Archivio del Tag ‘antrace’
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Sarkozy e la Hathor Pentalpha, superloggia del terrorismo
La lapidazione pubblica di un politico di rango non ha mai un’unica paternità: di solito sono tante le nubi che, a un certo punto, si trasformano in tempesta. E per un ex presidente della Francia, cioè di una delle cinque potenze atomiche con diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il solo fatto di essere trattenuto in stato di fermo in una stazione di polizia, alla stregua di un criminale comune, costituisce l’atto d’inizio – il più eclatante – di una vera e propria demolizione a reti unificate. I giornali parlano di vendetta a distanza da parte degli ex fedelissimi di Gheddafi: prima di essere assassinato “su ordine dei servizi francesi”, il raiss di Tripoli avrebbe finanziato sottobanco, in modo cospicuo, la campagna elettorale di Sarkozy per le presidenziali del 2007 (in cambio di cosa?). Gli italiani ricordano ancora l’irridente impudenza con cui l’allora capo dell’Eliseo, insieme ad Angela Merkel, seppellì in mondovisione il moribondo Berlusconi, incalzato da mille inchieste e travolto dallo scandalo delle “olgettine”. Un sinistro preludio, per l’Italia, all’austerity di lì a poco imposta con il diktat della Bce firmato Draghi e Trichet, corroborato dal crollo delle azioni Mediaset e dall’esplosione pilotata dallo spread. «Gli italiani sono dei bambinoni deficienti, non si sono nemmeno accorti che siamo stati noi a inviargli il “fratello” Mario Monti, il nostro uomo», con l’incarico di sabotare l’economia del Belpaese, precipitandolo nel baratro della crisi: legge Fornero, pareggio di bilancio in Costituzione.Lo dicono, nell’appendice del bestseller “Massoni” (edito da Chiarelettere a fine 2014), quattro pesi massimi della supermassoneria internazionale, protetti dall’anonimato ma «pronti a manifestarsi, nel caso qualcuno ne contestasse le affermazioni». Non ce n’è stato bisogno: Monti, Napolitano e gli altri si sono ben guardati dal chiedere all’autore del saggio, Gioele Magaldi, di rendere pubblica l’identità di quei quattro “vecchi saggi” del massimo potere in vena di rivelazioni. Accanto a un mediorientale e a un asiatico, a parlare sono uno statunitense (che ricorda da vicino lo stratega Zbigniew Brzezinski, da poco scomparso) e un francese, il cui identikit di eminenza grigia potrebbe benissimo corrispondere a quello di Jacques Attali, già plenipotenziario di Mitterrand e poi “padrino” e king-maker di Emmanuel Macron. La tesi del libro, assolutamente dirompente, è stata oscurata dai media mainstream: da decenni, il mondo sarebbe nelle mani di 36 Ur-Lodges, potentissime superlogge massoniche sovranazionali. Dopo l’iniziale dominio delle organizzazioni di ispirazione progressista, dall’era Roosevelt fino ai Kennedy, il potere sarebbe passato all’ala neo-conservatrice (Kissinger, Rockefeller, Rothschild) dopo il duplice omicidio di Bob Kennedy e del “fratello” Martin Luther King.A seguire: una guerra segreta senza risparmio di colpi – da un lato il Cile del massone Pinochet e la Grecia dei colonnelli, ma anche i ripetuti tentativi di golpe in Italia con la complicità della P2 di Gelli, e dall’altro la Rivoluzione dei Garofani in Portogallo scattata non a caso il 25 aprile (del ‘74). Poi, lo sciagurato patto “United Freemanson for Globalization” per spartirsi la torta mondiale sdoganando il neoliberismo. Con in più una scheggia impazzita: la Ur-Lodge “Hathor Pentalpha”, nella quale – secondo Magaldi – figura anche il nome di Sarkozy, accanto a quelli del turco Erdogan, protagonista degli odierni orrori in Medio Oriente, e del britannico Tony Blair, l’indimenticato inventore delle inesistenti “armi di distruzone di massa” di Saddam Hussein, ovvero “la madre di tutte le fake news”. Saddam e la guerra in Iraq, cioè Bush junior, dopo la prima Guerra del Golfo scatenata da Bush senior. Il Rubicone è stato varcato con l’opaco, devastante maxi-attentato dell’11 Settembre (e la conseguente invasione dell’Afghanistan, seguita dalle guerre in Iraq e in Libia, dalla “primavera araba”, dall’atroce conflitto in Siria).Terrorismo “false flag”, sotto falsa bandiera – da Al-Qaeda all’Isis – secondo un copione basato sulla più accurata disinformazione, fotografato alla perfezione dall’immagine di Colin Powell che, alle Nazioni Unite, agita una prova falsa come la celebre “fialetta di antrace” per raccontare che il regime di Baghdad sarebbe pronto a sterminare l’umanità. Non fu solo una drammatica sterzata politica imposta dai “neocon” Usa, sostiene Magaldi: la strategia della tensione internazionale, che produce guerre in Medio Oriente e leggi speciali negli Usa e in Europa per rispondere agli attentati “islamici”, corrisponde alla sanguinosa strategia della “Hathor Pentalpha”, la «loggia del sangue e della vendetta» creata da Bush (padre) dopo la bruciante sconfitta alle primarie repubblicane inflittagli nel 1980 da Ronald Reagan. In questo modo, Magaldi spiega anche i due attentati simmetrici che seguirono, nel 1981: qualcuno sparò a Reagan il 30 marzo, e – per rappresaglia – i sostenitori occulti di Reagan armarono la mano di Ali Agca, che il 13 maggio sparò a Papa Wojtyla, eletto al soglio pontificio con il determinante appoggio di Brzezinski, allora vicino a Bush. Due minacciosi avvertimenti, con firme opposte ma identico stile: né a Washington né a Roma si sparò per uccidere.Fantapolitica? Ne ha tutta l’aria: a patto di rassegnarsi all’idea che sia proprio la geopolitica a esser diventata “fanta”, rendendo possibile l’impensabile. «Dispongo di 6.000 pagine di documenti che comprovano quanto affermato nel mio libro», ribadisce Magaldi, a scanso di equivoci. Il problema? Nessuno, finora, gliene ha chiesto conto: meglio la congiura del silenzio, di fronte a pagine così sconcertanti e imbarazzanti. Le grandi scelte strategiche del pianeta – sottolinea l’autore – sono state messe a punto negli ultimi 30-40 anni da superlogge storicamente neo-aristocratiche come la “Three Eyes” e la “Compass Star-Rose”, insieme alla “Edmund Burke”, alla “Leviathan”, alla “White Eagle”. Sono loro a dominare ministeri, banche, università, istituzioni internazionali finanziarie “paramassoniche” come il Fmi e la Bce. Obiettivo: sdradicare Keynes dalla politica economica dell’Occidente: via il welfare e i diritti del lavoro, guerra alla sinistra sindacale, demonizzazione del debito pubblico, privatizzazione universale, fine dello Stato sociale come garante del benessere diffuso. Svuotare la democrazia, per restituire il potere all’oligarchia – finanza, industria, multinazionali – secondo un modello neo-feudale: solo un’élite “illuminata” ha il diritto di governare il popolo. E la tenebrosa “Hathor Pentalpha”?«Semplicemente, la “Hathor” ha ritenuto che tutto questo non bastasse: il nuovo ordine antidemocratico andava imposto con la guerra e il terrorismo, a partire proprio dall’11 Settembre». Specchietto le allodole, il saudita Osama Bin Laden reclutato dalla Cia in Afghanistan negli anni ‘70, in funzione anti-sovietica. «Bin Laden fu iniziato alla “Three Eyes”: me lo confidò proprio l’uomo che lo affilò, Brzezinski». Lo stesso Brzezinski, aggiunge Magaldi, rimase deluso dalla scelta di Bin Laden di passare poi alla “Hathor Pentalpha”, la superloggia dei Bush. Simboli eloquenti: Hathor è uno dei nomi della dea egizia Iside, cara ai massoni, e il suo nome in inglese è, appunto, Isis. «Anche l’uomo che si fa chiamare Abu Bakr Al-Baghdadi, stranamente rilasciato nel 2009 dal campo di prigionia iracheno nel quale era detenuto, è stato affiliato alla “Hathor Pentalpha”». Al-Baghdadi, il presunto capo del sedicente Isis: organizzazione terroristica che, quando ha perso terreno in Siria sotto il colpi dell’offensiva militare russa, ha cominciato a colpire l’Europa. Charlie Hebdo e Bataclan, Bruxelles, la strage di Nizza. «Tutti attentati spaventosamente stragistici, “firmati” con una simbologia nacosta e nient’affatto islamica, ma saldamente ancorata alle date-simbolo del martirio dei Templari nel 1300».Ne parla nel saggio “Dalla massoneria al terrrorismo” (Revoluzione) l’esperto simbologo Gianfranco Carpeoro, massone come Magaldi, altrettanto critico rispetto al potente mileu “latomistico” globalizzato, pronto anche