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Magaldi: gli azionisti del Conte-bis temono che non durerà
Vi siete mai domandati perché le formazioni “sovraniste” che sfidano il truce potere eurocratico sono sempre costruite in modo da perdere le elezioni? Vale per l’ex Front National di Marine Le Pen in Francia, fino – in piccolo – alla nostrana Vox Italia di Diego Fusaro. Slogan bellicosi e assetti ideologici tutt’altro che rassicuranti: un profilo che sembra fatto apposta per non farcela, né ora né mai, a impensierire i padroni del vapore. Lo sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché esponente del network progressista della massoneria internazionale. Che sintetizza: «Non avremo la speranza di alcun cambiamento, fino a quando ci sarà da una parte chi spera nel fronte “sovranista”, e dall’altra chi ancora si aspetta qualcosa di buono da governi come il Conte-bis, che incarna la continuità dell’austerity inagurata da Monti e proseguita da Letta, Renzi e Gentiloni». Nient’altro che maggiordomi, magari in guanti bianchi, pronti a seguire i “consigli” del Quirinale e di Bankitalia, a loro volta succursali, nel Belpaese, del potere finanziario privatistico che si è impossessato delle istituzioni europee, manovrandole a piacimento per imporre il neoliberismo di regime che impoverisce la maggioranza della popolazione.Quanto ai “mandanti” dei maggiordomi, i veri padrini del patetico governicchio messo insieme incollando alla poltrona i 5 Stelle e i fantasmi del Pd, Magaldi avverte: lorsignori «sono parecchio nervosi, perché sanno che l’esperimento non è destinato a durare». Il motivo è semplice: lo scontro con la dura realtà. Riassume Magaldi, in diretta video su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”: «Il Conte-bis sconterà gli stessi problemi che avevano indotto Salvini a staccare la spina. Se non riesci a combinare niente, i cittadini non ti faranno sconti. E i soldi per fare qualcosa di utile per il paese, esattamente come nel primo governo Conte, continuano a non esserci, grazie ai vincoli di bilancio imposti da Bruxelles». Chiarisce Magaldi: «E’ stato Salvini a lasciare il governo, non aveva scelta: sapeva che avrebbe finito col deludere i suoi elettori». Semmai, aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt, il tempismo del leader leghista ha spiazzato gli avversari, cioè il super-potere (massonico e reazionario) che ricatta l’Italia. «Speravano di cuocerlo a fuoco lento, Salvini, facendolo cadere nel corso dell’autunno, quando Conte e Tria (legati a Mattarella e al banchiere centrale Visco) gli avrebbero negato i fondi richiesti per firmare una manovra espansiva, dalla parte degli italiani».In altre parole, continua Magaldi, il capo della Lega ha capito che non avrebbe avuto i soldi per tagliare le tasse e dare più servizi. A quel punto, vistosi circondato, ha anticipato i tempi decidendo di tagliare il cordone ombelicale già ad agosto. Si sarebbe potuto andare a elezioni anticipate, certo. Invece, il fronte opposto è riuscito nell’impresa bislacca di abborracciare il Conte-bis, imposto da Grillo a un Di Maio ridotto a ombra di se stesso. Idem sul fronte “dem”: grandi pressioni per guadagnare alla causa dell’inciucio il recalcitrante Zingaretti, salvo poi infliggergli la beffa della scissione renziana, che lo priva ulteriormente del controllo sui gruppi parlamentari. «L’euforia per i nuovi ministeri e le nuove cariche è già finita», annuncia Magaldi, facendo eco alla voce profonda del back-office del vero potere: gli azionisti del Conte-bis sono estremamente preoccupati, osservando l’estrema fragilità della neonata compagine, lacerata da divergenze interne e spaventata dalle imminenti elezioni regionali che vedono la Lega in pole position. Ma soprattutto: nemmeno al Conte-due sarà concessa la flessibilità negata al Conte-uno, indispensabile per far dare ossigeno all’economia rassicurando gli elettori.Ecco perché nessuno, da Berlino a Parigi, si fa illusioni sul governo “giallorosso”: il rigore europeo (presidiato formalmente anche da Gentiloni e incarnato da Ursula von der Leyen, eletta grazie al voto determinante dei grillini) resta il terreno minato su cui Giuseppe Conte cadrà, come temono i suoi stessi azionisti occulti, cioè i circuiti della massoneria neo-oligarchica. «Sul fronte opposto – dice Magaldi – la massoneria progressista è disponibile ad affiancare chiunque (Salvini o altri) sia pronto a dare battaglia per far nascere, un giorno, qualcosa che assomigli davvero a un’Unione Europea: cioè un’entità democratica capace di sviluppare una politica finalmente condivisa, con una banca centrale che (al contrario della Bce) faccia il suo lavoro e supporti in modo adeguato le finanze degli Stati». Ecco perché, conclude Magaldi, il cosiddetto sovranismo non è che un abbaglio, in realtà comodissimo per i sovragestori: non saranno certo gli untorelli alla Fusaro a impensierire il poderoso blocco di potere che da decenni racconta che, per crescere, bisogna prima tagliare.La prima a farlo fu l’indimentica Margaret Thatcher: paragonò lo Stato al buon padre di famiglia, che non può permettersi di indebitarsi. Affermazione integralmente falsa: a differenza dello Stato, infatti, famiglie e aziende non possono emettere moneta; e il denaro preso a prestito devono restituirlo (non così il governo, che si limita a inscrivere la spesa sotto la voce “deficit”). Eppure, quella famosa fandonia ha fatto strada, «al punto che oggi è considerata verità di fede, a reti unificate». Per colpa della Thatcher è stato criticato anche Salvini, che ha esibito la “Strega del Nord” nel pantheon leghista di Pontida. «Ma attenzione», precisa Magaldi: «Della Thatcher, Salvini ha solo citato una frase, che peraltro sottolinea una verità sacrosanta: e cioè che, senza libero mercato, non c’è neppure libertà politica». Verissimo: è la lezione fornita dall’autentico pensiero liberal-progressista. Magaldi ricorda che il maggiore economista del Novecento, l’inglese John Maynard Keynes (spesso preso a modello degli stessi “sovranisti”) non era un socialista, ma un “liberal”, così come l’inventore del welfare europeo, il connazionale William Beveridge.Vero, libertà e democrazia oggi sono fortemente conculcate dal regime Ue, che calpesta la sovranità popolare degli elettori costringendo i governi a disattendere le promesse elettorali. «Ma se si vuole più democrazia – si domanda Magaldi – come fanno i sovranisti a evocare come modelli alternativi paesi come la Russia, che non ha una democrazia compiuta, e la Cina, dove la vera democrazia non è mai esistita?». E a proposito di democraticità: «Che lezioni può dare, Vox Italia, che propone una leadership preconfezionata cooptando dall’alto una cinquantina di dirigenti? Immagino che nell’area siano presenti anche gli aderenti della Lista del Popolo messa in piedi un anno fa, con gli stessi metodi, da Giulietto Chiesa e Antonio Ingroia. Che fine ha fatto, quell’esperienza?». Magaldi è tra i fautori del Psai, “Partito che serve all’Italia”: un cantiere politico rimasto finora sottotraccia. Spiega: «Preferiamo lavorare in silenzio, ai programmi: un partito realmente alternativo può nascere e agire efficacemente solo se supportato da migliaia di italiani, sin dalla sua fondazione». Nel frattempo, tanti auguri a Vox Italia: «A chi ha simpatia per Fusaro consiglio di iscriversi, toccherà con mano quella realtà». E intanto, piena solidarietà per la nuova formazione rossobruna: «E’ stata oscurata da Facebook, che ha sicuramente violato la legge: il social network non può abusare in questo modo del servizio pubblico web, danneggiando ingiustamente una voce poltitica che ha piena dignità di espressione».Vi siete mai domandati perché le formazioni “sovraniste” che sfidano il truce potere eurocratico sono sempre costruite in modo da perdere le elezioni? Vale per l’ex Front National di Marine Le Pen in Francia, fino – in piccolo – alla nostrana Vox Italia di Diego Fusaro. Slogan bellicosi e assetti ideologici tutt’altro che rassicuranti: un profilo che sembra fatto apposta per non farcela, né ora né mai, a impensierire i padroni del vapore. Lo sostiene Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché esponente del network progressista della massoneria internazionale. Che sintetizza: «Non avremo la speranza di alcun cambiamento, fino a quando ci sarà da una parte chi spera nel fronte “sovranista”, e dall’altra chi ancora si aspetta qualcosa di buono da governi come il Conte-bis, che incarna la continuità dell’austerity inaugurata da Monti e proseguita da Letta, Renzi e Gentiloni». Nient’altro che maggiordomi, magari in guanti bianchi, pronti a seguire i “consigli” del Quirinale e di Bankitalia, a loro volta succursali, nel Belpaese, del potere finanziario privatistico che si è impossessato delle istituzioni europee, manovrandole a piacimento per imporre il neoliberismo di regime che impoverisce la maggioranza della popolazione.
