Archivio del Tag ‘Barack Obama’
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Strage in Siria, Assad nel panico fa sparare sulla protesta
Anche la Siria è in fiamme: almeno 100 morti sono il tragico bilancio della protesta del “venerdì santo”, soffocata dalla feroce repressione scatenata il 22 aprile che ha suscitato le proteste di Usa e Onu. Libertà e democrazia, elezioni, via la censura e la legge marziale che schiaccia il paese da decenni. Risposte: prima promesse vane e ora pallottole, con l’esercito in campo a sparare sulla folla inferocita, nel paese-chiave del Medio Oriente, in bilico fra Turchia e Iran e in attrito permanente con Israele. Il presidente Bashar Assad non sa rispondere alla protesta con validi argomenti e ricorre alla violenza più brutale, prenotando probabilmente il suo suicidio politico, in un autentico bagno di sangue.
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Salvare la Libia: via alla missione Onu contro Gheddafi
Bombardare Gheddafi, col via libera delle Nazioni Unite: dopo infinite esitazioni, il 17 marzo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione 1973 che impone l’attesa “no-fly zone” sui cieli della Libia e prevede «tutte le necessarie misure per proteggere la popolazione civile», tranne un’invasione di terra. Immimente, secondo la Francia, l’avvio dei raid aerei della Nato. E la Bbc non esclude un primo intervento dell’aviazione britannica già il 18 marzo, per colpire le artiglierie che stanno cingendo d’assedio Bengasi, la capitale degli insorti. E’ la svolta nella tragedia libica, accolta con scene di giubilo nella città assediata, dove migliaia di manifestati si sono riversati in strada.
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Guerra contro Gheddafi: più vicino l’intervento della Nato
Armare i ribelli e impedire a Gheddafi di alzare in volo aerei ed elicotteri. Si fa sempre più concreta l’ipotesi di un intervento armato della Nato per scongiurare un disastro umanitario in Libia. Dopo il summit del 28 febbraio a Ginevra i membri dell’Alleanza atlantica stanno valutando diverse opzioni di intervento, compresa la creazione di una “no-fly zone”. Per quanto riguarda gli scenari futuri, gli Usa non escludono “l’esilio” del Colonnello, un’ipotesi questa su cui il premier italiano Berlusconi invita alla cautela. Per il momento però la controffensiva delle forze fedeli al dittatore libico ha impedito ai rivoltosi di raggiungere Tripoli ed espugnare la roccaforte del regime.
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Raid Nato in Libia per stroncare la resistenza di Gheddafi?
La Nato si prepara a intervenire in Libia per dare manforte ai ribelli anti-Gheddafi che stanno liberando il paese. Missione militare umanitaria: questa la formula dell’intervento armato che sembra si stia preparando in tutta fretta. Forse anche un raid aereo sui bunker di Tripoli per liquidare il Colonnello e stroncarne la sanguinosa resistenza a oltranza. La notizia trapela il 25 febbraio, di prima mattina: il segretario generale dell’Alleanza Altantica, Anders Fogh Rasmussen, ha convocato una riunione d’emergenza. In prima linea, inglesi e francesi: il premier britannico Cameron si è detto pronto anche all’impiego di forze speciali: per una possibile missione “chirurgica”?
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Perché l’Occidente non ferma il Macellaio di Tripoli
Quando il Colonnello era il «cane rabbioso del Medio Oriente» (Ronald Reagan, aprile 1986), in molti sognavano un regime change a Tripoli. La Libia era uno stato canaglia ante litteram. Americani e britannici ci hanno anche provato. Ma adesso che Gheddafi ha (quasi) compiuto il percorso di riabilitazione, l’occidente assiste a malincuore alla sua caduta. E la richiesta della delegazione libica all’Onu di «intervenire per fermare il genocidio» per ora cade nel vuoto. L’Italia è un caso limite. Solo Silvio Berlusconi in questi giorni ha avuto la delicatezza di non «disturbare» il Colonnello.
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Wikileaks, gli Usa: Berlusconi danneggia l’Italia
«Il premier Silvio Berlusconi con le sue frequenti gaffes e la scelta sbagliata delle parole» ha offeso nel corso del suo mandato «quasi ogni categoria di cittadino italiano e ogni leader politico europeo», mentre «la sua volontà di mettere gli interessi personali al di sopra di quelli dello Stato ha leso la reputazione del Paese in Europa e ha dato sfortunatamente un tono comico al prestigio dell’Italia». Parola dell’ambasciatore uscente Ronald Spogli, che nel febbraio del 2009 fotografa così il caso-Italia in un dispaccio confidenziale a Hillary Clinton. Non sono ancora scoppiati i casi Noemi, D’Addario e Ruby, ma Berlusconi è già precipitato nella stima degli americani. Lo rivelano 4.000 cablogrammi di Wikileaks, presentati in esclusiva da “L’Espresso” in collaborazione con “Repubblica”.