a fare l’uso più cinico e spregiudicato di vasti settori dei servizi segreti, ridotti a strumenti di una “sovragestione” pericolosa, che sottomette gli Stati (e i governi eletti) ai disegni di una ristretta oligarchia. «Tutto quel sangue, in Europa, è nato da una rottura all’interno dell’ala reazionaria dell’élite supermassonica», ha ripetuto Carpeoro, in trasmissioni web-streaming come quelle di “Border Nights”. Chi ha premuto sul tasto del neo-terrorismo interno – è la sua tesi – l’ha fatto per intimidire quegli elementi che, in seno all’oligarchia, si erano mostrati titubanti di fronte alla “linea dura”, quella delle stragi nelle piazze europee. «E’ in corso un’escalation, prepariamoci al peggio: in Europa potrebbe verificarsi un maxi-attentato come quello dell’11 Settembre». Previsione fortunatamente inesatta: «E’ vero», ammette Carpeoro, «le stragi sono cessate». Ma questo – spiega – dipende dal fatto che, “lassù”, si sono rimessi d’accordo su come agire, a cominciare proprio dalla Francia.Ieri, all’Eliseo c’era Hollande, un politico da intimidire (come socialista ma anche come supermassone “di sinistra”, esponente della Ur-Lodge progressista “Fraternité Verte”), a capo di un establihment incalzato dal “populismo” di Marine Le Pen. Poi invece le elezioni hanno incoronato Macron, «che a differenza di Hollande – sostiene Carpeoro – è espressione diretta di quei circoli, responsabili della “sovragestione”», fino a ieri anche terroristica, all’occorrenza. E’ lo stesso Macron che, a giorni alterni, fa l’amicone dell’Italia, promettendo a Gentiloni – in cambio di cospicue cessioni di italianità – di difendere il Belpaese dai “cattivi” tedeschi. E’ cronaca: soldati italiani spediti in Niger a far la guardia all’uranio per conto dei francesi, voci sul ridisegno delle acque territoriali a favore dei pescatori francesi, vistosa ascesa del management transalpino nel cuore del “made in Italy”. Con Gentiloni e Macron, sostiene Federico Dezzani, l’Italia si auto-declassa al rango di neo-colonia francese, nell’illusione di trovare riparo dal rigore imposto dall’ordoliberismo teutonico. Sta davvero succedendo qualcosa di strano, “lassù”, se un big come Sarkozy finisce sotto interrogatorio in un commissariato di Nanterre? Significa che la superloggia (già terrorista) “Hathor Pentalpha” è in discesa libera, nei piani alti della “sovragestione”? Inutile sperare in spiegazioni esaurienti: il mainstream si limiterà alle fonti giudiziarie sul caso Libiagate, mentre il pubblico assiste alla strana caduta di un ex superpotente come Sarkozy, in una Francia senza più attentati né stragi, dove l’oligarca Jacques Attali ha battezzato il nuovo regno di Macron, l’ex ragazzo prodigio della Banca Rothschild.La lapidazione pubblica di un politico di rango non ha mai un’unica paternità: di solito sono tante le nubi che, a un certo punto, si trasformano in tempesta. E per un ex presidente della Francia, cioè di una delle cinque potenze atomiche con diritto di veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu, il solo fatto di essere trattenuto in stato di fermo in una stazione di polizia, alla stregua di un criminale comune, costituisce l’atto d’inizio – il più eclatante – di una vera e propria demolizione a reti unificate. I giornali parlano di vendetta a distanza da parte degli ex fedelissimi di Gheddafi: prima di essere assassinato “su ordine dei servizi francesi”, il raiss di Tripoli avrebbe finanziato sottobanco, in modo cospicuo, la campagna elettorale di Sarkozy per le presidenziali del 2007 (in cambio di cosa?). Gli italiani ricordano ancora l’irridente impudenza con cui l’allora capo dell’Eliseo, insieme ad Angela Merkel, seppellì in mondovisione il moribondo Berlusconi, incalzato da mille inchieste e travolto dallo scandalo delle “olgettine”. Un sinistro preludio, per l’Italia, all’austerity di lì a poco imposta con il diktat della Bce firmato Draghi e Trichet, corroborato dal crollo delle azioni Mediaset e dall’esplosione pilotata dallo spread. «Gli italiani sono dei bambinoni deficienti, non si sono nemmeno accorti che siamo stati noi a inviargli il “fratello” Mario Monti, il nostro uomo», con l’incarico di sabotare l’economia del Belpaese, precipitandolo nel baratro della crisi: legge Fornero, pareggio di bilancio in Costituzione.
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Addio giornalismo, l’agenda news è redatta da servizi segreti
Cos’è il mainstream? Quando in America si faceva l’esaltazione del giornalismo, il “Quarto Potere” era un’altra cosa. Questa cosa non c’è più. Questo giornalismo non esiste più. È ormai storia. Adesso siamo nella Comunicazione Mondiale Centralizzata. È la fine di un processo. Quello che si vede in superficie sono i proprietari: Murdoch, la “Bbc”, la “Cnn”… questa gente sono i magnati, ma non contano granché. Anche loro sono stati messi sui binari da un sistema centrale unificato della comunicazione, che va al di là dei giornali e delle televisioni che vedete. Siamo in un’altra epoca della storia dell’uomo. L’informazione è unificata. Noi tutti – italiani, francesi, tedeschi – siamo immersi in un flusso informativo che viene deciso da alcuni centri molto limitati di persone, i quali determinano ogni giorno l’agenda del giorno. E tutti coloro che sono dentro questo sistema, e che non lo conoscono, non fanno che seguire più o meno le norme che vengono dettate da qualche parte. E questa “qualche parte” sono i servizi segreti, che si sono organizzati da tempo per gestire questo tipo di informazione e che la determinano.I canali principali sono quelli noti, la “Cnn”, la “Bbc”: queste sono le portaerei, insieme alla “Reuters”, all’“Associated Press”, ovvero l’informazione anglosassone, che determina tutta l’informazione dell’Occidente e gran parte dell’informazione mondiale. Se tu stai dentro a questi binari vai bene. Se vai fuori da questi binari esci dal giornalismo mainstream. Se tu stai dentro tu sei costretto a raccontare bugie. Non c’è via di mezzo, perché loro selezionano i quadri. Io faccio i nomi. Chi è il presidente della Rai? Monica Maggioni (ndr: selezionata per la carica di presidente della Commissione Trilaterale). E per diventare presidente della Rai dovete passare attraverso una serie di prove. Non venite nominati per caso alla testa della più importante compagnia informatrice che influisce su 60 milioni di persone. Pensate che il potere lasci questi posti in mano a chiunque? Non è così, toglietevelo dalla testa. La signora Maggioni viene selezionata, così come quasi tutti i direttori dei più importanti giornali e telegiornali italiani, sulla base del suo fermo e determinato criterio di raccontare ciò che dice il mainstream e basta. Lei sta lì per difendere la porta di ingresso. Si chiama “gatekeeper”.Riguarda tutti i grandi nomi del giornalismo italiano, senza eccezione alcuna. Quasi, perché in qualche caso si può uscire dai binari. Ma solo per un pochino, senza esagerare. Per alcune questioni c’è il tabù assoluto. E questo lo sanno tutti, a memoria, non c’è bisogno che glielo dicano. Dell’11 Settembre non si deve parlare. Nessuno dei giornali del mainstream ne parla. Quelle rare volte che lo fanno – accade nel mio caso specifico, essendomi ingaggiato nella questione senza mezzi termini – ti circondano con 4 o 5 giornalisti, che ti impediscono di parlare o che ti interrompono, a cominciare dal conduttore. Ti fanno parlare così ti possono dire “se ne è parlato”. Soltanto che non se ne è parlato per niente, perché non ti danno modo di parlare. È solo un esempio. Questo è il mainstream. E questo mainstream è potentissimo. È invalicabile. È costruito in modo tale che non se ne possa uscire. Il mainstream è nutrito da una serie di sofisticati meccanismi di condizionamento dell’opinione pubblica. Sofisticatissimi. Ci sono interi edifici che lavorano per nutrire il mainstream di notizie false, o di notizie mezze false, o di notizie false per un terzo, a seconda dei casi. E queste notizie diventano norma.Ormai nel giornalismo contemporaneo non c’è più il criterio della verifica delle notizie. Nessuno dei giornalisti dei più importanti giornali italiani pubblica notizie verificando la fonte. Si prende la fonte che viene fornita dal mainstream. Volete un esempio? La stampa è nemica della