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La verità sparisce dai radar, se la cronaca diventa teologia
Nell’autunno 2020, quando scrivevo “La Bibbia Nuda” insieme a Mauro Biglino, l’Italia aveva già alle spalle il lockdown della primavera e stava per sperimentare l’ultimo ritrovato del governo: il coprifuoco. Due termini – “carcere duro” e coprifuoco – che rendono perfettamente l’idea del tipo di trattamento riservato ai cittadini, in nome di una dichiarata emergenza sanitaria. Un’emergenza per la quale sono state a lungo negate e oscurate le cure, ottenendo così l’effetto di intasare gli ospedali di pazienti ormai aggravatisi, proprio perché lasciati soli per giorni nelle loro case, senza la minima assistenza medica. Logica conseguenza, poi, l’imposizione di una controversa profilassi sperimentale (il trattamento sanitario obbligatorio mediante i sieri genici C-19) e l’adozione del lasciapassare digitale. Un passaporto “sanitario” senza il quale non si sarebbe più potuto continuare a lavorare, viaggiare e vivere, o addirittura entrare in un negozio di scarpe, accedere agli uffici pubblici, fare un salto in banca o spedire una semplice raccomandata postale.Nel suo imponente lavoro di ricerca, presentato al pubblico da ormai oltre un decennio, Mauro Biglino – sulla base di minuziosi riscontri filologici – di fatto demolisce la narrazione teologica dell’Antico Testamento, riportando la Bibbia alla sua “nudità” originaria, cioè spogliandola dei successivi orpelli religiosi, molto spesso fondati su traduzioni erronee, quando non completamente inventate. Di Mauro Biglino ho sempre apprezzato il rispetto che mostra nei confronti di chi vive una personale fede religiosa: come a dire che il pensiero che si rivolge all’esistenza di una divinità onnisciente e onnipotente non può essere sabotato dalla lucida analisi di testi antichi, sui quali un preciso potere, insediato a Roma da quasi due millenni, pretende di far discendere la presenza quasi genealogica di un’entità soprannaturale, lieta di farsi rappresentare da una gerarchia di potenti ministri e ambasciatori terreni.Ciò non toglie, però, che questa riflessione sulla Bibbia (“nuda”) risulti straordinariamente consonante con la drammatica attualità di oggi, quella di un mondo in cui è proprio una narrazione infedele a provocare conflitti e divisioni, lungo linee di faglia continuamente aperte, a ogni latitudine, fino a terremotare senza tregua la vita dei terrestri, rendendoli precari e insicuri, spaventati, talora ricattati, comunque sottomessi. Svariati analisti italiani, da Giulietto Chiesa a Massimo Mazzucco, dopo il 2001 hanno evidenziato con precisione il problema della disinformazione sistematica, partendo proprio dal catastrofico attentato che colpì le Torri Gemelle di New York. Scoprire che quel disastro spaventoso non fu opera di kamikaze isolati fa un po’ lo stesso effetto provocato da certe scoperte di Mauro Biglino: davanti a Mosè – scrive la Bibbia, in ebraico – non si aprirono mai le acque di nessun Mar Rosso; il popolo dell’Esodo si limitò infatti a guadare uno Yam Suf, un semplice canneto, probabilmente uno dei tanti lungo il delta del Nilo.Quanto è stato breve, il passo che separa la tragedia delle Twin Towers dalla narrativa “climatica” di Greta Thunberg, patrocinata dai signori di Davos? Negli ultimi vent’anni, questa sorta di discesa agli inferi ha proposto un’escalation continua, aperta dalle guerre di aggressione (Iraq, Afghanistan, Libia, Siria), attraverso una via crucis pressoché infinita, passando per la crisi degli spread e l’austerity europea, i terrorismi esotici e quelli domestici, fino ad arrivare, oggi, all’infarto più sconcertante e forse definitivo: la feroce guerra in Ucraina e il divorzio dell’Occidente dalla Russia, che si vorrebbe escludere dal consesso umano in modo quasi metafisico, come se il mondo russo fosse l’unica fonte di ogni male.Più ancora che i missili, a spaventare – francamente – è il non-pensiero che sovrasta ogni possibile disamina, ogni sguardo proteso ad esplorare aspetti necessariamente sfaccettati della realtà, in cui – come sappiamo – le responsabilità degli eventi storici sono sempre largamente distribuite. Qualsiasi essere umano non può che ripudiare il ricorso alla guerra: che può essere eventualmente comprensibile, ma mai giustificabile. Eppure: piuttosto che sforzarsi di comprendere, per poi disinnescare i conflitti, si preferisce criminalizzare la controparte, fino a demonizzarla. Ed è proprio qui che sembra riaffiorare una tentazione antica: travisare la “testualità” fattuale della storia e sostituirla con una sorta di distorsione quasi teologica, un’interpretazione sommaria e basata su una narrazione invariabilmente unilaterale, spesso minacciosa, sempre restia a confrontarsi con l’altrui verità.(Giorgio Cattaneo, “Teologia della guerra, ieri come oggi”, dal blog “Libreidee.it”, 24 marzo 2022).Nell’autunno 2020, quando scrivevo “La Bibbia Nuda” insieme a Mauro Biglino, l’Italia aveva già alle spalle il lockdown della primavera e stava per sperimentare l’ultimo ritrovato del governo: il coprifuoco. Due termini – “carcere duro” e coprifuoco – che rendono perfettamente l’idea del tipo di trattamento riservato ai cittadini, in nome di una dichiarata emergenza sanitaria. Un’emergenza per la quale sono state a lungo negate e oscurate le cure, ottenendo così l’effetto di intasare gli ospedali di pazienti ormai aggravatisi, proprio perché lasciati soli per giorni nelle loro case, senza la minima assistenza medica. Logica conseguenza, poi, l’imposizione di una controversa profilassi sperimentale (il trattamento sanitario obbligatorio mediante i sieri genici C-19) e l’adozione del lasciapassare digitale. Un passaporto “sanitario” senza il quale non si sarebbe più potuto continuare a lavorare, viaggiare e vivere, o addirittura entrare in un negozio di scarpe, accedere agli uffici pubblici, fare un salto in banca o spedire una semplice raccomandata postale.
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Salutare questo blog, dopo 14 anni di impegno quotidiano
Tragica primavera, quella che stiamo vivendo: oppressa da scenari lividi e dominata dalla menzogna, sia in Italia che sul fronte orientale, dove imperversa la ferocia del conflitto. Nel 2008 – quando avviai timidamente questo blog – non potevo certo immaginare che, 14 anni dopo, il nostro paese avrebbe inviato armi a uno Stato in guerra contro la Russia. Una nazione, l’Ucraina, affollata di milizie sfrontatamente neonaziste, addestrate dall’Occidente: formazioni protagoniste di un’atroce pulizia etnica contro le popolazioni russofone, sotto la protezione omertosa degli oligarchi di Kiev telecomandati da Washington. E invece siamo arrivati a questo: chiuso ogni spiraglio negoziale, Mosca è stata sostanzialmente indotta a ricorrere alle armi. Questo ha fornito il pretesto – lungamente inseguito – per espellere finalmente la Russia dalla “comunità internazionale” a guida occidentale, constatata l’impossibilità (per ora, almeno) di imporre un “regime change” capace di sfrattare dal Cremlino l’attuale leadership autocratica, intollerabilmente al potere da oltre due decenni.Qui sta la vera tragedia, par di capire: i russi, profondamente europei, verrebbero espulsi dall’Europa e tagliati fuori da qualsiasi possibile convivenza con l’Occidente. Come dire: si vorrebbe davvero congelare il mondo e imporre il prezzo di una guerra devastante, forse lunghissima, destinata a cambiare gli assetti del pianeta. Nel 2008, l’attenzione era puntata sui bankster di Wall Street e sulle spericolate promesse di Barack Obama. Poi sarebbero arrivate le primavere arabe, le tante rivoluzioni colorate sponsorizzate dal club di Soros (come il golpe in Ucraina) e le spietate guerre di aggressione in Libia e in Siria. Sarebbero comparsi i tagliagole dell’Isis, appena spentisi i dolori europei della crisi degli spread, con la Bce di Draghi che non aveva esitato a chiudere i bancomat ad Atene gettando i greci nella fame e nella disperazione. In Italia sarebbe spuntato Mario Monti, insieme al pareggio di bilancio inserito nella Costituzione, con la benedizione del Pd di Bersani e persino del detronizzato, ammutolito Berlusconi. Pallido sollievo, quello dell’effimero e velleitario Renzi, che infatti concesse all’establishment Usa la possibilità di utilizzare l’Italia come paese-cavia per la nuova frontiera dell’obbligo vaccinale.L’ossessione vaccinale era una oscura avvisaglia dei tempi che ci sarebbero franati addosso, di lì a poco, non appena i gestori della storia avessero deciso di allungare il passo verso la dimensione definitiva, pandemica, della grande crisi occidentale, andando a colpire essenzialmente Europa e Nord America, oltre alle estreme propaggini coloniali dell’uomo bianco, Australia e Nuova Zelanda. Queste, in pratica, le regioni del mondo maggiormente sottoposte all’inaudita severità della nuova austerity, quella sanitaria. Già alla fine del 2018 – da fonti indipendenti, orientali e occidentali – era giunta voce di un imprecisato disastro globale che sarebbe potuto esplodere nella primavera 2020, avente proprio l’Italia come epicentro europeo. Una sinistra previsione, puntualmente avveratasi. Sperimentata l’inaudita durezza del lockdown, ci è toccato assaggiare anche l’ultima sensazionale trovata del governo italiano, il coprifuoco. Si viveva letteralmente al buio: in una situazione di angosciosa sospensione della libertà, con l’illusione però che si potesse trattare, ancora, di misure solo temporanee.Sinceramente, non mi aspettavo che a Palazzo Chigi finisse per approdare Mario Draghi, né che Draghi – visto il suo recente dichiarato riposizionamento, in favore di politiche sociali – restasse poi invece totalmente allineato all’ultima versione del rigore europeo: ortodossia sanitaria (obbligo vaccinale), ortodossia socio-economica (Pnrr autoritario, dettato dall’Ue in salsa “gretina”) e ortodossia geopolitica (totale sottomissione all’antico “padrone” americano, anche a costo di esporre l’Italia a pesantissime ritorsioni). Inutile spendere parole sullo scenario parlamentare nostrano: Salvini e Meloni, l’eterno Pd, gli incresciosi grillini. Politica clinicamente morta, nelle tenebre di una società violentemente retrocessa nell’oscurantismo psico-sanitario e costretta a subire il Green Pass “cinese” come orizzonte permanente, destinato a incombere per sempre sulla vita di tutti, in mezzo alle macerie delle libertà costituzionali che furono. Ce ne sarebbe abbastanza per prendere in considerazione l’idea – già abbracciata da molti, del resto – di lasciare questo paese, proprio per manifesta impraticabilità democratica.E’ figlia di una lunga maturazione ormai giunta a termine, invece, la mia decisione di abbandonare questo blog: che tra pochi giorni, probabilmente, cesserà di esistere. Aggiornarlo in modo quasi quotidiano, per ben 14 anni, ha comportato un notevole impegno e prodotto anche una buona dose di stanchezza. A volte, il blog ha sbagliato mira: succede. Se non altro, ha cercato sempre di agire secondo una linea di fondo che fosse sostanzialmente coerente: ossia cercando spiegazioni eterodosse, magari sconcertanti, in grado però di rendere meno incomprensibili gli accadimenti. Dare voce alle fonti più disparate può concorrere a svelare trame, suggerire recondite motivazioni e illuminare possibili retroscena, al di là della fumogena versione ufficiale. Non credo occorra dilungarsi sulle prodezze del mainstream: a partire dal 2001 (Torri Gemelle) la narrazione dei grandi media – con pochissime eccezioni – ha imboccato il vicolo cieco della neo-verità orwelliana, ulteriormente rafforzata dalla censura di regime introdotta nel 2020 con il cosiddetto Covid-19 e ora estesa, ad libitum, grazie al gelo della nuova guerra mondiale in corso.Sommessamente, ricordo i nomi di due illustri dissidenti occidentali: lo statunitense Edward Snowden, riparato in Russia, e l’australiano Julian Assange, detenuto in Gran Bretagna (e presto, pare, estradato negli Usa, dove rischierebbe 150 anni di carcere per aver messo in luce le carneficine americane in Iraq e in Afghanistan). Personalmente, ebbi l’onore e il privilegio di collaborare con Giulietto Chiesa: si è improvvisamente spento il 26 aprile 2020, lasciandoci orfani di una voce profeticamente preziosa. In un certo senso, si sta avverando quello che aveva a lungo paventato: l’esplosione definitiva dell’intolleranza fisiologica, da parte dell’Occidente, per qualsiasi regime politico in grado di sfuggire al suo controllo, al suo potere ormai declinante. Giulietto Chiesa denunciava vigorosamente gli avversari della democrazia, palesi e occulti: i manipolatori che, in Europa e negli Usa – utilizzando l’esteriorità formale della democrazia, dopo averne svuotato la sostanza – si comportano esattamente come i leader dei paesi autoritari, dove la democrazia non esiste neppure sulla carta.Ora, l’attualità più recente ci ha riservato continue sorprese. Chi poteva aspettarselo, che gli italiani – medici compresi – avrebbero accettato di subire l’inoculo obbligatorio di strani sieri genici sperimentali? Chi sarebbe riuscito a immaginare che la maggioranza della popolazione si sarebbe piegata così facilmente a un simile ricatto, pur di continuare a lavorare e vivere? Ricatto imposto, in modo subdolo, da un regime che ha ingigantito un’emergenza patologica negando ostinatamente l’accesso a terapie efficaci, che avrebbero fatto crollare il numero dei ricoveri. Si è trattato di un vero e proprio “genocidio della verità”, che ha finito per terremotare le menti, sotto le bombe quotidiane della disinformazione panica. I danni sociali sono tangibili, ma forse incalcolabili; basta osservare la quantità di persone che ancora circolano all’aperto con la mascherina sul viso, avendo ormai accettato di vivere nella paura: anche per sempre, eventualmente. E’ sufficiente che una voce, dall’alto, spieghi loro – anzi: intimi – che così si deve fare, senza più lasciare spazio per alcuna discussione. E chi osa contraddire la versione ufficiale, ormai, viene letteralmente cancellato.Se fino all’altro ieri la minaccia era comunque relativamente selettiva (le crisi finanziarie pilotate, i terrorismi domestici), ora l’attacco è condotto in modo indiscriminato nei confronti della totalità della popolazione: hanno dichiarato guerra a tutti noi, ripeteva Giulietto Chiesa in tempi non sospetti, quando la caccia all’uomo non era ancora arrivata nelle nostre città e in ogni casa, in ogni famiglia, in ogni ufficio e in ogni scuola. Proprio la folle drammaticità della situazione, per contro, ha spinto milioni di persone – persino in Italia – a resistere a questo delirio. A insorgere moralmente sono gli italiani che hanno spento il televisore, i cittadini che hanno progressivamente imparato ad attingere informazioni da fonti alternative, dai tanti social, dai canali YouTube, dalla galassia dei blog. Una platea attenta e partecipe, matura, capace di affrontare anche psicologicamente la sfida più impegnativa: e cioè, prendere atto – dolorosamente – che la realtà è spesso lontanissima dalla versione dei fatti ufficialmente presentata, e che tante intime convinzioni (sedimentate attraverso i decenni) erano clamorosamente infondate.Gli infernali architetti dei lager nazisti confidavano proprio nella comprensibilissima incredulità dei più: non ammetteranno mai – si dicevano – la possibilità che qualcuno sia stato davvero capace di tanto. Ancora oggi, infatti, è lo scetticismo a dominare l’animo di chi ascolta le voci che dimostrano il flagrante, sanguinoso raggiro dell’11 Settembre: si stenta sempre a credere che possa davvero esistere un potere così cinico e smisuratamente stragista. La medesima incredulità ha accompagnato per decenni le segnalazioni degli ufologi, ancorché incoraggiate, in fondo, da tanta fantascienza: per questo suscitano grande sconcerto le recenti ammissioni del Pentagono sull’esistenza degli Ufo, ora ribattezzati Uap. Una ristretta minoranza di osservatori, oggi, tende a unire i puntini: se i libri antichi (compresa la Bibbia) sembrano proprio alludere a presenze come quelle, sovrastanti rispetto alla comunità umana, è davvero possibile che oggi qualcuno decida di separare in modo così tragico l’Est e l’Ovest, senza che questa scelta sia stata prima concertata, in qualche modo, con i misteriosi soggetti che sarebbero alla guida degli sfreccianti Uap?Ovvero: non è forse la stessa letteratura antica, da quella indiana a quella omerica, a descrivere il ruolo superiore delle “divinità” nella conduzione delle guerre terrestri, fatte combattere dagli umani? Sono semplici pensieri, questi, liberamente espressi, con i quali mi piace concludere questa mia personale narrazione, intrapresa 14 anni fa. Un lungo lasso di tempo – un battito di ciglia, nella vita dell’universo – nel quale però il mondo ha affrontato trasformazioni vertiginose e sempre più rapide. E resta un mistero, in fondo, la gran fretta che i gestori del pianeta hanno dimostrato, a partire dalla stranissima accelerazione imposta nel 2020 con l’introduzione dell’emergenza “pandemica”. Di fatto, questo gigantesco imbuto di sapore squisitamente zootecnico, fondato sulla paura e sulla frode, ha travolto centinaia di milioni di occidentali: ha revocato diritti e libertà, incanalando i cittadini lungo una strada che, a prima vista, sembra senza ritorno. Forse sarà la storia stessa, però, a incaricarsi di smentire i pessimisti: luce e ombra finiscono per rubarsi la scena a vicenda, attraverso le imprevedibili stagioni di quella che assomiglia a una sostanziale alternanza.Certo, i periodi di buio possono essere terribili e durare a lungo: ma non in eterno, se si tiene accesa la fiaccola della ragione. Credo sia questo, in fondo, il sentimento di chi si sforza di animare un blog: la consapevolezza di offrire un’opera, civica e volontaria, al servizio del proprio paese, nell’intento cioè di contribuire – nel suo piccolo, veicolando segnalazioni e analisi – alla crescita dell’opinione pubblica. Quell’opinione pubblica che, come me, oggi si augura innanzitutto una cosa, sopra tutte le altre: che possa cessare, al più presto, l’immane tragedia dell’Ucraina. Con questo stato d’animo prendo congedo dal blog che ho aggiornato quasi quotidianamente per tanti anni. La vita è fatta di stagioni, e c’è un tempo per tutto. Ringrazio quindi sinceramente ogni lettore, dal primo all’ultimo. Se chi ha apprezzato questo blog vorrà seguirmi ancora, lo aspetto nel mio nuovo diario web – libreidee.it – nel quale, credo, mi concenterò su considerazioni più meditate, non necessariamente giornalistiche e non sempre legate in modo diretto all’impetuoso precipitare dell’attualità. Bene, è tutto. Mi auguro che questo periodo di tenebra, se non altro, possa continuare a svegliare di chi ancora sonnecchia, senza capire perché il mondo sta precipitando.(Giorgio Cattaneo, 25 marzo 2022).Tragica primavera, quella che stiamo vivendo: oppressa da scenari lividi e dominata dalla menzogna, sia in Italia che sul fronte orientale, dove imperversa la ferocia del conflitto. Nel 2008 – quando avviai timidamente questo blog – non potevo certo immaginare che, 14 anni dopo, il nostro paese avrebbe inviato armi a uno Stato in guerra contro la Russia. Una nazione, l’Ucraina, affollata di milizie sfrontatamente neonaziste, addestrate dall’Occidente: formazioni protagoniste di un’atroce pulizia etnica contro le popolazioni russofone, sotto la protezione omertosa degli oligarchi di Kiev telecomandati da Washington. E invece siamo arrivati a questo: chiuso ogni spiraglio negoziale, Mosca è stata sostanzialmente indotta a ricorrere alle armi. Questo ha fornito il pretesto – lungamente inseguito – per espellere finalmente la Russia dalla “comunità internazionale” a guida occidentale, constatata l’impossibilità (per ora, almeno) di imporre un “regime change” capace di sfrattare dal Cremlino l’attuale leadership autocratica, intollerabilmente al potere da oltre due decenni.
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Magaldi: il vero gioco, sporco, dietro al teatro dell’Ucraina
La storia sta inaugurando dei momenti di non ritorno: prima la pandemia, con anche la spada di Damocle di quello che potrebbe accadere in autunno, e ora la guerra. Sembra quasi ricrearsi lo scenario apocalittico della Prima Guerra Mondiale, con l’epidemia di Spagnola che, insieme alle devastazioni belliche, fece fuori un’intera generazione. La Russia che occupa l’Ucraina, insedia un governo filo-russo e poi si prepara ad anni di guerriglia: è un film lunghissimo, largamente condiviso da soggetti insospettabili. Sul tavolo, oggi, sono stati gettati tanti dadi. “L’incapacità” degli europei, “l’azzardo folle” di Putin, “il narcisismo patriottico ed eroico” di Zelensky, “l’attendismo” dei cinesi: tutte queste chiavi di lettura sono stronzate. La Cina sapeva benissimo quello che doveva accadere: in Cina ci sono almeno 2-3 modi di pensare agli esiti di questa vicenda. E sono modi condivisi con alcuni finti antagonisti che stanno dall’altra parte dell’oceano. Il confronto tra Cina e Stati Uniti aveva fatto credere che il Pacifico sarebbe diventato il vero centro del XXI Secolo; ma la Russia si è inserita in questo scenario, richiamando l’importanza del versante eurasiatico (che era stato il grande assente). E dimentichiamo un giocatore decisivo: la Germania.Grande protagonista delle due guerre mondiali, finora la Germania è rimasta inglobata in una ragnatela di immobilismo, di cui la Merkel era l’interprete, nel suo sforzo di non far fare passi avanti all’Europa, quanto a integrazione politica ed economica: serviva a mal governare l’Ue, in nome dell’austerità. Ma adesso questo scenario è venuto meno. Non viene meno, invece, l’amicizia stretta di Angela Merkel con Putin. Né viene meno l’amicizia dell’ex cancelliere Schroeder, che infatti proprio in questi giorni è in Russia. Non viene meno neppure l’amicizia di Putin con tanti frequentatori della superloggia “Golden Eurasia”: questo dovrebbe essere uno dei temi più gettonati da parte degli analisti, che invece recitano la filastrocca dei buoni e dei cattivi. L’impossibilità di imporre una No-Fly Zone, pena lo scoppio di un conflitto nucleare e della Terza Guerra Mondiale? Ormai ci sono 5-6 “file” di chiacchiere, sempre le stesse: sia nei bar che nei talkshow. E’ giunto il momento di capire che c’è un’arte, in quanto sta succedendo. C’è stata una premeditazione: l’operazione militare in Ucraina non è stata improvvisata a febbraio. C’è tutto un lavorìo, che viene da lontano.C’è troppa ombra, in tutto questo, anche sul versante italiano. Draghi ha deluso: ha perso un’occasione per compiere una mediazione importante. Tra le opzioni di Putin non cè solo quella più spericolata, cioè quella che vorrebbe portare la Russia a essere, insieme alla Cina, il costruttore di un nuovo assetto mondiale. Beninteso: una Russia non subalterna alla Cina, ma – grazie ai suoi rapporti privilegiati con la Germania e con altri soggetti occidentali – gioca un ruolo paritetico, se non sovraordinato a quello della Cina: anche in forza del suo maggiore dinamismo militare. La Cina è più “pesante” della Russia, nel muoversi: non avrebbe mai potuto fare qualcosa che comportasse la rottura dei rapporti economici con l’Occidente, perché il suo sviluppo dipende ormai dal formidabile intreccio con l’economia occidentale. La Russia è più “leggera”, da questo punto di vista: può ricreare un altro mondo di connessioni economiche ex novo, persino più vantaggiose per Mosca, con un blocco ideologico e geopolitico da condividere con la Cina ed altri, ma mantenendo dei rapporti – strani, ambivalenti – con il colosso-Germania, che si va riarmando.Quindi: lungi dall’esercitare un’egemonia, la Cina – nelle intenzioni di Putin e di altri – viene quasi trascinata, suo malgrado; e non ha la stessa possibilità di movimento della Russia, essendo costretta a recitare questo ruolo di apparente moderazione (la Cina ha comunque visto e benedetto questa operazione di Putin, molti mesi fa). Dunque, l’ombra regna sovrana: sono soggetti totalmente invisibili alla pubblica opinione, quelli che oggi stanno tessendo trame di guerra e di pace. Tornando all’Italia: Draghi ha perso forse l’ultima occasione per accreditarsi come attore capace di segnare momenti importanti. Putin gioca sempre tenendo in piedi 3-4 ipotesi. Il suo fine è quello di ridare alla Russia una dimensione imperiale, anche rispetto alla Cina, smarcandosi cioè dal ruolo di potenza comprimaria. Naturalmente, Putin sa che questo può essere fatto con mosse più audaci e spericolate, oppure attraverso tappe differenti. E’ chiaro che l’Ucraina serve anche come laboratorio: è una sperimentazione per capire come gli occidentali (alcuni amici, altri nemici) si comportano.Per un’altra via, che risolveva questo fronte in modo meno cruento, lo stesso Putin aveva offerto a Draghi la possibilità di essere lui, il portavoce autorevole di ambienti euro-atlantici, per una trattativa da risolvere magari in breve tempo. Ma Draghi si è tirato indietro. Dopodiché non si è distanziato in alcun modo dalla vacua “ciàcola” dei leader europei. Vedo il grottesco Macron che supporta la sua ricandidatura all’Eliseo con l’imitazione di Zelensky nel vestiario e le tante telefonate infeconde a Putin. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz? Sta strizzando l’occhio un po’ a Putin e un po’ a Schroeder, e nel frattempo sta riarmando la Germania. Boris Johnson? E’ un mattacchione: strepita verso i russi, ma tutto sommato ci va cauto. Lo spagnolo Sanchez? Non pervenuto. Come al solito, quindi, l’Europa è assente. E Mario Draghi, anche in questo caso, si è distinto per mediocrità: la stessa mediocrità che gli ha fatto fallire la corsa al Quirinale.Anche in Italia c’è dunque bisogno di luce, per rischiarare la narrativa che riguarda il futuro del nostro paese, inserito nel futuro dell’Europa e in quello di un mondo che ormai sta cambiando. Da noi non esiste un’opposizione effettiva: come la stessa Lega, anche un partito come Fratelli d’Italia è rimasto frastornato in modo epocale da tutto quello che è successo. Come al solito, tiriamo a campare: adesso ci sono i rincari, c’è l’inflazione, gli stipendi e le pensioni al palo da decenni. E dopo la canzone sull’energia pulita, adesso scopriamo che dobbiamo tornare al carbone. Un’incongruenza dietro l’altra, con una mancanza di visione: una lungimiranza adeguata avrebbe tenuto conto del fatto che questa tensione con la Russia poteva scoppiare da un momento all’altro, visto che da otto anni sapevamo del bubbone Crimea-Ucraina, con tutte le conseguenze energetiche del caso. Ha detto bene Tremonti: il Pnrr è già vecchio, per gli investimenti sull’energia va già riscritto. Lo hanno detto persino importanti player internazionali, che pure sarebbero a favore di una svolta “verde”: innanzitutto, dobbiamo comunque mantenere i livelli di consumo energetico di cui abbiamo bisogno.Ai cittadini viene lasciata una classe politica incompetente, incapace di navigare nella storia. Quelli che le cose le sanno, invece, lasciano che – nel tritacarne – questi piccoli leader siano maciullati uno dopo l’altro; e ora, nel caos, fanno i loro conti. E intanto abbiamo un Parlamento pieno di “leaderini” disinformati su quanto avverrà nei prossimi anni: hanno punato sui cavalli sbagliati, non sanno che cosa devono fare. Parliamoci chiaro: si preannuncia una crisi gravissima, sul piano economico, finanziario e sociale, e anche sul piano geopolitico e militare. Forse questo aspetto non è stato ancora messo a fuoco, ma il riarmo della Germania è epocale: o è incastonato in una prospettiva europea, o è un sinistro preludio di cose che non sappiamo. Tutte le volte che la Germania si è riarmata, sono scoppiate guerre mondiali. Altro che “guerra mondiale se si istiuisce la No-Fly Zone” in Ucraina: le guerre mondiali sono esplose quando la Germania si è riarmata. E una Germania riarmata, con una Russia già armata fino ai denti, non è una prospettiva su cui sorridere.Credo quindi che sia venuto il momento di investire sulla luce: queste sono corse che, forse, nemmeno avrei voluto dire, sugli sviluppi dei prossimi anni (previsti da alcuni attori significativi). Queste cose inzierò a dirle, perché la situazione sta precipitando: anche questa crisi poteva essere “imbracata” meglio. In questi giorni ho sperato che ci fosse il guizzo, da parte di alcuni, nel fermare le cose. Non parlo di Putin e Zelensky: parlo di tutta la corte di gente che – da Oriente a Occidente – partecipa di questo teatro. Speravo cioè che qualcuno provasse a obbligare tutti quanti a fermarsi, a trovare uno “stop” per riconfigurare la situazione. E invece no, questo non è accaduto. E quindi, prepariamoci al peggio. La guerra in Ucraina può fermarsi anche tra poco. Ma a preoccupare è quello a cui prelude: quello che implica. La guerra è solo l’avvio della partita che è stata inaugurata, non è che il primo tassello. O meglio: il secondo tassello inquietante, perché il primo è stato quello della pandemia. Non a caso, l’impianto dell’emergenza sanitaria – anche se a breve decadrà l’odioso Green Pass – è stato lasciato virtualmente in piedi, evocando lo spettro di eventuali, nuove pandemie.Draghi ha perso smalto, fascinazione credibilità. Doveva restare in disparte, dispensando buoni consigli dall’alto e preparandosi ad arrivare al Quirinale (e da lì, poi, fare quello che aveva promesso, cioè intervenire per un cambio di passo in Europa). Invece, quest’anno lo ha sprecato facendo il presidente del Consiglio, barcamenandosi per non scontentare nessuno e sperando così di arrivare più falcilmente al Colle, ma trascurando i rapporti con i politici. Quindi Draghi ha sbagliato tutto, dal punto di vista tattico e strategico. E lo schiaffo subito sulla via del Quirinale ha minato anche il credito di cui godeva a livello sovranazionale, dopo una lunghissima carriera coronata solo da successi (da cui il suo peso e il suo prestigio). E adesso si ritrova col cerino in mano. Forse, quella che gli aveva concesso Putin non era l’ultima occasione, ma la penultima. Mi spiego: se per caso, prima di essere liquidato insieme al suo governo e prima che le cose precipitino davvero, Draghi si accordasse con Putin per un incontro in cui si trovasse una soluzione – e l’Italia con Draghi farebbe la parte del leone, in questa mediazione – allora sarebbe questa, l’ultima occasione. Finora, però, Draghi ha lasciato che l’Italia avesse la stessa posizione degli altri paesi europei: nonostante il fatto che Putin non lo abbia inserito tra i leader occidentali colpiti dalle contro-sanzioni russe.Io sarei per rimovere le sanzioni immediatamente: sono una iattura per gli imprenditori e per i cittadini che, sia in Russia che in Occidente, ne subiscono le conseguenze in modo grave. Presentandosi con questa proposta in mano – abolire le sanzioni – Draghi poteva anche andare da Putin, chiedendogli in cambio la sospensione dell’avanzata militare (e magari anche minacciandolo, in caso di mancato accordo, di istituire la No-Fly Zone). Dunque, una mano amichevole e l’altra minacciosa: questa la posizione che doveva caratterizzare l’Italia. Anche se poi la richiesta non fosse stata accolta, un Draghi che avesse detto, agli Usa e all’Ue, “l’Italia non partecipa alle sanzoni, e tuttavia chiede a Putin di fermarsi”, avrebbe espresso una posizione politicamente molto forte. Invece, oggi, Draghi sembra un vecchio arnese della peggior Dc, quella che esibiva politici grigi e untuosi. Draghi si è ridotto a questa figurazione: non un’idea originale su come risolvere questa crisi, non una differenziazione dell’Italia nella politica estera (assente, peraltro) dell’Unione Europea.Perché ripetere che l’Europa e l’Occidente si sarebbero ricompattati, e che questo Putin non se l’aspettava? E dove sarebbe, questo ricompattamento? Putin sta per entrare a Mariupol, completando l’occupazione della fascia Sud dell’Ucraina, e “non si aspettava” il compattamento occidentale (nelle chiacchiere)? “Non si aspettava”, Putin, che questi inviassero um po’ di armi, per evitare che la resa dell’Ucraina fosse immediata? Dove sarebbe il grande compattamento dell’Occidente, con un Biden che – strumentalmente – chiede che a mediare sia la Cina? L’Occidente si sarebbe compattato se avesse detto: in Ucraina non si passa, però alla Russia offriamo la neutralità dell’Ucraina (fermando l’espansionismo della Nato) e un compromesso su Crimea e Donbass, previ referendum con osservatori Onu. Questo sì, sarebbe stato un compattare l’Occidente. E invece, si preferisce il piagnisteo attuale (l’angoscia, la condanna morale), e nel frattempo si lascia fare il bello e il cattivo tempo a Putin, che avanza inesorabilmente.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a Fabio Frabetti di “Border Nights” nella diretta web-streaming su YouTube del 21 marzo 2022).La storia sta inaugurando dei momenti di non ritorno: prima la pandemia, con anche la spada di Damocle di quello che potrebbe accadere in autunno, e ora la guerra. Sembra quasi ricrearsi lo scenario apocalittico della Prima Guerra Mondiale, con l’epidemia di Spagnola che, insieme alle devastazioni belliche, fece fuori un’intera generazione. La Russia che occupa l’Ucraina, insedia un governo filo-russo e poi si prepara ad anni di guerriglia: è un film lunghissimo, largamente condiviso da soggetti insospettabili. Sul tavolo, oggi, sono stati gettati tanti dadi. “L’incapacità” degli europei, “l’azzardo folle” di Putin, “il narcisismo patriottico ed eroico” di Zelensky, “l’attendismo” dei cinesi: tutte queste chiavi di lettura sono stronzate. La Cina sapeva benissimo quello che doveva accadere: in Cina ci sono almeno 2-3 modi di pensare agli esiti di questa vicenda. E sono modi condivisi con alcuni finti antagonisti che stanno dall’altra parte dell’oceano. Il confronto tra Cina e Stati Uniti aveva fatto credere che il Pacifico sarebbe diventato il vero centro del XXI Secolo; ma la Russia si è inserita in questo scenario, richiamando l’importanza del versante eurasiatico (che era stato il grande assente). E dimentichiamo un giocatore decisivo: la Germania.
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Verità o menzogna: siamo a un bivio, nella storia del mondo
Vent’anni fa, in Uruguay, una persona mi raccontò che sarebbe accaduto esattamente quello che stiamo vivendo adesso: le antenne wireless, le schedature, le limitazioni nei movimenti delle persone. Quella persona mi parlava come se avesse sottomano una sorta di calendario, di programma. Io obiettavo: ma dove le prendi, queste informazioni? Lui mi fece capire che sono alla portata di chi ha raggiunto una certa libertà mentale, e sa vedere che, all’uomo ordinario, “la storia” viene proposta come qualcosa che è già successo; mentre la storia – per chi gestisce l’essere umano, trattandolo come uno schiavo – si scrive prima ancora che accada. E in questa storia di oggi sono previsti tanti passaggi: quelli che abbiamo visto e altri passaggi, a venire, piuttosto scontati. Lo vedete, infatti? Non mollano: il loro piano procede spedito, tra un’emergenza e l’altra. Loro perseguono un disegno preciso, contro di noi: e sappiamo benissimo dove vorrebbero arrivare. Siamo appena usciti da due anni in cui ci hanno fatto vivere “come sorci”, e ci hanno già buttato dentro l’altro calderone, quello della guerra. Il loro progetto va ben oltre l’attualità: ben oltre il profilo sanitario, ben oltre i carri armati.Che fare, dunque? Qualcosa che sia proporzionato alla nostra possibilità operativa. Se arriva l’inverno, non puoi bloccarlo: devi difenderti dal freddo. Questo tempo richiede una estrema resilienza. Il più grande risultato ottenibile – preservarci integri – lo abbiamo già raggiunto, anche se abbiamo le ossa rotte: nel resto del mondo si balla e si canta, solo in Italia c’è chi ancora non può lavorare. Siamo di fronte a uno scenario che, comunque, non è ancora definitivamente chiuso: e pretendiamo giustizia, alla fine, per tutte le vessazioni, le discriminazioni e le persecuzioni che abbiamo subito. Un po’ alla volta, vedrete, la magistratura interverrà: è giusto reclamare una giustizia rapida. Ora, con l’irruzione della guerra, lo scenario di ieri sembra scomparso: e invece non è finito proprio niente. Noi intanto abbiamo combattuto contro un mostro enorme: volevano cambiarci anche fisicamente, farci genuflettere, abituarci alla sottomissione. E noi questa battaglia l’abbiamo vinta, a testa alta: abbiamo detto “no” alla crudeltà e “sì” alla vita. Ci abbiamo messo la faccia, senza mai cedere a nessun compromesso. Volevano cambiarci? Con noi non ce l’hanno fatta.Il nostro avversario – nazionale, vassallo del grande avversario sovranazionale – questa battaglia l’ha persa, nel nostro caso. Adesso, poi, il fronte è ancora più ampio: perché l’azione di quelli che come noi, che hanno mantenuto vivo il desiderio di verità, ha costretto questa operazione a diventare molto cattiva: anche a livello internazionale, mondiale. Erano otto anni che c’era la guerra, in Ucraina, mentre mille altre guerre tormentano il mondo: ma oggi l’Ucraina diventa di colpo l’epicentro di una proiezione mondiale, proprio perché il disegno è più ampio e va oltre la storia. E questo disegno ha un protagonista: noi, gli esseri umani. Poi c’è chi gli esseri umani li ha creati e indottrinati: da sempre, siamo quello che ci dicono di essere. Quando mai abbiamo avuto la possibilità di avere dei nostri veri rappresentanti, a certi livelli? Quei livelli sono oltre la gestione ordinaria dell’umanità. Guardate il Movimento 5 Stelle: appena è salito di livello, è letteralmente trasmutato. E ora, proprio come gli altri partiti, ha votato tutte le misure che hanno comportato la nostra persecuzione.L’essere umano è la vera risorsa, il grande “animale d’allevamento” di questo pianeta. Siamo un’anomalia, e a livello inconscio viviamo sempre questo duplice dramma: ci sentiamo orfani e clandestini, come se non avessimo genitori. La volpe, nel bosco, si sente a casa. E così lo squalo nell’oceano. Per loro, il bosco e l’oceano sono il mondo. Noi invece siamo l’unica specie che si isola dal mondo: l’unica specie che, per poter esistere, è costretta a distruggerlo, il mondo. Siamo l’unica specie che teme il mondo: l’immagine archetipica del terrore, per eccellenza, è