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Carotenuto: ho paura, chi pilota il Conte-2 è capace di tutto
«Spero sinceramente che duri poco, perché di questo governo c’è da aver paura: il Conte-bis è un esecutivo pericolosissimo». Lo afferma Fausto Carotenuto, già analista strategico dei servizi segreti, autore di una singolare ritratto di Giuseppe Conte: «E’ sorretto dallo stesso potentissimo network vaticano che gestiva lo strapotere di Andreotti, a cominciare dal cardinale Achille Silvestrini». Ora siamo nei guai, dice Carotenuto in un video su YouTube, perché a Conte si aggiungono personaggi temibili come l’euro-tecnocrate Roberto Gualtieri, che Bruxelles ha fatto sistemare direttamente al ministero dell’economia. Senza contare Paolo Gentiloni, come Conte in strettissimi rapporti col Vaticano, ora promosso alla Commissione Ue, e lo stesso David Sassoli, eletto presidente del Parlamento Europeo. Gentiloni e Sassoli, ovvero: il Pd, i grandi media, il Vaticano e l’europeismo oligarchico. Questo significa che l’Italia, dopo l’effimera sbornia gialloverde, è oggi una cinghia di trasmissione perfetta per il super-potere europeo: «Aspettiamoci di tutto», dice Carotenuto, perché i signori dell’eurocrazia, magari in cambio di qualche piccola concessione sul bilancio, «potranno prendere decisioni inimmaginabili e terribili, per tutti noi».
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A chi obbediscono le docili istituzioni del Protettorato Italia
Finalmente anche all’opinione pubblica è arrivato il problema della condizione internazionale dell’Italia come paese dominato da altri paesi – Francia e Germania – che sono in grado di imporre, anche con l’aiuto della Ue e della Bce che stringono o allargano la borsa all’Italia secondo le convenienze di Parigi e Berlino, politiche e governi contro l’interesse e la volontà nazionale. Da diversi anni vado spiegando che la funzione reale del Presidente, nell’ordinamento costituzionale e internazionale reale – ripeto: reale – è quella di assicurare alle potenze dominanti sull’Italia, paese sconfitto e sottomesso, l’obbedienza del governo e delle istituzioni elettive. Affinché possa svolgere cotale ruolo contrario al bene della nazione, il Presidente, nella struttura costituzionale, è posto al riparo della realtà e delle responsabilità politiche. Grazie a ciò può metter su governi che sa benissimo non avere il consenso del popolo, bensì quello di potentati stranieri portatori di interessi contrapposti a quelli italiani e ammantati di falso europeismo. Sia pure con differenziazioni tra loro, i sociologi della scuola italiana (Vilfredo Pareto, Gaetano Mosca, Robert Michels) ravvisano una costante, ossia una legge empirica, nella strutturazione sociale: ogni società è dominata da una élite od oligarchia e non si governa da sé.
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L’Ultima Fregatura, nuovo film di Renzi nella caverna-Italia
Sarà contento, il travaglismo nazionale, di aver tolto a Salvini le chiavi del governo per riconsegnarle a Renzi. Era il IV secolo avanti Cristo quando Platone inventò il cinema, con il Mito della Caverna: quella disegnata sulla parete non è la realtà, sono solo le ombre proiettate dal fuoco. Il mondo vero, tridimensionale, è là fuori: ad andare in scena nella grotta è un semplice spettacolo. Si può cadere in errore, certo. Dipende anche dal talento del proiezionista. Il Mago di Rignano, ad esempio, ne ha da vendere: superò il 40% dei suffragi dopo aver elargito la mancia degli 80 euro, brillando nell’arte cabarettistica in cui si sarebbe cimentato Di Maio. Poco dopo, nell’estate 2016, dal cinema si passò al teatro: uno spettacolare vertice con la Merkel e Hollande, sul ponte della portaerei Garibaldi al largo di Ventonene, per celebrare la farsa dell’unità europea evocando abusivamente il fantasma di Altiero Spinelli, padre del federalismo europeo del Novecento. Un pretesto altamente scenografico, con una missione illusionistica: spacciare per Europa Unita l’aborto dell’attuale Disunione Europea, di cui l’Italia – da Renzi a Conte – si candida a restare servitrice sottomessa e depredabile.
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Sapelli: Ursula e Macron affondano l’Italia, complice Renzi
Luna di miele con l’Europa? Per nulla. Anzitutto, l’Europa è di nuovo un protettorato tedesco, che ha un formidabile alleato come la Francia. È il duopolio scritto nel Trattato di Aquisgrana. E il prossimo passo sarà che la Francia farà il trattato italo-francese, già scritto da Renzi sotto dettatura di Macron e sulla cui bozza non abbiamo ancora assistito ad alcun dibattito parlamentare, in base al quale la Francia si piglierà tutto. Basta vedere chi è la nuova commissaria all’industria militare, alla difesa e all’industria spaziale: la francese Goulard, che ha già lavorato con Monti e con Prodi. Però la partita è ancora aperta, perché gli italiani, durante il governo gialloverde, hanno concluso un accordo per il caccia Tempest inglese, che è un attacco al predominio franco-tedesco nell’industria degli armamenti. Non so se il Conte-2 terrà ancora duro su questo punto. La nuova Commissione Ue ci tratterà meglio? No, perché, Ursula von der Leyen non è solo la mamma di sette figli, di cui uno siriano adottato, ma è soprattutto la figlia del più grande intellettuale protestante, Ernst Albrecht, il primo segretario generale dell’Ue. Quindi è senz’altro europeista, ma è figlia di quel protestantesimo che ha visto nell’Europa la possibilità di riscattarsi dal nazismo. E’ una persona che prende sul serio l’ordoliberismo, di cui sono un convinto avversario.
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Parla Conte, come se fosse antani: ma gli italiani non ridono
Ci vuole impegno, per credere che la partita italiana abbia davvero a che fare, in qualche modo, con le grandi decisioni del mondo – di questo mondo, poi, che sembra preda di un caos mai visto prima, lacerato da verti incrociati e guerre finanziarie interpretate da oligarchi globali, l’un contro l’altro armato. Visto col telescopio, dalla Luna, sembra surreale il ciuffo di Giuseppe Conte, reduce dalla più goffa delle manovre: Gentiloni promosso all’Ue, che in cambio commissaria il governo (già auto-commissariato, peraltro) sistemando l’euro-tecnocrate Roberto Gualtieri all’economia. Intanto si ciancia, “come se fosse antani”: Green Deal sostenibile, rinascita del Mezzogiorno, eccetera, come neppure il grande Tognazzi di “Amici miei”. A tre italiani su quattro, il Conte-bis fa ribrezzo: lo confermano tutti i sondaggi. E mentre il fantasma di Di Maio si aggira per i ministeri ex gialloverdi, il Pd neo-renziano trascina in tribunale il disertore Matteo Richetti, costringendolo a versare i contributi arretrati alla “ditta”. Nel frattempo, gli italiani parlano coi fatti: le ultime elezioni regionali hanno relegato i 5 Stelle tra specie in via di estinzione, lungo il viale del tramonto dove si attarda l’inguardabile Pd. Esito confermato in modo spietato dalle europee, con in più un dato eloquentissimo: un italiano su due ha evitato di votare.