pace. Quando, dopo l’11 Settembre, ci fu l’attacco americano contro l’Iraq, che fu preparato con molta precisione dagli uffici di cui vi ho parlato, il segretario di Stato Colin Powell si dirige al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e a un certo punto alza una mano e mostra al mondo intero una fialetta, dicendo: «Abbiamo le prove che Saddam Hussein ha le armi di distruzione di massa». Nessuno dei giornali e delle televisioni italiane verificò quella notizia. E tutti i giornali italiani, all’unanimità assoluta, pubblicarono la fotografia di Colin Powell che alzava la mano, e dissero: «Saddam Hussein ha le armi di distruzione di massa». Qualcuno lo mise anche tra virgolette, ma chi è che legge le virgolette? Soltanto gli specialisti.Tutti hanno letto sulle prime pagine dei giornali l’annuncio dell’invasione, l’annuncio di una guerra che avrebbe ucciso mezzo milione di iracheni. Mezzo milione di uomini e donne, vecchi, bambini sono stati massacrati sulla base di quella fialetta, che a posteriori si è scoperto che era una truffa. Lo capite quello che sto dicendo? È stata fatta una guerra che ha portato all’uccisione di Saddam Hussein, alla distruzione, conquista e colonizzazione di un paese e alla morte di mezzo milione di persone – probabilmente molte di più – sulla base di una menzogna. Ma qui io non me la prendo con chi ha detto la menzogna. Me la prendo con tutti i colleghi che quel giorno, senza verificare nulla – nulla! – accettarono la versione che era stata loro proposta a loro, come a Colin Powell, ironicamente. Perché poi io sono amico di Gorbaciov e un giorno mi raccontò che lui era stato negli Stati Uniti e aveva parlato con Colin Powell. E gli chiese: «Ma che cosa è successo?». È un racconto di Gorbaciov, una rivelazione che non ho mai fatto. Colin Powell si girò, lo guardò in faccia e disse: «Hanno ingannato anche me». Voi capite il giro, vero? E questo è il mondo nel quale voi vivete e del quale voi vi nutrite tutti i giorni.(Giulietto Chiesa, “Il Sistema Centrale Unificato della comunicazione”, da “ByoBlu” del 14 agosto 2017).Cos’è il mainstream? Quando in America si faceva l’esaltazione del giornalismo, il “Quarto Potere” era un’altra cosa. Questa cosa non c’è più. Questo giornalismo non esiste più. È ormai storia. Adesso siamo nella Comunicazione Mondiale Centralizzata. È la fine di un processo. Quello che si vede in superficie sono i proprietari: Murdoch, la “Bbc”, la “Cnn”… questa gente sono i magnati, ma non contano granché. Anche loro sono stati messi sui binari da un sistema centrale unificato della comunicazione, che va al di là dei giornali e delle televisioni che vedete. Siamo in un’altra epoca della storia dell’uomo. L’informazione è unificata. Noi tutti – italiani, francesi, tedeschi – siamo immersi in un flusso informativo che viene deciso da alcuni centri molto limitati di persone, i quali determinano ogni giorno l’agenda del giorno. E tutti coloro che sono dentro questo sistema, e che non lo conoscono, non fanno che seguire più o meno le norme che vengono dettate da qualche parte. E questa “qualche parte” sono i servizi segreti, che si sono organizzati da tempo per gestire questo tipo di informazione e che la determinano.
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Vaiolo e antrace, il Pentagono fabbrica bio-armi in Ucraina
Sono sorti su territorio ucraino tredici laboratori militari americani dediti allo studio e alla produzione di agenti infettivi, vaiolo, antrace, botulino e non si sa cos’altro. Sulla base di un accordo bilaterale firmato nel 2012, la giunta di Kiev, attraverso il ministero della sanità, ha dato questa concessione al Pentagono. Perché i laboratori sono finanziati direttamente dal Pentagono ed occupano solo personale statunitense. La giunta ucraina s’è impegnata a “non interferire” con quel che si fa là dentro. Gli impianti sorgono: ben quattro a Kiev, tre a Lvov, gli altri a Odessa, Vinnitsia, Uzgorod, Kherson, Ternopil. Certo non è un caso se la scorsa primavera l’Ucraina ha conosciuto una stranissima fiammata di botulismo, malattia rara, non spiegabile (se non dall’aver mangiato carne in scatola infetta). Una epidemia che, come si può immaginare, il sistema sanitario ucraino, devastato e corrotto, non è stata in grado di dominare. Gli ospedali non hanno il siero antibotulinico, e non lo hanno dal 2014, da quando Kiev non ha rinnovato la convenzione per produrlo con Mosca. Decine di ucraini sono morti, molti più di quanti ammetta il governo. Migliaia, secondo alcune fonti. Naturalmente il governo ha attribuito la fiammata alla carne in scatola avariata.Nel settembre 2016 una infezione intestinale ignota s’è propagata fulmineamente nella città di Izmail. In 24 ore, oltre 400 bambini (apparentemente i più vulnerabili all’infezione) sono stati ricoverati. La fonte della malattia non è mai stata identificata. Nel 2014, è stata la volta della “peste suina africana”, rarissima se non inesistente alle latitudini ucraine, che ha cominciato a decimare i maiali. Nel 2015, oltre centomila suini hanno dovuto essere abbattuti per tentare di contenere l’epidemia; il virus può sopravvivere nel terreno anche otto mesi. E’ evidente l’utilità di un simile virus come arma biologica: può devastare l’agroeconomia di intere popolazioni. Si è registrata anche un’epidemia di influenza porcina (Hin1) per la quale Kiev ha dovuto acquistare i vaccini da società americane, al costo di 40 milioni di dollari. Mosca e Teheran hanno levato un allarme (inascoltato) sul fatto che simili laboratori siano stati allestiti dagli Usa non solo in Ucraina, ma in Georgia, Kazakhstan, Uzbekistan, Azerbaigian, Armenia. Sono “stoccaggi di agenti patogeni particolarmente pericolosi” fatti a fin di bene, per trovare una cura, dice il Pentagono. «Che non è una associazione di beneficenza», ricorda Igor Nikulin, un esperto che è stato membro della commissione Onu sulle armi biologiche e chimiche in Iraq e Libia.Anche i famosi animalisti ecologisti amanti dell’orso e del lupo dovrebbero protestare. Le armi biologiche uccidono, oltre i non-combattenti, anche “i raccolti, gli animali, infettano l’acqua, il terreno, l’aria”. Secondo gli esperti militari russi e iraniani, la distribuzione dei laboratori bio-militari attraverso il continente eurasiatico permette al Pentagono di raccogliere informazioni sui microrganismi patogeni locali, ciò che è vitale per la creazione di armi biologiche selettive ed altamente efficaci contro russi, iraniani, cinesi. Il motivo per cui il Pentagono ha piazzato tanti laboratori in Ucraina (e presso grandi vie di comunicazione o porti, all’evidente scopo di una rapida evacuazione se le cose andassero male) è che con ciò può aggirare la Convenzione di Ginevra del 1972, che vieta la sperimentazione e lo sviluppo, la produzione e l’immagazzinamento di armi biologiche e chimiche – che il Senato Usa ha ratificato nel 1973.(Maurizio Blondet, estratto dal post “Usa, fabbriche di bio-armi in Ucraina”, dal blog di Blondet del 26 agosto 2017).Sono sorti su territorio ucraino tredici laboratori militari americani dediti allo studio e alla produzione di agenti infettivi, vaiolo, antrace, botulino e non si sa cos’altro. Sulla base di un accordo bilaterale firmato nel 2012, la giunta di Kiev, attraverso il ministero della sanità, ha dato questa concessione al Pentagono. Perché i laboratori sono finanziati direttamente dal Pentagono ed occupano solo personale statunitense. La giunta ucraina s’è impegnata a “non interferire” con quel che si fa là dentro. Gli impianti sorgono: ben quattro a Kiev, tre a Lvov, gli altri a Odessa, Vinnitsia, Uzgorod, Kherson, Ternopil. Certo non è un caso se la scorsa primavera l’Ucraina ha conosciuto una stranissima fiammata di botulismo, malattia rara, non spiegabile (se non dall’aver mangiato carne in scatola infetta). Una epidemia che, come si può immaginare, il sistema sanitario ucraino, devastato e corrotto, non è stata in grado di dominare. Gli ospedali non hanno il siero antibotulinico, e non lo hanno dal 2014, da quando Kiev non ha rinnovato la convenzione per produrlo con Mosca. Decine di ucraini sono morti, molti più di quanti ammetta il governo. Migliaia, secondo alcune fonti. Naturalmente il governo ha attribuito la fiammata alla carne in scatola avariata.