proprio il bosco di notte, la “selva oscura”. E questo non è normale. Abbiamo il 98% del Dna dello scimpanzé, è vero. Però abbiamo un Rna (che codifica il Dna) che ha una capacità impressionante, molto maggiore di quella dello scimpanzé. E questo ci ha permesso di svilupparci così tanto. Ma, a monte: chi ha sviluppato il nostro Rna? Oltre 270 dichiarazioni scientifiche ufficiali lo confermano: l’uomo non discende dalla scimmia. Non veniamo dai primati: dentro di noi c’è qualcosa di strano.Essendo un’anomalia, l’uomo non ha autonomia: è stato sempre “gestito”. Stando sempre ai libri di storia, fino a poche migliaia di anni fa, vivevamo ancora nelle caverne. Poi invece abbiamo scoperto che l’uomo delle caverne viveva a due passi da piramidi antichissime, realizzate in modo perfetto e allineate con le stelle. Il che presuppone conoscenze sterminate, che non si possono neppure comprendere, a meno che non si utilizzino strumenti di codifica che non appartegono alla scienza ufficiale. Quindi è evidente che c’è qualcosa che non va, in quello che ci hanno raccontato. E questo tempo che stiamo vivendo oggi è davvero straordinario: perché è come se il grande disegno, quello che c’è dietro, non potesse più essere tenuto nascosto. Ve ne sarete accorti: fino a qualche anno fa, le questioni erano essenzialmente nazionali. Oggi, invece, sempre più Stati, nel mondo, presentano dei leader che, tra loro, vanno perfettamente d’accordo. Il mondo non è più composto da centinaia di Stati: è costituito da due schieramenti. Solo due, capite? E questo tempo lo sta mettendo il luce: la realtà è ben diversa, da come viene presentata.In tanti non la reggono, questa conoscenza: hanno ancora bisogno della fomentazione della rabbia, si perdono nei dettagli, non riescono a spingere lo sguardo oltre l’orizzonte. Quindi, almeno noi, cerchiamo di guardare alla Luna, non al dito che la indica. Siamo “esseri solari”, dobbiamo spingerci oltre la deformazione spazio-temporale. E quindi usiamolo bene, questo tempo: è lì la via di fuga. Si sta delinenando un quadro sempre più netto e preciso. E tutta la strumentazione che viene utilizzata è la stessa che veniva impiegata a livello locale, nazionale. Questo dimostra che, a livello internazionale, erano già tutti d’accordo fin dall’inizio. Guardate cos’è successo a chi ha rifiutato il Tso: è stato emarginato, perseguitato e incolpato di tutto. E guardate cosa succede oggi con i russi: stesso trattamento, identico. Adesso non puoi più essere nemmeno un artista, un ballerino: se sei russo, vieni cacciato. Quindi la narrativa è la stessa. E dunque, lo si comprende: chi gestisce questa operazione è un solo soggetto. E per poterlo vedere, non possiamo più concentrarci solo sul fatto specifico: occorre alzare gli occhi al di sopra di questo pianeta.Dall’alto, oltre le forme, coglieremo due protagonisti, al di là delle bandiere terrestri. Cristiani e musulmani, bianchi e neri: non conta, dobbiamo cogliere ciò che anima la materia, oltre il packaging esistenziale. Il “piano del cuore” lo senti quando vai oltre il contenitore. Dobbiamo cogliere quella che è una volontà di fondo: perché è proprio la volontà a creare il protagonista. Con questa logica, è più facile scoprire che esistono forze che operano nella luce e poi altre forze, che operano nell’ombra. Tantissime scritture antiche, alcune ritenute sacre, di questo nostro tempo parlano perfettamente. Lo stesso Libro dell’Apocalisse descrive i passaggi attuali con precisione impeccabile. Nell’Antico Testamento – non interpretato, ma tradotto alla lettera – si trova la cronaca, scritta in anticipo, di questi tempi. E tutti convergono su questo: siamo arrivati a un punto-limite. Sì, un piano esistenziale è giunto al limite.Abbiamo sempre vissuto pensando che ci fosse una grande umanità, e adesso scopriamo che una grande umanità non c’è: ci sono tante forme di umanità. Una di queste, se ne avesse avuto la possibilità, ci avrebbe già eliminati. Poi c’è una forma di umanità che, se non prende ordini, non riesce neanche ad alzarsi dal letto la mattina. C’è un’altra parte di umanità che si sta svegliando e sta acquisendo consapevolezza. E poi c’è una parte di umanità – alla quale apparteniamo anche noi – composta di individui che, fin da quand’erano bambini, sospettavano che ci fosse qualcosa che non quadrava. Ci facevamo quella famosa domanda: che cosa ci siamo venuti a fare, qui? Ecco, molte di queste domande ormai prendono forma: e siamo chiamati, anche, a costruire risposte. Da una parte c’è la spinta della luce, l’espressione “solare” che vuole sostenere un’evoluzione inarrestabile, e dall’altra c’è un esercito dell’ombra. Tutto evolve: liberarci, emanciparci, è un’espressione d’amore. Le forze del buio, invece, questo processo evolutivo vogliono bloccarlo e deviarlo.Quando ti propongono di cambiarti il Dna, non stanno facendo quello che farebbe la natura (e la natura si muove nella luce: è il Sole ad aprire il fiore, in primavera). Ora lo vediamo: all’improvviso, le forze delle tenebre hanno una gran fretta. Tutti spingono: secondo questa narrazione, i “buoni” hanno un potere supremo, mentre i “brutti e cattivi” (ieri noi, oggi i russi) sono isolati. Ma se il potere dei “buoni” è così totale, perché ha proprio bisogno di toglierci la nostra libertà? Questa è una guerra, contro di noi. Ma non siamo venuti qui per sopravvivere: siamo qui per cogliere un senso superiore e diventarne i costruttori. Non siamo gli abitanti del nostro corpo: ne siamo gli imperatori. Spetta a noi, quindi, decidere che cosa essere – a differenza di una fetta di umanità che deve sempre ricevere ordini, perché non sa darseli. A cosa siamo chiamati, oggi? A discernere, a riconoscere la luce e le tenebre. Se durante la stagione Covid dovevamo preservare il nostro corpo, adesso dobbiamo preservare le nostre emozioni: dobbiamo proteggere la nostra capacità di sentire.Il disegno è molto più ampio: è miope, chi si ferma all’Ucraina. Il seme non conosce la pioggia, ma sa che pioverà. Non abbiamo il controllo di tutti i dettagli, ma sentiamo che c’è dell’altro, in arrivo. E questo gesto di ricerca fornisce anche l’atteggiamento migliore, per sopravvivere a questo tempo così faticoso. Andiamo a cogliere il senso superiore, dentro a quello che stiamo vivendo. Perché stiamo soffrendo così tanto? Perché siamo stati attaccati così violentemente, e in modo così vile? Perché noi abbiamo chiesto di tornare in un mondo ben diverso da questo. Perché non apparteniamo a quella specie lì: e questa è una grande verità, esplicitamente dichiarata. Siamo diversi dalla maggioranza dell’umanità: la nostra sostanza esistenziale va oltre la mera sopravvivenza. Siamo qui per raccogliere il segreto dell’esistenza. E questo ci porta a conoscere. Siamone forti, allora, anche davanti a certe notizie. Oggi, ad esempio, spiegano che la fornutura energetica della Russia non è sostituibile, quindi andremo incontro ad anni di razionamento. E’ insopportabile, certo: ma ha un senso. Perché, in questa situazione, cominci a creare l’oltre.Ha un tempo, questa operazione: non è infinita. Certo, non finisce domani: finisce quando sei pronto. Prepariamoci a navigare in un mare che rimarrà in tempesta ancora per un po’. Impariamo a navigare così: ogni volta che l’onda ti strattona, tu diventi qualcosa che è oltre te stesso. Ed è proprio questa la ragione per cui siamo qui. Ora fingono di apprestarsi a un ritorno alla normalità ordinaria? Stentiamo ad accostarcisi: sentiamo che sarebbe come entrare nel nostro passato, e tornare indietro è contro natura. La guerra? I nostri vogliono farla a tutti i costi, senza mai ascoltare le ragioni della controparte, che erano lì da vent’anni. E quindi: andiamo oltre tutto questo. Il mondo è impazzito: riuscire a vederlo, questo delirio, diventa davvero il momento in cui, finalmente, si può vivere qualcosa di superiore. Finalmente si può dare un senso a tutta la forza che si ha. Si può cominciare a giocare il gioco per il quale ci si è allenati così a lungo. E si cominciano a costruire, finalmente, i contenitori in cui allocare, con grazia, le tessere di un mosaico di verità.Lo so, questo mondo non ci risuona dentro. Non può essere naturale il fatto che una persona, dalla nascita, abbia già un codice fiscale, appartenga a uno Stato e magari anche a una religione. Non è naturale essere alienati dalla natura, lavorare come merce e come carne da macello fino a settant’anni, per poi essere spremuti nella sofferenza fino alla fine. Non è normale: c’è un senso superiore, che va colto, perché l’essere umano non sta vivendo la sua vita. E’ stato creato, ma ora ne ha consapevolezza: ed è letteralmente in ostaggio. E dunque, dico: consegnateci la verità, è ora. E così, un po’ alla volta, anche sopravvivere diventerà più semplice. Ricordate quanto ci hanno ricattato, per imporci il Tso? Bene: ma noi lo abbiamo evitato lo stesso, il Tso. Superata la paura, abbiamo capito che le nostre priorità esistenziali erano altre: e non soffrivamo più. A un certo punto abbiamo sviluppato una sorta di insensibilità, rispetto a quella forma di dolore. Ancora oggi ti sparano addosso, ti tolgono ogni diritto e ogni libertà, ogni istinto alla verità: ma tu sei ancora lì, e non soffri più.Io ho girato più di cento piazze italiane, e le persone mi dicevano: io adesso sono molto più forte di prima; ho mille difficoltà e devo fare i conti con tante scomodità, ma sto molto meglio di prima. E adesso, se ci voltiamo indietro e guardiamo a quello che abbiamo fatto, capiamo che abbiamo scritto una delle pagine più belle, per le nostre anime. Abbiamo mantenuto la nostra posizione: come un noce in inverno, che viene spogliato di tutto ma non si spegne, avendo trasferito le sue energie sotto terra. Non si spegne, il noce: ed è pronto a ripartire. Non finirò mai di ringraziarvi: ci siamo dati la possibilità di vivere, insieme, questo viaggio, quest’avventura, questo passaggio sull’orlo dell’impossibile. Ed è successo qui, nel nostro piccolo, in Italia. Ecco, adesso questo orizzonte si allarga. E ci ritroviamo accanto agli spagnoli, ai canadesi: avevano capito che era una farsa, quello che ci stavano raccontando. C’è gente che vive nel Gabon, che sa che è tutta una farsa. Anche i russi lo hanno colto, il disegno superiore: la vita umana non è spontanea, è indirizzata. L’uomo non è libero di espandersi, resta un animale d’allevamento.E così abbiamo fatto un salto, siamo saliti: preservandoci, oggi possiamo stringere un’alleanza che va oltre le bandiere e le appartenenze, per arrivare a creare una saldatura aurea tra le varie anime che stanno spingendo per solcare questo tempo. Se il cuore è sintonizzato, la testa poi sa cogliere la verità. Abbiamo imparato a non credere più a quello che ci raccontano. E’ così che si penetra, si solca questo tempo: e si incide la strada. Come diceva Nietzsche: diventate duri, fino al punto di riuscire a incidere. Non siete venuti qui per rotolare, ma per lasciare un segno. Siete venuti qui per scriverla, una storia: non perché qualcuno la scriva su di voi, raccontandola poi sempre come pare a lui. La storia è sempre stata scritta da chi ha vinto. E chi le ha vinte, le battaglie? Chi le ha create. Chi ne ha avuto bisogno, per raccontare una storia agli esseri umani, affinché credessero che fosse tutto così. Dunque, andiamo oltre: cogliamo, della realtà, l’identità superiore. Allora, sarà tutto più chiaro: e sarà molto più facile affrontare la situazione, dando finalmente un senso al nostro essere qui.(Michele Giovagnoli, “Luce e buio”, video su Facebook il 14 marzo 2020).Vent’anni fa, in Uruguay, una persona mi raccontò che sarebbe accaduto esattamente quello che stiamo vivendo adesso: le antenne wireless, le schedature, le limitazioni nei movimenti delle persone. Quella persona mi parlava come se avesse sottomano una sorta di calendario, di programma. Io obiettavo: ma dove le prendi, queste informazioni? Lui mi fece capire che sono alla portata di chi ha raggiunto una certa libertà mentale, e sa vedere che, all’uomo ordinario, “la storia” viene proposta come qualcosa che è già successo; mentre la storia – per chi gestisce l’essere umano, trattandolo come uno schiavo – si scrive prima ancora che accada. E in questa storia di oggi sono previsti tanti passaggi: quelli che abbiamo visto e altri passaggi, a venire, piuttosto scontati. Lo vedete, infatti? Non mollano: il loro piano procede spedito, tra un’emergenza e l’altra. Loro perseguono un disegno preciso, contro di noi: e sappiamo benissimo dove vorrebbero arrivare. Siamo appena usciti da due anni in cui ci hanno fatto vivere “come sorci”, e ci hanno già buttato dentro l’altro calderone, quello della guerra. Il loro progetto va ben oltre l’attualità: ben oltre il profilo sanitario, ben oltre i carri armati.