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Della Luna: siamo in trappola, e la politica non conta nulla
Mentre gli animi si infuocano sulle manovre politiche in corso per il nuovo governo, definito da alcuni “dei cialtroni voltagabbana al servizio dello straniero”, Marco Della Luna passa oltre: «Rispetto alla politica alta e segreta, che pianifica e decide a porte chiuse, tacendo gli obiettivi che persegue, tutta quest’altra politica bassa, palese, narrata e recitata al grande pubblico, consiste solo di riflessi, conseguenze e di atti esecutivi della politica vera, con minimi margini di libertà». La politica visibile, in altre parole, conta pochissimo: «I politici bassi, dediti a tatticismi, spartizioni e obiettivi ristretti, presentano questi come se fossero fondamentali e decisivi, così come i loro programmi elettorali e i loro provvedimenti esecutivi o legislativi, ma non lo sono». Ultimamente, il bipolarismo popolo-élite ha sostituito quello precedente, tra destra e sinistra. «Ma lo hanno presentato in modo illusorio, come cioè se tale struttura fosse un’anomalia correggibile, e non una costante universale ineluttabile, connaturata all’organizzarsi stesso della società». La politica palese, riflessa nel teatrino dei media mainstream, «dibatte di millesimi in più o in meno che si possono fare di deficit sul Pil», grazie a cui «ricollocare altri millesimi tra sanità, pensioni, investimenti, sgravi o aggravi fiscali per lavoratori o imprese». Briciole, in realtà.Davvero nulla che conti davvero, sostiene l’avvocato Della Luna, brillante saggista euroscettico, sia che si tratti di migranti o di «diritti civili consolatori come l’eutanasia, la droga, il matrimonio e l’adozione da parte di coppie omosessuali, l’affitto di utero e la fecondazione eterologa». Al livello più profondo «si trovano fattori strutturalmente molto più potenti, come gli effetti recessivi e deindustrializzanti dell’euro». Effetti «visibili a tutti, e dei quali i partiti nostrani, erroneamente ritenuti sovranisti, populisti e antisistema, parlavano prima di andare al governo contemplando la possibilità di uscire dall’euro, mentre subito dopo hanno dichiarato fedeltà ad esso senza condizioni, rivelandosi non sovranisti né populisti, ma sottomessi ai gestori dell’Ue». Del resto, «quando si hanno incarichi istituzionali, certi principi e certi dati di realtà bisogna rinnegarli: così è avvenuto con Syriza in Grecia e Podemos in Spagna: si sono omologati», a differenza – secondo Della Luna – dello Ukip di Nigel Farage e del Brexit Party. Ma c’è un livello ancora più profondo, e quindi «mai o quasi mai proposto al pubblico dalla politica», dove affiorano «tematiche quali la intenzionale, dolosa pianificazione dell’uso dell’euro e dei suoi effetti nocivi per alcuni paesi a vantaggio della Germania, e l’analisi della stessa costruzione europeista come concepita per questo fine».In quel livello decisionale, inaccessibile alla politica ordinaria, «si trovano pure fatti come l’imperialismo e il neocolonialismo cinese, francese e statunitense, con il land grabbing e la rimozione dei popoli locali, come causa della marea migratoria dall’Africa verso l’Europa, della quale noi dovremmo farci carico». Si trovano inoltre temi come “l’inestinguibilità” del debito pubblico di quasi tutti i paesi, la tendenza nazionale italiana (dopo 27 anni di declino) ad almeno altri 25 anni di perdita di efficienza comparata. Ci sono «la sostituzione etnica (afro-islamizzazione) congiunta alla fuga di cervelli, capitali e imprese», nonché «gli ingravescenti effetti di una coesione nazionale mantenuta e mantenibile solo spogliando Veneto e Lombardia del loro reddito (quindi della capacità di investimento e innovazione) per integrare il reddito di una Roma e di un Meridione storicamente dimostratisi incapaci di crescere nonostante gli aiuti». A una maggior profondità, quindi a una maggior lontananza dalla “notiziabilità” popolare e dalla pubblica “dibattibilità” politica nelle istituzioni, c’è poi «il problema dei rapporti gerarchici tra le potenze (Stati, ma anche potentati bancario-finanziari)», che è «il problema delle sovranità limitate».Quanta libertà di autodeterminazione politica resta, all’Italia, “colonia” statunitense com 130 basi militari sul suo territorio? Cosa resta, di un’Italia vincolata all’Eurosistema a guida franco-tedesca, che dopo l’equivoco gialloverde torna pienamente sottomessa grazie al Conte-bis? «E’ divenuto manifesto, ma non se ne parla in Parlamento, il fatto che un paese che non controlla la propria moneta è diretto politicamente da chi gliela fornisce, cioè dai banchieri». Nel frattempo, «si è constatata la capacità di Ue, Bce e agenzie di rating di prescrivere coercitivamente (con la minaccia di impedire il finanziamento del debito pubblico) all’Italia e ad altri paesi deboli politiche e riforme socio-economiche favorevoli al grande capitale finanziario di tipo liberista, recessivo, sperequante, in contrasto con l’articolo 3 della Costituzione». Questo potere di ricatto manifesta «l’illusorietà dei principi fondamentali della Costituzione italiana, alla luce del reale ordinamento e funzionamento gerarchico internazionale: niente governo del popolo (democrazia) ma dei capitali; niente sovranità nazionale; niente primato del lavoro; niente perseguimento dell’eguaglianza sostanziale». Ancora: «Niente equa e dignitosa retribuzione; niente subordinazione dell’impresa privata all’interesse collettivo; niente intervento pubblico keynesiano per uscire dalla depressione e dalla disoccupazione». E quindi «mancano i presupposti per la legittimazione del potere politico delle istituzioni».Queste sono le tematiche della post-democrazia, ampiamente analizzate e illuminate da giuristi come Luciano Barra Caracciolo, da valenti sociologi come Luciano Gallino. Secondo Della Luna, al filosofo Diego Fusaro, onnipresente sui media, sarebbe «riuscita l’unica impresa rivoluzionaria del dopoguerra, ossia sfondare la muraglia di censura culturale (costruita dalla falsa sinistra) portando davanti al naso del grande pubblico la spiegazione cristallina di che cosa è e che cosa fa il sistema liberal-finanziario». Fusaro avrebbe anche smascherato «l’ipocrisia delle forze presentate e presentantisi come di sinistra o progressiste, cioè in Italia soprattutto del Pd», traditrici del socialismo (cioè della difesa dei lavoratori contro lo sfruttamento) e al servizio dell’élite bancaria. Per contro, c’è chi guarda con sospetto a Fusaro: non sarà che il suo presenzialismo mediatico in fondo è comodo, al potere, perché appare stravagante e quasi cariturale, dunque innocuo? Ma a parte il giudizio su Fusaro (positivo, per Della Luna), l’autore di “Euroschiavi” e “Cimiteuro”, “Traditori al governo”, “Sbankitalia” e “I signori della catastrofe” punta il dito contro «livelli ancora più profondi» nella ricerca delle vere cause delle nostre sciagure socio-economiche.La moneta, per esempio: domina un monopolio «privato e irresponsabile della creazione dei mezzi monetari, della loro distribuzione, della fissazione del loro ‘costo’ (tasso di interesse)». E questo monopolio abusivo grava sulla politica e sulla società, soprattutto in relazione precisi fattori. Primo: quella imposta «è una moneta indebitante, che dà luogo a un indebitamento pubblico e privato che, per ragioni matematiche, non può essere estinto e continua a crescere, anche perché il reddito da creazione monetaria non viene contabilizzato e sfugge così alla tassazione». Secondo punto: questo tipo di moneta, nel lungo termine, «grazie all’indebitamento inarrestabile sta portando tutto e tutti, come debitori insolventi, nel dominio dei monopolisti monetari, azzerando la dimensione pubblica della politica e dello Stato». E infine: scontiamo «i falsi dogmi» con cui questi monopolisti «nascondono o legittimano» il loro potere abusivo, dogmi come «quello della scarsità e costosità della moneta». Pura invenzione: la moneta è illimitata, e la sua emissione è ormai a costo zero. «Portare tali temi nel pubblico dibattito non è fattibile – scrive Della Luna – perché la gente non li capirebbe, ma soprattutto perché renderebbero manifesta l’impotenza della politica bassa, palese, e dello stesso Stato».Un dibattito del genere, oltretutto, demolirebbe «la fede popolare (e il consenso) verso la falsa narrazione economica che legittima tutte le scelte di fondo finalizzate agli interessi dell’oligarchia che le formula a suo beneficio». Della Luna ha espresso lo stesso concetto nel saggio “Oligarchia per popoli superflui”: «Le masse, come strumenti di produzione di potere e ricchezza per le oligarchie, ormai sono divenute superflui (quindi impotenti poiché prive di potere negoziale, ma anche ridondanti, eliminabili) per effetto della concentrazione globale del potere e della smaterializzazione-automazione dei processi produttivi e bellici». E ora la possibilità tecnologica di gestirli in modo zootecnico, ossia non più semplicemente attraverso leve economiche e psicologiche «ma entrando nei loro corpi, nel loro Dna, e modificandoli biologicamente e geneticamente, soprattutto attraverso una manipolazione attuata per via legislativa (somministrazione forzata a generazioni di bambini di sostanze dagli effetti non chiari e non garantiti), avvia la decostruzione ontologica dell’essere umano, della specie homo, e la sua completa riduzione a strumento, merce, cosa illimitatamente formattabile, disponibile, fungibile». “Tecnoschiavi”, appunto: e senza scampo, almeno secondo Della Luna.Mentre gli animi si infuocano sulle manovre politiche in corso per il nuovo governo, definito da alcuni “dei cialtroni voltagabbana al servizio dello straniero”, Marco Della Luna passa oltre: «Rispetto alla politica alta e segreta, che pianifica e decide a porte chiuse, tacendo gli obiettivi che persegue, tutta quest’altra politica bassa, palese, narrata e recitata al grande pubblico, consiste solo di riflessi, conseguenze e di atti esecutivi della politica vera, con minimi margini di libertà». La politica visibile, in altre parole, conta pochissimo: «I politici bassi, dediti a tatticismi, spartizioni e obiettivi ristretti, presentano questi come se fossero fondamentali e decisivi, così come i loro programmi elettorali e i loro provvedimenti esecutivi o legislativi, ma non lo sono». Ultimamente, il bipolarismo popolo-élite ha sostituito quello precedente, tra destra e sinistra. «Ma lo hanno presentato in modo illusorio, come cioè se tale struttura fosse un’anomalia correggibile, e non una costante universale ineluttabile, connaturata all’organizzarsi stesso della società». La politica palese, riflessa nel teatrino dei media mainstream, «dibatte di millesimi in più o in meno che si possono fare di deficit sul Pil», grazie a cui «ricollocare altri millesimi tra sanità, pensioni, investimenti, sgravi o aggravi fiscali per lavoratori o imprese». Briciole, in realtà.