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Trump ha una pistola alla tempia, soccomberà anche lui?
«Qualunque cosa farà Trump sarà sempre un decimo dei danni che avrebbe potuto fare la Clinton», ma il problema ormai è un altro: riuscirà a resistere alle micidiali pressioni cui è già sottoposto dal super-potere che aveva puntato su Hillary? Il neoeletto deve vedersela con il complesso militare-industriale, i neocon, la Cia, il Pentagono: gente che ha liquidato i Kennedy, che ha messo al guinzaglio Obama, che riportò all’ordine persino Bush, lui pure – all’inizio – isolazionalista quanto Trump. Lo scrisse un neocon di razza come Michael Ledeen: «Quando Bush fu eletto, nel 2000, pensava all’America; poi venne l’11 Settembre e da quel momento capì che doveva continuare a occuparsi del mondo intero». Ledeen lo dice chiaramente, facendo capire che furono loro a fargli cambiare idea. «Oggi non serve neppure più eliminare fisicamente un presidente», spiega Massimo Mazzucco: «In genere bastano gli avvertimenti». Come quello, inequivocabile, che un altro neocon come John Bolton, già ambasciatore Usa all’Onu, ha appena rivolto a Trump: il neopresidente, secondo Bolton, dovrà stare in guardia «contro il terrorismo internazionale e anche il terrorismo interno». Nuovo 11 Settembre in arrivo? O basta la semplice minaccia?«Vedremo quanto Trump saprà resistere a questi “avvertimenti” nemmeno troppo velati», dichiara il regista Massimo Mazzucco, autore di importanti documentari sul maxi-attentato del 2001 che ha cambiato la storia del pianeta, proiettando le guerre americane in ogni continente. Intervenendo a “Border Nights”, trasmissione web-radio condotta da Fabio Frabetti, Mazzucco sostiene che l’elevata vocazione “criminale” di Hillary Clinton rivela la vera natura dei poteri che l’hanno sostenuta, gli stessi che oggi già assediano Trump. La vera colpa della Clinton, agli occhi degli elettori che alla fine si sono rassegnati a votare Trump? «Non solo ha usato il server di casa anziché quello del ministero degli esteri, ma ha anche cancellato 30.000 email per sottrarle all’Fbi, salvo poi andare in televisione a dire, mentendo, di aver messo tutte le email a disposizione delle indagini». Da quelle email, hackerate da Wikileaks, emergono retroscena imbarazzanti: milioni di dollari incamerati dalla Fondazione Clinton in cambio di favori a paesi arabi filo-Isis, concessi da Hillary quando era Segretario di Stato, e in più lo scandalo di Bengasi, con l’uccisione dell’ambasciatore americano, cioè dell’uomo che avrebbe potuto provare il traffico di armi che dalla Libia venivano fatte affluire in Siria, sotto copertura Usa, per rovesciare Assad.Bene per noi europei, se ha vinto Trump: in teoria, avremo meno tensioni e meno guerre. A favore del neoeletto depongono alcuni aspetti rilevanti: «E’ l’unico presidente americano, almeno negli ultimi 50 anni, ad aver vinto una campagna elettorale solamente con i suoi soldi», sottolinea Mazzucco. «Ha speso un centesimo, credo, di quello che ha speso la Clinton, e quindi ha vinto meritatamente, per quello che ha detto». Da qui in poi, però, è possibile che accada di tutto: «Temo che Trump sia talmente inesperto da circordarsi di gente dell’establishment». Sta già accadendo: come capo di gabinetto, posizione fondamentale nel governo americano, Trump ha scelto Reince Priebus, cioè il segretario nazionale del partito repubblicano, «lo stesso partito repubblicano che ha cercato in tutti i modi di far fuori Trump e che adesso cerca di controllarlo attraverso la scelta del suo capo di gabinetto». Altra scelta fondamentale, «passata inosservata ma che si dimosterà molto significativa nel corso del tempo», è il vicepresidente che «gli hanno messo di fianco», Mike Pence: «Non è affatto un governatorino di campagna come sembra, tranquillo e tradizionalista». Al contrario: «E’ un forsennato, feroce, fetente neocon della prima ora».Mike Pence, continua Mazzucco, è l’uomo che nel 2001, subito dopo l’11 Settembre, si occupò di inondare i media con la propaganda del caso-antrace, appena due mesi dopo l’attentato alle Torri. Con “lettere all’antrace” venivano minacciati diversi senatori, «stranamente tutti democratici, e stranamente tutti quelli che chiedevano di fare una commissione senatoriale sull’11 Settembre, che poi infatti non si fece». Fu proprio Pence ad alimentare la teoria che quell’antrace venisse da Saddam Hussein, «perché lui era mandato avanti da neocon come Cheney e Rumsfeld, che avevano bisogno di una scusa per portare la guerra in Iraq». E quando l’Fbi, «in uno strano gesto di onestà», dichiarò che l’antrace non veniva dall’Iraq ma era “scappato” da un laboratorio Usa, lo stesso Pence scrisse una lettera aprerta al ministro giustizia di allora, John Ashcroft, dicendo: “Lo sappiamo tutti che l’antrace è di Saddam”. «Questo – dice Mazzucco – dimostra che Mike Pence non è affatto un tranquillo governatore di campagna, è un mastino da guerra dei neocon. E sono convinto che l’abbiamo messo accanto a Trump proprio per cercare di condizionare la sua politica estera».Donald Trump è davvero isolazionista, «ha capito benissimo che il mondo sta in piedi fin che c’è un equilibrio e ognuno si fa gli affari suoi: Russia, Cina e Stati Uniti. Non si può continuare a andare a invadere dappertutto». Ma se Trump si rivelasse “troppo” isolazionista, cioè non-guerrafondaio, «Mike Pence cercherà sicuramente di condizionare la sua politica estera verso una strategia più aggressiva». Mazzucco è convinto che per Trump sarà durissima: «Se si dimostra sordo nel continuare le strategie imperialistiche in Medio Oriente, o gli sucede qualcosa (e diventa presidente Mike Pence), o comunque in qualche modo riusciranno a convincerlo. Un po’ come convinsero Bush nel 2000, che in campagna elettorale – prima dell’11 Settembre – diceva le stesse cose diTrump: smettere di fare “nation building”, cioè conquistare paesi». Oggi, a preoccupare il Deep State sono i rapporti con Putin: la distensione in programma con Mosca è nelle corde di Trump, a partire dalla Siria: la priorità «non è più abbattere Assad, come voleva Obama, ma abbattere l’Isis, in collaborazione con Putin». Glielo lasceranno fare?Quasi a rassicurare una parte di quei poteri-ombra, Trump lascia capire che – in cambio – abbandonerà i palestinesi al loro destino: ha dichiarato che Gerusalemme sarà proprietà esclusiva di Israele e che gli insediamenti nei Territori Occupati non sono un ostacolo per la pace in Medio Oriente. Un’evidente concessione tattica alla lobby israeliana, che è uno dei poteri schierati con Hillary. Trump sta provando a destreggiarsi, ben sapendo che «difficilmente i veri poteri Usa si rassegneranno a perdere l’egemonia completa sul mondo». Se così fosse, c’è già Bolton a ricordargli che dovrà guardarsi anche dal “terrorismo interno”. La questione è della massima serietà e pericolosità, insiste Mazzucco: «Anche Obama, appena eletto, pensava davvero di potersi ritirare dall’Afghanistan». Forse non sapeva ancora che «le decisioni non le prende il presidente». Ogni mattina, alla Casa Bianca, riceve il briefing del capo dell’Fbi, che lo informa di quello che succede all’interno del paese, e quello del capo della Cia, che gli racconta quello che succede nel resto del mondo. «Quindi è chi controlla quei briefing che, in realtà, fa fare le scelte al presidente».