Archivio del Tag ‘Angela Merkel’
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Caccia ai ladri di polli, in un pollaio già venduto alle volpi
Grande scandalo e caccia all’uomo, per i 5 polli (o ladri di polli) che hanno richiesto i mitici 600 euro in aggiunta ai quasi 13.000 dell’emolumento parlamentare, in un’aula dove, appena eletto – ricordano Nicola Bizzi e Marco Della Luna – ogni deputato viene assediato da lobbisti di ogni risma, pronti a strapagarlo sottobanco perché favorisca ogni tipo di business, con leggi e leggine, pareri, emendamenti e “suggerimenti” in sede di commissione. Lo tsunami contro i 5 sconsiderati arraffoni si scatena tempestivamente, alla vigilia di un referendum in cui si vorrebbe dimezzare l’intero pollaio in nome della moralità pubblica, in un paese che non decide più niente ma si limita a ratificare decisioni prese altrove, e dove si impedisce persino all’ultimo baluardo civico rimasto, i Comuni, di avere voce in capitolo su materie come il 5G. Tanto varrebbe abolirlo anche di nome, un Parlamento già soppresso (di fatto) dai signori che hanno imposto a Giuseppe Conte di sprangare l’Italia, riducendola in bolletta. Del resto a che serve, ormai, un’aula sorda e grigia dove la maggioranza silenziosa applaude un governo telecomandato da poteri anti-italiani, e la stessa opposizione non osa contrastarne la traiettoria deliberatamente suicida per il sistema-paese?Contro i cinque impresentabili tuona persino il fantasma di Di Maio, forse in memoria delle sue vite precedenti, mentre a fregarsi le mani sono i soliti sovragestori delle vicende italiane: tanto meglio, per loro, se i rappresentanti del popolo perdono anche l’ultima briciola di onorabilità. Quando il copione fu allestito per la prima volta, all’inizio degli anni Novanta, la criminalizzazione della politica ci sprofondò nelle acque in cui si nuota tuttora, con le buche nelle strade e il bilancio italiano scritto direttamente da Angela Merkel. Un piano perfezionato dalla seconda ondata, quella contro l’inguardabile Berlusconi, che propriziò il colpo mortale all’economia del Belpaese e l’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione, cioè la morte civile dello Stato (inclusi i viadotti che crollano) firmata anche dal giulivo Bersani. Ora a quanto pare siamo all’atto finale: la richiesta, anche formale, di “terminare” l’Italia come potenza industriale e come residuo sistema democratico. Supremi demiurghi dell’illusionismo, i 5 Stelle: strepitarono contro la micro-casta delle auto blu per meglio tacere di fronte alla maxi-casta dell’obbligo vaccinale, fino a estrarre dal cilindro “l’avvocato del popolo”, giunto da lontano sotto mentite spoglie per poi incarcerarlo, il popolo, consegnando la chiave della prigione a menti raffinatissime che non parlano italiano.Il topos umoristico – la volpe a guardia del pollaio – racconta bene gli ultimi tre decenni, dominati da figure sovrastanti come Prodi e Draghi, al servizio dei grandi privatizzatori, fino alla stagione di Grillo e di Colao, della “sindrome cinese” e dei soliti noti che dall’affare-coronavirus pensano di trarre vantaggi definitivi, epocali, in termini di soppressione della sovranità sociale, politica, economica. Quando ancora esistevano i partiti ideologici – quindi, virtualmente, i progetti per il futuro – certo non mancavano i “mariuoli”, ma nemmeno gli statisti. Oggi, le elezioni sono diventate completamente irrilevanti, così come il Parlamento stesso: amputarlo ulteriomente, con il più ipocrita dei referendum (rispamiare due spiccioli per meglio occultare la razzia, la svendita di un intero paese) significa impedire al morto di resuscitare, un giorno, nel caso dovesse ricomparire un brandello di dignità democratica sotto forma di politica. Il popolo delle mascherine correrà in massa a votare per tagliare ulteriormente la rappresentanza, lasciando che siano eletti solo i candidati più lontani dai territori e più fedeli ai leader di cartapesta? Stavolta non servirà nemmeno il quorum, curioso residuato di tempi migliori, in cui il potere politico doveva tener conto almeno degli umori del cosiddetto popolo sovrano.(Giorgio Cattaneo, 12 agosto 2020).Grande scandalo e caccia all’uomo, per i 5 polli (o ladri di polli) che hanno richiesto i mitici 600 euro in aggiunta ai quasi 13.000 dell’emolumento parlamentare, in un’aula dove, appena eletto – ricordano Nicola Bizzi e Marco Della Luna – ogni deputato viene assediato da lobbisti di ogni risma, pronti a strapagarlo sottobanco perché favorisca qualunque tipo di business, con leggi e leggine, pareri, emendamenti e “suggerimenti” in sede di commissione. Lo tsunami contro i 5 sconsiderati arraffoni si scatena tempestivamente, alla vigilia di un referendum in cui si vorrebbe dimezzare l’intero pollaio in nome della moralità pubblica, in un paese che non decide più niente ma si limita a ratificare decisioni prese altrove, e dove si impedisce persino all’ultimo baluardo civico rimasto, i Comuni, di avere voce in capitolo su materie come il 5G. Tanto varrebbe abolirlo anche di nome, un Parlamento già soppresso (di fatto) dai signori che hanno imposto a Giuseppe Conte di sprangare l’Italia, riducendola in bolletta. Del resto a che serve, ormai, un’aula sorda e grigia dove la maggioranza silenziosa applaude un governo telecomandato da poteri anti-italiani, e la stessa opposizione non osa contrastarne la traiettoria deliberatamente suicida per il sistema-paese?
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“Conte lavora in segreto per Trump, che può salvare l’Italia”
Siamo a un bivio storico: la fine del mondo nel quale siamo cresciuti o la resurrezione dell’umanità. L’aspetto più fastidioso è che niente è come sembra, e nessuno è quel che dice di essere. Avete dato a Trump del brutale razzista? Avete capito male: i “buoni” che lo contrastano in nome dei diritti (dei neri, magari) sono gli strumenti principali dell’Asse del Male, travestiti da operatori umanitari. L’altra cosa che molti non hanno ancora compreso è che il coronavirus non è stato un incidente sanitario, ma un progetto terroristico: una drammatica accelerazione per cancellare la democrazia. E persino nella cruciale Italia nessuno gioca a carte scoperte: nemmeno Conte. Sembra un mediocre burattino nelle mani della Merkel e di Macron, deciso a “suicidare” quel che resta del Belpaese: e invece, il devastante lockdown “cinese” che ha messo volutamente in ginocchio l’Italia è servito a rendere evidente il potere abusivo dell’Ue, vero cardine europeo del Nuovo Ordine Mondiale neoliberista, fondato sulla degradazione del cittadino, trasformato in suddito neo-feudale. E’ la tesi sviluppata da Mitt Dolcino sul suo blog, in cui si propone – in parallelo – la suggestiva analisi di Cesare Sacchetti, mutuata dal blog “La Cruna dell’Ago”.Identiche le conclusioni: il mondo è appeso alla rielezione del ruvido Donald Trump, frontman dello schieramento sotterraneo che – giocandosi tutto – oggi si oppone alla logica del dominio schiavistico che starebbe cercando di assestare il colpo di grazia alla popolazione del pianeta, sottomessa al regime psico-terroristico della nuova polizia sanitaria. Mitt Dolcino riprende le parole che Trump ha pronunciato il 6 agosto al Whirlpool Plant dell’Ohio, il vero “swing State” per antonomasia: chi vince in Ohio, poi arriva alla Casa Bianca (o appunto, ci resta). «Ho un sacco di nemici, là fuori», ha detto Trump. «Questa potrebbe essere l’ultima volta che mi vedrete, per un po’». Ha aggiunto: «Ho un sacco di nemici molto, molto ricchi, che non sono contenti di quello che faccio. Ma credo che abbiamo una sola possibilità di farlo, e nessun altro presidente farà quello che faccio io». Altrettanto interessante, segnala Dolcino, è la “lettera all’America” scritta due giorni prima dal generalissimo Michael Flynn, super-consigliere di Trump nel 2016 e prontamente silurato dal Deep State rivale attraverso la montatura del Russiagate.«Stiamo assistendo a un feroce assalto da parte dei nemici di tutto ciò che è buono, e il nostro presidente deve agire in modi senza precedenti da decenni, forse secoli», scrive Flynn: «La natura biblica del bene contro il male non può essere sottovalutata, mentre esaminiamo ciò che sta accadendo nelle strade d’America». Flynn accusa «il marxismo sotto forma di “antifa” e il movimento Black Lives Matter», che contesta in modo eversivo le forze dell’ordine. Per Flynn, «è in gioco il destino degli Stati Uniti», e quindi «il futuro stesso del mondo intero è minacciato». Al di là dei toni apocalittici, Flynn centra il bersaglio vero: il Deep State reazionario non si aspettava di perdere la Casa Bianca, nel 2016, cioè il posto di comando più importante, il controllo della potenza imperiale egemone. Come l’ex primate cattolico Carlo Maria Viganò, autore di una lettera in cui esorta Trump a combattere “le forze le male”, anche Flynn ricorre all’ambientazione simbolica con cui la teologia (cristiana) ha interpretato a modo suo la Bibbia: «Nessun nemico sulla terra è più forte delle forze unite di persone timorate di Dio e amanti della libertà», scrive Flynn.Il generale fa eco al documento indirizzato alla Casa Bianca dall’ex rappresentante vaticano negli Usa, noto esponente del clero più retrivo e tradizionalista, avverso alle libertà sociali e ai diritti civili. «Non possiamo più fingere che queste forze oscure se ne vadano con la sola preghiera». Le preghiere sono importanti, scrive Flynn, ma è necessaria un’azione: «Questa azione – avverte il generale – è necessaria a livello locale, statale e federale», oltre che «in ambito economico, mediatico, clericale ed ecclesiastico». In pratica, si tratta di «affrontare di petto quei “leader” della comunità che sono disposti a consentire alle forze oscure di andare oltre le proteste pacifiche e distruggere e violare la vostra sicurezza e protezione». Non lasciamoci intimidire, esorta Flynn: «Non temiamo coloro che gridano che siamo in minoranza: non lo siamo», aggiunge l’alto ufficiale, sicuro del fatto che «il bene è sempre più potente e prevarrà sul male». Insiste il generale: «L’America non cederà mai al male: gli americani lavorano insieme per risolvere i problemi». E conclude: «Siamo “una nazione sotto Dio” e sono le nostre libertà individuali che ci rendono forti».Cosa sta succedendo? «Da settembre ci sarà il cambio di passo», profetizza Mitt Dolcino. E in questo contesto «i sodali globalisti, quelli che hanno rovinato la vita a molti di voi che leggete, sono terrorizzati: i servizi segreti militari Usa “sono in full power”, ben rappresentati dall’anima del generale Flynn». Probabilmente, aggiunge Dolcino, le due più grandi criticità dei nostri tempi sono l’approssimazione generalizzata, ai vertici, e l’incapacità di accettare la rottura degli schemi. «Il secondo punto è chiaro: la mega-bomba di Beriut dimostra che non c’è più riluttanza nell’usare armi devastanti, atteggiamento che durante la guerra fredda impedì il ricorso all’atomica per paura del fallout nucleare». Il secondo problema è forse anche peggiore: «Consiste nel non avere un piano, nel fare male i “compiti a casa”: lo si è visto coi gialloverdi Salvini e Di Maio, incapaci di affrontare problematiche più grandi di loro».Lo stesso Mitt Dolcino accusa la Fondazione Einaudi – che ha preteso la desecretazione degli atti governativi sul Covid – di essere manovrata da ex ministri come Domenico Siniscalco (Morgan Stanley) e Giulio Terzi di Sant’Agata, fedele a Mario Monti. La zona rossa è stata estesa a tutta l’Italia, aggiunge