Archivio del Tag ‘arabi’
-
Da Bin Laden a Vickers, il macellaio della guerra di Obama
Prima regola, le “verità indiscusse”: noi siamo il Bene, loro il Male, ed è bene i media ne prendano nota senza discutere. Seconda regola: pace e ordine mondiale richiedono la presenza militare globale degli Usa. Terza regola: solo un interventismo globale, anche sotto forma di guerra preventiva, può sconfiggere le minacce esistenti. E’ il credo imperiale che Andrew J. Bacevich, già alto ufficiale degli Stati Uniti e ora storico dell’università di Boston, chiama “la Sacra Trinità” sui cui si regge il potere Usa, che da almeno tre decenni, in Medio Oriente, viaggia a fari spenti: «Obama improvvisa, non ha una strategia. Persino nel coinvolgere il Congresso, punta solo a condividere l’impiccio. E non vedo la Siria come una svolta. Penso che ormai sia chiaro, e non da oggi, come la politica americana nel mondo islamico abbia fallito. Intervenire in Siria perpetuerà semplicemente questo fallimento».
-
Grazie a Putin e al Papa, benché meno intelligenti di Letta
Se un dubbio poteva essere rimasto, a dissiparlo ha provveduto il presidente del Consiglio Enrico Letta. Prima ha schierato l’Italia, senza chiedere nemmeno uno straccio di autorizzazione al Parlamento, tra gli otto paesi (altri dieci, tra i venti riuniti a San Pietroburgo, si sono rifiutati) che si candidano a sostenere acriticamente l’azione che Stati Uniti e Francia preparano ai danni della Siria. Poi, con quella sua aria da professorino, concentrato e salvifico, se n’è uscito con una dichiarazione dal grande significato rivelatore: «Una cosa è certa: l’Italia starà sempre dalla parte di chi considera l’utilizzo delle armi chimiche come un crimine contro l’umanità». E meno male, viene da dire. Le altre armi, da quelle all’uranio impoverito alle bombe a grappolo, dai missili “intelligenti” a quelli chirurgici (delle quali i “liberatori” della Siria, gli stessi che hanno recentemente regalato un presente di grande serenità e democrazia a Egitto, Libia e Tunisia, faranno presto largo uso), sono invece equiparabili alle caramelle in vendita nelle bancarelle della festa paesana.
-
Adonis: caro Obama, perché ti sei alleato col demonio?
E’ comprensibile che, per il petrolio, gli Usa difendano alcuni sgradevoli regimi arabi. Ma come possono accettare di scendere in guerra al fianco di dittature brutali e spietate, proprio mentre dichiarano di voler portare pace e democrazia in Siria? «Così facendo – afferma il grande poeta siriano Adonis – l’America apparirà parte del gioco politico, tribale e confessionale in Medio Oriente: complice fondamentale nell’ostacolarne la liberazione, nell’impedire la costruzione di una società moderna, di un uomo moderno, di una cultura moderna». In altre parole, «la più importante forza mondiale verrà considerata come il paese che fonda e difende tirannia e schiavitù, intento a proteggere i regimi che su tirannia e schiavitù si reggono, a cominciare dai regimi arabi islamici: se non ne prendono coscienza, gli Stati Uniti diventeranno uno strumento al servizio dei tiranni in Medio Oriente», dopo che nel 2003 – con la guerra in Iraq contro Saddam – hanno terremotato anche i pochi equilibri che ancora tenevano a bada il fanatismo religioso.
-
Damasco: “Abbattuti missili e un F-22, Usa sotto choc”
Guerra di nervi, guerra diplomatica. Ma soprattutto, per ora, guerra di informazioni non confermate, come la paternità siriana del presunto attacco del 21 agosto con armi chimiche alla periferia di Damasco, oggetto delle indagini Onu. Il falso più evidente: gli Usa pretendono di intervenire militarmente in Siria dopo “due anni di inazione”. E’ vero il contrario: da almeno 15 mesi, gli Usa e i loro alleati stanno già combattendo il regime di Assad, attraverso una sanguinosa guerra segreta, che stanno perdendo. L’intervento aereo servirebbe proprio a invertirne l’esito, fornendo ai guerriglieri – come in Libia – il decisivo vantaggio dell’aviazione. Ma la Siria non è la Libia: è difesa dalla Russia e, in caso di attacco, anche dall’Iran e dalle milizie di Hezbollah al confine tra Libano e Israele. In questo quadro si inserisce la fuga di notizie incontrollate che, alla vigilia del possibile raid, parlano addirittura di prove di guerra aerea già in corso: test cruciali, per sondare le reali capacità siriane di difesa? Fra il 30 e il 31 agosto, Damasco avrebbe addirittura abbattuto un sofisticato caccia F-22 Raptor, nonché quattro missili cruise lanciati subito dopo, forse per rappresaglia.
