Archivio del Tag ‘banche’
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Magaldi: Galloni e Rinaldi nei ministeri, contro la tecnocrazia
Tecnici per la democrazia e contro la tecnocrazia: come il leghista Armando Siri, appena nominato sottosegretario alle infrastrutture. Ma nella squadra ci sono anche gli economisti Nino Galloni e Antonio Maria Rinaldi, insieme a Claudio Quaranta e Aldo Storti. Nomi caldamente raccomandati da Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, in piena trasparenza: ci stiamo adoperando, spiega, per inserire personaggi-chiave nella nuova macchina governativa. Obiettivo: «Supportare il governo Conte e i suoi ministri, lungo l’esaltante ma insidiosissima traiettoria che li attende». Secondo Magaldi, servono esperti e tecnici di grande spessore anche nei gangli più decisivi e meno in vista, costituiti dalle super-burocrazie ministeriali: capi di gabinetto, dirigenti generali, funzionari superiori. «Hanno il compito fondamentale di supportare i membri dell’esecutivo giallo-verde nel conseguimento dei loro importanti obiettivi». Per far funzionare adeguatamente le macchine ministeriali del nuovo governo – economia e sviluppo economico, lavoro e politiche sociali, infrastrutture e trasporti, affari europei – secondo Magaldi «occorrono degli esperti-tecnici ispirati da un ideale di democrazia sostanziale, da una ferrea lealtà istituzionale verso la Costituzione repubblicana e da un’attenzione sollecita verso l’interesse del popolo sovrano».Nomi autorevoli, che sempre «sarebbero utilissimi al back-office ministeriale del governo Conte», come anticipato dallo stesso Magaldi a “Colors Radio”, nel formulare la prima “cinquina”. Il primo della lista è ovviamente Nino Galloni, vicepresidente del Movimento Roosevelt: economista post-keynesiano allievo di Federico Caffè, Galloni è stato un altissimo dirigente del back-office ministeriale italiano, già impegnato a contrastare l’impianto del Trattato di Maastricht, denunciato come sfavorevole all’Italia. Poi c’è Antonio Maria Rinaldi, altro docente universitario, allievo di Paolo Savona e creatore del newsmagazine “Scenari Economici”: già consulente e collaboratore di diverse banche private e della Consob, Rinaldi è stato anche direttore generale della Sofid, società “capogruppo finanziaria” dell’Eni. Altro nome: Claudio Quaranta, già importante funzionario in aziende del gruppo Iri, l’Istituto per la Ricostruzione Industriale malamente smantellato a suo tempo da Romano Prodi. Quaranta è un esperto di risorse umane e organizzazione gestionale; oggi è l’amministratore unico di Ics Group e coordinatore del progetto politico “Unione di Scopo”.Armando Siri? «Particolarmente adatto a un incarico viceministeriale, in questa fase», l’ha definito Magaldi, a poche dalla nomina. Per il futuro, il presidente del Movimento Roosevelt vede in Siri «un eccellente ministro dell’economia e finanze, o un titolare di altri dicasteri importanti». Neo-senatore eletto nelle fila della Lega, è l’ispiratore e curatore della «originalissima e benemerita» Scuola Politica del Carroccio. Magaldi considera Siri «tra i più importanti artefici della svolta della Lega in senso nazionale e della trasformazione del suo paradigma politico-economico in senso post-keynesiano, con inclusa proposta della Flat Tax: elementi “social”, quindi, positivamente contaminati con suggestioni autenticamente “liberali” di riduzione drastica delle aliquote fiscali». L’ultimo nome della “prima cinquina” proposta da Magaldi è quello di Aldo Storti, socio fondatore del Movimento Roosevelt nel 2015: ingegnere versato anche in studi umanistici, Storti è definito «intellettuale raffinato e studioso di tradizioni sapienziali occidentali e orientali». E’ il responsabile della regia tecnica della “Scuola politica della Lega”, nonché consulente in scienza della comunicazione e analisi socio-politiche. «La prospettiva pedagogica e culturale di area rooseveltiana – chiosa Magaldi – intende promuovere un nuovo ethos politico-civile». Tradotto: anziché tramare nell’ombra per le poltrone, è il caso di podurre esternazioni trasparenti, per rendere pubblico ciò che solitamente viene detto solo in privato.Tecnici per la democrazia e contro la tecnocrazia: come il leghista Armando Siri, appena nominato sottosegretario alle infrastrutture. Ma nella squadra dei virtuosi ci starebbero anche gli economisti Nino Galloni e Antonio Maria Rinaldi, insieme a Claudio Quaranta e Aldo Storti. Nomi caldamente raccomandati da Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, in piena trasparenza: ci stiamo adoperando, spiega, per inserire personaggi-chiave nella nuova macchina governativa. Obiettivo: «Supportare il governo Conte e i suoi ministri, lungo l’esaltante ma insidiosissima traiettoria che li attende». Secondo Magaldi, servono esperti e tecnici di grande spessore anche nei gangli più decisivi e meno in vista, costituiti dalle super-burocrazie ministeriali: capi di gabinetto, dirigenti generali, funzionari superiori. «Hanno il compito fondamentale di supportare i membri dell’esecutivo giallo-verde nel conseguimento dei loro importanti obiettivi». Per far funzionare adeguatamente le macchine ministeriali del nuovo governo – economia e sviluppo economico, lavoro e politiche sociali, infrastrutture e trasporti, affari europei – secondo Magaldi «occorrono degli esperti-tecnici ispirati da un ideale di democrazia sostanziale, da una ferrea lealtà istituzionale verso la Costituzione repubblicana e da un’attenzione sollecita verso l’interesse del popolo sovrano».
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Avete idea di cos’era l’Italia, quando aveva la Montedison?
Probabilmente ci sarebbero un milione di posti lavoro in più in Italia, se non fosse stata “suicidata” la Montedison di Raul Gardini. Era il primo gruppo industriale privato italiano, ricorda Mitt Dolcino: la Fiat, all’epoca, era ben lontana dalle vette dei grandi gruppi di Stato come Eni, Stet (Telecom), Enel e forse la stessa Sme (agroindustriale). «Oggi che si è insediato il primo governo eletto non a seguito di influenze esterne – inclusa l’ingerenza della magistratura (ossia Tangentopoli) – dobbiamo ragionare freddamente su cosa successe veramente con Raul Gardini», scrive Dolcino su “Scenari Economici”. «La situazione oggi è talmente grave che qui ci giochiamo l’italianità». Infatti non è un caso – aggiunge l’analista – che Montedison alla fine fu conquistata e spolpata proprio dai francesi, guardacaso gli stessi che, secondo il giudice Rosario Priore, attentarono alla sovranità italiana durante “l’incidente” di Ustica, e che oggi «sembrano distribuire la Legion d’Onore ad ogni notabile italiano che va contro gli interessi del Belpaese». Caduto il Muro di Berlino, di fatto, l’Italia perse la protezione degli Usa. «E l’Europa, la stessa che oggi ci bastona, organizzò il banchetto dato dalle privatizzazioni italiane a saldo (con Draghi, che casualmente fece una fulgida carriera, ad organizzare il piano sul Britannia)».
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Il fantasma di Monti incombe sulla democrazia gialloverde
L’Italia è quel paese in cui l’austero professor Mario Monti è senatore a vita. E dal suo scranno, può permettersi di ammonire – retroattivamente – il popolo italiano che già stritolò nel 2011: ricordavi, avverte, di quello che potrebbe capitarvi anche nel 2018, se non righerete dritti. Nella sua visione grottesca della politica, Monti arriva a fregiarsi dell’infima gloria sinistra del gauleiter, il grigio reggente regionale che si presenta come il male minore rispetto truce Führer: senza la mia purga sanguinosa, allora, vi sarebbe toccata quella della Troika, il nuovo potere imperiale che regna sull’Europa senza alcun mandato e dispone della vita e della morte delle economie, delle società, delle democrazie. E’ come se dicesse: io sono lo spread, la punizione biblica per voi miscredenti, non abbastanza timorati della vendetta degli déi. Un lessico che ricorda quello, altrettanto cupo, maneggiato dal presidente della Repubblica nel vietare a Paolo Savona l’ingresso al ministero dell’economia: guai a chi osa sfidare il potere supremo della divinità che è l’unico arbitro del nostro destino, ben al di sopra della sciocca e pericolosa presunzione degli elettori, che si credono sovrani. Non sanno, gli stolti, che ben altri poteri sovrastano la risibile finzione confederale chiamata Unione Europea, con i suoi Parlamenti nazionali ormai solo decorativi?Si è ribaltato l’universo, nella percezione della maggioranza degli elettori italiani – ai quali, incredibilmente, è ancora concesso il diritto formale di voto. Si è capovolto il pianeta, nella testa di milioni di cittadini (la maggioranza), se è vero che sono stati capaci di mandare a casa gli storici camerieri del regime, travestiti da politici. Eppure, Mario Monti si offre al pubblico nella sua invariata fissità statuaria, con il suo identico verbo altrettanto mortuario: crisi e rigore, senza alternative. E il suo alter ego al femminile, Elsa Fornero, autrice della più famigerata riforma degli ultimi anni, ha facoltà di parola – ogni settimana – nei salotti televisivi, dove viene regolarmente interpellata come una sorta di nume della saggezza, insieme agli altri professori della sciagura nazionale fondata sui tagli al bilancio in nome dei conti del salumiere europeo, la premiata macelleria di Bruxelles. Uno spettacolo, quello delle figure marmoree detronizzate, che gli addetti al culto mediatico non riescono ad accettare: smarriti, si rifugiano nella pretesa sapienza di colleghi e sacerdoti di rito ortodosso, sedicenti giornalisti e pomposi analisti – gli stessi che applaudirono il pontefice Monti, l’inviato speciale degli Inferi, e poi la sue versioni annacquate e letargiche, il mite Letta e il torpido Gentiloni, passando per l’imbarazzante fanfarone di Rignano sull’Arno, spacciato per rigeneratore libertario della provincia italiana dell’impero medievale.E mentre il Parlamento incorona i nuovi governanti, insieme alla loro spericolata ipotesi di riforma radicale del sistema, le parrocchie televisive – per reagire all’affronto – affollano gli studi di politici di ieri, mesti cantori del “tua culpa” e supporter del passato, infidi scrutatori mai imparziali di un mondo che non esiste più. E’ il lutto a reti unificate a dominare il cosiddetto mainstream, tramortito dall’insolenza inconcepibile dell’elettore medio, che ai faccendieri dell’impero stavolta ha preferito i masanielli del nord e del sud, isole comprese. E’ elusa, come sempre, la domanda madre: perché accade tutto questo? Perché hanno tradito la casalinga e l’operaio, l’imprenditore e lo studente, il precario e il disoccupato? Perché hanno smesso, riprovevolmente, di riporre la loro fede nei disciplinati ed eleganti maggiordomi dell’ineffabile zarismo di Bruxelles? Temendo la risposta, gli uscieri del mainstream trovano facile accanirsi, fin da subito, sulle presunte incongruenze dei neo-eletti, la loro scarsa dimestichezza con i sacramenti dell’ufficialità. E lasciano l’Italia a fari spenti, in una notte in cui riappare l’ectoplasma del disastro, Mario Monti. Il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio, con annessa maledizione egizia per i profanatori del santuario del rigore.L’impero regna ancora: ha perso il Parlamento, non la banca. Né le parole – false – che ha forgiato nei decenni, raccontando che al declino non si sfugge: lo schiavo non può mai cambiare il suo destino. Era una fiaba nera, che lentamente è diventata verità di piombo. Sanno, gli incantatori, che le parole hanno un potere fondativo. Sanno benissimo, i fabbricanti di “fake news”, quanto determinante sia la narrazione degli eventi. Sono perfettamente consapevoli che basterebbe poco, un niente, per invertire il corso delle cose, il sentimento del presente. Pace e fiducia basterebbero a sfrattare la paura, la principale leva su cui fonda il suo potere il verbo eternamente minaccioso di un impero che ha ridotto il vecchio continente a una congrega di impostori e di meschini, così codardi da tremare al semplice sussulto di un paese che si affida a portavoce per una volta alieni, non mafiosi e non ancora compromessi, non partoriti dalla filiera dell’oligarchia che ha preso il posto, ovunque, della democrazia dei tempi andati, il cui fantasma turba il sonno dei gerarchi e dei loro datori di lavoro. Piramidi nefaste, di un business che si avventa sugli Stati per spolparli, invocando la norma religiosa della privazione come dogma. E si prepara a dispiegare tutta la potenza che gli resta per minacciare e scoraggiare, spaventare la popolazione insorta. Nella pericolosa guerra che si annuncia, par di capire che saranno proprio le parole – ancora – a disputare una battaglia decisiva, in nome della verità che questa pseudo-Europa ha costretto alla più dura clandestinità.L’Italia è quel paese in cui l’austero professor Mario Monti è senatore a vita. E dal suo scranno, può permettersi di ammonire – retroattivamente – il popolo italiano che già stritolò nel 2011: ricordavi, avverte, di quello che potrebbe capitarvi anche nel 2018, se non righerete dritti. Nella sua visione grottesca della politica, Monti arriva a fregiarsi dell’infima gloria sinistra del gauleiter, il grigio reggente regionale che si presenta come il male minore rispetto truce Führer: senza la mia purga sanguinosa, allora, vi sarebbe toccata quella della Troika, il nuovo potere imperiale che regna sull’Europa senza alcun mandato e che dispone della vita e della morte delle economie, delle società, delle democrazie. E’ come se dicesse: io sono lo spread, la punizione biblica per voi miscredenti, non abbastanza timorati della vendetta degli déi. Un lessico che ricorda quello, altrettanto cupo, maneggiato dal presidente della Repubblica nel vietare a Paolo Savona l’ingresso al ministero dell’economia: guai a chi osa sfidare il potere supremo della divinità che è l’unico arbitro del nostro destino, ben al di sopra della sciocca e pericolosa presunzione degli elettori, che si credono sovrani. Non sanno, gli stolti, che ben altri poteri sovrastano la risibile finzione confederale chiamata Unione Europea, con i suoi Parlamenti nazionali ormai solo decorativi?