Dolcino, dopo che a chiedere una “zona rossa economica” – ma solo per il Nord – erano stati il sindaco di Milano, Beppe Sala (Pd) e il presidente lombardo Attilio Fontana (Lega). Una sorta di secessione economica, a cui – secondo Dolcino – il governo Conte avrebbe risposto con il lockdown nazionale (e pure la mano pesante, come monito, contro le rivolte scoppiate nelle carceri. Tradotto: sia pure “costretto” a terrorizzare gli italiani riducendoli in bolletta, “Giuseppi” starebbe facendo il doppio gioco: ha deliberatamente peggiorato la situazione, per costringere anche i ciechi a capire che, con il guinzaglio di questa Ue, il Belpaese non ha scampo. La pensa così anche un osservatore come Alessandro Sieni, traduttore italiano delle suggestioni distillate dalla misteriosa sigla Q-Anon, che allude a una sofisticata operazione dell’intelligence di Trump per smantellare il regime neoliberista con l’aiuto di una parte di Deep State conquistata alla causa democratica.In termini più precisi, il massone progressista Gioele Magaldi mette a fuoco il problema: a battersi contro i grembiulini reazionari, grandi architetti di questa globalizzazione iniqua, è la massoneria “neoaristocratica”, che nel 2016 scelse di appoggiare il massone Donald Trump (né reazionario né progressista, ma disponibile a una battaglia – di portata epocale – per ripristinare la sovranità democratica). Nella sua lettera alla Casa Bianca, monsignor Viganò mostra di non conoscere l’identità massonica di Trump (o di fingere di non conoscerla), accusando “la massoneria” di essere responsabile del grande complotto per instaurare il Nuovo Ordine Mondiale. Una lettura alla quale si attiene lo stesso Sacchetti su “La Cruna dell’Ago”, rifiutandosi di distinguere tra progressisti e reazionari. Sacchetti addirittura si spinge a leggere l’importanza dell’Italia – e del suo ruolo, nella partita in corso – in quanto culla della cristianità, come se non sapesse che il Belpaese (dal Risorgimento all’Unità) è il frutto di un progetto squisitamente libero-muratorio e anticlericale, realizzato da massoni come Garibaldi e Cavour con il sostegno della massoneria proto-europeista che nel Settecento riuscì ad abbattere il dispotismo assolutistico delle monarchie clericali alleate del Vaticano, fondando lo Stato di diritto e la democrazia elettiva basata sul suffragio universale.Comunque sia, la tesi di Dolcino, Sacchetti e Sieni è che l’imbarazzante Conte sarebbe pronto a eseguire gli ordini di Trump, al momento opportuno: quando cioè gli Usa dovessero avvertire che “la ricreazione è finita”, accusando l’Ue di aver condannato l’Italia a questa agonia, dopo aver trasformato l’Europa stessa in un caposaldo mondiale dell’ordoliberismo finanziario, capace di allearsi col peggior Deep State americano (quello travestito da “dem”), a sua volta sintonizzato con il fascio-comunismo cinese, da cui è partita la trappola mondiale del Covid-19. «In autunno, l’Italia e il mondo subiranno un altro attacco da parte del mondialismo, probabilmente definitivo, con l’accelerazione dell’operazione terroristica del coronavirus», scrive Sacchetti. «Si decideranno gli equilibri mondiali da qui ai prossimi decenni: il nuovo ordine mondiale sta per lanciare il suo assalto finale all’Italia e al mondo intero». Per “La Crepa nel Muro”, «l’umanità si trova di fronte ad una battaglia epocale, che deciderà il destino di tutti per i prossimi anni a venire». Se vincerà questo mondialismo, l’uomo per come lo si conosceva sparirà definitivamente: «Non più essere pensante dotato di libero arbitrio, ma uomo-macchina sottoposto all’esecuzione di vaccini e impianti microchip sottocutanei, senza i quali non avrà più facoltà di fare nulla».Se invece vince la resistenza contro il mondialismo, aggiunge Sacchetti, ci sarà spazio per ricominciare a vivere in una società realmente umana, non più fondata sull’odio. «Ora tocca all’America», sintetizza Sacchetti, ricordando che Viganò ha chiesto a Trump di impedire che l’Italia venga divorata definitivamente dal neoliberismo mondialista. «E’ per questo che le élite lo vogliono a tutti i costi fuori dalla Casa Bianca, e lo stesso presidente americano lo ha lasciato chiaramente intendere in un suo recente intervento, nel quale ha detto che i suoi nemici sono potenti e molto ricchi, e che per un po’ potrebbe non farsi vedere pubblicamente». Il presidente degli Stati Uniti – si domanda Sacchetti – ha voluto avvertire che la sua vita è in pericolo? Trump deve quindi proteggersi fisicamente, prima delle elezioni di novembre? «Il Deep State non è certo nuovo a risolvere i suoi “problemi” in questo modo, e a questo proposito basti pensare all’omicidio del presidente Kennedy». Conclude Sacchetti, mescolando politica e religione: «I prossimi mesi decideranno cosa ne sarà dell’umanità. Per ora, solo un fatto appare certo: se la culla del cristianesimo mondiale viene liberata, il nuovo ordine mondiale non potrà sorgere. Adesso, come non mai, è il momento di pregare per Trump e per l’Italia».Siamo a un bivio storico: la fine del mondo nel quale siamo cresciuti o la resurrezione dell’umanità. L’aspetto più fastidioso è che niente è come sembra, e nessuno è quel che dice di essere. Avete dato a Trump del brutale razzista? Avete capito male: i “buoni” che lo contrastano in nome dei diritti (dei neri, magari) sono gli strumenti principali dell’Asse del Male, travestiti da operatori umanitari. L’altra cosa che molti non hanno ancora compreso è che il coronavirus non è stato un incidente sanitario, ma un progetto terroristico: una drammatica accelerazione per cancellare la democrazia. E persino nella cruciale Italia nessuno gioca a carte scoperte: nemmeno Conte. Sembra un mediocre burattino nelle mani della Merkel e di Macron, deciso a “suicidare” quel che resta del Belpaese: e invece, il devastante lockdown “cinese” che ha messo volutamente in ginocchio l’Italia è servito a rendere evidente il potere abusivo dell’Ue, vero cardine europeo del Nuovo Ordine Mondiale neoliberista, fondato sulla degradazione del cittadino, trasformato in suddito neo-feudale. E’ la tesi sviluppata da Mitt Dolcino sul suo blog.”.
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Cremaschi: finiremo come la Grecia, lo dice chi l’ha vissuto
In una intervista all’”Huffington Post”, Yanis Varoufakis smonta il tanto esaltato patto Ue e la retorica della vittoria dell’Italia, che ancora stupidamente l’accompagna. Il punto centrale del giudizio del ministro greco, licenziato perché si opponeva al memorandum che ha poi distrutto la Grecia, è semplicissimo. Il vertice Ue avrebbe dovuto cancellare le politiche di austerità e in primo luogo il patto di stabilità che le impone. Invece quel patto è stato solo sospeso e l’anno prossimo, come annuncia anche il vicepresidente della Commissione Ue Dombrovskis, tornerà in vigore. Paradossalmente proprio quando l’Italia potrebbe ricevere la prima tranche di aiuti e prestiti, tornerebbero in vigore quelle politiche ci hanno costretto a 38 miliardi di tagli sulla sanità. Così noi dovremmo accompagnare la spesa dei soldi che arrivano dalla Ue con la politica di rigore e riduzione del debito, che taglia i servizi e i diritti sociali. Esattamente la condizione della Grecia, che mentre con una mano riceveva prestiti dalla Ue, con l’altra li restituiva con gli interessi a banche e multinazionali, tedesche in primo luogo, tagliando e privatizzando tutto. Né vale la tesi che noi riceveremmo in questo caso anche aiuti a fondo perduto e non solamente prestiti.Intanto perché questi aiuti netti, cioè tenuto conto di ciò che il nostro paese verserà nelle casse Ue per costituire il fondo complessivo, al massimo saranno 25-30 miliardi, scaglionati in 4 o 5 anni. Questi soccorsi risibili, come li definisce Varoufakis, giungono ad un paese che solo quest’anno perderà 200 miliardi di Pil e che in tre decreti ha già speso per l’emergenza sociale 100 miliardi. Quindi pochi soldi che saranno inghiottiti dalle condizioni di rigore cui saremo sottoposti. Non c’è stata nessuna svolta in Europa, né nelle politiche di austerità, né in chi le guida: la Germania. Che avrebbe potuto fermare Rutte con una telefonata, ma che ha scelto di usarlo nella classica scena del poliziotto buono e di quello cattivo. Esattamente come avvenne per la Grecia, ci ricorda Varoufakis, che lo ha vissuto direttamente. Varoufakis è un europeista e spiega che proprio l’europeismo esce sconfitto da un patto che rafforza i nazionalismi, gli egoismi e il potere dell’austerità Ue. Per le stesse ragioni il Parlamento Ue ha quasi bocciato il patto di Bruxelles, lamentando i tagli che lo accompagnano, tagli alla spesa per la sanità, la ricerca, l’agricoltura. E sottolineando che la forte riduzione del peso degli aiuti a fondo perduto, da 500 a 390 miliardi, rischia di comprometterne ogni efficacia.Insomma gli “europeisti onesti”, assenti nel Parlamento e nei mass media italiani, sono i primi a dichiarare che il patto di Bruxelles è una svolta mancata, che dopo la pioggia di un po’ di soldi, tornerà nella Ue ancora più aspra la siccità delle politiche di austerità. Noi non siamo europeisti, ma ai tanti rassegnati o in malafede che ripropongono la solita frase della signora Thatcher – non ci sono alternative – ricordiamo la proposta alternativa dell’europeista Varoufakis. Una proposta elementare: sospendere per sempre il patto di stabilità. E noi aggiungiamo: imporre alla Bce di comprare ancor più e per sempre debito pubblico, come ora fanno tutte le banche centrali del mondo. Su questo terreno ci sarebbe stato lo scontro vero sull’austerità al vertice Ue, ma nessun governo questo scontro lo ha tentato, anzi neppure pensato, a partire da quello italiano. Tutti hanno agito, proposto e litigato nell’ambito dell’agenda che Merkel aveva definito con Macron: aiuti e prestiti una tantum proprio per non toccare nulla dell’impianto e delle regole dell’austerità Ue. Che torneranno subito, con le condizioni cui dovremo sottostare e i controlli che dovremo subire. Intanto però l’Italia sconfitta si atteggia a vincitrice, in attesa che le pressioni per il ricorso al Mes la riportino alla dura realtà.(Giorgio Cremaschi, “Finiremo come la Grecia, lo dice chi l’ha vissuto”, da “Come Don Chisciotte” del 25 luglio 2020).In una intervista all’”Huffington Post”, Yanis Varoufakis smonta il tanto esaltato patto Ue e la retorica della vittoria dell’Italia, che ancora stupidamente l’accompagna. Il punto centrale del giudizio del ministro greco, licenziato perché si opponeva al memorandum che ha poi distrutto la Grecia, è semplicissimo. Il vertice Ue avrebbe dovuto cancellare le politiche di austerità e in primo luogo il patto di stabilità che le impone. Invece quel patto è stato solo sospeso e l’anno prossimo, come annuncia anche il vicepresidente della Commissione Ue Dombrovskis, tornerà in vigore. Paradossalmente proprio quando l’Italia potrebbe ricevere la prima tranche di aiuti e prestiti, tornerebbero in vigore quelle politiche ci hanno costretto a 38 miliardi di tagli sulla sanità. Così noi dovremmo accompagnare la spesa dei soldi che arrivano dalla Ue con la politica di rigore e riduzione del debito, che taglia i servizi e i diritti sociali. Esattamente la condizione della Grecia, che mentre con una mano riceveva prestiti dalla Ue, con l’altra li restituiva con gli interessi a banche e multinazionali, tedesche in primo luogo, tagliando e privatizzando tutto. Né vale la tesi che noi riceveremmo in questo caso anche aiuti a fondo perduto e non solamente prestiti.
