Archivio del Tag ‘America’
-
Menzogne, e poi ancora menzogne. Obiettivo: uccidere
Strano tipo, quel Kerry. Oggi è il ministro degli esteri di Obama, ma solo nel 2009 «s’attovagliò a Damasco» col futuro “nuovo Hitler” siriano Bashar Assad. Porta male: anche Donald Rumsfeld, poi ministro della guerra di Bush junior, era stato in grande familiariatà con l’uomo di Baghdad, quando Saddam «davvero puzzava di gas mostarda, sarin, tabun, soman», cioè le armi chimiche ottenute proprio dagli Usa per sterminare i soldati dell’Iran. Problema: «Le bombe americane sono diverse, democratiche, intelligenti», e probabilmente «profumano di sandalo e gelsomino: non come quelle di Assad, che olezzano di fogna», scrive Stefania Elena Carnemolla. «E la tragedia è che gli americani ci credono». Rintronati dai media, non hanno piena memoria «delle delicatessen sganciate su Hiroshima e Nagasaki, per tacer del napalm e dell’agente Orange, il defogliante con cui Kennedy, Johnson e Nixon appestarono il Vietnam e che deformò i bambini, facendone dei mostri».
-
Barnard: la guerra in Siria spiegata alla signora Pina
Prima cosa da capire: nelle forze dei principali Stati coinvolti – cioè Usa, Gran Bretagna, Francia, Russia, paesi del Golfo Persico, Israele, Iran, Libano, Iraq, Turchia e naturalmente Siria – non esistono i “buoni”. Sono tutti – sia che si tratti di forze ufficiali o di ribelli – dei figli di puttana con fiumi di sangue sulla coscienza. Quindi dimentichiamoci che ci sia qualcuno di decente con cui bene o male allearsi. Seconda cosa: tutti i paesi e i popoli musulmani del Medioriente sono caratterizzati da una divisione religiosa fondamentale, assolutamente cruciale. La divisione fra musulmani sunniti e shiiti. I Sunniti odiano gli Shiiti, e vice versa. Sono cane e gatto. In Siria la maggioranza è Sunnita. In Libano sono divisi fra Sunniti e Shiiti. In Iraq uguale. I Paesi del Golfo Persico sono Sunniti. L’Iran è tutto Shiita. In Israele, i palestinesi sono Sunniti.
-
Un G20 storico, se i Brics fermano i predoni del pianeta
L’irruzione dei Brics nel G20 dimostra che i tempi stanno per cambiare: non potrà più essere solo Washington a dettare le regole del gioco. Una lunghissima stagione egemonica, dopo Yalta e Bretton Woods, forzata nel ’71 con la fine del Golden Exchange Standard, evento che fece crollare tutto l’impianto, «figlio della Rivoluzione Francese ed elaborato dalla massoneria mondiale». Fu in quell’occasione, rileva Glauco Benigni, che «la volontà di egemonia di una minoranza» si impose apertamente «contro il resto dell’umanità»: e il pianeta «paga tuttora quel progetto», che consente al dollaro di considerarsi (al 65%) moneta di riserva mondiale, quindi stampabile all’infinito, «solo perchè garantito e “coperto” dal bisogno di petrolio degli umani». Se la Guerra del Kippur nel ’73 siglò il secondo atto della tragedia e la caduta del Muro di Berlino una nuova pace provvisoria, lo scoppio del Nasdaq nel 1999 fu l’alba della nuova era, quella dalla quale il mondo sta ora cercando affannosamente di uscire.
-
Sorpresa: guerra e menzogne non ci incantano più
Come in una tragedia greca, gli occidentali che annunciavano di voler bombardare la Siria entro un’ora, non hanno fatto nulla e si sbranano fra loro. «Gli dei fanno prima impazzire coloro che vogliono portare alla rovina», diceva Euripide. Da una parte i leader degli Stati che sono membri permanenti del Consiglio di Sicurezza, Barack Obama, David Cameron e François Hollande; dall’altra, i loro popoli. Da un lato, l’hybris (ὕϐρις), l’eccesso delle ultime grandi potenze coloniali; dall’altro, i Lumi della Ragione. Di fronte a loro, i siriani, silenziosi e resistenti, e i loro alleati, russi e iraniani, appostati. Il brano che viene suonato non è solo un ennesimo episodio della dominazione mondiale, ma un tale momento cruciale che la Storia non conosceva dal 1956 e dalla vittoria di Nasser al Canale di Suez. All’epoca, il Regno Unito, la Francia e Israele dovettero rinunciare al loro sogno coloniale. Certo, ci furono ancora le guerra d’Algeria, del Vietnam e la fine dell’apartheid in Sud Africa, ma lo slancio che aveva posto l’Occidente a capo del mondo si era spezzato.
