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Tutta la verità, sempre. Grazie a Mazzucco, giornalista vero
«Ragazzi, ricordarvi di dare fastidio, sempre, a chi comanda». Furono le ultime parole che lo scrittore Nuto Revelli rivolse agli studenti delle scuole che spesso visitava. Autore di memorabili libri-denuncia come “La guerra del poveri” sulla ritirata di Russia e “Il mondo del vinti” sull’agonia delle valli alpini spopolate dall’era industriale, Revelli rappresentò una voce importante (e scomoda, quindi isolata) nella coscienza italiana del dopoguerra. Il suo lascito: cercare la verità, ad ogni costo. Quello che, in teoria, dovrebbe fare ogni giornalista degno di questo nome. Quanti ce ne sono, oggi, in circolazione? Pochissimi, secondo il Premio Pulitzer americano Seymour Hersh: «Se i reporter avessero fatto il loro dovere, in questi decenni, avremmo avuto meno guerre e meno stragi, perché il potere non avrebbe osato mentire così spudoratamente all’opinione pubblica». La madre di tutte le stragi, quella dell’11 settembre 2001, colse il milanese Massimo Mazzucco nella sua abitazione di Los Angeles, dove lavorava come sceneggiatore per la Dino De Laurentiis, dopo aver fatto la sua brava gavetta in Italia in qualità di fotografo, assistente di Oliviero Toscani. Quel giorno, Massimo vide – come tutto il resto del mondo – l’impatto del primo aereo. E vide che trascorse un intervallo interminabile prima che avvenisse l’urto del secondo velivolo, senza che nel frattempo si fosse levato in volo un solo caccia a presidiare i cieli.Quella mattina, infatti, l’intera difesa aerea degli Stati Uniti sulla costa orientale era affidata a due soli intercettori armati di missili e pronti a decollare, più altri due di riserva. Tutti gli altri – centinaia – erano impegnati in esercitazioni concomitanti in Canada, Alaska e California: fatto fino ad allora mai verificatosi, nella storia degli Usa, né più ripetutosi in seguito. Il cielo della superpotenza mondiale era più sguarnito di quello del Burkina Faso. Questo (e molto altro) ha messo insieme, Massimo Mazzucco, dopo anni di impegno ininiterrotto alla ricerca della verità. A partire dal primo documentario, “Inganno globale”, mandato in onda da Mentana a “Matrix” su Canale 5 in prima serata, nel 2006, di fronte a milioni di attoniti telespettatori, il video-reporter più scomodo d’Italia ha dedicato alla truffa dell’11 Settembre anche il maxi-documentario del 2013, “11 Settembre, la nuova Pearl Harbor”, raccogliendo prove e testimonianze che smentiscono la versione ufficiale sull’attentato alle Torri Gemelle. Tante le teorie: le Twin Towers abbattute da armi speciali ad energia, demolite con la nano-termite, incenerite con mini-atomiche? Mazzucco non sposa nessuna tesi: «Non spetta a me stabilire cosa sia stato usato per far crollare le Torri, a me basta dimostrare che non possono esser stati quegli aerei», ha ripetuto, anche in web-streaming su YouTube il sabato mattina con Fabio Frabetti di “Border Nights”.Anzi, aggiunge: «Il parteggiare per una tesi o per l’altra finisce per produrre contraddizioni tecniche utili solo a chi vuol farla dimenticare, quella storia, squalificando di fronte all’opinione pubblica chi ricerca la verità con serietà e impegno, come i tremila architetti e ingegneri americani che, mettendo a repentaglio il proprio posto di lavoro, sono riusciti a dimostrare in modo definitivo la “demolizione controllata” delle Torri Gemelle». Cercare la verità, appunto, senza trarre conclusioni affrettate: nel suo ultimo lavoro, “American Moon”, Mazzucco si avvale dei maggiori fotografi internazionali per dimostrare che le immagini del mitico allunaggio del ‘69 non sono state realizzate sulla Luna, ma in studio. «Il che non significa che non siamo mai stati sulla Luna: significa che le immagini mostrate al mondo erano false». Il potere statunitense è finito nel mirino di Mazzucco in svariate occasioni: nel 2007 ha firmato il documentario “L’altra Dallas – Chi ha ucciso Robert Kennedy?”. Un giallo tutt’altro che chiuso, quello che circonda la morte del fratello di Jfk, assassinato il 6 giugno 1968 nelle cucine dell’Hotel Ambassador di Los Angeles per fermare la sua corsa alla Casa Bianca: «Nonostante vi siano almeno venti persone che hanno visto Sirhan Sirhan sparare a Kennedy, sono emersi nel corso del tempo svariati elementi che tendono decisamente a scagionarlo».Lo chiamano Deep State, ed è qualcosa che affonda le sue radici nella nebulosa che tiene insieme esponenti della supermassoneria sovranazionale neo-oligarchica messa a nudo da Gioele Magaldi nel bestseller “Massoni”, con propaggini nella Cia e nell’Fbi, al Pentagono, alla Casa Bianca, in centri di comando assoluti come il Council on Foreign Relations. Da quegli ambienti scaturì il Pnac, Piano per il Nuovo Secolo Americano, attraverso cui i neocon – i Bush e Cheney, Wolfowitz, la Rice, Donald Rumsfeld – pianificarono apertamente la “guerra infinita” a cui il maxi-attentato dell’11 Settembre avrebbe spianato la strada. Massimo Maazzucco ne parla nel documentario “Il nuovo secolo americano”, uscito nel 2008 per illuminare «tutti i retroscena storici, politici, economici e filosofici che avrebbero portato agli attentati dell’11 Settembre per vie ben diverse da quelle che ci sono state raccontate». Non è possibile, infatti, comprendere gli attacchi alle Torri «se non si conosce la storia che c’è alle loro spalle». Ma lo sguardo di Mazzucco – giornalista vero – si estende anche oltre l’agenda geopolitica: nel video “I padroni del mondo”, uscito sempre nel 2008, esplora il territorio misteriosamente ibrido che comprende avvistamenti Ufo, ruolo dei militari e pericolo atomico.