«Se vai da Obama e gli dici: guarda che qui, a meno di mettere 30.000 soldati in più, ci portano via tutto, gli oleodotti, le basi che li controllano e anche le coltivazioni di oppio da cui dipende il traffico mondiale di eroina, che avviene sotto il controllo statunitense, è chiaro che ti trovi un Obama che, dopo aver vinto il Premio Nobel, manda 30.000 soldati in più in Afghanistan a combattere». Ma, appunto, «dipende da quello che gli raccontano i veri poteri», cioè il complesso militare-industriale, il Pentagono, la Cia: «Sono loro che cercheranno di condizionare anche Trump». Aggiunge Mazzucco: «Io al posto di Obama avrei preteso le prove di quanto mi veniva detto, ma è anche vero che le prove si fabbricano in fretta: è facile condizionare un presidente». Non ci riuscirono solo in un caso: quello di Kennedy. Fu «l’ultimo, vero presidente della storia americana». E cercò di smantellare la Cia, «proprio perché aveva capito che era diventato un centro di potere molto più forte della presidenza». Kennedy aveva già avviato lo smantellamento dell’intelligence: «Ha iniziato licenziando il capo della Cia, Allen Dulles, per la storia della Baia dei Porci», lo sgangherato piano per rovesciare Fidel Castro con il disastroso tentativo di invasione di Cuba, affidato a mercenari.Come sappiamo, però, Kennedy «non ha fatto in tempo a finire il lavoro: è stato fatto fuori da un’alleanza tra la Cia e la mafia», ovvero: «La Cia l’ha deciso e la mafia ha fatto l’esecuzione». Curiosamente, aggiunge Mazzucco, nel ruolo più importante della Commissione Warren, incaricata delle indagini ufficiali, il nuovo presidente Lyndon Johnson «ha messo proprio Allen Dulles, cioè l’ex direttore della Cia licenziato da Kennedy». A giudicare chi è fosse stato a uccidere Kennedy misero proprio la principale vittima politica di Kennedy, il “pezzo da novanta” che Jfk era riuscito a far fuori durante la sua presidenza. «I due Kennedy sapevano che sarebbero morti, ma decisero di andare fino in fondo». Due casi più unici che rari: «Non credo ci siano state altre persone così testarde, di fronte agli “avvisi” ricevuti». Bush abbandonò il suo isolazionismo, Obama il suo pacifismo. Di che stoffa è fatto Donald Trump lo vedremo solo adesso. «Visti i precedenti, c’è da temere davvero un attentato “false flag”, un grande “avvertimento” al neopresidente che vorrebbe archiviare la guerra». Ottimismo? In una battuta: forse si può davvero “tifare” per Trump, «se non altro perché non gli hanno ancora dato il Nobel per la Pace».«Qualunque cosa farà Trump sarà sempre un decimo dei danni che avrebbe potuto fare la Clinton», ma il problema ormai è un altro: riuscirà a resistere alle micidiali pressioni cui è già sottoposto dal super-potere che aveva puntato su Hillary? Il neoeletto deve vedersela con il complesso militare-industriale, i neocon, la Cia, il Pentagono: gente che ha liquidato i Kennedy, che ha messo al guinzaglio Obama, che riportò all’ordine persino Bush, lui pure – all’inizio – isolazionalista quanto Trump. Lo scrisse un neocon di razza come Michael Ledeen: «Quando Bush fu eletto, nel 2000, pensava all’America; poi venne l’11 Settembre e da quel momento capì che doveva continuare a occuparsi del mondo intero». Ledeen lo dice chiaramente, facendo capire che furono loro a fargli cambiare idea. «Oggi non serve neppure più eliminare fisicamente un presidente», spiega Massimo Mazzucco: «In genere bastano gli avvertimenti». Come quello, inequivocabile, che un altro neocon come John Bolton, già ambasciatore Usa all’Onu, ha appena rivolto a Trump: il neopresidente, secondo Bolton, dovrà stare in guardia «contro il terrorismo internazionale e anche il terrorismo interno». Nuovo 11 Settembre in arrivo? O basta la semplice minaccia?
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Media bugiardi, rottamati dal voto degli americani
Puoi imbrogliare qualcuno una volta, ma non puoi fregare sempre tutti. Un vecchio adagio, su cui ora sorride, imperscrutabile e beffarda, la parrucca dell’impresentabile Donald Trump, incidentalmente eletto presidente degli Stati Uniti d’America proprio il 9 novembre, anniversario del crollo del Muro di Berlino. L’uomo che tra stracciato la terribile Hillary, che ha reso patetica l’ultima recita di Obama, e che – soprattutto – ha smascherato la cialtroneria universale dei media mainstream, dalla “Cnn” al “New York Times”, tutti schierati – in modo plumbeo, come in un regime totalitario – con la signora Clinton. E’ uno smacco che getta nel ridicolo giornalisti, anchorman, editori, analisti, inviati, reporter, celebrati esperti. Tutti fuori strada, disastrosamente. E quasi tutti in palese malafede: hanno finto di non vedere cosa covava nel ventre profondo dell’America. Hanno ignorato le notizie principali: come i sondaggi pro-Hillary ampiamente truccati, secondo le email intercettate da Wikileaks. E le rilevazioni decisive, secondo cui il 70% del campione, sette americani su dieci, non si fida più della narrazione ufficiale, delle grandi testate. Bingo.Anche gli americani, nel loro piccolo, s’incazzano – se continui a raccontare frottole, mentre l’economia va a rotoli e la middle class scivola sempre più in basso. In attesa di vedere come se la caverà Trump, che ha promesso una svolta estremamente impegnativa, ai limiti della fantascienza (nuovo miracolo economico, fine della globalizzazione imperiale), gli elettori non vedevano l’ora, intanto, di punire i super-bugiardi al potere da troppo tempo, da Barack Obama (che nel 2011 raccontò alla nazione e al mondo, senza uno straccio di prova, di aver ucciso Osama Bin Laden) a Hillary Rodham, che voleva insediarsi alla Casa Bianca dopo aver definito il presidente russo “il nuovo Hitler” e aver accumulato, col marito Bill, qualcosa come 230 milioni di dollari in conferenze pagate dai colossi di Wall Street, Goldman Sachs in testa. L’elenco degli sconfitti è sterminato: da George W. Bush, che si è vantato di non appoggiare Trump, all’attore Robert De Niro, che l’ha definito “un cane, un maiale”, candidandosi a “prenderlo a pugni in faccia”.Lo spettacolo è finito, cala il sipario sulla campagna elettorale più “cattiva” della storia americana. Ha vinto Trump, hanno perso i media. Gli stessi che in Francia lavorano per oscurare Marine Le Pen, che in Gran Bretagna hanno presentato la Brexit come l’apocalisse. Gli stessi media che, nel 2013, in Italia davano Grillo al 12%, fino a poche prima che il Movimento 5 Stelle, col 25% del voi, diventasse il primo partito alla Camera. La sensazione è che stia davvero finendo un’epoca, nel cui ultimo frangente il sistema mainstream ha fatto da grancassa anche alla guerra, in tutto il mondo. La catastrofe in Libia, le menzogne sul golpe in Ucraina, le fiabe nere sulla Siria, la vera origine dell’Isis. Zero verità, sui grandi media. Ma i cittadini si sono informati lo stesso, racconta Marcello Foa, grazie a media indipendenti come “InfoWars”. E hanno misurato la distanza tra le breaking news e la verità vera, quella che l’establishment si è rifiutato di raccontare: per questo ora subisce una rottamazione storica, epocale.Fine dalla guerra fredda con la Russia? E’ quello che tutti si augurano, tranne i businessman del Pentagono e della Nato, e che lo stesso Trump lascia intravedere, già dal suo primo discorso da vincitore. Ma, ammesso che sia davvero solido il suo programma geopolitico, bisogna capire se e quanto potrà attuarlo: nel suo staff si è insinuato un super-falco come Michael Ledeen, uno specialista della strategia della tensione, come anche il neo-vicepresidente, Mike Pence, l’uomo che gestì la montatura dell’antrace come falso alibi per poter invadere l’Iraq di Saddam. All’inizio delle primarie, “The Donald” era dato al 6%. «In realtà – svela Gioele Magaldi, autore del libro “Massoni” – è stato segretamente appoggiato dalla super-massoneria progressista per sbarrare la strada al candidato repubblicano più pericoloso, Jeb Bush, esponente della superloggia “Hathor Pentalpha”, implicata negli attentati dell’11 Settembre e nella “fabbricazione” dell’Isis». Trump però è andato molto oltre, sbaragliando anche la Clinton. «Comunque sia – sottolineava lo stesso Magaldi, alla vigilia dell’election-day – l’esito del voto americano non potrà che “svegliare” chi ha dormito per così tanto tempo, gettando finalmente le basi per la rinascita di una autorevole leadership progressista per gli Stati Uniti, assente dalla scena dai tempi dei Kennedy e di Martin Luther King».Puoi imbrogliare qualcuno una volta, ma non puoi fregare sempre tutti. Un vecchio adagio, su cui ora sorride, imperscrutabile e beffarda, la parrucca dell’impresentabile Donald Trump, incidentalmente eletto presidente degli Stati Uniti d’America proprio il 9 novembre, anniversario del crollo del Muro di Berlino. L’uomo che ha stracciato la terribile Hillary, che ha reso patetica l’ultima recita di Obama, e che – soprattutto – ha smascherato la cialtroneria universale dei media mainstream, dalla “Cnn” al “New York Times”, tutti schierati – in modo plumbeo, come in un regime totalitario – con la signora Clinton. E’ uno smacco che getta nel ridicolo giornalisti, anchorman, editori, analisti, inviati, reporter, celebrati esperti. Tutti fuori strada, disastrosamente. E quasi tutti in palese malafede: hanno finto di non vedere cosa covava nel ventre profondo dell’America. Hanno ignorato le notizie principali: come i sondaggi pro-Hillary ampiamente truccati, secondo le email intercettate da Wikileaks. E le rilevazioni decisive, secondo cui il 70% del campione, sette americani su dieci, non si fida più della narrazione ufficiale, delle grandi testate. Bingo.