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Via Mubarak, incognita Mediterraneo: l’ora della Turchia
Dopo la Tunisia, l’Egitto: e adesso trema l’Algeria insieme allo Yemen, mentre anche il Marocco scende in piazza a festeggiare la caduta di Mubarak insieme alle folle libanesi, giordane e palestinesi. Si sgretola la geografia post-coloniale di Nord Africa e Medio Oriente, congelata per cinquant’anni: da una parte le autocrazie petrolifere arabe commissariate dagli Usa, dall’altra la supremazia militare di Israele nella regione. Unica forza estranea al composito quadro che ora va disgregandosi, la potenza iraniana dell’Islam sciita: a sua volta destabilizzata dalle recenti pulsioni democratiche represse nel sangue, la Persia di Ahmadinejad tenta di attribuirsi meriti per la svolta egiziana, festeggiandola con Hamas a Gaza ed Hezbollah in Libano, mentre sale il prestigio del possibile stato-guida di domani, la Turchia.
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L’élite eversiva e il naufragio dell’Italia, nave dei folli
Josè Saramago nella “Zattera di pietra” immagina che la penisola iberica si stacchi dal Continente e vaghi per l’oceano Atlantico come un’isola ribollente di contrasti e di passioni. Forse non ce ne siamo accorti ma il cataclisma raccontato dal premio Nobel portoghese sta accadendo alla nostra Italia che si è staccata da quasi due decenni dall’Europa e naviga come una nave piena di pazzi nel Mediterraneo. Il prodigio è stato compiuto da un uomo anziano e vigoroso che, a capo di una ciurma nordista, ha segato i confini che ci tenevano legati a un mondo che ci guarda al di là delle Alpi stupefatto e persino divertito.
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Israele vuol salvare Mubarak: appello a Usa ed Europa
Il presidente egiziano assediato dalla protesta, commissariato dai militari e scaricato dalla Casa Bianca scopre di avere un nuovo alleato: Israele. Il governo di Tel Aviv ha fatto pervenire un messaggio confidenziale agli Stati Uniti e ad alcuni paesi europei, chiedendo loro di sostenere Mubarak e il suo governo. Secondo il quotidiano israeliano “Haaretz”, il governo Netanyahu sottolinea che è «interesse dell’Occidente», e di tutto il Medio Oriente, «mantenere la stabilità del regime in Egitto». Secondo Israele, «occorre di conseguenza mettere un freno alle critiche pubbliche contro il presidente Hosni Mubarak», il cui autoritarismo è stato clamorosamente smascherato a furor di popolo.
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Obama, l’Egitto e la dura legge imposta da Israele
Hosni Mubarak è un signore di 82 anni. Le manifestazioni di questi giorni hanno dimostrato, poi, quanto il popolo egiziano lo ama. Facendo queste due semplici considerazioni, ieri sera il presidente degli Stati Uniti ha fatto un discorso in cui ingiunge, con fare piuttosto autoritario, a Hosni Mubarak a fare delle “riforme” e a “dialogare” con il popolo. Questo non vuol dire mandare via Hosni Mubarak dopo 30 anni di fedele servizio; ma è una bella bacchettata a un impiegato che non ha saputo fare il suo mestiere. Così, quando Hosni Mubarak se ne andrà, o in Arabia Saudita o direttamente in Paradiso, la colpa non sarà data agli Stati Uniti.
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Il Telegraph: gli Usa conoscevano il piano anti-Mubarak
Gli Usa erano al corrente del piano segreto per far cadere il regime di Mubarak, messo a punto da tutte le opposizioni. Obiettivo: rovesciare il “faraone” e instaurare un regime democratico capace di assicurare libere elezioni in vista delle presidenziali 2011. Lo rivela il quotidiano britannico “The Telegraph”, proprio mentre il presidente americano Barack Obama chiede a Mubarak di rispondere coi fatti alle promesse annunciate in televisione nella drammatica serata del 28 gennaio. «Un insulto all’intelligenza degli egiziani» secondo il Premio Nobel per la Pace Mohammed El Baradei, ancora agli arresti domiciliari, deluso dalla mossa di Mubarak: «Non basta che cambi il governo, è lui che deve andarsene».
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Padrone debole, vassalli morti: l’Impero sta franando
L’Egitto è in fiamme e il regime di Mubarak è alle corde. È la terza rivolta popolare che scuote le rive del Mediterraneo in poche settimane. Tunisia, Albania, Egitto. Più in là Algeri. A prima vista non c’è connessione tra le tre situazioni. A prima vista Berisha, Ben Alì e Mubarak sono tre problemi del tutto sconnessi tra di loro. Ma certe “serie” difficilmente sono del tutto casuali. L’impressione è che una stessa onda – al tempo stesso di inquietudine e di speranza – stia volando sull’intera area. Questa impressione potrebbe avere un’origine non immediatamente visibile, ma unica: stiamo assistendo al manifestarsi di una grande crepa nell’un tempo solida muraglia egemonica dell’Impero.