“I padroni del mondo”, spiega, non è un classico film sugli Ufo, ma «un film che cerca di comprendere il motivo per cui tutte le informazioni raccolte fino ad oggi sugli Ufo ci vengano tenute nascoste dai militari del Pentagono». E’ forse trovando questa risposta, ipotizza il video-reporter milanese, che si può scoprire qualcosa anche sull’esistenza di «esseri provenienti da altri pianeti, e sulle loro eventuali intenzioni». Tanto per essere espliciti: l’ufologo Roberto Pinotti, da decenni in contatto l’aeronautica militare italiana, ricorda che i gesuiti hanno speso milioni di dollari per allestire sul Mount Graham, in Arizona, un potente osservatorio astronomico dedicato allo studio dell’esobiologia, cioè la vita aliena. “L’extraterrestre è mio fratello”, titolò clamorosamente “L’Osservatore Romano” intervistando padre José Gabriel Funes, astronomo e gesuita, direttore della Specola Vaticana: un centro «che possiede anche un telescopio ad alta tecnologia e vanta un team di scienziati che fa invidia a quello della Nasa», ricorda Agnese Pellegrini su “Famiglia Cristiana”. Ma se padre Funes scruta il cielo in attesa dello sbarco dei “fratelli dello spazio”, Massimo Mazzucco – al solito – scava dietro le verità ufficiali, prendendo per le corna il toro del potere: perché i militari non ci raccontano tutto quello che sanno?Inutile sperare che sui giornali si riscontri altrettanto impegno, nella ricerca delle notizie che contano, anche – per dire – in un settore delicatissimo come quello della salute. E’ del 2009 la dirompente indagine sulle cure alternative per il tumore (“Cancro, le cure proibite”), nel quale Mazzucco mette a nudo il silenzio assordante che copre i clamorosi risultati già ottenuti da decine di medici, in tutto il mondo, per i quali il cancro non è più una malattia incurabile. Negli ultimi 100 anni, riassume il trailer del documentario, dozzine di scienziati, medici e ricercatori hanno trovato diverse cure valide per il cancro, spesso supportate anche da migliaia di testimonianze di pazienti guariti – ma noi non lo abbiamo mai saputo: perché? Statistiche: cent’anni fa si ammalava di cancro solo una persona su 20, oggi invece una su 3 (e negli Usa, un individuo su 4 muore di cancro). Chi sopravvive, viene semi-distrutto dalla chemio: dolori, gonfiore, febbre, nausea, vomito e svenimenti, senza contare l’abbattimento delle difese immunitarie e quindi il rischio elevatissimo di contrarre altri tumori, di cui l’organismo ormai indifeso diviene facile preda. Quando mai se ne parla, sui giornali, di cure di successo contro lo stramaledetto cancro?«Da cent’anni – dichiara Mazzucco – la medicina ufficiale nega che esista una cura risolutiva». Il video mostra sanitari come Max Gerson, che guarisce pazienti considerati “terminali”, così come il collega Harry Hoxsey. Medici per i quali il cancro non è più invincibile: da Tullio Simoncini a René Caisse. Racconta un anziano paziente: «Mi avevano detto che sarei morto in 24 ore, e invece eccomi qua». L’elenco di medici anti-cancro è lungo quasi quanto il Novecento: Chas Ozina e Josef Issels, Emanuel Revici, Royal Rife. E poi Gaston Naessens e Linus Pauling, senza contare Wilhelm Reich e Ryke Hamer. «Perché tutti coloro che hanno proposto una nuova cura, negli ultimi cento anni, sono stati sistematicamente ignorati, derisi, combattuti e spesso anche messi in prigione?». Nel video, rispondono operatori della sanità: «Il cancro è un grosso affare, uno dei più grandi che ci siano». Nel solo 2004, Big Pharma ha fatturato oltre mezzo “biliardo” (“550 billion”, cioè 550 miliardi di dollari). I medici intervistati da Mazzucco parlano di «inviti a pranzo, cene gratis, Champagne». Scandisce il norvegese Per Lonning, dell’Haukeland Hospital di Bergen: «Arriveremo a trovare la cura? La questione non è “se”, ma “quando”». Solo questione di volontà politica, in altre parole. E di soldi, tanto per cambiare.Dice Mark Abadi, psicologo: «La farmaceutica è l’industria di maggior successo nel mondo. Quello che non vogliono è che tu guarisca». Chiosa un’anziana, fissando la telecamera: «Se i medici sanno che c’è una cura, eppure mandano i pazienti a casa a morire, quella è un’atrocità peggiore dell’Olocausto». Tra i rimedi anti-cancro recentemente ammessi c’è anche la marijuana, le cui infiorescenze sono ricchissime di Tch, un