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Il silenzio di Mattarella, mentre Conte fa scempio dell’Italia
Chiamiamolo Mutarella, Sergio Mutarella. Unico paese europeo, coi tassi attuali più bassi di ricoverati e deceduti per il virus, l’Italia subisce dal governo in carica un provvedimento che non ha precedenti nella nostra storia repubblicana, nemmeno al tempo più acuto del terrorismo: il prolungamento dello stato d’emergenza. Non pochi costituzionalisti si espongono a dire che è una violazione della Costituzione, un abuso, un’inutile restrizione. Non c’è alcuna ragione sanitaria, confermano i medici e i virologi non allineati al potere politico-sanitario. In caso precipiti la situazione, si proclama lo stato d’emergenza. Ma tanti tacciono. Su tutti, tace lui, il Garante della Repubblica, il Custode della Costituzione, il Capo dello Stato Mattarella. I suoi silenzi sono la vera polizza di sopravvivenza per il governo cialtronesco del nostro paese. Quella polizza lui la firmò quando disse, minacciando non solo grillini e sinistre ma anche berlusconiani e renziani, che se fate cadere Conte non c’è che il voto. Paura, il voto. Allora, la paura del voto si combatte con la paura del virus. Il Parlamento ha così votato con l’emergenza l’autoconservazione del posto per molti di loro; l’annunciato soccorso dei berlusconiani si configura nella stessa specie. Poi c’è l’inefficacia dell’opposizione, l’assenteismo sospetto alla Camera.Ma la cosa più grave è il silenzio della Massima Carica prima che Conte portasse al voto sull’emergenza; il silenzio della Corte Costituzionale, e magari dell’Europa e le sue corti. Mattarella e la presidente della Corte Suprema Cartabia tacciono; sono le Zittelle, e non nel senso del romanzo di Tommaso Landolfi. Ma tutti stanno zitti se non dice nulla lui, il Presidente, che è anche un giurista. E il Presidente lascia che un improvvisato premier, dal curriculum taroccato, mai eletto in Parlamento e in altra assemblea elettiva, mai annoverato tra i tecnici e le risorse della Repubblica, che ha guidato due governi opposti, che porta a profitto individuale una tragedia nazionale, che governa a colpi di decreti, vanterie e conferenze stampa one-man-show, possa impunemente ridurre in cattività un paese, mettere sotto tutela la Democrazia e la Libertà, violare i diritti (altro che Orban) e firmarsi una proroga allo sfratto da Palazzo Chigi. Perché altra ragione non c’è all’emergenza, che tende a farsi stato d’eccezione, anticamera delle dittature. E se viene proclamato quando non c’è virulenza epidemica, figuriamoci cosa accadrà quando ci sarà davvero qualche avvisaglia.Non dite che lui magari dispone di informazioni a noi ignote; perché quei dati allarmanti non li hanno nemmeno Merkel e Macron, se non hanno proclamato lo stato d’emergenza, figuriamoci se ce li ha solo lui. La sua è una dittatura temperata dalla cialtroneria, finalizzata a conservarsi il posto più che a stravolgere il paese. Ma è una dittatura strisciante, come si dice dei vermi e delle forme implicite. Il silenzio di Mattarella è davvero assordante. È il silenzio sull’indecente gazzarra della magistratura e del Csm; il silenzio sullo scempio scolastico, unico paese in Europa a chiudere per primi e a non aprire ancora le scuola; il silenzio sugli sbarchi di clandestini, e di infetti, con cui saltano tutti i rigori invece pretesi per gli italiani. È il silenzio sul Parlamento esautorato a lungo, e a lungo oltraggiato, silenzio sulle esternazioni debordanti del premier o davanti a decreti che gridano vendetta davanti a Dio e alla Costituzione, alla logica e alla grammatica. Lui si palesa solo per premiare scrittori negazionisti delle foibe, per celebrare quasi ogni giorno la Shoah e magari qualche strage su cui si può imbastire la solita lettura.Qualcuno dice: ma lui è sobrio e taciturno, è siculo, non esterna, fa le cose nell’ombra, al riparo dalla ribalta. Vorrei crederci, me lo auguro, ma quando poi vedi che nulla cambia e nulla succede, quando vedi che Conte annuncia di voler prolungare l’emergenza e nessuno lo ferma, lui va in Parlamento e chiede il voto, allora hai l’impressione che la moral suasion di Mattarella, le sue pressioni sotterranee o sottocutanee siano inefficaci o addirittura inesistenti. Ci stiamo avvicinando alla sua scadenza al Quirinale e ci auguriamo che non gli rinnovino il mandato; ma quando si sentono i nomi alternativi, le manovre in corso, e il vuoto spinto del centro-destra sui nomi e le strategie, capisci che accadrà quel che accade ormai da decenni: sarà eletto un Presidente voluto dalla sinistra, non super partes; non un PdR ma un Pd, o paraggi. Diciamo un Pd filo-grillino, magari frutto di un patto obliquo con Berlusconi.Negli ultimi cinquant’anni è andata così: gli unici due presidenti che non obbedivano al coro guidato dalla sinistra, vale a dire Giovanni Leone e Francesco Cossiga, sono stati massacrati con un linciaggio mediatico-politico-giudiziario. Tutti gli altri, compreso il Presidente bigotto che veniva dalla Dc più conservatrice, Oscar Luigi Scalfaro, sono stati dalla parte opposta e non per la sola messaggeria istituzionale: hanno operato e manovrato in quella direzione, pilotando la nostra democrazia e i verdetti elettorali. Sandro Pertini fu più vicino ai comunisti che agli stessi socialisti da cui proveniva; Ciampi, almeno, fu corretto e infatti con lui un governo di centro-destra non fu rovesciato per ben cinque anni. Poi venne il gran manovratore Giorgio Napolitano e il gran silenziatore Mattarella. Il Quirinale è appannaggio della sinistra & C. Ed essendo la prima carica dello Stato, diventa il parametro per tutte le cariche decisive e l’arbitro di tutte le operazioni politiche e trame istituzionali. Infatti sono anni che il Pd perde le elezioni ma poi vince il governo, da un decennio c’è sempre un ribaltone e dopo un giro ce lo ritroviamo lì, al potere. Nel momento più difficile della nostra repubblica, al Quirinale hanno tolto il sonoro, ed è comparso Mutarella.(Marcello Veneziani, “Muratella”, da “La Verità” del 31 luglio 2020).Chiamiamolo Mutarella, Sergio Mutarella. Unico paese europeo, coi tassi attuali più bassi di ricoverati e deceduti per il virus, l’Italia subisce dal governo in carica un provvedimento che non ha precedenti nella nostra storia repubblicana, nemmeno al tempo più acuto del terrorismo: il prolungamento dello stato d’emergenza. Non pochi costituzionalisti si espongono a dire che è una violazione della Costituzione, un abuso, un’inutile restrizione. Non c’è alcuna ragione sanitaria, confermano i medici e i virologi non allineati al potere politico-sanitario. In caso precipiti la situazione, si proclama lo stato d’emergenza. Ma tanti tacciono. Su tutti, tace lui, il Garante della Repubblica, il Custode della Costituzione, il Capo dello Stato Mattarella. I suoi silenzi sono la vera polizza di sopravvivenza per il governo cialtronesco del nostro paese. Quella polizza lui la firmò quando disse, minacciando non solo grillini e sinistre ma anche berlusconiani e renziani, che se fate cadere Conte non c’è che il voto. Paura, il voto. Allora, la paura del voto si combatte con la paura del virus. Il Parlamento ha così votato con l’emergenza l’autoconservazione del posto per molti di loro; l’annunciato soccorso dei berlusconiani si configura nella stessa specie. Poi c’è l’inefficacia dell’opposizione, l’assenteismo sospetto alla Camera.
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Dylan, Draghi e l’inferno Covid. Magaldi: presto la verità
«Forse gli italiani se lo meritano, un governo che li chiude in casa per un allarme gonfiato, poi li rovina economicamente lasciandoli senza soldi e li prende in giro fino alla fine, con promesse favolose, fino al miracolo (inesistente) dei mitici aiuti dell’Unione Europea: poche briciole che costeranno un prezzo salatissimo, e che arriveranno – forse – tra un anno, a piccole rate, quando ormai il peggio ci sarà crollato addosso, a partire dalle prossime settimane». Tanta amarezza, da parte di Gioele Magaldi, viene dall’impietosa fotografia degli ultimi mesi, che si prolunga nel cuore dell’estate: «Vedo ancora in giro gente con indosso la mascherina: c’è chi se la mette per passeggiare all’aperto, e chi la tiene sul viso mentre guida l’auto, da solo». Follia? E’ il risultato della micidiale manipolazione messa in atto, a tambur battente, dallo scorso febbraio. La paura di un virus ormai spento e debellato dai medici con terapie efficaci, ma tuttora presentato come minaccia invincibile. «C’è chi insiste nell’evocare “seconde ondate”, anche se persino il telegiornale di “Sky” ha ammesso che l’epidemia è praticamente finita». Gli italiani? «In maggioranza, hanno accettato di subire restrizioni spesso assurde, non motivate da alcuna ragione medica».
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Della Luna: Conte e i frugali, una recita penosa. Ciao Italia
Nel Risorgimento l’unificazione d’Italia fu un progetto franco-britannico in funzione anti-germanica, coperto con ideali fabbricati privi di riscontro nei popoli coinvolti, giustificato e portato avanti da un clero intellettuale massonico-progressista. Questo progetto ha prodotto l’Italia, un organismo politico artificioso, fallimentare a causa della sua composizione, con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto impoverimento e violenze, dapprima, ai danni del Meridione, e poi una meridionalizzazione africaneggiante dello Stato e della politica ai danni del Settentrione. Simile per concetto e per effetti è il progetto dell’unificazione europea: creare un blocco in funzione di contenimento dell’Urss-Russia al servizio degli Usa, guidato dalla Franco-Germania, mettendo questa in condizioni di rastrellare le risorse dai paesi subalterni; il tutto ammantato da ideali fasulli, propagandati da un clero mercenario pseudo-intellettuale, massonico-progressista. Anche questo progetto ha prodotto un organismo artificiale, fallimentare a causa della sua composizione con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto e produce impoverimento e violenze, per ora ai danni dei paesi meridionali e a vantaggio di quelli egemoni del Nord.Nella corrente trattativa per i soccorsi all’Italia e ad altri paesi molto danneggiati dalla gestione della pandemia, vediamo Mark Rutte fare il poliziotto cattivo per consentire alla Merkel con Macron di fare il poliziotto buono – ma il disegno non è cambiato, è sempre quello predatore-accentratore sopra indicato, del famoso Piano Funk, ratio essendi della ‘costruzione europea’. Sarebbe una buona cosa se le condizioni richieste dai paesi rigoristi all’Italia per concederle prestiti e aiuti fossero condizioni idonee ad assicurare un uso produttivo, anziché partitico-clientelare-assistenziale-elettorale, di quei soldi, inclusa l’abolizione del demenziale reddito di cittadinanza, della moralmente giusta ma insostenibile Quota 100, dei criminali sprechi per i clandestini. Ma quelle condizioni paiono essere grecificanti: tagli agli investimenti, tasse più alte, servizi peggiori – quindi un colpo alla domanda interna per distruggere del tutto l’economia, e un colpo alle possibilità di aumento della produttività, per relegare l’Italia al ruolo di protettorato.Si auspica il compromesso, che può essere nei seguenti termini: i paesi virtuosi concedono a Conte e ai suoi una certa quantità di soldi da spendere in funzione elettorale, così da farlo restare in sella; e in cambio Conte accetta di aprire un pertugio per una futura Trojka e si accontenta di aiuti che la gente senta come già acquisiti, ma che saranno concretamente disponibili tra due o tre anni (tra allocazione europea e spendita in Italia passano anni, per ragioni tecnico-burocratiche). Vi è chi ipotizza, in caso di mancato accordo, la sostituzione di Conte con Draghi e il supporto di Berlusconi (reso pro-Mes e pro-Eu dalla speme di sentenze propizie contro Vivendi e dall’ottenuto permesso di acquisire il 15% di ProSiebenSat1, così da divenirne il primo azionista e da inserirla nel suo Media to Europe). Così acconciamente rilegittimato, il regime potrà evitare le elezioni (magari anche quelle amministrative di settembre, importando immigrati contagiatori e lasciandoli evadere dalla quarantena così da giustificare un nuovo lockdown) e completare la riforma in senso autoritario ed esterocratico dello Stato-protettorato italia (la minuscola è intenzionale).Un governo italiano culturalmente onesto e politicamente leale al paese chiamerebbe il bluff austro-olandese, spiegando che non ha senso ragionare in termini di risparmio di moneta, dato che la moneta oggi è creata a costo zero, essendo simbolica e non convertibile, e non costituendo obbligazione. E’ invece necessario usarla in modi validi, produttivi, al fine di prevenire inflazione monetaria e il diffondersi del parassitismo. Allora, se i virtuosi, ossia i ciarlatani economici, si incaponiscono sulle loro posizioni (in realtà, perché vogliono mettere l’Italia in ginocchio per costringerla a svendere i suoi ‘pezzi’ migliori ai loro ‘investitori’), nessun problema: l’Italia può, entro i vigenti trattati, generare moneta interna statale a costo zero, e smascherare così, assieme ai ciarlatani del risparmio, tutto il bluff delle regole finanziarie europee, del Mes, dei vincoli, del 3%, rendendo evidente la finzione criminale applicata dall’Unione alla Grecia a tutela dei banksters, con tutte le migliaia di morti che ha causato. E che causerà anche all’Italia. Altro che solidarietà europea: genocidio.(Marco Della Luna, “Il bluff genocida dei frugali”, dal blog di Della Luna del 20 luglio 2020).Nel Risorgimento l’unificazione d’Italia fu un progetto franco-britannico in funzione anti-germanica, coperto con ideali fabbricati privi di riscontro nei popoli coinvolti, giustificato e portato avanti da un clero intellettuale massonico-progressista. Questo progetto ha prodotto l’Italia, un organismo politico artificioso, fallimentare a causa della sua composizione, con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto impoverimento e violenze, dapprima, ai danni del Meridione, e poi una meridionalizzazione africaneggiante dello Stato e della politica ai danni del Settentrione. Simile per concetto e per effetti è il progetto dell’unificazione europea: creare un blocco in funzione di contenimento dell’Urss-Russia al servizio degli Usa, guidato dalla Franco-Germania, mettendo questa in condizioni di rastrellare le risorse dai paesi subalterni; il tutto ammantato da ideali fasulli, propagandati da un clero mercenario pseudo-intellettuale, massonico-progressista. Anche questo progetto ha prodotto un organismo artificiale, fallimentare a causa della sua composizione con parti non adatte a stare insieme per loro caratteristiche storiche consolidate, che perciò ha prodotto e produce impoverimento e violenze, per ora ai danni dei paesi meridionali e a vantaggio di quelli egemoni del Nord.