-
Barnard: la guerra in Siria spiegata alla signora Pina
Prima cosa da capire: nelle forze dei principali Stati coinvolti – cioè Usa, Gran Bretagna, Francia, Russia, paesi del Golfo Persico, Israele, Iran, Libano, Iraq, Turchia e naturalmente Siria – non esistono i “buoni”. Sono tutti – sia che si tratti di forze ufficiali o di ribelli – dei figli di puttana con fiumi di sangue sulla coscienza. Quindi dimentichiamoci che ci sia qualcuno di decente con cui bene o male allearsi. Seconda cosa: tutti i paesi e i popoli musulmani del Medioriente sono caratterizzati da una divisione religiosa fondamentale, assolutamente cruciale. La divisione fra musulmani sunniti e shiiti. I Sunniti odiano gli Shiiti, e vice versa. Sono cane e gatto. In Siria la maggioranza è Sunnita. In Libano sono divisi fra Sunniti e Shiiti. In Iraq uguale. I Paesi del Golfo Persico sono Sunniti. L’Iran è tutto Shiita. In Israele, i palestinesi sono Sunniti.
-
Massimo Fini: l’America ricatta il mondo, rimpiango l’Urss
La politica di potenza imperiale che gli Stati Uniti stanno esercitando a tamburo battente da quando non c’è più il contraltare dell’Unione Sovietica, e hanno quindi le mani libere, si maschera dietro questioni morali. La Siria è un paese che dà fastidio, perché legata all’Iran, che è l’arcinemico, non si capisce poi bene il perché, degli Stati Uniti e di Israele. Tra l’altro non si sa affatto se Assad ha usato armi chimiche, ci sono gli ispettori Onu per questo, o l’Onu non conta nulla? Evidentemente non conta nulla perché quando serve c’è il cappello Onu, se non c’è il cappello Onu si aggredisce lo stesso. Questo è avvenuto in Serbia nel ‘99, in Iraq nel 2003 e in Libia recentemente. Tutte azioni e aggressioni senza nessuna copertura Onu. Si dovrebbe per lo meno aspettare la relazione degli ispettori. C’è un precedente che dovrebbe consigliare prudenza – non dico agli Stati Uniti che non ne hanno, ma ai suoi alleati, ed è quello dell’Iraq – dove sostenevano che Saddam Hussein avesse le armi chimiche, di distruzione di massa, e poi non le aveva. Certo, lo sostenevano perché gliele avevano date loro a suo tempo, gli Stati Uniti, in funzione anti-sciita e anti-curda, però non le aveva più perché le aveva usate ad Halabja, gasando cinquemila curdi.
-
Siria, come regalare il Medio Oriente a sauditi e terroristi
E’ il 1990 quando la giovane kuwaitiana Nayirah racconta di aver aver visto i soldati iracheni «strappare i bambini dalle incubatrici per lasciarli morire sul pavimento». Indignazione mondiale, rafforzata dalla conferma di Amnesty International. Quanto basta a George Bush per scatenare la prima guerra contro Saddam. Poi, a cose fatte, si scopre che quella testimonianza era falsa, inventata di sana pianta: i soldati iracheni non avevano mai allungato le mani sui neonati. Peggio: la giovane “testimone” Nayirah al-Sabah era in realtà la figlia dell’ambasciatore kuwaitiano, e aveva «recitato un pezzo preparato dalla società di comunicazione Hill & Knowlton, ingaggiata dall’emirato per favorire la liberazione del paese». Ancor più celebre, ricorda il condirettore di “Geopolitica”, Daniele Scalea, è il caso delle “armi di distruzione di massa” attribuite all’Iraq, cioè il casus belli la seconda Guerra del Golfo, nel 2003. Un copione che ricorda quello di oggi a Damasco: gli ispettori Onu che non trovano prove di responsabilità e Washington che punta sull’uso unilaterale della forza.
-
Fisk: bugiardi stragisti siamo noi, e il vero bersaglio è l’Iran
«Prima che la più stupida guerra occidentale nella storia del mondo moderno abbia inizio – avverte Robert Fisk – potrebbe essere bene dire che i missili cruise, che fiduciosamente ci attendiamo che si scaglino su una delle città più antiche dell’umanità, non hanno assolutamente nulla a che fare con la Siria: sono destinati a danneggiare l’Iran». Per lo storico inviato britannico, i missili in partenza «sono destinati a colpire la repubblica islamica, ora che ha un nuovo e brillante presidente – a differenza di quel picchiatello di Mahmoud Ahmadinejad – proprio nel momento in cui potrebbe essere appena più stabile». Spiegazione: «L’Iran è il nemico di Israele», quindi è «“naturalmente” nemico dell’America: perciò si sparano i missili contro l’unico alleato arabo dell’Iran». Perché il raid proprio adesso? Perché «lo spietato esercito di Bashar al-Assad potrebbe essere proprio in procinto di vincere contro i ribelli che noi segretamente armiamo».