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Fabbricò l’allarme-antrace, ora Pence controllerà Trump
«Se vincerà la Clinton, il proseguimento delle guerre imperialistiche è garantito già in partenza. Se invece vincesse Trump, si troverà comunque il modo di farle proseguire, con metodi meno leciti ma comunque molto efficaci. Gli unici che non perdono mai le elezioni, in America, sono quelli del complesso militare-industriale». Parola di Massimo Mazzucco, che averte: «I media occidentali sono talmente ingolfati nel seguire l’altalenante vicenda di Donald Trump, che si sono dimenticati di dare un’occhiata da vicino al suo vicepresidente nominato, cioè Mike Pence». Chi è costui? «E’ stato presentato come un politico sempliciotto e di buone maniere, di solide tradizioni repubblicane, messo accanto a Trump per dare più credibilità al ciuffo selvaggio dell’imprenditore newyorkese». Invece, Pence «è molto di più di un semplice politico conservatore». In realtà è «un “attack dog” di primissimo livello dei neocons, mascherato da perbenista praticante». Ricordate la pagliacciata della fialetta all’antrace agitata all’Onu da Colin Powell per fabbricare prove contro Saddam? Era opera sua, di Mike Pence. L’uomo che ora è stato messo “in marcatura” su Trump, nel caso dovesse battere Hillary.Molti ricorderanno i famosi “attacchi all’antrace” che seguirono di un paio di mesi gli attentati alle Torri Gemelle del 2001, scrive Mazzucco su “Luogo Comune”. In quel periodo, diversi esponenti del partito democratico – soprattutto quelli che chiedevano una indagine parlamentare sull’11 Settembre – ricevettero nei loro uffici delle lettere contenenti una strana polverina bianca, che si rivelò poi essere antrace. Mentre a quei democratici «passava immediatamente la voglia di istituire una commissione parlamentare sull’11 Settembre», il panico si diffondeva in tutta l’America, continua Mazzucco, «poiché nel frattempo erano morte diverse persone a causa dell’antrace». E mentre tutti cercavano di capire da dove potesse essere arrivata quella “polvere maledetta”, «fu proprio Mike Pence a guidare la propaganda mediatica che cercava di far ricadere su Saddam Hussein le colpe per la diffusione dell’antrace». Inizialmente, prosegue Mazzucco, Mike Pence diffuse la falsa notizia che quell’antrace fosse stata “geneticamente modificata” (da qualche Stato estero, si supponeva) per renderla più virulenta e resistente alle cure. Poi invece si scoprì che per combattere l’antrace bastava prendere dei normalissimi antibiotici.Quando l’Fbi scoprì finalmente che l’antrace proveniva da un laboratorio interno degli Stati Uniti (e non da una “nazione straniera”), «fu proprio Mike Pence ad andare su tutte le furie, perché gli veniva a mancare un argomento fondamentale per la futura invasione dell’Iraq». In un gesto di rabbia stizzita, scrive Mazzucco, lo stesso Pence scrisse una lettera aperta all’allora ministro di giustizia, John Ashcroft, chiedendo: «Perché mai l’Fbi sembra aver concluso che l’origine di questi attacchi all’antrace sia interna, quando vi sono indizi importanti che suggeriscono una fonte internazionale per questi materiali?». Naturalmente, anche quegli “indizi importanti” si rivelarono inesistenti, e la fonte dell’antrace fu definitivamente confermata essere un laboratorio degli Stati Uniti. «Nel frattempo però Mike Pence aveva svolto egregiamente il suo compito a favore dei neocons, che avrebbero poi approfittato del terreno da lui preparato per mandare all’Onu Colin Powell ad accusare Saddam Hussein con la famosa fialetta di polvere bianca».Oggi, cioè 15 anni dopo, ecco che Pence ricompare. Dove? Accanto a Trump, all’indomani della sua inattesa vittoria alle primarie repubblicane. «Dopo aver provato in tutti i modi a fermarlo, evidentemente, gli stessi repubblicani devono aver pensato che la soluzione migliore, in caso di una sua elezione alla Casa Bianca, fosse di mettergli accanto un personaggio fidato, come appunto Mike Pence», ragiona Mazzucco. Se quindi Donald Trump dovesse vincere, si apriranno due possibili scenari, molto diversi fra loro, ma con un risultato comunque simile: «Nel primo scenario il buon Donald verrebbe docilmente guidato dal silenzioso Pence a continuare la politica espansionistica degli Stati Uniti, esattamente come il buon George Bush venne docilmente guidato dal silenzioso Dick Cheney all’invasione militare di Afghanistan e Iraq, 15 anni fa. Nel secondo scenario, invece, Trump – se non dovesse per caso “recepire” i buoni consigli di Pence – avrà prima o poi un brutto incidente, che lo toglierà di mezzo definitivamente, o che gli impedirà comunque di continuare a fare il presidente. E così, in un caso come nell’altro, saranno stati nuovamente i neocons a riprendere il controllo dell’America».«Se vincerà la Clinton, il proseguimento delle guerre imperialistiche è garantito già in partenza. Se invece vincesse Trump, si troverà comunque il modo di farle proseguire, con metodi meno leciti ma comunque molto efficaci. Gli unici che non perdono mai le elezioni, in America, sono quelli del complesso militare-industriale». Parola di Massimo Mazzucco, che avverte: «I media occidentali sono talmente ingolfati nel seguire l’altalenante vicenda di Donald Trump, che si sono dimenticati di dare un’occhiata da vicino al suo vicepresidente nominato, cioè Mike Pence». Chi è costui? «E’ stato presentato come un politico sempliciotto e di buone maniere, di solide tradizioni repubblicane, messo accanto a Trump per dare più credibilità al ciuffo selvaggio dell’imprenditore newyorkese». Invece, Pence «è molto di più di un semplice politico conservatore». In realtà è «un “attack dog” di primissimo livello dei neocons, mascherato da perbenista praticante». Ricordate la pagliacciata della fialetta all’antrace agitata all’Onu da Colin Powell per fabbricare prove contro Saddam? Era opera sua, di Mike Pence. L’uomo che ora è stato messo “in marcatura” su Trump, nel caso dovesse battere Hillary.
