Archivio del Tag ‘Beppe Grillo’
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Pro o contro Bruxelles: su cosa costruire il nuovo governo
Quel leninista di Grillo, dice Bersani, non apprezza che il Pd abbia “blindato” il Parlamento con due fior di presidenze, prestigiose e inattaccabili ma pur sempre “nominate” dal centrosinistra e, nel caso dell’ex procuratore antimafia, votate persino da una decina di neo-senatori grillini, spaventati dal possibile ritorno di Schifani a Palazzo Madama: eventualità che avrebbe tenuto virtualmente aperto il piano-B caro a D’Alema, cioè la trattativa “istituzionale” con Berlusconi per governo e Quirinale, magari in collaborazione con Monti e col placet di Napolitano, pronto a ricordare ai magistrati che il Cavaliere, anche se pluri-indagato, deve poter partecipare al gioco post-elettorale. Da Fini e Schifani siamo passati alla Boldrini e a Grasso: «Continuo a sostenere che questo Parlamento è nettamente migliore del precedente», proprio grazie al pressing dei grillini che hanno costretto il Pd a candidare outsider prestigiosi. «Sarebbe un peccato scioglierlo subito – dice Fabio Sabatini – col rischio di consegnarlo di nuovo a Berlusconi».
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Cacciari: alle Camere, il Pd doveva votare per i 5 Stelle
Terremoto sui senatori grillini che hanno “tradito” le direttive e scelto di votare Grasso al Senato per bloccare la rielezione di Schifani? «Il nostro resta un voto libero», protesta il capogruppo, Vito Crimi, mentre Grillo evoca dimissioni punitive e Bersani definisce «leninista» il movimento che ha trionfato alle elezioni, lasciando Berlusconi al palo e bloccando l’accordo Monti-Bersani-Napolitano per un nuovo governo ligio a Bruxelles e al rigore “indiscutibile” del Fiscal Compact. Fuori dal coro, come sempre, Massimo Cacciari. Intervistato all’Auditorium di Roma da Irene Buscemi per il “Fatto Quotidiano”, il filosofo ed ex sindaco di Venezia, tra i fondatori del Pd, accusa il partito: se davvero voleva un accordo coi grillini «poteva e doveva» votare, almeno per la presidenza di una delle due Camere, un candidato “5 Stelle”.
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Grazie a Grillo, Grasso e la Boldrini guidano il Parlamento
«Senza Grillo, ci saremmo sorbiti Franceschini e la Finocchiaro». Lapidario, Enrico Mentana, nel commentare su Twitter l’esito delle nuove presidenze istituzionali: Laura Boldrini alla Camera e Pietro Grasso al Senato. «Fuori dal mondo», per il direttore del telegiornale de La7, la scelta del Pdl di insistere su Schifani: «Se il Pd avesse scelto Topolino chi gli avrebbe contrapposto, il Pdl: Gambadilegno?». La seconda carica dello Stato è oggi l’ex procuratore nazionale antimafia, mentre al posto di Gianfranco Fini siede l’ex direttrice dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, eletta con Sel. «Chi fra Grasso e Schifani ha votato scheda bianca se ne ricorderà con imbarazzo», commenta Gad Lerner, secondo cui «il cambiamento è possibile». Peccato che, per vedere alla guida del Parlamento nomi come Grasso e la Boldrini, sia stato necessario lo “tsunami” grillino: la valanga di quelli che, fino al giorno prima del voto, per i partiti maggiori e i grandi media erano solo i teppistelli dell’antipolitica.
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Usa, passione 5 Stelle mentre i partiti sparavano su Grillo
Il voto online? Funziona benissimo, ma «bisogna tener presente che mia nonna preferirà sempre votare fisicamente», con la scheda cartacea e la matita copiativa. L’ha detto Michael Slaby, consigliere speciale di Barack Obama per il web, a un interlocutore d’eccezione: Gianroberto Casaleggio. Milano, 12 dicembre 2012. «Mentre la politica tradizionale tendeva a irridere il “Movimento 5 Stelle” – dice Jacopo Iacoboni, della “Stampa” – i suoi leader operavano in maniera assai astuta per gettare ponti e tessere relazioni». Nientemeno che con Washington, che ha sempre guardato col massimo interesse a Beppe Grillo. «Un interlocutore credibile», lo definì l’ambasciatore Ronald Spogli già nel 2008. Giudizio ora confermato dal suo successore, David Thorne, che scommette sul «risveglio dei giovani» promosso dai “grillini”, parlando con gli studenti romani del liceo classico Visconti.
