Archivio del Tag ‘America’
-
La Meloni entra nell’Aspen, salotto del massimo potere
Cresce nei sondaggi, presiede un partito europeo, parla americano. Continua la scalata a stelle e strisce di Giorgia Meloni. L’ultima novità arriva dall’Aspen Institute, uno dei più grandi e prestigiosi think tank statunitensi al mondo, in Italia presieduto da Giulio Tremonti. Nella lista dei soci per il 2021 spunta anche il nome della leader di Fratelli d’Italia. Fa compagnia al presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano e a suo figlio Giulio, ordinario a Roma Tre, a Paolo Mieli e al luminare Walter Russell Mead. E poi ancora Roberto Maroni, Antonio Martino e Antonio Marzano, l’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo e il direttore generale per le “riforme strutturali” in Ue Mario Nava. Non può non balzare all’occhio il nome dell’aspirante leader della destra italiana, indicata con un laconico “deputato, Roma” in mezzo alla lista. L’Aspen infatti non è un think tank qualsiasi.Il distaccamento italiano si affaccia su Piazza Navona ed è da decenni crocevia di diplomatici e accademici, intellettuali e politici, americani e non. Anche il nuovo presidente americano Joe Biden, in una delle ultime trasferte a Roma da vice di Barack Obama, ha fatto tappa all’Aspen per una conferenza internazionale. La Meloni non è davvero nuova in quel mondo. È stata più di una volta ospite dei convegni che l’istituto organizza in una sontuosa sala affrescata. Ora ci torna in veste di socio, una notizia che qualcosa racconta del percorso fatto dalla leader di Fdi nell’ultimo anno. Alla cavalcata nei consensi, che la vedono tallonare a poca distanza Matteo Salvini, la Meloni ha affiancato un’operazione di re-styling per scacciare l’immagine di una destra anti-europeista ed eternamente tentata da una pregiudiziale anti-americana.Di qui la scelta di impegnarsi, fino ad assumerne la presidenza, unica donna a ricoprire quel ruolo a Bruxelles, nel partito dei Conservatori europei. O ancora il viaggio in America per parlare come ospite al Cpac (Conservative Political Action Conference), il gotha della destra Usa. Con l’entrata in Aspen cade definitivamente un ultimo cliché, quello di una destra che non vuole parlare con i “poteri forti” e che da questi viene evitata. Nel think tank Usa non mancano certo nomi illustri, a leggere chi fa parte del comitato esecutivo. C’è Mario Monti e il presidente onorario Giuliano Amato, Marta Dassù e Gianni Letta, Paolo Savona e Romano Prodi, l’ad di Enel Francesco Starace e John Elkann come vicepresidente.(Francesco Bechis, “Meloni l’americana. Se la leader di Fdi entra nell’Aspen Institute”, da “Formiche.net” del 1° febbraio 2021).Cresce nei sondaggi, presiede un partito europeo, parla americano. Continua la scalata a stelle e strisce di Giorgia Meloni. L’ultima novità arriva dall’Aspen Institute, uno dei più grandi e prestigiosi think tank statunitensi al mondo, in Italia presieduto da Giulio Tremonti. Nella lista dei soci per il 2021 spunta anche il nome della leader di Fratelli d’Italia. Fa compagnia al presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano e a suo figlio Giulio, ordinario a Roma Tre, a Paolo Mieli e al luminare Walter Russell Mead. E poi ancora Roberto Maroni, Antonio Martino e Antonio Marzano, l’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo e il direttore generale per le “riforme strutturali” in Ue Mario Nava. Non può non balzare all’occhio il nome dell’aspirante leader della destra italiana, indicata con un laconico “deputato, Roma” in mezzo alla lista. L’Aspen infatti non è un think tank qualsiasi.
-
Crollerà il sistema-Cina, e prima ancora il falsario Biden
«La mia previsione è che, prima ancora di un collasso automatico del partito comunista cinese, ci sarà un collasso di Biden e della sua ignobile baracca entro breve». Una “profezia” firmata da Valdo Vaccaro, che si definisce “libero ricercatore e filosofo della salute”. Le verità – annuncia, sul suo blog – stanno venendo fuori in tutta la loro formidabile forza dirompente. «Non è peraltro possibile che un paese come l’America resti in balia di governanti ottusi e disonesti, di ladri di voti e di gente disposta a consegnare il paese al miglior offerente. Questo può succedere per le repubbliche delle banane e per i paesi satelliti come l’Italia, totalmente schiava dei burocrati europei, delle grandi banche, dei Bill Gates, della massoneria deviata, del Bilderberg e del Vaticano. Non può riguardare un paese leader mondiale». Oggi, premette Vaccaro, esiste un vuoto silenzioso e tombale: «Alla Casa Bianca si sono soltanto dei fantasmi. Stanno cadendo in pezzi i vari traditori della patria, come la Pelosi e il Cuomo in prima linea, assieme ai vari Fauci e Bill Gates, con buona pace del cosiddetto sinistrismo di maniera, messo in ridicolo dal un grande e indimenticato artista del calibro di Giorgio Gaber».In questi giorni, scrive l’analista, 334 milioni di abitanti – cioè l’intera popolazione americana – non sono soltanto divisi e disorientati dopo la sbornia elettorale e dopo tutta la sceneggiata di Capitol Hill e dell’Inauguration Day, ma hanno anche la netta sensazione di trovarsi tutto d’un tratto «orfani di un autentico e affidabile conduttore, di un vero presidente». Il che non è esattamente rassicurante. Con il super-boicottato Donald Trump, detestato dai “dem” e dal mainstream, da Big Web e Big Tech, dal Deep State neoliberista e dall’establishment infiltrato dal sistema-Cina, «l’America aveva un presidente carismatico, serio, attivo, rispettato, amato da una grossa fetta della popolazione che conta, quella che studia e che lavora». La verità è Trump ha consegnato al suo paese (e non solo) un lascito straordinario, sostiene Vaccaro. Persino gli americani che gli erano contro, in queste ultime settimane «hanno iniziato a percepire alcune cose basilari». Si sono accorti che ha evitato nuove guerre, ha rivitalizzando l’economia, ha subito false accuse. Infine: gli sono state rubate le elezioni, che aveva stravinto.«Tutti d’accordo poi su un fatto innegabile, e cioè che Donald Trump ci ha messo l’anima per difendere il paese: ha lavorato sodo per la medium class e la working class americana, mettendo in secondo piano le corporations, le grandi banche e Wall Street. In questo modo ha ridato lustro e dignità internazionale al paese, facendo degli Stati Uniti un posto gradevole e speciale in cui vivere». Attenzione, avverte Vaccaro: persino i cinesi (intesi come popolo) avrebbero nostalgia di The Donald. «Trump sta ricevendo messaggi di supporto da tutto il mondo, ma a sorprendere è il supporto inatteso e massiccio da parte della popolazione cinese, residente in Cina e fuori dalla Cina». Aggiunge Vaccaro: potrebbe anche aver temporaneamente perso o rinunciato al suo trono mondiale, ma rimane un faro «per una massa di persone perseguitate dalla peggiore peste esistente, che si chiama censura, dittatura, diritti umani sotto i tacchi».Dalla Cina, Vaccaro coglie una frase rivelatrice: “Legally he is still the President of Usa”. E’ sempre lui, il presidente legittimo. «We want freedom of speach», furono le ultime parole del dottor Li Wengliang, morto dopo aver denunciato l’origine “ingegnerizzata” del Covid. Sul fronte opposto, invece, Joe Biden non esitato a far vedere di che pasta è fatto: il gettarsi a firmare subito «i suoi “anti-provvedimenti”, mirati soltanto a disfare l’intera impostazione trumpiana, lo ha reso ancora più penoso di quanto non appaia normalmente». Nella sua prima settimana ha sottoscritto ben 37 ordini esecutivi, un record assoluto. Nel frattempo, la “Cnn” «ha rimosso la conta dei dati Covid», prima «presente 24 ore su 24 a bordo schermo», mentre l’Oms «ha ammesso che i test Pcr non sono affidabili e ha introdotto nuove linee-guida che faranno calare i falsi positivi: che coincidenze». A essere «penoso quanto Biden», sostiene Vaccaro, è l’intero team neo-presidenziale. Nessuno dimentica l’imbarazzante Hunter Biden, «coinvolto in traffici illeciti e provati, prima in zona russa e ora in zona cinese». Ma la stessa vicepresidente, Kamala Harris, non gode affatto di particolari simpatie, nemmeno tra i “dem”, visto che alle primarie incassò appena il 2% di voti, prima di ritirarsi miseramente.