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Recovery, cioè super-rigore: d’ora in poi ci governa Berlino
Come sarebbe andata a finire lo si poteva capire già nella notte di domenica, quando Giuseppe Conte, rivolgendosi all’olandese Mark Rutte, ha detto: «Il mio paese ha una sua dignità. C’è un limite che non va superato», aggiungendo il dubbio che «si voglia piegare il braccio a un paese perché non possa usare i fondi». In quel momento è stato inevitabile ripensare ad Alexis Tsipras, in un’altra notte di luglio, quella del 2015, che nella stessa sede (solo qualche faccia diversa) si era alzato togliendosi la giacca per porgerla alla Merkel sbottando: «A questo punto, prendetevi anche questa…». Poi, com’è noto, la Troika si precipitò rapace su Atene, assumendone il pieno controllo e dando il via al saccheggio di tutto quel che di pubblico poteva essere svenduto (porti, aeroporti, centrali, ecc), tagliato (salari, sanità e pensioni), impegnato. All’Italia di Conte è andata leggerissimamente meglio, in apparenza, visto il diverso peso economico in Europa – terza economia dell’Unione – che renderebbe il tracollo senza freni di questo Paese un detonatore devastante per tutti, più della pandemia. Ma per separare con chiarezza la realtà di quanto “concordato” dalla “narrazione” che ne viene fatta già a botta calda, sarà bene vedere i singoli punti del compromesso finale, firmato alle 5.32 del mattino, al quinto giorno di un vertice che doveva durarne due.Il “successo” della Ue sta solo nel fatto che ne sia stato firmato uno, cosa che ad un certo punto sembrava persino improbabile. Ma nessuno dei 27 leaderini spaventati e feroci poteva tornare a casa senza questo risultato. Avrebbe significato la fine di un sistema di trattati e istituzioni, sanzionato pesantemente dai “mercati” e quindi un moltiplicatore degli effetti negativi della pandemia che avrebbe alla fine travolto anche chi si sente meno esposto. Qui si consuma tutta la “vittoria” del povero Conte. Alla fine viene confermata la cifra di 750 miliardi complessivi, 390 dei quali in “trasferimenti” (dovevano essere 500, definiti impropriamente “a fondo perduto”) e 360 in normali prestiti (e relativo aumento del debito pubblico). Per l’Italia, viene detto con grande enfasi su tutti i canali, c’è addirittura una cifra superiore alle attese, almeno sul piano astratto: 209 miliardi, invece degli originari 170, anche se con una ripartizione parecchio diversa tra trasferimenti (grants, 81 miliardi) e prestiti (loans, 127). La differenza è quasi 38 miliardi, ossia quelli ottenibili con il famigerato Mes, ma con condizioni pressoché identiche, se non anche peggiori (lo sapremo da un esame più dettagliato).Da dove vengono fuori questi soldi, lo abbiamo spiegato molte volte e dunque non ci dilunghiamo nei dettagli. Vengono reperiti sui mercati tramite “titoli europei”, garantiti dai singoli Stati pro quota, in percentuale sul Pil. In questo senso, si tratta di una “condivisione del debito” una tantum, limitatamente a questo episodio che si vorrebbe irripetibile. Dunque neanche la parte “a fondo perduto” è fatta di “soldi regalati”. Anzi, si tratta di “soldi nostri” che possono essere spesi solo col permesso altrui e secondo “direttive” che, come quasi sempre, ci massacrano come popolazione. Ogni paese dovrà versare la sua parte – sotto forma di interessi sul debito comune, e il normale rimborso a scadenza dei titoli, quindi nel futuro più o meno lontano – e ricevere una percentuale leggermente diversa a seconda della gravità dei danni ricevuti dalla pandemia. Su questa parte, dicevamo altrove, va fatto il calcolo del dare e dell’avere, e vedere se c’è una differenza positiva oppure no. Non c’è, già secondo il meccanismo originariamente proposto da Merkel, Macron e von der Leyen. Vedremo il quanto non appena avremo fatto i calcoli con la versione appena firmata. Il vero cuore del lunghissimo conflitto è stato su questo punto, in tutta evidenza politico.Nessuno contestava la necessità di un “intervento straordinario”, visto che tutti i paesi sono stati duramente colpiti dalla crisi. Ma tutti capivano che questa era una straordinaria occasione per riscrivere le gerarchie dei poteri fra i 27 e dentro le istituzioni comunitarie, stabilendo con chiarezza definitiva chi comanda e chi si impoverisce. Che l’Unione Europea sia soltanto un ring dove partner teorici si scambiano calci sotto la sedia, sgambetti, agguati dietro ogni angolo, per guadagnarci a scapito degli altri (in una “economia chiusa”, almeno in parte, il gioco è sempre a somma zero), lo abbiamo spiegato spesso. Ma ora si è visto con chiarezza. Per quattro lunghi giorni che hanno messo “europeisti” media mainstream in fortissimo imbarazzo. Il nocciolo dello scontro, come riferito con disarmante sconforto da ogni inviato a Bruxelles, riguardava il “potere di veto” preteso dall’olandese Mark Rutte su ogni tranche di erogazione del fondo ad ogni singolo paese (ma in primo luogo all’Italia, eletta a “sorvegliato speciale”, e non da ora).Un meccanismo folle – uno qualsiasi dei 27 avrebbe potuto bloccare tutto in ogni momento, in un infermo di veti incrociati e prevedibili ritorsioni che avrebbe significato la paralisi del Recovery Fund e della stessa Ue – che metteva in discussione le stesse istituzioni comunitarie create per questo (Commissione Europea, Eurogruppo, Mes, ecc). Su questo, non a caso, c’è stata l’ultima sospensione del vertice – intorno alla mezzanotte – per cercare un “compromesso specifico” che accontentasse chi voleva poter tirare un “fremo d’emergenza” e chi, comprensibilmente, riteneva questo “un’offesa alla dignità” del proprio paese, oltre che una stronzata sul piano istituzionale. Alla fine la posizione contraria di Conte (condivisa da Spagna, Grecia, Portogallo) è stata schiacciata senza pietà. Segno certo che dietro il gruppetto dei sedicenti “frugali” c’è la ben più potente mano tedesca, che ha usato i “nanerottoli uniti” per imbavagliare un “paese grande” senza doversi esporre più di tanto (anzi, facendo la parte del “poliziotto buono”).Vediamo il meccanismo infine approvato: quando, in autunno, ogni governo proporrà il suo “Piano nazionale di riforme”, precondizione per accedere al Recovery Fund, la Commissione deciderà entro due mesi se promuoverlo in base a quanto rispetta le indicazioni comunitarie in materia di politiche verdi, digitali e, soprattutto, delle raccomandazioni Ue 2019-2020. Per l’Italia, in particolare, si tratterà di mettere in campo le riforme di pensioni, lavoro, giustizia, pubblica amministrazione, istruzione e sanità. A scanso di equivoci, visto che si tratta di ridurre sul lungo periodo un debito pubblico che in questo frangente necessariamente aumenta, si parla di tagli draconiani su tutti questi capitoli (che costituiscono del resto, come in ogni paese europeo, il grosso della spesa pubblica). Altro che “autunno caldo”, potremmo avere parecchi anni vulcanici, come temperatura sociale oggettiva…Fin qui, il giudizio sulla “ammissibilità” o meno dei singoli piani nazionali spettava alla Commissione Europea, insomma il “governo” comunitario guidato dalla von der Leyen. Ora, accettando di fatto la posizione olandese (e tedesca, altrimenti non sarebbe mai passata), il giudizio di Bruxelles sarà però votato anche dai ministri a maggioranza qualificata. In pratica basta un gruppo di paesi che rappresenta il 35% della popolazione dei 27 a bloccare ogni singola erogazione delle “rate” del Recovery. I “frugali” non dispongono di quelle dimensioni, perciò è chiarissimo che questo meccanismo prevede l’intervento di un “grande paese”, con capitale Berlino. A sua discrezione… Nei fatti, le singole decisioni sui pagamenti della Commissione dovranno essere confermate dagli sherpa dei ministeri delle finanze della zona euro (Efc) «per consenso»: non proprio un “diritto di veto”, ma qualcosa che ci somiglia molto. Non a caso, al momento dell’ennesima sospensione notturna, il testo dell’accordo recitava: «Se uno o più governi» dovessero vedere «serie deviazioni dai target», avrebbero potuto chiedere che la situazione di un singolo paese venga poi discussa al successivo Consiglio Europeo, mentre la Commissione avrebbe dovuto bloccare i pagamenti.Al di là dei giochini da azzeccagarbugli – classici, anche a questo livello, visto che la Ue è un sistema di “contratti”, più che di trattati – ne esce rafforzatissima la “sorveglianza” sui singoli paesi, a partire ovviamente da quelli mediterranei, che hanno gli scostamento più significativi rispetto ai parametri di Maastricht. Lo si vede anche dalla dimensione dei “rebates” (sconti sui contributi nazionali da versare nella “cassa comune europea”) di cui usufruiscono da anni molti “frugali” e che escono fortemente aumentati da questo “accordo”. Il tutto con una torsione dello stesso funzionamento istituzionale della Ue, perché il baricentro della governance viene spostato dalle strutture comunitarie a “gruppi di paesi” sufficientemente decisi a inchiodare un “partner” considerato un concorrente da disossare. Una furbata, in apparenza, ma che rischia di diventare ben presto una miscela esplosiva per tensioni interne che, si è visto, nessuno è in grado di governare davvero con soddisfazione di tutti gli interessi in campo. Naturalmente la narrazione subito messa in campo dice l’esatto opposto. “Vittoria”, “isolamento dei frugali” e sciocchezze varie inventate di sana pianta. Un cerotto su ferite sanguinose che si vedranno a breve termine, peraltro.Già alla fine dell’anno, infatti, ci potrebbe essere il primo stop sulla prima rata da riscuotere – ben che vada – a metà del prossimo anno, quando gli effetti della crisi sul sistema produttivo e la tenuta sociale di molti paesi, a partire dal nostro, saranno già esplosi. Che questa narrazione sia fasulla, lo si è visto proprio dagli schieramenti in campo a Bruxelles, dove “europeisti” e “populisti” si sono allegramente mescolati tra loro per affermare, semplicemente, il massimo dell’interesse puramente nazionale. E altrettanto avviene in Italia, con Berlusconi e Meloni “comprensivi” con il governo e il solo Salvini a fingere una bellicosità critica a fini puramente elettorali. I capitoli su cui ogni governo dovrà mettere le mani sono chiarissimi, scritti neri su bianco: pensioni (quelle in essere, visto che quelle future sono già quasi azzerate), istruzione, sanità, mercato del lavoro, amministrazione pubblica e “giustizia” da efficientare per garantire che le imprese non restino impigliate in processi civili dalla durata decennale. Le “misure impopolari” che anche il governo Conte aveva in preparazione (ma non annunciate, chissà perché…), e che anche Mark Rutte apprezzava, saranno la quotidianità per lungo tempo. La Grecia del 2015, del resto, è stata sacrificata proprio per costituire un precedente inequivocabile. Ora tocca a noi, e non solo a noi…(Dante Barontini, “Da oggi in poi ci governa Berlino”, analisi pubblicata da “Contropiano” e ripresa da “Come Don Chisciotte” il 21 luglio 2020).Come sarebbe andata a finire lo si poteva capire già nella notte di domenica, quando Giuseppe Conte, rivolgendosi all’olandese Mark Rutte, ha detto: «Il mio paese ha una sua dignità. C’è un limite che non va superato», aggiungendo il dubbio che «si voglia piegare il braccio a un paese perché non possa usare i fondi». In quel momento è stato inevitabile ripensare ad Alexis Tsipras, in un’altra notte di luglio, quella del 2015, che nella stessa sede (solo qualche faccia diversa) si era alzato togliendosi la giacca per porgerla alla Merkel sbottando: «A questo punto, prendetevi anche questa…». Poi, com’è noto, la Troika si precipitò rapace su Atene, assumendone il pieno controllo e dando il via al saccheggio di tutto quel che di pubblico poteva essere svenduto (porti, aeroporti, centrali, ecc), tagliato (salari, sanità e pensioni), impegnato. All’Italia di Conte è andata leggerissimamente meglio, in apparenza, visto il diverso peso economico in Europa – terza economia dell’Unione – che renderebbe il tracollo senza freni di questo Paese un detonatore devastante per tutti, più della pandemia. Ma per separare con chiarezza la realtà di quanto “concordato” dalla “narrazione” che ne viene fatta già a botta calda, sarà bene vedere i singoli punti del compromesso finale, firmato alle 5.32 del mattino, al quinto giorno di un vertice che doveva durarne due.
