Archivio del Tag ‘Angela Merkel’
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Massoni, manovre, bugie e omissioni sull’Italia gialloverde
Un presidente della Repubblica che ammette a reti unificate che il paese è ostaggio dei mercati finanziari privati. L’oligarchia euro-tedesca che minaccia apertamente la fine dell’Italia. E l’uomo di Trump che si precipita a Roma per ostacolare i terminali di Berlino e, infine, premere in senso opposto sull’establishment conservatore. Obiettivo: far nascere un governo ibrido e sotto ipoteca, con promesse impossibili da mantenere senza prima scardinare il paradigma teologico europeista del rigore suicida, imposto a mano armata dalla massoneria reazionaria che ha in mano la governance della Germania, della Bce e dell’Unione Europea. L’analista geopolitico Federico Dezzani sottolinea il ruolo di primo piano svolto dall’asse angloamericano nella crisi italiana, evidenziando le mosse di Steve Bannon e dell’ambasciatore statunitense Lewis Eisenberg, che ha incontrato Salvini e Di Maio a fine marzo. Quindi i britannici: «Lo stesso Movimento 5 Stelle è un prodotto più inglese che americano, come dimostrano la lunga carriera di Gianroberto Casaleggio presso il colosso dell’informatica inglese Logica Plc e il doppio passaporto, italiano e britannico, del figlio Davide». Sempre secondo Dezzani, Londra ha giocato un ruolo decisivo nella nascita del governo giallo-verde «attraverso il “protestante” Jorge Mario Bergoglio che, a sua volta, ha schierato l’ancora influente Conferenze Episcopale Italiana».
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L’Italia ultimo baluardo di una Germania ormai accerchiata
Si fa sempre più concitata la situazione in Italia ed in Europa, sintomo che la rottura dei vecchi equilibri è vicina. Domenica 27 maggio, il presidente della Repubblica ha posto il veto alla nomina dell’euroscettico Paolo Savona al ministero dell’economia, affossando così il fragile governo M5S-Lega: nonostante l’incarico per la formazione di un nuovo esecutivo sia stato assegnato all’ex-Fmi Carlo Cottarelli, è ormai inevitabile che la XVIII legislatura volga velocemente al termine, presumibilmente nel prossimo autunno. Si potrebbe addirittura dire che la mossa di Mattarella sia un clamoroso regalo allo schieramento M5S-Lega, che consentirà ai populisti di galvanizzare l’elettorato e fare il pieno di voti alle urne. Sullo scenario italiano e sulla sua collocazione nel più ampio contesto internazionale, avevamo scritto 48 ore prima che Mattarella, con una mossa inaspettata, stroncasse sul nascere il governo Conte: in particolare, sottolineavamo come il governo M5S-Lega fosse stato assemblato dagli angloamericani per scardinare l’Eurozona monopolizzata da Berlino, spingendola ad abbandonare la moneta unica.Una Germania, dicevamo, che continua a trarre enormi benefici dalla moneta unica ma, anziché impegnarsi nel progetto europeo, si sta sempre più allontanando dall’orbita atlantica per avvicinarsi alle grandi potenze euroasiatiche. Cina e Russia. Lasciando intatto l’impianto analitico, non resta che incardinare gli ultimi sviluppi. Partiamo con la figura del presidente della Repubblica. Sergio Mattarella entra al Quirinale nel febbraio 2015, quando Palazzo Chigi è occupato da Matteo Renzi, l’Eliseo da François Hollande, Downing Street “dall’europeista” David Cameron, la Casa Bianca da Barack Obama, la Cancelleria Federale da Angela Merkel e la Bce da Mario Draghi. Quasi nessuno dei suddetti politici è più in carica. In questi ultimi due anni, l’Occidente è stato investito dall’ondata “populista” che ha spinto l’Inghilterra fuori dall’Unione Europea (ponendo così fine alla carriera di Cameron), l’euroscettico Donald Trump si è insediato alla Casa Bianca e Matteo Renzi è stato travolto alle politiche dello scorso marzo. All’Eliseo si è invece insediato l’ex-Rothschild Emmanuel Macron che, curiosamente, ha sviluppato un strettissimo legame con Trump, posizionando la Francia su posizioni rigorosamente atlantiche (si pensi al recente bombardamento tripartito della Siria).Sono sopravvissuti, faticosamente, solo in due, gli ultimi custodi del vecchio ordine euro-atlantico in fase di profonda ristrutturazione: Angela Merkel e Mario Draghi. La cancelliera ed il governatore della Bce sono accomunati da una peculiarità: entrambi hanno legato il proprio nome alla sopravvivenza dell’euro. La prima, come si notò già durante la crisi greca del 2015, difendendo a spada tratta l’integrità dell’Eurozona; il secondo pronunciando il celebre “whatever it takes” che, nel bene e nel male, ha garantito la sopravvivenza dell’Eurozona per sei anni. Sono proprio la Merkel e Draghi ad avere esercitato le pressioni su Mattarella perché bloccasse la nomina a ministro dell’economia di Paolo Savona, riconducibile invece all’establishment anglosassone schierato su posizioni euro-scettiche (come la stessa Mediobanca cui Savona è da sempre vicino). Mattarella, anche con una certa coerenza con la sua carriera da democristiano di sinistra ed “europeista”, si è piegato alle richieste di Berlino, ponendo così il veto sul nome di Savona. La mossa è senza speranza e, più che altro, serve a testimoniare la sua personale volontà di difendere sino alla fine la moneta unica.La nomina di Cottarelli, destinata quasi certamente a naufragare, gonfia infatti ulteriormente le vele dei populisti, che marciano verso le prossime elezioni con certezza di vittoria: aumentanti ulteriormente i loro seggi parlamentari, potranno riproporsi al cospetto di Mattarella con qualsiasi lista di ministri, avendo la sicurezza che siano accettati, Savona compreso. Sempre che, ovviamente, l’82enne ex-protetto di Cossiga non sia destinato a incarichi ancora più prestigiosi del ministero dell’economia. Chiuse le urne e certificata la vittoria dei populisti, si porrà infatti il problema di Sergio Mattarella, il cui mandato si conclude formalmente nel 2022. Davvero qualcuno pensa che il presidente della Repubblica, già inimicatosi l’attuale Parlamento, possa sopravvivere al prossimo, spostato su posizioni ancora più intransigenti? No, la “Terza Repubblica” vorrà eleggere il proprio capo dello Stato, che dovrà soprattutto essere in sintonia con gli Stati Uniti di Trump e la Gran Bretagna post-Brexit: ecco perché non sarebbe azzardato scommettere sulla salita di Paolo Savona al Quirinale. Il veto di Mattarella è stato accolto con sollievo dalla stampa tedesca, che ha visto allontanare nell’immediato il rischio di un odiatissimo governo italiano “anti-europeista”. Chi, invece, aveva aperto al governo giallo-verde, usando toni concilianti che hanno sorpreso molti (ma non noi), è stata la Francia di Macron: “La mano tesa di Macron a Conte: impazienti di lavorare insieme”, titolava la “Repubblica” la sera del 25 maggio.L’apertura di Macron al governo giallo-verde si inquadra nella crescente convergenza tra Parigi e Washington, recentemente culminata con la visita di Macron alla Casa Bianca: Francia e Stati Uniti si stanno avvicinando anche in funzione anti-tedesca ed è questo il motivo per cui l’inquilino dell’Eliseo ha salutato con cordialità l’esecutivo giallo-verde. Tanto i francesi stanno rafforzano i legami con gli Usa e l’Inghilterra, tanto parallelamente si stanno allontanando dalla Germania: il gelo con cui i tedeschi hanno accolto le proposte con cui Macron intende riformare l’Eurozona, indica che il motore franco-tedesco appartiene ormai più all’immaginario che alla realtà. In definitiva, “l’accerchiamento” della Germania procede: gli angloamericani hanno già attirato dalla loro la Francia di Macron, lavorano per ricreare l’Intermarium a guida polacca e, col prossimo governo populista, aggiungeranno anche l’Italia allo schieramento anti-tedesco, mossa decisiva perché Roma è pur sempre un paese fondatore dell’Unione Europea. Il “tedesco” Sergio Mattarella sarà inesorabilmente destinato alle dimissioni nel nuovo contesto geopolitico. La fine dell’Eurozona, per come la conosciamo oggi, incombe: oltre Atlantico, si lavora perché sia Germanexit.(Federico Dezzani, “L’ultima resistenza del ‘filotedesco’ Mattarella. A grandi tappe verso l’accerchiamento della Germania”, dal blog di Dezzani del 28 maggio 2018).Si fa sempre più concitata la situazione in Italia ed in Europa, sintomo che la rottura dei vecchi equilibri è vicina. Domenica 27 maggio, il presidente della Repubblica ha posto il veto alla nomina dell’euroscettico Paolo Savona al ministero dell’economia, affossando così il fragile governo M5S-Lega: nonostante l’incarico per la formazione di un nuovo esecutivo sia stato assegnato all’ex-Fmi Carlo Cottarelli, è ormai inevitabile che la XVIII legislatura volga velocemente al termine, presumibilmente nel prossimo autunno. Si potrebbe addirittura dire che la mossa di Mattarella sia un clamoroso regalo allo schieramento M5S-Lega, che consentirà ai populisti di galvanizzare l’elettorato e fare il pieno di voti alle urne. Sullo scenario italiano e sulla sua collocazione nel più ampio contesto internazionale, avevamo scritto 48 ore prima che Mattarella, con una mossa inaspettata, stroncasse sul nascere il governo Conte: in particolare, sottolineavamo come il governo M5S-Lega fosse stato assemblato dagli angloamericani per scardinare l’Eurozona monopolizzata da Berlino, spingendola ad abbandonare la moneta unica.