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Il Papa con le Sette Sorelle. E manda Parolin al Bilderberg
Papa Francesco spedisce a Torino alla riunione del Bilderberg il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano, mentre – negli stessi giorni, il 6-7giugno – promuove a Roma un inedito summit con le Sette Sorelle e alcuni super-boss della finanza globale, come Larry Fink del fondo BlackRock. Maurizio Blondet lo definisce «improvviso interesse della centrali globaliste per l’Italia». La notizia: rispondono all’appello del pontefice i capi supremi delle multinazionali del greggio, insieme alle loro finanziarie ausiliarie transnazionali. L’incontro è ovviamente a porte chiuse, come quello quello del Bilderberg, al quale sono invitati Lilli Gruber, Lucio Caracciolo di “Limes” e l’economista Alberto Alesina di Harvard, insieme ad Elena Cattaneo dell’ateneo milanese, Vittorio Colao di Vodafone, Mariana Mazzuccato dell’University College di Londra e il solito John Elkann. Ma l’incontro tra Francesco e i petrolieri? Come mai il Papa delle periferie e dell’accoglienza verso i migranti «si riunisce in privato coi più potenti capitalisti e miliardari globalisti, ossia attivi promotori delle feroci iniquità del capitalismo terminale? “Chiedetelo a loro”, vien voglia di dire, parafrasando lo slogan dell’8 per Mille», scrive Blondet sul suo blog, interpreando come un pretesto il tema dichiarato del vertice: l’emergenza climatica, dopo il ritiro di Trump dagli accordi sulle emissioni climalteranti.All’incontro promosso da Bergoglio ci sarà Fink, cioè il capo del più grande fondo d’investimento del pianeta: un patrimonio gestito di 6,3 trilioni di dollari, conferma il “Corriere della Sera”, pari al Pil di Francia e Spagna messe insieme, quasi tre volte il nostro debito pubblico. La “roccia nera” deve la sua fortuna alla gestione patrimoniale: fondi pensione, banche, Stati. E’ anche il primo investitore straniero in Europa (e in Italia), azionista di peso in Deutsche Bank, Intesa SanPaolo, Bnp e Ing, senza contare altri settori chiave come energia, chimica, trasporti, agroalimentare, aeronautica e immobiliare. Il mega-fondo, scrive il “Fatto Quotidiano”, ha messo gli occhi sul business dei sistemi pensionistici europei non ancora privatizzati: «Spinge la Commissione Ue a varare un piano di previdenza privata, poi gestisce il primo progetto pilota». Notare: BlackRock ha immediatamente dato un giudizio “negativo” sul nuovo governo italiano, provocando l’impennata dello spread favorita dalla Bce e poi subito frenata da Jp Morgan e Citigroup, colossi finanziari ritenuti più vicini a Trump, che ha schierato in Italia il fido Steve Bannon per aiutare Conte (e Savona) a superare lo “scoglio” Mattarella.Gli altri invitati da Bergoglio nel “privato conciliabolo”, aggiunge Blondet, sono Bob Dudley, numero uno della British Petroleum (fatturato, 240 miliardi di dollari) nonché Darren Woods di Exxon Mobil. «Incidentalmente, sono le due compagnie più inquinatrici della storia», scrive Blondet, avendo la Bp accettato di pagare 1,8miliardi di dollari per uno sversamento-monstre nel Golfo del Messico nel 2010, che ha distrutto l’attività della pesca in quel vasto tratto. «E della Exxon si ricorda il disastro della superpetroliera Exxon Valdez, 1989, che ha inquinato il mare dell’Alaska». Ma non è tutto: “El Papa” voleva riunirsi anche con Ben Van Beurden della Royal Dutch Shell” (che ha declinato), mentre ci sarà Eldar Sætre di Equinor, la petrolifera privatizzata parzialmente posseduta dal governo norvegese, e con lui lord John Browne, oggi presidente esecutivo della petrolifera L1 Energy. «E non mancherà – come poteva? – Ernest Moniz, già segretario all’energia sotto l’allora presidente Obama». Secondo Blondet, notoriamente critico verso Papa Francesco, la presenza di Moniz è la conferma del fatto che Bergoglio «è uno strumento volontario e attivista (un “asset”, dicono alla Cia) della multiforme strategia dell’asse Clinton-Obama».Secondo Blondet, Papa Francesco – in accordo con clintoniani e obamiani – vorrebbe «depurare la Chiesa degli aspetti sacramentali e soprannaturalistici che ne impediscono la “fusione-acquisizione” col protestantesimo». Una fusione che produrrebbe «un “cristianesimo generico” funzionale all’ideologia globalista: umanitaria (nel senso degli “interventi umanitari”), moralistica (no alla “corruzione dei politici” – Mani Pulite nel Mondo, come propone il cardinal Maradiaga, braccio destro di Francesco), climatica e ambientalista». In altre parole, sempre secondo Blondet, la Chiesa verrebbe trasformata in una sorta di «super-Ong “umanitaria” dedita alla salvezza del pianeta e protettrice delle immigrazioni di massa pianificate, contro la sovranità di ogni Stato». Dalle scarne notizie filtrate, aggiunge Blondet, si apprende che a Roma i petrolieri non parleranno con Francesco solo di clima, ma anche di investimenti: «Il Papa, BlackRock e le grandi compagnie petrolifere si stanno sempre più concentrando sul cambiamento climatico», recita un comunicato ufficiale, «in quanto fonti di energia più pulite sono diventate più competitive, e la pressione del pubblico su questa tema sta crescendo».Capito? Il primo fondo d’investimento del mondo – scrive Blondet – è pronto a saltare sulle energie alternative insieme alle Sette Sorelle, perché stanno diventando “competitive” sul piano economico, attraenti per i capitali liquidi americani. Questo richiede investimenti enormi di riconversione delle mega-infrastrutture, e un cambio di paradigma fra le popolazioni, «ossia una grande operazione di psico-propaganda che bolli l’uso del petrolio come immorale verso il pianeta». Dunque, dice ancora Blondet, gli investitori «devono assicurarsi che l’autorità morale per eccellenza faccia parte del piano, collabori con le Finestre di Overton che lorsignori apriranno, e cominci a predicare per le energie “pulite” (o sedicenti tali) e anatemizzare le “inquinanti” (o cosiddette: si veda l’improvvisa campagna occidentale conto il motore diesel)». A Francesco – chiosa Blondet, sacrastico – sarà richiesto di aggiungere alla lista dei Dieci Comandamenti anche il “peccato capitale” dell’uso di energie su cui gli investitori “amici” avranno smesso di investire?A organizzare gli incontri è stata l’università di Notre Dame dell’Indiana, la cui “business school” sta promuovendo una “climate investing iniziative”, che Blondet definisce «una iniziativa di investimento sul terrorismo climatico». Il direttore della business school, Leo Burke, non ha voluto commentare la riunione papale di cui pare essere stato il manovratore: con un’email, ha ricordato a Blondet che ogni incontro sull’energia che implica il Vaticano sarà un dialogo privato con gli invitati. «Esattamente la risposta che dà, da sempre, l’ufficio stampa del Bilderberg». Un portavoce Exxon ha invece risposto: la compagnia «spera che questo tipo di dialogo svilupperà soluzioni per la doppia sfida: gestire il rischio del cambiamento climatico e contemporaneamente soddisfare la domanda crescente di energia, che è essenziale per alleviare la povertà e migliorare gli standard di vita nel mondo in via di sviluppo». Ancora Blondet, ironico: «A tutti è nota l’ansia di Exxon per alleviare la povertà nel Terzo Mondo».Papa Francesco spedisce a Torino alla riunione del Bilderberg il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato del Vaticano, mentre – negli stessi giorni, il 6-7 giugno – promuove a Roma un inedito summit con le Sette Sorelle e alcuni super-boss della finanza globale, come Larry Fink del fondo BlackRock. Maurizio Blondet lo definisce «improvviso interesse della centrali globaliste per l’Italia». La notizia: rispondono all’appello del pontefice i capi supremi delle multinazionali del greggio, insieme alle loro finanziarie ausiliarie transnazionali. L’incontro è ovviamente a porte chiuse, come quello quello del Bilderberg, al quale sono invitati Lilli Gruber, Lucio Caracciolo di “Limes” e l’economista Alberto Alesina di Harvard, insieme ad Elena Cattaneo dell’ateneo milanese, Vittorio Colao di Vodafone, Mariana Mazzuccato dell’University College di Londra e il solito John Elkann. Ma l’incontro tra Francesco e i petrolieri? Come mai il Papa delle periferie e dell’accoglienza verso i migranti «si riunisce in privato coi più potenti capitalisti e miliardari globalisti, ossia attivi promotori delle feroci iniquità del capitalismo terminale? “Chiedetelo a loro”, vien voglia di dire, parafrasando lo slogan dell’8 per Mille», scrive Blondet sul suo blog, interpretando come un pretesto il tema dichiarato del vertice: l’emergenza climatica, dopo il ritiro di Trump dagli accordi sulle emissioni climalteranti.