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Magaldi: gli apprendisti stregoni del Covid hanno già perso
«Gli apprendisti stregoni che hanno provato a usare il Covid come cavallo di Troia per cinesizzare l’Occidente possono rassegnarsi: hanno già perso, anche nel caso in cui il loro nemico numero uno, Donald Trump, non dovesse essere rieletto». Se lo dice Gioele Magaldi, sostenitore di Trump nel 2016 – quando si trattava di fermare Hillary Clinton – c’è da drizzare le antenne: significa che l’establishment Usa, anche quello anti-trumpiano, ha varcato il Rubicone. Ovvero: indietro non si torna. Fine dell’accondiscendenza illimitata verso lo strapotere di Pechino, “drogato” dal decisivo aiuto (occidentale, americano) fornito a suo tempo dai massoni reazionari della “Three Eyes”, in primis il fuoriclasse Kissinger, decisi a fare della Cina post-maoista una specie di Frankenstein, un mix di turbo-capitalismo di Stato in mano a un regime dittatoriale. Modello perfetto, per gli amanti dell’horror: il paradiso degli oligarchi, ideale per rimpiazzare la democrazia occidentale. Fino a ieri, c’erano riusciti truccando le regole: la Cina fu ammessa nel Wto senza obblighi democratici, senza sindacati, senza leggi a tutela dell’ambiente e con clamorosi aiuti in termini di know-how industriale. Il piano: farne la manifattura del mondo, mettendo in crisi i lavoratori occidentali e i loro diritti. Dumping spietato: concorrenza sleale, grazie a prodotti a bassissimo costo. Poi è arrivato Trump, con il suo “America First”. Cocente, l’umiliazione inflitta Xi Jinping con l’imposizione dei dazi. Un minuto dopo, è esploso il coronavirus a Wuhan. La notizia? Ormai l’hanno capito tutti, a cosa doveva servire il Covid.Chi crede ancora alla Befana e ai giochini per la prima infanzia – Trump il puzzone, cattivo e razzista, combattuto da legioni di eroici paladini della giustizia – può a fare a meno di seguire le esternazioni di Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché frontman italiano del circuito massonico progressista sovranazionale. Nel saggio “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere sulla scorta di 6.000 pagine di documenti riservati, ha chiarito qual è il campo di gioco: a tirare le fila sono una quarantina di superlogge mondiali, da cui discendono – a valle – le tante entità paramassoniche (dal Bilderberg alla Trilaterale, dalla Chatham House al Council on Foreign Relations) erroneamente considerate onnipotenti. Ancora più sotto stanno governi, partiti, singoli leader. I loro margini operativi sono minimi: destra o sinistra, le decisioni che contano vengono prese a monte. Tra i grandi centri del potere visibile, aperto e contendibile con le elezioni, il più importante resta la Casa Bianca. «Trump è un “cavallo pazzo”, e siede a Washington grazie alla massoneria progressista che lo appoggiò perché, a differenza di Hillary, poteva sparigliare le carte, mettere fine all’ipocrisia finto-progressista dei democratici e tutelare i lavoratori americani massacrati da questa globalizzazione taroccata». Missione compiuta: ha tagliato le tasse, aumentato il deficit e realizzato la piena occupazione. Restava la mossa finale, fermare Pechino. Detto fatto: ed ecco il freno all’export cinese. Una dichiarazione di guerra, a cui gli oligarchi – dietro il paravento dell’Oms – hanno riposto con il virus e la sua gestione “terroristica”.«La prima vittima dell’operazione-Covid – dice Magaldi, in web-streaming su YouTube – doveva essere proprio Trump, “colpevole” di aver fermato l’avanzata neo-imperiale della Cina. Nel mirino però c’era l’intero Occidente, dove si sperava di ridurre stabilmente la libertà con la scusa della sicurezza sanitaria». Magaldi però annuncia che ora il peggio è passato: «L’establishment Usa, non solo quello trumpiano, ha ormai compreso che non è possibile rassegnarsi all’egemonia politico-economica della Cina di Xi Jinping, dove non c’è ombra di democrazia». Un obiettivo storico: creare un “mostro” di efficienza economica che fungesse da modello per un Occidente non più democratico. «Di fronte allo “stop” imposto finalmente da Trump – accusa Magaldi – un minuto dopo è scattata la pandemia a Wuhan, sotto gli occhi dell’Oms: e ormai, nel potere americano, tutti si sono accorti di questa clamorosa sincronicità». Magaldi è ottimista: «Indietro non si tornerà, neppure nel caso dovesse finire alla Casa Bianca l’evanescente Joe Biden: non rivivremo più la situazione pre-Covid, in cui alla Cina si consentiva di invadere impunemente i nostri mercati grazie al poderoso sostegno delle banche statali di Pechino».Nella sua analisi, Magaldi ribadisce che Trump era (e resta) il primo obiettivo del “partito del Covid”: «Si erano illusi – dice – che bastasse abbattere l’attuale presidente, per ripristinare lo strapotere del network, anche occidentale e statunitense, che conta sulla Cina come modello alternativo al nostro, verso una società meno libera e dominata da una durissima disciplina sociale». Insiste il leader “rooseveltiano”: «Questi nemici di Trump, che sono massoni “neoaristocratici”, hanno già perso in partenza, anche qualora Trump dovesse mancare l’obiettivo della rielezione alla Casa Bianca». Certo, ci sarà comunque da ballare parecchio: «Prepariamoci a vivere un’estate ricca di colpi di scena, a livello mondiale ma anche europeo e italiano». A proprosito di Belpaese: a Giuseppe Conte, nelle prossime ore il Movimento Roosevelt presenterà il suo “ultimatum”, lungamente annunciato: in pratica, si tratta di una serie di misure salva-Italia, applicabili subito. Il pacchetto di proposte sarà presentato «non appena sarà terminata questa grottesca messinscena dell’ultimo vertice Ue, che servirà solo a propiziare “botte da orbi” per il governo italiano». Magaldi boccia Conte senza riserve: «E’ un personaggio stucchevole, un narcisista che vive di superficialità assoluta e tradisce la sua imbarazzante insipienza. Oggi poi in Europa fa una voce grossa che non ha, ed è seduto su un ramo che gli stanno già segando».In sintesi: «L’umiliazione non è di Conte ma dell’Italia, che ha un premier a cui non affiderei nemmeno un condominio». Scontato che torni a Roma con in mano un pugno di mosche, mentre nelle retrovie del grande potere – quello che conta – si segnala «l’altissimo profilo che sta tenendo Mario Draghi, candidato naturale alla successione a Mattarella». Non a caso, Papa Bergoglio ha appena inserito Draghi nella Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, prestigiosa consulta vaticana «retta da un prodiano», il bolognese Stefano Zamagni. Per Magaldi, il messaggio di Bergoglio è esplicito: «Promuovendo Draghi, il pontefice chiede a Romano Prodi – che brama il Quirinale, e per questo è pronto a “riabilitare” persino Berlusconi, sperando di procacciarsene i voti – di dimostrarsi all’altezza dell’ex presidente della Bce, che nell’ultimo anno è stato capace di ammettere i suoi gravi errori, mettendosi a disposizione di un progetto di rinascita nazionale, socio-economica e democratica». Lo storico liquidatore dell’Iri resta ben lontano dalle vette toccate da Draghi: «Romano Prodi è un massone conservatore e oligarchico, quindi un contro-iniziato di lusso», afferma il presidente “rooseveltiano”, Gran Maestro del Grande Oriente Democratico.«Come Draghi, l’ex leader dell’Ulivo ha partecipato alla disastrosa privatizzazione dell’Italia e all’instaurazione dell’ordoliberismo eurocratico fondato sull’austerity, ma a differenza di Draghi – che se n’è emendato, giungendo a cambiare a casacca impegnandosi con la massoneria progressista – Prodi non ha mostrato la capacità di ammettere i suoi errori: anzi, nel suo ambire al Quirinale (per la terza volta) dimostra solo di essere dominato dal desiderio, che in termini esoterici è la base della cattiva stregoneria». Per Magaldi, «Prodi resta un nemico di abbattere, a meno che non si arrenda e compia una conversione come quella di cui è stata capace Christine Lagarde, altra esponente della massoneria reazionaria passata al fronte progressista». Quanto a Conte, pesce piccolissimo nell’acquario del potere visto che «si limita a eseguire ordini», nelle prossime ore riceverà “l’ultimatum” del Movimento Roosevelt. «Conterrà indicazioni precise su come agire, in modo immediato, per evitare in autunno il disastro socio-economico della nazione. Qualora non ci ascoltasse – avverte Magaldi – Conte se la vedrà con la Milizia Rooseveltiana, nelle piazze: se gli “apprendisti stregoni” del Covid e la loro “polizia sanitaria” speravano di trasformare gli italiani in pecore ubbidienti, si accorgeranno di dover fare i conti con lupi gagliardi e determinati».Chi crede alla Befana può anche continuare a credere che Giuseppe Conte sia una specie di leader, anziché un cameriere destinato a sparire dalla scena senza lasciare traccia. Può pensarlo chi è così cieco da immaginare che sia un semplice incidente, l’enormità del lockdown mondiale: un cortocircuito epocale, senza precedenti nella storia, con ripercussioni mostruose sugli equilibri economici, sociali e geopolitici del pianeta. E sono ancora le famose fette di prosciutto davanti agli occhi a suggerire, ai non vedenti, l’idea che il premier olandese Mark Rutte, «massone reazionario», sia davvero frenato in qualche modo dalla collega e “sorella” Angela Merkel, che finge di mediare tra falchi e colombe con l’unico obiettivo di inguaiare l’Italia, cioè l’unico peso massimo europeo rimasto senza aiuti, con imprese alla canna del gas e un governo-fantasma, agli ordini delle direttive “cinesi” dell’Oms. Uno spettacolo penoso, dal finale scontato: il disastro economico. «Proprio per questo – chiosa Magaldi – c’è chi sogna una “seconda ondata” per poter imporre in autunno un nuovo lockdown». Ma ha fatto male i suoi conti, avverte il leader “rooseveltiano”: ogni mossa, in questa recita drammatica, avrà un prezzo carissimo. E in ogni caso, “lassù”, la decisione è presa: Trump o non Trump, il “partito del rigore” (ieri finanziario, oggi psico-sanitario) non riuscirà a trasformarci in neo-sudditi orwelliani.«Gli apprendisti stregoni che hanno provato a usare il Covid come cavallo di Troia per cinesizzare l’Occidente possono rassegnarsi: hanno già perso, anche nel caso in cui il loro nemico numero uno, Donald Trump, non dovesse essere rieletto». Se lo dice Gioele Magaldi, sostenitore di Trump nel 2016 – quando si trattava di fermare Hillary Clinton – c’è da drizzare le antenne: significa che l’establishment Usa, anche quello anti-trumpiano, ha varcato il Rubicone. Ovvero: indietro non si torna. Fine dell’accondiscendenza illimitata verso lo strapotere di Pechino, “drogato” dal decisivo aiuto (occidentale, americano) fornito a suo tempo dai massoni reazionari della “Three Eyes”, in primis il fuoriclasse Kissinger, decisi a fare della Cina post-maoista una specie di Frankenstein, un mix di turbo-capitalismo di Stato in mano a un regime dittatoriale. Modello perfetto, per gli amanti dell’horror: il paradiso degli oligarchi, ideale per rimpiazzare la democrazia occidentale. Fino a ieri, c’erano riusciti truccando le regole: la Cina fu ammessa nel Wto senza obblighi democratici, senza sindacati, senza leggi a tutela dell’ambiente e con clamorosi aiuti in termini di know-how industriale. Il piano: farne la manifattura del mondo, mettendo in crisi i lavoratori occidentali e i loro diritti. Dumping spietato: concorrenza sleale, grazie a prodotti a bassissimo costo. Poi è arrivato Trump, con il suo “America First”. Cocente, l’umiliazione inflitta Xi Jinping con l’imposizione dei dazi. Un minuto dopo, è esploso il coronavirus a Wuhan. La notizia? Ormai l’hanno capito tutti, a cosa doveva servire il Covid.
