prima ancora delle elezioni, lo stesso Biden si è vincolato a rispettare un patto infra-massonico, in base al quale non gettare alle ortiche molte politiche trumpiane, per esempio la rinuncia ad aprire nuovi fronti di guerra. Lo stesso Magaldi annuncia l’ingresso di Biden nella superloggia moderata Maat, cosa che garantirebbe una posizione equilibrata della superpotenza americana. E ora, il Grande Oriente Democratico svela l’identità massonica dei tre protagonisti dei tumulti in atto in Russia: il presidente Putin, lo stesso Navalny e il nuovo segretario di Stato americano, pesantemente intervenuto per contestare la dura repressione della polizia contro i manifestanti. In un tweet, Antony Blinken ha chiesto alla Russia di «liberare coloro che sono stati detenuti per avere esercitato i loro diritti umani, compreso Alexei Navalny».«Gli Stati Uniti – ha aggiunto Blinken – condannano l’uso persistente di tattiche dure contro manifestanti pacifici e giornalisti da parte della autorità russe». Una dichiarazione che ha irritato il Cremlino, che parla di «grossolane interferenze negli affari interni della Russia». Netto il ministro degli esteri russo, Sergej Lavrov: le ingerenze statunitensi «sono un fatto dimostrato, così come la promozione di fake news e di appelli ad azioni non autorizzate su piattaforme internet controllate da Washington». Rincara la dose, lo stesso Lavrov: «Il sostegno a una violazione della legge da parte del segretario di Stato Usa Blinken è un’altra conferma del ruolo svolto da Washington dietro le quinte». Da parte sua, invece, il Grande Oriente Democratico chiede una transizione pacifica verso una piena libertà democratica in Russa, «senza ipocrisie e strumentalizzazioni da parte di alcuno, nemmeno degli Usa e del cosiddetto ‘Occidente’».Nella nota, “God” definisce Blinken «fratello massone di antica affiliazione», e spiega: «Si tratta di un libero muratore che ha frequentato in passato sia Ur-Lodges progressiste che conservatrici, sia democratiche che neoaristocratiche», anche se – si precisa – nessuna superloggia include membri di univoca sensibilità: nella stessa superloggia possono coesistere soggetti di diversa ispirazione. «Il passato massonico e politico di Tony Blinken è discutibile, dal nostro punto di vista – aggiunge “God” – ma il presente e il futuro si preannunciano molto più consonanti con la nostra prospettiva radicalmente democratica». Discorso diverso per Putin, di cui Magaldi (nel saggio “Massoni”) aveva già illustrato l’originaria iniziazione alla superloggia “Golden Eurasia”, definita «ambivalente». Dopo vent’anni, Grande Oriente Democratico può tracciarne un profilo preciso: «Il fratello Putin ha certamente risollevato la Russia, lacerata dal malgoverno politico-economico» di Boris Eltsin, definto «massone neoaristocratico e neoliberista». A lungo andare, però, «l’ha trasformata in una ‘democratura’ personalistica e liberticida».Sempre secondo “God”, «lungo i troppi anni di permanenza al potere», Vladimir Putin avrebbe smarrito «anche i primitivi, positivi risultati socio-economici che avevano favorito e consolidato l’esistenza di una classe media dignitosa nell’ex Unione Sovietica». E il suo attuale antagonista mediatico, Navalny? «E’ stato iniziato di recente nella Ur-Lodge “Lux ad Orientem”», si legge nella nota di “God”. L’uomo che si presenta come anti-Putin «ha un passato discutibilissimo». In origine si era segnalato come ultra-nazionalista panrusso, favorevole all’assorbimento di Ucraina e Bielorussia. Negli anni, si è fatto largo contestando la scarsa trasparenza dell’amministrazione russa e l’estesa corruzione delle sterminate periferie del paese, ricchissimo di materie prime. Oggi si presenta come un virtuale campione, russo, della democrazia occidentale. «Di recente, in connessione con la sua affiliazione massonica», chiosa “God”, lo stesso Navalny «pare deciso ad ‘orientarsi’ in una prospettiva democratica e social-liberale. Vedremo».Un appello «ai massoni Tony Blinken, Vladimir Putin e Alexej Navalny» perché possano «trovare un accordo nazionale e sovranazionale per una pacifica transizione della Russia alla democrazia, alla libertà, alla laicità e allo Stato di diritto». Lo firma il Grande Oriente Democratico, organismo guidato da Gioele Magaldi, che si rivolge simultaneamente al nuovo “ministro degli esteri” di Biden, al presidente russo e al suo oppositore. L’ultimo arresto arresto di Navalny è maturato, secondo le autorità giudiziarie russe, «in attesa di un’udienza che dovrà valutare l’accusa che abbia violato gli obblighi di una precedente sentenza detentiva». Una decisione che ha scantenato vaste proteste di piazza, duramente represse: i media occidentali, mai teneri con Putin, parlano di 5.000 fermi. I massoni progressisti di “God” descrivono come «dolorosa e incresciosa» l’attuale situazione politico-sociale in Russia, paese – va ricordato – sottoposto a spietate sanzioni da parte dell’Occidente. A innescare le sanzioni, il rifiuto di accettare il ritorno della Crimea alla madrepatria russa, deciso (con un referendum plebliscitario) per rispondere al violento “golpe colorato” promosso da Obama e Biden, anche con l’aiuto di manovalanza neonazista, per staccare l’Ucraina dall’orbita di Mosca.