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L’umanità nuova che sorge dopo il massacro della verità
Quelli che ancora ragionano di geopolitica ordinaria, in mezzo alla follia. Quelli che “sanno” che Putin ha l’Alzheimer, ed è sicuramente pazzo. Quelli che narrano dei 13 soldati eroi, sull’Isola dei Serpenti nel Mar Nero, ora occupata dai militari russi, senza sapere che i combattenti ucraini erano 83: dimenticati dai servi passacarte stipendiati a Kiev. Loro, soldati, messi a guardia di strutture tecno-oscure e imbarazzanti (straniere, si capisce) e – dicono fonti attendibili, confidenziali – sani e salvi, tutti e 83. Ora, a parte la ridda di voci incontrollabili e spaventose cannonate, confida un ufficiale della Nato, off the record: sono 22.000, non 15.000, i morti ammazzati di etnia russa – per lo più civili cittadini – che la stimabile nomenklatura ucraina (oggi rappresentata dall’ex comico Zelensky, nuovo eroe dell’Occidente covidizzato) ha fatto a pezzi e letteralmente maciullato, nel Donbass, negli ultimi otto anni.Ventiduemila cittadini inermi, dunque, dilaniati dalle milizie che rispondono al governo che nel 2022 chiede di entrare nella Nato e nell’Ue, nel club d’élite della democrazia, mentre gli eroici redattori del Tg2 mandano in onda le immagini di un wargame della playstation e il “Corriere della Sera” ripropone, come documento dell’aggressione nazi-russa, un’esplosione (incidentale o no) nella capitale ucraina, risalente nientemeno che al 2015. E poi chi sono, appunto, i narratori? Chi sono – come li chiamava Giulietto Chiesa – i famosi padroni del discorso? Sono gli avventurieri vocati all’assassinio, da John Fizgelarld Kennedy a Salvador Allende. Sono i “bombardatori” fisiologici, dopo Hiroshima e Nagasaki. Bombe su ancora Guatemala, poi Indonesia e Cuba, Congo, Laos, Vietnam, Cambogia. E poi Grenada, Libia, El Salvador. Poi Nicaragua, Iran, Panama, Iraq-Kuwait, Somalia, Bosnia, Sudan. E ancora: Somalia e Pakistan, poi Yemen, di nuovo Libia e Siria.Non viene, vagamente, il vomito? Non perché gli altri siano meglio: non è che brilli, l’aliena controparte. Ma almeno non blatera di libertà e democrazia: estetica, buon gusto? I nostri sono quelli dell’11 Settembre, degli spread, della Grecia massacrata – senza anestesia – dall’uomo che riponde a un nome: Mario Draghi. I nostri sono Greta, sono la Von de Leyen, Soros, Zuckerberg, Bill Gates. Sono l’Oms, sono i lockdown e i coprifuoco. Sono le zone rosse, le mascherine in strada. Sono i “vaccini” che “immunizzano”, sono i colpiti dall’apartheid, discriminati dal Green Pass. I nostri sono i Buoni, gli schiavisti democratici con la validazione vaticana. Non è questione di Crimee, a quanto pare: le fiamme a Est sembrano voler dire che è ora che si scuota, la popolazione rintronata del rinomato Primo Mondo, sotto ipnosi. Tenevi lo Swift, dice la storia: è ora di svegliare l’uomo nuovo. Buttate i libri inutili, usate quei giornali per incartare il nulla. L’umanità che viene nasce adesso, o almeno prova a nascere. E’ questo, il Piano-B. L’unico in campo.(Giorgio Cattaneo, 28 febbraio 2022).Quelli che ancora ragionano di geopolitica ordinaria, in mezzo alla follia. Quelli che “sanno” che Putin ha l’Alzheimer, ed è sicuramente pazzo. Quelli che narrano dei 13 soldati eroi, sull’Isola dei Serpenti nel Mar Nero, ora occupata dai militari russi, senza sapere che i combattenti ucraini erano 83: dimenticati dai servi passacarte stipendiati a Kiev. Loro, soldati, messi a guardia di strutture tecno-oscure e imbarazzanti (straniere, si capisce) e – dicono fonti attendibili, confidenziali – sani e salvi, tutti e 83. Ora, a parte la ridda di voci incontrollabili e spaventose cannonate, confida un ufficiale della Nato, off the record: sono 22.000, non 15.000, i morti ammazzati di etnia russa – per lo più civili cittadini – che la stimabile nomenklatura ucraina (oggi rappresentata dall’ex comico Zelensky, nuovo eroe dell’Occidente covidizzato) ha fatto a pezzi e letteralmente maciullato, nel Donbass, negli ultimi otto anni.
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Laboratorio Italia: come trasformare gli uomini in topi
“To live in a land where justice is a game” (Bob Dylan, “Hurricane”, 1976). Non si può che morire di vergogna, per il fatto di vivere in una terra dove, ormai, la giustizia è un gioco. E dove “they try to turn a man into a mouse”, provano a trasformare l’essere umano in topo: non Rubin Carter, il famoso pugile finito in carcere, ma proprio tutti. Il rumore di ceppi e catene si è fatto assordante, lungo i meandri stucchevoli nella neolingua sanitaria che pretende di assoggettare i cervelli e i corpi, sottendendo la fine – sostanziale – di uno Stato di diritto che invece esiste ancora, e per il momento arma la mano di centinaia di avvocati combattivi. Sopravvive tuttora la Costituzione entrata in vigore nel 1948, benché amputata brutalmente una decina d’anni fa con l’inserimento dell’obbligo del pareggio di bilancio. Una Carta ora ritoccata anche con l’ambigua indicazione, teoricamente nobile ma contigua al verbo “gretino”, sulla tutela dell’ambiente (possibile alibi per chissà quali altre torsioni, future o imminenti).Quanto è lontana, da tutto questo, la remotissima America in cui un cantautore carismatico – con una semplice canzone di denuncia – poteva contribuire a restituire la libertà a un atleta finito in cella in quanto afroamericano, per un rigurgito tardivo di razzismo? A contendersi la Casa Bianca, all’epoca, erano Gerald Ford e Jimmy Carter. Oggi il mondo sa che l’inquilino di Pennsylvania Avenue è un anziano diroccato e forse mentalmente presente solo a intermittenza. Un ometto debolissimo, piazzato su quella poltrona da maneggi informatici scandalosamente enormi, su cui le autorità giudiziarie non hanno mai voluto fare piena luce. Un presidente facente funzioni, interamente manovrato da altri, cui oggi tocca misurarsi – in mezzo a gaffe ormai leggendarie – con un personaggio come Vladimir Putin, tra praterie di missili puntati. Il vecchio film, la guerra, sembra un fantasma che ritorna, un vampiro inestinto: solo che stavolta il cittadino medio non riesce ad afferrarne neppure il sapore più superficiale, preso com’è da tutti gli altri assilli che, da due anni, lo inchiodano al baratro di precarietà nel quale la vita di tutti è letteralmente precipitata, in Occidente.Lo stesso Bob Dylan, in pieno terrore pandemico (marzo 2020) ha voluto mettere l’accento sul “murder most foul”, il più disgustoso degli omicidi – quello di John Fitzgerald Kennedy – come sciagurato evento-chiave della seconda parte del secolo, conclusosi davvero solo l’11 settembre 2001 con la sua coda di orrori: l’Iraq e l’Afghanistan, le bombe al fosforo sui civili di Falluja e su quelli di Gaza, Obama e le altre carneficine “regionali” (dalla Libia alla Siria), i tagliagole dell’Isis in azione in Medio Oriente e nelle capitali europee. E’ durata pochissimo, la ricreazione, perché sulla scena ha fatto irruzione il coronavirus-chimera di Wuhan: la globalizzazione della schiavitù psicologica e non solo, con il suo corredo di strumentazioni distopiche. Il “false prophet” dell’ultimo Dylan è uno scheletro che brandisce una siringa, suonando alla porta di casa come per consegnare un regalo ben impacchettato. Nel disco (“Rough and rowdy ways”) manca solo l’estremo omaggio, il corollario: la schedatura definitiva mediante pass vaccinale, e senza neppure la cortesia di un vero vaccino.Il mistero più fitto continua ad aleggiare sui sieri genici C-19: graziosamente, in prima battuta, Pfizer aveva provato a sostenere che sarebbe stato possibile rivelare la loro reale composizione soltanto fra 70 anni. Nel frattempo, le agenzie europee della farmacovigilanza parlano di oltre 30.000 morti sospette e 3 milioni di persone finite nei guai dopo l’inoculo: sembra il bilancio di una guerra, non certo quello di una campagna vaccinale. Nonostante ciò, probabilmente, sfugge la vera ragione che motiva i renitenti, che sono milioni: a farli desistere dal subire l’iniezione è essenzialmente l’atteggiamento ricattatorio di un potere che si è macchiato di un crimine gravissimo, rifiutandosi ostinatamente di approntare terapie efficaci, sollecitamente segnalate dai medici. Questo, si immagina, ha contribuito a causare la morte di migliaia di persone: pazienti non curati, lasciati a casa a marcire da soli in modo da poter poi essere ricoverati, gonfiando in tal modo i numeri televisivi dell’emergenza. Dovrebbe essere intuitivo comprendere il “no” di tanti italiani: com’è possibile accettare di ottenere una sorta di libertà condizionata, a patto di sottoporsi al Tso, se questo è imposto da autorità tanto inaffidabili e pericolosamente sleali?Il caso italiano fa scuola: se è vero che l’uragano psico-politico-sanitario si è abbattuto essenzialmente sull’Occidente, è vero anche che nessun altro paese ha dovuto vivere i supplizi inflitti all’Italia, in termini di vessazioni e distorsioni dell’ordinamento democratico. Perfettamente speculare anche l’acquiescenza della maggioranza dei cittadini-sudditi, ormai rassegnati a subire qualsiasi arbitrio, da parte della voce del padrone (non importa quale). Mentre gli altri paesi occidentali si stanno scrollando di dosso la dittatura sanitaria, nella patria del potere vaticano si usa ancora obbedir tacendo: il governo prolunga oltremisura le restrizioni e ritarda in modo esasperante le cosiddette riaperture, con l’aggravante del Tso esteso in modo pressoché generalizzato. Le discriminazioni sono diventate persecutorie, varcando la soglia degli uffici pubblici, di molti negozi, persino degli sportelli bancari e delle Poste. Questo, per ora, è lo spettacolo offerto da Mario Draghi, destinato a entrare nella storia: esattamente come il Britannia e la svendita del paese negli anni ‘90, come il “whatever it takes” concesso solo dopo la morte civile della Grecia e la capitolazione di Italia e Spagna.Un vero statista, ovviamente, avrebbe innanzitutto messo mano al problema numero uno: lo ha fatto Boris Johnson, nel Regno Unito, fungendo da apripista per svariati paesi, dalla Spagna alla Danimarca. La Francia annuncia la fine del Green Pass entro marzo? Niente paura: il bis-ministro Speranza (in quota alla Fabian Society, che gli italiani non conoscono) va avanti imperterrito con lo squallore settimanale delle Regioni “colorate”, come se davvero fossimo in presenza di un’emergenza ospedaliera. La verità è tristissima: qualcuno, lassù, ha deciso che l’Italia dovesse essere l’area-test per il nuovo ordine sanitario. Le major ordinarono a Obama di procedere, e Renzi rispose: scelsero l’Italia, come paese-cavia per gli obblighi vaccinali, conoscendone il ventre molle (politico) e la solidità dello storico tutore che risiede Oltretevere, il network tentacolare che traffica anche coi cinesi, coi vaccini e coi tamponi. A proposito: non è certo uno scherzo, smontare da un giorno all’altro l’albero della cuccagna. Chiunque ci provasse, va da sé, forse potrebbe anche temere persino per la sua incolumità fisica. Non a caso si è stranamente affollato, il cimitero degli scienziati che avevano osato sdrammatizzare il problema, offrendo soluzioni tempestive e convincenti.Dopo aver bellamente elevato a sistema l’esercizio del ricatto, oggi il signor Draghi – a un anno dall’intronazione – può ben fregiarsi del titolo di grande demolitore: come se fosse sempre lui, il fondo, il vero detentore della specialità rottamatoria. Ci aspetta una crisi socio-economica dai risvolti potenzialmente spaventosi? Ovvio: per un anno intero, il governo (in questo, identico al precedente) ha letteralmente sventrato interi settori vitali, dal commercio al turismo, passando per la scuola, i trasporti, la cultura, lo spettacolo. Come da copione, fa notare qualcuno: l’inferno dei tanti è il paradiso dei pochissimi, quelli che infatti orchestrano la sinfonia di Davos. Non andrà tutto bene? Già. Ma non andrà completamente in porto, a quanto a pare, neppure la conversione definitivamente “cinese” della latitudine occidentale: il grande caos è agitato dallo scontro, sotterraneo e non, di possenti forze contrarie. Se la catastrofe è grandiosamente globale, comunque, l’Italia riesce a brillare di luce propria: nessun altro paese ha usato così bene il Covid per terremotare il proprio tessuto socio-economico.Tornano alla mente i tempi (oscuri, ma non quanto l’attuale) dei tentati golpe e delle stragi nelle piazze: poteri sovrastanti, che manovrano silenziosamente. Il target non è cambiato: l’Italia, gli italiani. A cui lo show offre le prodezze di Sanremo e le carezze che il gesuita Bergoglio dispensa a Greta Thunberg, la ragazzina davanti a cui si genuflette Draghi insieme al ministro Cingolani. Mala tempora: tanti connazionali, ormai, si sentono già esodati: e infatti stanno programmando l’espatrio, verso lidi meno inospitali. Chi può permetterselo, sta seriamente pensando di lasciare il paese: tale è il disgusto che provocano le sue autorità politiche, ma anche la deprimente sottomissione della maggioranza ostile e buia, annichilita dalla paura e fuoriviata dalla disinformazione di regime. Perché proprio l’Italia? Perché proprio l’erede dell’impero che Ottaviano Augusto volle far discendere dal troiano Enea, cioè dalla Creta dei Minosse che la mitologia dipinge come atlantidea? Perché proprio l’Italia, dominata per quasi due millenni dal medesimo potere confessionale, retrivo e oscurantista?Qualcuno intanto si diverte, amaramente, a constatare la strettissima osservanza vaticana delle massime cariche istituzionali: gli inquilini di Palazzo Chigi e del Quirinale, più il neo-presidente della Corte Costituzionale (altro personaggio, Giuliano Amato, rimasto nel cuore degli italiani). Ecco, appunto: gli italiani. Forse sono proprio loro, che mancano all’appello. Dove sono? Facile: eccoli là, in fila per il tampone. Fino a quando? Il palazzo comincia a parlare di allentamenti primaverili: ma chi si fida più, di quelle lingue biforcute? Se lo stanno godendo appieno, il grande spettacolo della schiavizzazione strisciante: in fila per tre, con la brava mascherina sulla faccia. Medici, psicologi e sociologi si esercitano in previsioni apocalittiche: parlano di danni, fisici e mentali, incalcolabili. Sembrano gli effetti di un immane esperimento sulfureo: scoprire fino a che punto si può “trasformare un uomo in un topo”. In Italia, ovviamente. Come sempre.(Giorgio Cattaneo, 12 febbraio 2022).“To live in a land where justice is a game” (Bob Dylan, “Hurricane”, 1976). Non si può che morire di vergogna, per il fatto di vivere in una terra dove, ormai, la giustizia è un gioco. E dove “they try to turn a man into a mouse”, provano a trasformare l’essere umano in topo: non Rubin Carter, il famoso pugile finito in carcere, ma proprio tutti. Il rumore di ceppi e catene si è fatto assordante, lungo i meandri stucchevoli nella neolingua sanitaria che pretende di assoggettare i cervelli e i corpi, sottendendo la fine – sostanziale – di uno Stato di diritto che invece esiste ancora, e per il momento arma la mano di centinaia di avvocati combattivi. Sopravvive tuttora la Costituzione entrata in vigore nel 1948, benché amputata brutalmente una decina d’anni fa con l’inserimento dell’obbligo del pareggio di bilancio. Una Carta ora ritoccata anche con l’ambigua indicazione, teoricamente nobile ma contigua al verbo “gretino”, sulla tutela dell’ambiente (possibile alibi per chissà quali altre torsioni, future o imminenti).