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Ma gli italiani hanno vissuto al di sotto delle loro possibilità
Uno dei vantaggi del mio lavoro è quello di girare spesso per le grandi città internazionali e di passarci anche diversi giorni, costretto a documentarmi e ad usare i servizi pubblici per risparmiare. Inoltre, caso vuole che alcune città ormai le abbia visitate più e più volte. E’ per questo che posso dire con assoluta serenità che il luogo comune per il quale “l’Italia è il paese più bello del mondo” è il più veritiero che ci sia. Non c’entrano un tubo i ricordi personali, gli affetti, l’istinto e il cordone ombelicale: l’Italia è oggettivamente il paese più bello del mondo, e chi sostiene il contrario è perchè ne ha una conoscenza molto superficiale. Gi stranieri non si permetterebbero mai di dirlo; la stragrande maggioranza lo sa benissimo che il loro luogo d’origine, rispetto all’Italia, è una cloaca, e per quanto nazionalisti possano essere, mai sentirete dire che l’Italia non è bella. Sono appena tornato da Napoli, città che molti italiani e molti stranieri considerano un immondezzaio invivibile. C’ero stato almeno altre 6 volte. Il turismo del Golfo è quasi tutto straniero: i media hanno detto agli italiani che Napoli è pericolosa, che ti stuprano, che ti scippano coi motorini, che ti imbrogliano di sicuro e che è piena di immondizia. Dunque, al massimo ci si va con la gita della scuola, protetti da professori e touring operator, come fosse una crociera sul Nilo.Da adulti, con i bambini piccoli al seguito, invece, ci vanno quasi esclusivamente americani, inglesi, spagnoli (e chissà come mai). La realtà è che a Napoli sembra di essere dentro un film, e che ogni cosa è di una bellezza irripetibile. La mia guida alla città sotterranea – Francesco – quasi aveva le lacrime agli occhi mentre spiegava come i napoletani di tremila anni fa avessero costruito la città scavando nel tufo fino a 40 metri di profondità e portando blocchi di quintali in superficie, morendo a centinaia, salendo e scendendo nelle viscere della terra senza alcuna sicurezza. Ai Campi Flegrei, a Pompei, al castello del Maschio Angioino, dopo i racconti delle guide, ti dispiace di non essere napoletano. Ti sembra quasi di doverli invidiare. E sono tutte guide che raccontano aneddoti personali, fanno battute, uno si è messo anche a cantare. Al British, al Louvre, al Museo di Sissy, invece, sono solo capaci (al triplo del costo) di rifilarti una fottuta, impersonale e noiosissima audioguida coi numeretti da pigiare. E ho preso Napoli ad esempio solo perchè l’ho appena visitata e perchè viene dipinta sempre malissimo; ma cosa si potrebbe dire del resto d’Italia? Non basterebbero tutti i blog del mondo.A cosa è dovuta questa bellezza? Il paesaggio naturale, senza dubbio, ma allora anche la Grecia o la Spagna o la Tunisia dovrebbero essere così. E invece non lo sono manco per niente. La Tunisia o la Francia stanno all’Italia come una busta di fave sta a Belen Rodriguez, pur avendo anch’esse paesaggi naturali di pari dignità. Non è solo una questione di paesaggio, ma è soprattutto una questione di storia, di lavoro impiegato e di tanta ricchezza prodotta in questi secoli di civiltà e di fatiche dei nostri progenitori. Ancora oggi, la Pompei degli scavi archeologici è una città dalla struttura intelligente, molto più di tante cittadine – anche nuove – realizzate in giro per il mondo e invivibili per posizione e rete viaria. Come mai gli italiani avevano ponti, acquedotti, ville mastodontiche, fontane e strutture termali migliaia di anni fa, quando nel resto del mondo non c’era un emerito cazzo? Perchè erano ricchi… Non c’è un’altra risposta. Erano mediamente molto più ricchi e più colti di tutte le altre civiltà, anche di quella greca, per il semplice fatto che quella italiana durò molto più a lungo, se consideriamo – dopo i fasti dell’Impero Romano – anche il dominio mondiale della Chiesa, il Rinascimento e Venezia.Ancora oggi, dopo essere diventati colonia americana e dopo che ci hanno affamati, gli altri Stati non riescono a raggiungere un tale grado di bellezza. Il che, se pensiamo all’evoluzione tecnologica che c’è stata, ha davvero dell’incredibile. Eppure ci raccontano, con riferimento agli ultimi 50 anni, che solo per il fatto di avere un lavoro, un mutuo per la casa e la pensione, noi italiani “siamo vissuti al di sopra delle nostre possibilità”. Ma è vero proprio l’opposto: la civiltà più ricca del mondo, con le sue bellezze naturali, agricole, produttive e monumentali, ha permesso ai suoi cittadini solo un lavoro dipendente malpagato e una pensione. Questo significa vivere al di sotto delle proprie possibilità, e non al di sopra. Oggigiorno, il paese che al mondo offre la ricchezza maggiore ai suoi cittadini è la Svizzera. Parliamoci molto chiaramente: in Svizzera ci sono 4 mucche e 3 galline, e non necessariamente in quest’ordine. Ci sono scomode montagne e le città hanno edifici e monumenti risibili, rispetto ai nostri. Il successo della Svizzera è dovuto a 3 cose: sono democratici nel senso “greco” del termine (le decisioni le prendono assieme a livello locale: nemmeno in condominio puoi entrare, se il resto dei condomini ti giudica sfavorevolmente); sono fuori dall’Unione Europea; conoscono la finanza.Sul punto 1 e 3 arrancheremo sempre, ma il punto 2 sarebbe così facile da risolvere a nostro favore. Tornando però al tema, mi rendo conto che l’esempio “turistico” può apparire limitante: vogliamo allora passare all’agricoltura italiana? L’Italia è lo 0,5% della superficie del mondo, con 14 milioni di ettari coltivati su 800 milioni. Eppure rappresenta, senza se e senza ma, l’eccellenza dell’agroalimentare nel mondo. E’ l’unico luogo al mondo dove l’incontro tra i venti del mare dal Sud e quelli delle montagne del Nord produce un microclima unico. Abbiamo 7.000 specie di flora vascolare e di vegetali mangiabili (il secondo paese al mondo ne ha solo la metà, 3.300); abbiamo 58.000 specie animali (il secondo paese al mondo ne ha 20.000); abbiamo 1.200 vitigni autoctoni (il secondo ne ha 222), abbiamo 533 cultivar di ulivi (il secondo paese al mondo ne ha 70). E si potrebbe andare avanti. Però, per lo scemo del villaggio, viviamo “al di sopra delle nostre possibilità”. Vado avanti? Vado avanti. L’Italia è la seconda manifattura d’Europa. Con una moneta, l’euro, che è unica solo per lo schifo che fa, riusciamo comunque ad essere saldamente sul podio a fronte della concorrenza di altri 27 paesi. Come dite? La Germania produce di più?Già, i tedeschi ci battono, ma c’è un particolare che solo malafede e ignoranza possono trascurare: i tedeschi sono 80 milioni, mentre gli italiani 60. Detto diversamente, se proporzionassimo la produzione al numero di abitanti, anche in questo settore (dopo aver preso merda nel turismo e nell’agricoltura) i tedeschi mangerebbero la polvere. Chiudo con parole non mie, ma di Gianluca Baldini, parole sante che non posso che sottoscrivere come fossero mie: «A dispetto della retorica pro-austerità che ha accolto la narrazione distorta della storia degli ultimi anni, noi non abbiamo affatto vissuto “al di sopra delle nostre possibilità”, né in termini individuali, né considerando le finanze dello Stato. Questo mantra, tornato in auge dopo un’intervista rilasciata da Angela Merkel nel 2012 a “Bbc news” che apostrofava i Piigs come spendaccioni, trova spesso conforto nella fallace lettura della dinamica del debito pubblico esploso negli anni ’80 e viene condita con l’aneddotica abituale che descrive l’Italia come paese dei balocchi, in cui falsi invalidi, evasori totali e dipendenti pubblici nullafacenti vivono allegramente alle spalle della collettività».«L’Italia è stata ed è ancora oggi il paese con il più elevato livello di risparmio privato, tanto in termini monetari quanto sotto forma di patrimonio immobiliare. Tra i big players europei è il paese con il più basso debito privato e anzi, se escludiamo i paesi dell’ex Urss, possiamo dire che l’Italia è in assoluto il paese col più basso debito privato d’Europa e dunque dell’Occidente industrializzato. Se consideriamo questi dati e forniamo una lettura oggettiva alla dinamica del debito degli anni ’80, che è cresciuto per la componente interessi e non già per un aumento della spesa pubblica, e a ciò aggiungiamo che siamo il paese che da ormai 25 anni circa registra le migliori performance sui conti pubblici realizzando sistematicamente avanzi primari, possiamo concludere che siamo evidentemente l’unico paese che ha davvero vissuto al di sotto delle proprie possibilità. Il nostro risparmio privato basterebbe per pagare 5 volte il debito pubblico e 2,5 volte il debito complessivo (cioè pubblico+privato). Non credo esista un altro paese al mondo così affidabile da questo punto di vista».(Massimo Bordin, “Gli italiani hanno vissuto al di sotto delle loro possibilità”, da “Micidial” del 30 giugno 2020).Uno dei vantaggi del mio lavoro è quello di girare spesso per le grandi città internazionali e di passarci anche diversi giorni, costretto a documentarmi e ad usare i servizi pubblici per risparmiare. Inoltre, caso vuole che alcune città ormai le abbia visitate più e più volte. E’ per questo che posso dire con assoluta serenità che il luogo comune per il quale “l’Italia è il paese più bello del mondo” è il più veritiero che ci sia. Non c’entrano un tubo i ricordi personali, gli affetti, l’istinto e il cordone ombelicale: l’Italia è oggettivamente il paese più bello del mondo, e chi sostiene il contrario è perché ne ha una conoscenza molto superficiale. Gi stranieri non si permetterebbero mai di dirlo; la stragrande maggioranza lo sa benissimo che il loro luogo d’origine, rispetto all’Italia, è una cloaca, e per quanto nazionalisti possano essere, mai sentirete dire che l’Italia non è bella. Sono appena tornato da Napoli, città che molti italiani e molti stranieri considerano un immondezzaio invivibile. C’ero stato almeno altre 6 volte. Il turismo del Golfo è quasi tutto straniero: i media hanno detto agli italiani che Napoli è pericolosa, che ti stuprano, che ti scippano coi motorini, che ti imbrogliano di sicuro e che è piena di immondizia. Dunque, al massimo ci si va con la gita della scuola, protetti da professori e touring operator, come fosse una crociera sul Nilo.