principio attivo (già usato da Big Pharma in modo non dichiarato) che in molti casi distrugge le cellule tumorali, oltre ad alleviare le sofferenze dei pazienti. Mazzucco ne parla nel documentario “La vera storia della marijuana”, uscito nel 2010. Domanda: «Che cosa si nasconde dietro alla ossessiva, incessante e terrificante guerra alla droga?». La realtà che si cela sotto la proibizione di questa pianta è «qualcosa di assolutamente impressionante e sconvolgente, con una portata storica che condiziona in modo determinante la vita quotidiana di tutti noi, compreso chi non ha mai visto da vicino nemmeno uno spinello». Tanto per dire, in tutte le civiltà, la marijuana è stata la pianta più utile per l’intera umanità: se ne ricavano carta e tessuti per abiti, olio, corde, medicine. Dalla canapa è possibile produrre anche un’ottima plastica naturale. Ecco il punto: il boom della cannabis avrebbe tagliato le gambe all’industria (sanguinosa) del petrolio.La cannabis, aggiunge Mazzucco nel suo video, è stata usata fin dall’antichità per combattere malaria, reumatismi e dolori mestruali, epilessia, coliche e anche gastriti, anoressia e tifo. Non ci credete? Il medico personale della regina Vittoria, Sir John Russell Reynolds, nel 1890 la definì «una delle medicine più importanti a disposizione dell’uomo». Poi, da un giorno all’altro, questa pianta miracolosa è diventata il frutto proibito, la radice di ogni male: fonte di peccato, perversione e immoralità. Una pericolosa scorciatoia verso la devianza e la follia. Una demonizzazione devastante, improvvisa e sospetta, proprio in prossimità del boom del petrolio. Mazzucco ricorda che Harry Anslinger, del Federal Bureau of Narcotics, fece proibire la marijuana in tutto il mondo: chi lo finanziava? Lo spiega il suo filmato, ora proposto anche come strenna – in cofanetto – insieme a tutti gli altri: un’ottima occasione per fare scorta di informazioni serie, comprovate da documentazioni a prova di bomba.A Mazzucco, naturalmente, il mainstream dà del complottista: un modo facilotto per tentare di sbarazzarsene. Se c’è una dote nella quale l’autore eccelle è proprio la prudenza. Regola numero uno: verificare le notizie in modo da avere sempre almeno 3-4 conferme incrociate. Cosa che i giornalisti hanno smesso di fare da secoli, limitandosi per lo più a passare veline governative. A lettori e telespettatori rifilano quasi solo robaccia, semplice gossip politico, guardandosi bene dall’impensierire il potere. Mazzucco rimpiange il Mentana dei bei tempi, che a suo modo era coraggioso. «Poi, col tempo, si è integrato nel sistema. Arrivato a La7, poteva diventare “il primo degli ultimi”. Invece, si è accontentato di essere “l’ultimo dei primi”». A chi ha fame di notizie vere, naturalmente, resta il web: «Oggi sulla Rete troviamo informazioni impensabili, dieci anni fa, grazie al lavoro tenace e paziente di migliaia di attivisti». Lavoro che “dà fastidio”, come auspicava l’anziano Nuto Revelli, tant’è vero che la politica – italiana, europea – continua a tentare di imbavagliare i blog. E i giornalisti? Silenti, su tutta la linea. Si consolino: se vogliono scoprire come sono andate davvero le cose, in molti tornanti dell’attualità, possono sempre guardarsi i dvd di Massimo Mazzucco. Vere e proprie miniere di notizie.(Tutti i dvd ideati, prodotti e diretti da Massimo Mazzucco sono acquistabili singolarmente, on-line, attraverso il sito “Luogo Comune”. Per il Natale 2018, è anche possibile acquistarli in un’unica soluzione – versione cofanetto – al prezzo scontato di 49 euro).«Ragazzi, ricordatevi di dare fastidio, sempre, a chi comanda». Furono le ultime parole che lo scrittore Nuto Revelli rivolse agli studenti delle scuole che spesso visitava. Autore di memorabili libri-denuncia come “La guerra del poveri” sulla ritirata di Russia e “Il mondo del vinti” sull’agonia delle valli alpine spopolate dall’era industriale, Revelli rappresentò una voce importante (e scomoda, quindi isolata) nella coscienza italiana del dopoguerra. Il suo lascito: cercare la verità, ad ogni costo. Quello che, in teoria, dovrebbe fare ogni giornalista degno di questo nome. Quanti ce ne sono, oggi, in circolazione? Pochissimi, secondo il Premio Pulitzer americano Seymour Hersh: «Se i reporter avessero fatto il loro dovere, in questi decenni, avremmo avuto meno guerre e meno stragi, perché il potere non avrebbe osato mentire così spudoratamente all’opinione pubblica». La madre di tutte le stragi, quella dell’11 settembre 2001, colse il milanese Massimo Mazzucco nella sua abitazione di Los Angeles, dove lavorava come sceneggiatore per la Dino De Laurentiis, dopo aver fatto la sua brava gavetta in Italia in qualità di fotografo, assistente di Oliviero Toscani. Quel giorno, Massimo vide – come tutto il resto del mondo – l’impatto del primo aereo. E vide che trascorse un intervallo interminabile prima che avvenisse l’urto del secondo velivolo, senza che nel frattempo si fosse levato in volo un solo caccia a presidiare i cieli.
