Archivio del Tag ‘banche’
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Formica: Draghi lavora per la Germania, contro l’Italia
Mario Draghi? Chiedetevi chi l’ha messo là dov’è: la Germania, cioè il più pericoloso competitore dell’Italia, il paese interessato ad assorbire il nostro sistema bancario, che sostiene la temibile manifattura italiana, seconda in Europa dopo quella tedesca. Parola di Rino Formica, più volte ministro socialista della Prima Repubblica, noto per la drastica franchezza dall’epoca in cui dirigeva le Finanze italiane. Affermazioni dirompenti, quelli di Formica, proposte su RaiDue all’info-talk “L’ultima parola” l’11 novembre, con in studio Giulietto Chiesa e Gabriele Albertini e, in collegamento, Massimo Cacciari. Tema: dietro al governo Monti c’è la regia dell’alta finanza che vuole spolpare l’Italia, con l’escamotage dell’esecutivo tecnico?
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Addio Italia, siamo stati invasi: e i nostri politici sono finiti
Siamo stati invasi: dalle forze di una coalizione molto potente. Non è un’invasione fatta coi carri armati, ma con le squadre di ispettori della troika formata da Ue, Fmi e Bce. Van Rompuy è stato chiaro: sono venuti per cambiare la struttura di questo paese e resteranno tutto il tempo necessario, forse per sempre. L’immagine dei “commissari” che bloccano la presentazione in aula del maxi-emendamento, per controllare fino all’ultimo istante che contenga soltanto quello che loro avevano deciso, dà la misura del “dominio pieno” che gli invasori hanno subito preso a esercitare. Non servono nuove elezioni: il “programma politico” c’è, il personale per realizzarlo pure. La democrazia può attendere. Anzi, deve. Per quanto tempo? Non si sa, ma va bene così.
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Salvare l’Italia da chi la ricatta: ecco la riforma che serve
L’attacco speculativo contro i titoli del debito pubblico italiani dovrebbe far sorgere nella mente di ogni cittadino intelligente la seguente domanda: come è possibile per uno Stato sottrarsi ai ricatti posti in essere dai consigli di amministrazione dei grandi intermediari finanziari? Non chiamiamoli più mercati, per favore. Quale disciplina giuridica è necessario introdurre per rendere prevalentemente interno o addirittura esclusivamente interno il debito pubblico dello Stato? La medesima domanda, prima ancora che da cittadini intelligenti, dovrebbe essere sollevata dai politici italiani, i quali dovrebbero chiedere ai loro tecnici: quali norme possiamo emanare per far sì che il debito pubblico sia prevalentemente o esclusivamente interno?
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Sindrome greca, Palast: loro rubano, poi paghiamo noi
Ecco cosa ci hanno raccontato: l’economia della Grecia è esplosa perché una banda di greci sputa-olive, trangugia-ouzo e culi pigri si rifiuta di lavorare per una giornata intera, se ne va in pensione di lusso anticipata e si gode costosissimi servizi sociali finanziati con l’indebitamento. Ora che il conto è arrivato e i greci devono pagarlo con tasse più alte e tagli al welfare, loro corrono a ribellarsi urlando per strada, sfasciando vetrine e bruciando banche. Io questa storia non me la bevo, perché il documento che ho in mano è marcato come “Riservato”. Vado al dunque: la Grecia è la scena di un crimine. I greci sono vittima di una frode, di una truffa, di una fregatura, di una fandonia. E, tappate le orecchie ai bambini, l’arma fumante del delitto è in mano a una banca di nome Goldman Sachs.
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Tutto tranne democrazia: i veri mandanti di Mario Monti
Italia e Grecia al guinzaglio del vero potere: quello che ormai stabilisce il prezzo della residua democrazia lasciata agli Stati un tempo sovrani. Comanda Wall Street, attraverso Fmi, Bce e Unione Europea: sono loro a “licenziare” Papandreou e Berlusconi, e a imporre le “riforme strutturali” che non toccano né i patrimoni, né le banche, né le rendite finanziarie, ma solo i popoli (salari, pensioni, welfare) e i beni comuni costruiti con l’impegno di generazioni: beni che ora saranno “privatizzati”, cioè tolti ai cittadini. Sotto la pressione micidiale dei controllori dei mercati finanziari, alla Grecia e all’Italia si dettano ultimatum, prendere o lasciare. Tesi: la politica non è in grado di affrontare scelte impopolari. Meglio che le gestisca un sovrano o un suo vassallo, come nel medioevo.
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Italiani, questa è una rapina: dietro al ricatto dello Spread
A mo’ di riepilogo, e di informazione per chi non lo sapesse ancora, ecco cosa chiedono per lasciarci in pace. Chiedono “chi”? Mah, la Ue, la Bce, i mercati, le banche, chiamateli come volete. Le letterine partono un po’ da tutti i mittenti, e riportano sempre le stesse 5 richieste. Ad esempio, ecco uno “studio” della Barclays Bank di due giorni fa, dal titolo “Can Italy save itself?”, ossia “L’Italia potrà salvare se stessa?” (thanks to “Valigia Blu”). Nello studio un sacco di blabla sul come e il perché, ma alla fine gli stessi 5 punti che si ripetono ormai come un mantra: 1.mercato del lavoro: modifica della contrattazione collettiva in favore di accordi a livello dell’impresa; 2.pensioni: innalzare l’età pensionabile e parificarla per uomini e donne; 3.pubblica amministrazione: adeguare salari e produttività, e promuovere la mobilità; 4.ordini professionali: liberalizzare; 5.beni dello Stato: privatizzare.