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Magaldi: Trump salvi l’Italia, se ci tiene ai voti progressisti
Cosa sta succedendo? Giuseppe Conte annaspa, tra i malumori di chi ormai vorrebbe scaricarlo, di fronte a un’Italia che sta prendendo nota di quanto fossero vane le sue promesse. Impietoso l’ultimo report di Bankitalia: il lockdown più severo d’Europa, non compensato da veri aiuti economici per chi è stato rinchiuso in casa, sta colpendo il reddito di metà della popolazione. Un vero massacro sociale, a partire dai lavoratori autonomi: «Un terzo delle famiglie ha riserve per soli 3 mesi, e nel 40% dei casi gli italiani sono in difficoltà con il mutuo», riassume l’Ansa. Di fronte a una catastrofe come la pandemia – chiarì Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times” – c’è un’unica strada: metter mano al bazooka e spargere miliardi a fondo perduto, come in tempo di guerra. Dove trovarli? Chiedendo all’Ue di fare la sua parte, smettendo quindi di accettare i diktat dei signori di Bruxelles. Oppure, Piano-B, l’ipotesi caldeggiata dal “rooseveltiano” Nino Galloni: emissione a costo zero di moneta parallela, non a debito, spendibile solo in Italia. Un toccasana, per puntellare stipendi e consumi. Giuseppe Conte? Non pervenuto: dopo aver preso in giro gli italiani anche coi prestiti bancari (mai erogati) e la cassa integrazione (tuttora attesa), seguita a cianciare di chimere solo ipotetiche come il Recovery Fund, che scatterebbe soltanto nel 2021 e solo dopo l’accettazione, da parte dell’Italia, di un prestito-capestro come quello del Mes. La soluzione? Più che a Roma, probabilmente risiede a Washington.Ad affermarlo è Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt nonché esponente italiano del network massonico che appoggiò Trump nel 2016 contro Hillary Clinton, progressista solo a parole. «Se vuole essere rieletto alla Casa Bianca con l’aiuto dei massoni democratici, come già avvenne quattro anni fa – avverte Magaldi – il presidente uscente si impegni a cambiare volto all’Europa sostenendo l’Italia, inguaiata dal lockdown imposto da Conte e frenata dall’oligarchia Ue, dominata dai kapò franco-tedeschi che usano Olanda e Austria come “cani da guardia” del rigore». Le affermazioni di Magaldi, rilasciate il 7 luglio nell’ambito della trasmissione in web-streaming “Pane al pane”, su YouTube, risuonano in una giornata particolare, in cui “Libero” dà per imminente la caduta di Conte dopo presunti contatti riservati fra Trump e Mattarella. Altro segnale, quello lanciato dal viceministro alla sanità, Pierpaolo Sileri: «Non ci sarà una seconda ondata di coronavirus, in autunno», ha detto, a “La Verità”: «E comunque, quand’anche fosse pronto un vaccino anti-Covid, non dovrà in nessun caso essere imposto alla popolazione». Parole seccamente dissonanti rispetto a quelle appena pronunciate dal ministro Roberto Speranza, giunto a ventilare la possibilità di sottoporre a Tso gli italiani contagiati dal virus.In altre parole, Sileri ha l’aria di sfilarsi da un bastimento che sembra stia per colare a picco: lo stesso Speranza è stato denunciato, insieme al resto del governo Conte, dai 2.000 medici, avvocati e giudici dell’associazione “L’Eretico”, guidata da ricercatore Pasquale Bacco, dal virologo Giulio Tarro e dal magistrato Angelo Giorgianni. Gravissima l’accusa, inoltrata alla Procura di Roma: il governo avrebbe ostacolato le cure per il Covid, nel frattempo messe a punto, obbligando i sanitari a insistere nel trattare i pazienti con terapie sbagliate, che ne avrebbero provocato la morte, trasformando così in una strage (35.000 vittime) un’epidemia che sarebbe stata facilmente controllabile con un’oculata politica sanitaria. Tanti i medici, come Alberto Zangrillo, che rilanciano le accuse: assurdo reiterare allarmismo e restrizioni, per un virus che ormai non uccide più nessuno, e per il quale i medici italiani hanno trovato, da mesi, tutte le contromisure cliniche. Perché allora Speranza insiste – come la stessa Oms – a parlare di seconda ondata, e addirittura di Tso? «Scoveremo i contagiati stanandoli casa per casa», avvertiva minaccioso il governatore emiliano Stefano Bonaccini, altro campione – come il veneto Zaia – del terrorismo psicologico provocato cavalcando il Covid.«Quella costruita attorno al coronavirus è stata una psicosi alimentata dallo stesso Conte», ricorda Magaldi: «Il governo stava per cadere già a inizio anno, e così ha scommesso sull’emergenza per prolungare la sua vita politica». Solo che adesso, a quanto pare, è arrivato al capolinea. «Probabilmente cadrà fra pochi giorni, entro luglio», scommette lo storico Nicola Bizzi, editore di Aurora Boreale, tra i primi a leggere – tra le righe della cronaca – il destino di “Giuseppi”, la cui caduta sarebbe accelerata dagli Stati Uniti: «Si può scorgere la mano dell’intelligence di Trump dietro le due grandi bombe a orologeria che stanno squassando l’establishment italiano succube dell’Ue, che finora ha sorretto Conte: l’Obamagate e lo scandalo Palamara». Due terremoti: il primo indebolisce Renzi e Gentiloni, che avrebbero chiesto ai servizi italiani (su ordine di Obama) di fabbricare prove false contro Trump per il Russiagate. Il secondo sisma, che Bizzi paragona alla Tangentopoli degli anni ‘90, è quello che sta travolgendo la magistratura: il verminaio delle correnti, della giustizia a orologeria, degli scambi di favori di cui avrebbe beneficiato soprattutto l’area Pd.«E’ impossibile – dice Bizzi – che dietro alla pubblicazione di tutte queste intercettazioni non vi sia l’opera dei servizi Usa, decisi a colpire e abbattere un sistema corrotto che ha sacrificato l’Italia per favorire interessi stranieri, e in occasione dell’emergenza Covid ha fatto anche di peggio: ha sospeso le libertà costituzionali, obbedendo alle direttive dell’Oms ispirate direttamente dal regime cinese». A Washington guarda anche Magaldi, indossando i panni del massone progressista ben inserito nel circuito sovranazionale delle superlogge. Un mondo parallelo, che lo stesso Magaldi ha svelato nel saggio “Massoni”, edito da Chiarelettere nel 2014: un bestseller italiano divenuto ormai un long-seller, nonostante il tenace silenzio dei grandi media. «In Italia – accusa l’autore – si scade invariabilmente nel ridicolo, quando si parla di massoneria: i giornali strillano periodici titoloni su ipotetiche infiltrazioni mafiose tra logge che non contano niente, mentre continuano a ignorare il carattere supermassonico dei maggiori player politici». Che Monti, Napolitano e lo stesso Draghi siano esponenti di importanti Ur-Lodges «non è certo un mistero, per i giornali: e il fatto che non ne parlino mai dimostra la loro sostanziale insincerità».Nel fingere di non conoscere il ruolo democratico della massoneria, ribadisce Magaldi, l’Italia sconta la sua storia, a partire dallo scontro col Vaticano – che arrivò a sostenere Mussolini pur di colpire i massoni democratici che avevano voluto l’Unità d’Italia e la fine dello Stato Pontificio. «Da noi resiste ancora un tenace atteggiamento massonofobico e ipocrita, dovuto al culturame del retaggio clerico-fascista, cui si è aggiunta l’altrettanto liberticida tradizione comunista». Tra massoneria e politica, invece, «in paesi come la Francia e il Regno Unito intercorrono normalissimi rapporti alla luce del sole». E questo è tanto più vero negli Usa, aggiunge Magaldi: chi regge quel paese sa bene che gli Stati Uniti, con la loro Costituzione, sono una costruzione interamente massonica. Non fa eccezione il “fratello” Trump, che nel 2016 fu preferito alla “sorella” Hillary Clinton. «Se vuole, Donald Trump sa essere molto sollecito nel recepire le nostre indicazioni, pubbliche e riservate», dice oggi Magaldi: «Abbiamo infatti apprezzato il richiamo a Martin Luther King che ha espresso il 4 luglio nel suo discorso ai piedi del Monte Rushmore».«Sono stati proprio personaggi come Martin Luther King a “fare grande l’America”, insieme a Roosevelt e ai Kennedy», precisa Magaldi: «Certo, Trump non ha loro statura, e come massone non è né progressista né reazionario. E’ un Maverick, un “cavallo pazzo”: noi massoni progressisti lo ritenemmo adatto a sparigliare le carte, smontando l’ipocrisia finto-progressista dei democratici, troppo legati all’esuberanza dei grandi poteri finanziari». Missione compiuta? «Prima del disastro-Covid, l’economia americana viaggiava a gonfie vele: sono stati costretti ad ammetterlo anche gli avversari di Trump». La politica della Casa Bianca? Meno tasse, e maxi-deficit. Risultato: crollo della disoccupazione, a beneficio dei lavoratori americani. Ovvio che la regia “cinese” della crisi Covid, esplosa un minuto dopo lo stop imposto da Trump alla Cina con l’instaurazione dei dazi, rischia di complicare la sua rielezione. «Se ci tiene a essere riconfermato a Washington con il nostro appoggio – afferma Magaldi, a nome del circuito massonico progressista – è bene che Trump si impegni a farla “tornare grande” davvero, l’America: recuperi il terreno perduto, a livello geopolitico, dall’insipiente Obama, a cominciare dall’Europa e dall’Italia».«Con l’aiuto americano – sostiene Magaldi – il nostro paese può essere il punto da cui far ripartire un vero progetto europeo, pienamente democratico e social-liberale, che sappia far dimenticare l’austerity imposta dai sovranismi franco-tedeschi». Sono gruppi di potere «pilotati da élite massoniche di segno reazionario, più affini all’oligarchia cinese e alla “democratura” di Putin che non al liberalismo occidentale, difettoso fin che si vuole ma fondato pur sempre sui diritti democratici, inclusi quelle delle minoranze». I neri, per l’appunto: «Proprio il Martin Luther King citato da Trump sarebbe potuto diventare il vicepresidente degli Stati Uniti, se non fosse stato ucciso insieme al candidato alla presidenza, Bob Kennedy». Era il “ticket” su cui puntava la massoneria “rooseveltiana”, che tanti anni dopo – archiviata «la fiction del terrorismo globale recitata dai Bush» e le ambiguità finto-democratiche di Obama e Hillary – ha scommesso su “The Donald”, per mettere fine al dominio di un progressismo solo di facciata, asservito all’élite finanziaria speculativa, braccio operativo dell’oligarchia massonica reazionaria che ha promosso i diritti civili affossando i diritti sociali, fino a imporre la Cina come modello per un Occidente non più democratico.Bene ha fatto, Trump, a evocare Martin Luther King – dice Magaldi – per smarcarsi dalle accuse strumentali di chi gli rinfaccia di non aver fatto nulla per eliminare il razzismo che ancora serpeggia in vasti settori della polizia. «Un problema rispetto al quale Obama, il primo presidente “nero”, in otto anni di presidenza non ha fatto assolutamente nulla: e questo va ricordato, per onestà intellettuale». Attenzione: «La massoneria neoaristocratica è filo-cinese, e quindi avversa a Trump». Se vuole essere rieletto, avverte Magaldi, il presidente uscente dovrà prestare ascolto ai “grembiulini” progressisti, che negli Usa restano molto influenti: «Parliamo di grandi elettori, deputati, governatori, circoli e associazioni, ma anche militari: la presenza di tanti massoni progressisti tra i vertici del Pentagono è dimostrata dal rifiuto di impiegare le forze armate per reprimere le proteste, pure violente e inaccettabili, contro gli abusi della polizia nei confronti degli afroamericani». L’appoggio degli Usa, sottolinea Magaldi, è di fondamentale importanza per aiutare l’Italia a non subire più i diktat dell’oligarchia finto-europeista che – attraverso l’austerity – ha creato una Disunione Europea composta da paesi che ormai si guardano in cagnesco.L’alternativa? «Una sola: far nascere, davvero, l’Unione Europea. Chi oggi chiede “più Europa” – sostiene Magaldi – parla di qualcosa che non esiste». Altrettanto vuote, per il presidente “rooseveltiano”, sono le posizioni velleitarie di chi invoca l’uscita dall’Ue, e magari dall’euro e dalla Nato, «magari senza accorgersi di essere sapientemente manipolato da quella stessa oligarchia massonica sovranazionale che negli Usa scommette su Joe Biden e in Europa sulla Merkel, strizzando l’occhio a Putin e aprendo le porte dell’Europa all’egemonia della Cina». Per gli Usa, la situazione non è confortante: come riporta Angelo Panebianco sul “Corriere della Sera”, l’ultimo sondaggio Demos rivela che solo il 31% di italiani dichiara simpatie per gli Stati Uniti, mentre è cresciuta la fiducia nei confronti della Cina (26%) e della Russia (28%). In più, lo stesso sondaggio dimostra che il favore degli italiani verso l’Ue è sceso al di sotto del 50%. «In occasione dell’emergenza coronavirus – ricorda Magaldi – Donald Trump accolse con prontezza i nostri consigli, affrettandosi a inviare aiuti concreti all’Italia». Oggi, la partita è doppia: da un lato le presidenzali americane di novembre, dall’altro il baratro in cui l’Italia sta sprofondando dopo il severo lockdown imposto dal governo Conte, a cui il Movimento Roosevelt sta per inviare un “ultimatum” con la richiesta di misure urgenti per tamponare il disastro economico.«A Trump – ribadisce Magaldi – come massoni progressisti chiediamo di lanciare segnali precisi già da adesso, in campagna elettorale, per un impegno concreto». Patti chiari, amicizia lunga: «Deve impegnarsi a recuperare lo storico legame privilegiato con l’Italia: è la premessa per fare del nostro paese un protagonista della rinascita democratica di un’Europa più giusta e più forte, fondata su precisi diritti sociali». Obiettivo: «Uscire da questa lunghissima crisi e mantenere le distanze da regimi come quello russo e cinese, dove sarebbe impensabile assistere a proteste contro la polizia come quelle che abbiamo appena visto negli Usa». Anche per questo, Magaldi diffida dei “fronti popolari per l’alternativa” che fioriscono da ogni parte, spesso animati dalle migliori intenzioni: «Intanto, i gruppetti “alternativi” non hanno mai ottenuto niente. E spesso il loro radicalismo, nutrito anche di antiamericanismo, è usato sapientemente proprio dall’oligarchia reazionaria che credono di combattere». Un po’ come per il complottismo: chi detiene il potere non ha nessuna paura chi le spara grosse, perché sa che otterrà invariabilmente la diffidenza della maggioranza. Magaldi ragiona da insider, e ha il pregio di parlare chiaro: si sappia che l’Italia uscirà dal tunnel solo se sarà aiutata dagli Usa, nel caso rivincesse Trump. E a sua volta, il presidente è avvisato: se vuole essere rieletto, ascolti le richieste dei massoni progressisti.Cosa sta succedendo? Giuseppe Conte annaspa, tra i malumori di chi ormai vorrebbe scaricarlo, di fronte a un’Italia che sta prendendo nota di quanto fossero vane le sue promesse. Impietoso l’ultimo report di Bankitalia: il lockdown più severo d’Europa, non compensato da veri aiuti economici per chi è stato rinchiuso in casa, sta colpendo il reddito di metà della popolazione. Un vero massacro sociale, a partire dai lavoratori autonomi: «Un terzo delle famiglie ha riserve per soli 3 mesi, e nel 40% dei casi gli italiani sono in difficoltà con il mutuo», riassume l’Ansa. Di fronte a una catastrofe come la pandemia – chiarì Mario Draghi a fine marzo, sul “Financial Times” – c’è un’unica strada: metter mano al bazooka e spargere miliardi a fondo perduto, come in tempo di guerra. Dove trovarli? Chiedendo all’Ue di fare la sua parte, smettendo quindi di accettare i diktat dei signori di Bruxelles. Oppure, Piano-B, l’ipotesi caldeggiata dal “rooseveltiano” Nino Galloni: emissione a costo zero di moneta parallela, non a debito, spendibile solo in Italia. Un toccasana, per puntellare stipendi e consumi. Giuseppe Conte? Non pervenuto: dopo aver preso in giro gli italiani anche coi prestiti bancari (mai erogati) e la cassa integrazione (tuttora attesa), seguita a cianciare di chimere solo ipotetiche come il Recovery Fund, che scatterebbe soltanto nel 2021 e solo dopo l’accettazione, da parte dell’Italia, di un prestito-capestro come quello del Mes. La soluzione? Più che a Roma, probabilmente risiede a Washington.