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Alterazione del clima: è in corso un esperimento planetario
Il cielo è a strisce: tutti lo vedono, ma nessuno ne prende atto. Come si può pretendere che le istituzioni si decidano a spiegare in modo finalmente convincente un fenomeno palesemente negato, benché sia sotto gli occhi di tutti? Così Massimo Mazzucco commenta, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, l’impacciata retromarcia di Antonio Raschi, direttore dell’istituto di biometeorologia del Cnr, dopo la clamorosa sortita – in diretta – alla trasmissione “Porta a porta”, di Bruno Vespa. «Siamo al centro di un esperimento planetario», aveva detto Raschi, su Rai Uno, il 6 novembre: «Un esperimento di cambiamento del clima, del quale non sappiamo ancora quali saranno gli effetti nel lungo periodo». Tema della trasmissione: lo tsunami-maltempo sull’Italia. Possibile che la catastrofe abbattutasi sul Nord-Est sia stata causata da manipolazioni climatiche? Raggiunto al telefono da Mazzucco, come riportato in una video-sintesi su “Luogo Comune”, Raschi fa dietrofront: sostiene di esser stato frainteso. E’ vero, ha pronunciato il termine “esperimento”, ma in realtà voleva semplicemente dire: scontiamo le conseguenze del surriscaldamento terrestre, al quale contribuiscono le irresponsabili emissioni di gas serra. In altre parole, un “esperimento” miope e autolesionistico.Un tempo, commenta Gianfranco Carpeoro sempre in web-streaming con Frabetti, gli addetti ai lavori erano più accorti: non si sarebbero mai lasciati scappare una frase del genere. Nella telefonata con Mazzucco – alla quale Raschi si è cortesemente prestato – il climatologo del Cnr spiega che l’unico precedente italiano, per un disastro così apocalittico, riguarda l’alluvione dell’Arno del 1966, preceduta da piogge altrettanto anomale. In proposito, Mazzucco ha scovato una ricerca scientifica ufficiale, da cui risulta che proprio nel fatale 1966 furono condotti esperimenti di “cloud seeding”, cioè di “inseminazione” delle nubi con agenti chimici. Titolo dello studio, in inglese: “A Biennal Systematic Test of some Newly-Developed Cloud-Seeding Nucleants, under Orographic Conditions”. Tre ricercatori – Alberto Montefinale, Gianna Petriconi e Henry Papee – spiegano che, dal gennaio del ‘66 al giugno del ‘68, è stato condotto un “test sistematico” di sollecitazione delle nuvole sui Colli Prenestini, a est di Roma. Obiettivo: provocare l’aumento delle precipitazioni mediante “dispersione di aerosol”, nel cielo. «Su questo non so niente», taglia corto il dirigente del Cnr, che preferisce parlare di impatto industriale sul “climate change”.Esperimento planetario? Dopo quella frase «forse incauta» pronunciata in televisione, Raschi si schermisce: «Sto ricevendo complimenti dai complottisti e insulti da chi complottista non è: credetemi, è una situazione infame». Al telefono con Mazzucco, il dirigente del Cnr prova a rettificare: «Ci stiamo comportando come delle persone che hanno detto: facciamo un esperimento su noi stessi, inquiniamo l’atmosfera e vediamo che cosa succede. Come se noi, coscientemente, ci fossimo trasformati volontariamente in cavie di un esperimento». Questo, sostiene Raschi, è il senso che voleva dare alle sue parole. «La frase “esperimento planetario” l’ho sentita pronunciare da colleghi in questo senso, non nel senso che qualcuno ci farebbe le scie chimiche». Sulle “nubi” rilasciate dagli aerei, Raschi dichiara di avere una sua «percezione», ovvero: immagina che «la teoria delle scie chimiche sia un qualche cosa che distrae molto dal vero problema, che è l’emissione dei gas serra». Dati ormai accertati, com’è noto: temperature molto al di sopra della media. E’ vero, il bilancio del carbonio a livello globale non è totalmente noto. Ma tutti i gas serra che emettiamo restano nell’atmosfera. Combustibili fossili, emissioni di metano incrementate dagli allevamenti zootecnici: non si può negare la presenza in atmosfera di questi gas. E fin qui, tutto bene. Ma le scie nel cielo?