-
Meyssan: ma gli occidentali sono pronti a colpire Damasco?
Chi ha usato le armi chimiche alla periferia di Damasco il 21 agosto 2013? Riuniti in emergenza all’Onu su richiesta degli occidentali, racconta il giornalista francese Thierry Meyssan, gli ambasciatori sono rimasti sorpresi nel vedere il loro collega russo presentar loro delle foto satellitari che mostrano il tiro di due obici alle ore 01:35 del mattino, dalla zona ribelle di Duma verso le zone ribelli colpite dai gas, cioè Jobar e l’area compresa tra Arbin e Zamalka, in orari coincidenti con la strage. Le foto, aggiunge Meyssan, non ci consentono di sapere se quei cannoni fossero stati dotati di proiettili chimici, ma lasciano pensare che la “Brigata dell’Islam” che occupa Duma abbia preso ben tre piccioni con una fava: rimuovere il sostegno dei suoi rivali in seno all’opposizione, far accusare la Siria di aver fatto ricorso alle armi chimiche e interrompere l’offensiva dell’esercito siriano volta a liberare la capitale.
-
Lavrov: chi teme la pace non esita a uccidere i bambini
Perché proprio adesso la strage con le armi chimiche, che secondo le Ong avrebbe fatto almeno 350 morti – tra cui molti bambini – alla periferia di Damasco? Forse, per sabotare la conferenza di Ginevra in programma tra gli Usa e il principale protettore della Siria, la Russia: conferenza che, ammette il ministro degli esteri di Mosca, Sergej Lavrov, si sarebbe tenuta a settembre, ma ormai sembra destinata ad essere cancellata dal rumore delle armi, dopo che Obama ha dichiarato che il regime di Assad avrebbe “oltrepassato la linea rossa” rappresentata dall’uso di armi di distruzione di massa. Vero? «Non esistono prove». E, mentre Damasco smentisce facendo leva sulla ragione («Non siamo pazzi, abbiamo addosso gli occhi del mondo: come potremmo commettere un autogol simile?»), lo stesso Lavrov precisa un dettaglio che i media occidentali trascurano: anche se Obama sostiene di poter attaccare la Siria senza l’ok delle Nazioni Unite, gli osservatori Onu a Damasco non hanno neppure il mandato per scoprire chi sia stato, davvero, a compiere la strage.
-
Esseri umani, non nemici: rifiutare la disciplina della paura
Io ho paura. Tre parole lapidarie, una confessione. Da quanti sottoscrivibile? Da milioni di persone, probabilmente, terremotate dalla precarietà e dallo spettro della povertà in arrivo, vero e proprio tradimento di decenni di promesse divenute dogma. Milioni di italiani, di spagnoli, di greci, portoghesi, irlandesi. Ma anche francesi, tedeschi, americani, russi, cinesi. Per non parlare degli africani, martiri endemici della paura, e dei loro “colleghi” asiatici, arabi e sudamericani, presi abitualmente a cannonate dalla storia, per secoli. Miliardi di persone. Ora, nel mondo crocifisso dalla globalizzazione, siamo tutti più vicini, o meno lontani: l’Internazionale della Paura. C’è una crescente violenza – subdola, psicologica, intimidatoria – che divora vite umane erodendo giorno per giorno la loro tranquillità, il loro diritto a quella proiezione mentale fisiologica che siamo abituati a chiamare futuro, a volte destinata a tradursi in qualcosa di pratico: mi sono innamorato e dunque mi sposo, compro casa, metto al mondo figli, mi attrezzo per aspirare alla mia ragionevole quota di felicità.
-
Il vero peso dell’Italia, occultato dai padrini dell’euro
Opinion maker come Eugenio Scalfari e Giovanni Floris fanno operazioni di «spudorato terrorismo», perché «spaventavano il pubblico dicendo che, fuori dall’euro, l’Italia avrebbe perso qualsiasi peso economico» e hanno usato espressioni come «finiremmo come il Marocco, o l’Egitto, quei posti lì». Sorvolando sul «retrogusto razzistoide» di frasi di quel genere, che possono far presa «solo su chi ha una totale ignoranza della realtà economica del nostro tempo, e in particolare sul peso specifico del nostro paese nel contesto internazionale», Claudio Martini ricorda che l’Italia «è un paese molto importante, ma sopratutto molto ricco». Peccato che, nell’immaginario collettivo di tanti italiani, il nostro paese resta «una provincia piccola e marginale», che presto sarà «scalzata dalla Thailandia», e che comunque «non può reggere il peso dell’avanzata dei paesi emergenti», quindi deve “fare gruppo” con i cugini europei per resistere alla preoccupante ascesa dei “negri”, membri dell’ex “terzo mondo”. «Corollario: se si esce dall’esclusivo club euro si finisce come il Nord Africa».