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Grillo decisivo: dalla “rivoluzione” alla palude giallorossa
Vuoi vedere che c’è un nesso tra il voltafaccia di Grillo, improvvisamente innamoratosi del “partito di Bibbiano e della Boschi”, e le indagini su suo figlio Ciro, indiziato per stupro, emerse solo dopo l’accordo per il Conte-bis anche se i fatti risalirebbero a luglio? L’ipotesi è maliziosamente ventilata su “Micidial” da Massimo Bordin, vicino all’elettorato dei 5 Stelle: chi votò Di Maio nel 2018 lo fece «perché contrario alla politica del governo precedente, guidato da un partito – il Pd – a torto o a ragione considerato la quintessenza del “sistema”». Come accettare che ora il M5S vada a braccetto con Renzi? Voltagabbana, d’accordo: ma non è che li hanno minacciati? Suona perlomeno sospetto, sostiene Bordin, il perfetto sicronismo tra le rotture simmetriche di Salvini e Grillo per staccare la spina al governo gialloverde. Alla richiesta di Salvini (elezioni anticipate), Grillo ha risposto a stretto giro di posta, sdoganando improvvisamente il Pd. Ma a parte le dietrologie di Bordin, dichiaratamente sopra le righe («questo pezzo è ironico e vietato ai cretini: dunque non leggetelo, se non avete senso dell’umorismo») c’è chi pensa che il M5S non sia mai stato altro, fin dall’inizio, che un semplice contenitore di dissenso, per dirottare la rabbia popolare verso esiti innocui. Solo gatekeeping per elettori ingenui? Non la pensa così Gioele Magaldi: senza i 5 Stelle, dice, la politica italiana sarebbe ancora congelata nel vecchio freezer.Eminente dietrologo, autore del saggio “Massoni” in cui smaschera i maggiori protagonisti della politica italiana rivelandone l’identità supermassonica (l’affiliazione alle superlogge internazionali), Magaldi inforca gli occhiali della politologia per rivendicare giustizia per i 5 Stelle: solo la “discesa in campo” di Grillo – sostiene, in video-chat su YouTube – ha reso fluido il panorama politico italiano, prima ingessato nel finto scontro tra centrodestra e centrosinistra. Due forze che hanno paralizzato per decenni qualsiasi riforma progressista, sottoponendo entrambe il paese alla ricetta imposta dal neoliberismo imperante, somministrato agli europei (sotto forma di austerity) attraverso la tecnocrazia di Bruxelles. Taglio dei deficit, aumento delle tasse, privatizzazioni e precarizzazione del lavoro. Vero obiettivo, fissato dall’élite neo-oligarchica della massoneria reazionaria: impedire allo Stato di continuare a produrre benessere diffuso. Il sociologo Luciano Gallino la chiamò “lotta di classe alla rovescia”, sintetizzando: è stata un’operazione storica, che ha drenato risorse dal basso verso l’alto, grazie alla finanziarizzazione globalizzata dell’economia che ha impoverito la classe media, erodendo i risparmi e costringendo i giovani alla disoccupazione o alla precarietà di lavoretti iper-flessibili e sottopagati. Risultato automatico: il boom dei grillini e ora della Lega.E’ stato proprio Grillo, ricorda Magaldi, a terremotare la palude italiana: senza di lui, staremmo ancora a parlare (in modo sempre più surreale) di destra e sinistra. Terminologie sepolte dalla storia e dall’attualità, oggi tornate in voga in modo abusivo: il nuovo ministro dell’economia Roberto Gualtieri, in quota alla componente teoricamente “di sinistra” del governo “giallorosso”, in realtà «viene dai bassi ranghi della cucina neoliberista e neoaristocratica europea», vale a dire «la destra economica più reazionaria». Non a caso, Gualtieri fu addirittura «applaudito da Christine Lagarde», la lady di ferro del Fmi che mise in ginocchio il popolo greco, costringenolo alla fame. Per contro, tra le fila della Lega spiccano gli unici economisti virtualmente “di sinistra” sulla scena politica, come i keynesiani Alberto Bagnai (Senato) e Antonio Maria Rinaldi (Parlamento Europeo). Meglio rottamarla, la dicotomia destra-sinistra, se serve solo a imbrogliare le carte. E il primo a farlo – ricorda sempre Magaldi – fu proprio Beppe Grillo, dieci anni fa, con il movimento creato insieme a Gianroberto Casaleggio. Lo stesso Magaldi, peraltro, non ha mai fatto sconti ai grillini, colpevoli di troppe confusionarie incongruenze e qualche imperdonabile ipocrisia. Per esempio, quella sulla massoneria: demonizzata in pubblico ma frequentata sottobanco.«Era massone, Gianroberto Casaleggio», dice Magaldi: «E fu lui stesso a dirmi che non intendeva rivelarlo». Il figlio, Davide, lo ha smentito a mezzo stampa: «Mio padre non è mai stato massone». Casaleggio junior, però, si è sottratto all’invito di Magaldi: «Partecipi con me a un incontro pubblico: gli spiegherò quando e come suo padre fu iniziato massone, e perché non voleva che si sapesse». Da Casaleggio a Di Maio, il passo è breve: «In modo ipocrita e anche incostituzionale, i 5 Stelle hanno vietato ufficialmente ai massoni l’accesso al Movimento e all’area gialloverde, pur sapendo che il primo governo Conte era imbottito di massoni, da Tria a Moavero, per non parlare dei sottosegretari». Primo: discriminare qualcuno per la sua appartenenza è contrario alla Costituzione. Secondo: era massone Meuccio Ruini, coordinatore della Costituente. «Niente di strano: se l’Italia fosse meno ipocrita, ammetterebbe che la stessa democrazia – libertà, diritti, suffragio universale – è una conquista storica della massoneria». Ma a parte i grembiulini, a sconcertare è stato il vuoto politico dei 5 Stelle. Ai tanti proclami non è mai seguito quasi nulla. In un solo anno, i grillini al governo hanno disatteso tutte le loro promesse: elettori traditi sull’obbligo vaccinale, sul Muos e gli F-35, sulle trivelle in Adriatico, sull’Ilva di Taranto, sul gasdotto Tap, e infine anche sul Tav Torino-Lione. Politica alternativa? Non pervenuta. Mai una parola chiara sul paradigma economico da adottare. Un caso?A proposito di gatekeeping: già nel 2016, Grillo tentò in modo tragicomico di traslocare il gruppo europarlamentare, lasciando l’Ukip populista di Farage per gli ultra-euristi dell’Alde. E questo, dopo aver agitato lo spettro di un referendum sull’euro. Almeno a parole, la Lega lo ha affrontato davvero, il problema-Bruxelles (i grillini, mai). Era stato Salvini, infatti, a candidare all’economia Paolo Savona: già ministro con Ciampi – e non a caso temuto da Draghi e Juncker – Savona avrebbe avuto l’autorevolezza necessaria a rinegoziare condizioni favorevoli all’Italia. Azzoppato sul nascere, il governo gialloverde si è ridotto alla misera elemosina del “reddito di cittadinanza” trasformato in un’amara beffa, mentre solo la Lega (con le pensioni facilitate da Quota 100) ha messo mano, davvero, all’economia delle famiglie. La Flat Tax? Sabotata con le dimissioni forzate del suo ideatore, Armando Siri, e poi insabbiata da