«Per molti, le irrorazioni chimiche sono palesi», sottolinea Mazzucco. «Ed è chiaro che un’argomentazione valida c’è, a favore delle cosiddette scie chimiche, non essendoci una spiegazione valida per la loro permanenza in quota». Le strisce nei cieli di oggi, infatti, «si allargano progressivamante e non spariscono, come invece dovrebbero fare le normali scie di condensa». Raschi rifiuta categoricamente l’ipotesi dell’irrorazione: «La ricerca la si fa coi numeri», premette. «Possibile che tutte queste persone, che credono che nelle scie chimiche ci sia chissà che cosa, non siano in grado di andare a fare delle misure? E poi cosa ci sarebbe, nelle scie chimiche? Quali prodotti? Bombole di anidride carbonica a bordo degli arei? Ma no, è una cosa strampalata – campata in aria, letteralmente». Aggiunge: «Mi cospargerò il capo di cenere e sarò il primo a dire che è vero, ci sono le scie chimiche, quando qualcuno esibirà dei dati, dimostrando di aver effettuato delle analisi».Il problema però nasce dall’osservazione, insiste Mazzucco: è chiaro che viene colta dal dubbio una persona normale (non un esperto, non un chimico) quando vede scie di condensa che si dissolvono in 2-3 minuti e altre scie che invece non svaniscono, ma anzi si allargano nel cielo, permangono per tutto il giorno e si fondono ad altre scie analoghe. Quindi, replica Raschi, ci sarebbero dei prodotti chimici che causano questo? E quali sarebbero? «Appunto», dice Mazzucco: «Qualcosa di chimico che lo causa ci dev’essere, nel carburante degli aerei». Ma Raschi scarta l’ipotesi. «Io penso che sia unicamente un fenomeno di fisica dell’atmosfera», afferma. «L’idea del complotto è molto divertente, finché non lo si può provare». Ma lui ce l’ha, una spiegazione per la permanenza di quelle scie? «Non sono un fisico, quindi non lo so», dichiara Raschi. «Però – aggiunge – credo che qualsiasi fisico che si occupa della diffusione dei gas in atmosfera sia in grado di dare una spiegazione». E conclude: «Io una spiegazione non la so dare, ma non penso proprio che ci siano delle sostenze chimiche che causano il permanere di queste masse di vapore acqueo».«Avete capito? Il dottor Raschi – chiosa Mazzucco – è direttore dell’Istituto di biometeorologia del Cnr. Ma lui non è un fisico, e quindi non è in grado di spiegare la persistenza delle scie che vediamo quotidianamente nei nostri cieli. O forse la spiegazione la conosce fin troppo bene, ma non è autorizzato a rivelarla». Raschi cita l’alluvione dell’Arno, ma dichiara di non sapere nulla dei test di aviodispersione condotti in quei mesi, sempre nell’Italia centrale, per aumentare le precipitazioni. La discussione sulle scie chimiche fa cadere le braccia, dice Mazzucco conversando con Frabetti: «Come si può affrontare seriamente il discorso se siamo ancora al punto in cui si nega l’esistenza del fenomeno? E’ come per gli Ufo: avvistamenti anche militari di oggetti certamente non terrestri, almeno fino agli anni ‘80, ma allora risolutamente negati». Un muro di gomma: «Impensabile che la storia delle scie possa essere chiarita per via giudiziaria da singoli magistrati». Cosa sono, in realtà, quelle scie? «Non lo sappiamo», ammette Mazzucco. In teoria, «dietro al fenomeno potrebbe esserci di tutto: dalla geoingegneria “buona”, progettata per proteggerci dal surriscaldamento climatico, fino a test per la dispersione di agenti tossici. Nessuno spiega niente, e così le domande si moltiplicano. E il colmo è che il Cnr inviti quelli come me a fare analisi chimiche».Il cielo è a strisce: tutti lo vedono, ma nessuno ne prende atto. Come si può pretendere che le istituzioni si decidano a spiegare in modo finalmente convincente un fenomeno palesemente negato, benché sia sotto gli occhi di tutti? Così Massimo Mazzucco commenta, in web-streaming su YouTube con Fabio Frabetti di “Border Nights”, l’impacciata retromarcia di Antonio Raschi, direttore dell’istituto di biometeorologia del Cnr, dopo la clamorosa sortita – in diretta – alla trasmissione “Porta a porta”, di Bruno Vespa. «Siamo al centro di un esperimento planetario», aveva detto Raschi, su Rai Uno, il 6 novembre: «Un esperimento di cambiamento del clima, del quale non sappiamo ancora quali saranno gli effetti nel lungo periodo». Tema della trasmissione: lo tsunami-maltempo sull’Italia. Possibile che la catastrofe abbattutasi sul Nord-Est sia stata causata da manipolazioni climatiche? Raggiunto al telefono da Mazzucco, come riportato in una video-sintesi su “Luogo Comune”, Raschi fa dietrofront: sostiene di esser stato frainteso. E’ vero, ha pronunciato il termine “esperimento”, ma in realtà voleva semplicemente dire: scontiamo le conseguenze del surriscaldamento terrestre, al quale contribuiscono le irresponsabili emissioni di gas serra. In altre parole, un “esperimento” miope e autolesionistico.