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Veri cattivi e finti buoni: a chi giova questo “golpe stupido”
L’uscita di Mattarella che blocca il governo di chi ha vinto le elezioni viene motivata ufficialmente con l’intenzione di impedire i danni finanziari prodotti dai “populisti sovranisti”, e di favorire gli interessi dei poteri finanziari ed europeisti dei quali lo stesso presidente appare come un’evidente espressione. Ma molti osservatori notano questa mattina giustamente che questa mossa ha una sola certa conseguenza: rafforza nell’opinione pubblica le posizioni proprio di quelli che sembrava voler bloccare. E potrebbe spingerli verso un successo elettorale ancora maggiore, scompigliando e indebolendo ancora di più i partiti tradizionali filo-sistema. È stupido, il presidente? Certamente no: è un uomo del sistema che fa bene gli interessi del sistema. Proprio per questo motivo lo hanno messo a fare il presidente. Ma allora che interesse ha il sistema trasnazionale oscuro e anticoscienza nell’ordinare una tale mossa apparentemente controproducente? Vediamo… Un presidente della Repubblica nomina i ministri su proposta del presidente del Consiglio incaricato, ma non può alterare o condizionare la linea politica emersa dal voto. Bloccare la nascita di un governo che esprime la volontà popolare, giusta o sbagliata che sia, e farlo per di più nel nome di quello che poteri forti trasnazionali, finanziari e politici, vogliono continuare a imporre ai cittadini italiani, appare ora a tantissimi italiani come un vero e proprio tradimento del popolo che rappresenta. Un vero e proprio golpe.La figura e le idee di Savona, proposto come ministro dell’economia e bloccato dal Quirinale, corrispondono perfettamente a quanto Lega e 5 Stelle hanno messo nel loro “contratto”. Corrispondono alla linea politica che questo governo era legittimato a portare avanti. Anzi, si può tranquillamente affermare che quel “contratto” è molto più moderato di quello che la maggioranza degli italiani aveva deciso di votare. In effetti occorre ricordare, proprio in mezzo a questa voluta esasperazione dei toni, che la maggioranza ha votato per i giallo-verdi perché quei partiti avevano promesso azioni forti nei confronti dell’euro e dell’Unione Europea, ben più dure di quelle poi manifestate nel processo di formazione del governo. Il “contratto” elaborato da leghisti e grillini si era in effetti ridotto ad una enorme frenata su questi temi: e questo già era un chiarissimo e sospetto mezzo tradimento dei voti che erano stati raccolti dagli italiani promettendo loro ben altro. A questo si aggiunge ora, con la mossa di Mattarella, un tradimento completo e totale. Ma in qualche modo proprio la evidente “cattiveria” del gesto di questo antipatico presidente fa in modo che gli italiani si sentano traditi da lui, invece che da chi avevano votato e che si accingeva a fare cose ben diverse dalle aspettative. I malumori di parte del movimento grillino per il tradimento dei programmi si sciolgono come neve al sole, “distratti” dal protervo attacco della finanza internazionale attraverso Mattarella.Nello scontro verbale che sta partendo, la gente avrá difficoltá a ricordare che già con certe proposte di ministri e con abbondanti modifiche dei programmi, il cosiddetto “governo del cambiamento” si accingeva a cambiare nei fatti poco e niente. E certamente non avrebbe disturbato la grande finanza, la Nato, i veri poteri mondialisti, l’euro, Big Pharma, le vaccinazioni, le multinazionali, le guerre, la chimica e i campi elettromagnetici ovunque, la deriva culturale… Avrebbe fatto il minimo indispensabile di riforme positive per compiacere i propri elettori, ma senza certamente intaccare i grandi interessi strategici dei poteri forti, dai quali Lega e 5 Stelle sono stati creati anni fa per cavalcare, incanalare e controllare il crescente dissenso della gente arrabbiata o “in risveglio”. Ma allora quale è il fine di questa intricata manovra? Di questo complesso gioco di specchi? Difficile dire quali saranno i prossimi passi, perché i passi fanno parte di strategie e tattiche che conoscono solo i poteri oscuri che certe manovre fanno. E quindi vedremo. Ma giá si intravedono delle linee, delle direttrici di fondo.La mossa presidenziale – facilitata dalla “strana” impuntatura di Salvini sul solo Savona (potevano metterci un fantoccio affiancato da Savona, se proprio volevano) – parte ovviamente da un ordine superiore, e non è detto che lo stesso Mattarella conosca tutte le implicazioni. Così come non le sanno nemmeno Di Maio o Salvini… veri e propri burattini di un gioco compiuto dietro le quinte da poteri enormemente più forti. Di certo il risultato è quello di rafforzare il consenso politico di Lega e Cinque Stelle tra i cittadini di fronte al manifesto abominio compiuto dai poteri forti attraverso Mattarella. Tanto che è già partita in tromba una facilissima campagna elettorale di fuoco, organizzata per rafforzare ulteriormente la tifoseria dei partiti del dissenso, consolidandone l’immagine antisistema al di là di quelle che poi certamente saranno le enormi frenate pro-sistema una volta andati al governo. Il teatrino drammatico serve in effetti a rafforzare nella gente in risveglio la fiducia in questi partiti come “salvatori della patria”, e quindi a rafforzare la loro possibilitá successiva di prendere in giro i propri elettori, dando delle briciole alla gente per poter continuare a mantenere in piedi ed ulteriormente rafforzare il sistema vero dei poteri forti mondiali.Avvalendosi proprio del supporto di una tifoseria ancora più addormentata dalla rabbia prodotta dalle “cattiverie” di Mattarella, della Merkel, dei ministri europei, dai commenti velenosi del “Financial Times” e dalle solite minacce delle agenzie di rating. E dall’altra imbambolata e fanatizzata dalla chiamata alle armi, dai toni guerreschi e dalle promesse mirabolanti dei giallo-verdi. Nel frattempo, nei prossimi mesi gente del tipo Cottarelli, uomo del criminogeno Fondo Monetario Internazionale, potrebbe guidare un governo senza maggioranza ma comunque capace – con l’appoggio del Quirinale – di compiere ulteriori nefandezze in nome di nuove emergenze prodotte ad arte contro di noi a livello internazionale. Mentre il consenso ai giallo-verdi, creati dagli stessi poteri per incanalare e silenziare il vero dissenso delle coscienze, crescerebbe comunque, in quanto gli italiani attribuiranno tutti i problemi dei prossimi mesi, perfino il caldo, la pioggia o le macchie solari, al fatto che è stato bloccato dai cattivi il governo del cambiamento. Il governo “buono” dei miracoli che comunque non avrebbe fatto. Tranne qualche briciola da distribuire veramente agli italiani per farli stare zitti e continuare a illuderli.Quale è allora in effetti il fine di tutta questa manovra? Smontare una opposizione vera al sistema, che – al di lá di Lega e M5S – è comunque veramente sentita nella maggioranza degli italiani, e legarla sempre di più a questi fidati partiti eterodiretti. Attraverso un teatrino tutto verbale, fatto di posizioni di contrapposizione strumentale, capaci di assorbire e incanalare il malcontento riducendolo a tifoseria accesa. In favore di volti nuovi ma appartenenti ai soliti vecchi ambienti, e che mai nei fatti intaccheranno veramente i grandi interessi dei poteri forti anticoscienza. Lo scontro tra sovranisti e mattarelliani europeisti non è altro che il gattopardesco gioco delle parti, fatto per non cambiare le cose. Lo dimostra il fatto che quando poi questi finti sovranisti si avvicinano veramente al potere annacquano i loro programmi in modo incredibile. E infarciscono le loro proposte di ministri con personaggi solo apparentemente nuovi, ma sempre comunque appartenenti al vecchio circuito di potere. Come Savona, uomo di Confindustria, del sistema bancario internazionale, ministro dell’orrido e nefasto governo Ciampi, da sempre splendidamente inserito nei circuiti internazionali oscuri. O come i finti nuovi professori “scoperti” dal Cinque Stelle, provenienti da università e ambienti di stampo tra il piduista e il gesuitico-massonico.Insomma un gran chiasso, perché la gente che si sta risvegliando, che è sempre di più, non si organizzi autonomamente in partiti e movimenti veramente liberi, ma venga presa dal tifo per una finta lotta di potere tra falsi buoni e veri cattivi. Quelli che sembrano “buoni” lo sono veramente? Sono dalla parte del popolo, delle coscienze, o servono solo a imbambolarci in un teatrino fasullo di accese tifoserie? Questi giorni dopo le elezioni lo hanno dimostrato. Questo schema di danza macabra sulla pelle degli italiani è stato ora rafforzato non casualmente da un uomo del potere come Mattarella. Cosa fare, subire? No, attivarsi, ma non nella direzione della delega a false scelte che alla fine derivano sempre dagli stessi poteri schiavizzanti. Non farsi prendere in giro, mantenersi interiormente liberi, non fidarsi di chi promette e non mantiene veramente. Non delegare a chi non si conosce, non fidarsi dei media. Non rinunciare ai propri ideali e alla propria voglia di bene, e organizzarsi per interagire orizzontalmente e positivamente con i nostri territori e le comunità locali. Là dove possiamo operare con la nostra voglia di bene e controllare direttamente con la nostra coscienza. Dal basso, nell’orizzontale, sorgerà la società etica ed amorosa del futuro. Non da questi fantasmi, spettri del potere. Dalla nostra coscenza direttamente operativa il futuro luminoso della società umana, non dalla fiducia e dalla delega al Gatto e alla Volpe, che fanno da sempre gli amici – cambiando maschere – solo per rubarci l’anima.(Fausto Carotenuto, “Il ‘golpe stupido’ di Mattarella e la danza macabra”, da “Coscienze in Rete” del 28 maggio 2018).L’uscita di Mattarella che blocca il governo di chi ha vinto le elezioni viene motivata ufficialmente con l’intenzione di impedire i danni finanziari prodotti dai “populisti sovranisti”, e di favorire gli interessi dei poteri finanziari ed europeisti dei quali lo stesso presidente appare come un’evidente espressione. Ma molti osservatori notano questa mattina giustamente che questa mossa ha una sola certa conseguenza: rafforza nell’opinione pubblica le posizioni proprio di quelli che sembrava voler bloccare. E potrebbe spingerli verso un successo elettorale ancora maggiore, scompigliando e indebolendo ancora di più i partiti tradizionali filo-sistema. È stupido, il presidente? Certamente no: è un uomo del sistema che fa bene gli interessi del sistema. Proprio per questo motivo lo hanno messo a fare il presidente. Ma allora che interesse ha il sistema trasnazionale oscuro e anticoscienza nell’ordinare una tale mossa apparentemente controproducente? Vediamo… Un presidente della Repubblica nomina i ministri su proposta del presidente del Consiglio incaricato, ma non può alterare o condizionare la linea politica emersa dal voto. Bloccare la nascita di un governo che esprime la volontà popolare, giusta o sbagliata che sia, e farlo per di più nel nome di quello che poteri forti trasnazionali, finanziari e politici, vogliono continuare a imporre ai cittadini italiani, appare ora a tantissimi italiani come un vero e proprio tradimento del popolo che rappresenta. Un vero e proprio golpe.