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Zingales a Mattarella: decide la democrazia, non i mercati
«La decisione del presidente italiano di respingere un governo eletto non ha senso né dal punto di vista economico né da quello politico». Lo afferma l’economista bocconiano Luigi Zingales, docente universitario a Chicago e, nel 2011, favorevole al rigore imposto all’Italia dall’Ue attraverso Mario Monti. Oggi Zingales non è più un teorico dell’austerity. Lo dimostra nel modo più esplicito, firmando un’analisi su “Foreign Policy” dopo l’inaudito siluramento del governo Conte attuato in prima battuta da Mattarella. «Nel 20° secolo, quando i risultati elettorali non risultarono graditi all’élite dominante e ai suoi alleati internazionali, scesero in strada i carri armati», scrive il professore. «Nel 21° secolo la reazione è meno cruenta, ma non per questo meno aggressiva. Invece dei carri armati, viene usato il mercato delle obbligazioni». È quello che è successo in Italia il 27 maggio, «quando un governo appoggiato da una maggioranza parlamentare è stato bloccato dal presidente della Repubblica, per il timore di come il mercato obbligazionario avrebbe potuto reagire alla nomina dell’ex dirigente della Banca d’Italia, Paolo Savona, di ottantuno anni, designato come ministro dell’economia». La colpa di Savona? «Avere sviluppato un piano di emergenza per l’uscita dall’euro, nel caso che questa avvenisse. È come se il presidente degli Stati Uniti licenziasse un ministro della difesa perché appronta un piano di emergenza in caso di guerra nucleare con la Corea del Nord».Al contrario, scrive Zingales, «entrambi avrebbero dovuto invece essere elogiati per la loro previdenza». Ma ammettiamo pure che Mattarella avesse ragione, e che la nomina di Savona potesse scatenare il panico nel fragile mercato obbligazionario italiano. Allo stesso modo, aggiunge il professore, ammettiamo pure che la Costituzione gli desse il diritto di farlo. Sarebbe stata una buona scelta? È giusto che la paura dei mercati annulli il processo decisionale democratico? E’ vero, agli economisti piace l’efficienza dei mercati nell’allocazione delle risorse. «I buoni economisti, tuttavia, sanno che, per funzionare correttamente, i mercati dovrebbero operare in regime di piena concorrenza e che gli operatori sul mercato dovrebbero essere informati in modo simmetrico». Al contrario, «il mercato del debito sovrano in Europa non soddisfa nessuna delle due condizioni», sottolinea Zingales, nella riflessione ripresa da “Voci dall’Estero”: «In un mercato concorrenziale, ogni singolo attore dovrebbe essere un price-taker, ovvero la sua attività di scambio non dovrebbe avere alcun impatto sui prezzi di mercato. E invece, per sua stessa ammissione, la Bce ha un impatto sui prezzi di mercato». Si impegna infatti nell’acquisto di obbligazioni sovrane per ridurne il rendimento, pratica nota come “quantitative easing”.Di conseguenza, prosegue Zingales, il mercato obbligazionario europeo non si muove più in base al risultato delle decisioni di migliaia di operatori indipendenti è invece diventato «un “concorso di bellezza”, in cui si cerca di anticipare la prossima decisione della Bce». In un simile mercato, «la dichiarazione di un membro della Bce che il “quantitative easing” dovrebbe concludersi prima del previsto» (come ha fatto Sabine Lautenschläger, membro del comitato esecutivo della banca centrale europea) «può essere sufficiente per creare timore e aumentare lo spread tra obbligazioni italiane e tedesche». Si domanda Zingales: «È saggio vincolare le decisioni politiche di qualsiasi altro paese ai capricci di un simile mercato? Il presidente italiano, evidentemente, lo pensa. Ma farlo è pericoloso: sia dal punto di vista economico sia politico». È pericoloso dal punto di vista economico, sostiene Zingales, «perché gli economisti preparati sanno che il mercato delle obbligazioni sovrane può avere più punti di equilibrio. Di conseguenza, quando il rapporto tra debito e Pil è alto, è sufficiente che si sparga una voce per spostare il mercato obbligazionario da un punto di equilibrio a un altro, con il rischio di default».In generale, questa eventualità è impedita dalla banca centrale nazionale. «Quando è stata creata la Bce, tuttavia, i meccanismi necessari a una banca centrale non furono previsti appositamente, con lo scopo di lasciare ai mercati l’imposizione di un vincolo disciplinare ai paesi membri». Ma questa, osserva Zingales, «è stata una decisione cattiva dal punto di vista economico, che ha reso obbligatorio che la Bce alla fine fosse costretta a intervenire attivamente». Il risultato, per gli Stati, membri è che «non sono stati disciplinati da un mercato adeguatamente funzionante, ma dalla Bce – un’istituzione composta da individui che, anche se animati dalle migliori intenzioni, possono sbagliare». Il che, sempre secondo il professore, ci porta ai pericoli dal punto di vista politico. «Qualsiasi sistema istituzionale che attribuisca a un organismo non eletto come la Bce un ruolo prevalente rispetto agli organismi eletti, senza controllo, solleva seri problemi di legittimità», scrive l’economista. Immaginiamo l’ipotesi in cui il commento di un dirigente della Bce tedesco scateni involontariamente una crisi sul mercato obbligazionario italiano, che costringa l’Italia a ricorrere a un programma del Mes e del Fmi. «Che tipo di legittimità politica avrebbe un simile risultato in Italia? Anche un paese meno affascinato da poco plausibili teorie complottiste comincerebbe a sospettare una trama tedesca».Questo sospetto «diventerebbe poi certezza», scrive Zingales, «se un commissario europeo tedesco dichiarasse che i mercati finanziari insegneranno agli italiani a non votare per i populisti». Fortunatamente, aggiunge, quest’ultimo punto è ipotetico, ma non troppo: il commissario europeo alle finanze, Günther Oettinger, ha dichiarato che sperava che «lo sviluppo negativo dei mercati» fornisse «agli elettori un segnale di non votare per i populisti di destra o di sinistra». Precisa Zingales: «Sto negando il diritto dei partner europei degli italiani di essere preoccupati per il bilancio pieno di promesse (e nessuna misura per pagarle) concordato dal Movimento Cinque Stelle e dalla Lega? Assolutamente no. Mi associo anche alle preoccupazioni espresse dall’economista tedesco Hans-Werner Sinn sul cosiddetto debito Target2 che l’Italia sta accumulando nel sistema dell’euro: debito che è il risultato di un maggior numero di investitori stranieri che vendono obbligazioni italiane piuttosto che acquistarle». Entrambe le preoccupazioni, tuttavia, «riflettono gli errori di concezione fondamentali dell’euro», sottolinea il professore. «Lo Stato dell’Indiana non si preoccupa di quanto è spendaccione lo Stato dell’Illinois, né del debito che la Federal Reserve Bank di Chicago accumula con la Federal Reserve centrale».L’Illinois è libero di scegliere i suoi governatori senza interferenze dell’Indiana (anche se alcuni conservatori fiscali preferirebbero diversamente), proprio come lo Stato dell’Illinois è libero di fare default senza trascinare con sé tutte le sue banche locali e l’intera economia locale. «Il motivo è che ci sono sufficienti istituzioni federali, dall’assicurazione contro la disoccupazione all’assicurazione sui depositi, per assorbire lo shock. E c’è un’autorità politica comune – in particolare, il Congresso degli Stati Uniti, in cui gli Stati più piccoli sono in proporzione più rappresentati – per risolvere eventuali controversie che potrebbero sorgere». Le tensioni politiche in Europa non sono quindi inevitabili, insiste Zingales. «La moneta comune europea, tuttavia, è stata creata prima delle istituzioni necessarie per sostenerla. La speranza – formulata esplicitamente da alcuni politici italiani – era che una crisi alla fine avrebbe accelerato la creazione di queste istituzioni. Ma quasi vent’anni dopo l’introduzione dell’euro e dieci anni dopo una crisi economica di quelle che si scatenano una volta in un secolo, i progressi verso la creazione di queste istituzioni in Europa sono stati minimi».Molti europei non sono d’accordo? E’ vero: considerano “incoraggianti” i progressi dell’ultimo decennio, soprattutto se confrontati con la totale immobilità dei primi dieci anni dell’euro. «Certo, per chi vive all’ultimo piano la costruzione di una pompa per drenare l’acqua non appare urgente come per chi vive in cantina. L’Italia, in Europa, vive in cantina: e sta affogando», scrive Zingales. Beninteso: «Nessun governo italiano può riformare l’Eurozona da solo». Eppure, aggiunge, «le riforme non si faranno, se non ci si prova». Il presidente francese Emmanuel Macron sembra disposto a spendere un po’ di capitale politico per promuovere una riforma dell’Eurozona, «ma ha bisogno di un alleato in Italia – la terza maggiore economia dell’area economica – per renderla una priorità». Questo, spiega Zingales, sarebbe il principale vantaggio di una coalizione tra Lega e 5 Stelle: «Entrambe le parti hanno promesso di combattere per le riforme in Europa – una promessa su cui scommettono il loro futuro politico». E quindi: «Piuttosto che criminalizzare le richieste di aiuto – conclude Zingales – l’Europa dovrebbe rimboccarsi le maniche e proporre un piano per il cambiamento. Altrimenti, non solo il “Belpaese” – come gli italiani chiamano la nostra patria – affonderà, ma affonderà l’idea stessa che nel continente si possa convivere in pace e prosperità».«La decisione del presidente italiano di respingere un governo eletto non ha senso né dal punto di vista economico né da quello politico». Lo afferma l’economista bocconiano Luigi Zingales, docente universitario a Chicago e, nel 2011, favorevole al rigore imposto all’Italia dall’Ue attraverso Mario Monti. Oggi Zingales non è più un teorico dell’austerity. Lo dimostra nel modo più esplicito, firmando un’analisi su “Foreign Policy” dopo l’inaudito siluramento del governo Conte attuato in prima battuta da Mattarella. «Nel 20° secolo, quando i risultati elettorali non risultarono graditi all’élite dominante e ai suoi alleati internazionali, scesero in strada i carri armati», scrive il professore. «Nel 21° secolo la reazione è meno cruenta, ma non per questo meno aggressiva. Invece dei carri armati, viene usato il mercato delle obbligazioni». È quello che è successo in Italia il 27 maggio, «quando un governo appoggiato da una maggioranza parlamentare è stato bloccato dal presidente della Repubblica, per il timore di come il mercato obbligazionario avrebbe potuto reagire alla nomina dell’ex dirigente della Banca d’Italia, Paolo Savona, di ottantuno anni, designato come ministro dell’economia». La colpa di Savona? «Avere sviluppato un piano di emergenza per l’uscita dall’euro, nel caso che questa avvenisse. È come se il presidente degli Stati Uniti licenziasse un ministro della difesa perché appronta un piano di emergenza in caso di guerra nucleare con la Corea del Nord».
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Telegraph: l’Ue non si illuda, la sfida italiana comincia oggi
Prepariamoci: al di là dei sorrisi e dello strano “ottimismo dei mercati”, la vera battaglia comincia solo adesso. Da una parte il governo “gialloverde”, costretto ad allentare l’austerity Ue per attuare il suo programma, e dall’altra il Quirinale, probabilissimo “custode” dello staus quo fondato sul rigore euro-tedesco. Lo sostiene sul “Telegraph” l’inglese Ambrose Evans-Pritchard, eminente analista politico-finanziario e attento osservatore della crisi italiana, vera propria cartina di tornasole dello stato di coma politico ed economico dell’Unione Europea. Il nuovo ministro dell’ecomomia, Giovanni Tria, «è un sostenitore della reflazione fiscale e dello stampare moneta per salvare gli Stati europei con un alto debito, fatto che lo porterà su una rotta di collisione con le élite politiche di Bruxelles e della Germania», afferma Pritchard. «Dopo settimane di politica che si potrebbe definire di rischio calcolato, il radicale M5S e i nazionalisti della Lega sono riusciti in gran parte a imporre la loro scelta euroscettica all’establishment politico italiano». Il professor Tria? «E’ un critico moderato ma tenace del Fiscal Compact, imposto dall’Eurozona e dall’apparato dell’Emu per accentuare l’austerità e deflazionare il debito». La sue idee in economia «potrebbero rivelarsi altrettanto minacciose, per Berlino e il regime politico dell’euro, di quelle del precedente candidato bloccato dal veto presidenziale, Paolo Savona», anche se Tria «non parla apertamente di “Piano B” per lasciare l’euro né definisce l’Unione Monetaria una “gabbia tedesca”».Mentre sostiene che «non ha senso» uscire dall’euro, Giovanni Tria dice anche che è insensato insistere con la moneta unica se i leader dell’Ue si rifiutano di renderla praticabile, scrive Evans-Pritchard in un articolo tradotto da “Come Don Chisciotte”. Il vero rischio per l’unione monetaria «è l’implosione, piuttosto che l’uscita». Per ora i mercati finanziari stanno reagendo in modo euforico all’accordo in extremis fra i partiti “ribelli” e il presidente Sergio Mattarella, finito nella bufera per il veto su Savona. L’accordo raggiunto (su pressione Usa, a quanto pare) evita la prospettiva di una protesta politica di massa «contro un “governo tecnico” che nessuno ha eletto, seguito da un voto in tempi rapidi che avrebbe probabilmente portato alla vittoria schiacciante dei due gruppi “ribelli” e alla distruzione totale del centro politico italiano». Lorenzo Codogno, ex capo economista del Tesoro, avverte che discesa dello spread potrebbe essere una falso indizio: Codogno «teme una lunga guerra di trincea tra il governo “ribelle” e il presidente Mattarella, sull’Europa e sulla disciplina fiscale». A sua volta, per Silvia Ardagna (Goldman Sachs) l’esuberanza del mercato è «fuori luogo». La Ardagna pensa che «i lunghi mesi di confronto sulle regole di spesa riapriranno la questione dell’Italexit e del futuro dell’euro».Le proposte della coalizione guidata da Conte, ricorda Evans-Pritchard, ammontano ad un allentamento di bilancio pari al 6% del Pil. E quindi «sono fondamentalmente incompatibili con l’attuale architettura monetaria, d’ispirazione tedesca». Il “contratto” di governo comprende infatti Flat Tax e reddito di cittadinanza, nonché un costoso rinnovo della riforma Fornero delle pensioni e l’inversione