«Una Kamala Harris di origini indo-jamaicane, ma che per queste elezioni è magicamente diventata afroamericana, per guadagnare punti “brownie”». Si spaccia infatti per paladina dei neri, «ma durante la sua carriera da procuratrice ha tenuto in carcere migliaia di afroamericani oltre la data scarcerazione per sfruttarli come manodopera a basso costo, come rinfacciatole da Tulsi Gabbard», coraggiosa outsider tenuta ai margini del partito democratico. E’ noto inoltre che la stessa Harris avrebbe fatto carriera grazie alla relazione interessata con l’anziano amante Willie Brown, «politico corrotto “dem” ed ex sindaco di San Francisco». Galoppa la nostalgia per il Puzzone? Il vecchio zombie Joe Biden «è partito col piede sbagliato incespicando clamorosamente: ha fatto appello all’unità del paese, ma operando invece per dividerlo di netto». Tutto questo, mentre gli americani stanno apprendendo giorno dopo giorno il contenuto dei documenti declassificati, «come le false accuse di Hillary Clinton nel Russiagate», reiterate con la complicità dell’Fbi.Anche per questo, sintetizza Vaccaro, la gente è infastidita e frustrata: «Non si sente per niente rappresentata da questa falsa presidenza». E sullo sfondo, cresce l’allarme Cina. Già il mese scorso, John Ratcliffe, già direttore del Dni (Department of National Intelligence), aveva ammonito il Congresso sul fatto che la Cina non sia un paese normale: è manovrato da un Pcc che tende non a integrarsi, ma piuttosto a dominare il pianeta, imponendo le sue regole. «Il mondo deve ancora rendersi conto che questo è un regime autoritario, che se ne strafrega dei diritti umani delle persone e dei popoli che assoggetta». Lo si è visto da come perseguita le minoranze, come quella degli Uyghuri e la stessa fiorente comunità di Hong Kong, che è cinese e internazionale. Prima il partito e lo Stato, tutto il resto non conta niente: in pratica, l’esatto opposto di ciò che ha fatto grande l’America, un tempo patria della libertà (di pensiero, di opinione, di stampa e di impresa). Le cose, secondo Vaccaro, potrebbero precipitare: Pechino vuole Taiwan, e potrebbe innescare una crisi mondiale.«La Cina ha appena varato una legge che la rende sovrana del Mar Cinese Meridionale, che in realtà non è cinese ma appartiene a una schiera di paese asiatici». Questa legge permette alla guardia costiera cinese di colpire qualsiasi imbarcazione straniera che si trovi ai limiti di quelle che ora considera come sue acque territoriali. Se la geopolitica asiatica minaccia di sfuggire di mano, la nuova Casa Bianca sembra una certezza negativa: Joe Biden, «imbarazzante e catastrofico», ha rilanciato il super-barone di Big Pharma, Anthony Fauci, ricucendo con l’Oms e con Bill Gates. Ultima perla: ha designato come ministro dell’agricoltura Tom Vilsack, detto “Mister Monsanto”, dal nome della multinazionale (Bayer-Monsanto) leader mondiale nella produzione di Ogm e pesticidi, tra cui il mefitico glifosato. Ed ecco serviti, con una sola mossa, i “cretini di sinistra” che avevano tifato per Biden (e Greta, sua grande supporter) come ipotetico campione “green”. D’accordo: ma la Cina?Vaccaro intravede ombre cinesi anche negli ultimi eventi, dai maxi-brogli elettorali alla tragica pagliacciata di Capitol Hill. Non si tratta solo di “rozzi” comunisti, premette il blogger, molto seguito dal pubblico italiano “alternativo” al mainstream. I cinesi sono anche «astuti conquistatori, capaci di ricorrere a tutti i trucchi del mestiere», maestri di «sotterfugi e stratagemmi», in quanto successori ed eredi di personaggi come Sun Tzu (600-500 avanti Cristo, autore de “L’arte della guerra”). Vaccaro cita anche il mongolo Genghis Khan (1162-1227) e lo stesso Tamerlano (1336-1405), imperatore di Samarcanda. «Hanno il concetto del dominio e della prevalenza nel sangue, nel loro stesso Dna». Mamma li turchi? Non che fossero da meno, i condottieri cristiani: quelli cattolici, poi, hanno letteralmente sterminato le popolazioni sudamericane. Il problema, semmai – sottolinea Gioele Magaldi, autorevole politologo e massone progressista – deriva dall’élite massonica di stampo reazionario che, negli anni ‘70, ha sdoganato frettolosamente l’impero maoista per farne una specie di Mostro di Frankenstein, neo-capitalista (e quindi florido) ma ancora dittatoriale.Vaccaro cita un analista statunitense come Seth Holehouse, convinto del fatto che, nel giro di uno o due anni – nonostante Xi Jinping faccia la voce grossa – il Pcc «subirà un clamoroso collasso, implodendo dall’interno sotto la pressione ormai incontenibile del suo stesso popolo». Tradotto: «I comunisti sono arrivati davvero al culmine delle loro possibilità e non hanno più grandi sbocchi». Beninteso: «Hanno fatto cose eccellenti ed egregie dal punto di vista dello sviluppo tecnologico e della espansione verso il mondo esterno». Al tempo stesso, però, «hanno commesso errori gravissimi sul piano interno, andando oltre i limiti e sciupando i vantaggi raggiunti». In altre parole, «hanno scoperto le gioie e i tranelli del capitalismo e dell’imperialismo», e così «si sono illusi di poterla fare franca dovunque e comunque», confidando nella forza militare e finanziaria. L’errore fondamentale, secondo Holehouse, è stato quello di aver sottovalutato l’importanza dei valori umani davanti agli occhi del mondo.«Hanno pensato di poter comprare tutto e tutti con una valanga di yuan inflazionati, compromettendo in quesi ultimi tempi le loro relazioni col mondo esterno, sia sul piano economico-politico che su quello diplomatico», sostiene l’analista americano. Massimo emblema della recente “dismisura” cinese, secondo Vaccaro, «la faccenda del virus Covid ingegnerizzato e sfuggito di mano». La verità? Accora avvolta nelle tenebre della censura. «Credo che siano in una situazione molto peggiore di quella che essi intendono raccontare». Poi, oltre alle «pessime relazioni con la maggioranza del popolo cinese», c’è anche «una gravissima frattura all’interno del Politburo tra diverse fazioni», mentre una buona metà della popolazione cinese (700 milioni di persone) sarebbe «in condizioni di fame e di povertà». Una situazione paradossale e incerta, che per Vaccaro non può durare ancora per molto: «Il bubbone è pronto a scoppiare. Al di là di ogni apparenza e di ogni voce grossa, sono sull’orlo della disfatta».Nessuno ha la sfera di cristallo per capire cosa accadrà domani, ma la carenza di orientamento «si fa sentire in modo drammatico, non soltanto all’interno degli Stati Uniti e della stessa Cina, ma sul piano planetario». La questione virale gioca un ruolo basilare, sottolinea Vaccaro, avendo sconvolto le sicurezze delle persone. «Tutti prigionieri e ostaggio dei virologi, prima ancora che della Cina. Tutti in attesa spasmodica, smodata e ridicola di un vaccino che immunizzi, che risolva, che liberi dall’incubo, mentre è sicuro che qualsiasi vaccino e qualsiasi cura medica non farà altro che aggravare la situazione, accorciare la vita e ingrossare le tasche delle imprese chimiche e farmaceutiche», scrive Vaccaro. «Implorare la Pfizer, l’AstraZeneca e le altre multinazionali perché si sbrighino a produrre e fornire più vaccini mi pare non solo un’azione autolesiva, ma delirante e allucinante».Sta davvero per franare, la Cina? «Non credo che si debba aspettare il cadavere del partito comunista cinese sulla sponda dello Yangtze, contando sulla provvidenza divina», dice ancora Valdo Vaccaro. «Più sensato darsi da fare per informare la gente, renderla edotta, renderla responsabile». Meglio tendere una mano pietosa a Xi Jinping per farlo cadere prima possibile, accorciandone la possibile agonia con «una spallata a quel regime», come ha cercato di fare Trump sostenendo i ribelli di Hong Kong. A proposito: «Il presidente Trump è più vivo che mai: rimane una figura carismatica eccezionale e unica, nelle presenti circostanze». Non caso, resta «un punto di riferimento della lotta di liberazione e di emancipazione dei cinesi dalla propria dittatura interna». Questione di tempo, ribadisce Vaccaro: tra non molto cadrà in pezzi prima «la banda Biden», e poi «la banda nazi-comunista» con la quale Donald Trump ha ingaggiato una sfida planetaria, destinata a prolungarsi ben oltre il falso verdetto delle presidenziali truccate. Una frode che ormai pesa, in modo vistoso, sull’umore di oltre metà degli americani.«La mia previsione è che, prima ancora di un collasso automatico del partito comunista cinese, ci sarà un collasso di Biden e della sua ignobile baracca entro breve». Una “profezia” firmata da Valdo Vaccaro, che si definisce “libero ricercatore e filosofo della salute”. Le verità – annuncia, sul suo blog – stanno venendo fuori in tutta la loro formidabile forza dirompente. «Non è peraltro possibile che un paese come l’America resti in balia di governanti ottusi e disonesti, di ladri di voti e di gente disposta a consegnare il paese al miglior offerente. Questo può succedere per le repubbliche delle banane e per i paesi satelliti come l’Italia, totalmente schiava dei burocrati europei, delle grandi banche, dei Bill Gates, della massoneria deviata, del Bilderberg e del Vaticano. Non può riguardare un paese leader mondiale». Oggi, premette Vaccaro, esiste un vuoto silenzioso e tombale: «Alla Casa Bianca si sono soltanto dei fantasmi. Stanno cadendo in pezzi i vari traditori della patria, come la Pelosi e il Cuomo in prima linea, assieme ai vari Fauci e Bill Gates, con buona pace del cosiddetto sinistrismo di maniera, messo in ridicolo dal un grande e indimenticato artista del calibro di Giorgio Gaber».