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Il Telegraph: l’euro-golpe sta mettendo in pericolo l’Italia
Le élite italiane favorevoli all’euro si sono spinte troppo in avanti. Il presidente Sergio Mattarella ha creato lo straordinario precedente che nessun movimento politico, o coalizione di partiti, potrà mai prendere il potere se sfida l’ortodossia dell’Unione Monetaria. Senza rendersene conto, ha inquadrato gli eventi come se fossero una battaglia tra il popolo italiano e un’eterna “casta” fedele ad interessi stranieri, facendo il gioco dei ribelli grillini e dei nazionalisti antieuro della Lega. Per giustificare il suo veto all’euroscetticismo ha incautamente invocato lo spettro dei mercati finanziari ma, nell’insieme, le sue azioni hanno reso la situazione infinitamente peggiore. Lo spread sulle obbligazioni italiane a 10 anni è salito di quasi 30 punti base, fino al massimo di 235 (lunedì), quando gli investitori si sono resi conto delle terribili implicazioni dello spasmo costituzionale: una crisi che durerà tutta l’estate e che potrà concludersi solo con nuove elezioni, che non risolveranno nulla. Negli ultimi giorni si è fatto molto per ridurre il calo delle azioni bancarie, ma queste stanno ora cedendo in modo ancora più forte. Banca Generali è scesa del 7,2% e Unicredit del 5%.Che si tratti o meno di un “morbido colpo di Stato”, il territorio resta comunque assai pericoloso. Il presidente Mattarella ha apertamente dichiarato di non poter accettare come ministro delle finanze Paolo Savona, perché le sue passate critiche alla moneta unica “potrebbero provocare l’uscita dell’Italia dall’euro” e portare ad una crisi finanziaria. In un certo senso questo veto poteva essere previsto. Anche il governo Berlusconi fu rovesciato nel 2011 da Bruxelles e dalla Banca Centrale Europea. Qualche “informatore” ha rivelato di aver manipolato gli spread sui bond per poter esercitare la massima pressione. L’Ue aveva persino provato a reclutare Washington, che però si rifiutò d’intervenire. «Non possiamo sporcare di sangue le nostre mani», dichiarò il Segretario al Tesoro degli Stati Uniti, Tim Geithner. La novità è che la santità dell’euro dovrebbe amaramente essere formalizzata come imperativo costituzionale italiano!«Abbiamo un problema di democrazia, perché gli italiani sono sovrani e non possono essere governati dallo spread», ha detto Matteo Salvini, l’uomo forte della Lega, in forte ascesa. «È una questione molto seria il fatto che Mattarella abbia scelto i mercati e le regole dell’Unione Europea invece degli interessi del popolo italiano». «Perché non diciamo semplicemente che in questo paese il voto è inutile, visto che sono le agenzie di rating e le lobby finanziarie a decidere i governi?», ha dichiarato Luigi di Maio, leader del Movimento Cinque Stelle. La Costituzione italiana concede al presidente Mattarella alcuni poteri, per lo più non sperimentati e comunque posti in una zona grigia. Potrebbe anche sostenere che il blitz fiscale Lega-Grillini violi l’art. 80 della Costituzione e che comunque egli ha il dovere di salvaguardare i trattati dell’Ue. Tuttavia, non ha alcun mandato diretto conferito dal popolo. Egli fu scelto come compromesso di basso profilo nell’ambito di un accordo preso dietro le quinte. Non ha l’autorità per bloccare in eterno l’Italia nell’euro.L’onorevole Di Maio sta ora facendo richiesta d’impeachment, ai sensi dell’articolo 90. «Voglio che il presidente sia processato, voglio che questa crisi istituzionale venga risolta dal Parlamento per evitare che il malcontento popolare sfugga di mano», ha dichiarato. I ribelli, in effetti, hanno voti sufficienti per poterlo rimuovere. Ciò che è degno di nota è che le élite pro-euro hanno agito in modo veramente rozzo, spingendo la situazione verso un’impasse pericolosa. Il ministro delle finanze proposto, Paolo Savona, non è un testa calda. E’ stato funzionario della Banca d’Italia, ministro e presidente di Confindustria, oltre che direttore di un hedge-fund londinese. Aveva fatto dichiarazioni concilianti, lasciando cadere la suggestione che l’euro sia una “gabbia tedesca”. Aveva insistito sul fatto che il suo “Piano B” per uscire dalla moneta unica (2015) non era più operativo e che il suo vero obiettivo era tornare ad un euro più equo, radicato nell’art. 3 del Trattato di Lisbona, che prevede crescita economica, creazione di posti di lavoro e solidarietà. Le sue argomentazioni legali erano impeccabili.Con un po’ di furbizia, i “poteri forti” e i “mandarini” italiani avrebbero potuto collaborare con il signor Savona e trovare un modo per attenuare le posizioni della Lega e dei grillini. La spinta ad escluderlo del tutto – per cercare di soffocare la ribellione euroscettica, come avevano già fatto con Syriza in Grecia – proveniva da Berlino, Bruxelles e dalla struttura di potere dell’Ue. Il tempo dirà se hanno preso una cantonata, cadendo in una trappola. «In un certo senso sono molto felice perché abbiamo finalmente sgombrato il tavolo dalle str…ate», ha dichiarato Claudio Borghi, portavoce per l’economia della Lega. «Ora sappiamo che si tratta di una scelta fra democrazia e spread. Devi giurare fedeltà al dio dell’euro per poter avere una vita politica, in Italia. E’ peggio di una religione. Quello che stiamo vedendo costituisce il problema fondamentale dell’Eurozona: non si può avere un governo che dispiaccia ai mercati o al ‘club dello spread’, la Bce e l’Eurogruppo li utilizzerebbero per annientare la vostra economia. Siete molto fortunati, nel Regno Unito, perché vivete ancora in un paese libero», ha aggiunto.Il presidente Mattarella ha scelto Carlo Cottarelli – veterano del Fmi e simbolo d’austerità – per formare un governo tecnico. Questo tentativo disperato non ha alcuna possibilità di ottenere un voto di fiducia nel Parlamento italiano. Sopravviverà in un limbo costituzionale. «È incredibile che stiano comunque cercando di farlo. Porterà a rivolte e a proteste politiche di massa. Alla stragrande maggioranza degli italiani non gliene frega niente dello spread», ha concluso Borghi. Il calcolo di coloro che circondano il presidente è che gli italiani da loro umiliati, davanti all’abisso finanziario e politico, possano cambiare idea e rinunciare all’insurrezione. La scommessa è che l’attrito politico possa ridisegnare il paesaggio entro ottobre, considerato il mese più probabile per un nuovo voto. Questo gioco può anche riuscire, ma è in ogni caso una supposizione pericolosa.La Lega di Matteo Salvini ha già guadagnato otto punti nei sondaggi, dopo le ultime elezioni. Si è impadronita degli eventi delle ultime 24 ore per capitalizzare l’umore nazionalista, come Gabriele d’Annunzio a Fiume nel 1919. «Non saremo mai servi e schiavi dell’Europa», ha detto Salvini. Ha già proclamato che il prossimo voto sarà un plebiscito sulla sovranità italiana e un atto di resistenza nazionale contro «Merkel, Macron e i mercati finanziari». Ma c’è un altro pericolo. La fuga di capitali ha una sua logica implacabile. È visibile nel crescente tasso di cambio con il franco svizzero. Esiste il rischio che i flussi in uscita accelerino e spingano gli squilibri interni Target2 della Bce verso il punto di rottura. I crediti Target2 della Bundesbank tedesca sono già a 923 miliardi di euro. È probabile che arriveranno ad 1 trilione di euro in breve tempo, provocando forti richieste da parte di Berlino perché siano congelati.L’Istituto Ifo, in Germania, ha già avvertito che devono esserci dei limiti. Ma qualsiasi mossa per limitare i flussi di liquidità significherebbe che la Germania è vicina a staccare la spina dell’Unione Monetaria e questo scatenerebbe un’inarrestabile reazione a catena. Il signor Mattarella affronterà un’estate estenuante. Rischia di andare a sbattere, fra quattro mesi, con la stessa alleanza Lega-Grillini, ma con una maggioranza ancora più ampia e un fragoroso mandato a favore del loro “governo del cambiamento”. Potrebbe seguire la strada del presidente legittimista francese Patrice de MacMahon che, sotto la Terza Repubblica, tentò d’imporre il suo “ordine morale” ad un’ostile Camera dei Deputati, negli anni ‘70 dell’Ottocento, invocando i suoi teorici poteri. Il tentativo fallì. Il Parlamento lo affrontò presentandogli un ultimatum: “Sottomettersi o dimettersi”. Prevalse la democrazia.(Ambrose Evans-Pritchard, “Il colpo di Stato europeo contro l’Italia segna uno spartiacque”, dal “Telegraph” del 28 maggio 2018; articolo tradotto da “Franco” per “Come Don Chisciotte”).Le élite italiane favorevoli all’euro si sono spinte troppo in avanti. Il presidente Sergio Mattarella ha creato lo straordinario precedente che nessun movimento politico, o coalizione di partiti, potrà mai prendere il potere se sfida l’ortodossia dell’Unione Monetaria. Senza rendersene conto, ha inquadrato gli eventi come se fossero una battaglia tra il popolo italiano e un’eterna “casta” fedele ad interessi stranieri, facendo il gioco dei ribelli grillini e dei nazionalisti antieuro della Lega. Per giustificare il suo veto all’euroscetticismo ha incautamente invocato lo spettro dei mercati finanziari ma, nell’insieme, le sue azioni hanno reso la situazione infinitamente peggiore. Lo spread sulle obbligazioni italiane a 10 anni è salito di quasi 30 punti base, fino al massimo di 235 (lunedì), quando gli investitori si sono resi conto delle terribili implicazioni dello spasmo costituzionale: una crisi che durerà tutta l’estate e che potrà concludersi solo con nuove elezioni, che non risolveranno nulla. Negli ultimi giorni si è fatto molto per ridurre il calo delle azioni bancarie, ma queste stanno ora cedendo in modo ancora più forte. Banca Generali è scesa del 7,2% e Unicredit del 5%.
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Magaldi con Savona: via Mattarella, sgominare i poteri marci
L’alto tradimento di Sergio Mattarella rispetto alla Costituzione, rispetto allo Stato, rievoca un altro tradimento – sostanziale, anche se non formale – compiuto da Giorgio Napolitano. Anche nel suo caso il Movimento 5 Stelle propose l’impeachment, che però poi non andò avanti. Ma Napolitano, nel fare senatore a vita il massone tecnocratico, neo-aristocratico e reazionario Mario Monti, non violò la Costituzione formalmente. Ci fu il solito bombardamento di spread, in termini anche più sontuosi e violenti, e Berlusconi fu accompagnato a calci nel sedere fuori dalla porta, mentre Monti fu salutato da squilli di tromba. Di fatto, nella sostanza, fu un golpe – che privò gli italiani di un governo rappresentativo della volontà popolare e presentò come salvatore della patria uno dei becchini dell’Italia. Giorgio Napolitano ha avuto delle responsabilità enormi, in questo, e anche nell’abituare il popolo italiano all’idea che non si governa con il mandato popolare, ma si governa perché i sedicenti “illuminati”, che occupano indebitamente i palazzi del potere italiano ed europeo, decidono cosa è bene per il popolo bue. Per Napolitano non c’erano gli estremi per un impeachment formale, ma qui il discorso è diverso: come notato anche da autorevoli osservatori non ostili a Mattarella o non troppo empatici rispetto al governo “gialloverde” in costruzione, Mattarella ha fatto un discorso politico: e ha messo il veto su una persona per un reato d’opinione.Un reato d’opinione anche molto moderato: Paolo Savona, che in passato ha fatto analisi articolate sull’Eurozona, in un comunicato ha poi spiegato di voler interpretare il “contratto” politico che sottendeva il governo Conte, e di voler appunto (come ha detto anche Salvini) “trattare”, cioè porsi in una condizione di dignità dell’Italia rispetto all’Europa, per concorrere a costruire un’Europa più equa e più forte. Rispetto a questo, Mattarella ha detto che non se la sentiva, e (in modo protervo) che non voleva consentire la nomina e l’insediamento di Savona. Per questo ha respinto un governo legittimato dal voto popolare, affidando l’Italia a un rappresentante del Fmi come Cottarelli, che è parte di quella cricca di tecnici che hanno già malgovernato l’Italia e che rappresentano quei “poteri marci” che vogliono asservire non solo il popolo italiano, ma anche il resto dei popoli europei. Non pensano ad un’Europa prospera e democratica, ma ad una visione disgregatrice, dove il mercato, lo spread e presunti principi di teologia dogmatica, laica e neoliberista, governano il tutto: la bussola è già tracciata e le elezioni sono inutili. Questo è quello di cui si è fatto interprete Mattarella: quindi – al di là di quello che sarà l’iter – l’impeachment va sicuramente avviato, perché politicamente significa che ogni giorno, da qui al voto, si potrà ricordare al popolo italiano quello che è accaduto.Politicamente credo sia utilissimo e anche doveroso iniziare una mobilitazione popolare e comunicativa a favore della messa in stato d’accusa del capo dello Stato, che si è dimostrato infedele ai principi della Costituzione su cui ha giurato, al pari di Napolitano, Monti e Draghi. Ovunque siano insediati, questi uomini rappresentano i terminali di “poteri marci”, neo-aristocratici e massonicamente “controiniziatici”. In realtà, questi stessi poteri erano messi di fronte a uno scacco: la candidatura stessa di Paolo Savona era vista con molto favore dai circuiti massonici progressisti, che in Italia mi onoro di rappresentare. Le sue istanze sull’economia, l’Italia