Tria e da Conte insieme all’altro escamotage leghista per aggirare l’euro-rigore, cioè l’introduzione di moneta parallela (“minibiot”, crediti fiscali scambiabili). Dai grillini, nessuna vera battaglia. Ma peggio: i 5 Stelle hanno gatto harariki facendo eleggere la tedesca Ursula von der Leyen, candidata della Merkel, alla Commissione Europea: un ceffone plateale, rifilato a Salvini (e agli italiani).Checché ne pensi Bordin, che evoca il possibile giallo politico sul figlio di Grillo, non stupisce più di tanto il voltafaccia del Beppe nazionale, che ora ha costretto Di Maio a ingoiare Renzi e accettare Conte come nuovo “leader di fatto”, perfetto supplente per la smarrita scolaresca grillina, terrorizzata all’idea di perdere la poltrona in caso di elezioni anticipate. Nemmeno Salvini, peraltro, sarebbe sufficiente a cambiare le regole del gioco. A differenza della maggioranza degli osservatori, Magaldi sostiene comunque che il leader della Lega abbia scelto accuratamente di rompere, consapevole del fatto che, viceversa, sarebbe finito in trappola: la nuova finanziaria lo avrebbe costretto a deludere gli elettori, grazie all’azione frenante esercitata da Conte su ordine dei poteri eurocratici anche attraverso i consueti terminali italiani, dal Quirinale a Bankitalia. Ci si sono messi anche i giornali, che hanno gonfiato la barzelletta del Russiagate, polpetta avvelenata cucinata da servizi segreti (di quelli italiani la delega è rimasta a Conte, non al ministro dell’interno). Ma neppure i magistrati hanno scherzato: quelli siciliani hanno accusato Salvini di “sequestro di persona” per aver impedito lo sbarco di migranti (che in realtà erano liberi di andarsene altrove). E quelli di Genova hanno condannato la Lega a versare 49 milioni di euro allo Stato: il conto esorbitante di un ammanco presunto, solo teorico, calcolato in base ai rimborsi elettorali pluriennali, e non legato alla cifra contestata a Bossi (inferiore al milione di euro) quando Salvini era solo consigliere comunale a Milano. Messaggio chiarissimo: tagliare i fondi a un partito, impedendogli materialmente di fare politica, significa privare gli elettori di precisi diritti democratici. Evidente il fine: sbarazzarsi di Salvini, con ogni mezzo. Magari il più classico: la congiura di palazzo all’italiana, attingendo all’endemico trasformismo parlamentare, alla faccia degli elettori.Attenzione: Salvini non ha subito gli eventi. Secondo Magaldi, al contario, li ha calcolati con precisione e tempismo. Se ha tardato tanto a staccare la spina (Giorgetti premeva per la rottura già alle europee) è stato per lasciare pochissimo tempo all’inciucio, di fronte allo spettro dell’aumento dell’Iva nel caso saltasse la finanziaria: se avessero voluto davvero evitare le elezioni, o almeno un super-rimpasto (cacciando Conte e Tria) i “traditori” avrebbero dovuto ribaltare la loro posizione dalla sera alla mattina, di fronte agli italiani – come infatti è avvenuto. Risultato: lo sconcio è visibile dalla Luna. E questo pone Salvini (non vittima, ma regista dell’operazione) in una posizione privilegiata: potrà demolire ogni giorno gli eroi del Conte-bis, preparandosi all’incasso. Non senza prima “aver studiato”, aggiunge Magaldi: Salvini sa benissimo che la sua Lega – già profondamente migliorata, rispetto al Carroccio nordista di Bossi – non è ancora adeguata alla guida del paese. Per molti aspetti è assai meglio della concorrenza, ma non basta: occorre crescere ancora in senso keynesiano, per sfidare la Disunione Europea – non con l’arma spuntata del sovranismo, opportunistico e miope, ma chiedendo a Bruxelles una Costituzione democratica capace di restituire vera sovranità ai cittadini europei.Senza riscrivere i trattati non si va da nessuna parte: il Conte di turno non potrà che replicare gli inchini di Letta, Renzi e Gentiloni, sperando solo nelle briciole (come quelle che ora probabilmente saranno elargite, assolutamente insufficienti a rilanciare l’economia italiana). Primo passo: chiedere di stralciare dal bilancio le misure salva-Italia. E cioè: taglio del cuneo fiscale per le aziende, abbattimento delle tasse per tutti, investimenti produttivi e rigenerazione delle infrastrutture strategiche. Temi su cui insiste il Movimento Roosevelt presieduto da Magaldi, tra i padri del cantiere politico del “Partito che serve all’Italia”. Obiettivo: rianimare la prospettiva progressista, resuscitando la democrazia sostanziale. «Non serve creare l’ennesimo partitino autoreferenziale», chiarisce Magaldi: occorre un partito di massa, capace di cavalcare «le praterie che si sono aperte». Alle europee un elettore su tre ha votato Lega, ma quasi metà degli aventi diritto ha disertato le urne: italiani nauseati dal Pd, delusi dai 5 Stelle, non convinti da Salvini. Magaldi appare fiducioso: presto o tardi, sembra dire, la verità risulterà evidente anche ai più sprovveduti. E chi ancora dorme sarà svegliato dalle “meraviglie” del Conte-bis, condannato in partenza a obbedire ai diktat di chi ha messo l’Italia nei guai. Con buona pace dei grillini, che hanno sconcertato il loro elettorato. Oggi risalirebbero nei sondaggi manistream? Strano: alle ultime regionali sono letteralmente scomparsi. E ora il voto in Umbria e in Emilia dirà cosa resta, davvero, del grande bluff pentastellato.08:37 11/09/2019Vuoi vedere che c’è un nesso tra il voltafaccia di Grillo, improvvisamente innamoratosi del “partito di Bibbiano e della Boschi”, e le indagini su suo figlio Ciro, indiziato per stupro, emerse solo dopo l’accordo per il Conte-bis anche se i fatti risalirebbero a luglio? L’ipotesi è maliziosamente ventilata su “Micidial” da Massimo Bordin, vicino all’elettorato dei 5 Stelle: chi votò Di Maio nel 2018 lo fece «perché contrario alla politica del governo precedente, guidato da un partito – il Pd – a torto o a ragione considerato la quintessenza del “sistema”». Come accettare che ora il M5S vada a braccetto con Renzi? Voltagabbana, d’accordo: ma non è che li hanno minacciati? Suona perlomeno sospetto, sostiene Bordin, il perfetto sicronismo tra le rotture simmetriche di Salvini e Grillo per staccare la spina al governo gialloverde. Alla richiesta di Salvini (elezioni anticipate), Grillo ha risposto a stretto giro di posta, sdoganando improvvisamente il Pd. Ma a parte le dietrologie di Bordin, dichiaratamente sopra le righe («questo pezzo è ironico e vietato ai cretini: dunque non leggetelo, se non avete senso dell’umorismo») c’è chi pensa che il M5S non sia mai stato altro, fin dall’inizio, che un semplice contenitore di dissenso, per dirottare la rabbia popolare verso esiti innocui. Solo gatekeeping per elettori ingenui? Non la pensa così Gioele Magaldi: senza i 5 Stelle, dice, la politica italiana sarebbe ancora congelata nel vecchio freezer.