-
Magaldi: non temete Biden, ora è nella superloggia Maat
«Joe Biden sta per essere inziato alla superloggia massonica Maat, che è un’espressione di compromesso tra conservatori e progressisti». Lo ha rivelato Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere), nella trasmissione web “Massoneria On Air” del 21 gennaio, condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”. Esponente del network massonico progressista internazionale, Magaldi conferma così le sue previsioni, annunciate già prima del contestatissimo voto americano per le presidenziali: «Anche nel caso prevalesse Biden – aveva affermato – il lavoro di Trump non verrebbe disconosciuto: lo garantiscono i sottoscrittori del patto, massonico, stipulato dai sostentori di Trump e da quelli di Biden». Un patto che ora verrebbe formalizzato anche dall’ingresso di Biden nella Maat, una Ur-Lodge nata prima del 2008 per lanciare Obama e mettere fine all’era Bush, grazie a un accordo tra i progressisti e quella parte di massoni “neoaristocratici”, come Zbigniew Brzezinski, già fautori del globalismo neoliberista ma poi spaventati dagli esiti bellicisti e anche terroristici della stagione dei Bush.In altre parole, sostiene Magaldi, quella di Donald Trump non è stata una parentesi: al di là delle inevitabili, contrapposte retoriche elettoralistiche, il gruppo che ha supportato Biden si è impegnato a convalidare i fondamenti di alcune buone politiche varate da Trump. «Non solo si confermerà l’impegno ad arginare l’espansionismo della Cina, ma saranno ribadite anche le linee neo-keynesiane di Trump nella politica economica: lo conferma la nomina di Janet Yellen al Tesoro». Insiste Magaldi: «Non temano, i tanti elettori che hanno apprezzato alcuni aspetti di Trump: da certe posizioni l’America non tornerà indietro». Un messaggio anche ai “complottisti”, che con l’opaco insediamento dell’ex vice di Obama vedono spalancarsi l’inferno distopico della polizia sanitaria universale, la pandemia brandita come un’arma per mettere fine alla democrazia: «Non ci sarà nessun Grande Reset, prevarrà un’impronta cauta e moderata: e l’azione di Biden sarà concordata, passo passo, con gli elementi della massoneria progressista che ieri appoggiavano Trump e che oggi sono presenti nella “cabina di regia” dell’amministrazione Biden».Le parole di Magaldi possono apparire dissonanti, alla vastissima platea (non solo statunitense) allarmata per le clamorose svolte in atto: alla gestione “dittatoriale” dell’emergenza Covid si è aggiunto l’anomalo “cambio della guardia” alla Casa Bianca, inquinato da estesi brogli e dall’inaudita, minacciosa censura mediatica imposta al presidente Trump mentre ancora era in carica. Parlano da soli i peggiori propositi messi nero su bianco dagli uomini di Davos, che definiscono il Covid un’ottima occasione per approdare alla “quarta rivoluzione industriale” all’insegna della verticalizzazione del potere. Digitale, wireless ed economia “green” sembrano la foglia di fico per addolcire la pillola: un pianeta destinato a cambiare per sempre, a cominciare dalle sconcertanti misure di distanziamento (mascherine, lockdown, coprifuoco, smart working e didattica a distanza) che qualcuno vorrebbe rendere permanenti, anche attraverso i pass vaccinali e il quasi-obbligo della somministrazione di vaccini ancora sperimentali.Magaldi è stato tra i primi, a denunciare il problema: «La gestione della psico-pandemia ha una chiara origine massonica: c’è davvero chi vorrebbe schiavizzare la popolazione del pianeta, esportando ovunque il sistema-Cina». Ma aggiunge: «A tradire questi “apprendisti stregoni” sarà proprio la loro eccessiva volontà di potenza: faranno la fine di Napoleone e Hitler, quando vollero invadere la Russia». Lo stesso Magaldi, ormai quasi un anno fa, segnalò la clamorosa denuncia di Bob Dylan (rivelando anche l’identità massonico-progressista del grande cantautore) in occasione dell’uscita del brano “Murder Most Foul” sull’omicidio di John Kennedy, anteprima dell’album “Rough and Rowdy Ways”, con un brano come “False Prophet” che allude ai rischi della “vaccinazione universale” agognata da Bill Gates e Anthony Fauci, vicinissimi a Biden. Per Magaldi, un gesto chiarissimo: «Un guanto di sfida, da parte della massoneria progressista, alla controparte reazionaria che – dall’assassinio di Dallas fino alle Torri Gemelle e oltre – coltiva progetti di smantellamento della democrazia, ora anche con il pretesto di un’epidemia sapientemente manipolata con il “terrorismo sanitario”».La vera notizia, però – per Magaldi – non è tanto l’evidenza di un piano che ormai sta sta chiaramente delineando, con gli oligarchi che utilizzano la Cina (e l’Oms) per tentare di imporre il loro distopico “nuovo ordine mondiale”, ieri finanziario (rigore, austerity), poi terroristico (11 Settembre, Isis) e ora anche psico-sanitario, con risvolti sempre più inquietanti. A rompere questa trama, afferma il leader “rooveltiano” del Grande Oriente Democratico, è l’offensiva della massoneria progressista, a cominciare da clamorose diserzioni. Clamorose quelle di Christine Lagarde e Mario Draghi, che hanno abbandonato il tradizionale campo “neoaristocratico”: la prima usando la Bce per pompare miliardi a costo zero negli Stati europei, e il secondo arrivando a sdoganare la Modern Modern Theory, per arrivare a proporre (sul “Financial Times”) un piano keynesiano anti-crisi, basato su aiuti finanziari virtualmente illimitati, che però non si trasformino in nuovo debito. Idee non certo estranee a Janet Yellen, già presidente della Fed e ora sistemata al Tesoro per continuare la politica di assistenza finanziaria varata da Trump.Il punto nodale, infatti, per Magaldi è proprio questo: «Guai, se si pensa che la partenza di Trump equivalga a una sconfitta». Beninteso: «Io avrei preferito che Trump restasse alla Casa Bianca: se lo sarebbe meritato, anche al netto degli errori commessi nell’ultimo anno, come le incertezze sul Covid e sulle proteste antirazziste, per non parlare del “suicidio” rappresentato dallo sgangherato assalto dei manifestanti a Capitol Hill, puntalmente strumentalizzato dagli avversari del tycoon». Su Biden, inutile negarlo, pesa l’ombra dei brogli: una frode che, stando ai dati raccolti dalla difesa legale trumpiana, sembra non avere precedenti – per dimensioni – nella storia delle elezioni americane. «Per contro, però, i brogli vanno comunque provati», sottolinea Magaldi, pur sapendo che nessuna corte di giustizia (nemmeno la Corte Suprema, teoricamente vicina a Trump) ha mai accettato di esaminare nel dettaglio i dossier che inchioderebbero Biden. «C’era poi un’altra opzione, estrema e spericolata ma costituzionale: di fronte a prove di infiltrazioni straniere nel voto americano, Trump poteva instaurare la legge marziale e magari far ripetere il voto negli Stati contesi, ma non l’ha fatto».Oggi, anche per questo, gli animi sono esacerbati: il sistema mainstream continua a demonizzare il presidente che ha azzerato la disoccupazione, tagliato le tasse, riportato il lavoro in America e imposto l’alt alla concorrenza sleale della Cina, senza peraltro aprire nuove guerre (un vero record, nella storia statunitense). Sul fronte opposto, una criminalizzazione quasi analoga colpisce Biden, indicato come pericoloso agente del Great Reset. Un uomo sbiadito e corrotto, al centro di scandali insieme al figlio, Hunter. Un mediocre dall’apparenza moderata, Joe Biden, ma – fino a ieri – pronto a schierarsi coi Bush per le guerre in Medio Oriente, e rimasto in prima linea (come vice di Obama) negli eccessi “imperiali” degli Usa, dall’Iraq (dove di fatto si diede via libera all’Isis) al “golpe di piazza” in Ucraina, accanto a personaggi come la “neocon” Victoria Nuland, tuttora imbarcata nella nuova squadra della Casa Bianca. A fare la differenza, però – assicura Magaldi – ora sarà la componente massonico-progressista, che fungerà da contrappeso: e proprio l’esordio di Biden nella Maat, aggiunge il presidente del Movimento Roosevelt, «garantirà il pieno rispetto, da parte di Biden, di precisi vincoli – massonici – di segno democratico e progressista».«Joe Biden sta per essere inziato alla superloggia massonica Maat, che è un’espressione di compromesso tra conservatori e progressisti». Lo ha rivelato Gioele Magaldi, autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere), nella trasmissione web “Massoneria On Air” del 21 gennaio, condotta da Fabio Frabetti di “Border Nights”. Esponente del network massonico progressista internazionale, Magaldi conferma così le sue previsioni, annunciate già prima del contestatissimo voto americano per le presidenziali: «Anche nel caso prevalesse Biden – aveva affermato – il lavoro di Trump non verrebbe disconosciuto: lo garantiscono i sottoscrittori del patto, massonico, stipulato dai sostentori di Trump e da quelli di Biden». Un patto che ora verrebbe formalizzato anche dall’ingresso di Biden nella Maat, una Ur-Lodge nata prima del 2008 per lanciare Obama e mettere fine all’era Bush, grazie a un accordo tra i progressisti e quella parte di massoni “neoaristocratici”, come Zbigniew Brzezinski, già fautori del globalismo neoliberista ma poi spaventati dagli esiti bellicisti e anche terroristici della stagione dei Bush.