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Atene, tecnocrati Ue nel panico: vietato farsi riconoscere
Atene come Kabul: ormai è zona di guerra, almeno per i funzionari dell’Unione Europea. Che hanno ricevuto istruzioni sconcertanti: stare lontano dalle piazze, rintanarsi in casa, sprangare le finestre. E soprattutto: non farsi riconoscere come funzionari di Bruxelles, perché sarebbe pericoloso: «Attenzione a documenti, badge di identificazione o altri oggetti che dimostrino l’affiliazione di primo piano alle istituzioni europee». Lo rivela il giornale “To Vima”, che ha reso pubblico l’incredibile vademecum distribuito dalla Commissione Europea ai suoi uomini in missione nella capitale ellenica: evitare le “zone calde” e le manifestazioni, anche a costo di dover annullare riunioni importanti. Letteralmente: «Non stare dietro le finestre o sul portone di un palazzo per guardar passare il corteo: la vostra presenza potrebbe provocare una reazione aggressiva da parte dei manifestanti». E ancora: «Chiudere le finestre della stanza, in modo da non essere soggetti a possibili usi di gas lacrimogeni da parte della polizia». E restare anonimi, come gangster latitanti o spericolati 007 in territorio nemico.
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Cremaschi: questi sindacati non servono più a nessuno
Scomparsi, proprio mentre c’è più bisogno di loro: «Bisognerebbe forse rivolgersi a “Chi l’ha visto?” per avere notizie dei gruppi dirigenti di Cgil, Cisl e Uil», i grandi sindacati ormai spariti anche dallo spettacolo mediatico, dopo aver puntato sulle elezioni: «La Cisl è stata promotrice della lista Monti, mentre la Cgil ha investito tutto sulla vittoria di Bersani». Sindacati da rottamare? Dopo la boutade di Grillo, spara senza pietà sulle grandi confederazioni lo stesso Giorgio Cremaschi, già leader della Fiom, da tempo critico contro gli ex colleghi: si sono buttati in politica in un tentativo disperato di affrontare la crisi del sindacalismo, «che ora sta precipitando dopo anni e anni di scivolamento verso il basso». Tentativo fallito, peraltro, «perché un gran numero degli iscritti alle loro organizzazioni non li ha seguiti e ha votato “5 stelle”», non “fidandosi” più di quelle che ormai appaiono soltanto nomenklature, timide nella denuncia di una crisi devastante, che sta provocando l’estinzione del lavoro e una inaudita catastrofe sociale.
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Renzi fa le pulci a Bersani, mentre l’Europa spolpa l’Italia
Il peso economico degli assunti del Pd vale ogni anno circa 12,5 milioni di euro, cui vanno sommati i soldi pubblici che escono dalle Camere: solo per Montecitorio, scrive il “Fatto Quotidiano”, il gruppo ha ricevuto per ogni anno di legislatura 9,5 milioni di euro, ovvero un milione in più delle stime del “dossier” Renzi, fatto circolare per terremotare la segreteria Bersani alle prese con le manovre post-elettorali, tra gli amletici grillini e il “malato” Berlusconi inseguito dai magistrati. Dilagano sui media – da “Dagospia” in giù – le cifre dei presunti stipendi di segretarie e funzionari: se Bersani accettasse di abolire il finanziamento pubblico ai partiti, sostiene il sindaco di Firenze, significherebbe «fare la pace non con me, ma con gli italiani». Questo il tenore del dibattito politico, in un paese dove una regione avanzata come il Piemonte è costretta a cedere alla finanza privata i propri ospedali, visto che lo Stato – devastato dal regime dell’euro e piegato dal “Rigor Montis” – non è più in grado di ripianare le spese vitali per la salute pubblica.
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Lo spassoso governo Santoro, con Zingales all’economia
C’è un pigia pigia impudico per inserirsi nel vuoto lasciato dalla tremenda spallata che il movimento di Beppe Grillo ha assestato al sistema dei partiti. Michele Santoro, che evidentemente ha un alto concetto di sé, ha proposto un suo governo che, a sentir lui, dovrebbe essere sostenuto dal M5S e dal Pd. Premier Stefano Rodotà, interni Anna Maria Cancellieri, difesa Fabio Mini, istruzione Milena Gabanelli, welfare Maurizio Landini, sviluppo Fabrizio Barca, economia Luigi Zingales e via elencando. Ancora un passo e Santoro si sarebbe autonominato premier o, almeno, ministro delle comunicazioni. A sentir questi nomi nel programma televisivo condotto da Paola Saluzzi, Paolo Flores d’Arcais si è illanguidito, inumidito quasi fino alla lacrime: «Sarebbe un governo meraviglioso», ha mormorato, in estasi. Invece la proposta di Santoro è grottesca, in sé e nei designati, peraltro incolpevoli.
