Archivio del Tag ‘Arci’
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Meno democrazia, più diseguaglianze. Così saltiamo in aria
Se vince il Sì, il governo sarà più forte e i cittadini conteranno ancora di meno. Come ha scritto don Ciotti, chi ha voluto questa “nuova” Costituzione vede «la democrazia come un ostacolo», e il bene comune come «una faccenda in cui il popolo non deve immischiarsi». Come siamo arrivati a questo? La risposta, per Tomaso Montanari, è racchiusa in una parola: diseguaglianza. Secondo l’Istat, l’Italia è il paese in cui – tra 1990 e 2010 – la diseguaglianza sociale è aumentata di più. «Succede in tutto l’Occidente: pochi ricchi sono sempre più ricchi, mentre si allarga la fascia degli impoveriti e la classe media non arriva agevolmente alla fine del mese». Anche per Joseph Stiglitz, «la stragrande maggioranza sta soffrendo insieme», mentre l’1% accumula fortune. «Ma quando la diseguaglianza arriva a questi livelli – osserva Montanari – l’establishment ha un problema: la democrazia. Perché in democrazia il voto di un ricco vale quanto quello di un povero». E i ricchi, osserva lo storico britannico Tony Judt, «non vogliono le stesse cose che vogliono i poveri». La cosa più semplice, per il potere? Silenziare il 99%, restringendo la democrazia.«Chi dipende dal posto di lavoro per la propria sussistenza non vuole le stesse cose di chi vive di investimenti e dividendi», scrive Judt in “Guasto è il mondo”. «Chi non ha bisogno di servizi pubblici (perché può comprare trasporti, istruzione e protezione sul mercato privato) non cerca le stesse cose di chi dipende esclusivamente dal settore pubblico». E se i poveri votano tutti insieme, il sistema può essere rovesciato, conclude Montanari, in una riflessione sull’“Huffington Post”. «Fino a un certo punto la soluzione è a portata di mano: incoraggiare l’astensione di massa». Non a caso il messaggio (dalla Thatcher a Blair, a Renzi) è: “non c’è alternativa”. Tradotto: “non votate, tanto è inutile”. Ma, da un certo punto in poi, l’astensione non basta più: «Per tenere il conflitto sociale fuori dai luoghi in cui si decide bisogna separare questi luoghi (il Parlamento e il governo) dal suffragio popolare, dai cittadini. È per questo che non voteremmo più il Senato e i governi delle Provincie, che le leggi di iniziativa popolare sarebbero in balìa della maggioranza parlamentare, che le Regioni verrebbero espropriate di ogni potere reale».In breve, continua Montanari, «se la diseguaglianza è tale da rendere “pericolosa” la democrazia ci sono due soluzioni: diminuire la diseguaglianza, o diminuire la democrazia. Il governo Renzi ha scelto quest’ultima strada». Il progetto di Renzi è chiaro: ridurre la partecipazione per consentire il perdurare della diseguaglianza. «È per questo che Confindustria, Marchionne, Jp Morgan, l’establishment tedesco e in generale il mercato votano Sì», mentre «la Fiom e tutta la Cgil, Libera, l’Arci, l’Anpi e infinite associazioni di cittadini votano No». Le poche riserve del mondo della finanza (per esempio quelle dell’“Economist”) «non vengono certo da un disaccordo politico, ma dal dubbio (fondato) che le riforme siano così mal congegnate che rischiano di dare un potere blindato nelle mani non dell’establishment», ma di un soggetto percepito come non-complice, cioè Grillo. Per Montanari, votare No significa «aver compreso che così non si può andare avanti: se restringiamo ancora la democrazia, invece di ridurre la diseguaglianza, lo schianto sarà ancora più forte».Secondo Montanari, «una vera classe dirigente» dovrebbe capire che, «se vogliamo evitare lo schianto, gli Stati devono ricominciare a esercitare la sovranità». Ovvero: «La libera circolazione delle merci non può continuare a essere l’unico dogma che regge il mondo: se la Cina continuerà a inondare il mondo di prodotti a costo zero (perché frutto di schiavitù di massa) l’Africa non avrà alcuna possibilità di sviluppo, con conseguenze drammatiche sulle migrazioni». E dato che le sfide sono di questa portata, «il Sì è come un’aspirina per uno che ha bisogno di un trapianto: il No vuol dire mettersi in lista per l’operazione». Ancora: «Il Sì è come mettere il dito nel buco della diga: il No vuol dire avviarsi a svuotare il bacino che sta per tracimare». Qualcuno pensa davvero che si possa andare avanti così? Qualcuno sì, e cioè «chi ha qualcosa da difendere», soprattutto «i benestanti anziani, che preferiscono non chiedersi come faranno i loro figli e i loro nipoti a tenere insieme diseguaglianza e democrazia». Magari «pensano che non ci saranno più quando tutto questo salterà in aria».Se vince il Sì, il governo sarà più forte e i cittadini conteranno ancora di meno. Come ha scritto don Ciotti, chi ha voluto questa “nuova” Costituzione vede «la democrazia come un ostacolo», e il bene comune come «una faccenda in cui il popolo non deve immischiarsi». Come siamo arrivati a questo? La risposta, per Tomaso Montanari, è racchiusa in una parola: diseguaglianza. Secondo l’Istat, l’Italia è il paese in cui – tra 1990 e 2010 – la diseguaglianza sociale è aumentata di più. «Succede in tutto l’Occidente: pochi ricchi sono sempre più ricchi, mentre si allarga la fascia degli impoveriti e la classe media non arriva agevolmente alla fine del mese». Anche per Joseph Stiglitz, «la stragrande maggioranza sta soffrendo insieme», mentre l’1% accumula fortune. «Ma quando la diseguaglianza arriva a questi livelli – osserva Montanari – l’establishment ha un problema: la democrazia. Perché in democrazia il voto di un ricco vale quanto quello di un povero». E i ricchi, osserva lo storico britannico Tony Judt, «non vogliono le stesse cose che vogliono i poveri». La cosa più semplice, per il potere? Silenziare il 99%, restringendo la democrazia.