-
Carotenuto: l’ombra dei gesuiti sulla presidenza Biden
Galeotto fu il gesuita e chi lo invitò a corte: nasce sotto il segno della Compagnia di Gesù il nuovo potere (in realtà antico) che si è appena insediato alla Casa Bianca attorno all’anziano Joe Biden, l’uomo che sostiene di aver vinto le presidenziali 2020 negli Stati Uniti. A sottolineare la matrice gesuitica della “piramide” che avrebbe fabbricato l’affermazione di Biden è Fausto Carotenuto, già collaboratore di Mino Pecorelli (giornalista d’indagine assassinato nel ‘79) e per anni analista strategico dell’intelligence Nato, esperto di Medio Oriente e strategia della tensione. Approdato al pensiero steineriano, Carotenuto ha fondato il network “Coscienze in Rete”, riassumendo poi la sua visione nel saggio “Il mistero della situazione internazionale”: vede in azione due “piramidi” mondiali, in apparenza contrapposte (dato che si esprimono politicamente attraverso la destra e la sinistra) ma che in realtà dominano il pianeta, alternando oppressione e libertà illusorie, con l’unico scopo di tenere l’umanità sottomessa e le coscienze addormentate, ipnotizzate dal nemico di turno creato ad arte per essere trasformato in demonio.«Per intenderci: la destra classica promuove apertamente l’egoismo sociale, mentre la nuova sinistra postmoderna (quella “gesuitica”, appunto) è più insidiosa, visto che riesce a mascherare i suoi reali intenti dietro il velo dei buoni sentimenti, dei diritti civili e del politicamente corretto, sfornando “bidoni” perfetti: ieri Obama, e oggi Biden». Stessa regia, assicura Carotenuto: e i sapienti “stregoni” della manipolazione sarebbero sempre loro, i gesuiti. In un interessante video sul web, Carotenuto invita a dare un’occhiata alla squadra del nuovo inquilino della Casa Bianca: «Compaiono uomini della Cia come George Tenet e lo stesso Robert Gates, altro specialista in materia di terrorismo mediorientale: sono stati tutti formati alla gesuitica Georgetown University, dove insegnava un certo Henry Kissinger. Non è un segreto per nessuno: Joe Biden è intimo dei gesuiti e di personaggi usciti da Georgetown».Carotenuto sottolinea la vocazione storica dei seguaci di Ignazio de Loyola, nati come educatori dei giovani principi: «Una volta formati non li mollano più: li fanno diventare Ciampi, Monti, Draghi, Rutelli, creando una vera e propria struttura, una rete fatta di carriere in qualche modo “assitite”». Per la prima volta nella storia, un gesuita occupa addirittura il Soglio Pontificio: Trump lo ha attaccato frontalmente, attraverso Mike Pompeo, per la cessione al regime di Pechino del potere di nomina dei vescovi cattolici in Cina. E Biden? All’opposto: è devoto a Bergoglio, gli obbedisce. «Biden fa tutto quello che Papa Francesco chiede: aperture sull’aborto, sui gay, sulla green economy, sui migranti, sulla povertà, sul clima». Beninteso: «Sono temi anche condivisibili, ma vengono adoperati come cosmesi per ricevere i voti delle classi medie, dei benpensanti, per poi spingere le agende del potere vero: guerre, elettromagnetizzazione del pianeta, Great Reset».Attenzione ai gesuiti, insiste Carotenuto: è uscito da Georgetown il nuovo, potente capo di gabinetto della Casa Bianca, cioè Ron Klein. «Cattolico e vicino agli ambienti gesuiti è anche William Burns, appena nominato direttore della Cia, molto impegnato nella destabilizzazione del Medio Oriente quando lavorava per Obama». Viene da Georgetown anche Avril Haines, messa a capo della direzione generale dell’intelligence. Allievo dei gesuiti è lo stesso barone della medicina Anthony Fauci, che neppure Trump era riuscito a sloggiare. «Pubblicamente, Fauci ha dichiarato di aver appreso proprio dai gesuiti i fondamenti del senso della vita. E adesso Biden l’ha posto a capo della delegazione che segnerà il rientro trionfale degli Stati Uniti nell’Oms», l’opaca struttura mondialista da cui Trump si era ritirato, in polemica per la gestione poco trasparente (e troppo “cinese”) dell’emergenza Covid, utilizzata per sospendere diritti e libertà in nome della sicurezza.Gesuiti dietro a Biden? Eccome, assicura Carotenuto: viene dalle scuole della Compagnia di Gesù buona parte del team del nuovo presidente, probabilmente abusivo data l’ingente massa di prove che documentano i clamorosi brogli elettorali (che nessuna corte giudiziaria si è finora degnata di esaminare, in dettaglio). «Joe Biden è vicinissimo ai gesuiti, e ha citato Bergoglio già nel suo primo discorso dopo la “vittoria” elettorale». Ma attenzione: chi lo ha “incoronato”, formalmente? A pronunciare la preghiera per la cerimonia di inaugurazione della presidenza Biden, il 20 gennaio, è stato un gesuita molto imporante, padre Leo O’Donovan, per molti anni rettore della Georgetown University. «Quell’uomo ha “allevato” ministri, dirigenti della Cia e presidenti americani, come Bill Clinton». Strano cattolico, secondo Carotenuto: «Alla Georgetown, O’Donovan aveva fatto fare conferenze ai grandi editori americani della pornografia, e aveva anche dato il via a ricerche sull’utilizzo biomedico dei feti: un fatto non comune, per un cristiano».Proprio non piacciono, a Carotenuto, i gesuiti vicini al potere: «Sono formatori di forme-pensiero che sanno un po’ di “mago nero”, o forse prendono ordini da qualche “mago nero”». Nel suo saggio sull’apparente “mistero” della geopolitica, quasi sempre votata al disastro, l’analista definisce “maghi neri” alcuni uomini-chiave, che spesso agiscono nell’ombra per condizionare le dinamiche del vivere collettivo attraverso sofisticate manipolazioni, impartendo precisi ordini all’intera catena di comando della “piramide”, di cui i politici rapprestano i semplici terminali. Surreale? Fate voi, sembra dire Carotenuto. «Ma sappiate che, per 11 lunghi anni, da metà Novanta a metà Duemila, padre Leo O’Donovan è stato uno dei direttori della Walt Disney. E in quel periodo, tanti elementi oscuri sono stranamente entrati nei film della Disney». L’ex rettore della Georgetown University è legatissimo ai Biden: ha presieduto la messa per il funerale del figlio del neopresidente, Beau Biden, morto nel 2015 per un tumore al cervello.Quand’era vice di Obama, Biden ha partecipato qualche volta anche alla messa nella chiesa dell’università, dove ha anche tenuto una conferenza sulla fede e la vita pubblica. Joe Biden, peraltro, è l’autore dell’introduzione al libro di O’Donovan, “Blessed Are the Refugees: Beatitudes of Immigrant Children” (“Beati i rifugiati: Beatitudini per i bambini migranti”). Fonti di stampa ricordano che, proprio sul tema delle migrazioni, Biden è intervenuto lo scorso novembre a una raccolta fondi del Servizio dei gesuiti per i rifugiati, di cui O’Donovan è direttore, assicurando che avrebbe portato i numeri di accoglienza dagli attuali 15.000 previsti dall’amministrazione Trump a 125.000. Buoni sentimenti da esibire con la mano destra, mentre con la sinistra si dà il via libera alla guerra e magari al terrorismo “false flag”? Ipocrisie del politically correct, per far digerire meglio la cosiddetta agenda mondialista neoliberale? Tipico, in un certo senso, del nuovo globalismo delle anime belle, che tifano per le Ong anche quando a finanziarle è un uomo spregiudicato come George Soros.Ovviamente, sottolinea Carotenuto, non ci sono solo i gesuiti, a fare da guida, nel gruppo che si è sostanzialmente ripreso l’America dopo la parentesi Trump: «C’è anche la massoneria, che però è sempre più “massa di manovra”». L’analista steineriano di “Coscienze in Rete” non ha una buona opinione, dei grembiulini, ma non va confuso con le voci del complottismo massonofobico: la massoneria si è corrotta, sostiene, divenendo organica al potere più deteriore. «Un tempo – afferma – le massonerie erano al servizio di potenze “bianche”, quando erano un frutto dei Templari e dei Rosa+Croce. Poi, appunto, sono diventate essenzialmente “massa di manovra” delle peggiori potenze mondiali, anche se alcune di esse si dipingono come progressiste». Non a caso sono anch’esse, insieme ai gesuiti, nella cabina di regia che gestirà «le decisioni che poi verranno fatte firmare a Biden».Una regia composita e, per Carotenuto, poco rassicurante: «Ci sono gesuiti e pezzi di massoneria, pezzi di Vaticano, nonché potentati finanziari enormi, anche ebraici e cinesi, equamente suddivisi tra