e l’Europa si sovrapponevano perfettamente alle nostre. Mattarella è stato fatto oggetto di pressioni inaudite, da parte di poteri extra-istituzionali, che hanno compiuto una sorta di golpe. Il solo fatto di trovarsi davanti a questo bivio ha messo Mattarella e tutti questi “poteri marci” di fronte a uno scacco: era Scacco al Re. Lo Scacco al Re può essere risolto con qualche mossa avveduta. Peccato che la mossa è stata quella sbagliata: nella sua tragicità, è una mossa che si rivelerà esiziale, per chi ha sin qui distrutto il sogno europeista di tanti italiani, per chi ha affossato un’Europa politica e democratica e ora sta avvilendo anche la dignità dell’Italia nel rapporto con le istituzioni europee e con le altre cancellerie continentali.Mattarella ha smascherato se stesso come maggiordomo di questi poteri, comportandosi da perfetto paramassone, come Enrico Letta: perfetto paramassone asservito anche Mattarella, a cui nemmeno è stato accordato il privilegio di essere direttamente tra i “fratelli” neo-aristocratici; è stato solo utilizzato, come altri, in un rango subalterno e servile. E servilmente, tradendo la Costituzione del suo paese, Sergio Mattarella ha fatto la scelta più sbagliata, per la sua parte: respingendo Savona e mostrando il vero volto di se stesso e dei suoi complici, ha offerto al popolo italiano (e anche a tutti gli osservatori internazionali che ci guardano) l’immagine di un Re Nudo. Un Re collettivo e post-democratico, un Re che non vuole che venga nemmeno messa in discussione la narrativa, la dogmatica politica economica che deve imperare. Usando una metafora cristiana, paradossalmente Mattarella diventa un po’ come Giuda che, compiendo un misfatto, consente però che Cristo muoia e poi risorga. Più modestamente, Mattarella – compiendo questo misfatto – offre finalmente una interpretazione di tutto ciò che è accaduto dal 2011 ad oggi (e anche molto prima).Già nel 2014 spiegavo che la battaglia per la democrazia, in Europa e nel mondo, si sarebbe combattuta in Italia. Quello che oggi è accaduto dimostra che non ero un “poetico visionario”, che non lo erano tutti quelli impegnati con me a combattere in questa direzione. La partita si gioca in Italia: adesso il popolo italiano sarà chiamato a regolarsi di conseguenza. Ovviamente c’è chi prova a seminare zizzania tra Di Maio e Salvini: si tratta di sicofanti, mezzani e professionisti dell’intrigo, per lo più provenienti dall’area di Forza Italia, che infatti teme come la morte che l’asse tra Lega e 5 Stelle possa essere tradotto anche in termini elettorali. Personalmente sarei a favore di quest’opzione, anche per un fatto di trasparenza e per celebrare in modo netto la prospettiva di un nuovo governo, magari persieduto proprio da Paolo Savona: un accordo elettorale, come il “contratto” di governo, con Lega e 5 Stelle che presentano Paolo Savona come candidato premier, gradito a entrambe le parti. Questa è la proposta che il Movimento Roosevelt farà nei prossimi giorni. Non credo che l’ipotesi di accordo elettorale tra Lega e 5 Stelle sarebbe ingenua e farebbe perdere voti: non solo avrebbe un alto valore etico-politico ma sarebbe anche vincente. Con l’attuale legge elettorale, Lega e 5 Stelle saranno forti a livello proporzionale, e in ambito maggioritario sarebbero comunque in grado di sgominare qualunque altro avversario: farebbero il pieno di voti.Berlusconi? Come al solito si è dimostrato verminoso, davvero spregevole, in questa sua solidarietà pelosa a Mattarella e in questo suo riavvicinamento alla “culona inchiavabile”, come definì la Merkel, e a tutti i rappresentanti “marci” del Partito Popolare Europeo, che sono parte di questo establishment che soffoca il continente. La prospettiva di Salvini non è quella di Berlusconi, con tutta evidenza: ha molte più affinità con quella del Movimento 5 Stelle. In un modo o nell’altro, in Parlamento si avrà una nuova maggioranza tra Lega e 5 Stelle. E se ci sarà anche l’impeachment, Mattarella sarà indotto a più miti consigli dalla sollevazione popolare che da oggi inizierà. E finalmente avremo un governo che possa rappresentare le istanze chiarissime espresse dalla volontà del popolo. In più, urge più che mai la costruzione del nuovo partito che serve all’Italia. Il Movimento Roosevelt lavorerà sia per cementare un asse rinnovato e fortificato tra Lega e Movimento 5 Stelle, sia per costruire un soggetto politico che possa supportare ulteriormente una prospettiva di cambiamento, perfezionandola – siamo convinti di aver già insegnato molto, a Lega e 5 Stelle, che sono maturati anche grazie ai nostri buoni consigli, pubblici e privati. Soprattutto, possiamo interpretare (forse anche meglio di loro) la necessità di un cambio di paradigma.Complimenti intanto a Paolo Savona, anche per lo stile con il quale – sottraendosi alle polemiche – ha di fatto “non commentato” gli eventi. Savona dimostra di essere uomo delle istituzioni: degno di fare il ministro dell’economia o il presidente del Consiglio, e magari anche il presidente della Repubblica. Sergio Mattarella? Dimostra di essere quello che è: un servile cortigiano, subalterno di poteri “marci” sovranazionali di ispirazione massonica neo-aristocratica. Cottarelli? Certamente deve andare a casa, e anche di corsa: la sua nomina è un insulto al popolo italiano. Cottarelli è l’uomo dei tagli, l’uomo del Fondo Monetario Internazionale. E’ una cosa scandalosa, il veto su Savona e l’aver proposto Cottarelli: è veramente un atto di arbitrio e di prepotenza. Quindi tutti a casa, si vada al voto. E, possibilmente, l’impeachment per Mattarella.(Gioele Magaldi, dichiarazioni rilasciate a David Gramiccioli per la diretta “Massoneria On Air” su “Colors Radio” il 28 maggio 2018. Massone, leader del Grande Oriente Democratico e presidente del Movimento Roosevelt, Magaldi è l’autore del saggio “Massoni”, uscito nel 2014 per Chiarelettere, che denuncia il ruolo occulto di 36 superlogge sovranazionali al vertice del potere mondiale, con ramificazioni in ogni governo).L’alto tradimento di Sergio Mattarella rispetto alla Costituzione, rispetto allo Stato, rievoca un altro tradimento – sostanziale, anche se non formale – compiuto da Giorgio Napolitano. Anche nel suo caso il Movimento 5 Stelle propose l’impeachment, che però poi non andò avanti. Ma Napolitano, nel fare senatore a vita il massone tecnocratico, neo-aristocratico e reazionario Mario Monti, non violò la Costituzione formalmente. Ci fu il solito bombardamento di spread, in termini anche più sontuosi e violenti, e Berlusconi fu accompagnato a calci nel sedere fuori dalla porta, mentre Monti fu salutato da squilli di tromba. Di fatto, nella sostanza, fu un golpe – che privò gli italiani di un governo rappresentativo della volontà popolare e presentò come salvatore della patria uno dei becchini dell’Italia. Giorgio Napolitano ha avuto delle responsabilità enormi, in questo, e anche nell’abituare il popolo italiano all’idea che non si governa con il mandato popolare, ma si governa perché i sedicenti “illuminati”, che occupano indebitamente i palazzi del potere italiano ed europeo, decidono cosa è bene per il popolo bue. Per Napolitano non c’erano gli estremi per un impeachment formale, ma qui il discorso è diverso: come notato anche da autorevoli osservatori non ostili a Mattarella o non troppo empatici rispetto al governo “gialloverde” in costruzione, Mattarella ha fatto un discorso politico: e ha messo il veto su una persona per un reato d’opinione.
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Magaldi: fidatevi, sarà proprio l’Italia a cambiare l’Europa
Fidatevi: sarà l’Italia a cambiare l’Europa. Eresia pura, a prima vista. Tempi: non sospetti. Fine 2014, con il giovane Renzi insediato a Palazzo Chigi e pronto a recitare la sua mediocre particina teatrale, il dinamismo giovanilistico e solo cosmetico di riformette Merkel-compatibili, pre-formattate da Mario Draghi, Jp Morgan e colleghi. «Fidatevi: sarà l’Italia a cambiare l’Europa». Firmato: Gioele Magaldi, il visionario. Il massone dissidente, l’eretico, il fastidioso smascheratore di un sistema truccato, neoliberale e segretamemte super-massonico. Autore di un bestseller clamoroso (“Massoni”, edito da Chiarelettere) che svela il ruolo decisivo di 36 superlogge internazionali nel retrobottega di qualsiasi potere, nazionale e internazionale, con ramificazioni solidissime in tutti i centri decisionali anche italiani, dalla Banca d’Italia a Palazzo Chigi fino al Quirinale. Draghi, Monti, Napolitano: «Tutti massoni neo-aristocratici, protagonisti della crisi pilotata che ha segnato il declino del nostro paese sotto il ricatto artificioso dello spread». Il nostro paese: l’Italia stremata dal piduista Berlusconi e sabotata dal finto progressista Prodi, «globalizzatore in grembiulino». Venticinque anni di decadenza, «grazie a una regia occulta». Ebbene, nonostante ciò – questo il lieto annuncio, a fine 2014 – sarà proprio dall’Italia che partirà un riscatto popolare e democratico, in grado di cambiare l’Europa.Magaldi il sognatore, il poetico utopista? In capo a quattro anni, contro ogni previsione, nel 2018 proprio l’Italia “scodella” un nome come quello di Paolo Savona: per la prima volta, probabilmente, dal Trattato di Maastricht, un paese-cardine dell’Unione Europea candida come ministro dell’economia un oppositore dichiarato del sistema. Chi l’avrebbe detto? Attenzione: come da molti sottolineato, Paolo Savona non è un oppositore qualsiasi. Personalità autorevolissima, economista dell’establishment vicinissimo al massone Ciampi al momento di costruirla, l’Unione Europea. Un uomo capace di ripensamento: questa Europa così com’è non funziona. Non va bene per l’Italia, ma in fondo non va bene per nessuno, se alimenta risentimento e competitività interna. Rimettiamo la palla al centro, propone Savona: troviamo il coraggio di ridiscutere i termini dei trattati. Sotto la spinta di forti pulsioni euroscettiche, la Gran Bretagna – mai entrata nell’Eurozona, e rimasta a lungo nell’Ue in condizioni privilegiate – ha già abbandonato l’Unione Europea (ma c’è voluto un referendum estremamente sofferto, e dall’esito sorprendente e lacerante). Nulla di simile s’è mai visto in Germania o in Francia, dove Marine Le Pen si è limitata a una battaglia di principio contro Bruxelles, ben sapendo che sarebbe stato facile – per un massone conservatore come Macron – neutralizzare il Front National facendo leva sulla paura dei francesi.Contro ogni previsione – non di Magaldi, certo – il Rubicone l’ha varcato proprio l’Italia. Sono stati Matteo Salvini e Luigi Di Maio, paracadutati fra i tornanti di una vorticosa evoluzione della crisi post-elettorale, a tener duro – anche contro il Quirinale – sul nome del ministro “eretico”, di cui il potere finanziario europeo pare avere il terrore. Paolo Savona è diventato un totem: la possibilità del cambiamento. Le ultime settimane hanno preso in contropiede politici, elettori, istituzioni e mondo economico – ma non Magaldi: in fondo se l’aspettava, “sapeva” che l’Italia – e solo l’Italia – sarebbe stata capace di tornare al centro della politica europea. Il momento è drammatico: uno scontro istituzionale inaudito, con ripercussioni incalcolabili. Ma il costo di una “rivoluzione” è sempre meglio, in ogni caso, della morte lenta assicurata dallo status quo: la sovranità democratica non ha prezzo, vale più di qualsiasi stabilità momentanea perché può garantire benessere diffuso ed equità sociale, senza cui la società collassa. Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, indica l’esempio di Nino Galloni. Keynes, nel terzo millennio: investire sull’Italia, per uscire dalla crisi e dal ricatto della paura. In altre parole: il futuro. L’unico possibile. Nel bene e nel male, oggi l’Italia è al centro della scena europea. Volano parole inaudite, rivoluzionarie. Sembrano il germe di un risveglio, per tutta l’Europa. Nate dove? In Italia.Fidatevi: sarà l’Italia a cambiare l’Europa. Eresia pura, a prima vista. Tempi: non sospetti. Fine 2014, con il giovane Renzi insediato a Palazzo Chigi e pronto a recitare la sua mediocre particina teatrale, il dinamismo giovanilistico e solo cosmetico basato su riformette Merkel-compatibili, pre-formattate da Mario Draghi, Jp Morgan e colleghi. «Fidatevi: sarà l’Italia a cambiare l’Europa». Firmato: Gioele Magaldi, il visionario. Il massone dissidente, l’eretico, il fastidioso smascheratore di un sistema truccato, neoliberale e segretamemte super-massonico. Autore di un bestseller clamoroso (“Massoni”, edito da Chiarelettere) che svela il ruolo decisivo di 36 superlogge internazionali nel retrobottega di qualsiasi potere, nazionale e internazionale, con ramificazioni solidissime in tutti i centri decisionali anche italiani, dalla Banca d’Italia a Palazzo Chigi fino al Quirinale. Draghi, Monti, Napolitano: «Tutti massoni neo-aristocratici, protagonisti della crisi pilotata che ha segnato il declino del nostro paese sotto il ricatto artificioso dello spread». Il nostro paese: l’Italia stremata dal piduista Berlusconi e sabotata dal finto progressista Prodi, «globalizzatore in grembiulino». Venticinque anni di decadenza, «grazie a una regia occulta». Ebbene, nonostante ciò – questo il lieto annuncio, a fine 2014 – sarà proprio dall’Italia che partirà un riscatto popolare e democratico, in grado di cambiare l’Europa.
