Archivio del Tag ‘bavaglio’
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Idea: votare Renzi per affondare il Pd, e poi scegliere Grillo
Alle primarie voterò Renzi, ma alle elezioni (quelle vere) sceglierò Grillo: votare l’insopportabile Renzi è l’unico modo per affondare il Pd, e fare tabula rasa di questo centrosinistra-fantasma è l’unica speranza di rimettere in piedi l’Italia, costretta alla gogna dal tecno-governo Napolitano-Monti. Ragionamento ardito e non proprio lineare, sottoscritto dal direttore di “Micromega”, Paolo Flores d’Arcais, che lo anticipa sulle colonne del “Fatto Quotidiano”: «Il programma di Matteo Renzi è pessimo, il suo stile insopportabile. Il 25 novembre alle primarie voterò Matteo Renzi, firmando anche il “giuramento” per il centrosinistra alle elezioni di primavera. Nelle quali invece, hic stantibus rebus, voterò Grillo. Non mi sentirò in contraddizione e meno che mai disonesto».
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Scandalo via satellite: l’Europa oscura le tivù dell’Iran
Eutelsat, che una volta era una compagnia pubblica europea e adesso invece è diventata privata, ha spento nei giorni scorsi – spento è la parola giusta – 19 canali radio e televisivi iraniani, tutti in un colpo solo. Li ha cancellati: cioè, ha cancellato l’informazione internazionale dell’Iran. Dal punto di vista tecnico, equivale a una dichiarazione di guerra. La decisione è stata presa in base a una precisa richiesta del Consiglio Superiore Audiovisivo della Francia, che non è l’Europa ma evidentemente ha molti poteri in merito, per quanto riguarda i satelliti che circolano intorno alla Terra e trasmettono i segnali su cui le televisioni iraniane avevano pagato gli abbonamenti. Se non sbaglio, nessuno fino ad ora ha dato la notizia – nessuno del mainstream, nessuno dei grandi giornali, nessuna delle catene televisive. Un ottimo esempio di come si realizza il pluralismo informativo in Occidente. E cioè: eliminando l’altra versione dei fatti.
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Stato-mafia: perseguitati i giudici che sfidano il potere
È bene dirlo con la massima chiarezza: le notizie sull’azione disciplinare avviata dal Pg della Cassazione contro i vertici della Procura di Palermo «ci parlano ormai di una vera e propria strategia persecutoria scatenata da alcuni organi dello Stato contro altri organi dello Stato preposti alla ricerca della verità nella lotta ai poteri criminali». Una strategia che finisce per «scardinare e delegittimare gli uffici giudiziari siciliani», in prima linea contro la mafia. Antonio Padellaro, direttore del “Fatto Quotidiano”, scende in campo per denunciare la “persecuzione” che si abbatte su Antonio Ingroia e Roberto Scarpinato: il primo, “giubilato” in America Latina e il secondo a rischio di trasferimento d’ufficio. La “colpa”: aver evocato il sospetto che l’oscura trattativa Stato-mafia sia costata la vita a Paolo Borsellino, in una pagina nera che a quanto pare qualcuno non vuole riaprire.
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Il ritorno di Berlusconi: nel 2013 sarà l’ago della bilancia
Non occorreva grande perspicacia per sapere con certezza che il Cainano sarebbe tornato anche ufficialmente a capo del Pdl. Bastava conoscere un po’ la sua indole, ma soprattutto guardare la faccia di Alfano e leggere le firme dei cervelloni che ne magnificavano le doti di leader, l’irresistibile ascesa, lo smarcamento da B., il programma anzi l’“agenda” per un “nuovo centrodestra” moderno, liberale, europeo, moderato, finalmente scevro da conflitti d’interessi, e vaticinavano per il Cavaliere un ruolo da “padre nobile”. Era chiaro a tutti, fuorché ad Alfano e ai laudatores di corte, che mai, per quanto acciaccato e bollito, il Cainano avrebbe consentito che quella nullità ambulante dilapidasse quel poco che resta del suo bottino elettorale. E che, al momento buono, sarebbe tornato in prima linea.
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La Fiat crolla: smentiti i maggiordomi di Marchionne
Mentre le cronache ormai descrivono il crollo verticale delle vendite Fiat, «con le redazioni che cadono sorpresissime dal pero», Pino Cabras si diverte a mettere in fila due articoli del 2010, scritti a ridosso del referendum di Pomigliano, «quando Otelma Marchionne ci regalava la previsione sbruffona di fare 6 milioni di auto l’anno, se solo i sindacati si fossero tolti dal suo scroto manageriale». Il primo servizio, del “Corriere della Sera”, descrive le posizioni del Pd; il secondo è un editoriale di Giulietto Chiesa. «Potrete apprezzare quanto le posizioni del Pd avessero i piedi saldamente appoggiati sulle nuvole – scrive Cabras su “Megachip” – e quanto invece l’articolo di Chiesa sia confermato alla virgola col passare degli anni». Due anni dopo, mentre la Fiat affonda, il Pd “suicida” la Costituzione votando il pareggio di bilancio, e «tiene il sacco a Otelma Monti quando vaneggia di numeri futuri come il tasso di crescita del 2020».