le due “piramidi” del grande potere». Problema evidente: «Cosa potrà fare, Biden, se non obbedire a quelli che l’hanno messo lì?». E attenzione: «Ce l’hanno messo nonostante i tanti sospetti sessuali, i suoi strani atteggiamenti, le accuse sessuali ritirate anni fa da tre donne. Veramente penoso, poi, quel suo strusciarsi addosso alle bambine e alle ragazzine, in evidente imbarazzo nei video che sono circolati sul web». Eppure, i media l’hanno acclamato subito, senza riserve, come nuovo presidente: e l’hanno fatto prima ancora che finisse la conta dei milioni di voti postali arrivati fuori tempo massimo e gestiti (col favore delle tenebre) attraverso la piattaforma digitale Dominion. Ed ecco che oggi Joe Biden siede alla Casa Bianca. A fare cosa? «Se ne starà lì con la sua faccetta ripulita, stirata, limata, botulinata e ritoccata: gli toccherà fare bei discorsi, e soprattutto firmare decisioni prese da altri».Per Carotenuto, l’agenda del potere oggi dominante è frutto di una strategia profonda, precisa, organica. «Rispetto al gruppo di Trump, questa “piramide” ha un vantaggio enorme: dispone di molti uomini preparati, in grado di portare avanti queste stretegie». Quali? Presto detto: «Mondializzazione, emergenze, vortici di paura e di odio, sfruttamento propagandistico del surriscaldamento climatico, falsa rivoluzione green. E poi guerre, squilibri, vaccinazioni di massa, condizionamenti culturali, meccanizzazione digitale degli esseri umani». Sottolinea Carotenuto: «Non è che in questo manchino elementi buoni: ma, ripeto, sono essenzialmente cosmetici, per mantenere un certo consenso». Una tattica che l’analista riconosce come eminentemente gesuitica: sottile, raffinata. Trump faceva la faccia feroce? Che ingenuo: meglio sorridere, se si hanno nel cassetto determinati piani, che prevedono coercizioni e sottrazione di libertà. Un marchio di fabbrica: «Non dico che tutti quelli che sono stati a Georgetown lavorino per i gesuiti, ma quelli che fanno carriera vi assicuro di sì. E il loro stile è inconfondibile».Con Biden, sintetizza Carotenuto, gli Usa tornano in scena come lo strumento principale di una accurata strategia della tensione internazionale, basata su una grande destabilizzazione geopolitica del pianeta. «Trump l’aveva evitata, frenando su tutto: era il meglio che poteva fare, coi limitati mezzi che aveva». Joe Biden, che si presenta come un anziano bonario (una specie di colomba) è stato invece un falco di prima grandezza. «E’ stato presidente della commissione esteri del Senato per tanti anni, ed era un sostenitore del rifacimento di tutte le mappe del Medio Oriente, a colpi di guerre e scontri interreligiosi». Motivo: «Era quello che volevano i vertici della “piramide”: creare in Medio Oriente un vortice di odio e di violenza». Quasi invisibile, eppure onnipresente: «Joe Biden ha lavorato alle false “primavere arabe”, insieme a uomini che oggi entrano nella sua amministrazione. Prima ancora, era stato un grande sostenitore dell’invasione dell’Iraq: negli Usa era in prima linea, nel vendere al pubblico la favola delle inesistenti “armi di distruzione di massa” di Saddam».Un gran bel bilancio: un milione di morti, nella regione, con una destabilizzazione spaventosa che si trascina da 18 anni, in un mare di sangue. «Nel 2011, sempre Biden ha fatto fallire una trattativa che doveva servire a mantenere gli Usa a presidiare alcune zone del nord dell’Iraq. Invece gli Stati Uniti, grazie a Biden, hanno ritirato le truppe. Così i curdi sono rimasti soli e sono stati massacrati, e Daesh ha potuto creare l’Isis». Stragi, terrorismo, lutti infiniti. «Molti di quei morti dovrebbe averli sulla coscienza Joe Biden (se solo ce l’avesse, una coscienza)». Un veterano del peggio: «Un vero servo dei poteri oscuri: è stato uno dei 29 senatori democratici che diedero i voti a Bush per fare la guerra in Iraq». Ecco perché Fausto Carotenuto non è affatto ottimista: «Rivedremo gli Usa in azione in Libia, in Siria, nel Golfo Persico: devono tornare a creare vortici di guerra e di odio, cioè “malattie dell’umanità” per conto dei loro padroni oscuri. Il business delle armi? C’è anche quello, ma è solo un corollario».Da navigato analista geopolitico, il fondatore di “Coscienze in Rete” considera un disastro anche la probabile distensione con l’Iran, «che ha seriamente intenzione di fabbricare la sua atomica». Nei primi anni ‘80, Carotenuto era a Teheran: «Conosco bene quel regime, so che la bomba la voleva già allora, per difendersi in caso di attacco. Lentamente, la “piramide” cui fa capo Biden ha lasciato che l’Iran si avvicinasse alla meta: pensate al vortice di tensione che si innescherebbe, con un Iran trasformato in potenza nucleare per stare al pari di Israele. Non a caso, l’orrido regime di Teheran è felice della nomina di Biden. E’ sollevato anche il popolo, perché si toglieranno le sanzioni: ma vi assicuro che a essere felici sono soprattutto gli ayatollah». A peggiorare saranno ovviamente le relazioni con la Russia, «perché Putin fa parte dell’altra “piramide”, quella che ha utilizzato lo stesso Trump». Joe Biden ha grandi credenziali, del resto, come nemico di Mosca: ha promosso la “rivoluzione colorata” in Ucraina, il “golpe di piazza” gestito anche da neonazisti, per poi passare all’incasso attraverso il figlio Hunter, coperto di dollari come dirigente del colosso petrolifero Burisma.La parte del leone, naturalmente, potrebbe farla la Cina: «Trump aveva chiuso le porte, ai cinesi, ma adesso le riapriranno», profetizza Carotenuto. «Non è nell’interesse degli Usa, riaprire alla nuova superpotenza mondiale. Ma i “dem”, appunto, non fanno gli interessi degli Stati Uniti: assecondano invece quelli del grande gruppo mondialista che ha già deciso che i mercenari del futuro “impero” non saranno più gli americani, ma i cinesi: sono più lavoratori, sono tanti ed eseguono gli ordini senza fare storie, e in più non sono impigriti dal troppo benessere, dall’alimentazione sbagliata e dai farmaci sbagliati con i quali gli americani sono stati nutriti e curati per decenni». Possibili anche nuove tensioni con la Corea del Nord, focolaio ieri abilmente spento da Trump: «E’ sempre comodo, per creare tensione, avere un “diavolo” minaccioso». Per Carotenuto, poi, migliorerà «un’altra cosa contraria agli interessi Usa», ovvero «le relazioni con l’Unione Europea». Il gruppo che manovra Biden «vuole un’Ue forte, perché rappresenta un anticipo del mondialismo».Per gli Usa, dal punto di vista del mero interesse nazionale, «sarebbe meglio avere a che fare con un’Europa spezzettata, più facilmente dominabile». Ovvio: «Se l’Europa si unisce davvero, rischia di diventare più potente degli Usa». Eppure lo faranno: «Miglioreranno i rapporti con Bruxelles, proprio perché non servono gli interessi statunitensi. Si potrebbero definire traditori della patria, ammesso parlare di patria che abbia ancora un senso». In primo piano anche poi il clima: «Scontato il rientro immediato negli accordi di Parigi: è all’insegna del mondialismo e del “gretismo”, cioè la favola dell’origine antropica del “climate change”, largamente provocato dall’azione del sole». Un modo ultra-digitale, sempre più wireless? «Con l’elettrificazione si creano enormi campi magnetici: il che non è esattamente “green”, dati i loro effetti sull’organismo e sull’ambiente». E via così: «Si ridarà forza e finanziamenti all’Onu, all’Oms e a tutte le grandi organizzazioni internazionali, che non sono altro che l’anticipazione del globalismo che verticalizza il potere e marginalizza l’individuo».Per Carotenuto, la “piramide gesuitica” di Biden è quella più attiva nella sua missione storica: frenare il risveglio delle coscienze, che starebbe letteralmente sul punto di esplodere, coinvolgendo ormai un essere umano su tre. «Si evita il risveglio anche con i vaccini, con farmaci sbagliati, con lo sfruttamento di un virus che si poteva curare e non si è curato adeguatamente. Tutto quello che indebolisce le nostre forze vitali, fisiche e psichiche, indebolisce il nostro risveglio». Ora, dice Carotenuto, il drago si è ripreso l’America e vuole il Grande Reset. Ne saremo travolti? «No, è solo il ritorno della vecchia politica, che comunque non ci ha travolto. Anzi: l’umanità ha cominciato a crescere proprio per reazione a queste politiche balorde, il