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Un milione gli Ufo finora avvistati. Perché gli Usa tacciono
Sui grandi media non se ne parla mai, ma sono un milione gli Ufo avvistati nel mondo, negli ultimi 70 anni. E almeno il 20% degli avvistamenti – quindi, non meno di 200.000 – sono stati “validati” dall’intelligence militare di decine di paesi. Lo rivela il sociologo Roberto Pinotti, storico leader del Cun, Centro ufologico nazionale, riconosciuto dall’aeronautica militare. «Una realtà che il potere ufficiale continua a non ammettere, benché ne sia perfettamente a conoscenza». Il perché di questo decennale, imbarazzato silenzio? «Semplice: chi oggi detiene la leadership, nel mondo, dovrebbe ammettere la propria catastrofica inferiorità tecnologica di fronte a esseri infinitamente superiori», sostiene Pinotti in una recente conferenza, ripresa da “YouTube”. «Tutti sanno che gli alieni ci stanno monitorando», aggiunge. «Se avessero cattive intenzioni, avrebbero già annientato l’umanità». Si metteranno “ufficialmente” in contatto con noi? «Ma con chi potrebbero parlare? Con gli Usa, sempre in guerra col resto del mondo? Con i russi, i cinesi, gli indiani, gli europei? Meno improbabile, semmai, un contatto con autorità morali: il Dalai Lama non ha escluso questa eventualità, e la stessa Chiesa cattolica attribuisce un’importanza strategica al modernissimo osservatorio astronomico della Specola Vaticana di Mount Graham, in Arizona».“Res Inexplicata Volans”, è la definizione – in latino – con cui gli stimatissimi scienziati di Mount Graham, gesuiti, definiscono astronavi e dischi volanti. Fenomeno la cui osservazione ufficialmente documentata risale al 1947. Da allora, se ne sono occupati ininterrottamente i maggiori esperti militari, dall’aviazione statunitense fino alla Royal Air Force britannica, incluso il Kgb sovietico: «Proprio da Mosca, dopo il crollo dell’Urss – aggiunge Pinotti – abbiamo avuto accesso una mole veramente enorme di materiale top secret». Attualmente si contano oltre 12.000 dossier ufficiali dei militari statunitensi, mentre sono 1.700 quelli che la Francia ha raccolto dal 1977. La media si equivale ovunque: oltre il 20% degli avvistamenti resta puntualmente “inspiegato”. Sono circa 500, poi, i casi «tuttora senza una spiegazione certa», registrati in Italia dal Reparto Generale Sicurezza dell’aeronautica militare, istituito da Giulio Andreotti dopo i 2.000 avvistamenti sulla penisola verificatisi nel biennio 1978-79. Lo stesso Centro ufologico nazionale ha agli atti oltre 12.000 rapporti. «Nessuno ormai osa più dire che il fenomeno non è reale», conferma il Cun. Pinotti, già ufficiale dell’aeronautica nonché saggista di successo e giornalista aerospaziale, dispone di un archivio di oltre 8.000 fotografie. Tutte autentiche? Le falsificazioni accertate, assicura, non superano il 10%.Vladimiro Bibolotti, attuale presidente del Cun, sul “Fatto Quotidiano” ricorda che il 24 giugno 1947, esattamente 70 anni fa, il pilota civile americano Kenneth Arnold, mentre volava nei pressi del Monte Rainier nello Stato di Washington avvistò «una formazione di 9 oggetti volanti in fila indiana che sembravano saltellare come piattini sull’acqua». Oltre alla elevata velocità, quegli oggetti «avevano una forma particolare, semicircolare “come il tacco di una scarpa”». Ma per i giornalisti dell’epoca, attirò di più la versione di “piattini volanti”: quella colorita definizione, “flying saucer”, era destinata a diventare famosa, trasformandosi poi in “flying disc”. Solo tra il 1952 e il 1953 l’oggetto volante diventò Ufo, “Unidentified flying object”. La notizia dell’avvistamento, continua Bibolotti, non fu subito presa in seria considerazione, fino a quando – pochi giorni dopo – alcuni piloti militari avvistarono anche loro degli oggetti volanti comparabili con quelli osservati da Kenneth Arnold. Durante l’estate del ‘47 «furono moltissimi gli avvistamenti segnalati in ogni parte del territorio degli Stati Uniti, e cosa poco nota, furono scattate molte fotografie proprio da piloti militari». Così, anche grazie ai media, era nata l’ufologia.Già antiche cronache latine e medioevali, aggiunge il presidente del Cun, troviamo fenomeni celesti molto curiosi, dalle descrizioni simili e assimilabili alle moderne segnalazioni di fenomeni Ufo. E durante la Seconda Guerra Mondiale comparvero i cosiddetti “Foo Fighters”, «che volavano impunemente in mezzo alle formazioni degli alleati o dell’asse». Tuttavia, l’avvistamento del 24 giugno 1947 è considerato convenzionalmente come il “primo”. A distanza di 70 anni, il fenomeno Ufo continua ad appassionare. Come ebbe a dire un decennio fa l’allora presidente dell’Unione giornalisti aerospaziali italiani, il compianto Cesare Falessi: «Gli Ufo? Certo che esistono! Se per assurdo così non fosse, il vero scoop sarebbe scoprire in virtù di quale incredibile prodigio una questione inesistente continua a rimbalzare tuttora sulle prime pagine dei giornali di tutto il mondo, a