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Indifesi, senza più sovranità: ora ci prenderanno tutto
Non capite cosa sta accadendo? Siete smarriti dai continui sbalzi dei mercati, che un giorno crollano e due giorni dopo crescono per poi crollare e ricrescere ancora? Attenzione ai retroscena: la crisi pilotata della Grecia, Draghi alla Bce, Berlusconi sfrattato dai poteri forti della finanza euro-atlantica: «Il destino dell’Italia è segnato perchè non controlliamo più il debito pubblico», dice Marcello Foa. E ora, i detentori occulti di quel debito, «sotto l’impulso della crisi, svuoteranno l’Italia lasciandole forse risanata ma esangue. E’ il destino di chi rinuncia alla propria sovranità». Guai a restare senza una propria moneta, fa eco Felice Sardi: «Dire che un investimento socialmente valido non può essere attuato per mancanza di risorse monetarie è come dire che un ponte non può esser costruito per mancanza di chilometri».
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Poveri noi, se basta un referendum a seminare il panico
Fino a che punto le regole vigenti nell’economia mondiale sono tuttora compatibili con l’esercizio della democrazia? La domanda è più che legittima, vista la reazione di panico con cui i mercati finanziari, e insieme a loro tanti leader politici nonché le principali istituzioni monetarie, hanno condannato la decisione del governo greco di convocare un referendum sulle ricette amare prescritte dall’Ue. Il presidente della Banca mondiale, Robert Zoellick, ne parla come di un “lancio di dadi”. Il governo tedesco lo qualifica come inaccettabile “perdita di tempo”. Quanto alle reazioni dell’establishment di casa nostra, basti per tutti l’aggettivo con cui Ferruccio de Bortoli, sul “Corriere della Sera”, liquida il referendum indetto da Papandreou: “Scellerato”.
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Referendum, Grecia-choc: l’Europa teme la democrazia
Pochi giorni fa le borse festeggiavano, euforiche, la notizia che il governo italiano assumeva ufficialmente l’impegno di realizzare le richieste della Bce e dell’Unione Europea: licenziamenti facili, tagli al bilancio statale, vendite di beni e servizi pubblici, attacco alle pensioni, sconvolgimento della Costituzione, distruzione del principio della divisione dei poteri. Annunciare una tremenda limitazione della democrazia determina immediatamente un’impennata degli indici di borsa: ed è logico, perché meno democrazia significa meno opposizione alle barbare esigenze della finanza internazionale. Oggi invece le borse crollano miseramente perché la Grecia ha annunciato un referendum sui piani di salvataggio
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Barnard: perderemo tutto, la Bce vuole il nostro sangue
La lettera che il governo Berlusconi ha consegnato all’Unione Europea significa una sola cosa: «Che l’Italia si deve piegare al volere dei mercati». Dopo un lungo silenzio, Paolo Barnard torna a farsi sentire attraverso il suo dirompente sito web, dal quale lanciò “Il più grande crimine”, saggio sulfureo sulle vere cause dell’attuale crisi: la resa della politica ai predoni della finanza mondiale, attraverso un’inesorabile processo di privatizzazione perfezionato negli anni ’80 da Reagan e dalla Thatcher con la complicità di Kohl e Mitterrand e sviluppato in Italia da uomini come Ciampi e Prodi, fino al capolavoro assoluto: un’Unione Europea non democratica, retta da una Commissione di non-eletti e incentrata sull’euro, moneta comune ma privata, che la Bce “presta” agli Stati membri ad elevato tasso d’interesse.
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I Clinton e la Goldman Sachs, nuovi signori della Libia
Il linciaggio di Gheddafi dovrebbe anche dimostrare, secondo la Nato, che i “ribelli” dopotutto sono dei barbari immaturi per la democrazia e incapaci di gestire uno Stato di Diritto; risulta perciò assolutamente necessaria la tutela internazionale, soprattutto per quanto riguarda l’eventuale ministero del Tesoro del nascente Stato libero della Libia. Come sorprendersi quindi che il primo atto del nuovo governo della Libia “libera” sia stato quello di chiedere alla Nato di rimanere in Libia? Si può prescindere per un momento anche dal business del petrolio libico, attualmente ritornato in mano soprattutto alla multinazionale British Petroleum, che deteneva quasi il monopolio del petrolio libico prima del colpo di Stato di Gheddafi nel 1969.
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Non coi miei soldi: la rivoluzione etica comincia in banca
Come Banca crediamo sia arrivato il tempo in cui ognuno, come cittadino, risparmiatore, lavoratore, pensionato e consumatore, debba fare la propria parte e debba prendere coscienza che l’utilizzo del proprio denaro ha conseguenze dirette sul futuro suo, dei suoi simili e dei suoi figli. E’ alla luce di queste scelte e della forza di oltre 36.000 soci, che Banca Etica ha la legittimità di ribadire con forza che accanto al modello finanziario dominante esiste un’alternativa che funziona e che interroga il mondo dell’economia sull’urgenza di un cambiamento profondo. Ogni cittadino è parte integrante del sistema economico e finanziario: lavora, percepisce un reddito, risparmia, investe, acquista titoli di stato, quote di fondi di investimento, deposita liquidità su conti di risparmio, sottoscrive polizze assicurative.