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Magaldi: gli italiani si vaccineranno dal grottesco Conte-bis
Il Conte-bis è un governo raffazzonato e grottesco: perfetto, da mettere a confronto con un programma veramente keynesiano, liberato dai cavalli di Troia del peggior potere europeo quali Tria e Conte sono stati, nel governo gialloverde. Cattiva anche la gestione dell’aspetto illusionistico: la scelta dei ministri non è fatta per dare una buona impressione, almeno inziale. Uno come Gualteri all’economia? Viene dai bassi ranghi della cucina neoliberista e neoaristocratica europea, addirittura applaudito da Christine Lagarde. Sono personaggi improbabili, non certo quelli di grande profilo e competenza evocati da Grillo: personaggi modesti, già visti all’opera o con poco da dire. Da ranocchi si trasformeranno in principi? Ma no, è la prospettiva del nuovo governo a non portaci da nessuna parte. Però ci divertiremo: questa è l’occasione giusta per rivedere all’opera quello che avevamo lasciato un anno e mezzo fa. Gentiloni a Bruxelles? Come presidente del Consiglio è stato assolutamente incolore, inodore e insapore. Nei rapporti con l’Europa non ha saputo prospettare alcunché di positivo e fecondo, e adesso andrebbe a fare il commissario europeo? C’è da ridere, e da impegnarsi seriamente per chiarire tutti i passaggi di questo governo: come una piccola enciclopedia, mostrerà tutto ciò che gli italiani hanno bocciato.All’opposizione non basterà denunciare, demistificare e scendere e piazza. Salvini deve riflettere su come ottimizzare questa situazione, che è molto propizia, immaginando una Lega distinta da qualunque centrodestra. Anche la Meloni (Fratelli d’Italia) deve affrancarsi da qualsiasi ombra che la esponga alla polemica sul passato. Vale anche per gli “imbalsamati” di Forza Italia. Bisogna uscire da questa falsissima contrapposizione destra-sinistra, che ha perso di senso: in una sedicente sinistra troviamo personaggi che rappresentano la destra economica più classica, e vediamo istanze progressiste nel cosiddetto centrodestra. Oggi c’è un Governo dei Palazzi, un govero di camerieri e maggiordomi. Giuseppe Conte ricorda Enrico Letta, che nel Pd era il più montiano. L’avvocato è un premier fintamente rappresentato come uomo di Stato, in realtà anche lui incolore, apprezzato proprio per la sua modestia: oggi per avere applausi dai padroni del vapore bisogna essere modesti e non creare grane. Con tutti i suoi limiti, Salvini è un piantagrane. Ecco perché è costantemente demonizzato dai palazzi. Sarà comunque una ghiotta occasione: prevedo che a breve gli italiani toccheranno con mano quello che significa aver azzerato le lancette della politica ed essere tornati a un anno e mezzo fa.Escludo che Conte possa essere cooptato in qualche Ur-Lodge: non lasciatevi incantare dagli applausi, che peraltro non si possono negare a qualunque guardiano del gregge. Nell’élite massonica non fu accolto a Renzi, ben più brillante e affabalutorio, servizievole rispetto a certi poteri (figuriamoci Conte). L’attuale primo ministro andava bene come amministratore del condominio gialloverde proprio per l’assenza di uno spessore proprio. L’errore qui è scambiare la mediocrità e l’assenza di un’idea di paese per il profilo di uno statista, di una risorsa della repubblica. D’altra parte, questo è il trend. Mattarella, anche lui modesto nella sua storia politica, è stato portato al Colle da Renzi con lo stesso metodo con cui la Mogherini è andata a fare il commissario per gli affari europei: più sei disposto a svolgere un compitino secondo il copione che altri ti danno, e più vai bene. L’importante è che tu non sia ingombrante. Mattarella ha servito gli stessi interessi che aveva servito Napolitano, però tra i due c’è un abisso. Napolitano era un rappresentante dell’establishment, un massone politicamente surreale, già comunista, togliattiano; aveva applaudito all’invasione sovietica dell’Ungheria, era anti-europeista, e poi si è trovato a puntellare la peggiore declinazione di un’Europa post-democratica e neo-oligarchica, concependo il pessimo governo Monti. Non difettava però in personalità e spessore: tanto di cappello. Mattarella no. E’ un altro guardiano del gregge, messo lì, come Conte.Christine Lagarde oggi parla degli eurobond (a cui è sempre stata contrarissima) e Mattarella dice che bisogna rivedere il Patto di Stabilità, quasi a propiziare una proiezione di fiducia? Eurobond significa la fine dello spauracchio dello spread: titoli di Stato europei, senza più differenziali nazionali. E’ lo stesso stile che mostrò Juncker prima di essere eletto alla Commissione: diceva di capire persino gli anticapitalisti e i marxisti, perché troppi europei soffrivano e chiedevano giustizia sociale. Poi s’è visto, Juncker, come ha tradotto tutto questo. Da anticomunista e antifascista, dico che la giustizia sociale in Europa verrebbe assicurata da un socialismo liberale, con precise istanze keynesiane e rooseveltiane che stanno nell’alveo della democrazia (basterebbe essere democratici, infatti). Ma sono tutte pantomime: quando Mattarella dice “modifichiamo il Patto di Stabilità”, il suo è un flatus vocis: finisce lì.Salvini? Si è reso conto di aver governato invano, per un anno: negoziando con l’Ue non è riuscito a mordere, ma solo ad abbaiare. Bisogna invece lottare, e aprire un tavolo per una Costituzione Europea democratica. E prima ancora: basterebbe un serio piano di investimenti (per l’occupazione e le infrastrutture, il cuneo fiscale, l’abbattimento delle aliquote) chiedendo di stralciare e non computare queste spese, con un business plan che indichi le ricadute sul Pil. C’è qualcuno che lo vuole fare? Invito la Lega a farsene promotrice, e sfido il governo Conte ad adottare questa linea. Laicamente, sarei felicissimo di vedere una mutazione genetica di Pd e 5 Stelle, che li trasformasse in campioni di un rinnovamento reale dei rapporti fra Italia e Ue, fra l’Italia e il paradigma economico che da anni sta funestamente declinando qualunque governante arrivi a Palazzo Chigi. Ma non lo faranno. Spesso, quello che dichiarano è il contrario di quello che vogliono fare. E una dichiarazione che accende speranze diventa il surrogato di quello che andrebbe fatto. La gente ci spera, intanto il tempo passa e alla fine dici: non me l’hanno fatto fare. Non è così: le cose si possono fare. Basta avere carattere.I mallevadori plaudenti del Conte-bis, nel mondo delle Ur-Lodges neoaristocratiche, vogliono che l’Italia resti nel segno dell’austerity, più o meno larvata. Ma non c’è stato un complotto tentacolare. Vero, certe trame erano pronte. La Lega sarebbe stata costretta a sottoscrivere una manovra finanziaria assolutamente deludente, per chi aveva proiettato speranze su Salvini. Ma una volta che Salvini ha fatto la sua mossa – lungimirante e fruttuosa, a tempo debito – di sfiduciare quel tipo di governo, per il potere neoaristocratico non c’era molto da fare. Era solo un problema di sopravvivenza. Renzi? Non è certo un geniale stratega. Non poteva far altro che aggrapparsi disperatamante alla maggioranza precaria e contingente che al momento aveva in Parlamento, con parlamentari che gli sono più o meno legati, e cercare di pensare a come continuare questa legislatura. Il suo ipotetico futuro partito? Non ha nessun appeal, nessuna speranza. Può solo sperare che la legislatura duri il più possibile. E i 5 Stelle idem: oggi non possono permettersi di andare alle elezioni.Quindi non c’è stato bisogno della persuasione di grembiulini occulti. Una volta che Salvini ha gettato i dadi, è stato uno starnazzare di galline che si sono affrettate a mettere insieme questo governicchio, per il nostro divertimento – ben triste, certo, per un paese come l’Italia che avrebbe bisogno di urgenti misure anticicliche per l’economia. Lavoro, tasse: perdiamo altro tempo prezioso. Ma d’altra parte ci sono passaggi ineudibili: finché c’è gente che ancora pensa che questo tipo di personale politico sia in grado di fare qualcosa di buono per l’Italia, è bene che questi governino. Così come si è vaccinati dal ciarlatano Berlusconi e dal ciarlatano Renzi, ci libereremo anche di questi altri ciarlatani. E magari Conte verrà visto per quello che è: non un grande uomo di Stato, ma un avvocato furbo che ha sfruttato al meglio la situazione, e un giorno avrà qualche incarico ben pagato quando dovrà uscire di scena, quando non sarà più capace di recitare ulteriormente il copione. C’è un prezzo da pagare, per questa consapevolezza: paghiamolo. Ma forse, dopo, saremo tutti più consapevoli.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube “Gioele Magaldi racconta del 9 settembre 2019).Il Conte-bis è un governo raffazzonato e grottesco: perfetto, da mettere a confronto con un programma veramente keynesiano, liberato dai cavalli di Troia del peggior potere europeo quali Tria e Conte sono stati, nel governo gialloverde. Cattiva anche la gestione dell’aspetto illusionistico: la scelta dei ministri non è fatta per dare una buona impressione, almeno inziale. Uno come Gualteri all’economia? Viene dai bassi ranghi della cucina neoliberista e neoaristocratica europea, addirittura applaudito da Christine Lagarde. Sono personaggi improbabili, non certo quelli di grande profilo e competenza evocati da Grillo: personaggi modesti, già visti all’opera o con poco da dire. Da ranocchi si trasformeranno in principi? Ma no, è la prospettiva del nuovo governo a non portaci da nessuna parte. Però ci divertiremo: questa è l’occasione giusta per rivedere all’opera quello che avevamo lasciato un anno e mezzo fa. Gentiloni a Bruxelles? Come presidente del Consiglio è stato assolutamente incolore, inodore e insapore. Nei rapporti con l’Europa non ha saputo prospettare alcunché di positivo e fecondo, e adesso andrebbe a fare il commissario europeo? C’è da ridere, e da impegnarsi seriamente per chiarire tutti i passaggi di questo governo: come una piccola enciclopedia, mostrerà tutto ciò che gli italiani hanno bocciato.