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Un partito nuovo, utile e degno? Ce l’avevamo: era il Pci
Molti ne parlano e ne strillano… Ma sinceramente non vedo molte idee all’orizzonte. Un modo diverso di fare un partito esiste? Sono tutti in crisi. Il vecchio modello di partito non regge più. Con cosa lo sostituiamo? Lasciamo perdere se chiamarlo partito o movimento… Andiamo al sodo. In questo momento esiste un solo modello alternativo, quello di Grillo. Sicuramente è il meglio che si può fare. È stato individuato un sistema per selezionare in modo democratico i candidati, oltre a evitare di inserire gente sotto processo. Ottimo. Questo è il meglio che si può fare adesso. Ma io immagino qualche cosa di più… Il partito del futuro. Come potrebbe essere? Innanzi tutto immagino un partito che sta in mezzo alla gente. Il Pci degli anni ’50 era proprio questo in alcune regioni del centro Italia, che non a caso sono rosse ancora adesso.
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Massacro sociale: ci siamo, l’Italia precipita verso la Grecia
Meno lavoro, meno diritti, meno futuro. Il bilancio per l’Italia del Rapporto sui diritti globali 2012, pubblicato oggi dall’Associazione Società Informazione e promosso da Arci, Cgil e un gruppo di associazioni, è pessimo. «La prima guerra mondiale della finanza ha provocato l’11 Settembre dello Stato sociale e dei diritti», si legge nel Rapporto. La conferma è nei numeri, che raccontano un Paese in cui povertà e disuguaglianze sono in aumento, mentre le voci principali di spesa sociale, tra il 2008 e il 2011, hanno subito tagli complessivi dell’80%. Una tendenza che si aggraverà nel 2013, spiega il Rapporto, che quest’anno si intitola “La Grecia è vicina”. Al centro delle 1300 pagine di questa decima edizione, non poteva che esserci la crisi. Ma se gli Usa hanno provato a dare qualche impulso alla crescita, l’Europa, denuncia il Rapporto, sarebbe tutta concentrata sullo smantellamento dello Stato sociale e dei diritti acquisiti da lavoratori e pensionati.
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No-Tav, diritti in gioco: si scrive val Susa, si legge Italia
E’ necessaria l’alta velocità? Risposta: no. Motivo: la Tav «danneggia l’ambiente, ci sono altre soluzioni alternative». E’ un coro, quello del sondaggio realizzato dal magazine online “Torino Oggi”, instant-poll al quale hanno rapidamente aderito quasi duemila lettori. Il 75% non ha dubbi: la Torino-Lione è un’avventura finanziaria senza senso e un disastro ambientale annunciato, oltre che una tortura per la valle di Susa, che sabato 25 febbraio “risponde” con una manifestazione popolare che si annuncia imponente, con pullman da tutta Italia e adesioni autorevoli, dall’Arci ad Emergency. Antipasto della marcia Bussoleno-Susa, il corteo di Milano che il 18 febbraio ha raccolto oltre tremila persone, invocando “libertà per i No-Tav” arrestati a fine gennaio per resistenza e presunte “lesioni” inferte ai poliziotti. Manette scattate oltre 7 mesi dopo gli scontri del 3 luglio 2011 a Chiomonte.
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Sfascisti codardi e perdenti, non spegnerete la nostra voce
«Hanno violentato la legittima protesta degli “indignati”», scrive Gad Lerner all’indomani del disastro della manifestazione romana del 15 ottobre, nella quale alcune centinaia di teppisti hanno rovinato l’I-Day, il corteo pacifico di duecentomola dimostranti contro la “dittatura” della finanza mondiale che taglia il welfare con la scusa del debito gonfiato dalla speculazione. «Di fronte a quegli scalmanati in nero che hanno umiliato e nascosto le nostre legittime incazzature – rincara la dose Ennio Remondino, valoroso inviato di guerra della Rai – l’espressione più diretta che mi viene sarà forse rozza, ma sincera: bastardi, brutti bastardi. Codardi, aggiungo, col vostro mascherarvi alle spalle di chi quell’enorme corteo pacifico lo stava vivendo come momento di grande democrazia.