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Brandi: macché “nuovo” Draghi. Ci sta facendo a pezzi
Mario Draghi ha sempre fatto degli sfaceli: ha agito come un traditore della patria. Io non prendo nemmeno lontanamente in considerazione l’ipotesi di un Draghi che torna sui suoi passi; basta vedere qual è stata la sua azione nel momento in cui è arrivato a Palazzo Chigi. Aveva le mani legate? I partiti si sono stesi ai suoi piedi in maniera vergognosa. E i media lo hanno divinizzato, come già fecero con Monti. Un premier che anche solo accarezzi l’idea di cambiare, rispetto alla deriva neoliberista e anti-patriottica di Draghi, non avrebbe mai firmato una robaccia come il Pnrr. Non ci avrebbe mai legato a una robaccia come il Recovery Fund. Non avrebbe mai firmato il Trattato del Quirinale. Non avrebbe mai difeso il Green Pass (che, dati alla mano, sta distruggendo la nostra economia). Nell’azione di Draghi, purtroppo, io vedo un’enorme coerenza con quello che ha fatto, fino a questo momento.Che poi lui di notte sia tormentato dagli incubi, su quello che sta facendo, mi può interessare fino a un certo punto; io devo basarmi su quello che vedo. E quello che vedo è un premier che, ancora una volta, sta facendo quello che gli è riuscito meglio in tutta la vita, cioè: liquidare. E’ un liquidatore, ed è quello che sta accandendo. A seguito dell’azione di Draghi, la nostra economia (non che prima se la passasse meglio) ha subito l’ennesima mazzata: come certificato dai dati di Confcommercio, il Green Pass ha causato un crollo dei consumi interni: cosa che per un keynesiano sarebbe un problema immenso, perché un keynesiano punterebbe soprattutto sul mercato interno e al ritorno dello Stato come centro dell’economia, non come ente vessatorio e burocratico, pronto a imporre le tasse. Al contrario, un keynesiano dovrebbe concepire uno Stato che aiuta famiglie e imprese con la spesa pubblica: ma non è quello che abbiamo visto, in questi mesi.Anzi: abbiamo visto un ulteriore indebitamento di famiglie e imprese. E il Pnrr, che ci viene spacciato come piano nazionale di resilienza e ripresa (“per il culo”, io aggiungo), è un piano di smantellamento e di suicidio assistito per la nostra economia. Addirittura, ormai, lo dicono i grandi sovranisti del “Sole 24 Ore”, che qualche giorno fa si sono accorti che, dentro il Pnrr, ci sono delle clausole di ammodernamento e conversione “green” che saranno letali, per le nostre piccole e medie imprese (ma non lo saranno per il comparto industriale tedesco, che guardacaso è già pronto per questa conversione). Noi siamo il paese delle piccole e medie imprese: che non verranno aiutate, in questa conversione, perché devono essere distrutte (come direbbe Draghi, con la “creative destruction”). Nella visione che secondo me Draghi ha ancora, le piccole imprese devono essere spazzate via; sono le grandi imprese, che devono andare avanti, i grandi conglomerati industriali, le grandi multinazionali. Ma se tu fai fuori le piccole e medie imprese, tu distruggi il 95-97% del tessuto industriale italiano: tu fai fuori l’Italia.Stessa cosa per quanto riguarda il Recovery Fund. Non se ne può parlare come dei “soldi che ci dà l’Europa”: sono pochi soldi, a strozzo, in ritardo, a rate, legati a delle condizionalità suicide. Ne vogliamo citare una a caso? Dobbiamo mantenere un “avanzo primario” vergognoso, che poi peraltro abbiamo fatto per trent’anni: quindi lo Stato deve tassarci più di quanto spende per famiglie, pensioni e servizi. Non solo: anche nel Recovery ci sono delle clausole “green” che ci impediscono di fare determinate scelte. Non solo: c’è una conversione forzata verso il digitale e c’è la lotta al contante, verso cui io e tanti altri siamo contrarissimi, perché è una questione di controllo: se tutto passa attraverso il pagamento telematico, dall’altra parte basta un “click” e tu non ti muovi e non vivi più, se non hai più il denaro contante.Aggiungo che c’è un’accelerazione del processo di esproprio, da parte delle banche, degli immobili in mano a imprese che sono indebitate. Un indebitamento scellerato, aggravato negli ultimi due anni: prima il lockdown, poi il Green Pass. Immaginate cosa ci sta per cascare addosso. In più, aggiungo che Valdis Dombrovskis (commissario europeo per il commercio, ndr) ha detto chiaramente che tra un anno, un anno e mezzo, tornerà il maledetto Patto di Stabilità. E purtroppo, questa gente non scherza quasi mai, quando parla. L’Italia, ci dicono, è il primo “beneficiario” del Recovery Fund. Attenti: per metà sono soldi in prestito, che dobbiamo restituire; per l’altra metà sono soldi, tra virgolette, a fondo perduto, ma in realtà basati sul bilancio comune europeo: che ci vedrà solo leggermente come percettori netti. Infatti, sempre il “Sole 24 Ore” ha ammesso che finora siamo stati contributori netti: abbiamo dato più soldi di quelli che ci sono tornati indietro.Alla fine di tutto questo, quindi, noi ci ritroveremo più indebitati, dal punto di vista dello Stato e da quello delle famiglie e delle imprese. E tornerà il maledetto Patto di Stabilità, che la prima cosa che considera è il tuo debito pubblico. Se a questo aggiungiamo che il Pil non sarà cresciuto come ci dicono (perché la crescita del 6% dopo un crollo del 10% è ridicola, è il cosiddetto “rimbalzo del gatto morto”), la differenza tra debito e Pil – che è quella che ci interessa, e che deriva dai famigerati trattati europei, Maastricht in primis – sarà la prima ad essere vista, da coloro che non aspettano altro per dirci: visto? E’ aumentato il differenziale debito-Pil. E quindi: austerità. Perché quello che ci aspetta è questo, purtroppo. E’ un circolo vizioso. E quindi cosa avrebbe dovuto fare, Draghi, se davvero si fosse risvegliato con un afflato keynesiano o patriottico?Avrebbe dovuto mettere in discussione tutti i trattati europei. Non avrebbe mai dovuto implementare una robaccia come il Green Pass, perché era certo – da subito – che avrebbe distrutto l’economia italiana. E vedrete tra qualche mese, quando arriverà la stangata delle bollette, a causa del rincaro delle materie prime: altra cosa su cui Draghi non ha fatto niente. Lui ha grande voce, in Europa, e l’Unione Europea non ha fatto alcuna vera politica di strategia industriale: stiamo ancora dietro alle cavolate “gretine”, che non hanno nulla a che vedere con la tutela dell’ambiente (che invece è assolutamente nobile) e ci hanno esposto a una crisi di inflazione delle materie prime che si abbatterà, guardacaso, sui cittadini qualsiasi: su cui, però, non sta cadendo alcuna pioggia di miliardi. Ora, tutto questo non si sposa nemmeno lontanamente con la speranza che Draghi stia cambiando.Io vedo, purtroppo, un Draghi maledettamente coerente con le sue posizioni di sempre. L’aspetto legato alle logge massoniche? Non metto in dubbio che vi siano degli scontri, all’interno di queste logge, di questi gruppi sovranazionali che vanno al di là delle bandiere e dei grandi partiti. E’ un problema che ha questo periodo storico: pian piano, il potere viene spostato sempre di più verso il sovranazionale: per questo le democrazie sono esautorate del loro potere e della loro rappresentanza. Ma questo non toglie il fatto che quello che abbiamo visto finora, purtroppo, è un Draghi totalmente in linea con quello che abbiamo visto dal ‘92 in poi: un liquidatore al servizio dell’alta finanza. E alla fine del suo mandato (che terminerà chissà quando) noi ci ritroveremo con un’economia a pezzi, con piccole e medie imprese acquistate da grandi conglomerati stranieri. Ed è quello che Draghi fa: quello che ha fatto per tutta la vita.(Matteo Brandi, dichiarazioni rilasciate su YouTube nella trasmissione “Il Gladiatore”, di “Border Nights”, con Gioele Magaldi e Fabio Frabetti, il 3 febbraio 2022. Autore e blogger, brillante polemista, Brandi è l’animatore di un neonato soggetto politico, “Pro Italia”).Mario Draghi ha sempre fatto degli sfaceli: ha agito come un traditore della patria. Io non prendo nemmeno lontanamente in considerazione l’ipotesi di un Draghi che torna sui suoi passi; basta vedere qual è stata la sua azione nel momento in cui è arrivato a Palazzo Chigi. Aveva le mani legate? Ma dove? I partiti si sono stesi ai suoi piedi in maniera vergognosa. E i media lo hanno divinizzato, come già fecero con Monti. Un premier che anche solo accarezzi l’idea di cambiare, rispetto alla deriva neoliberista e anti-patriottica di Draghi, non avrebbe mai firmato una robaccia come il Pnrr. Non ci avrebbe mai legato a una robaccia come il Recovery Fund. Non avrebbe mai firmato il Trattato del Quirinale. Non avrebbe mai difeso il Green Pass (che, dati alla mano, sta distruggendo la nostra economia). Nell’azione di Draghi, purtroppo, io vedo un’enorme coerenza con quello che ha fatto, fino a questo momento.
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Magaldi: avviso di sfratto a Draghi, ecco il vero Salvini
E se adesso Draghi e Mattarella – magari spinti da Salvini – si mettessero a fare l’esatto contrario di quello che hanno fatto finora? Cioè: fine del rigore, finanziario e sanitario? A buttarla lì è Gioele Magaldi, autore di “Massoni” e presidente del Movimento Roosevelt. Esponente del circuito massonico progressista, Magaldi è stato tra i più feroci detrattori del “vecchio” Draghi, quello del Britannia e del “pilota automatico”, che dal vertice della Bce intervenne solo fuori tempo massimo, quando ormai i paesi in difficoltà per gli spread erano stati commissariati (l’Italia, da Monti). Poi, due anni fa, la svolta annunciata da Draghi: la manifestata intenzione di tornare alle origini post-keynesiane, abbandonando i sodali massonici neoliberisti e “neoaristocratici”. Magaldi lo prese in parola: il “nuovo” Draghi va messo alla prova. Bilancio, dopo un anno a Palazzo Chigi: deludente. Nessuna vera iniezione nell’economia e nessun cambio di paradigma nella gestione del Covid. Anzi: le ultime restrizioni (obblighi, Green Pass) paiono letteralmente stomachevoli, inutilmente vessatorie e rovinose per la salute socio-economica del paese.Nonostante ciò, nel fronte massonico-progressista, Magaldi è stato tra i supporter di Draghi nella corsa al Colle. Motivo: grazie al suo prestigio, l’ipotetico “nuovo” Draghi (ancora solo virtuale) sarebbe stato una carta potenzialmente utile, per il rilancio dell’Italia, in Europa e non solo. Missione fallita, per ora: colpa anche di Draghi, troppo presuntuoso e poco empatico con i suoi ipotetici grandi elettori. Ma attenzione, avverte Magaldi: non crediate alla stampa, che dipinge uno scenario politico allo sbando, con partiti ridottisi a implorare Mattarella di accettare il re-incarico. Era esattamente quello che il presidente uscente sperava accadesse. Lo show del trasloco e degli scatoloni al Quirinale? Una recita perfetta, dice Magaldi. Non solo: incaricando Draghi a Palazzo Chigi, già nel 2021 – aggiunge sempre l’autore di “Massoni” – Mattarella sapeva benissimo di complicargli deliberatamente la strada per la presidenza della Repubblica. Se avesse evitato di impelagarsi nei meandri governativi, oggi probabilmente Draghi sarebbe stato eletto in carrozza, acclamato come padre nobile. E c’è di più: per un attimo, Draghi ha rischiato di venire defenestrato anche dal governo.Lo racconta Magaldi su YouTube, a “Border Nights” con Fabio Frabetti e poi a “Mrtv” con Roberto Hechich. E’ accaduto quando Salvini – fingendosi in stato confusionale – dopo aver bruciato svariati candidati perdenti ha fatto di nome di Elisabetta Belloni, incassando l’ok di Conte e della Meloni. Tradotto: i numeri per nuovo governo “gialloverde”, esteso a Fratelli d’Italia, che avrebbe comportato il “licenziamento” di Draghi. E’ stato proprio Super-Mario, a quel punto, a chiedere a Mattarella di restare al suo posto, risparmiandogli quella che sarebbe stata un’umiliazione. Lo stesso Salvini, all’ultimo minuto, avrebbe evitato il crash finale. Ammette Magaldi: una parte dei massoni progressisti hanno “punito” volentieri Draghi per il suo primo anno di governo. Ora dimostri che non scherzava, quando parlava di cambio di paradigma. Mattarella? Fino a ieri è stato funzionale al mainstream neoliberista. Ma se Draghi cambiasse registro, potrebbe affiancarlo: mai dire mai. Il banco di prova? Ci penserà Salvini, ancora: chiede 30 miliardi di ristori, pronta cassa. Altro segno di buona volontà: fine dell’emergenza, delle restrizioni e degli obblighi. Se Draghi risponderà picche, dice Magaldi, si avvierà (come Monti) verso un anonimo declino. Se invece cambiasse passo, potrebbe finalmente scrivere una nuova storia.E se adesso Draghi e Mattarella – magari spinti da Salvini – si mettessero a fare l’esatto contrario di quello che hanno fatto finora? Cioè: fine del rigore, finanziario e sanitario? A buttarla lì è Gioele Magaldi, autore di “Massoni” e presidente del Movimento Roosevelt. Esponente del circuito massonico progressista, Magaldi è stato tra i più feroci detrattori del “vecchio” Draghi, quello del Britannia e del “pilota automatico”, che dal vertice della Bce intervenne solo fuori tempo massimo, quando ormai i paesi in difficoltà per gli spread erano stati commissariati (l’Italia, da Monti). Poi, due anni fa, la svolta annunciata da Draghi: la manifestata intenzione di tornare alle origini post-keynesiane, abbandonando i sodali massonici neoliberisti e “neoaristocratici”. Magaldi lo prese in parola: il “nuovo” Draghi va messo alla prova. Bilancio, dopo un anno a Palazzo Chigi: deludente. Nessuna vera iniezione nell’economia e nessun cambio di paradigma nella gestione del Covid. Anzi: le ultime restrizioni (obblighi, Green Pass) paiono letteralmente stomachevoli, inutilmente vessatorie e rovinose per la salute socio-economica del paese.