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Abbiamo un problema: siamo in guerra, ma non lo vediamo
Houston, abbiamo un problema. Il pubblico si spella le mani, pro o contro i suoi gladiatori di cartapesta, mentre là fuori impazza una specie di guerra mai vista, spaventosa, insidiosissima perché subdola: c’è in giro un killer, travestito da infermiere. Ha anche aperto una macelleria sfrontata, fino a ieri impensabile: e il peggio non è neppure la disinvoltura delle amputazioni senza anestesia (le pagine oscurate, i blog censurati, i video desaparecidos), ma il fatto che metà del pubblico sbeffeggi come vittimisti e inguaribili visionari gli autori delle denunce “bannate”, cancellate con un colpo di spugna. E’ il pubblico che trova normale che nell’anno 2020 dopo Cristo, non in Corea del Nord ma in un paese dell’Unione Europea, il governo istituisca una sorta di Ministero della Verità, senza vergognarsi di filtrare le informazioni destinate ai sudditi, a loro volta ben divisi in due ostinate tifoserie cementate da un rancore surreale, fuori luogo. Che il genere fantasy sia forse il più appropriato, per descrive l’attuale situazione psico-politica, lo suggerisce il lessico usato da un cardinale nel promuovere Donald Trump come “figlio della luce”, nemico del tenebroso Deep State che usa questa stranissima emergenza sanitaria per imprigionare il mondo nel cerchio magico della paura, oscurando l’orizzonte di una libertà democratica erroneamente data per scontata, ormai al sicuro per sempre.
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Dal Fmi 400 miliardi a costo zero, però l’Italia non li vuole
Quando la Grecia nel 2010 entrò nel programma del Fondo Monetario, il suo rapporto debito-Pil era del 146%. L’Italia, fatte le debite differenze, quest’anno raggiungerà il 170%. Non lo possiamo certamente ridurre con l’avanzo primario tirando la cinghia. Bisogna parlare di come generare risorse addizionali. Siamo davanti a un shock unico nel suo genere. Come si dice in econometria, c’è un “regime change”. Il problema non è tanto e solo la fine del lockdown, ma quello che verrà fatto nei prossimi mesi. Servono due cose. La prima è incidere in modo sostanziale sulle aspettative di imprenditori e consumatori. La seconda è creare un parallelismo virtuoso, per nulla scontato, tra fine dell’emergenza sanitaria e riaperture. L’unicità di questa crisi dipende anche dal fatto che riaprire le attività commerciali non vuol dire che i consumatori andranno necessariamente a spendere, in assenza di aspettative più favorevoli. Gli strumenti messi in campo dal Decreto Rilancio? Non sono adeguati. Nei primi tempi della pandemia sono stati promessi aiuti a pioggia. Ma interventi di questo genere mi sembrano finalizzati a stabilizzare i consensi piuttosto che favorire la ripartenza nel medio termine. Per costruire quest’ultima occorre una strategia, che manca.Bisogna incidere sulle aspettative, dicendo chiaramente su quante risorse gli italiani possono contare, in quali tempi e a che condizioni. Ci dev’essere, poi, uno effetto shock sulle aspettative. Per semplificare: se metto nel sistema un euro, è un euro buttato; se ci metto un trilione, quel trilione agisce sulle aspettative, perché crea sicurezza intorno ai flussi di reddito che si materializzeranno nel futuro prossimo amplificandone l’impatto. Merkel e Macron hanno trovato un’intesa sul Recovery Fund: 500 miliardi di trasferimenti a fondo perduto dal bilancio Ue. Innanzitutto mi limito ad osservare che Austria, Olanda, Finlandia e Danimarca per ora si oppongono. Sono gli stessi paesi che finora hanno impedito l’accordo. E senza unanimità non se ne fa nulla. Un altro requisito chiave sono le dimensioni: di 100 miliardi in 100 miliardi non andremo da nessuna parte. E poi, ammesso che l’operazione riesca, che fondo sarà? Che tipo di condizionalità imporrà esplicitamente o implicitamente? Un fondo “emasculated”, come dicono gli americani, o che invece ha “grinta e denti”, sono due realtà completamente diverse. Come sarà il Recovery Fund non lo sappiamo e probabilmente occorrerà ancora parecchio tempo per capirlo.Il livello di cooperazione europea è molto importante, ma potrebbe non bastare. Molti dettagli del nuovo strumento sono ancora indeterminati, come quelli di altri strumenti europei. Un fatto è certo: i nostri spazi di finanza pubblica sono angusti e i debiti vanno sempre restituiti. Da dove cominciare? All’Italia serve una modernizzazione della propria economia. Una semplificazione della normativa ci consentirebbe di rilanciare le opere pubbliche e creare posti di lavoro. L’esempio virtuoso è il nuovo ponte di Genova: va riprodotto quel modello. La competitività dei paesi non si misura solo dal rapporto debito-Pil, ma anche dai giorni necessari per attivare i permessi regolamentari necessari, per accedere al credito, o per la risoluzione di una disputa contrattuale. Intervenire su questi parametri non necessariamente comporta l’esborso di risorse finanziarie; e oggi diventa ancora più urgente, visto che le nuove norme anti–Covid hanno l’effetto netto di aumentare ancor più il peso di burocrazie e codicilli sulle attività economiche, per le quali già il nostro paese vantava un considerevole primato.Insieme all’ex segretario al Tesoro britannico Jim O’Neill, io ho elaborato una proposta. Chiediamo che il Fmi emetta dei diritti speciali di prelievo (Dsp, Special Drawing Rights). Il “Financial Times” ha proposto di emettere Dsp per 1,250 trilioni di euro. Noi sviluppiamo una proposta per moltiplicare la capacità di questa allocazione. I Dsp sono assegnati ai paesi membri del Fmi sulla base delle quote detenute nella base di capitale del Fondo. All’Italia, con quota pari al 3,17%, andrebbero circa 40 miliardi di euro. Una cifra superiore alla linea di credito del Mes per la pandemia, e a condizionalità zero. Questi 40 miliardi si possono usare a garanzia per costruire un veicolo finanziario che a sua volta emette obbligazioni acquistabili da altri paesi, utilizzando le rispettive allocazioni di Dsp. Questo eviterebbe l’accumulo di ulteriori passività nel bilancio dello Stato.Prospettive di investimento per l’Italia? Se ipotizziamo un rapporto di leva finanziaria uno a cinque, l’Italia potrebbe aumentare la propria capacità finanziaria da miliardi a 200 miliardi di dollari. Gli altri paesi del Fmi sarebbero d’accordo? Serve l’accordo dell’85% dei paesi membri. Gli Usa, con il 17,45% delle quote, avrebbero potere di veto, ma difficilmente lo userebbero davanti al crollo dell’economia mondiale. Inoltre gli Usa potrebbero acquistare parte di queste obbligazioni senza pesare sul contribuente americano, ma usando parte delle allocazioni che il Tesoro Usa riceverebbe dall’emissione di Dsp. Perché agli investitori dovrebbe convenire sottoscrivere il veicolo? Si tratta di mobilizzare una “coalizione di volenterosi” tra quei paesi con maggiori riserve. Questi mobilizzerebbero parte delle allocazioni di Dsp ricevute per sottoscrivere le obbligazioni del veicolo. Così facendo, beneficerebbero di un interesse positivo, anche se non elevato, sulle loro sottoscrizioni, vedendosi remunerare la loro solidarietà. Ribadisco che utilizzerebbero le risorse addizionali liberate proprio attraverso l’emissione di Dsp, senza pesare sulla fiscalità generale e sui propri contribuenti.E la Cina? Con le sue ingenti riserve, potrebbe essere uno di questi paesi volenterosi, come del resto gli stessi Stati Uniti. Ripeto: non si tratta di chiedere regali, ma piuttosto attivare un meccanismo virtuoso con la creazione di nuove risorse che renda politicamente agevole il sostegno ai paesi maggiormente affetti dalla pandemia, come l’Italia. Che ruolo potrebbe avere la Bce? Potrebbe sottoscrivere parte delle obbligazioni del veicolo insieme ad altri soggetti istituzionali e sovrani. Quello sul Mes non è un reale dibattito. Mi è parso che si trattasse di ratificare una decisione già presa a priori e all’inizio della pandemia. L’impatto della crisi sull’economia italiana è così profondo e avvolgente che non si può arginare con un solo strumento, né il Mes né il nostro. C’è bisogno di più strumenti e della creazione di nuove risorse, che ogni paese dovrebbe o potrebbe coordinare secondo le sue specificità. Ecco, su questo è mancato un dibattito vero, a tutto tondo, nel nostro paese. Perché il governo non ha esplorato altre soluzioni? Questa è un’ottima domanda che giro a voi, fiducioso che interlocutori istituzionali possano raccoglierla.Che cosa mi lascia più perplesso? L’Italia ha chiesto un prestito Mes fino all’altro ieri, addirittura subordinando l’adesione alla scelta di Francia e Spagna. Come se accodarsi ad altri potesse garantire una sorta di immunità di gregge capace di diminuire l’impatto, in termini di responsabilità, associato al programma. Qui nascerebbero molte domande. Perché quei paesi si sono ritirati? L’Italia intende seguirli? Il Mes non era conveniente? Purtroppo, in Italia, si è teso a far coincidere, in modo puramente strumentale, la posizione a favore o contro il Mes come europeismo o anti-europeismo. Dovremmo allora concludere che anche Francia, Spagna, Grecia e Portogallo sono diventati anti-europeisti l’altro giorno, decidendo di non avvalersi del Mes? Io credo che si possa essere europeisti pur avendo qualche riserva su come gli aiuti esterni sono configurati. È vero, stando a come viene presentata, che la linea di credito anti-pandemica del Mes è a bassa condizionalità, per ora. Se a causa del crollo del Pil e del fardello dell’elevato debito pubblico i nostri fondamentali si deteriorassero, scatterebbero clausole di salvaguardia più impegnative. Che impatterebbero sulle tasche dei cittadini. Credo che questo andrebbe spiegato loro.(Domenico Lombardi, dichirazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Meglio i 200 miliardi (a costo 0) del Fmi che l’Italia non vuole usare”, pubblicata dal “Sussidiario” il 21 maggio 2020. Lombardi è stato un consigliere economico del Fmi).Quando la Grecia nel 2010 entrò nel programma del Fondo Monetario, il suo rapporto debito-Pil era del 146%. L’Italia, fatte le debite differenze, quest’anno raggiungerà il 170%. Non lo possiamo certamente ridurre con l’avanzo primario tirando la cinghia. Bisogna parlare di come generare risorse addizionali. Siamo davanti a un shock unico nel suo genere. Come si dice in econometria, c’è un “regime change”. Il problema non è tanto e solo la fine del lockdown, ma quello che verrà fatto nei prossimi mesi. Servono due cose. La prima è incidere in modo sostanziale sulle aspettative di imprenditori e consumatori. La seconda è creare un parallelismo virtuoso, per nulla scontato, tra fine dell’emergenza sanitaria e riaperture. L’unicità di questa crisi dipende anche dal fatto che riaprire le attività commerciali non vuol dire che i consumatori andranno necessariamente a spendere, in assenza di aspettative più favorevoli. Gli strumenti messi in campo dal Decreto Rilancio? Non sono adeguati. Nei primi tempi della pandemia sono stati promessi aiuti a pioggia. Ma interventi di questo genere mi sembrano finalizzati a stabilizzare i consensi piuttosto che favorire la ripartenza nel medio termine. Per costruire quest’ultima occorre una strategia, che manca.