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Web nazionale: preparatevi, fra poco oscureranno Internet
Ho sentito parlare per la prima volta del concetto di Internet nazionale più di un decennio fa, durante una visita alla sede della Internet Corporation for Assigned Names e Numbers (Icann) dove si parlava delle minacce a Internet. Era evidente allora, ed è evidente oggi che la maggior parte dei paesi, compresi gli Stati Uniti, avrebbero alla fine spento il “World Wide” Web per utilizzare invece le tecnologie che la comunità Internet ha sviluppato per proteggersi da esso. Ciò risolverebbe gli infiniti problemi politici che il Web provoca in quasi tutti i paesi. Di nuovo, mi trovo qui ad includere gli Stati Uniti in questo movimento, dato che noi, come paese, stiamo ovviamente cercando di limitare e di controllare Internet.
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Ungheria: Frankenstein o la Bce, di che golpe morire?
Il 2 gennaio 2012 circa centomila ungheresi sono scesi in piazza per protestare contro la nuova Costituzione che è entrata in vigore proprio quel giorno. Come i “Ragazzi della Via Paal” si sono avviati a una battaglia già perduta, e i cui effetti si faranno sentire, drammaticamente, nei mesi a venire. È uno degli avamposti sperimentali dove la crisi europea sta arroventandosi e nei quali non è al momento possibile immaginare esiti e sviluppi. Un parlamento nelle mani del premier Viktor Orbán, e del suo partito personale, ha modificato radicalmente, avvalendosi di una schiacciante maggioranza, la legge fondamentale dello Stato ungherese.
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Dovevamo arrenderci: lo decise la Cia già al G8 di Genova
Manovre lacrime e sangue per tutti tranne che per la “casta” mondiale, sovranità limitata o revocata, bavaglio universale all’informazione. Sindacati neutralizzati, banchieri al governo e partiti-fantasma ormai agli ordini dei signori dell’economia. Quello che oggi chiamiamo crisi era stato largamente previsto, dagli stessi super-poteri che, già nel 2001, prima ancora dell’11 Settembre, si preoccuparono di disinnescare sul nascere una potenziale bomba democratica planetaria, quella del movimento no-global. Diritti contro soprusi, cittadinanza contro privatizzazione. In altre parole: anticorpi civili per difendersi dalla globalizzazione selvaggia. Profeticamente, li pretendeva il “popolo di Seattle”. Fu fermato appena in tempo e nel modo più brutale, con il bagno di sangue noto come G8 di Genova.
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Erri De Luca: non illudetevi, i giovani chiedono giustizia
«Le devastazioni nel centro della capitale sono danni collaterali: c’è una ragione molto più forte di quei danni, una ragione che può oscurare i poteri costituiti». Il pericolo: «La lotta armata», il fantasma che si nasconde dietro alla legge Reale evocata da Di Pietro per ridurre, insieme a Maroni, la libertà di manifestare. «Quella legge ha incrementato la lotta armata: il rischio è sempre quello di costringere a reagire». Lo scrittore Erri De Luca, in visita al centro sociale studentesco “Bartleby” di Bologna, non ha dubbi su quello che potrebbe significare la reintroduzione di norme liberticide: per lui, che da membro di spicco di “Lotta Continua” non volle seguire le sirene del terrorismo quando il gruppo dell’extra-sinistra si sciolse, quella legge porterebbe solo a radicalizzare lo scontro, mettendo a tacere le piazze e rischiando di trasformare la guerriglia urbana in terrorismo.
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Wikileaks, choc e illusioni: la prima vittima sarà il web
Ora che ci dicono che con le prime nuove soffiate di Wikileaks sta esplodendo «l’11 settembre della diplomazia» ovvero «l’11 settembre di internet», deve valere una premessa: non ci sono individui, e neanche organizzazioni, che siano in grado di leggere 250mila documenti in breve tempo. Quindi ci arriva solo un flusso filtrato di documenti. E chi lo filtra, per ora, è la vecchia fabbrica dei media tradizionali. Se di un 11 settembre si trattasse, saremmo nella fase del trauma mediatico iniziale, quella che ci dà l’imprinting, l’apprendimento base del nuovo mondo su cui ci affacciamo e delle nuove credenze sulle quali far fede. Una volta educate le menti con questo shock, le sue riletture successive andranno controcorrente e perciò partiranno sfavorite.
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Allarme informazione: in pericolo metà delle web-tv
C’è una mannaia che starebbe per abbattersi sulle tanti voci libere che popolano la rete, piccole grandi antenne espressione della videopartecipazione dal basso. Una mannaia che metterebbe a rischio la sopravvivenza delle centinaia di micro web tv e web radio nate per passione in ogni angolo del Paese. A quanto anticipato proprio da Wired.it – e le indiscrezioni purtroppo hanno trovate le prime conferme – nella sera di giovedì 11 novembre l’Agcom avrebbe determinato il rimborso spese per l’istruttoria che ogni aspirante editore di contenuti audiovisivi dovrebbe sostenere: gli importi di cui si parla oggi sono tra i 750 e i 1.500 euro.
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L’eterno bavaglio italiano, dalla Notte della Repubblica
L’esordio della manifestazione contro la legge-bavaglio svoltasi a Roma il 1° luglio non è propriamente stato dei più felici, al suono dell’inno nazionale, invece che con “Bella ciao” come, sommessamente, aveva proposto l’Anpi. Così è iniziata quella che è stata, ambiziosamente, la “giornata di resistenza civile del ventunesimo secolo”, ma che in realtà si è ridotta ad una passerella di politici, giornalisti di professione e personaggi dello spettacolo ad uso e consumo di un’improbabile società civile in difesa di una libertà di informazione morta e sepolta ben prima che si parlasse del disegno di legge sulle intercettazioni. Gli unici frammenti di tragica autenticità l’hanno offerti i familiari di Stefano Cucchi e Federico Aldrovandi a nome dei tanti condannati a morte dallo stato italiano.