dell’aumento dell’Iva. Se ne occuperà in primis proprio Giovanni Tria, «da sempre un fustigatore del mercantilismo tedesco». Il nuovo ministro dell’economia, spiega Evans-Pritchard, sostiene che Berlino abbia effettivamente usato l’Unione Monetaria per garantirsi un vantaggio competitivo strutturale, che ha portato a un permanente e illegale avanzo di conto corrente [bilancio delle partite correnti] pari all’8,5% del Pil, a scapito dei partner dell’Eurozona. Il meccanismo di autocorrezione è bloccato, e gli Stati debitori del Sud Europa sono intrappolati in un circolo vizioso. Il presunto rimedio della svalutazione interna per recuperare redditività porta a una distorsione di tipo restrittivo [decrescita] per l’Eurozona nel suo complesso e ha una fatale contraddizione: soffoca il Pil nominale di quelle economie che sono già in difficoltà e distorce ulteriormente la traiettoria del debito. Alla lunga, è sicuramente autodistruttivo.Nel saggio “Ripensare il tabù della monetizzazione dei disavanzi per salvare l’euro”, il professor Tria scrive che il tentativo di ripristinare la sostenibilità del debito attraverso l’austerità è fallito: «L’unica via d’uscita è un forte stimolo fiscale per aumentare la domanda e colmare il divario di produttività, accompagnato da condizionati e temporanei finanziamenti monetari a livello europeo». Negli ambienti delle banche centrali, osserva Evans-Pritchard, questa politica è conosciuta come “helicopter money”, ed è un anatema per la Bundesbank e per la cultura ordoliberista tedesca. «Il saggio attinge pesantemente al lavoro del britannico Adair Turner, un campione a livello globale del finanziamento monetario e controllato dei deficit, per i paesi caduti in una trappola di liquidità». Che il professor Tria e l’alleanza Lega-M5S stiano attivamente spingendo per l’Italexit – o “Libertalia”, come alcuni preferiscono dire – è una discussione finanche oziosa, scrive l’analuista inglese. «Entrambi accettano che in Italia un referendum sull’euro sia incostituzionale. Ma, avendo ben studiato ogni aspetto del fiasco in Grecia, sono passati a tattiche più sottili. Stanno preparando delle soluzioni per minare l’Unione Monetaria dall’interno, se l’Ue rifiutasse di accettare il fatto compiuto dei loro piani di bilancio». Il che sarebbe «un ricatto», secondo Clemens Fuest, direttore dell’istituto tedesco Ifo.Il piano Lega-M5S per la creazione di una valuta parallela, i Minibot, è ancora nel “contratto” per il governo. «La proto-lira può essere attivata in qualsiasi momento come mezzo di autodifesa qualora la Bce aumentasse la posta, limitando la liquidità del sistema bancario italiano o ricorrendo al pretesto delle garanzie collaterali per fermare il roll-over [rinnovo] dei titoli obbligazionari italiani». Il momento in cui il governo Conte emetterà questa valuta parallela «sarà quello della fine dell’euro», avverte il professor Costas Lapavitsas dell’università di Londra. Gli ottimisti pro-Europa hanno interpretato il consenso sui ministri da parte di Mattarella come un passo indietro della Lega e dei 5 Stelle, «ma potrebbe anche essere visto come una dissimulata marcia indietro dello stesso presidente, un residuo non eletto della “vecchia casta”, che stava operando in una zona grigia della sua autorità costituzionale», scrive Evans-Pritchard. «Si era ben presto reso conto, dalle reazioni viscerali che aveva causato, che stava giocando con il fuoco. Prima mettendo il veto al professor Savona e poi cercando d’imporre un regime tecnocratico privo del sostegno del Parlamento, impegnato in politiche espressamente rifiutate a marzo dalla grande maggioranza degli elettori italiani. Come ha detto Savona in una e-mail che è trapelata, il presidente non capiva che la nazione era “in ribellione”. Ma ora senz’altro l’ha capito».Per l’analista inglese, resta comunque «una strana ingenuità, fra gli insider dell’Ue e gli investitori stranieri, sull’identità politica dei ribelli Lega-Grillini». Pensano che Giancarlo Giorgetti sia un lealista pro-euro? Lo scorso settembre, in televisione, spiegava perché l’Italia dovrebbe abbandonare la moneta unica, «per evitare di essere ridotta a un deindustrializzato guscio vuoto». Lo stesso Di Maio, a dicembre, aveva accusato l’austerità imposta dalla Merkel per la chiusura di 573 aziende al giorno nel Sud. «Se non ci liberiamo dell’euro il Mezzogiorno italiano, diventerà una terra desolata e spopolata». Secondo Evans-Pritchard, «è un’ipotesi molto coraggiosa scommettere che l’alleanza Lega-grillini possa cambiare, come ha fatto Syriza in Grecia, abbandonando le sue fondamentali promesse elettorali per mantenere l’Italia nell’euro. L’Ue dovrebbe poterli incontrare a metà strada, se vuole evitare il disastro, accettando la fine del Fiscal Compact. Ma se lo fa – aggiunge il notista del “Telegraph” – rischia di perdere il consenso politico tedesco per il progetto dell’euro». Un gruppo di 154 economisti tedeschi avverte che la scivolata dell’Eurozona verso una “unione del debito” sta minando i poteri di bilancio del Bundestag e costituisce una crescente minaccia per la democrazia tedesca. L’Istituto Ifo vuole un meccanismo legale per permettere ad un qualsiasi paese di lasciare l’euro: e il presupposto è che la stessa Germania possa averne bisogno. «Se l’Ue consente agli italiani di fare ciò che vogliono sulla spesa, i tedeschi non lo accetteranno», prevede Lapavitsas: «L’euro morirebbe comunque, ma in un modo diverso. Sarebbe solo una morte più lenta».Prepariamoci: al di là dei sorrisi e dello strano “ottimismo dei mercati”, la vera battaglia comincia solo adesso. Da una parte il governo “gialloverde”, costretto ad allentare l’austerity Ue per attuare il suo programma, e dall’altra il Quirinale, probabilissimo “custode” dello staus quo fondato sul rigore euro-tedesco. Lo sostiene sul “Telegraph” l’inglese Ambrose Evans-Pritchard, eminente analista politico-finanziario e attento osservatore della crisi italiana, vera propria cartina di tornasole dello stato di coma politico ed economico dell’Unione Europea. Il nuovo ministro dell’ecomomia, Giovanni Tria, «è un sostenitore della reflazione fiscale e dello stampare moneta per salvare gli Stati europei con un alto debito, fatto che lo porterà su una rotta di collisione con le élite politiche di Bruxelles e della Germania», afferma Pritchard. «Dopo settimane di politica che si potrebbe definire di rischio calcolato, il radicale M5S e i nazionalisti della Lega sono riusciti in gran parte a imporre la loro scelta euroscettica all’establishment politico italiano». Il professor Tria? «E’ un critico moderato ma tenace del Fiscal Compact, imposto dall’Eurozona e dall’apparato dell’Emu per accentuare l’austerità e deflazionare il debito». La sue idee in economia «potrebbero rivelarsi altrettanto minacciose, per Berlino e il regime politico dell’euro, di quelle del precedente candidato bloccato dal veto presidenziale, Paolo Savona», anche se Tria «non parla apertamente di “Piano B” per lasciare l’euro né definisce l’Unione Monetaria una “gabbia tedesca”».
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Maddalena a Mattarella: arrendersi ai mercati è un crimine
Di fronte alla scelta di Mattarella di negare a Paolo Savona la nomina ministeriale ho provato disorientamento e abbattimento. Dal punto di vista strettamente costituzionale poteva dire “io non firmo”, perché l’articolo 90 della Costituzione conferisce al presidente potere di nomina. Ma nel caso di specie, dopo aver consentito a Di Maio e Salvini di fare un programma di governo e dopo aver dato l’incarico a Conte, la contrarietà a un singolo ministro per un fatto individuale trovo sia perlomeno politicamente inammissibile, comunque contraria alla volontà del popolo italiano e al corpo elettorale, che si è espresso chiaramente per cambiare il sistema. Gli italiani hanno espresso un voto antisistema, invece Mattarella – chiamando Cottarelli, che proviene dal Fmi – ha voluto ribadire il suo apprezzamento per il sistema neoliberista. Su questo il presidente sbaglia: tutto si può dire, tranne che il sistema neoliberista abbia portato dei buoni frutti. Ha aumentato le disuguaglianze in tutto il mondo. Ha cominciato Pinochet, che ha distrutto il Cile. Poi c’è stata la Thatcher in Inghilterra, dove il divario tra ricchi e poveri ha raggiunto livelli mai visti. Il neoliberismo è stato applicato da Reagan e poi soprattutto da Clinton negli Stati Uniti (che ora hanno reagito non confermando la Clinton e votando Trump: dalla padella alla brace).Il sistema valido è quello keynesiano, che permise agli Usa di superare la Grande Depressione degli anni Trenta. Si tratta di distribuire il denaro alla base della piramide sociale cioè ai lavoratori, facendo sì che i negozi aprano e le imprese assumano, in un circolo virtuoso. Invece, secondo la tesi neoliberista lanciata all’inizio degli anni ‘60 da un certo Milton Friedman della Scuola di Chicago, bisogna concentrare la ricchezza nelle mani di pochi e bisogna estromettere lo Stato dall’economia – cioè, il popolo intero non può partecipare all’economia come comunità statale: non si possono dare aiuti alle imprese, ci vuole una forte competività. Questo crea le premesse per cui il lavoro diventa merce, e quindi si tradisce l’idea stessa di Stato-comunità che è in Costituzione. La comunità è formata dal popolo, che contribuisce alla comunità col suo lavoro, dal territorio che offre i mezzi di sostentamento e le fonti di ricchezza necessarie per il progresso materiale e spirituale della società. La sovranità lascia al popolo l’appartenenza, a titolo di sovranità, del territorio, nonché la possibilità di decidere. Mi sembra che tutti gli elementi dello Stato-comunità vengano attaccati dal pensiero neoliberista, e mi spiace molto.Lo spread? Noi legittimiamo – non so in base a quale principio giuridico – l’azione speculativa, che è vietata dal nostro codice. E’ una sopraffazione, la speculazione: non è che possiamo dire che i mercati sono liberi di fare quello che vogliono. Quando gli Stati si sottomettono ai mercati, compiono un crimine fortissimo: i governanti devono appunto governare il mercato, non esserne governati. Il mercato fa i suoi interessi, e la speculazione non è lo strumento per fare i nostri. E’ vietata, la speculazione: può recare danno e farci morire tutti. E’ vietata dall’articolo 501 del codice penale, che punisce chi rompe la stabilità dei prezzi delle merci. Questa sottomissione al mercato, da parte dei governi di tutto il mondo – specie del mondo occidentale – è un errore madornale. Avere un mercato aperto non significa dare accesso a leggi di mercato arbitrarie. Il mercato dovrebbe seguire una sola legge naturale, quella della domanda e dell’offerta. In realtà, oggi tende solo ad appropriarsi dei beni altrui. Noi abbiamo dato tutto, ormai. Ci hanno tolto tutto: sono rimasti solo i nostri immobili privati, qualche piccola industria. Dobbiamo dare anche questo? Mi pare assurdo. E l’assurdità sta proprio in questo assecondare il pensiero neoliberista, e soprattutto l’azione – non legittima, per usare un eufemismo – che opera la finanza. La speculazione finanziaria è costituzionalmente illegittima: non è possibile darle legittimità. La riteniamo una cosa intoccabile, quasi sacra, quando in televisione stiamo a sentire com’è andata la Borsa.Nel rifiutare Savona, Mattarella ha detto di voler tutelare i piccoli risparmiatori italiani? Su questo sono completamente in disaccordo, tant’è vero che lo spread è salito. Non si possono assecondare i mercati, che agiscono in base a principi egoistici. Noi abbiamo bisogno di una cooperazione internazionale per controllare i mercati, ma lo stesso trattato internazionale sul commercio si è votato a favore della speculazione finanziaria. A mio avviso, la scelta di Sergio Mattarella – che rispetto, come persona – è completamente sbagliata. Ha buttato a mare un percorso che era durato 85 giorni. Lo stesso Savona gli aveva offerto una soluzione, dichiarandosi a favore dell’Europa: un’Europa con più uguaglianza tra gli Stati. La finanza agisce in modo malevolo, come la criminalità organizzata: se alla criminalità organizzata vai a dire “io faccio il tuo interesse”, quella fa il suo interesse e ti uccide lo stesso. Ci stanno uccidendo ugualmente, infatti: non si tratta, col nemico criminale. La trattativa Stato-mafia? Allora furono le stragi a portarci alla trattativa, adesso è la guerra economica cavalcata soprattutto dalla Germania. L’unica nostra salvezza è attuare la Costituzione. Anche se dovessimo andare verso una “decrescita felice”, come afferma Latouche, sarebbe preferibile: manterremmo le nostre cose e non saremmo esposti alla schiavitù. Perché a questo punto ci tolgono tutto il territorio ed è finita la comunità italiana – com’è avvenuto in Grecia, dove i cittadini fanno i camerieri per gli stranieri a cui hanno svenduto le loro case.Ho capito da tempo che nel pensiero neoliberista c’è un meccanismo pratico che prevede la creazione del denaro dal nulla e la commercializzazione di denaro fittizio, come quello dei derivati. Tutto a favore delle multinazionali e contro gli interessi del popolo italiano. Addirittura l’ultimo Gentiloni ha approvato il decreto legislativo incostituzionale “taglia-foreste”, destinate ad alimentare le centrali a biomassa dei nostri grandi imprenditori. Nell’ordinamento italiano è stato recepito il bail-in, cioè: se falliscono le banche, pagano i depositanti. Bella roba: questo è il sistema neoliberista, adottato dal Trattato di Maastricht e dal Trattato di Lisbona. Si tenga presente che, sui trattati europei, prevale la Costituzione della Repubblica italiana: a partire dal 1973, la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha più volte affermato che nell’ordinamento italiano non possono entrare le norme comunitarie contrarie ai diritti fondamentali, ai diritti dell’uomo e ai principi fondanti della Costituzione repubblicana. Il diritto al lavoro è un diritto fondamentale: come facciamo a sostenere questo sistema economico predatorio neoliberista e ridurre il lavoro a merce? Dobbiamo ripristinare il diritto, e l’ha fatto l’Islanda con grande successo – nazionalizzando tutti i fattori della produzione. Se invece in Italia andiamo avanti così, sensa nazionalizzare niente, è sicuro che moriremo tutti.La finanza ci annienta con denaro fittizio: i derivati sono