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L’Ebola? E’ un super-virus nato nei laboratori americani
Sarà solo un tragico caso, ma l’esplosione dell’epidemia di Ebola coincide con una serie di ricerche militari. Ricerche in atto negli Usa, in Canada e in Russia, dirette a potenziare il virus per studiare il modo migliore per combatterlo. Dettagli tecnici? Top secret. Ma, nei laboratori, Ebola è stato quasi certamente reso trasmissibile per via aerea e più resistente alle cure, in modo da mettere a punto i farmaci più idonei a contrastarne gli effetti. E il terribile sospetto, scrive Marco Mostallino su “Lettera 43”, è che la sua recente, devastante diffusione sia in qualche modo dovuta a una falla nei sistemi di sicurezza di quei laboratori ad alto rischio. Un terribile sospetto: il virus, negli ultimi mesi, ha infettato in Africa occidentale circa 8.000 persone, provocando il decesso di oltre 3.800 pazienti, con un tasso di mortalità che supera il 46% dei malati. «Il sospetto che siamo alle prese con un super-Ebola, creato dai ricercatori e molto più potente dell’originale, è suffragato dal confronto con il totale di circa 2.500 persone uccise dal virus fino all’anno scorso dal 1976, anno della sua scoperta». Ci sono tre precedenti: nel 1976 in Inghilterra e nel 2004 negli Usa (con due ricercatori contagiati e poi guariti) e, sempre nel 2004, in Russia, quando uno scienziato perse la vita dopo essere stato infettato.Da tempo gli Stati Uniti hanno in corso studi, coordinati dalla difesa e diretti a esplorare tutte le possibilità evolutive della malattia, per anticiparle attraverso la coltura di un super-virus: la prova, scrive Mostallino, si trova in un documento del ministero della salute americano, redatto e diffuso dall’ufficio incaricato di affrontare le emergenze sanitarie. «Si tratta di un protocollo di sicurezza dall’applicazione obbligatoria per tutte quelle istituzioni sanitarie (pubbliche e private) impegnate nella cosiddetta “dual research”, ovvero la ricerca definita “a doppio taglio” perché, spiega il Dipartimento della Salute Usa, può generare risultati “benefici o estremamente dannosi”, secondo l’utilizzo che se ne fa e la maniera di maneggiare le fonti di un possibile contagio». La ragione di queste «prassi da apprendisti stregoni», e di tutte le misure di sicurezza che le accompagnano, secondo “Lettera 43” risiede nel timore degli Stati Uniti di subire attacchi batteriologici a opera di gruppi terroristici appoggiati da scienziati senza scrupoli. Di qui la decisione di «potenziare le capacità di contagio e la resistenza dei virus più pericolosi, in modo da essere pronti a fronteggiare anche le peggiori emergenze».Così si rinforza l’Ebola, ma anche l’aviaria, la peste e l’antrace, insieme al botulino e all’afta epizootica, «un morbo che colpisce gli animali e che, negli anni passati, ha devastato migliaia di allevamenti in Europa». Sempre il documento del governo statunitense indica tutti i tipi di ricerche alle quali i protocolli di massima sicurezza devono essere applicati. «La lista degli esperimenti ad altissimo rischio svolti nei laboratori americani parla da sola», avverte Mostallino. Nell’ordine: accrescimento degli effetti dannosi dell’agente patogeno o della tossina, distruzione delle difese immunitarie, conferimento all’agente o alla tossina di una resistenza alle efficaci profilassi cliniche. Si lavora anche per potenziare la stabilità, la trasmissibilità o lo spargimento dell’agente patogeno, per modificare l’ambiente che ospita l’agente tossico e per potenziare la sensibilità della popolazione alla tossina, quindi si studia come abbattere le difese umane naturali contro la malattia. E infine si parla anche di «generazione o ricostituzione di un agente patogeno o di una tossina ormai eradicata tra quelle della lista al punto precedente», ovvero l’elenco di malattie considerate ad altissimo rischio, tra le quali il governo Usa indica appunto anche l’Ebola.«È un elenco terribile, che non ha bisogno di commenti», rileva Mostallino. «Ma l’ultima prassi contenuta nel punto G, cioè la resurrezione in provetta di un morbo da tempo scomparso ma il cui virus è conservato nei laboratori, è considerata forse la più letale, perché il corpo umano ha ormai perduto le capacità di combattere un virus che non si presenta più da molti anni». Tra le sorprese, si scopre che – in laboratorio – l’Ebola è diventato trasmissibile anche per via aerea, mentre la scienza lo considera trasmissibile solo tramite contatto fisico con pazienti infetti. Eppure, è provato che in due laboratori nordamericani si sia cercato di potenziare la malattia, rendendo il contagio possibile senza contatto fisico: «Si tratta di un’altra prova che per motivi sanitari è stato messo in atto il tentativo di trasformare l’Ebola in un super-virus, capace di diffondersi con estrema facilità». Il primo laboratorio, come spiega l’associazione dei medici canadesi, è il centro studi “Upmc Center for Health Security” di Baltimora, dove gli Stati Uniti studiano i virus e le tossine che, secondo il Dipartimento della Difesa, potrebbero essere utilizzati da gruppi senza scrupoli per attacchi di “bioterrorismo”.L’altro laboratorio si trova in Canada, a Winnipeg, ed è il “National Microbiology Laboratory”, nel quale, secondo la rivista dell’associazione nazionale dei medici canadesi, nel 2012 venne fatta una «intrigante scoperta»: l’Ebola passò da esemplari di suini ad alcune scimmie, senza che queste ultime fossero entrate in contatto fisico coi maiali. Le scimmie – alcuni macachi – si infettarono senza mai toccare sangue, lacrime o sudore dei maiali. Per “Lettera 43” si tratta proprio del tipo di ricerca più pericoloso, quell’arma “a doppio taglio” per la quale il Dipartimento della Salute degli Stati Uniti impone rigidissimi protocolli di sicurezza. Alla base di tanta esasperazione, la paura del “bioterrorismo” che oggi oppone Stati Uniti e Russia: «Entrambi i colossi mondiali, infatti, studiano e potenziano l’Ebola, con l’obiettivo di essere pronti a un eventuale conflitto scatenato dal nemico attraverso il contagio». Insomma, per Mostallino «è in atto una sorta di guerra fredda batteriologica che viene combattuta nei laboratori pubblici e privati, controllati e finanziati dai governi di Washington e Mosca». Dal 2001 a oggi, ovvero dopo il panico scatenato dagli attentati dell’11 Settembre, sempre secondo la rivista dei medici canadesi, gli Stati Uniti hanno speso 79 miliardi di dollari nei programmi di difesa nazionale contro gli attacchi batteriologici. Di questi, ben 26 miliardi sono stati investiti nella specifica ricerca sul potenziamento e il contrasto delle malattie infettive.«L’idea di fondo è dunque quella di creare il super-virus, così da poterlo combattere, prima che sia il nemico a realizzarlo e a utilizzarlo in una azione terroristica o di guerra tra Stati», sintetizza “Lettera 43”. Concreto, quindi, il pericolo denunciato dal dottor Martin Furmanski, un medico statunitense specializzato nella ricerca sulle armi biologiche e batteriologiche: in un recente articolo pubblicato sulla rivista “Bulletin of the Atomic Scientists” dall’eloquente titolo “Rischio di pandemie e fuga dai laboratori: una profezia che si auto-avvera”, lo scienziato spiega che «il rischio di una pandemia provocata dall’uomo e diffusa a causa di una fuga (di agenti patogeni) da un laboratorio non è ipotetico: un caso avvenne nel 1977 proprio perché si pensava che il rischio di una pandemia fosse imminente». Furmanski spiega che si trattava della “influenza umana H1N1”, ovvero di una ripresa della terribile epidemia di influenza “Spagnola” che nel 1918 uccise milioni di persone in tutta Europa. «Il caso più famoso di ritorno del contagio della influenza da “H1N1-A” fu il riemergere della malattia nel maggio del 1977 in Cina e poco tempo dopo in Unione Sovietica» per poi diffondersi nel resto del mondo, soprattutto tra la popolazione giovane, al di sotto dei 20 anni.Racconta ancora lo scienziato: «Una serie di test genetici suggerirono sulle prime