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L’opulenta macchina del fango di parassiti senza vergogna
Per una volta mi sforzerò di scrivere un articolo più breve in risposta ad una macchina del fango infinitamente più potente rispetto alla mia “penna”; breve, ma che esprime sincera solidarietà al professor Conte e soprattutto a M5S e Lega. Conte, diciamolo immediatamente, è a tutti gli effetti un politico, in quanto presentato da Di Maio come membro di quella potenziale squadra di governo che successivamente è stata votata dai cittadini il 4 marzo: una legittimazione più che sufficiente. Dalle mie parti usiamo dire “come la fai, la sbagli”: state certi, e lo dico pure col cuore, mettendo da parte un attimo quella “asettica professionalità” che un opinionista dovrebbe tenere, che chiunque Salvini e Di Maio avessero proposto come presidente del Consiglio (che non è un capo ma un “primo tra pari” perché non è un premier) non sarebbe andato bene a questa popò di servitù chiamata “stampa”, notoriamente mantenuta a cascata dall’“euromungitura”. Non solo! Conte non è un tecnico perché i tecnici sono legati a quei poteri forti che stanno operando per non vederlo in sella. Eppure il vero obbiettivo di questa campagna reazionaria ed oligarchica è Paolo Savona…L’economista è temuto per le proprie posizioni economiche, posizioni che non sono “euroscettiche”, come riferito erroneamente dalla combriccola dell’Ancien Régime (cui dobbiamo dire grazie per 40 anni di corruzione, macelleria sociale, parassitismo ed alto tradimento), bensì pro-italiani. E’ uomo di potere, certo, non è una novità politica; ma ben vengano figure di questo livello, rimaste indipendenti di fronte alle lusinghe del sistema finanziario internazionale (che ha in mano la nostra informazione), personalità che possano “dare del tu” e ricevere rispetto da Merkel e Macron. Come scrissi nel saggio che presentai alla Camera nel 2016 (collaborando con l’ex deputato 5S Massimiliano Bernini e con la deputata Ciprini), la stampa da “cane da guardia della democrazia” si è trasformata nel “dobermann del potere” (e forse non è casuale che il dobermann sia una razza tedesca). I media tuttavia stanno sottovalutando un fattore: non sempre i manipolatori delle emozioni umane vincono la partita. Sono certo che Lega e 5S abbiano accusato un contraccolpo in termini di consenso, in questi giorni; eppure allo stesso tempo spero che ai cittadini interessi altro: una ingente riduzione della pressione fiscale anche alla luce della tipologia di paese in cui viviamo(!); l’espulsione di tutti coloro, non profughi, che sono giunti e vogliono giungere in Italia senza un permesso di soggiorno, senza un contratto di lavoro “in tasca”; una reale flexicurity (flessibilità nei contratti unita a diritti sociali universali come il salario orario e il Reddito Minimo Garantito di Cittadinanza); il collocamento di una bella pietra tombale su corruzione, parassitismo e rendite speculativo-finanziarie, un salasso per il nostro paese.Pd e Silvio Berlusconi (Responsabili sì, ma del declino italiano!) non concederebbero mai riforme degne di questo nome; molto meglio per loro un paese di cittadini in difficoltà, perciò in svendita. Il “governo del cambiamento”, ricordo a lor signori, non ha mai parlato di “uscita dall’euro” (quanto mai opportuna) bensì di trattativa nell’interesse del nostro popolo, di rispetto della centralità della Costituzione: ciò significa centralità del nostro benessere. Gli altri paesi trattano e ottengono; all’Italia è vietato farlo perché chi ha preceduto il “governo del cambiamento” ha abituato i “partner” dell’Eurozona (in realtà competitors che non regalano niente) a una totale sottomissione, in cambio di quelle prebende personali che piovono dalla macchina finanziaria ad essi connessa. Il tutto mentre il cittadino è privato anche della dignità col combinato disposto “tasse, disoccupazione e assenza di diritti sociali universali”. L’ Articolo 1 è l’articolo fondamentale della Costituzione italiana; nel momento in cui venga dimostrato che qualche accordo internazionale generi perdita di posti lavoro (su cui siamo fondati), o/e macelleria sociale, è automaticamente anticostituzionale, si pone fuori dallo Stato di diritto e va ridiscusso finché non risulti coerente con la Carta, finché non si dimostri conveniente per gli interessi nazionali.Chi governa ha quindi l’obbligo istituzionale (non ha scelta) di aprire un tavolo con le altre nazioni; eppure questa prospettiva è ciò che soggetti multinazionali ed esteri non vogliono accada. L’articolo 1 recita che “la sovranità appartiene al popolo”, quindi essa non può emigrare e si esercita con il voto democratico, ergo non è possibile imporre “un Cottarelli” nel momento in cui la maggioranza del paese (5S e Lega) indichi un altro nome. La verità celata ai cittadini è che l’Italia, rispetto al proprio Pil, ha un livello di debito estero (peraltro generato proprio dalla moneta unica, a causa del rapporto-truffa di cui abbiamo GIA’ DETTO QUI già detto qui) più o meno pari a quello tedesco (vedi il “Sole 24 Ore”): per il resto è indebitata verso se stessa!!! Questo, unitamente alla solidità delle partite correnti, dovrebbe essere il criterio cui dovrebbero riferirsi (quando parlano di noi o di qualsiasi nazione al mondo) Fmi, Ue, Ue-M e i grandi giornalisti italiani e stranieri. Il famoso aumento dell’Iva, tanto desiderato dai parassiti cui dedico questo articolo, non serve nemmeno per idea a rendere sostenibili i conti pubblici, ma semmai a peggiorarli; genera un meccanismo (noto a tutti nell’ambiente economico) che, a cascata, trasferisce risorse dall’Italia a quelle banche private tedesche che devono essere salvate; e con esse emigra anche l’occupazione.Le cosiddette sinistre (italiane ed europee), i radicali, il noto possessore di grosse SpA e tutti i quotidiani (nessuno escluso, e domandatevi perché!) hanno dimostrato di essere pronti ad anteporre a milioni di cittadini i loro interessi privatistici (quando non addirittura aziendali) pur di portarci in un mondo globalista il quale, in nome di una finanza ordoliberista e di promesse fantasiose, renderebbe gli esseri umani pari a numerini privi di spinta individuale e creativa (privati della libertà). Concludo con una critica. In questa fase, se si vuole bene al proprio paese, di fronte a questo macello mediatico si ha l’onesto obbligo di rimanere compatti e non ci si presta alla strumentalizzazione, non ci si riposiziona politicamente (conosco i miei polli e ho sempre disprezzato l’opportunismo fino a non partecipare più alla politica attiva) anche se farlo, un domani, a qualcuno, potrebbe fare comodo. Soprattutto quando si ha ben chiaro che i nemici del popolo italiano non sono i leghisti ma ben altri…(Marco Giannini, “L’opulenta macchina del fango di parassiti senza vergogna”, pubblicato su “Libreidee” il 24 maggio 2018. Già attivista del Movimento 5 Stelle, Giannini è autore del saggio “Il neoliberismo che sterminò la mia generazione”, sottotitolo “Corso di sopravvivenza per chi non sa niente di economia”, edito da Andromeda nel 2015, presentato anche alla Camera. Nel gennaio 2017 Giannini si è distanziato dal movimento fondato da Grillo dopo la tentata adesione del M5S al gruppo ultra-europeista dell’Alde in seno al Parlamento Europeo).Per una volta mi sforzerò di scrivere un articolo più breve in risposta ad una macchina del fango infinitamente più potente rispetto alla mia “penna”; breve, ma che esprime sincera solidarietà al professor Conte e soprattutto a M5S e Lega. Conte, diciamolo immediatamente, è a tutti gli effetti un politico, in quanto presentato da Di Maio come membro di quella potenziale squadra di governo che successivamente è stata votata dai cittadini il 4 marzo: una legittimazione più che sufficiente. Dalle mie parti usiamo dire “come la fai, la sbagli”: state certi, e lo dico pure col cuore, mettendo da parte un attimo quella “asettica professionalità” che un opinionista dovrebbe tenere, che chiunque Salvini e Di Maio avessero proposto come presidente del Consiglio (che non è un capo ma un “primo tra pari” perché non è un premier) non sarebbe andato bene a questa popò di servitù chiamata “stampa”, notoriamente mantenuta a cascata dall’“euromungitura”. Non solo! Conte non è un tecnico perché i tecnici sono legati a quei poteri forti che stanno operando per non vederlo in sella. Eppure il vero obbiettivo di questa campagna reazionaria ed oligarchica è Paolo Savona…
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L’Occidente teme l’Iran sovrano: non riesce a sottometterlo
L’incontro tra Macron e Trump alla Casa Bianca – al quale seguirà quello con la cancelliera Merkel – ci ha consegnato più interrogativi che punti fermi sull’accordo nucleare con l’Iran del 2015. Trump non ha chiarito se il 12 maggio si ritirerà dall’intesa. Ma abbiamo una certezza: nelle guerre mediorientali l’Iran rimane il vero bersaglio degli Usa e dei suo alleati regionali, Israele e Arabia Saudita. «Fermare l’espansione di Teheran e della Mezzaluna sciita sulle coste del Mediterraneo siriano, in Libano e in Yemen», questo è il mantra che hanno ripetuto il presidente francese e quello americano che è esattamente quello che chiedono lo Stato ebraico e la monarchia wahabita. Ma l’Iran è davvero un nostro nemico? Si direbbe che siamo più noi occidentali e gli arabi il vero pericolo per la stabilità della regione. Il 22 settembre 1980 l’Iraq di Saddam Hussein attaccò l’Iran dell’Imam Khomeini, un anno dopo che lo Shah Reza Pahlevi era stato abbattuto dalla rivoluzione. Tutti pensavano che l’Iran, indebolito e senza “ombrello” americano, sarebbe crollato facilmente. Saddam Hussein venne appoggiato dalle monarchie del Golfo, che in otto anni di guerra versarono a Baghdad dai 50 ai 60 miliardi di dollari per vincere un conflitto che non cambiò di un millimetro la frontiera sullo Shatt el Arab.Baghdad era sostenuta anche dalla Russia, e le potenze occidentali, dalla Francia alla Gran Bretagna all’Italia, vendevano armi a tutto spiano agli iracheni. La guerra finì con Saddam Hussein indebitato fino al collo con gli sceicchi del Golfo e le banche occidentali, al punto che pur di far bottino nell’agosto del 1990 invase il Kuwait. L’Iran è stato accusato di essere uno stato sponsor del terrorismo: non c’è dubbio che in Libano negli anni Ottanta gli Hezbollah abbiano usato metodi di questo genere, ma sono anche un partito che siede in Parlamento e, al confronto, gli attentati provenienti dal mondo sunnita sono infinitamente di più di quelli di marca sciita. Anzi, sono stati proprio gli occidentali e i loro alleati arabi a incoraggiare il terrorismo facendo credere ai jihadisti che sarebbero intervenuti per eliminare Assad. La realtà