diventati 20 volte il Pil di tutti gli Stati del mondo. Noi italiani cosa siamo, degli imbecilli? Li potremmo far crollare abrogando leggi insulse che abbiamo approvato, facendo il male nostro. Addirittura i nostri rappresentati al Parlamento Europeo hanno detto sì al Ttip e al Ceta, cioè o trattati euro-atlantici che pretendono il risarcimento del danno se le multinazionali non riescono a piazzare in Italia i loro prodotti, che producono magari tumori. Per contro, quando sta succedendo potrebbe aiutare gli italiani a rendersi conto che devono essere uniti e opporsi al sistema predatorio e neoliberista. Evitando le delocalizzazioni, le liberalizzazioni e le privatizzazioni, e nazionalizzando il più possibile, gli italiani devono riprendersi il territorio che ci è stato tolto. Tornando al Quirinale: chi ha consigliato male il nostro presidente vuole il male dell’Italia, non in bene degli italiani. Il meccanismo neoliberista si fonda su precisi passaggi. Primo, creazione del denaro dal nulla. Derivati, cartolarizzazioni, Jobs Act, project-bond e tante altre cose, fatte con leggi incostituzionali. Quindi: privatizzazioni, liberalizzazioni. Nel 1990 abbiamo privatizzato tutte le banche pubbliche, primo atto assolutamente inconcepibile. Poi nel ‘92 abbiamo privatizzato l’Ina, l’Eni, l’Enel e l’Iri, con tutte le sue industrie. Ci siamo spogliati di tutto: il popolo italiano non produce più niente, è emarginato dall’economia. Come facciamo a pagare i nostri debiti? Anche quelli sono diventati una prestazione impossibile, ai sensi del codice civile. In un sistema predatorio, ogni giorno ci impoveriamo di più, ogni giorno il debito cresce.Poi addirittura questi signori pretendono che il debito diminuisca mettendo denaro da parte: ma il denaro non basta più neppure per arrivare a fine mese, è il sistema che deva cambiare. Questo sistema poi finisce con le svendite: tutto il settore alimentare se l’è preso la Francia insieme a quello della moda, il settore meccanico se l’è preso la Germania, mentre la Cina s’è preso il settore agricolo. Siamo mancanti di tutto, e manteniamo ancora questo sistema? Per fortuna la gente sta capendo che bisogna cambiare, sente che questo sistema fa male. E i due partiti che hanno avuto più voti sono stati antisistema. Vogliamo un altro sistema? Questo dovrebbe chiarito, alle prossime elezioni: vogliamo ancora il sistema predatorio che ci fa morire o vogliamo il sistema produttivo che ci fa vivere? Non ci sono più destra, sinistra e centro: sopra c’è la finanza speculativa e sotto ci sono gli schiavi, ci siamo noi. E gli schiavi ci sono anche negli Stati Uniti, in Cile, in Sudamerica, in Germania, in Francia. Bisogna rivitalizzare il senso della comunità politica e il senso della civiltà, perché è nella “civitas” che nasce la comunità. Altrimenti torniamo all’uomo-branco, dove piccoli branchi di speculatori finanziari uccidono tutti gli altri. E li stiamo anche legalizzando: quando il crimine diventa totale, allora lo si legalizza. Ma è un sistema suicida, illogico e riprovevole, dal quale dobbiamo uscire.(Paolo Maddalena, dichiarazioni rilasciate a Roberto Citrigno per l’intervista “E’ il momento di cambiare sistema”, trasmessa da “Pandora Tv” il 31 maggio 2018. Il professor Maddalena è vicepresidente emerito della Corte Costituzionale. Per l’editore Donzelli, Maddalena ha pubblicato nel 2014 il saggio “Il territorio bene comune degli italiani. Proprietà collettiva, proprietà privata e interesse pubblico”, seguito nel 2016 da “Gli inganni della finanza. Come svelarli, come difendersene”).Di fronte alla scelta di Mattarella di negare a Paolo Savona la nomina ministeriale ho provato disorientamento e abbattimento. Dal punto di vista strettamente costituzionale poteva dire “io non firmo”, perché l’articolo 90 della Costituzione conferisce al presidente potere di nomina. Ma nel caso di specie, dopo aver consentito a Di Maio e Salvini di fare un programma di governo e dopo aver dato l’incarico a Conte, la contrarietà a un singolo ministro per un fatto individuale trovo sia perlomeno politicamente inammissibile, comunque contraria alla volontà del popolo italiano e al corpo elettorale, che si è espresso chiaramente per cambiare il sistema. Gli italiani hanno espresso un voto antisistema, invece Mattarella – chiamando Cottarelli, che proviene dal Fmi – ha voluto ribadire il suo apprezzamento per il sistema neoliberista. Su questo il presidente sbaglia: tutto si può dire, tranne che il sistema neoliberista abbia portato dei buoni frutti. Ha aumentato le disuguaglianze in tutto il mondo. Ha cominciato Pinochet, che ha distrutto il Cile. Poi c’è stata la Thatcher in Inghilterra, dove il divario tra ricchi e poveri ha raggiunto livelli mai visti. Il neoliberismo è stato applicato da Reagan e poi soprattutto da Clinton negli Stati Uniti (che ora hanno reagito non confermando la Clinton e votando Trump: dalla padella alla brace).
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Via 250 miliardi di debito: è questo a spaventare l’oligarchia
Ma davvero credete che il problema fosse il professor Paolo Savona? A terrorizzare l’oligarchia Ue, afferma Fabio Conditi, è il “contratto” firmato da Di Maio e Salvini per il “governo del cambiamento”. Trenta punti, «dove per la prima volta si mette completamente in discussione il sistema monetario e bancario attuale e le politiche di austerity che ci propinano da anni». Lo spunto rivoluzionario: la volontà di cancellare 250 miliardi di euro di debito pubblico, cioè i titoli di Stato detenuti dalla Banca d’Italia, al cui governatore – per la prima volta nella storia – il presidente della Repubblica ha “affidato” il presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, “invitato” da Mattarella a conferire con Ignazio Visco, uomo vicinissimo a Mario Draghi e all’euro-sistema dominato dalla Germania. Paolo Savona? Usato come pretesto, per sabotare la pulsione sovranista. «Ma voi pensate davvero che il presidente della Repubblica e i poteri che rappresenta – scrive Conditi su “Come Don Chisciotte” – si siano realmente preoccupati della grande esperienza di questo arzillo professore che nella sua vita, pur avendo vissuto all’interno delle istituzioni, ha manifestato qualche opinione critica verso l’euro senza aver mai denunciato il sistema del debito?».Qualcuno – si domanda Conditi, presidente dell’associazione Moneta Positiva – ha provato a capire che cosa, all’interno di quel programma “gialloverde”, spaventa l’attuale sistema al punto da costringere il presidente della Repubblica a rischiare l’impeachment, facendo cadere sul nascere – con mossa platealmente irrituale, politicamente sconcertante – il primo governo voluto dalla maggioranza degli italiani? Conditi mette in fila una serie di indizi e segnali, sul clima che in Italia starebbe vorticosamente cambiando verso una progressiva presa di coscienza. Parla da solo il successo della trasmissione televisiva del 4 maggio su “Canale Italia”, in cui Conditi – insieme a Nino Galloni, Marco Mori, Giovanni Zibordi, Giovanni Lazzaretti e Paolo Tintori – ha spiegato, in prima serata, “come si creano i soldi”, ovvero «come lo Stato può e deve creare soldi e come il debito pubblico può essere cancellato». Il 23 maggio è Carlo Freccero, nel super-prudente salotto di Lilli Gruber su La7, a gelare la conduttrice e il suo sodale, Massimo Giannini, dichiarando con semplicità «due verità scomode e rivoluzionarie: che il debito può essere cancellato e che uno Stato sovrano non può fallire perchè può sempre stampare soldi». Reazioni: la Gruber preoccupata, Giannini imbarazzato.Poi la mossa inaudita di Mattarella il 27 maggio, il siluramento di Savona. L’indomani, Conditi è tornato negli studi di Canale Italia – con Vito Monaco, Marco Mori, Gianfranco Amato e il cantautore Povia. La sintesi: «Da oggi l’articolo 1 della Costituzione deve essere riscritto. L’Italia è una Repubblica non democratica fondata sulla schiavitù. La sovranità appartiene alla finanza che la esercita nelle forme e nei limiti dei mercati finanziari». La decisione di Mattarella? Inaccettabile. E carica di conseguenze: di fatto, ha esposto il Quirinale a una crisi inaudita. La scusa? Per le sue critiche all’euro, Savona spaventa i mercati finanziari: per questo, secondo Mattarella, sarebbero a rischio i risparmi degli italiani. Per Conditi, il vero motivo del devastante sabotaggio del governo Conte è un altro: «Il programma di governo del M5S e della Lega contiene secondo noi alcuni obiettivi che non sono ritenuti accettabili dal potere economico e finanziario che in Italia ha sempre condizionato le nostre scelte politiche degli ultimi 40 anni». Mattarella? «Non doveva e non poteva esercitare questa sua prerogativa, rifiutando un governo formato da partiti e movimenti regolarmente eletti, che hanno la maggioranza in Parlamento e hanno stipulato un accordo di governo addirittura votato e approvato dai cittadini». Lo stop a Conte imposto il 27 maggio resta «un atto grave e pericoloso per la democrazia».Attenzione, però: «Se sono stati costretti ad una mossa così ingenua come quella di non far nascere un governo che, per la prima volta da anni, è stato regolarmente votato e voluto dalla maggioranza dei cittadini italiani – aggiunge Conditi – significa che il vento del cambiamento sta finalmente spirando nella direzione giusta». Quel famoso “contratto”, «volente o nolente, ha davvero la capacità di incidere e realizzare un cambiamento reale in questo paese a vantaggio di tutti, e non solo dei soliti privilegiati: per questo motivo non lo vogliono». Cosa prevede, infatti? Un provvedimento di inaudita importanza: la cancellazione di 250 miliardi di euro di debito pubblico, titoli di Stato detenuti da Bankitalia. Non solo: c’è anche «la possibilità per lo Stato di stampare Minibot, cioè una moneta di Stato». Ancora: «La creazione di un sistema di banche pubbliche, una per gli investimenti ed un’altra per il credito». Tutto questo, per finziare «politiche economiche espansive al posto delle politiche di austerity». Per esempio: reddito di cittadinanza, pensioni dignitose e abattimento delle tasse. Anche una sola di queste ipotesi – sottolinea Conditi – farebbe «vedere i sorci verdi al potere economico e finanziario che ci ha ridotto in schiavitù». Sicché, «vederle tutte insieme deve aver fatto prendere un coccolone nei piani alti: sono soddisfazioni che non hanno prezzo».Pur tra mostruose difficoltà politiche, ben rappresentate dalla minaccia telecomandata dello spread e dall’inaudito boicottaggio del presidente della Repubblica (il primo nella storia a rifiutare un candidato ministro per motivi ideologico-politici), i 5 Stelle la Lega – secondo Fabio Conditi – hanno comunque «imboccato finalmente la strada giusta». In estrema sintesi: «Il 99% della popolazione più povera deve essere unito per combattere contro quell’1% che ci vuole schiavi del debito e rassegnati alla miseria». E’ un fatto: nonostante le posizioni inizialmente distanti, il “contratto” di governo è stato costruito con fatica e in modo trasparente. Conditi incoraggia grillini e leghisti: «Avete una squadra di governo, avete la maggioranza della popolazione che vi approva, avete contro il potere economico e finanziario mondiale: l’unico errore che potete fare è tornare indietro sui vostri passi». Lo spread? Neutralizzabile con una sola mossa, secondo Conditi: «Basterebbe emettere titoli di Stato a valenza fiscale, cioè utilizzabili alla scadenza anche per pagare le tasse: in questo modo non ci sarebbe più il rischio che lo Stato possa non rimborsarli e quindi sarebbero impossibili le manovre speculative al ribasso di questi giorni. Inoltre queste nuove emissioni sarebbero più “appetibili” per gli investitori perché meno rischiose».Questo per dire che i mercati – quelli veri – non coincidono esattamente con i ristretti gruppi del potere oligarchico europeo che manovrano lo spread come una clava. Al menù del riscatto, Conditi aggiunge anche il Sire, sistema di riduzione erariale. «Serve assolutamente un sistema di pagamenti alternativo a quello del sistema bancario italiano, dove circoli uno strumento monetario a valenza fiscale che non possa essere “bloccato” dalla Bce e dalla Commissione Europea». Esiste un modo, quindi, per respingere il rigore (che è interamente politico) senza neppure violare i trattati-capestro su cui si fonda il sistema Ue. Con il Sire, dice Conditi, «si possono tranquillamente finanziare – senza fare debito – sia il reddito di cittadinanza che soprattutto la Flat Tax. In pratica come succede alla Coop, paghi le tasse normali, ma te ne restituisco una parte in buoni-sconto per le tasse future». E vogliamo parlare della banca centrale italiana, presso cui Mattarella ha “spedito” il povero Conte? «E’ necessario che lo Stato riprenda il controllo totale di Bankitalia – chiosa Conditi – riacquistando le quote di partecipazione attualmente in mano alle istituzioni e banche private». Per il resto, avanti tutta: euro o non euro, si tratta di riconquistare la sovranità della moneta: «Sarà comunque di proprietà dei cittadini e libera dal debito».Ma davvero credete che il problema fosse il professor Paolo Savona? A terrorizzare l’oligarchia parassitaria Ue, afferma Fabio Conditi, è il “contratto” firmato da Di Maio e Salvini per il “governo del cambiamento”. Trenta punti, «dove per la prima volta si mette completamente in discussione il sistema monetario e bancario attuale e le politiche di austerity che ci propinano da anni». Lo spunto rivoluzionario: la volontà di cancellare 250 miliardi di euro di debito pubblico, facendoli acquistare dalla Banca d’Italia, al cui governatore – per la prima volta nella storia – il presidente della Repubblica ha “affidato” il presidente del Consiglio incaricato, Giuseppe Conte, “invitato” da Mattarella a conferire con Ignazio Visco, uomo vicinissimo a Mario Draghi e all’euro-sistema dominato dalla Germania. Paolo Savona? Usato come pretesto, per sabotare la pulsione sovranista. «Ma voi pensate davvero che il presidente della Repubblica e i poteri che rappresenta – scrive Conditi su “Come Don Chisciotte” – si siano realmente preoccupati della grande esperienza di questo arzillo professore che nella sua vita, pur avendo vissuto all’interno delle istituzioni, ha manifestato qualche opinione critica verso l’euro senza aver mai denunciato il sistema del debito?».