cui carattere orribile diventa sempre più evidente». Un auspicio: «Il cielo non consentirà a questo gruppo di fare più di quanto possiamo sopportare, e finirà col produrre un’ulteriore crescita interiore, come infatti è successo finora: le dittature della Seconda Guerra Mondiale hanno prodotto nel dopoguerra l’esplosione della democrazia, la voglia di libertà».Galeotto fu il gesuita e chi lo invitò a corte: nasce sotto il segno della Compagnia di Gesù il nuovo potere (in realtà antico) che si è appena insediato alla Casa Bianca attorno all’anziano Joe Biden, l’uomo che sostiene di aver vinto le presidenziali 2020 negli Stati Uniti. A sottolineare la matrice gesuitica della “piramide” che avrebbe fabbricato l’affermazione di Biden è Fausto Carotenuto, già collaboratore di Mino Pecorelli (giornalista d’indagine assassinato nel ‘79) e per anni analista strategico dell’intelligence Nato, esperto di Medio Oriente e strategia della tensione. Approdato al pensiero steineriano, Carotenuto ha fondato il network “Coscienze in Rete”, riassumendo poi la sua visione nel saggio “Il mistero della situazione internazionale”: vede in azione due “piramidi” mondiali, in apparenza contrapposte (dato che si esprimono politicamente attraverso la destra e la sinistra) ma che in realtà dominano il pianeta, alternando oppressione e libertà illusorie, con l’unico scopo di tenere l’umanità sottomessa e le coscienze addormentate, ipnotizzate dal nemico di turno creato ad arte per essere trasformato in demonio.
-
Paura e delirio senza fine: quanto manca alla mezzanotte?
Dopo un anno esatto di Covid, eccoci nel nuovo Impero della Paura. A regnare è il caos, in ogni campo, persino tra le analisi: c’è chi ancora non vede (o almeno, dice di non vedere) la regia mondiale di quanto sta avvenendo, e chi – al contrario – sostiene che un giorno ringrazieremo questa catastrofe, una medicina (amarissima, ma salutare) per uscire dalla Matrix delle finzioni, dove i buoni in realtà sarebbero i veri cattivi. Eterogenesi dei fini: tanto peggio, tanto meglio. L’ascia del Covid è spietata: falcia diritti e libertà, ma tanti bravi cittadini preferiscono tacere e subire, all’infinito, in attesa di non si sa cosa, fingendo di non aver mai sentito nominare l’espressione Grande Reset, formulata nel santuario di Davos. Quando tutte le notizie scomode diventano complottismo negazionista, ci si ritrova in una pessima sala d’aspetto: a separarci dalla dittatura sono ormai poche parole in libertà, sempre più clandestine, ostracizzate “worldwide” da chi criminalizza il diritto alla verità. Ad accecare gli ipovedenti sono, ancora una volta, le maschere teatrali della politica: «Se l’ha detto quel cretino, allora non è vero. Preferisco l’usato sicuro, i leader affidabili». Quali? Quelli che da quasi 12 mesi tengono i consimili “faccia a terra”, in attesa della seconda ondata e poi della terza, della quarta, della centesima?Attenti alle parole: “lockdown” viene dal lessico carcerario, “coprifuoco” da quello bellico. Lo ha ricordato lo scrittore Roberto Quaglia, in un video di fine anno in cui constata il trionfo, per via pandemica, della Decrescita Infelice vaticinata e invocata da Greta Thunberg. Detto fatto: solo in Italia hanno già chiuso i battenti trecentomila aziende, e la flessione paurosa del Pil preannuncia lacrime e sangue per il 2021. “Andrà tutto bene”, belavano le pecore dai balconi, mentre i medici – a cui era stato impedito di effettuare autopsie – finivano col causare la morte di molti pazienti, in terapia intensiva, trattandoli con ossigeno anziché con eparina. Tuttora manca un protocollo nazionale che metta i sanitari in condizione di intervenire tempestivamente e sistematicamente, a domicilio, con farmaci efficaci (nel frattempo individuati), come se l’emergenza non dovesse finire mai. Anziché Plaquenil e cortisonici, dal cielo sono piovuti tamponi: servivano a gonfiare il panico e i numeri da sciorinare a reti unificate, giustificando sia il “carcere” per i cittadini che la “guerra” contro di noi, cioè il lockdown e il coprifuoco. Misure insensate, feroci, ingiuste e disperatamente inutili, inefficaci e vane sul piano sanitario, ma provvidenziali per ottenere il vero risultato atteso dal Grande Reset, il genocidio socio-economico dello zoo a beneficio dei supremi gestori dell’allevamento.Sul piano estetico, a spiegare l’inguardabilità dello spettacolo italiano bastano i nomi: Conte e Casalino, Arcuri e Ricciardi, Di Maio, Speranza, Renzi, Zingaretti. Non una denuncia, forte e chiara, dai colleghi Salvini, Meloni e Berlusconi: solo variazioni sul tema, pigolii e flebili distinguo, mentre Big Tech fa a pezzi quel che resta della privacy e, insieme al mainstream cartaceo e radiotelevisivo, getta nella spazzatura persino l’uomo della Casa Bianca, trasformato in delinquente seriale e trattato come si sarebbe fatto in altre epoche, giustiziato senza processo e senza diritto di parola. Brutta anticamera, quella in cui stiamo scivolando, in cui una fanfara alza il volume per coprire gli ultimi, disperati muggiti umani. Il microfono viene invece lasciato aperto per i ragli del complottismo terrapiattista, quello vero, che vaneggia di uomini-lucertola e giustizieri altrettanto favolosi. Si scandalizzano e si meravigliano, i millenaristi del neo-catastrofismo apocalittico, come se non sapessero che fine fece Giordano Bruno il 17 febbraio dell’anno 1600. Un caso troppo lontano? Niente paura: parlano da sole le morti di Martin Luther King, Salvador Allende, Olof Palme, Thomas Sankara, Yitzhak Rabin. Un mondo perfetto, capace di macellare in diretta Tv il presidente degli Stati Uniti d’America, a Dallas, nel 1963.Il campionato di calcio è l’unica fonte di notizie che, in Italia, riesca a competere con il dominio psico-sanitario dell’Agenda del Terrore. Fantasmi mascherati nelle strade, fantocci imbavagliati persino alla guida dell’auto, lemuri impauriti che rincasano rigorosamente entro le 22. Fino a quando? Non se lo domandano? Credono ancora che basti un attimo di pazienza in più, come quando – nel marzo scorso – si illusero che tutto finisse, come solennemente promesso, in una manciata di settimane? E allora avanti così, per sempre: didattica a distanza, lavoro a distanza, vita a distanza. Ravvicinatissimo, invece, l’ago della siringa per il fatale inoculo della Salvezza. Incubi? No: fotografie. Istantanee quotidiane, della nuova zootecnia regimata dall’intelligenza artificiale, dalle onde millimetriche del wireless satellitare, dalle fantomatiche molecole sperimentali interattive. Fake news? Magari, lo fossero. La maggior disonestà dei censori, reticenti e faziosi, consiste in questo: fingere di non sapere che Antigone, in realtà, si augura sempre che i suoi infausti presagi possano essere fallaci.Al netto dei bullismo dei cospirazionisti, che vivono di esibizionismo sensazionalistico basato su indizi travisati e allarmi infondati, una rilevante quota di umanità condivide preoccupazioni serie, basate su informazioni ormai reperibili soltanto negli scantinati: quelli che Big Web sta sprangando, uno ad uno, nel timore che possano illuminare verità imbarazzanti e dare coraggio ai naufraghi dispersi, rassegnati alla morte civile della politica. In simili frangenti, l’inerzia dei ciechi – il loro ottuso egoismo, la loro pavidità individuale e sociale – rischia di fare più danni dei governi: trascina in basso l’asticella della dignità, il minimo sindacale del vivere comune, incoraggiando progressivamente i maggiori abusi. Non a tutti capita di vivere, in prima persona, tornanti storici come questo: sono i momenti in cui un gesto vale una vita. Chi si volta dall’altra parte, e chi invece accende il cervello. E’ come se l’umanità si stesse fatalmente dividendo, in modo drammatico e forse definitivo. Da una parte la paura, madre dell’odio e della menzogna, e dall’altra la resistenza. Chi teme, vive sperando: e così resta inerte e si vota alla disfatta, la sua e quella altrui.Nessuno insorge, per ora: in compenso, si susseguono risvegli. Rassegnarsi a sopravvivere come topi? No, grazie. Neppure di fronte alla dose quotidiana di magime che gli scienziati del Grande Reset garantirebbero, giusto per scongiurare disordini. E’ una ricetta antica, quella di Friedrich von Hayek: meglio che il povero non cada nella disperazione, perché