che potesse trattarsi di un virus fuggito dai laboratori nel 1949-50» e, anni dopo, «alcune tecniche avanzate di ricerca genetica confermarono l’ipotesi». Insieme a numerosi virologi che studiarono il caso, aggiunge “Lettera 43”, Furmanski oggi sostiene che «ironicamente» l’epidemia fu provocata dalla fuga del virus da un laboratorio americano nel quale si cercava un vaccino per prepararsi a fronteggiare un contagio globale che ancora non c’era, e che fu generato proprio dal tentativo di evitarlo. L’influenza “H1N1” non è il solo caso di epidemia scatenata dagli apprendisti stregoni: lo scienziato cita, tra gli altri, gli 80 casi di vaiolo riscontrati in Gran Bretagna tra il 1963 e il 1978 a causa di tre differenti fughe del virus da altrettanti laboratori nei quali veniva studiato e rafforzato. Oggi gli scienziati ritengono che «se un agente patogeno riappare dopo anni o decenni di assenza, si può ritenere che sia fuggito da un laboratorio nel quale era stato conservato inerte per anni». Che la costruzione di un super-virus dell’Ebola fosse in corso al momento della ricomparsa della malattia, praticamente sparita da anni – conclude Mostallino – è un dato assodato e ammesso dagli stessi laboratori nordamericani, oltre che dal protocollo di sicurezza del governo Usa, il quale mette in guarda contro gli enormi rischi della “dual research”, la ricerca a doppio taglio.Sarà solo un tragico caso, ma l’esplosione dell’epidemia di Ebola coincide con una serie di ricerche militari. Ricerche in atto negli Usa, in Canada e in Russia, dirette a potenziare il virus per studiare il modo migliore per combatterlo. Dettagli tecnici? Top secret. Ma, nei laboratori, Ebola è stato quasi certamente reso trasmissibile per via aerea e più resistente alle cure, in modo da mettere a punto i farmaci più idonei a contrastarne gli effetti. E il terribile sospetto, scrive Marco Mostallino su “Lettera 43”, è che la sua recente, devastante diffusione sia in qualche modo dovuta a una falla nei sistemi di sicurezza di quei laboratori ad alto rischio. Un terribile sospetto: il virus, negli ultimi mesi, ha infettato in Africa occidentale circa 8.000 persone, provocando il decesso di oltre 3.800 pazienti, con un tasso di mortalità che supera il 46% dei malati. «Il sospetto che siamo alle prese con un super-Ebola, creato dai ricercatori e molto più potente dell’originale, è suffragato dal confronto con il totale di circa 2.500 persone uccise dal virus fino all’anno scorso dal 1976, anno della sua scoperta». Ci sono tre precedenti: nel 1976 in Inghilterra e nel 2004 negli Usa (con due ricercatori contagiati e poi guariti) e, sempre nel 2004, in Russia, quando uno scienziato perse la vita dopo essere stato infettato.
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Human Rights Watch: dietro quei terroristi c’era l’Fbi
Musulmani incoraggiati a compiere atti di terrorismo, a volte anche retribuiti. A denunciare l’operato dell’Fbi, la polizia federale americana, è una ong statunitense, “Human Rights Watch”. In un rapporto pubblicato in rete, riferisce “Rai News 24”, l’organizzazione accusa l’Fbi di aver violato la legge e di non aver perseguito le reali minacce. Con la collaborazione dell’Istituto per i diritti umani dell’Università della Colombia, “Human Rights Watch” ha esaminato 27 casi di indagini che sono passate attraverso un processo, intervistando 215 persone, incluse quelle accusate o condannate per atti di terrorismo. «In molti casi il governo, usando i suoi informatori, ha sviluppato falsi complotti terroristici, persuadendo e in alcuni casi facendo pressione su individui, per farli partecipare e fornire risorse per attentati», scrive Hrw. Per l’organizzazione, metà dei casi esaminati fa parte di operazioni portate avanti con l’inganno e nel 30% dei casi un agente sotto copertura ha giocato un ruolo attivo nel complotto.«Agli americani è stato detto che il loro governo veglia sulla loro sicurezza prevenendo e perseguendo il terrorismo all’interno degli Stati Uniti», dice Andrea Prasow, vicedirettore di “Human Rights Watch” a Washington. «Ma se si osserva da vicino, si scopre che molte di queste persone non avrebbero mai commesso crimini se non fossero state incoraggiate da agenti federali, a volte anche pagati». Secondo “Hrw”, l’Fbi spesso individua soggetti vulnerabili, con problemi mentali o dalla scarsa intelligenza, come Rezwan Ferdaus, un 27enne condannato a 17 anni di carcere perché accusato di voler attaccare il Pentagono e il Congresso con piccoli droni carichi di esplosivo, in un falso complotto organizzato dagli stessi agenti americani. Strategia della tensione, dunque, nonostante la prevedibile smentita del ministro della giustizia Eric Holder, cui l’Fbi risponde. Peccato che i media mainstream se ne “accorgano” solo ora, aggiunge Pino Cabras su “Megachip”: all’epoca degli “attentati” di cui si è occupata “Human Rights Watch”, infatti, la Rai e i giornali «ripetevano le veline dell’Fbi: fanno così molto spesso, senza correggersi mai», o comunque fuori tempo massimo.La notizia rende finalmente giustizia ai reporter che fanno «semplice giornalismo d’inchiesta» ma vengono regolarmente tacciati di “complottismo”. Disinformazione criminale, dunque, che ogni giorno “ruba” «un pezzo di libertà, di sovranità», fino ad imporre «lo spionaggio totalitario della Nsa». Attenti, sottolinea Cabras: «Non stiamo parlando di un generico sottofondo di notizie: si tratta dei modi con cui si è lanciato un allarme sicurezza permanente che ha fatto da base giuridica e premessa politica delle guerre di aggressione intraprese dal 2001 in poi, nonché delle leggi che hanno consentito lo spionaggio onnipervasivo e reintrodotto gli arresti extralegali e la tortura». In questo quadro, «emerge chiaramente che il terrorismo in Usa è un’interminabile catena di azioni “false flag” (sotto falsa bandiera), in cui gli attori hanno sempre il fiato sul collo dell’Fbi, che li manipola per i propri fini. Era così già dal primo attentato alle Torri Gemelle di New York, nel 1993, fu così per una parte dei soggetti implicati nei mega-attentati dell’11 settembre 2001, è stato così per Mutanda Bomber e per la maratona di Boston».«L’indagine di Human Rights Watch – continua Cabras – sarebbe già sufficiente da sola per dire che questo è un metodo di governo e che il cosiddetto terrorismo è in prevalenza una forma di manipolazione di massa, coperta da entità statali e usata con l’accordo dei pochi proprietari della quasi totalità dei grandi organi di informazione che sono adibiti a organizzare l’isteria collettiva a comando». Con ogni probabilità, aggiunge l’analista di “Megachip”, la realtà è invece «ancora più vasta e incancrenita», tanto che l’indagine «sarebbe da estendere anche oltre gli Usa (pensiamo agli attentati di Londra del 2005), oltre l’Fbi (pensiamo al terrorismo internazionale segnato e finanziato da un intreccio di servizi segreti di vari paesi), e oltre i piccoli episodi (pensiamo anche all’11 Settembre e all’allarme antrace del 2001)».Musulmani incoraggiati a compiere atti di terrorismo, a volte anche retribuiti. A denunciare l’operato dell’Fbi, la polizia federale americana, è una ong statunitense, “Human Rights Watch”. In un rapporto pubblicato in rete, riferisce “Rai News 24”, l’organizzazione accusa l’Fbi di aver violato la legge e di non aver perseguito le reali minacce. Con la collaborazione dell’Istituto per i diritti umani dell’Università della Colombia, “Human Rights Watch” ha esaminato 27 casi di indagini che sono passate attraverso un processo, intervistando 215 persone, incluse quelle accusate o condannate per atti di terrorismo. «In molti casi il governo, usando i suoi informatori, ha sviluppato falsi complotti terroristici, persuadendo e in alcuni casi facendo pressione su individui, per farli partecipare e fornire risorse per attentati», scrive “Hrw”. Per l’organizzazione, metà dei casi esaminati fa parte di operazioni portate avanti con l’inganno e nel 30% dei casi un agente sotto copertura ha giocato un ruolo attivo nel complotto.