distanza di sei decenni». Oggi, a dieci anni dalla scomparsa di Falessi, dopo che il fenomeno è stato a lungo negato dalle autorità, «si scopre che invece le varie agenzie governative, non ultima la Cia, investigarono meticolosamente e con un ingente budget a disposizione».A conferma di ciò, continua Bubolotti, c’è da poco stato il rilascio di ben 800.000 dossier, con oltre un milione di pagine a testimonianza dell’interesse per quelle manifestazioni tecnologiche così inconsuete. Come disse il presidente americano Harry Truman in una conferenza stampa televisiva per tranquillizzare l’opinione pubblica americana dopo il famoso sorvolo nel 1952 di alcuni oggetti sopra la Casa Bianca, «se mai tali oggetti fossero reali, non sarebbero stati costruiti da nessuna nazione della Terra». C’è chi ha trasformato questa ricerca «in atti di fanatismo religioso, minando la credibilità stessa del fenomeno», al pari degli scettici «che non hanno mai letto dossier di fonte militare», accusa il presidente del Cun. Depistatori, che hanno trasformato il tutto «in cattive interpretazioni di percezione o allucinazioni, dimenticando che persino noti astronomi d fama mondiale come Clyde Tombaugh, scopritore di Plutone, nonché piloti militari, scienziati e premi Nobel sono stati testimoni di avvistamenti di oggetti la cui natura tecnologica e intelligente esula dalle nostre capacità costruttive». Conferma il grande astrofisico Stephen Hawking: «Non siamo soli, nell’universo».A settant’anni dall’avvistamento di Kenneth Arnold, però, rimane ancora il ragionevole dubbio e il mistero che tali oggetti ci lasciano, sia come manifestazione tecnologica, sia come fenomeno sociologico che investe l’intera umanità, coclude Bubolotti. «Evidentemente, la vastità dell’universo e le nuove scoperte ci avvicinano a nuove prospettive e conoscenze paragonabili alla rivoluzione copernicana che scardinò l’idea che la Terra fosse al centro dell’universo». Forse, lo studio e la verifica della realtà degli “oggetti volanti non identificati”, «fenomeno oggettivamente non misurabile convenzionalmente, nonostante tracciati radar e filmati militari», alla fine «sconfesserebbe il modus operandi di scettici che, senza aver mai studiato carte e documenti, lapidariamente hanno liquidato la questione come inesistente». Storici precedenti smentiscono i negazionisti: è il caso delle meteoriti che «solamente nel 1794, dopo la caduta di molti esemplari a Siena, furono accettate come fenomeno reale, nonostante oltre 5.000 anni di osservazioni astronomiche».Roberto Pinotti è ancora più drastico: imputa agli Usa l’imposizione del “grande silenzio” sulla materia, perché «la superpotenza, in quanto tale, è quella che averebbe più da perdere, di fronte all’ammissione dell’esistenza di entità ben più potenti». Anche per questo, aggiunge, proprio gli Usa – tramite la fantascienza di Hollywood e le produzioni televisive appositamente finanziate – ha cercato di manipolare l’immaginario collettivo: un po’ per mettere gli Ufo in burletta, e un po’ per cominciare ad abituare la popolazione all’idea che, un bel giorno, l’evento destinato a terremotare la coscienza dell’umanità potrebbe davvero accadere, «come i militari sanno benissimo, dato che – anche in Italia – compilano accurati dossier», in parte trasferiti allo stesso Cun, redatti con precisione impressionante: caratteristiche del veicolo osservato, dimensioni, luminosità, rumore, tipo di volo. C’è di tutto, compresa la descrizione minuziosa di atterraggi. «Cito da fonte precisa, militare: membri dell’equipaggio, due. Altezza: un metro e trenta. Abbigliamento: tuta azzurra e casco bianco, con antenne».Sui grandi media non se ne parla mai, ma sono un milione gli Ufo avvistati nel mondo, negli ultimi 70 anni. E almeno il 20% degli avvistamenti – quindi, non meno di 200.000 – sono stati “validati” dall’intelligence militare di decine di paesi. Lo rivela il sociologo Roberto Pinotti, storico leader del Cun, Centro ufologico nazionale, riconosciuto dall’aeronautica militare. «Una realtà che il potere ufficiale continua a non ammettere, benché ne sia perfettamente a conoscenza». Il perché di questo decennale, imbarazzato silenzio? «Semplice: chi oggi detiene la leadership, nel mondo, dovrebbe ammettere la propria catastrofica inferiorità tecnologica di fronte a esseri infinitamente superiori», sostiene Pinotti in una recente conferenza, ripresa su “YouTube”. «Tutti sanno che gli alieni ci stanno monitorando», aggiunge. «Se avessero cattive intenzioni, avrebbero già annientato l’umanità». Si metteranno “ufficialmente” in contatto con noi? «Ma con chi potrebbero parlare? Con gli Usa, sempre in guerra col resto del mondo? Con i russi, i cinesi, gli indiani, gli europei? Meno improbabile, semmai, un contatto con autorità morali: il Dalai Lama non ha escluso questa eventualità, e la stessa Chiesa cattolica attribuisce un’importanza strategica al modernissimo osservatorio astronomico della Specola Vaticana di Mount Graham, in Arizona».