-
In guerra con Cappuccetto Rosso, nel nome dell’America
“The impossible, made possibile”: come nella pubblicità, o nelle fiabe. Tipo quella che racconta, il 31 agosto 2013, l’amabile narratore Vittorio Zucconi, una delle voci più influenti del mainstream italiano da quando sono scomparsi dalla scena i grandi giornalisti come Bocca, Biagi, Montanelli, Zavoli. Dai microfoni di “Radio Capital”, l’emittente del Gruppo Espresso, prima delle ultime elezioni – fino all’ultimo giorno – Zucconi condusse una campagna senza quartiere contro Grillo, fidando nella vittoria di Bersani. Poi, già l’indomani – numeri alla mano – “scoprì” all’istante la legittimità democratica dei 5 Stelle, premendo sui “cari amici” di fede grillina perché si decidessero ad allearsi col magnifico Pd. E’ precisamente da quest’alta cattedra di indipendenza giornalistica che proviene la lezione destinata ai lettori di “Repubblica” alla vigilia dell’“inevitabile” conflitto tra America e resto del mondo, stavolta in territorio siriano. Per il novelliere Zucconi – e qui sta la fiaba di giornata – gli Usa sarebbero nientemeno che una specie di Croce Rossa, periodicamente coinvolta suo malgrado in ordinari orrori, causa l’evidente incorreggibilità dei comuni mortali che abitano il pianeta, al di qua dell’Atlantico.
-
Noi, docili cretini cerebrolesi: avvelenati da cibo e farmaci
Avvelenati per decenni dal cibo e dai farmaci, per costruire una società di automi. E’ la tesi di Roberto Marocchesi, basata su ricerche che studiano gli effetti neurologici dell’assunzione di sostanze chimiche contenute negli alimenti e nei medicinali. «Ci sono più di cinquemila specie di mammiferi sul pianeta, ma solo una di loro è “pazza”»: solo l’homo sapiens «volutamente avvelena pure i suoi figli, iniettando tossine e sostanze chimiche neurolesive nella maggior parte dei membri della specie». Mammiferi, uccelli, rettili e insetti hanno almeno cinque caratteristiche in comune: nessuno di loro mangia alimenti trasformati, assume farmaci, contamina la prole con vaccini tossici tenuti insieme da prodotti chimici nascosti, pratica l’agricoltura meccanizzata chimica e la monocoltura. E nessuno di loro, ovviamente, filtra la realtà in modo artificiale attraverso la Tv o Internet. L’uomo, invece, «la specie più folle del pianeta», s’impegna abitualmente in tutte e cinque queste cose, «avvelenando il corpo, la mente e i propri figli con metalli pesanti, pesticidi, mercurio, conservanti, farmaci che alterano la mente, solventi chimici, Ogm e deliri di programmazione mentale».
-
Fisk: bugiardi stragisti siamo noi, e il vero bersaglio è l’Iran
«Prima che la più stupida guerra occidentale nella storia del mondo moderno abbia inizio – avverte Robert Fisk – potrebbe essere bene dire che i missili cruise, che fiduciosamente ci attendiamo che si scaglino su una delle città più antiche dell’umanità, non hanno assolutamente nulla a che fare con la Siria: sono destinati a danneggiare l’Iran». Per lo storico inviato britannico, i missili in partenza «sono destinati a colpire la repubblica islamica, ora che ha un nuovo e brillante presidente – a differenza di quel picchiatello di Mahmoud Ahmadinejad – proprio nel momento in cui potrebbe essere appena più stabile». Spiegazione: «L’Iran è il nemico di Israele», quindi è «“naturalmente” nemico dell’America: perciò si sparano i missili contro l’unico alleato arabo dell’Iran». Perché il raid proprio adesso? Perché «lo spietato esercito di Bashar al-Assad potrebbe essere proprio in procinto di vincere contro i ribelli che noi segretamente armiamo».
-
Così Obama disonora la memoria di Martin Luther King
Le differenze tra Martin Luther King e Barack Obama non potrebbero essere più evidenti: «L’unica cosa che hanno in comune è il colore della pelle», sentenzia Tony Cartalucci, anche se «i canali d’informazione occidentali sono riusciti a tracciare delle linee di congiunzione tra queste due figure diametralmente opposte». Con la sua apparizione al Memoriale di Lincoln, secondo l’Associated Press l’attuale presidente Usa «era certo di rappresentare la realizzazione del sogno di centinaia di migliaia di persone che manifestarono lì nel lontano 1963», perché Obama «incarna il sogno e la lotta di King». Solo perché è nero, obietta Cartalucci, «o perché interpreta davvero quegli ideali di giustizia, uguaglianza e pace per cui Martin Luther King Jr. si è battuto durante tutta la sua vita e per i quali è morto?». Risposta: «Non esiste modo peggiore di offendere la memoria di Martin Luther King di quello di paragonarlo al presidente Obama, servo di un meccanismo che produce le più gravi disuguaglianze e ingiustizie sulla Terra, alimentato proprio da quegli “interessi corporativi” tanto avversati da King in tutta la sua vita e a causa dei quali probabilmente fu ucciso».