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“Oggi le sigarette, domani il vino e le mignotte: sono finiti”
«Se ora s’attaccano alle sigarette, e domani magari pure al vino e alle mignotte, vuol proprio dire che sono finiti». Sintesi perfetta, in idioma lucchese, firmata dal maestro Andrea Colombini, direttore d’orchestra. Con la sua infaticabile intelligenza e la sua verve sarcastica, Colombini dà voce all’anima della resistenza civile italiana di fronte al grottesco stritolamento delle libertà di tutti, inflitto (grazie anche a una buona dose di ottusità diffusa) con l’alibi della più grande “pandemia di asintomatici” della storia. Morale? Il governo dei pagliacci ora si appresta ad allestire l’apartheid del Tso anche per banche, sportelli pubblici, uffici postali e negozi, incluse le tabaccherie. Scelta davvero illuminata e strategica, per far perdere la pazienza ai santi: come se un genio del male si divertisse a mostrare l’infinita idiozia dei provvedimenti, inutilmente cattivi, improntati alla vessazione e alla persecuzione. Un po’ come quando i nazisti, ormai consapevoli di essere sconfitti – dice il musicista toscano – si ridussero a procurare il maggior danno possibile, per rabbia, di fronte a un destino ormai segnato.Il furore più grande – sottolinea ancora Colombini, in web-streaming con Riccardo Rocchesso (giornalista, animatore di “100 Giorni da Leoni”) – deriva dalla prova di forza messa in atto da milioni di italiani: pur radicalmente contrari alle misure criminal-demenziali della “democratura” chiamata Draghistan, hanno accuratamente evitato di abboccare all’amo della violenza. «State fermi», ha incessantemente raccomandato l’alchimista Michele Giovagnoli, altro mattatore delle piazze, sodale di Colombini. Agli ultimi decreti-vergogna, la communiy di Giovagnoli (“Essere Solare”) risponde così: affiggendo un cuore sulle vetrine dei negozi, per invitare i clienti a entrare comunque. Si chiama disobbedienza civile: ne è stata campionessa Rosanna Spatari, titolare della Torteria di Chivasso (Torino). Assistita dall’avvocato Alessandro Fusillo, ha lottato come una leonessa per tenere aperto il suo bar. Alla fine, la Corte di Cassazione le ha dato ragione. Ed è solo un esempio, il suo, di questa nuova “Italia che resiste”, come un tempo cantava l’oggi silente De Gregori, sordomuto come tantissimi suoi illustri colleghi.Storie che esemplificano – per i non addetti – la nozione scientifica di “speciazione”: una parte dell’umanità si separa dal “volgo disperso che nome non ha”, per tracciare una nuova traiettoria evolutiva. Esempio: alle ultime elezioni amministrative, lo scorso ottobre ha votato solo un italiano su due. E nelle grandi città, ai ballottaggi, ha raggiunto le urne appena un elettore su tre. Oggi, come ricorda Andrea Colombini, pare che il problema numero uno del paese sia l’identità del successore di Mattarella. Partiti e giornali non parlano d’altro. Peccato che i partiti facciano ridere la maggioranza dei cittadini, e che i giornali non li legga più nessuno. C’è qualcosa di addirittura empio, forse, nel voler comunque celebrare il rituale democratico del Colle, come se fossimo ancora in un regime pienamente democratico, in tempo di pace. Vivono, lorsignori, in un mondo parallelo? Pensano davvero che importi a qualcuno, se al Quirinale salirà l’ometto che – dopo aver chiuso i bancomat della Grecia – ora si appresta a blindare anche le tabaccherie italiane?Lo stesso Colombini, inveterato toscanaccio sempre incline al vernacolo, fa i conti in tasca ai galantuomini tuttora sul ponte di comando. E’ semplice, dice: hanno perso. Presto non controlleranno più il paese, e lo sanno: gli italiani faranno di testa loro, come sempre (“fatta la legge, trovato l’inganno”). Dicono che alla manifestazione di Roma il 15 gennaio c’erano poche migliaia di persone? Ridicolo, erano almeno 350.000. Continuano a mentire? Sì: pare non sappiano fare altro. Ma chi li sta più ad ascoltare? Sempre meno persone. Che fai, imponi il mitico tampone anche a chi ha subito tre dosi di siero magico? E allora, dice Colombini, poi non ti devi stupire se milioni di italiani, quella famosa terza dose, non la faranno mai. E quindi come ti regoli, li chiudi tutti in casa? Auguri. Già oggi, bar e ristoranti hanno dimezzato i clienti. E il settore turistico alberghiero (dell’Italia, notare) sconta perdite catastrofiche: all’appello manca l’80% del volume d’affari. La scuola? Nel caos: decine di migliaia di insegnanti in quarantena, benché sottoposti all’inoculo sperimentale mRna.Bella, la storia del siero magico. Non immunizza nessuno, ma ora viene imposto come Tso. E nel frattempo – storia ancora più bella – si continua a far finta che le normali cure non esistano: è l’unico sistema, per sperare di vedere ancora qualche ricovero. Per il Tar del Lazio, il protocollo-Speranza (Tachipirina e vigile attesa) è autolesionistico: è da pazzi impedire ai medici di curare i pazienti, usando i farmaci adatti in tempi ragionevoli. La sentenza è stata appena sospesa: ma per quanto, ancora, la verità potrà essere tenuta sotto il tappeto? Colombini cita il profeta supremo della sciagura mondiale, sua maestà Bill Gates. In tono più che dimesso, ha capitolato: abbiamo fallito, ha ammesso. La maggior parte della popolazione del pianeta non si è sottoposta ai nostri sieri e vede in opera un grande complotto. E vorrei vedere, chiosa Colombini: proprio Bill Gates aveva auspicano un bel taglio demografico, a nostre spese.In altre parole, il Grande Reset è abortito. C’è rimasto sotto solo l’Occidente, e neppure tutto. La stampa inglese ha appena dato risonanza all’ultima sortita ufficiale dell’Oms: i sieri genici C-19 non sono più necessari. Molti paesi europei – Spagna in testa – hanno voltato pagina. Solo Austria e Francia paiono voler seguire l’esempio italiano: il peggiore. Ma sembrano in preda, ormai, a una quasi-disperazione. Un’altra fetta di verità arriva, a valanga, dallo Spallanzani di Roma, che ha analizzato i dati di San Marino: il vaccino russo Sputnik (vaccino vero, in quel caso) funziona molto meglio dei sieri genici in circolazione da noi, e non crea nessun problema all’organismo. Alla fine del suo cupo regime, il dittatore rumeno Nicolae Ceaucescu lasciò il palazzo presidenziale scappando via con l’elicottero per sfuggire all’assedio popolare. Raccomanda Colombini: noi invece continuiamo così, stiamo fermi e rinunciamo al Green Pass. Semmai, ridiamogli in faccia. E’ quello che si meritano. «Oggi le sigarette, domani il vino e le mignotte: sono finiti». E buon Quirinale a tutti.(Giorgio Cattaneo, 21 gennaio 2022).«Se ora s’attaccano alle sigarette, e domani magari pure al vino e alle mignotte, vuol proprio dire che sono finiti». Sintesi perfetta, in idioma lucchese, firmata dal maestro Andrea Colombini, direttore d’orchestra. Con la sua infaticabile intelligenza e la sua verve sarcastica, Colombini dà voce all’anima della resistenza civile italiana di fronte al grottesco stritolamento delle libertà di tutti, inflitto (grazie anche a una buona dose di ottusità diffusa) con l’alibi della più grande “pandemia di asintomatici” della storia. Morale? Il governo dei pagliacci ora si appresta ad allestire l’apartheid del Tso anche per banche, sportelli pubblici, uffici postali e negozi, incluse le tabaccherie. Scelta davvero illuminata e strategica, per far perdere la pazienza ai santi: come se un genio del male si divertisse a mostrare l’infinita idiozia dei provvedimenti, inutilmente cattivi, improntati alla vessazione e alla persecuzione. Un po’ come quando i nazisti, ormai consapevoli di essere sconfitti – dice il musicista toscano – si ridussero a procurare il maggior danno possibile, per rabbia, di fronte a un destino ormai segnato.
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Magaldi: Draghi ci ha deluso, ma l’alternativa dov’è?
Per chi avesse ancora interesse a scrutare tra i retroscena della politica, cioè il teatro d’ombre dove oggi si recita l’ipocrisia di una pace apparente mentre si sta portando la guerra in tutte le case a colpi di vessazioni surreali, vale comunque la pena di ascoltare la voce di un politologo atipico come Gioele Magaldi, autore nel 2014 del saggio “Massoni” dedicato al ruolo occulto delle superlogge sovranazionali che dominerebbero il “back office” del potere. Cosa dice, oggi, Magaldi? Due cose. La prima: Mario Draghi lo ha profondamente deluso, come primo ministro. La seconda: forse avrebbe l’autorevolezza per propiziare, dal Quirinale, la svolta che non ha voluto o potuto imprimere da Palazzo Chigi, mentre tutte le alternative quirinalizie (nomi del calibro di Casini) non farebbero che riproporre una grigia continuità, rispetto all’operato di Mattarella.La posizione di Magaldi, massone progressista e presidente del Movimento Roosevelt, è nota: serve una rivoluzione copernicana, per archiviare per sempre la stagione del rigore. Rivoluzione che lo stesso Draghi era sembrato evocare, nel forte richiamo al New Deal rooseveltiano e keynesiano pubblicato sul “Financial Times” nel 2020, auspicando il ritorno a una politica finanziaria espansiva. Ora ha riproposto lo stesso tema – in tandem con Macron – chiedendo, appunto, una radicale revisione di Maastricht e dei parametri europei che limitano severamente la spesa pubblica, sabotando l’economia reale. Sembra l’unica luce, dice Magaldi, nell’ultima stagione di un Draghi che ha sostanzialmente deluso, come primo ministro, su tutti i fronti. Doveva propiziare una brusca sterzata nella politica economica italiana, ma non è andato oltre le briciole.Peggio che andar di notte, se pensiamo alla gestione dell’affare Covid: rispetto alla gestione Conte, ha soltanto rimosso figure come quella di Arcuri. Di fatto, non ha osato (o voluto) cambiare l’approccio al problema: l’intollerabile coercizione ricattatoria (imporre il Tso) oscura la gravissima omissione a monte, cioè la rinuncia ad adottare efficaci protocolli di cura. Terapie che – dicono centinaia di medici – avrebbero salvato vite e svuotato gli ospedali: ma in quel modo, sgonfiandosi l’emergenza, sarebbe stato impossibile imporre i sieri genici sperimentali come unica soluzione. Secondo Magaldi, i massoni progressisti controllano un discreto pacchetto di voti parlamentari: non abbastanza per garantire a Draghi la certezza dell’elezione al Colle, ma sufficienti per bocciarlo. Che fare? Non abbiamo ancora deciso, dice Magaldi a Fabio Frabetti di “Border Nights”: in queste ore i circuiti massonici “rooseveltiani” chiederanno chiarimenti a quello che, fino a ieri, era il loro candidato.L’analisi di Magaldi aiuta ad approfondire le reali dinamiche del potere, che anche storicamente rispondono a logiche sovranazionali interpretate da filiere contrapposte, progressiste e reazionarie. Mario Draghi – se si ravvedesse – potrebbe essere davvero una carta utile, per l’Italia, nell’Europa post-merkeliana? Certo, l’ex liquidatore del Belpaese ha ora peggiorato ulteriormente il suo curriculum patriottico. Prima ancora della scelta di imporre (pena la perdita del lavoro e di quasi tutte le libertà) questi sieri Rna che nella migliore delle ipotesi risultano inefficaci, Draghi sconta la colpa storica non aver cestinato il paradigma del terrore sanitario: e rifiutarsi di curare i pazienti, in attesa del peggioramento e dell’ospedalizzazione, è qualcosa di più di un errore. Lo ha appena detto anche il Tar del Lazio: ai medici è stato impedito di agire secondo scienza e coscienza. E Mario Draghi non può pensare di non risponderne.Le alternative a Draghi, al Qurinale, sarebbero tutte peggiori? Questo spiega ancora meglio la profondità dell’abisso nel quale l’Italia è precipitata, nonostante Draghi (o grazie a lui), proprio mentre l’Occidente colpito dalla gestione emergenziale sta inziando a dare segni di risveglio. Negli Usa, la Corte Suprema ha bocciato l’obbligo vaccinale preteso da Biden. E mentre la Gran Bretagna corre verso l’abolizione di ogni residua restrizione, la Spagna annuncia che proporrà all’Ue di trattare la “variante Omicron” come un normale raffreddore. La sensazione è che una quota rilevante di opinione pubblica, anche in Italia, stia ormai aprendo gli occhi. E si può immaginare quale entusiasmo possa mostrare, all’idea che il suo “carceriere” diventi presidente della Repubblica. I lockdown di Conte erano pesantissimi, così come il coprifuoco, ma almeno avevano carattere temporaneo. Il Green Pass, invece, ha l’aria di candidarsi a diventare permanente.Proprio Gioele Magaldi è stato tra i primi, in Italia, a denunciare la “cinesizzazione” dell’Occidente e la matrice oligarchica del potere che ha manipolato l’emergenza Covid. L’autore di “Massoni” accusa determinate superlogge “neoaristocratiche”, che avrebbero utilizzato il potere cinese per revocare progressivamente i diritti dell’Occidente. Mario Draghi, fino a ieri campione proprio di quelle superlogge, due anni fa si sarebbe convertito al progressismo, promettendo di cambiare registro. E invece, finora, agli italiani ha inflitto sofferenze infinite: tormenti probabilmente anche incostituzionali, che stanno letteralmente minando l’economia, la scuola, la sanità, la società nel suo insieme. Il vulnus inferto da lui e da Conte in questi ultimi due anni sta producendo una disaffezione dilagante, destinata a farsi sentire, a prescindere da quale sarà il prossimo capo dello Stato.Per chi avesse ancora interesse a scrutare tra i retroscena della politica, cioè il teatro d’ombre dove oggi si recita l’ipocrisia di una pace apparente mentre si sta portando la guerra in tutte le case a colpi di vessazioni surreali, vale comunque la pena di ascoltare la voce di un politologo atipico come Gioele Magaldi, autore nel 2014 del saggio “Massoni” dedicato al ruolo occulto delle superlogge sovranazionali che dominerebbero il “back office” del potere. Cosa dice, oggi, Magaldi? Due cose. La prima: Mario Draghi lo ha profondamente deluso, come primo ministro. La seconda: forse avrebbe l’autorevolezza per propiziare, dal Quirinale, la svolta che non ha voluto o potuto imprimere da Palazzo Chigi, mentre tutte le alternative quirinalizie (nomi del calibro di Casini) non farebbero che riproporre una grigia continuità, rispetto all’operato di Mattarella.