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Far fuori Berlusconi solo per annullare Grillo: ecco come
Prove di “golpe”: eliminare Berlusconi per poi “sgonfiare” Grillo, con un governo tecnico ancora agli ordini di Bruxelles, sostenuto anche da una ventina di senatori del Pdl, pronti a tradire il Cavaliere se fosse costretto all’esilio dalla nuova offensiva giudiziaria in corso. E’ la tesi che Marcello Foa sostiene dalle pagine del “Giornale”, mentre Berlusconi – ricoverato in ospedale – deve sottoporsi a una visita fiscale che lo conferma malato, ma non gli vale il “legittimo impedimento”. Un ragionamento che «ricade negli interessi del centrodestra e propone un’idea sbagliata del funzionamento della magistratura», osserva “Megachip”, che invita però a prendere in considerazione Foa, «un giornalista capace di uscire dagli schemi, rintracciare notizie vere e proporre intuizioni interessanti». Il grave stallo post-elettorale potrebbe indebolire il Pdl favorendo una cooptazione di una parte dei suoi parlamentari? Scenario plausibile, tenuto conto delle caratteristiche dei principali dirigenti del Pd, «non nuovi anch’essi a confezionare nuove maggioranze con parlamentari in migrazione».
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Münchau: bravo Grillo, scuoterà l’Europa contro la Merkel
Karl Marx con le elezioni italiane si sarebbe molto divertito. Il suo saggio “Il diciotto Brumaio di Luigi Bonaparte” inizia con una frase: «Hegel da qualche parte scrive che tutti i personaggi e i fatti del mondo tornano sempre una seconda volta. Ha dimenticato di aggiungere: la prima volta come tragedia, la seconda come una misera farsa». Marx si riferiva al colpo di stato di Luigi Napoleone del 1851 e al paragone con il putsch del suo ben più cattivo zio nel 1799. Si può fare un parallelismo simile fra la Germania di inizio anni ’30 e l’Italia di oggi. In entrambi i casi c’era un sistema di cambi fissi, allora il Gold Standard, oggi l’euro. Ci fu anche allora una politica prociclica guidata dalla follia dell’establishment: l’austerità durante la recessione. Finì con una disoccupazione di massa e la trappola del debito. In Germania la grande depressione terminò con una tragedia. L’Italia ha eletto un comico.
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Italiani in fuga? Grillo e No-Tav: buoni motivi per restare
Un po’ di tempo fa scrissi un editoriale sul movimento No Tav denominandolo un movimento di speranza. Provengo dal Canada, un luogo nel quale tanti italiani stanno scappando per lavoro, per sperare in un futuro, per i loro figli. Anche dalla val di Susa, che è il posto in cui vivo. L’estate scorsa a Toronto ho incontrato dei laureati italiani che, sfruttando l’accordo tra il Canada e l’Italia per un visto di lavoro di sei mesi, fanno i camerieri e i cuochi. Tutti i ragazzi con cui ho parlato hanno affermato di avere l’intenzione di rimanere. Il direttore della più grande organizzazione sociale e culturale italo-canadese mi ha raccontato delle molteplici e-mail che riceve ogni settimana da italiani ultra-qualificati che chiedono il suo aiuto per trovare un lavoro in Canada. Diverse volte, con mio marito, abbiamo considerato l’opzione di partire.
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Appelli a Grillo su Repubblica, il coraggio del giorno dopo
«Caro Beppe Grillo, cari amici del Movimento 5 Stelle». Ebbene sì: c’è voluto lo “tsunami” elettorale di febbraio, ed ecco che i teppisti dell’antipolitica di ieri sono diventati nientemeno che “cari amici”, perlomeno per Barbara Spinelli, il filosofo cagliaritano Remo Bodei, l’accademica Roberta De Monticelli, gli storici dell’arte Tomaso Montanari e Salvatore Settis nonché il giurista Antonio Padoa-Schioppa, fratello di Tommaso, super-tecnocrate tra i massimi sostenitori dell’euro e dell’indecente regime di Bruxelles. Lui, lo spietato fustigatore dei “bamboccioni” italiani. «Pagare le tasse è bellissimo», disse, mentre Barbara Spinelli, co-fondatrice di “Repubblica”, tesseva le lodi dell’Unione Europea come frontiera di pace e civiltà, individuando un unico supremo ostacolo all’affermazione del paradiso europeo in terra: Silvio Berlusconi. Incredibile ma vero, il 9 marzo 2013 Spinelli e colleghi sostengono che, col trionfo elettorale di Grillo, si apre «una grande occasione» per «cambiare dalle fondamenta il sistema politico in Italia e anche in Europa».