la ribellione renderebbe instabile il sistema che i poveri li produce in batteria, a milioni. Nella Bibbia, è Yahweh a stabilire il valore monetario di ciascuno. Nel libro “L’altra Europa”, Paolo Rumor – nipote del cinque volte primo ministro – parla di una “Struttura”, sempre la stessa, che gestirebbe il bestiame umano, da millenni. Papa Bergoglio, quello che ha concesso alla dittatura di Pechino il potere di nomina dei vescovi cattolici in Cina, ha appena stipulato in Vaticano un accordo con il Council for Inclusive Capitalism, organismo promosso da Lynn Forester de Rothschild. Fa politica, Bergoglio: accetta di oscurare il Natale, ma in compenso promuove i vaccini. Arriva a sostenere che chi non si vaccina mette in pericolo la vita degli altri: come se il siero, quindi, non bastasse di per sé a proteggere il soggetto vaccinato.Dove arriveremo, di questo passo? Alla chiusura terminale della recinzione attorno allo zoo, o alla liberazione dei prigionieri? Il carceriere parte in vantaggio. O meglio, il suo vantaggio è smisurato: ha connesso in rete il pianeta, dunque può sottoporlo in modo simultaneo a qualsiasi trattamento (politico, economico, finanziario, culturale, sanitario, ecologico, climatico). Gli ottimisti dicono che le zampate del drago testimoniano una sua recondita paura: il timore del mitico, grande risveglio collettivo, ormai imminente. Sbirciando l’Italia, non si direbbe: la televisione propone il solito menù dell’ipnosi, tra virologi e ordinari nientologi. Lo schianto planetario non arriva ancora nei salotti: si ferma alla rivolta dei ristoranti, all’esasperazione di chi ha già perso tutto. Quanto manca, alla mezzanotte? A che ora si spegnerà la luce, seppellendo la farsa dell’odio e della paura? L’enormità avanza, dilagando: ha una dimensione mostruosa, planetaria, psicologica. E’ in atto una mutazione dell’antropologia: sta crollando un intero sistema di credenze, di stili di vita, e non è la popolazione ad aver votato per il crollo. La popolazione non sceglie: subisce. Alla conta, manca la risposta alla domanda principale: perché. Perché così, perché proprio adesso.(Giorgio Cattaneo, 17 gennaio 2021).Dopo un anno esatto di Covid, eccoci nel nuovo Impero della Paura. A regnare è il caos, in ogni campo, persino tra le analisi: c’è chi ancora non vede (o almeno, dice di non vedere) la regia mondiale di quanto sta avvenendo, e chi – al contrario – sostiene che un giorno ringrazieremo questa catastrofe, una medicina (amarissima, ma salutare) per uscire dalla Matrix delle finzioni, dove i buoni in realtà sarebbero i veri cattivi. Eterogenesi dei fini: tanto peggio, tanto meglio. L’ascia del Covid è spietata: falcia diritti e libertà, ma tanti bravi cittadini preferiscono tacere e subire, all’infinito, in attesa di non si sa cosa, fingendo di non aver mai sentito nominare l’espressione Grande Reset, formulata nel santuario di Davos. Quando tutte le notizie scomode diventano complottismo negazionista, ci si ritrova in una pessima sala d’aspetto: a separarci dalla dittatura sono ormai poche parole in libertà, sempre più clandestine, ostracizzate “worldwide” da chi criminalizza il diritto alla verità. Ad accecare gli ipovedenti sono, ancora una volta, le maschere teatrali della politica: «Se l’ha detto quel cretino, allora non è vero. Preferisco l’usato sicuro, i leader affidabili». Quali? Quelli che da quasi 12 mesi tengono i consimili “faccia a terra”, in attesa della seconda ondata e poi della terza, della quarta, della centesima?
-
Imbarazzante: Biden “eletto” col favore delle tenebre
E’ pensabile che si possa vivere nella vergogna, cioè all’ombra del Presunto Presidente Eletto? L’autorità giudiziaria statunitense si è finora categoricamente rifiutata di esaminare l’oceano di prove a supporto del presunto maxi-broglio che avrebbe decretato la “magica” vittoria dell’ectoplasmatico Joe Biden, mentre un ex dirigente della Cia come Bradley Johnson sostiene che il trionfo elettorale di Trump sia stato così enorme da spiazzare i bari, costretti nella notte a sospendere lo spoglio dei voti e potenziare l’algoritmo-truffa, che avrebbe definitivamente frodato gli elettori americani “restituendo” le schede (taroccate) alle macchine digitali di Dominion, addirittura via satellite, dall’Italia. La sede operativa della truffa, affidata a esecutori dell’intelligence inglese, sarebbe stata l’ambasciata statunitense di Roma: avrebbe utilizzato la tecnologia satellitare di Leonardo, sotto il controllo degli 007 di “Giuseppi”. Tutto da provare, certo. Ma intanto: non è scandaloso, il rifiuto sistematico di analizzare indizi, sospetti ed evidenze? La difesa legale di Trump ha inutilmente presentato oltre 1.000 testimoni, disposti a giurare di aver assistito ad ogni sorta di irregolarità.Si parla di voti attribuiti a morti, a elettori non registrati e non residenti negli Stati dove hanno votato. In alcuni Stati si calcola che abbiano votato anche 2-300.000 persone in più, rispetto a quelle previste, e con modalità improvvisate all’ultimo minuto, violando le disposizioni costituzionali in materia elettorale. Negli Stati-chiave si parla anche di pacchi di 50 schede, sempre le stesse, fatte conteggiare – fino a 8 volte consecutive – dagli scanner di Dominion. Accadde in quell’inspiegabile blackout notturno: due ore, in capo alle quali il trionfatore Trump (che stava dilagando, ovunque) si scoprì sconfitto grazie a centinaia di migliaia di voti prodigiosamente arrivati, in ritardo e tutti insieme, per Sleepy Joe. «Sarà l’imbroglio più colossale della storia», si lasciò scappare in un lapsus, alla vigilia, il Presidente-Fantasma, del cui declino mentale sono in pochi a dubitare. Si può lasciar cadere tutto questo nel nulla? Certo, che si può. Si può anche fingere di non vedere che la sgangherata invasione del Congresso, il 6 gennaio, era speculare allo sgangheratissimo election-day: la rabbia popolare contro il Falso Tempio della Democrazia, per rispondere simbolicamente alle False Elezioni.Sangue e fake: il drammatico epilogo (la dimostrante inerme, colpita a morte) sembra la bara politica perfetta, in cui inchiodare il Trump che aveva osato sfidare l’establishment neoliberista, il Covid, la Cina e il Vaticano, il Deep State terroristico in quota “dem” e il globalismo-canaglia delle Ong di Soros. Delenda Carthago: la damnatio memoriae è giunta all’atto finale, col presidente degli Stati Uniti insultato dai media, espulso dalla televisione, oscurato dai social (privati) come se si trattasse di un teppista criminale. Gli si è tolta la parola, per paura che dicesse la sua, come si fa in Cina e in Corea del Nord, calpestando anche i diritti degli 80 milioni di americani che hanno votato per lui. Non un riflesso di giornalismo, di sincerità, di verità: il mascalzone deve sparire, e nessuno deve sognarsi di riparire il dossier delle presidenziali, scoprendo cos’è accaduto davvero – all’America e al mondo – il 3 novembre 2021, quando Joe Biden è stato dichiarato vincitore col favore delle tenebre. Come se si pensasse davvero, per i prossimi anni, di poter vivere senza onore: nell’impunità, nella menzogna e nella vergogna.E’ pensabile che si possa vivere nell’imbarazzo, cioè all’ombra del Presunto Presidente Eletto? L’autorità giudiziaria statunitense si è finora categoricamente rifiutata di esaminare l’oceano di prove a supporto del presunto maxi-broglio che avrebbe decretato la “magica” vittoria dell’ectoplasmatico Joe Biden, mentre un ex dirigente della Cia come Bradley Johnson sostiene che il trionfo elettorale di Trump sia stato così enorme da spiazzare i bari, costretti nella notte a sospendere lo spoglio dei voti e potenziare l’algoritmo-truffa, che avrebbe definitivamente frodato gli elettori americani “restituendo” le schede (taroccate) alle macchine digitali di Dominion, addirittura via satellite, forse dall’Italia. La sede operativa della truffa, affidata a esecutori dell’intelligence inglese, sarebbe stata l’ambasciata statunitense di Roma: avrebbe utilizzato la tecnologia satellitare di Leonardo? Tutto da provare, certo. Ma intanto: non è scandaloso, il rifiuto sistematico di analizzare indizi, sospetti ed evidenze? La difesa legale di Trump ha inutilmente presentato oltre 1.000 testimoni, disposti a giurare di aver assistito ad ogni sorta di irregolarità.