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Carpeoro: Salvini cala? Entro 90 giorni si torna a votare
«Il Conte-bis durerà appena tre mesi: entro 90 giorni lo scenario-elezioni diventerà probabile al 99%». Lo afferma Gianfranco Carpeoro, attento osservatore dei retroscena italiani. L’indizio: l’erosione del consenso di Salvini, ora che non è più sovraesposto, sui media, come ministro dell’interno impegnato nello stop agli sbarchi dei migranti. Il ragionamento: non appena i sondaggi confermeranno il trend – sfavorevole alla Lega, e con piccoli segnali di ripresa per la concorrenza – Pd e 5 Stelle romperanno il patto per tornare alle urne. Se questo accadrà «a fine anno, o al più tardi a gennaio», sullo sfondo sarà presente un convitato di pietra, Mario Draghi, che a novembre si sarà disimpegnato dalla guida della Bce. Già nei mesi scorsi, Carpeoro aveva segnalato l’esistenza di un piano-Draghi: forti pressioni sul super-banchiere, da parte delle superlogge più reazionarie, per spingerlo verso Palazzo Chigi. Ipotesi che secondo alcune fonti Draghi non gradirebbe, mirando il realtà al Quirinale, dopo Mattarella (e un uomo accorto come Draghi sa benissimo che la guida del governo potrebbe renderlo impopolare, fino a precludergli il Colle). Per contro, con le elezioni antcipate Zingaretti si libererebbe di Renzi.Più che le trame della sovragestione internazionale – dice Carpeoro, in streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights” – potrebbero pesare molto, nella partita italiana, gli interessi di bottega dei partiti in lizza. «Nessuno di questi, nemmeno la Lega, ha una visione strategica della situazione: nessuno dice come vorrebbe l’Italia tra dieci anni, e il peggio è che a non chiederglielo sono proprio gli italiani, in primis, che si accontentano di aspetti superficiali e irrilevanti». Esempio: «Può spostare voti il solo fatto che Di Maio si faccia fotografare mano nella mano con la fidanzata». Idem, ieri, le “barricate” di Salvini contro gli sbarchi: «E’ semplicemente da coglioni – dice Carpeoro, letteralmente – pensare che un problema come l’immigrazione si possa risolvere solo proibendo ai migranti di sbarcare: da che mondo è mondo l’uomo si sposta, e il Sacro Romano Impero nacque dalle invasioni barbariche, che altro non erano che forme – anche violente – di immigrazione». Il problema? «Non è stata mai creata un’agenzia per gestire l’immigrazione, capendo da cosa è originata, da quali paesi, per quali motivi. I problemi vanno governati: il non-governo è la soluzione peggiore, quella che danneggia tutti, migranti e italiani».Con mesi di anticipo sui recenti sviluppi della crisi di governo, Carpeoro aveva avvertito: «C’è un piano di origine supermassonica, che coinvolge Renzi e Grillo, per far fuori Salvini». Di fronte alla rottura decisa dal leader leghista, Carpeoro non ha avuto esitazioni nell’interpretarla come una scelta obbligata: «Salvini ha capito che, se fosse rimasto al governo, l’avrebbero cucinato a fuoco lento entro la fine dell’anno». Indagini a tappeto, Russiagate, stop alla Flat Tax, niente autonomia per Lombardia e Veneto: sarebbe stato costretto a deludere i suoi elettori. Ora, Pd e M5S si sono “attovagliati” con un programma ridicolo, inconsistente, e quindi applaudito da tutti i grandi poteri europei, che fingono di scambiare Giuseppe Conte per uno statista. Prima spettacolare mossa, ampiamente sbandierata: il taglio dei parlamentari. «Quel provvedimento – ricorda Carpeoro – era incluso nel famoso Piano di Rinascita Democratica della P2 di Licio Gelli. Ma quello che non si dice – aggiunge l’avvocato – è che la riduzione dei parlamentari fu ripresa pari pari dal piano di Gelli nella proposta di riforma avanzata dai magistrati di Mani Pulite. Era stato uno di loro, Gherardo Colombo, a scoprire quel piano a Villa Wanda: e il bello è che Colombo spedì a fare la perquisizione un capitano della Guardia della Finanza, che poi risultò lui stesso membro della P2».«Il Conte-bis durerà appena tre mesi: entro 90 giorni lo scenario-elezioni diventerà probabile al 99%». Lo afferma Gianfranco Carpeoro, attento osservatore dei retroscena italiani. L’indizio: l’erosione del consenso di Salvini, ora che non è più sovraesposto, sui media, come ministro dell’interno impegnato nello stop agli sbarchi dei migranti. Il ragionamento: non appena i sondaggi confermeranno il trend – sfavorevole alla Lega, e con piccoli segnali di ripresa per la concorrenza – Pd e 5 Stelle romperanno il patto per tornare alle urne. Se questo accadrà «a fine anno, o al più tardi a gennaio», sullo sfondo sarà presente un convitato di pietra, Mario Draghi, che a novembre si sarà disimpegnato dalla guida della Bce. Già nei mesi scorsi, Carpeoro aveva segnalato l’esistenza di un piano-Draghi: forti pressioni sul super-banchiere, da parte delle superlogge più reazionarie, per spingerlo verso Palazzo Chigi. Ipotesi che secondo alcune fonti Draghi non gradirebbe, mirando il realtà al Quirinale, dopo Mattarella (e un uomo accorto come Draghi sa benissimo che la guida del governo potrebbe renderlo impopolare, fino a precludergli il Colle). Per contro, con le elezioni antcipate Zingaretti si libererebbe di Renzi.
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Magaldi: Salvini tifa per il Conte-bis, un regalone alla Lega
Seriamente: c’è qualcuno così sprovveduto da credere che Matteo Salvini, l’uomo che ha portato la Lega a decuplicare i suoi voti in una manciata di anni, si sia improvvisamente bevuto il cervello, sulla spiaggia del Pepeete? Davvero si pensa che il “capitano”, inesperto e pasticcione, si sia fatto mettere all’angolo, aprendo in modo avventato una crisi di cui lui, povero scemo, non ha saputo calcolare l’esito? Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, si dichiara allibito dalla dabbenaggine di tanti narratori manistream: se c’è qualcuno che non vede l’ora di veder nascere il Conte-bis, assicura, è proprio Matteo Salvini. «Il motivo è palese, anche se a molti giornalisti sembra sfuggire: Salvini sapeva perfettamente di dover staccare la spina, perché il cappio gli si stava stringendo attorno al collo. Grazie a personaggi come Tria e Conte, che hanno sabotato le sue politiche, non sarebbe stato in grado di mantenere le promesse fatte all’elettorato. Il piano era quello: demolirlo politicamente, un po’ alla volta». Magaldi conferma l’analisi già fornita a ferragosto, allo scoppio della crisi: «Salvini non è solo, in questo suo sganciamento: è stato sapientemente consigliato». E ora aggiunge, a scanso di equivoci: «C’è chi gli ha suggerito, precisamente, come e quando rompere».