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Veri cattivi e finti buoni: a chi giova questo “golpe stupido”
L’uscita di Mattarella che blocca il governo di chi ha vinto le elezioni viene motivata ufficialmente con l’intenzione di impedire i danni finanziari prodotti dai “populisti sovranisti”, e di favorire gli interessi dei poteri finanziari ed europeisti dei quali lo stesso presidente appare come un’evidente espressione. Ma molti osservatori notano questa mattina giustamente che questa mossa ha una sola certa conseguenza: rafforza nell’opinione pubblica le posizioni proprio di quelli che sembrava voler bloccare. E potrebbe spingerli verso un successo elettorale ancora maggiore, scompigliando e indebolendo ancora di più i partiti tradizionali filo-sistema. È stupido, il presidente? Certamente no: è un uomo del sistema che fa bene gli interessi del sistema. Proprio per questo motivo lo hanno messo a fare il presidente. Ma allora che interesse ha il sistema trasnazionale oscuro e anticoscienza nell’ordinare una tale mossa apparentemente controproducente? Vediamo… Un presidente della Repubblica nomina i ministri su proposta del presidente del Consiglio incaricato, ma non può alterare o condizionare la linea politica emersa dal voto. Bloccare la nascita di un governo che esprime la volontà popolare, giusta o sbagliata che sia, e farlo per di più nel nome di quello che poteri forti trasnazionali, finanziari e politici, vogliono continuare a imporre ai cittadini italiani, appare ora a tantissimi italiani come un vero e proprio tradimento del popolo che rappresenta. Un vero e proprio golpe.La figura e le idee di Savona, proposto come ministro dell’economia e bloccato dal Quirinale, corrispondono perfettamente a quanto Lega e 5 Stelle hanno messo nel loro “contratto”. Corrispondono alla linea politica che questo governo era legittimato a portare avanti. Anzi, si può tranquillamente affermare che quel “contratto” è molto più moderato di quello che la maggioranza degli italiani aveva deciso di votare. In effetti occorre ricordare, proprio in mezzo a questa voluta esasperazione dei toni, che la maggioranza ha votato per i giallo-verdi perché quei partiti avevano promesso azioni forti nei confronti dell’euro e dell’Unione Europea, ben più dure di quelle poi manifestate nel processo di formazione del governo. Il “contratto” elaborato da leghisti e grillini si era in effetti ridotto ad una enorme frenata su questi temi: e questo già era un chiarissimo e sospetto mezzo tradimento dei voti che erano stati raccolti dagli italiani promettendo loro ben altro. A questo si aggiunge ora, con la mossa di Mattarella, un tradimento completo e totale. Ma in qualche modo proprio la evidente “cattiveria” del gesto di questo antipatico presidente fa in modo che gli italiani si sentano traditi da lui, invece che da chi avevano votato e che si accingeva a fare cose ben diverse dalle aspettative. I malumori di parte del movimento grillino per il tradimento dei programmi si sciolgono come neve al sole, “distratti” dal protervo attacco della finanza internazionale attraverso Mattarella.Nello scontro verbale che sta partendo, la gente avrá difficoltá a ricordare che già con certe proposte di ministri e con abbondanti modifiche dei programmi, il cosiddetto “governo del cambiamento” si accingeva a cambiare nei fatti poco e niente. E certamente non avrebbe disturbato la grande finanza, la Nato, i veri poteri mondialisti, l’euro, Big Pharma, le vaccinazioni, le multinazionali, le guerre, la chimica e i campi elettromagnetici ovunque, la deriva culturale… Avrebbe fatto il minimo indispensabile di riforme positive per compiacere i propri elettori, ma senza certamente intaccare i grandi interessi strategici dei poteri forti, dai quali Lega e 5 Stelle sono stati creati anni fa per cavalcare, incanalare e controllare il crescente dissenso della gente arrabbiata o “in risveglio”. Ma allora quale è il fine di questa intricata manovra? Di questo complesso gioco di specchi? Difficile dire quali saranno i prossimi passi, perché i passi fanno parte di strategie e tattiche che conoscono solo i poteri oscuri che certe manovre fanno. E quindi vedremo. Ma giá si intravedono delle linee, delle direttrici di fondo.La mossa presidenziale – facilitata dalla “strana” impuntatura di Salvini sul solo Savona (potevano metterci un fantoccio affiancato da Savona, se proprio volevano) – parte ovviamente da un ordine superiore, e non è detto che lo stesso Mattarella conosca tutte le implicazioni. Così come non le sanno nemmeno Di Maio o Salvini… veri e propri burattini di un gioco compiuto dietro le quinte da poteri enormemente più forti. Di certo il risultato è quello di rafforzare il consenso politico di Lega e Cinque Stelle tra i cittadini di fronte al manifesto abominio compiuto dai poteri forti attraverso Mattarella. Tanto che è già partita in tromba una facilissima campagna elettorale di fuoco, organizzata per rafforzare ulteriormente la tifoseria dei partiti del dissenso, consolidandone l’immagine antisistema al di là di quelle che poi certamente saranno le enormi frenate pro-sistema una volta andati al governo. Il teatrino drammatico serve in effetti a rafforzare nella gente in risveglio la fiducia in questi partiti come “salvatori della patria”, e quindi a rafforzare la loro possibilitá successiva di prendere in giro i propri elettori, dando delle briciole alla gente per poter continuare a mantenere in piedi ed ulteriormente rafforzare il sistema vero dei poteri forti mondiali.Avvalendosi proprio del supporto di una tifoseria ancora più addormentata dalla rabbia prodotta dalle “cattiverie” di Mattarella, della Merkel, dei ministri europei, dai commenti velenosi del “Financial Times” e dalle solite minacce delle agenzie di rating. E dall’altra imbambolata e fanatizzata dalla chiamata alle armi, dai toni guerreschi e dalle promesse mirabolanti dei giallo-verdi. Nel frattempo, nei prossimi mesi gente del tipo Cottarelli, uomo del criminogeno Fondo Monetario Internazionale, potrebbe guidare un governo senza maggioranza ma comunque capace – con l’appoggio del Quirinale – di compiere ulteriori nefandezze in nome di nuove emergenze prodotte ad arte contro di noi a livello internazionale. Mentre il consenso ai giallo-verdi, creati dagli stessi poteri per incanalare e silenziare il vero dissenso delle coscienze, crescerebbe comunque, in quanto gli italiani attribuiranno tutti i problemi dei prossimi mesi, perfino il caldo, la pioggia o le macchie solari, al fatto che è stato bloccato dai cattivi il governo del cambiamento. Il governo “buono” dei miracoli che comunque non avrebbe fatto. Tranne qualche briciola da distribuire veramente agli italiani per farli stare zitti e continuare a illuderli.Quale è allora in effetti il fine di tutta questa manovra? Smontare una opposizione vera al sistema, che – al di lá di Lega e M5S – è comunque veramente sentita nella maggioranza degli italiani, e legarla sempre di più a questi fidati partiti eterodiretti. Attraverso un teatrino tutto verbale, fatto di posizioni di contrapposizione strumentale, capaci di assorbire e incanalare il malcontento riducendolo a tifoseria accesa. In favore di volti nuovi ma appartenenti ai soliti vecchi ambienti, e che mai nei fatti intaccheranno veramente i grandi interessi dei poteri forti anticoscienza. Lo scontro tra sovranisti e mattarelliani europeisti non è altro che il gattopardesco gioco delle parti, fatto per non cambiare le cose. Lo dimostra il fatto che quando poi questi finti sovranisti si avvicinano veramente al potere annacquano i loro programmi in modo incredibile. E infarciscono le loro proposte di ministri con personaggi solo apparentemente nuovi, ma sempre comunque appartenenti al vecchio circuito di potere. Come Savona, uomo di Confindustria, del sistema bancario internazionale, ministro dell’orrido e nefasto governo Ciampi, da sempre splendidamente inserito nei circuiti internazionali oscuri. O come i finti nuovi professori “scoperti” dal Cinque Stelle, provenienti da università e ambienti di stampo tra il piduista e il gesuitico-massonico.Insomma un gran chiasso, perché la gente che si sta risvegliando, che è sempre di più, non si organizzi autonomamente in partiti e movimenti veramente liberi, ma venga presa dal tifo per una finta lotta di potere tra falsi buoni e veri cattivi. Quelli che sembrano “buoni” lo sono veramente? Sono dalla parte del popolo, delle coscienze, o servono solo a imbambolarci in un teatrino fasullo di accese tifoserie? Questi giorni dopo le elezioni lo hanno dimostrato. Questo schema di danza macabra sulla pelle degli italiani è stato ora rafforzato non casualmente da un uomo del potere come Mattarella. Cosa fare, subire? No, attivarsi, ma non nella direzione della delega a false scelte che alla fine derivano sempre dagli stessi poteri schiavizzanti. Non farsi prendere in giro, mantenersi interiormente liberi, non fidarsi di chi promette e non mantiene veramente. Non delegare a chi non si conosce, non fidarsi dei media. Non rinunciare ai propri ideali e alla propria voglia di bene, e organizzarsi per interagire orizzontalmente e positivamente con i nostri territori e le comunità locali. Là dove possiamo operare con la nostra voglia di bene e controllare direttamente con la nostra coscienza. Dal basso, nell’orizzontale, sorgerà la società etica ed amorosa del futuro. Non da questi fantasmi, spettri del potere. Dalla nostra coscenza direttamente operativa il futuro luminoso della società umana, non dalla fiducia e dalla delega al Gatto e alla Volpe, che fanno da sempre gli amici – cambiando maschere – solo per rubarci l’anima.(Fausto Carotenuto, “Il ‘golpe stupido’ di Mattarella e la danza macabra”, da “Coscienze in Rete” del 28 maggio 2018).L’uscita di Mattarella che blocca il governo di chi ha vinto le elezioni viene motivata ufficialmente con l’intenzione di impedire i danni finanziari prodotti dai “populisti sovranisti”, e di favorire gli interessi dei poteri finanziari ed europeisti dei quali lo stesso presidente appare come un’evidente espressione. Ma molti osservatori notano questa mattina giustamente che questa mossa ha una sola certa conseguenza: rafforza nell’opinione pubblica le posizioni proprio di quelli che sembrava voler bloccare. E potrebbe spingerli verso un successo elettorale ancora maggiore, scompigliando e indebolendo ancora di più i partiti tradizionali filo-sistema. È stupido, il presidente? Certamente no: è un uomo del sistema che fa bene gli interessi del sistema. Proprio per questo motivo lo hanno messo a fare il presidente. Ma allora che interesse ha il sistema trasnazionale oscuro e anticoscienza nell’ordinare una tale mossa apparentemente controproducente? Vediamo… Un presidente della Repubblica nomina i ministri su proposta del presidente del Consiglio incaricato, ma non può alterare o condizionare la linea politica emersa dal voto. Bloccare la nascita di un governo che esprime la volontà popolare, giusta o sbagliata che sia, e farlo per di più nel nome di quello che poteri forti trasnazionali, finanziari e politici, vogliono continuare a imporre ai cittadini italiani, appare ora a tantissimi italiani come un vero e proprio tradimento del popolo che rappresenta. Un vero e proprio golpe.