-
La danza della pace di quei soldati sull’orlo della guerra
Ma gli americani che fanno? Quello che hanno sempre fatto: la guerra. «Ora dovremo dare una bella spazzolata alla Siria», diceva tempo fa un giovanotto, a cena ai tavoli di una pizzeria, in una città del nord. Indossava una tuta col tricolore e la scritta “Italia”. Era l’inizio del 2012: al film delle armi chimiche mancava ancora un anno e mezzo. Eppure, era come se il giovanotto lo conoscesse già: «Dovremo colpire la Siria – ripeteva, con aria grave – perché poi, lo sappiamo, ci aspetta lo scontro vero, quello con l’Iran». I commensali annuivano, attoniti, fingendo di capire: strana fiaba nera, ambientata in una geografia teoricamente prossima, mediterranea, eppure così remota e oscura, infestata di pericoli e di nemici incomprensibili. L’unico ambasciatore intellegibile, tra i misteri di quelle latitudini infide, era appunto il giovanotto con addosso la tuta militare – il solo volto amico momentaneamente a portata di mano. Con in tasca un messaggio chiarissimo e indiscutibile: guerra. Ma perché? Perché sì. Semplice: guerra contro il perfido dittatore Assad, come necessaria premessa per poi dare una lezione ai fanatici barbuti di Teheran.
-
Daily Mail: da Londra le armi chimiche per incolpare Assad
Un titolo netto sul “Daily Mail”, un quotidiano da due milioni di copie in edicola e da tre milioni di utenti online al giorno: “Piano sostenuto dagli Usa per lanciare un attacco con armi chimiche contro la Siria e dare la colpa al regime di Assad”. Il titolo in questione risale al 29 gennaio 2013. L’edizione online del “Daily Mail” ha pubblicato un’interessante storia – a firma di Louise Boyle – in grado di gettare la giusta luce investigativa sui tragici attacchi col gas verificatisi in Siria sette mesi dopo, ad agosto 2013. Ogni tanto, la grande stampa riporta qualche fatto importante che suona totalmente diverso dal racconto di fondo, ma quando questo avviene è un fuoco di paglia che viene subito estinto. Naturalmente, pochi giorni dopo la pubblicazione, l’articolo era già sparito dagli archivi online del giornale, ma per fortuna non è così facile fare sparire l’informazione da Internet una volta che vi abbia fatto capolino. Pertanto siamo in grado di riproporvi l’articolo ed esporre qui i tratti salienti.
-
Chi teme il riarmo russo, la nostra vera speranza di pace
L’orso russo è più forte e più potente di quanto sia mai stato, anche se la maggior parte degli americani non se ne rende conto, e crede ancora che la Russia sia quella “ex-superpotenza” quasi insignificante che era diventata alla fine della guerra fredda. A quei tempi la Russia di Eltsin era proprio un paese nel mezzo di un disastro economico: «Ebbi la possibilità di andare laggiù nei primi anni ’90 – racconta Michael Snyder – quando la valuta russa valeva così poco che ci scherzavo sopra, dicendo che con una banconota da 20 dollari avrei comprato il Cremlino». Ma la Russia ha “ruggito” di nuovo: da quando Vladimir Putin è diventato presidente, l’economia russa ha iniziato a crescere molto rapidamente. Oggi Mosca è una potenza economica «benedetta da una vera abbondanza di risorse naturali». Il debito pubblico in rapporto al Pil è irrilevante, anzi ogni anno si registra un avanzo commerciale. E inoltre (per nostra fortuna, checché ne pensi Snyder) la Federazione Russa dispone tuttora del secondo esercito più potente del pianeta.
-
Yes, we scan: così gli artisti puniscono lo spione Obama
La notte dell’8 luglio un fascio di luce ha attraversato Berlino, proiettando a caratteri cubitali su una facciata dell’ambasciata americana la scritta “United Stasi of America” e il volto dell’attivista web, nonché icona hacker, già magnate del sito di file sharing Megaupload e ora proprietario di Mega, Kim Dotcom, al secolo Kim Schmitz, un tedesco di Kiel che oggi vive in Nuova Zelanda. A Berlino, la notte dell’8 luglio, c’era il light artist tedesco Oliver Bienkowski, nato nel 1982 a Kassel, famoso per i suoi giochi di luce, in particolare con raggi laser, come quelli contro la Porta di Brandeburgo per la Dresdner Bank, il palazzo della società immobiliare Hypo Real Estate, le statue di Lipsia, i parchi, i ponti e gli antichi palazzi di Kassel, l’arcobaleno di luci sul ponte di Düsseldorf, le Torri Bismarck.