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Ladri di democrazia: contro il popolo, per svendere l’Italia
Costituzione alla mano, Mattarella avrebbe dovuto incaricare Salvini, come possibile primo ministro, già nel 2018: era il leader più votato della coalizione vincente, il centrodestra, e la legge elettorale imporrebbe appunto di premiare la coalizione, non il singolo partito. Lo afferma l’avvocato Marco Della Luna, brillante saggista euroscettico, nel denunciare lo “scippo di democrazia” ora attuato con il via libera all’osceno governo giallorosso, grazie al colpo di mano di Beppe Grillo che ha prima sabotato Salvini e l’esecutivo gialloverde e poi imposto ai parlamentari grillini di allearsi con il loro nemico storico, il Pd renziano. «Da Yalta a Biarritz la mano del padrone: Trump, Macron e Merkel vogliono il Conte bis e Mattarella lo incarica in sfregio alla volontà degli italiani, che vogliono votare», scrive Della Luna nel suo blog. «La maggioranza del popolo assiste impotente al turpe gioco della partitocrazia: due partiti che si erano presentati fino a ieri dichiarandosi tra loro incompatibili, ora, dopo essere stati sconfitti molte volte nelle ultime elezioni (politiche, amministrative, europee), con l’approvazione del Quirinale si conciuciano allo scopo palese di tenersi il potere e di togliere alla gente la possibilità di essere rappresentata».Peggio: gli usurpatori «si vogliono appoggiare non al consenso degli italiani, che non hanno, ma al sostegno interessato di Francia e Germania via Ue e Bce, di cui sono fiduciari». In questo modo «è stato fatto, contro la maggioranza degli italiani e con la dichiarata pretesa di imporre una “svolta” al paese, un governo che è costituzionalmente illegittimo e illegale, secondo l’ordinamento costituzionale», sostiene Della Luna. Il ruolo del presidente della Repubblica? Nella fase di consultazioni è quello di «verificare se il candidato premier abbia una maggioranza parlamentare e se questa corrisponda sostanzialmente alla maggioranza degli elettori, affinché non vi sia contrasto tra popolo e governo». Secondo l’avvocato, invece, «Mattarella ha tradito questo suo compito, poiché ha incaricato Conte pur sapendo benissimo che quasi il 70% degli italiani vuole votare e non vuole questo governo Pd-5S». Sempre secondo Della Luna, i parlamentari grillini e piddini «hanno violato la funzione del Parlamento di rappresentare il popolo, perché la maggioranza del popolo vuol votare ed essi si sono associati per impedirlo, cioè per impedire che la maggioranza sia rappresentata, quindi per impedire la rappresentatività della democrazia».I “golpisti” sanno benissimo che il 67% degli italiani vorrebbe andare a votare. E sanno anche che, se si votasse, perderebbero: il Pd resterebbe al palo, e i 5 Stelle sarebbero letteralmente spazzati via. «La ragione per la quale tolgono al popolo questo diritto e vogliono governarlo – insiste Della Luna – è proprio la loro consapevolezza di non rappresentarlo». E quindi «lo fanno con dolo», il “golpe parlamentare”. Lo compiono «nell’interesse proprio, privato, di parte, cioè per mantenere le poltrone e per nominare loro uomini alla guida di 500 grandi aziende pubbliche». In sostanza «mirano a scegliere, pur non rappresentando il paese, il nuovo capo dello Stato, ossia l’organo che dovrebbe rappresentare il paese, in modo da assicurarsi la sua copertura». Quel che interessa, ai “golpisti”, è «continuare l’opera di svendita degli interessi e della sovranità nazionale in favore di interessi e potenze straniere, controllanti l’Unione Europea», con le «imponenti direttive di finanza pubblica recessive e in contrasto coi principi di tutela del lavoro e perequazione sociale sanciti dagli articoli 1, 3 e 36 della Costituzione».Secondo Della Luna, Mattarella sa bene che i due partiti del nuovo governo non solo hanno contro la grande maggioranza del paese, ma sono anche internamente assai divisi e stanno perdendo parte delle loro basi elettorali. Attenzione: «Mattarella stesso è stato eletto solo grazie a un premio di maggioranza incostituzionale, ossia con un vizio di rappresentatività democratica dell’allora Parlamento, ed è rimasto in carica solo per un’esigenza estrinseca di continuità istituzionale, ma con ridotta legittimazione sostanziale». Pertanto, nel momento in cui ora nomina un governo che sa esser privo di rappresentatività popolare, «Mattarella si stacca intenzionalmente e completamente dal principio della rappresentanza popolare, la quale è la fonte della legittimità del potere politico-istituzionale, anche del suo». Per Della Luna, del resto, Mattarella «aveva già omesso di tener conto della ratio della legge elettorale dopo le elezioni politiche del 2018», negando a Salvini l’incarico di formare il governo. Incarico «a cui spettava, perché la legge elettorale è con premio di maggioranza alla coalizione, e la maggioranza era andata alla coalizione di centrodestra, in cui Salvini era il segretario del più votato tra i partiti di quella coalizione».Sempre secondo Della Luna, Mattarella doveva incaricare il leader della Lega: «Se Salvini avesse trovato una maggioranza in aula, avrebbe presieduto il governo; se non l’avesse trovata, Mattarella avrebbe dovuto sciogliere le Camere e indire nuove elezioni». Invece, com’è noto, ha fatto nascere una maggioranza «intrinsecamente incoerente, interferendo anche illegittimamente sulla scelta dei ministri», come nel caso di Paolo Savona, «con l’effetto di portare a una situazione che ora consente al suo partito, il Pd, di tornare al potere, e all’asse franco-tedesco di dominare il paese senza resistenze interne». Aggiunge Della Luna: «Mattarella può permettersi di compiere tutte le suddette forzature perché tanto non ne dovrà mai rispondere ad alcuno». A monte, comunque al G7 di Biarritz sono stati Trump, Macron e Merkel, «in rappresentanza delle Tre Potenze (coi rispettivi interessi) che dominano sull’Italia», ad approvare – se non a “prescrivere” – l’inguardabile governo Conte-bis. «È alla loro volontà e alla loro fiducia che il presidente della Repubblica Italiana deve guardare, non al popolo italiano e ai suoi interessi, non alla Costituzione interna del paese».Secondo Della Luna, «si conferma che il presidente della Repubblica è un organo dell’ordinamento sovranazionale, avente il compito di assicurare l’obbedienza dell’Italia, e che l’ordinamento sovranazionale è quello che conta, mentre la Costituzione nazionale è solo un pro-forma». Mattarella? «Ha attuato e rispettato la legalità che conta, quella superiore. Il suo operato è, insomma, legittimo per motivi superiori alla legge nazionale», sostiene l’avvocato, che poi analizza inevitabilmente il sordido voltafaccia dei grillini: «I proprietari del MoVimento 5 Stelle hanno operato la conversione da movimento anti-sistema a partito spartitorio pro-sistema, apportando al sistema i voti del loro ingenuo elettorato, così come ai tempi di Veltroni il Partito Comunista (poi Pds) operò la conversione da anticapitalista a pro-bancario, e fu pertanto posto alla guida politica del paese e incaricato di sceglierne i capi di Stato, in modo che questi potessero fare ritornare il Pd al governo anche senza consenso popolare quando avrebbe perso le elezioni».La Lega, a sua volta, «ha perso per strada quasi tutta la sua carica anti-sistema». Secondo il filosofo Diego Fusaro, si è avvicinata all’altro volto del capitalismo liberista, quello dell’area di Forza Italia. Ora quindi, se vuole – chiosa Della Luna – la dirigenza della Lega può fare opposizione autentica, dura, dalle piazze, mobilitando le forze produttive tradite; oppure può fare un’opposizione europeisticamente e liberalisticamente corretta, sapendo che così potrà ritornare al governo in una coalizione di centrodestra, “verde-bluette”, «quando l’altro braccio del neoliberismo, cioè quello giallo-fucsia, sarà stanco o screditato, e si realizzerà così un’alternanza simulante la democrazia». Insomma, sfiducia assoluta nella politica nostrana: «I governanti italiani di volta in volta al potere, collaborazionisti con gli interessi stranieri, potranno partecipare al saccheggio del paese assieme ai loro patrons. Si conferma quindi la posizione asservita dell’Italia, la sua impotenza ad affrancarsi dalla dominazione e dallo sfruttamento stranieri».Costituzione alla mano, Mattarella avrebbe dovuto incaricare Salvini, come possibile primo ministro, già nel 2018: era il leader più votato della coalizione vincente, il centrodestra, e la legge elettorale imporrebbe appunto di premiare la coalizione, non il singolo partito. Lo afferma l’avvocato Marco Della Luna, brillante saggista euroscettico, nel denunciare lo “scippo di democrazia” ora attuato con il via libera all’osceno governo giallorosso, grazie al colpo di mano di Beppe Grillo che ha prima sabotato Salvini e l’esecutivo gialloverde e poi imposto ai parlamentari grillini di allearsi con il loro nemico storico, il Pd renziano. «Da Yalta a Biarritz la mano del padrone: Trump, Macron e Merkel vogliono il Conte bis e Mattarella lo incarica in sfregio alla volontà degli italiani, che vogliono votare», scrive Della Luna nel suo blog. «La maggioranza del popolo assiste impotente al turpe gioco della partitocrazia: due partiti che si erano presentati fino a ieri dichiarandosi tra loro incompatibili, ora, dopo essere stati sconfitti molte volte nelle ultime elezioni (politiche, amministrative, europee), con l’approvazione del Quirinale si conciuciano allo scopo palese di tenersi il potere e di togliere alla gente la possibilità di essere rappresentata».