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Il Telegraph: l’euro-golpe sta mettendo in pericolo l’Italia
Le élite italiane favorevoli all’euro si sono spinte troppo in avanti. Il presidente Sergio Mattarella ha creato lo straordinario precedente che nessun movimento politico, o coalizione di partiti, potrà mai prendere il potere se sfida l’ortodossia dell’Unione Monetaria. Senza rendersene conto, ha inquadrato gli eventi come se fossero una battaglia tra il popolo italiano e un’eterna “casta” fedele ad interessi stranieri, facendo il gioco dei ribelli grillini e dei nazionalisti antieuro della Lega. Per giustificare il suo veto all’euroscetticismo ha incautamente invocato lo spettro dei mercati finanziari ma, nell’insieme, le sue azioni hanno reso la situazione infinitamente peggiore. Lo spread sulle obbligazioni italiane a 10 anni è salito di quasi 30 punti base, fino al massimo di 235 (lunedì), quando gli investitori si sono resi conto delle terribili implicazioni dello spasmo costituzionale: una crisi che durerà tutta l’estate e che potrà concludersi solo con nuove elezioni, che non risolveranno nulla. Negli ultimi giorni si è fatto molto per ridurre il calo delle azioni bancarie, ma queste stanno ora cedendo in modo ancora più forte. Banca Generali è scesa del 7,2% e Unicredit del 5%.Che si tratti o meno di un “morbido colpo di Stato”, il territorio resta comunque assai pericoloso. Il presidente Mattarella ha apertamente dichiarato di non poter accettare come ministro delle finanze Paolo Savona, perché le sue passate critiche alla moneta unica “potrebbero provocare l’uscita dell’Italia dall’euro” e portare ad una crisi finanziaria. In un certo senso questo veto poteva essere previsto. Anche il governo Berlusconi fu rovesciato nel 2011 da Bruxelles e dalla Banca Centrale Europea. Qualche “informatore” ha rivelato di aver manipolato gli spread sui bond per poter esercitare la massima pressione. L’Ue aveva persino provato a reclutare Washington, che però si rifiutò d’intervenire. «Non possiamo sporcare di sangue le nostre mani», dichiarò il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Tim Geithner. La novità è che la santità dell’euro dovrebbe amaramente essere formalizzata come imperativo costituzionale italiano!«Abbiamo un problema di democrazia, perché gli italiani sono sovrani e non possono essere governati dallo spread», ha detto Matteo Salvini, l’uomo forte della Lega, in forte ascesa. «È una questione molto seria il fatto che Mattarella abbia scelto i mercati e le regole dell’Unione Europea invece degli interessi del popolo italiano». «Perché non diciamo semplicemente che in questo paese il voto è inutile, visto che sono le agenzie di rating e le lobby finanziarie a decidere i governi?», ha dichiarato Luigi di Maio, leader del Movimento Cinque Stelle. La Costituzione italiana concede al presidente Mattarella alcuni poteri, per lo più non sperimentati e comunque posti in una zona grigia. Potrebbe anche sostenere che il blitz fiscale Lega-Grillini violi l’art. 80 della Costituzione e che comunque egli ha il dovere di salvaguardare i trattati dell’Ue. Tuttavia, non ha alcun mandato diretto conferito dal popolo. Egli fu scelto come compromesso di basso profilo nell’ambito di un accordo preso dietro le quinte. Non ha l’autorità per bloccare in eterno l’Italia nell’euro.L’onorevole Di Maio sta ora facendo richiesta d’impeachment, ai sensi dell’articolo 90. «Voglio che il presidente sia processato, voglio che questa crisi istituzionale venga risolta dal Parlamento per evitare che il malcontento popolare sfugga di mano», ha dichiarato. I ribelli, in effetti, hanno voti sufficienti per poterlo rimuovere. Ciò che è degno di nota è che le élite pro-euro hanno agito in modo veramente rozzo, spingendo la situazione verso un’impasse pericolosa. Il ministro delle finanze proposto, Paolo Savona, non è un testa calda. E’ stato funzionario della Banca d’Italia, ministro e presidente di Confindustria, oltre che direttore di un hedge-fund londinese. Aveva fatto dichiarazioni concilianti, lasciando cadere la suggestione che l’euro sia una “gabbia tedesca”. Aveva insistito sul fatto che il suo “Piano B” per uscire dalla moneta unica (2015) non era più operativo e che il suo vero obiettivo era tornare ad un euro più equo, radicato nell’art. 3 del Trattato di Lisbona, che prevede crescita economica, creazione di posti di lavoro e solidarietà. Le sue argomentazioni legali erano impeccabili.Con un po’ di furbizia, i “poteri forti” e i “mandarini” italiani avrebbero potuto collaborare con il signor Savona e trovare un modo per attenuare le posizioni della Lega e dei grillini. La spinta ad escluderlo del tutto – per cercare di soffocare la ribellione euroscettica, come avevano già fatto con Syriza in Grecia – proveniva da Berlino, Bruxelles e dalla struttura di potere dell’Ue. Il tempo dirà se hanno preso una cantonata, cadendo in una trappola. «In un certo senso sono molto felice perché abbiamo finalmente sgombrato il tavolo dalle str…ate», ha dichiarato Claudio Borghi, portavoce per l’economia della Lega. «Ora sappiamo che si tratta di una scelta fra democrazia e spread. Devi giurare fedeltà al dio dell’euro per poter avere una vita politica, in Italia. E’ peggio di una religione. Quello che stiamo vedendo costituisce il problema fondamentale dell’Eurozona: non si può avere un governo che dispiaccia ai mercati o al ‘club dello spread’, la Bce e l’Eurogruppo li utilizzerebbero per annientare la vostra economia. Siete molto fortunati, nel Regno Unito, perché vivete ancora in un paese libero», ha aggiunto.Il presidente Mattarella ha scelto Carlo Cottarelli – veterano del Fmi e simbolo d’austerità – per formare un governo tecnico. Questo tentativo disperato non ha alcuna possibilità di ottenere un voto di fiducia nel Parlamento italiano. Sopravviverà in un limbo costituzionale. «È incredibile che stiano comunque cercando di farlo. Porterà a rivolte e a proteste politiche di massa. Alla stragrande maggioranza degli italiani non gliene frega niente dello spread», ha concluso Borghi. Il calcolo di coloro che circondano il presidente è che gli italiani da loro umiliati, davanti all’abisso finanziario e politico, possano cambiare idea e rinunciare all’insurrezione. La scommessa è che l’attrito politico possa ridisegnare il paesaggio entro ottobre, considerato il mese più probabile per un nuovo voto. Questo gioco può anche riuscire, ma è in ogni caso una supposizione pericolosa.La Lega di Matteo Salvini ha già guadagnato otto punti nei sondaggi, dopo le ultime elezioni. Si è impadronita degli eventi delle ultime 24 ore per capitalizzare l’umore nazionalista, come Gabriele d’Annunzio a Fiume nel 1919. «Non saremo mai servi e schiavi dell’Europa», ha detto Salvini. Ha già proclamato che il prossimo voto sarà un plebiscito sulla sovranità italiana e un atto di resistenza nazionale contro «Merkel, Macron e i mercati finanziari». Ma c’è un altro pericolo. La fuga di capitali ha una sua logica implacabile. È visibile nel crescente tasso di cambio con il franco svizzero. Esiste il rischio che i flussi in uscita accelerino e spingano gli squilibri interni Target2 della Bce verso il punto di rottura. I crediti Target2 della Bundesbank tedesca sono già a 923 miliardi di euro. È probabile che arriveranno ad 1 trilione di euro in breve tempo, provocando forti richieste da parte di Berlino perché siano congelati.L’Istituto Ifo, in Germania, ha già avvertito che devono esserci dei limiti. Ma qualsiasi mossa per limitare i flussi di liquidità significherebbe che la Germania è vicina a staccare la spina dell’Unione Monetaria e questo scatenerebbe un’inarrestabile reazione a catena. Il signor Mattarella affronterà un’estate estenuante. Rischia di andare a sbattere, fra quattro mesi, con la stessa alleanza Lega-Grillini, ma con una maggioranza ancora più ampia e un fragoroso mandato a favore del loro “governo del cambiamento”. Potrebbe seguire la strada del presidente legittimista francese Patrice de MacMahon che, sotto la Terza Repubblica, tentò d’imporre il suo “ordine morale” ad un’ostile Camera dei Deputati, negli anni ‘70 dell’Ottocento, invocando i suoi teorici poteri. Il tentativo fallì. Il Parlamento lo affrontò presentandogli un ultimatum: “Sottomettersi o dimettersi”. Prevalse la democrazia.(Ambrose Evans-Pritchard, “Il colpo di Stato europeo contro l’Italia segna uno spartiacque”, dal “Telegraph” del 28 maggio 2018; articolo tradotto da “Franco” per “Come Don Chisciotte”).Le élite italiane favorevoli all’euro si sono spinte troppo in avanti. Il presidente Sergio Mattarella ha creato lo straordinario precedente che nessun movimento politico, o coalizione di partiti, potrà mai prendere il potere se sfida l’ortodossia dell’Unione Monetaria. Senza rendersene conto, ha inquadrato gli eventi come se fossero una battaglia tra il popolo italiano e un’eterna “casta” fedele ad interessi stranieri, facendo il gioco dei ribelli grillini e dei nazionalisti antieuro della Lega. Per giustificare il suo veto all’euroscetticismo ha incautamente invocato lo spettro dei mercati finanziari ma, nell’insieme, le sue azioni hanno reso la situazione infinitamente peggiore. Lo spread sulle obbligazioni italiane a 10 anni è salito di quasi 30 punti base, fino al massimo di 235 (lunedì), quando gli investitori si sono resi conto delle terribili implicazioni dello spasmo costituzionale: una crisi che durerà tutta l’estate e che potrà concludersi solo con nuove elezioni, che non risolveranno nulla. Negli ultimi giorni si è fatto molto per ridurre il calo delle azioni bancarie, ma queste stanno ora cedendo in modo ancora più forte. Banca Generali è scesa del 7,2% e Unicredit del 5%.