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L’ufologo Churchill e il segreto di Stato sugli avvistamenti
C’è vita, là fuori? Possibile che siamo davvero soli, nell’universo? Parola di Winston Churchill, uno dei grandi leader del Novecento. Per la vastità della sua conoscenza e la varietà dei suoi interessi, il leggendario premier inglese della Seconda Guerra Mondiale continua a sorprendere. «Ufo, galassie, pianeti: undici pagine di ragionamenti sulla vita nello spazio che anticipano l’impostazione delle ricerche contemporanee», scrive il “Corriere della Sera”, citando uno scritto inedito del 1939, da allora custodito negli archivi del National Churchill Museum di Fulton, Missouri. Il testo, mai pubblicato, era stato ceduto al museo americano negli anni Ottanta. Dopo essere stato contattato dall’istituto per esaminarlo, è stato l’astrofisico e divulgatore scientifico israeliano Mario Livio a rivelarne l’esistenza, commentandolo in un articolo sulla rivista “Nature”. Livio trova incredibilmente innovativo il pensiero di Churchill: «Pensa come un astrofisico di oggi. E in un’epoca in cui i politici rifiutano la scienza, è commovente ricordare un leader che si è impegnato così profondamente per questa disciplina».Una passione influenzata anche dal dibattito scientifico – e fantascientifico – dell’epoca, scrove il blog “Il Navigatore Curioso”, citando il “Corriere”. Solo un anno prima della stesura dell’articolo, nel 1938, negli Stati Uniti la “Cbs” aveva trasmesso lo sceneggiato radiofonico di Orson Welles “La guerra dei mondi”. «Tratto dall’omonimo romanzo di Herbert George Wells, raccontava uno sbarco di extraterrestri in territorio americano. A sentirlo per radio sembrò vero. E fu il panico». Churchill parte dalla domanda fondamentale: c’è vita, lassù? «Il sole è semplicemente una stella come milioni di altre nell’universo. Perché non potrebbero esistere altri sistemi planetari?». Quindi passa in rassegna le condizioni principali perché si sviluppi «la capacità di riprodursi e moltiplicarsi», arrivando a teorizzare la necessità dell’acqua allo stato liquido. Fino a individuare in Marte e Venere gli unici pianeti del sistema solare capaci di ospitare la vita.Zone abitabili, lontane dalla Terra dove in quel 1939 si addensavano le nubi del secondo conflitto mondiale. Troppo profonda era la sua conoscenza del genere umano e della storia, perché lo statista Churchill, massone, non sentisse il bisogno di immaginare “zone franche” dalla follia della guerra, in un altrove interstellare. Non sono poi così convinto, scriveva, «che noi rappresentiamo il culmine dello sviluppo nel vasto orizzonte del tempo e dello spazio». Ma Winston Churchill, indossari i panni prudenti del politico, avrebbe anche “insabbiato” alcuni avvistamenti Ufo avvenuti durante il secondo conflitto mondiale. Secondo la testimonianza del nipote di una sua guardia del corpo, il primo ministro britannico «vietò di diffondere la notizia dell’avvistamento di un Ufo da parte di un bombardiere della Raf (Royal Air Force), che rientrava da un’azione militare contro la Germania». La circostanza è stata rivelata poco tempo fa, in seguito alla pubblicazione online di file finora secretati dai National Archives, in cui è contenuta la documentazione su decine di incontri con “oggetti volanti non identificati”.Chruchill aveva timore di creare un’ondata di isteria collettiva, gettando nel panico la nazione in guerra. Ma la notizia è rimasta poi sepolta negli archivi per oltre mezzo secolo. Soltanto nel 1999, infatti, il nipote di un militare della Raf, guardia del corpo di Churchill, scrisse una serie di lettere al ministero della difesa inglese per ottenere chiarimenti su un misterioso incidente di cui il nonno era stato testimone: «Al rientro da una missione sul continente europeo occupato dalle truppe naziste, il bombardiere britannico su cui si trovava l’aviatore sarebbe stato affiancato da un Ufo sopra la Cumbria, regione a nord ovest dell’Inghilterra». Membri dell’equipaggio avrebbero pure «scattato alcune foto di un oggetto volante di natura metallica» che si era «librato in volo senza far rumore». Il nipote dell’aviatore è un fisico di Leicester, esperto di astronomia. E’ scettico: non crede che l’equipaggio della Raf sia davvero venuto a contatto con gli extraterrestri. Ipotizza invece che lo strano oggetto fosse in realtà un velivolo sperimentale, impiegato in qualche esercitazione segreta. Una potenza straniera non identificata stava testando una nuova tecnologia bellica? Ma Churchill non la pensava così: dopo aver ascoltato un esperto militare, che aveva escluso si trattasse di un missile, il premier «ordinò che il segreto sull’episodio si mantenesse almeno per 50 anni».C’è vita, là fuori? Possibile che siamo davvero soli, nell’universo? Parola di Winston Churchill, uno dei grandi leader del Novecento. Per la vastità della sua conoscenza e la varietà dei suoi interessi, il leggendario premier inglese della Seconda Guerra Mondiale continua a sorprendere. «Ufo, galassie, pianeti: undici pagine di ragionamenti sulla vita nello spazio che anticipano l’impostazione delle ricerche contemporanee», scrive il “Corriere della Sera”, citando uno scritto inedito del 1939, da allora custodito negli archivi del National Churchill Museum di Fulton, Missouri. Il testo, mai pubblicato, era stato ceduto al museo americano negli anni Ottanta. Dopo essere stato contattato dall’istituto per esaminarlo, è stato l’astrofisico e divulgatore scientifico israeliano Mario Livio a rivelarne l’esistenza, commentandolo in un articolo sulla rivista “Nature”. Livio trova incredibilmente innovativo il pensiero di Churchill: «Pensa come un astrofisico di oggi. E in un’epoca in cui i politici rifiutano la scienza, è commovente ricordare un leader che si è impegnato così profondamente per questa disciplina».