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Don Gallo: liberiamo l’Italia dalla casta dei cialtroni
La manovra non fa altro che confermare la strenua difesa della ricchezza senza equità. Ma chi governa non è in grado di trovare un’intesa, ognuno bada a sé, mi risulta che ci siano circa 500 emendamenti proposti dalla maggioranza, roba da denuncia penale. Si vuole distruggere il Paese. E’ il risultato di 20 anni di berlusconismo, menefreghismo, arroganza, fascismo in libera uscita, distruzione della Costituzione. In fondo Berlusconi ha ragione quando dice “non abbiamo messo le mani nelle tasche degli italiani”: in quelle dei ricchi, ovviamente. Come si fa a non ribellarsi di fronte ai 120 miliardi di evasione, a quelli derivanti dai crack finanziari che hanno arricchito i soliti, al lavoro nero che ingoia le zone più depresse, al fatturato delle mafie?
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Sciopero stranieri, adesioni Facebook al 1° marzo in giallo
Sarà una manifestazione in giallo: è quello il colore scelto per la prima “giornata senza migranti”, in programma in Italia per il 1° marzo 2010, in risposta alla francese “Journée sans immigrés: 24h sans nous”. Un centinaio di persone ha partecipato a Milano alla presentazione del “Primo Marzo 2010 – Sciopero degli stranieri”: ispirata e gemellata con l’omologa manifestazione ideata a Parigi, la giornata italiana senza stranieri si propone di far capire cosa succederebbe «se i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia decidessero di incrociare le braccia per un giorno».
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Giustizia per Sankara, l’ultima speranza dell’Africa
Francia e Usa si decidano ad aprire i loro archivi, 22 anni dopo il crimine più infame organizzato in Africa: l’omicidio del presidente Thomas Sankara, eroe nazionale dell’indipendenza del Burkina Faso, la “terra dei puri” liberata dal giogo coloniale e imperialistico, all’epoca in cui ancora si chiamava Alto Volta. Il missionario italiano Alex Zanotelli è fra le personalità che hanno ora sottoscritto il clamoroso appello internazionale per giungere finalmente alla verità (giudiziaria, storica e politica) sulla tragica fine di Sankara e del suo straordinario esperimento di liberazione.
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No al razzismo, l’Italia che rifiuta la guerra agli immigrati
Contro il razzismo e le politiche del governo in materia di immigrazione e sicurezza: una folla di almeno 200.000 persone, secondo gli organizzatori, ha sfilato per le vie del centro di Roma in occasione del corteo organizzato il 17 ottobre da quasi 500 sigle dell’associazionismo e del sindacato, presenti Cgil, Arci, Emergency, Amnesty International, Radicali e Unione degli Studenti. Striscione di testa: “No al razzismo, al reato di clandestinità, al pacchetto sicurezza”.
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“Sporco negro”, aggressione razzista a Roma
Nuova aggressione razzista a Roma, stavolta nel quartiere di Monteverde Nuovo, ai danni di un immigrato africano, di origine congolese, in Italia come rifugiato. L’uomo è stato selvaggiamente picchiato da tre italiani, in via di Donna Olimpia, al grido di «sporco negro, noi facciamo la volontà del governo, dovete tornare a casa vostra». Il fatto è avvenuto nel primo pomeriggio di giovedì, 2 luglio, ma la notizia è stata diffusa soltanto il 5 luglio. L’uomo è stato inseguito, raggiunto e aggredito mentre lavorava, distribuendo volantini pubblicitari nel quartiere. Gli aggressori lo hanno anche derubato dei documenti e del denaro che aveva con sé.
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Migranti: Torino in piazza, dalla parte dei rifugiati
Incontri, convegni, dibattiti. E anche un’iniziativa “a sorpresa”, in piazza Vittorio, che i ragazzi del circolo Arci “Punto G” non intendono anticipare: «Venite in piazza alle ore 19, e vedrete», si limitano ad annunciare, per non svelare nulla della “dimostrazione” che, sabato 20 giugno, chiuderà il programma torinese della “Giornata mondiale del Rifugiato”. L’iniziativa fa seguito alla campagna “Io non respingo”, lanciata durante la visita di Gheddafi in Italia per contestare i “respingimenti” dei migranti a cui, anche secondo l’Onu, spetterebbe il diritto d’asilo, visto che molti di loro sono profughi, in fuga da persecuzioni politiche.
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Io non respingo: no al patto anti-migranti con Gheddafi
Si chiama “Io non respingo” ed è una grande campagna di mobilitazione nazionale per esprimere la propria contrarietà ai respingimenti in atto nelle acque del Mediterraneo, in base al recente accordo Italia-Libia per il controllo dei migranti africani. Organizzata dall’Osservatorio sulle vittime dell’immigrazione “Fortress Europe”, che da anni tiene il conto delle persone scomparse nel tentativo di raggiungere le nostre coste, l’iniziativa scattata il 10 giugno propone decine di eventi in tutta Italia fino al 20 giugno, quando terminerà la visita di Stato del leader libico Gheddafi in Italia.