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Di Maio, non puoi più fingere di non sapere com’è il Mostro
La Bella Addormentata nel bosco si è ridestata da un lungo sonno. E, tutta sconvolta, ci informa che non si trova nel Paese delle Meraviglie, ma che nel bosco c’è un orco, grosso, sporco, con i denti aguzzi e gli artigli ricurvi. Questo mostro si chiama tecnocrazia oligarchico-finanziaria, e controlla gli Stati (specialmente le democrazie del Sud Europa) per cui andare a votare è inutile, tanto comandano loro, in ossequio al dio dei Mercati, in ossequio all’apertura delle Borse, in ossequio all’Euroburocrazia delle banche centrali e delle cancellerie mittel-europee. Caro Luigi, stavolta te lo dico con il cuore e senza nessun risentimento, ma con tanta amarezza e disincanto. Non voglio fare la primadonna, e d’altronde siamo arrivati ad un punto, in Italia, nel quale non ci sono più teatri e non ci sono più riflettori, ma resta solo da imbracciare una pala e tentare di fare pulizia dalle macerie. Ma cosa facevate voi quando Messora vi diceva queste cose, a parte sbatterlo fuori perché volevate entrare nell’Alde? E mentre io gridavo alla luna e voi annunciavate querela (ricordi?), quando andavi a pranzo con quegli stessi mostri senza anima che oggi ti hanno (e ci hanno) dato il benservito, tu a cosa pensavi? Perché lo facevi? Credevi davvero, tu, pecora come tutti noi, di poter essere invitato alla tavola imbandita dai lupi e non finire prima o poi tra le pietanze?Non ti faccio il lungo elenco delle rassicurazioni che hai cercato di dare a tutti, dai mercati ai lobbisti incontrati a porte chiuse, per tentare di arrivare qui, oggi, perché sono sicuro che li ricordi uno ad uno, e sono sicuro che adesso ti brucia tanto quanto brucia a tutti noi avere avuto l’ennesima dimostrazione di quanto contiamo veramente. Ti hanno osservato con attenzione, magari con aria divertita; ti hanno fatto intendere che sì, in fondo eri un esemplare curioso di varia umanità, e ti hanno guardato con quell’aria semisorridente, sorniona, con quello sguardo gelido, stringendoti la mano come un sordido finanziere affarista la stringe all’ingenuo padre di famiglia che crede di avere concluso l’affare del secolo. Loro sapevano che tu quella porta non l’avresti varcata mai. Perché le loro televisioni te l’avrebbero impedito. E se non fosse bastato, la legge elettorale te l’avrebbe impedito. E se ancora non fosse bastato – come non è bastato – perché il garante ultimo di questo sistema di commissariamento permanente te l’avrebbe impedito. In qualunque modo. A qualunque costo. E così è stato. Amen!Però… Però… se questa consapevolezza il Movimento 5 Stelle l’avesse avuta da subito, sin dal 2013 quando entrò vigorosamente nelle istituzioni… Se anziché tentare di farsi sistema, cercando di ripulirsi e riqualificarsi agli occhi dei potenti, liberandosi dei rimasugli delle lotte ai banchetti, delle denunce troppo veementi nelle piazze, dei post troppo espliciti in rete e sui blog; se insomma tu avessi condotto il Movimento 5 Stelle non verso la deriva istituzionale presidiata dai guardiani della democrazia, cercando di non dare troppo fastidio ai manovratori occulti ma lasciando che si occupasse delle briciole, come gli stipendi dei parlamentari, ma verso lo scontro nudo e crudo con un sistema di potere che occlude ogni possibilità per i cittadini e svuota la Costituzione (come si è visto ieri sera al Quirinale) a vantaggio di potenze sovranazionali e colonizzatrici, forse oggi saremmo già avanti. Forse avreste preso quel 100% alle elezioni che voleva Beppe Grillo, e Mattarella oggi non sarebbe più un problema. Invece siamo ancora qui, nel 2018, a dire le cose che se stavate un po’ attenti qualcuno in rete diceva già nel 2011. E sarebbe bastato dargli retta (e non mi riferisco solo a Messora).Adesso chiedi di credere alla tua autentica presa di coscienza (un po’ tardiva) sulla vera natura dei poteri che ci governano. Bene. Io sono un inguaribile romantico. E sai cosa ti dico? Che potrei anche crederti. Ma te ne prego: hai preso una strada, sei entrato in rotta di collisione con quei poteri forti che ti hanno pugnalato alle spalle mentre salivi la scalinata che conduceva alla vittoria, ti sei messo a denunciarli e a hai perfino iniziato a chiamarli per nome… Adesso il contratto scrivilo con te stesso, mettici dentro le cose che hai detto in questo video e poi firmalo col sangue. Non cambiare più idea, Luigi. Se hai davvero capito con chi hai a che fare, adesso affonda la lama e non la estrarre più fino a quando questi nemici dell’Italia, della patria, della democrazia e dei popoli non saranno tutti stati eliminati. Sei ancora il capo politico di un movimento che ha il 32% dei voti, se non di più. Da solo, o alleandoti con qualcuno che la pensi come te, hai la possibilità di riscrivere il finale di questa storia. Tutti sbagliamo. Tutti cadiamo. Ma il mondo lo cambia solo chi riesce a rialzarsi con una nuova consapevolezza, avendo finalmente chiaro quello che bisogna fare. E quello che bisogna fare è riconquistare la libertà. Sfrutta questa occasione. Non ce ne sarà un’altra.(Claudio Messora, “Il nuovo contratto di Luigi Di Maio”, da “ByoBlu” del 28 maggio 2018).La Bella Addormentata nel bosco si è ridestata da un lungo sonno. E, tutta sconvolta, ci informa che non si trova nel Paese delle Meraviglie, ma che nel bosco c’è un orco, grosso, sporco, con i denti aguzzi e gli artigli ricurvi. Questo mostro si chiama tecnocrazia oligarchico-finanziaria, e controlla gli Stati (specialmente le democrazie del Sud Europa) per cui andare a votare è inutile, tanto comandano loro, in ossequio al dio dei Mercati, in ossequio all’apertura delle Borse, in ossequio all’Euroburocrazia delle banche centrali e delle cancellerie mittel-europee. Caro Luigi, stavolta te lo dico con il cuore e senza nessun risentimento, ma con tanta amarezza e disincanto. Non voglio fare la primadonna, e d’altronde siamo arrivati ad un punto, in Italia, nel quale non ci sono più teatri e non ci sono più riflettori, ma resta solo da imbracciare una pala e tentare di fare pulizia dalle macerie. Ma cosa facevate voi quando Messora vi diceva queste cose, a parte sbatterlo fuori perché volevate entrare nell’Alde? E mentre io gridavo alla luna e voi annunciavate querela (ricordi?), quando andavi a pranzo con quegli stessi mostri senza anima che oggi ti hanno (e ci hanno) dato il benservito, tu a cosa pensavi? Perché lo facevi? Credevi davvero, tu, pecora come tutti noi, di poter essere invitato alla tavola imbandita dai lupi e non finire prima o poi tra le pietanze?
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Renzi: il veto su Paolo Savona imposto da Draghi e Visco
Mattarella nell’angolo: finito nel mirino di 5 Stelle e Lega dopo esser stato “costretto” a bocciare Savona, su pressione di Ignazio Visco (Bankitalia) e Mario Draghi (Bce). Lo scrive sul “Giornale” Augusto Minzolini, citando nientemeno che Matteo Renzi. Per spiegare l’avvitarsi esplosivo della crisi istituzionale, racconta Minzolini, l’ex segretario del Pd ha confidato ai suoi che «Mattarella in questi giorni ha ascoltato molto Draghi e Visco, che vedono Savona come fumo negli occhi». Tra l’altro, ha aggiunto Renzi, «quello che dice Savona sugli errori fatti da Bankitalia nel trattare i problemi delle piccole banche o il bail-in, io lo firmerei». Quindi, aggiunge Minzolini, con Bruxelles, Berlino, Draghi, Visco che premevano, Mattarella «non ha potuto non mettere quel “veto” su Savona». E ha dovuto accettare un grande rischio, quello su cui persino D’Alema giorni fa lo aveva messo in guardia: «Se il presidente dice no a Savona, rischia di ritrovarsi di nuovo di fronte lo stesso problema dopo le elezioni. Con Salvini che, però, gli metterà sul tavolo una maggioranza dell’80%». Già, con quel “no” ora Mattarella rischia di diventare l’obiettivo di una campagna elettorale, di essere sfiduciato dal paese. Ecco perché – anziché Cottarelli – sarebbe stato meglio per il Quirinale «rifugiarsi dietro a qualche precedente, mettere in piedi un governo istituzionale, guidato da uno dei due presidenti delle Camere, come fece Francesco Cossiga nell’87».Osservazioni che Minzolini coglie fra i retroscena di una crisi vertiginosa, innescata dal braccio di ferro sull’ex eurista e neo-euroscettico Paolo Savona. Inutili gli incontri in extremis tra Mattarella, Salvini e Di Maio, prima della visita conclusiva di Conte al Quirinale. «Tutti sono rimasti sulle loro posizioni». In realtà, si era già capito che le missioni del pomeriggio al Quirinale del leader della Lega e poi del capo dei 5 Stelle, «terrorizzato dal rischio di andare nuovamente alle urne», si erano risolte in un fallimento. Dice Giancarlo Giorgetti, numero due della Lega: «Se su Savona c’è il no di Berlino e dei poteri forti – ha tagliato corto Salvini – significa che è il ministro giusto. Se non lo vogliono si torna a votare». Scuro in volto anche Di Maio: «Qui finisce male, la posizione di Mattarella è incomprensibile». E Mattarella? Minzolini lo descrive «fuori di sé», irremobivile di fronte ai suoi interlocutori: «Dovranno spiegare agli italiani quello che succederà da domani in poi sui mercati». La verità, aggiunge Minzolini, è che il “caso Savona” è diventato alla fine l’elemento catalizzatore del “non detto” di queste settimane: le prerogative istituzionali del capo dello Stato, i rapporti con il sistema Ue-Bce attraverso Bankitalia.«Ci sono sono state tutte le contraddizioni, che, piano piano, sono venute in luce nel “contratto” di governo», scrive Minzolini. «E la montagna di parole con cui i mediatori hanno tentato di coprire tutto questo negli ultimi giorni, quello spesso manto di ipocrisia, non è bastata per raggiungere un compromesso. Sicuramente non è bastata la dichiarazione di Savona». Secondo l’ex direttore berlusconiano del Tg1, si è tentata «una mediazione impossibile» per “sdoganare” «un personaggio come Savona con il suo profilo, la sua personalità, la sua storia al ministero dell’economia». Delle due l’una: Savona all’economia «avrebbe avuto il significato di un cedimento di Mattarella, per cui l’influenza che il Quirinale via via è venuto ad assumere nei settennati di Scalfaro, Ciampi e, soprattutto, Napolitano, sarebbe diventata un pallido ricordo». Se invece Salvini avesse accettato l’esclusione del professore, «avremmo avuto il paradosso che il primo governo “sovranista” di questo paese sarebbe stato il primo a essere condizionato platealmente dalla Ue e dalla Germania, nella scelta del ministro dell’economia». Non si scappa, sottolinea Minzolini: «Ci sarebbe stato un vincitore e un perdente. E nessuno era nelle condizioni di poter accettare una sconfitta».Chi rischia di più, ora? Ovviamente il Quirinale, secondo Claudio Borghi: «Mattarella e compagni non sono lucidi: stanno facendo a Salvini il favore che l’establishment americano ha fatto a Trump», confida il “cervello” economico della Lega. «Le hanno provate tutte, anche a dividere il ministero dell’economia in due per impedire a Savona di partecipare ai vertici europei». La verità, secondo Borghi, è che questa crisi non pone solo il problema del nostro rapporto con l’Europa, ma anche di quanto è avvenuto nel 2011: l’Italia è ancora un paese sovrano? «È una questione che non nasce ora», aggiunge Borghi, citato da Minzolini. «Lo sa benissimo Berlusconi, che ha l’occasione di vendicarsi per tutto quello che gli hanno fatto. Ieri c’è stato un capo dello Stato che su ordine della Ue ha fatto fuori un premier. Oggi c’è un capo dello Stato che ha posto un veto sulla nomina di un ministro, sempre su ordine di Bruxelles». Ieri Napolitano, oggi Mattarella. «Tutti i nodi sono venuti al pettine». E proprio sul nome di Savona, chiosa Minzolini, «è andato in scena lo scontro tra due mondi».Mattarella nell’angolo: finito nel mirino di 5 Stelle e Lega dopo esser stato “costretto” a bocciare Savona, su pressione di Ignazio Visco (Bankitalia) e Mario Draghi (Bce). Lo scrive sul “Giornale” Augusto Minzolini, citando nientemeno che Matteo Renzi. Per spiegare l’avvitarsi esplosivo della crisi istituzionale, racconta Minzolini, l’ex segretario del Pd ha confidato ai suoi che «Mattarella in questi giorni ha ascoltato molto Draghi e Visco, che vedono Savona come fumo negli occhi». Tra l’altro, ha aggiunto Renzi, «quello che dice Savona sugli errori fatti da Bankitalia nel trattare i problemi delle piccole banche o il bail-in, io lo firmerei». Quindi, aggiunge Minzolini, con Bruxelles, Berlino, Draghi, Visco che premevano, Mattarella «non ha potuto non mettere quel “veto” su Savona». E ha dovuto accettare un grande rischio, quello su cui persino D’Alema giorni fa lo aveva messo in guardia: «Se il presidente dice no a Savona, rischia di ritrovarsi di nuovo di fronte lo stesso problema dopo le elezioni. Con Salvini che, però, gli metterà sul tavolo una maggioranza dell’80%». Già, con quel “no” ora Mattarella rischia di diventare l’obiettivo di una campagna elettorale, di essere sfiduciato dal paese. Ecco perché – anziché Cottarelli – sarebbe stato meglio per il Quirinale «rifugiarsi dietro a qualche precedente, mettere in piedi un governo istituzionale, guidato da uno dei due presidenti delle Camere, come fece Francesco Cossiga nell’87».