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Non c’è più posto, per voi, nel futuro che sta arrivando
Se una cura esiste, ma io non la riconosco (e dopo quasi due anni continuo a non volerla riconoscere), io non sto prendendo una clamorosa cantonata: io sto procurando, intenzionalmente, un disastro. Se tu sei malato e io seguito a non sottoporti a una terapia idonea, non sto commettendo un errore: sto proprio cercando di farti del male. Specie se emargino i medici che ti salverebbero la pelle: e infatti li oscuro, li sospendo, li espello. Probabilmente è questa, la vera lezione dell’annus horribilis che va chiudendosi, come il più laido degli incubi. L’anno del Grande Vaccino, indegno surrogato del Grande Cocomero di Linus e Charlie Brown. Indegno, perché quello almeno era davvero un cocomero, mentre questi – che chiamano ancora vaccini, sfidando il ridicolo – non hanno nulla che li accomuni allo storico presidio profilattico, vanto della scienza medica moderna. E la loro inutilità catastrofica è ormai palese, a chiunque non abbia il cervello in panne.Dopo ben tre dosi, rifilate una dietro l’altra, per circolare è comunque necessario il tampone. Perché i contagi volano, come se quei sieri nemmeno esistessero. E così la verità, lentamernte, si fa strada: quella brodaglia, resa obbligatoria, non immunizza proprio nessuno. La verità è inevitabilmente incresciosa: fin dall’inizio, è stato fatto l’esatto contrario di quello che si sarebbe dovuto fare. Lo avevano spiegato i luminari della Great Barrington Declaration, eroi della lotta contro l’Ebola: contagiarsi tutti, il prima possibile, per metter fine velocemente all’epidemia. Invece, per due anni, s’è raccontato a reti unificate un cumulo straripante di fandonie, prima spegnendo le voci veritiere e poi addirittura perseguitandole attivamente, come si fa in Cina. Non a caso: la Cina, esattamente, è l’impero verso il quale stiamo scivolando. Lo conferma l’adozione del certificato digitale di buona condotta, pensato appositamente per condizionare all’obbedienza l’accesso a qualsiasi libertà di movimento.Certo, il tempo stringe: secondo alcuni, l’immane buffonata mondiale ha ormai i giorni contati. Il Sudafrica, il paese da cui si sarebbe sviluppata l’ultima “variante”, ha ritirato ogni restrizione. Motivo: il raffreddore Omicron contagia tutti, ma non crea veri problemi quasi a nessuno. E certo non lo fermano i patetici sieri genici (che semmai stanno causando reazioni avverse – specie cardiologiche – non più minimizzabili, nonostante l’omertoso silenzio degli addetti ai lavori, trasformati in complici). Tanto per cambiare, è stata la “democratura” russa a dare la notizia: secondo gli scienziati moscoviti, la quasi innocua Omicron sarebbe stata “ingegnerizzata e rilasciata” per contagiare tutti e quindi, finalmente, immunizzare davvero la popolazione. L’ha detto Putin, esplicitamente: potrebbe essere proprio Omicron, il vero vaccino; se tutti si contagiano, questa storia finisce sul serio.Si accettano scommesse sull’eventuale data: marzo, aprile? Poi verrà rottamata la grande menzogna, insieme alle sue sterminate filiere miliardarie di masnadieri e rentier? Possibile che il calcolo non sia estraneo nemmeno al governatore dell’Italia, quello che ora vorrebbe finire al Quirinale. Certo è impietosa, la storia: aveva una possibilità di redimersi, l’uomo, ma non ha osato. Dopo il Britannia, la Grecia e il “pilota automatico”, aveva avuto un assist formidabile: licenziare i beccamorti e varare il benedetto protocollo per le cure precoci, le terapie domiciliari. Da sola, l’Italia avrebbe fatto crollare l’incubo: dimostrando che sarebbe bastato molto poco, probabilmente, per ridurre i ricoveri quasi a zero. Avrebbe significato molto: la fine della paura, la fine delle sofferenze di migliaia di malati. Ma per un’impresa simile, a quanto pare, serviva la tempra di un Nelson Mandela.Gli analisti più sottili non mancheranno di avventurarsi nell’arte dell’esegesi raffinata: dato lo strapotere schiacciante, mondiale, del Partito del Covid, non era possibile agire diversamente; se il primo ministro ha quindi scelto di subire ancora il paradigma del male (“se non ti vaccini, muori e fai morire chi ti è vicino”), l’ha fatto solo per restare “autorevole”, agli occhi dei dominatori, ai quali poi imporre – quando l’incendio si sarà spento – un’inversione di rotta in termini di politica economica e di finanza pubblica, archiviando storicamente la malora artificiale dell’austerity. Si tratta di uno scenario ovviamente auspicabile, perché è di appena l’altro ieri l’ultima sceneggiata all’italiana, il famoso 2,4% di deficit inutilmente richiesto a Bruxelles dall’implorante governicchio gialloverde, prontamente sabotato anche dal Colle in ossequio ai veri dominus, europei e non, degli italici destini.Sarebbe certamente uno scenario auspicabile, dopo decenni di liberismo spietato, il cambio di paradigma finanziario: ma a patto di non dimenticare il 2021 e le sue drammatiche acquisizioni, in termini di consapevolezza civile e morale. Dalle macerie create dal terrore sanitario sembra essere nato il nucleo di una sorta di umanità nuova, che non potrà più accontentarsi di eventuali piccoli favori graziosamente concessi dall’alto. Il divorzio dalla politica ha l’aria di essere definitivo: troppo male è stato inflitto agli inermi, troppa menzogna. Sono evidenti, ormai, i fili che muovono gli avatar in doppiopetto. Non potranno più essere credibili, in nessun caso, agli occhi di chi ha visto di cosa sono capaci. E’ come se non ci fosse più posto, per tutti loro, nell’ipotetico futuro che comincerà domani, a partire dal 2022. I loro stessi attrezzi sono ferraglia arrugginita: potevano salvare vite, ma non l’hanno fatto. E il loro grande regalo – essersi smascherati – non potrà mai compensare l’eredità luttuosa dei loro misfatti.(Giorgio Cattaneo, 30 dicembre 2021).Se una cura esiste, ma io non la riconosco (e dopo quasi due anni continuo a non volerla riconoscere), io non sto prendendo una clamorosa cantonata: io sto procurando, intenzionalmente, un disastro. Se tu sei malato e io seguito a non sottoporti a una terapia idonea, non sto commettendo un errore: sto proprio cercando di farti del male. Specie se emargino i medici che ti salverebbero la pelle: e infatti li oscuro, li sospendo, li espello. Probabilmente è questa, la vera lezione dell’annus horribilis che va chiudendosi, come il più laido degli incubi. L’anno del Grande Vaccino, indegno surrogato del Grande Cocomero di Linus e Charlie Brown. Indegno, perché quello almeno era davvero un cocomero, mentre questi – che chiamano ancora vaccini, sfidando il ridicolo – non hanno nulla che li accomuni allo storico presidio profilattico, vanto della scienza medica moderna. E la loro inutilità catastrofica è ormai palese, per chiunque non abbia il cervello in panne.
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Il film: Sandro Pertini a Roma con Stefano Puzzer
«Il capo dello Stato, Sandro Pertini, ha raggiunto in piazza del Popolo il leader dei portuali triestini, Stefano Puzzer. I due hanno preso un caffè insieme, discutendo su come dare un senso più umano all’esistenza, conciliando diritti e doveri nel rispetto delle leggi e della sensibilità democratica di ciascuno». L’audio è tratto dal film “La libertà è un incubo”, tuttora in lavorazione. Nelle sale, la pellicola potrebbe non uscire mai. Del resto, i cinema sono deserti ormai da secoli: qualsiasi manifestazione di umana socialità, infatti, mina irreparabilmente il protocollo della Sicurezza Universale, valorosamente introdotto nella Repubblica dei Banchi a Rotelle, dove il nuovo Calendario Perpetuo ufficialmente approvato da Zeus in persona – scandito da Ondate e Dosi – ha fortunatamente sostituito l’obsoleto lunario dei nonni, quello in cui ancora comparivano ingenue festività arcaiche come il Natale.La pellicola, diretta dal nonno di Stanley Kubrick, avrebbe un carattere dichiaratamente profetico. La apre un bambino, di nome Eric Arthur Blair. Annuncia: «Un giorno mi farò chiamare George Orwell e vi farò un brutto ritratto, al quale però non darete il minimo credito. Non immaginereste mai, in tempo di pace, di potervi ridurre così». In un’Italia resa irriconoscibile dalle misure psico-austeritarie introdotte dal Dipartimento Speciale di Felicità Sanitaria, le piazze sono letteralmente off limits: le manifestazioni sono concesse solo ai sindacalisti, purché accompagnati fraternamente da spietati plutocrati e vili affaristi riesumati da vite precedenti. La storia è gremita di simboli, ispirati al mondo surreale di Salvador Dalì: quando i Grandi della Terra Piatta si schierano davanti alla Fontana di Trevi, la vasca si trasforma in un lago di sangue dopo che un gabbiano ha aggredito e ucciso una cornacchia, costringendo gli eroi del G20 a pazientare, per avere una foto ricordo meno truculenta.Un vecchio cieco, Omero (nel film, lo stesso Dalì) farnetica, ricordando l’analoga strage che i corvi, quella volta, fecero delle colombe bianche liberate nel cielo del Vaticano al momento dell’elezione del primo Papa cinese della storia, quello che sussurrava – alle bambine svedesi – il segreto della prosperità del pianeta. La pellicola è sovrabbondante di aspetti scientifico-spettacolari, come i test (ministeriali) sul moto oscillatorio dei veicoli della forza pubblica, nell’antica capitale della cristianità. Tra i momenti più visionari spicca il ballo mascherato davanti alla Porta dell’Inferno, un allegro sabba in cui si mescolano virologi e climatologi, travestiti da ballerine in tutù. Sinceri gli applausi della platea, gremita di ex giornalisti, mentre dei politici non c’è più traccia. C’è chi mette in dubbio che siano mai realmente esistiti. Quando a un campione di giovani viene infatti mostrata una foto di John Fitzgerald Kennedy, rispondono prontamente: «Ah, certo: quel simpatico attore di Hollywood».«Il capo dello Stato, Sandro Pertini, ha raggiunto in piazza del Popolo il leader dei portuali triestini, Stefano Puzzer. I due hanno preso un caffè insieme, discutendo su come dare un senso più umano all’esistenza, conciliando diritti e doveri nel rispetto delle leggi e della sensibilità democratica di ciascuno». L’audio è tratto dal film “La libertà è un incubo”, tuttora in lavorazione. Nelle sale, la pellicola potrebbe non uscire mai. Del resto, i cinema sono deserti ormai da secoli: qualsiasi manifestazione di umana socialità, infatti, mina irreparabilmente il protocollo della Sicurezza Universale, valorosamente introdotto nella Repubblica dei Banchi a Rotelle, dove il nuovo Calendario Perpetuo ufficialmente approvato da Zeus in persona – scandito da Ondate e Dosi – ha fortunatamente sostituito l’obsoleto lunario degli antenati, quello in cui ancora comparivano ingenue festività arcaiche come il Natale.