è che Israele, gli Usa, i sauditi, non sono disposti ad accettare l’Iran come paese indipendente e sovrano che ha una grande influenza regionale regalata proprio dalle mosse dissennate dell’Occidente.Nel 2001, dopo l’11 Settembre e gli attentati di Al Qaeda (compiuti da terroristi sunniti e in gran parte sauditi), con la guerra in Afghanistan gli Usa e i loro alleati colpirono ai confini dell’Iran il regime dei talebani, da sempre ostile a Teheran. Nel 2003, facendo fuori Saddam, sono stati gli Usa a regalare l’Iraq all’influenza iraniana, come era del resto largamente prevedibile anche prima del conflitto. In Siria la guerra per procura contro Assad è stata diretta contro l’espansione iraniana pensando di disgregare il regime di Damasco in pochi mesi: un calcolo sbagliato che con l’intervento della Russia ha aperto una voragine nel cuore del Medio Oriente. E l’Isis? Gli Stati Uniti, dopo avere occupato l’Iraq per un decennio ed essersi poi ritirati, non hanno mosso un dito per fermare nel 2014 il Califfato che occupava Mosul, la seconda città del paese: sono stati i pasdaran iraniani guidati da Qassem Soleimani a riorganizzare per primi l’esercito di Baghdad allo sbando. In Yemen i sauditi bombardano da tre anni la popolazione civile e non sono riusciti a venire a capo della resistenza degli Houthi sciiti sostenuti da Teheran, ma che per anni hanno combattuto praticamente da soli quando qui tutti ignoravano un conflitto già cominciato a fine degli anni Duemila.L’Iran non fa paura soltanto per le sue armi o il suo arsenale nucleare. Israele ha duecento testate con navi e sottomarini che possono lanciare ordigni atomici, ha un superiorità bellica ben maggiore rispetto a quella degli iraniani. La stessa Arabia Saudita, il più importante acquirente di armi americane e francesi, ha un Pil che è il doppio di quello iraniano pur avendo meno di un terzo della popolazione: dovrebbe essere un paese temibile ed è invece incapace di vincere una guerra nel cortile di casa, neppure sotto la direzione degli americani. L’Iran fa paura perché è un paese indipendente, che non si è mai piegato alle direttive occidentali, con un regime assai discutibile ma in grado di preservare l’autonomia di uno Stato che ha comunque 2500 anni di storia. Non solo. La sua influenza linguistica e storica è molto ampia e dal cuore del Medio Oriente arriva fino all’Asia centrale: gli iraniani sono una cultura, non solo un regime.E’ questo che temono l’Occidente e i suoi alleati che vorrebbero sottometterlo. Siamo molto più tolleranti con i sauditi che nell’anno in cui hanno riaperto i cinema hanno eseguito una cinquantina di condanne a morte per le quali nessuno protesta. Per non parlare di Israele che vìola da decenni tutte le risoluzioni Onu, per altro adesso incoraggiato proprio da Trump: si è mai vista una volta che gli Usa non mettessero il veto al Consiglio di Sicurezza? C’è un doppio standard che avvelena da mezzo secolo la politica mediorientale. Ecco perché con l’Iran non si possono neppure fare affari: il paese dal 1979, anno della presa degli ostaggi nell’ambasciata Usa, è sottoposto a sanzioni e restrizioni. E anche oggi l’accordo sul nucleare non è stato rispettato: gli Usa continuano a tenere nel mirino del Tesoro le banche occidentali che concedono crediti a Teheran. In poche parole i primi a non rispettare gli accordi sono proprio gli americani. Ma non è certo una novità.(Alberto Negri, “Vi spiego perché l’America e tutto l’Occidente hanno tanta paura dell’Iran”, da “Tiscali Notizie” del 25 aprile 2018).L’incontro tra Macron e Trump alla Casa Bianca – al quale seguirà quello con la cancelliera Merkel – ci ha consegnato più interrogativi che punti fermi sull’accordo nucleare con l’Iran del 2015. Trump non ha chiarito se il 12 maggio si ritirerà dall’intesa. Ma abbiamo una certezza: nelle guerre mediorientali l’Iran rimane il vero bersaglio degli Usa e dei suo alleati regionali, Israele e Arabia Saudita. «Fermare l’espansione di Teheran e della Mezzaluna sciita sulle coste del Mediterraneo siriano, in Libano e in Yemen», questo è il mantra che hanno ripetuto il presidente francese e quello americano che è esattamente quello che chiedono lo Stato ebraico e la monarchia wahabita. Ma l’Iran è davvero un nostro nemico? Si direbbe che siamo più noi occidentali e gli arabi il vero pericolo per la stabilità della regione. Il 22 settembre 1980 l’Iraq di Saddam Hussein attaccò l’Iran dell’Imam Khomeini, un anno dopo che lo Shah Reza Pahlevi era stato abbattuto dalla rivoluzione. Tutti pensavano che l’Iran, indebolito e senza “ombrello” americano, sarebbe crollato facilmente. Saddam Hussein venne appoggiato dalle monarchie del Golfo, che in otto anni di guerra versarono a Baghdad dai 50 ai 60 miliardi di dollari per vincere un conflitto che non cambiò di un millimetro la frontiera sullo Shatt el Arab.
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Palma: governo senza il centrodestra? Golpe, elettori traditi
«Sta per concretizzarsi il sovvertimento della volontà del popolo, con pedissequo tradimento del principio della sovranità popolare». L’ennesimo golpe bianco, dopo quello che portò al governo Monti? Lo afferma l’avvocato Giuseppe Palma, coautore con Paolo Becchi del saggio “Come finisce una democrazia”, edito da Arianna. Numeri alla mano, il 4 marzo gli italiani hanno votato contro l’establishment: quasi 55 elettori su cento hanno scelto i 5 Stelle, la Lega e Fratelli d’Italia, bocciando le “forze di sistema”, dal Pd costretto al 18% a Forza Italia, regredita al 13%. Per la prima volta, osserva Palma su “Scenari Economici”, «le forze sistemiche non hanno i numeri per formare un governo». L’altra notizia è che le elezioni le ha vinte il centrodestra: ha il 37% dei voti (e il 42% dei seggi). In una democrazia parlamentare le maggioranze si formano in aula? Giusto, a patto però di non “tradire” gli elettori violando il principio democratico: «Chi ottiene più voti deve necessariamente partecipare alla formazione del governo». Anche perché, se prescindiamo da questo principio, «diventa superfluo indire le elezioni e chiamare il popolo alle urne». Rispettare il voto: era una regola d’oro, nella Prima Repubblica. «Oggi la situazione è la stessa, con la particolarità che il Rosatellum prevede le coalizioni tra liste». Eppure è il Movimento 5 Stelle, arrivato secondo, a trattare il futuro governo con il Pd, arrivato terzo e bocciato sonoramente. Un partito «che gli elettori hanno inequivocabilmente destinato all’opposizione».Perfettamente leggibile, in modo aritmetico, il giudizio politico sul partito al potere negli ultimi anni: con Bersani nel 2013 si fermò al di sotto del 25%, l’anno seguente balzò oltre il 40% con Renzi alle europee ma ora è crollato sotto il 20%. In un sistema democratico, scrive Palma, non si può non tenere conto dell’importanza dei numeri, cioè della sovranità popolare. «Se 5 Stelle e Pd riuscissero a formare un governo, ciò non sarebbe rispettoso del “principio democratico”, tanto più che la coalizione che ha ottenuto più voti resterebbe totalmente estranea alla formazione dell’esecutivo». In Germania e in Austria, aggiunge Palma, le rispettive leggi elettorali (sistema proporzionale) non annoverano le coalizioni tra liste in senso stretto. La Merkel non ha gli stessi voti di Salvini e Berlusconi (ha il 32,9%, un bottino paragonabile a quello dei 5 Stelle), però – come vincitrice relativa – ha conservato la “golden share” nella formazione del governo, di cui infatti è rimasta il capo. La sola differenza è che in Italia la coalizione conta più del singolo partito: non tenerne conto significherebbe «non solo una violazione di legge, ma addirittura un palese tradimento della volontà popolare». Gli elettori infatti hanno votato le liste alleate tra loro, «sapendo già prima delle elezioni quali erano le coalizioni, i candidati e i programmi elettorali».Con la particolarità, aggiunge Palma, che tutti i candidati dei collegi uninominali delle liste coalizzate erano espressione condivisa delle coalizioni medesime: e l’assenza del voto disgiunto ha “blindato” la scelta dell’elettore alla scelta delle liste coalizzate. «Inoltre, nel caso specifico della coalizione di centrodestra, questa aveva addirittura depositato presso il ministero dell’interno un programma elettorale comune, sottoscritto da tutti i leader delle liste che la componevano. Questo – sottolinea Palma – produce certamente effetti giuridici dai quali è impossibile prescindere». Pertanto, se i componenti del centrodestra restassero fuori dal perimetro del governo, saremmo di fronte a «un sovvertimento del “principio democratico”». Secondo i tifosi dei 5 Stelle le coalizioni sarebbero un’anomalia, da non far pesare? «Nulla di più falso», taglia corto Palma. Il Rosatellum sarà anche orrendo, però è legge. In altre parole, «non è possibile prescindere dai risultati elettorali delle coalizioni». Tornando al percorso che conduce ad un ipotetico governo tra 5 Stelle e Pd, «qualunque ne sia l’espressione finale», secondo Palma sta per verificarsi un tradimento completo della volontà degli elettori: «E quando si sovverte il “principio democratico” si è di fronte ad un vero e proprio colpo di Stato».«Sta per concretizzarsi il sovvertimento della volontà del popolo, con pedissequo tradimento del principio della sovranità popolare». L’ennesimo golpe bianco, dopo quello che portò al governo Monti? Lo afferma l’avvocato Giuseppe Palma, coautore con Paolo Becchi del saggio “Come finisce una democrazia”, edito da Arianna. Numeri alla mano, il 4 marzo gli italiani hanno votato contro l’establishment: quasi 55 elettori su cento hanno scelto i 5 Stelle, la Lega e Fratelli d’Italia, bocciando le “forze di sistema”, dal Pd costretto al 18% a Forza Italia, regredita al 13%. Per la prima volta, osserva Palma su “Scenari Economici”, «le forze sistemiche non hanno i numeri per formare un governo». L’altra notizia è che le elezioni le ha vinte il centrodestra: ha il 37% dei voti (e il 42% dei seggi). In una democrazia parlamentare le maggioranze si formano in aula? Giusto, a patto però di non “tradire” gli elettori violando il principio democratico: «Chi ottiene più voti deve necessariamente partecipare alla formazione del governo». Anche perché, se prescindiamo da questo principio, «diventa superfluo indire le elezioni e chiamare il popolo alle urne». Rispettare il voto: era una regola d’oro, nella Prima Repubblica. «Oggi la situazione è la stessa, con la particolarità che il Rosatellum prevede le coalizioni tra liste». Eppure è il Movimento 5 Stelle, arrivato secondo, a trattare il futuro governo con il Pd, arrivato terzo e bocciato sonoramente. Un partito «che gli elettori hanno inequivocabilmente destinato all’opposizione».
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Giannini: farsa anti-Silvio, i 5 Stelle verso l’inciucio col Pd
Lega, 5 Stelle e Fratelli d’Italia. Ce l’avranno il coraggio di presentarsi uniti, nel caso di elezioni anticipate, visto che tra Salvini e Di Maio resta l’ingombro dell’alleato Berlusconi? L’alternativa è la peggiore: un euro-governo targato 5 Stelle, col Pd a fare da garante, di fronte a Bruxelles, per la continuità “eterna” dell’austerity. «Il rispetto del voto democratico è ormai un’utopia, perché siamo maestri nel trasformare i fatti in opinioni», premette Marco Giannini, esperto di economia vicino ai pentastellati fino al momento della loro grottesca “conversione” al super-eurismo in seno al Parlamento Europeo. Altra premessa: secondo le agenzie di stampa, Mattarella assegnerebbe l’incarico solo a figure “fedeli” alla moneta unica e «alle autolesionistiche politiche di bilancio» imposte dall’Ue, «che sono un indirizzo non solo politico-economico ma soprattutto geopolitico». Di fatto: «Indirizzi “europei” contro gli interessi del popolo italiano, come hanno lasciato intendere sia l’ex presidente della Confindustria e della Ibm tedesca Henkel, sia i principali economisti del paese teutonico». Conclude Giannini: «Rimanendo nell’euro, l’austerity è immutabile». E anche se questo «in Italia non è afferrato da tutti (se non da una minoranza qualificata)», c’è però il vero significato nel voto del 4 marzo 2018: «Se c’è una questione su cui l’80% degli italiani ha votato compatto, è quello di una ferma opposizione alle politiche di austerità».Non si sono mai viste pressioni ed urgenze così “infestanti” per sostenere «il neoliberismo finanziario, estremista e globale», che in Italia «è equivalso a recessioni finanziarie e politiche di macelleria sociale». Ebbene: «Sarà un caso, ma subito dopo la prima “udienza” al Colle, Di Maio si è sperticato in elogi e lodi verso la permanenza nell’euro, nell’Ue e nel “Patto Atlantico”», scrive Giannini in una riflessione su “Come Don Chisciotte”. Intanto le settimane passano, e i vincitori delle elezioni «non si sono ancora accordati per cambiare l’Italia», voltando pagina rispetto al rigore che ha disastrato il paese. Prima del voto, continua Giannini, la Lega aveva fatto promettere solennemente al Cavaliere che non avrebbe tradito la coalizione con un nuovo “Nazareno” col Pd, ma a sua volta si era impegnata a non abbandonare Forza Italia per i 5 Stelle. A proposito: «Di Maio lo sa che quando dice “non rifaremo un Nazareno” si riferisce in primis al Pd? Allora perché ha dichiarato che è disponibile ad allearcisi?». Non può non sapere, Di Maio, che Salvini non potrebbe mai abbandonare Berlusconi: «Quindi evidentemente non vuole allearsi con la Lega, bensì col Pd».Resta una sola possibilità, «per trasformare il voto democratico in un fatto». Questa: tornare alle urne con una inedita coalizione. «Se Lega, e 5S (e FdI) davvero vogliono governare insieme – scrive Giannini – devono riportarci al voto presentandosi coalizzati, dando il colpo di grazia a chi ci ha portato nella catastrofe negli ultimi 25 anni». In quel modo si avrebbe «una maggioranza chiara e solida, rispettosa della volontà dei cittadini stufi di alchimie e alleanze post-elettorali diverse dalle coalizioni pre-voto». Alchimie di quel genere, ricorda Gianni, «hanno sempre generato governi catastrofici (Ciampi, Dini, D’Alema, Monti, Letta, Renzi». Non sarà per per timore di questa inedita coalizione che Calenda (Pd) adesso vorrebbe governare coi 5 Stelle addirittura creando una Bicamerale per cambiare legge elettorale? Un cartello con Salvini e Meloni costringerebbe i grillini a uscire allo scoperto: si vedrebbe «se davvero vogliono governare per il paese o se Berlusconi è per loro solo una scusa per finire comodamente all’esecutivo col Pd (e la Bonino)». Per i 5 Stelle, in ogni caso, è finita l’epoca del rifiuto delle alleanze. Parlamentari neo-eletti già “affezionati” alla poltrona? Si può comprendere, ma un governo-salvezza vale ben di più.L’inedita coalizione tra Di Maio, Salvini e Meloni avrebbe anche il merito di saldare il Sud al Nord, mentre un governo 5 Stelle-Lega con l’appoggio esterno di Forza Italia «renderebbe Berlusconi l’ombelico del mondo, in un costante e strumentale malpancismo». Per Giannini, «i cittadini italiani hanno il diritto di comprendere se ciò che passano i partiti e le Tv è reale o virtuale». Ovvero: si lotta per avere al timone una guida patriottica (euroscettica) oppure euro-entusiasta e quindi anti-italiana? «Nel primo caso, al tavolo con Merkel e Macron a decidere qualità e entità della famosa clausola di uscita concordata dall’euro si siederebbe anche l’Italia». Giannini invece ha il fondato sospetto che Forza Italia e 5 Stelle «stiano in realtà collaborando, mediante i ben noti veti incrociati». Obiettivi: non farcela sedere, l’Italia, a quel tavolo, perché «Berlusconi non può inimicarsi i “mercati” che detengono azioni Mediaset, mentre i 5 Stelle non si sa se sono ancora una forza autonoma o se sono diretti da soggetti con sede a Londra (appunto, i “mercati”)». Giannini ricorda che accettammo un rapporto d’ingresso catastrofico nell’euro (990 lire per 1 marco), che resta «il vero motivo delle nostre attuali sofferenze, perché non rispecchiante la nostra economia reale».Non partecipare al nuovo tavolo europeo «sarebbe una ripetizione della storia in farsa, per la felicità dei vari global-entusiasti Napolitano, Mattarella, Merkel, Draghi, Clinton». Nel frattempo, Di Battista si agita a bordo campo definendo “male assoluto” Berlusconi? «Il forte sospetto – scrive Giannini – è che tutto ciò serva a far passare in secondo piano l’austerity come vero dramma per l’Italia e far digerire la prossima alleanza col Pd». E intanto, al grido “bisogna fare in fretta” (tanto caro a Monti, nel 2011) i media cercano di spaventare l’italiano medio, di manipolarlo e di convincerlo che nuove elezioni sarebbero una catastrofe economica. Così provano a «incatenarci altri anni all’ennesimo governo inciucista, venduto come al solito per “responsabile”». Che poi è la vera specialità del Pd, massimo garante italiano – almeno finora – dell’ordoliberismo europeo fondato sull’austerity. Ce l’avranno il coraggio, i 5 Stelle, si saltare l’ostacolo e puntare a premiare l’espressione popolare del 4 marzo, alleandosi con Salvini e Meloni? Viceversa, dimostrerebbero di essere solo la versione 2.0 del Pd, in salsa populista ma con lo stesso traguardo: rassicurare i grandi poteri neoliberisti e privatizzatori che stanno spolpando l’Italia.Lega, 5 Stelle e Fratelli d’Italia. Ce l’avranno il coraggio di presentarsi uniti, nel caso di elezioni anticipate, visto che tra Salvini e Di Maio resta l’ingombro dell’alleato Berlusconi? L’alternativa è la peggiore: un euro-governo targato 5 Stelle, col Pd a fare da garante, di fronte a Bruxelles, per la continuità “eterna” dell’austerity. «Il rispetto del voto democratico è ormai un’utopia, perché siamo maestri nel trasformare i fatti in opinioni», premette Marco Giannini, esperto di economia vicino ai pentastellati fino al momento della loro grottesca “conversione” al super-eurismo in seno al Parlamento Europeo. Altra premessa: secondo le agenzie di stampa, Mattarella assegnerebbe l’incarico solo a figure “fedeli” alla moneta unica e «alle autolesionistiche politiche di bilancio» imposte dall’Ue, «che sono un indirizzo non solo politico-economico ma soprattutto geopolitico». Di fatto: «Indirizzi “europei” contro gli interessi del popolo italiano, come hanno lasciato intendere sia l’ex presidente della Confindustria e della Ibm tedesca Henkel, sia i principali economisti del paese teutonico». Conclude Giannini: «Rimanendo nell’euro, l’austerity è immutabile». E anche se questo «in Italia non è afferrato da tutti (se non da una minoranza qualificata)», c’è però il vero significato nel voto del 4 marzo 2018: «Se c’è una questione su cui l’80% degli italiani ha votato compatto, è quello di una ferma opposizione alle politiche di austerità».
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Intesa 5 Stelle-Lega? Scordatevi Flat Tax e reddito minimo
Il governo M5S-Lega è nelle cose e si farà, è solo questione di tempo. Ne è convinto Piero Sansonetti, ex direttore di “Liberazione” oggi alla guida de “Il Dubbio”. Ma non tutto potrebbe andare come previsto. Archiviato il vertice di Arcore e la grigliata Di Maio-Grillo-Casaleggio, sono tornate le bordate tra Salvini e il capo politico dei 5 Stelle. Il veto assoluto di Di Maio nei confronti di Berlusconi rende l’ipotesi impraticabile. Elezioni anticipate più vicine? «A me pare che il problema, più che Di Maio, sia Salvini», dice Sansonetti, intervistato da Federico Ferraù per “Il Sussidiario”. «Il 4 marzo hanno vinto i populisti, che hanno preso più del 50 per cento. Però sono divisi in due partiti, M5S e Lega. In qualsiasi altro paese al mondo avrebbero già fatto il governo insieme». Perché il problema sarebbe Salvini? Perché, senza Berlusconi, il leader della si sente debole. «Però c’è poco da fare, l’alleanza di centrodestra è innaturale», sostiene Sansonetti. «Berlusconi non è più quello di 15 anni fa, si è spostato su posizioni moderate, centriste. Oggi è vicino alla Merkel. Come può Salvini andare a braccetto con la Merkel?».Il centrodestra è quindi destinato a rompersi: «Penso che alla fine Salvini farà il governo con Di Maio», dice Sansonetti. «Però capisco che per lui è una prova complicata, perché andrebbe al governo in una posizione di debolezza». D’altro canto, «ma non può pretendere di rappresentare il centrodestra: è solo l’ala leghista e nordista del populismo». Se ha preso meno voti di Di Maio non può farci nulla. «Per il resto, tutti parlano di crisi complicata, ma non è vero. E’ tutto chiarissimo. Si sa molto bene chi ha la maggioranza». Sul programma, aggiunge Sansonetti, Di Maio e Salvini sono d’accordo: «Flat Tax e reddito di cittadinanza sono due “ballon d’essai”: nessuno dei due crede né a una cosa né all’altra». Davvero? «Ma certo. E hanno già rinunciato. Di Maio ha spiegato cos’è il reddito di cittadinanza, ma se ce lo diciamo con parole nostre ci accorgiamo che non è altro che una cassa integrazione. Dal canto suo, Salvini sa benissimo che non si possono portare le tasse al 15%». Allora dove sta la questione? «Non si trovano d’accordo su chi fa il premier». Salvini ha già fatto passi indietro, Di Maio non ci pensa.Se Di Maio accettasse si sbloccherebbe tutto, scommette Sansonetti: «Andrà così, anche se non ho facoltà divinatorie. Non c’è nessun altro accordo possibile: Berlusconi e il centrosinistra non hanno la maggioranza, come fanno a fare un governo?». A proposito, Forza Italia e Pd sono destinati a diventare un unico partito? «Destinati non lo so, ma da qui a due-tre anni può darsi che succeda. Dopotutto sono l’ala destra e l’ala sinistra di una formazione moderata». Uno scenario avvalorato dal fatto che Di Maio e il gotha grillino, secondo “Affari Italiani”, starebbe pensando di mettere nel cassetto il diktat dei “due mandati e poi a casa”. Ovvero, più possibilità di rimanere sulla scena a fare politica. Dice Sansonetti: «Se il M5S cede sul premier e va da Salvini a dire “facciamo il governo insieme, lasciamo fuori tutti gli altri, concordiamo insieme il presidente del Consiglio”, come fa la Lega a dire di no?». Dunque è solo questione di tempo? «Sì. A volte però il tempo invece di far digerire le cose le manda di traverso. E’ imprevedibile». Cosa potrebbe succedere? «Che si vada alle elezioni anche se nessuno lo vuole. Quasi nessuno».C’è chi dice che Mattarella punti su un governo nei pieni poteri per fine giugno, quando ci sarà il Consiglio Europeo sulla riforma dell’Eurozona. Secondo altri, aggiunge Ferraù, non vorrebbe sciogliere le Camere: obiettivo, permettere a Forza Italia e Pd di assorbire la botta del 4 marzo e sopravvivere. «Mattarella è molto esperto e molto bravo, ma né lui né nessun altro è in grado di prevedere i flussi elettorali», osserva Sansonetti. Elezioni anticipate? «Io non credo che il risultato si scosterebbe di molto, ma non si può escludere nulla: gli spostamenti potrebbero favorire sia il Pd sia i 5 Stelle. E poi è improbabile che in un voto a ottobre Salvini e Berlusconi si presentino ancora uniti». Salvini al nord ha conquistato i collegi uninominali anche con i voti di Forza Italia, ma da solo potrebbe anche prendere di più. «Ci sarebbe un pezzo di elettorato che vota Salvini proprio perché non è alleato a Berlusconi. Se si dividono – aggiunge Sansonetti – può darsi benissimo che Salvini rubi voti ai 5 Stelle. Anzi, Salvini secondo me è l’unico che ha da guadagnarci, a tornare al voto».Il governo M5S-Lega è nelle cose e si farà, è solo questione di tempo. Ne è convinto Piero Sansonetti, ex direttore di “Liberazione” oggi alla guida de “Il Dubbio”. Ma non tutto potrebbe andare come previsto. Archiviato il vertice di Arcore e la grigliata Di Maio-Grillo-Casaleggio, sono tornate le bordate tra Salvini e il capo politico dei 5 Stelle. Il veto assoluto di Di Maio nei confronti di Berlusconi rende l’ipotesi impraticabile. Elezioni anticipate più vicine? «A me pare che il problema, più che Di Maio, sia Salvini», dice Sansonetti, intervistato da Federico Ferraù per “Il Sussidiario”. «Il 4 marzo hanno vinto i populisti, che hanno preso più del 50 per cento. Però sono divisi in due partiti, M5S e Lega. In qualsiasi altro paese al mondo avrebbero già fatto il governo insieme». Perché il problema sarebbe Salvini? Perché, senza Berlusconi, il leader della si sente debole. «Però c’è poco da fare, l’alleanza di centrodestra è innaturale», sostiene Sansonetti. «Berlusconi non è più quello di 15 anni fa, si è spostato su posizioni moderate, centriste. Oggi è vicino alla Merkel. Come può Salvini andare a braccetto con la Merkel?».
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Skripal, tutto falso: Londra perde la faccia, Gentiloni pure
Non hanno solo accusato, isolato e punito Mosca, con sanzioni e rappresaglie diplomatiche, sulla base di menzogne. Per poterlo fare, qualcuno ha quasi ucciso l’ex spia Sergeij Skripal e sua figlia, due persone intossicate a tradimento con il gas nervino. Ora le loro condizioni stanno migliorando: i due non sono più in pericolo di vita. Ma la notizia è un’altra: l’accusa contro i servizi segreti di Putin sta crollando, rivelandosi una immane “fake news” di Stato, per coprire un auto-attentato “false flag” mal riuscito. Devastante l’ammissione del direttore di Porton Down, i laboratori militari britannici per le armi chimico-batteriologiche: non c’è prova che il Novichock usato (o che sarebbe stato usato) contro Skripal fosse di origine russa. Il punto è che il ministro degli esteri britannico Boris Johnson aveva assicurato, in un tweet del 22 marzo e subito diffuso nel mondo, che «analisi condotte al laboratorio di scienza e tecnologia bellica di Porton Down da esperti di livello mondiale hanno appurato che si tratta dell’agente nervino militare Novichok prodotto in Russia». Il governo, sottolinea Maurizio Blondet, aveva impegnato la parola dei suoi scienziati di fama mondiale senza averli interpellati, e prima ancora che conducessero le indagini. E non è tutto: lo stesso Johnson ha cercato di cancellare il tweet del 22 marzo, negando di aver sostenuto che il nervino fosse d’origine russa, benché sia ancora sul web una sua intervista a “Deutsche Welle” dove afferma «categoricamente» che Porton Down aveva riconosciuto il veleno come russo.Del resto, aggiunge Blondet sul suo blog, hanno ancora cancellato neppure la “dichiarazione di guerra” dell’ambasciatore britannico a Mosca, Laurie Bristow, che il 22 marzo aveva convocato la stampa estera per confermare l’accusa. «Boris Jonson ha molte domande a cui dovrà rispondere», dice ora detto Jeremy Corbyn, il leader dell’opposizione laburista, che da settimane era sotto un inverosimile uragano di attacchi e insulti da parte dei media britannici (da “traditore” ad “antisemita”) per essersi rifiutato di unirsi al coro di condanne senza prove. Adesso tutti vedono che Corbyn aveva ragione: il governo May cadrà? Ma intanto 28 Stati occidentali, fra cui 15 dell’Unione Europea, si sono uniti all’accusa del tutto infondata abbandonandosi ad espulsioni in massa di diplomatici russi. Per bocca di Donald Tusk e Federica Mogherini, l’Ue ha dichiarato il suo appoggio assoluto al Regno Unito nelle sue false accuse, e la stessa Nato ha espulso sette addetti russi e rifiutato l’accredito a nuovi membri dello staff. «In pratica – osserva Blondet – tutte le nazioni occidentali hanno trattato la Russia da Stato canaglia, Stato criminale, paria delle nazioni, da appestato; hanno comminato nuove e più gravi sanzioni. Senza mai dar credito, nemmeno per un attimo, alle proteste russe di estraneità».E’ andata in scena «una spaventosa prova di aggressività demente, di inciviltà nei rapporti internazionali, che non poteva che preludere a qualche gravissima azione o provocazione bellica, tanto era palesemente mal fondata fin dalle prime fasi». Tanto più spaventosa, aggiunge Blondet, «perché tutti i media mainstream si sono uniti alla canea di accuse, con la bava alla bocca». Uno spettacolo inquietante: «Abbiamo avuto qui una prova dal vivo della criminosa irresponsabilità e del delirio di cui sono capaci i poteri forti, della loro attitudine al pericoloso sragionare in coro dei nostri politici, come ad un segnale convenuto, obbedendo ad automatismi di cui non scorgiamo l’origine, e per questo fanno più paura». Scherza col fuoco, l’Occidente: il governo cinese ha esplicitamente giudicato con sdegno questo comportamento incivile, sul piano internazionale, da parte di europei e statunitensi. E che l’abbia giudicato allarmante lo conferma la visita a Mosca, il 3 aprile, di una delegazione cinese capeggiata dal ministro della difesa Wei Fenghe, il quale ha detto ad alta voce: «La parte cinese è venuta ad informare gli americani di quanto siano stretti i legami tra le forze armate russe e cinesi». Un linguaggio senza edulcorazioni, chiaro e netto: «Quello che Pechino giudica il solo adatto ai gangster occidentali», avverte Blondet.Il punto è che, adesso, nessuno in Europa si sta scusando con Putin per questa «delinquenziale falsità, di cui non sappiamo ancora lo scopo vero». Gentiloni e Alfano? Pur “uscenti”, si sono vilmente accodati: hanno espulso due diplomatici russi, in ossequio alle menzogne di Londra. «Mogherini e Donald Tusk, Macron e Stoltenberg, Merkel, sono in grado di ammettere pubblicamente il loro errore – peggio che errore, solidarietà in una menzogna e complicità in un “false flag”? Per aver inscenato tutti insieme, delinquenti, una provocazione gravissima che solo la fermezza e i nervi d’acciaio di Putin e Lavrov hanno evitato di far precipitare in un conflitto armato, come era probabilmente nei piani di lorsignori?». Blondet è pessimista: «Non credo sapremo mai a cosa mirassero questi delinquenti che ci governano, recitando questa scenata. Forse a preparare una rivincita in Siria? Forse ad allargare fino a rendere irreversibile la frattura fra Russia ed Europa, mira storica della “geopolitica” britannica da McKinder?». Purtroppo, aggiunge Blondet, ci sono dei precedenti «altrettanto inspiegati, risalenti al 1994.Su un aereo proveniente da Mosca, ricorda Blondet, il 10 agosto di quell’anno la polizia di Monaco di Baviera “trovò” 363 grammi di plutonio. «Ovviamente, si scatenò un attacco concertato, da parte dei politici e dei media, sul presunto “commercio del terrore” che veniva dai mal guardati reattori nucleari sovietici; da cui malviventi evidentemente trafugavano plutonio (plutonio!) da vendere sul mercato del terrore». Questo clamore, osserva il giornalista, contribuì a far vincere le elezioni ad Helmuth Kohl. Ci volle quasi un anno di tempo prima che lo “Spiegel” uscisse con la vera storia: sull’aereo russo, il carico di plutonio era stato “piazzato” dai servizi di spionaggio tedeschi (Bnd). A quale scopo? «Varie serie di “rivelazioni” e “gole profonde” non fecero altro che rendere più complesso, e infine indecifrabile, il movente: un classico metodo di insabbiamento a cui in Italia dovremmo essere abituati, da Ustica al caso Moro», scrive Blondet. «Ovviamente ed italicamente, fu messa insieme anche una commissione parlamentare d’inchiesta sul caso – dopotutto sarebbe bene sapere come mai 336 grammi di plutonio fossero nelle disponibilità del Bnd – e come potete già indovinare, finì nel nulla. Il capo del Bnd fu mandato in pensione anticipata, e fu tutto».Non hanno solo accusato, isolato e punito Mosca, con sanzioni e rappresaglie diplomatiche, sulla base di menzogne. Per poterlo fare, qualcuno ha quasi ucciso l’ex spia Sergeij Skripal e sua figlia, due persone intossicate a tradimento con il gas nervino. Ora le loro condizioni stanno migliorando: i due non sono più in pericolo di vita. Ma la notizia è un’altra: l’accusa contro i servizi segreti di Putin sta crollando, rivelandosi una immane “fake news” di Stato, per coprire un auto-attentato “false flag” mal riuscito. Devastante l’ammissione del direttore di Porton Down, i laboratori militari britannici per le armi chimico-batteriologiche: non c’è prova che il Novichock usato (o che sarebbe stato usato) contro Skripal fosse di origine russa. Il punto è che il ministro degli esteri britannico Boris Johnson aveva assicurato, in un tweet del 22 marzo e subito diffuso nel mondo, che «analisi condotte al laboratorio di scienza e tecnologia bellica di Porton Down da esperti di livello mondiale hanno appurato che si tratta dell’agente nervino militare Novichok prodotto in Russia». Il governo, sottolinea Maurizio Blondet, aveva impegnato la parola dei suoi scienziati di fama mondiale senza averli interpellati, e prima ancora che conducessero le indagini. E non è tutto: lo stesso Johnson ha cercato di cancellare il tweet del 22 marzo, negando di aver sostenuto che il nervino fosse d’origine russa, benché sia ancora sul web una sua intervista a “Deutsche Welle” dove afferma «categoricamente» che Porton Down aveva riconosciuto il veleno come russo.