-
Scordatevelo, la storia non finisce con Donald Trump
Alla fine doveva succedere. L’America era spaccata in due non da mercoledì, e nemmeno dalle presidenziali; già all’indomani dell’elezione di Donald Trump partì una campagna di odio che delegittimava il presidente, democraticamente e liberamente eletto e spaccava in due razze l’America, i trumpiani e i dem. Vari furono i tentativi di impeachment per rovesciare Trump e le campagne mondiali per colpirlo e ridicolizzarlo. Fu considerato subito un guerrafondaio in lotta contro il mondo e un dittatore che avrebbe riportato indietro gli States. E invece Trump, pur con i suoi atteggiamenti da guascone, non ha fatto nessuna guerra e ha fatto crescere gli Usa sul piano economico e del lavoro come non succedeva da anni. Il consenso a Trump cresceva e la sua conferma alla Casa Bianca era nell’aria un anno fa. Poi arrivò il Covid e da un verso la campagna mondiale contro di lui, dall’altro le spavalderie di Trump lo portarono a perdere consensi e generare insicurezza.
-
Ex Cia: brogli via Italia, spiazzati dal trionfo di Trump
«I due 007 che hanno manipolato i voti delle presidenziali americane ora sono in pericolo di vita: saranno uccisi, perché in questi casi è così, che funziona». L’appello arriva da un ex dirigente della Cia, Bradley Johnson, che ai due operatori dell’intelligence rivolge un pressante appello: «Affrettatevi ad autodenunciarvi e mettetevi al riparo presso le uniche autorità che possono proteggervi, cioè il Dipartimento di Giustizia». I due, sostiene Johnson in una video-intervista a “Detoxed.info”, sono due agenti dell’Mi6, il servizio segreto inglese. «Non li abbiamo ancora identificati, ma è solo questione di tempo: una foto li ritrae davanti all’ambasciata americana di Roma, nei giorni delle presidenziali Usa». Proprio la sede diplomatica statunitense nella capitale italiana, secondo Bradley, sarebbe stata la centrale operativa dei maxi-brogli “invisibili” con cui sarebbe stata costruita, a tavolino, la falsa vittoria di Joe Biden. Una frode che, per le sue dimensioni, sembra non avere precedenti nella storia delle elezioni americane: «Sono stati truccati, per via digitale, i risultati delle elezioni nei 6 Stati che per ore sono stati considerati “in bilico”, ma dove in realtà Donald Trump era da subito apparso il notevole vantaggio, con un distacco incolmabile per Biden».«Proprio l’entità della vittoria a valanga di Trump – afferma Johnson – ha costretto i manipolatori a rivedere precipitosamente l’algoritmo che era stato inizialmente programmato per far vincere Biden: non bastava più, a causa dell’enorme vantaggio di Trump, non previsto in quella misura». E’ per questo, aggiunge l’ex capostazione Cia, che nella notte dello spoglio le operazioni di scrutinio sono state misteriosamente interrotte, per due ore: «Ai manipolatori serviva tempo per riprogrammare l’algoritmo che avrebbe spostato i voti da Trump a Biden». L’ex dirigente dei servizi segreti statunitensi ricostruisce la filiera della frode: i dati elettorali affluivano in tempo reale via web a un server a Francoforte, visto che le macchine elettorali di Dominion erano effettivamente connesse in Rete. Dalla Germania i dati finivano all’ambasciata americana di Roma, dove venivano manipolati da agenti britannici: anche per questo, il governo di Boris Johnson potrebbe essere travolto dallo scandalo. Ultimo passaggio: i dati (truccati) venivano re-immessi nelle macchine elettorali di Dominion, cioè nei seggi americani, attraverso un satellite militare criptato dell’azienda Leonardo, strettamente controllata dal governo italiano.«Non giurerei sulla sopravvivenza politica di Giuseppe Conte», dice Bradley Johnson: «Trump lo aveva chiamato già prima delle elezioni, dopo aver avuto sentore del fatto che l’Italia poteva essere coinvolta in qualcosa di poco chiaro, rispetto alle elezioni». Non solo: «Sappiamo – dice Johnson – che i servizi segreti italiani (che rispondono a Conte) non hanno puntualmente avvisato le autorità Usa delle attività in corso, da parte degli agenti inglesi, che i colleghi italiani stavano certamente monitorando». Imbarazzante, poi, la concessione del satellite di Leonardo per la trasmissione in America dei dati truccati. Emergerà qualcosa, di tutto questo? Johnson non sa cosa rispondere, vista la cortina di silenzio che avvolge la scandalosa manipolazione delle elezioni americane. Si è parlato a vanvera dell’ipotetico raid per sequestrare i server di Francoforte, ma era una falsa pista: «Quei server sono stati sequestrati, ma senza nessun blitz. Inoltre, hanno solo registrato un’altissima intensità di trasmissione di dati, ma non contengono prove». Un depistaggio, per proteggere gli inglesi e gli italiani? Nel dubbio, Johnson insiste: chiede ai due agenti britannici di consegnarsi, onde evitare che possano essere uccisi per cancellare i testimoni e qundi le prove dell’ipotetico, epocale misfatto.«I due 007 che hanno manipolato i voti delle presidenziali americane ora sono in pericolo di vita: saranno uccisi, perché in questi casi è così, che funziona». L’appello arriva da un ex dirigente della Cia, Bradley Johnson, che ai due operatori dell’intelligence rivolge un pressante appello: «Affrettatevi ad autodenunciarvi e mettetevi al riparo presso le uniche autorità che possono proteggervi, cioè il Dipartimento di Giustizia». I due, sostiene Johnson in una video-intervista a “Detoxed.info“, sono due agenti dell’Mi6, il servizio segreto inglese. «Non li abbiamo ancora identificati, ma è solo questione di tempo: una foto li ritrae davanti all’ambasciata americana di Roma, nei giorni delle presidenziali Usa». Proprio la sede diplomatica statunitense nella capitale italiana, secondo Bradley, sarebbe stata la centrale operativa dei maxi-brogli “invisibili” con cui sarebbe stata costruita, a tavolino, la falsa vittoria di Joe Biden. Una frode che, per le sue dimensioni, sembra non avere precedenti nella storia delle elezioni americane: «Sono stati truccati, per via digitale, i risultati delle elezioni nei 6 Stati che per ore sono stati considerati “in bilico”, ma dove in realtà Donald Trump era da subito apparso il notevole vantaggio, con un distacco incolmabile per Biden».
-
Trump “usato e gettato” per rottamare speranze: le nostre
Negli anni prima di Trump, la successone di presidenti orribili (i Bush, Clinton, Obama) aveva stancato il popolo americano. Non ne poteva più del loro interventismo globalista, che sacrificava gli stessi interessi degli Stati Uniti, favorendo la Fed e il militarismo. E allora che cosa si fa, in questi casi? Si prende un personaggio “nuovo”, che possa sembrare antipolitico (come il nostro Berlusconi). Ad agire è sempre lo stesso Deep State, che dice: devo poter tornare ad avere i miei “mercenari”, quei soggetti che hanno governato finora. Sono famiglie, gruppi, massonerie, personaggi dipendenti da certi ordini religiosi: preparati per lunghi anni, bravissimi a fare le politiche mondialiste di schiavizzazione, di alterazione della cultura, di elettromagnetizzazione del mondo. Solo che la gente, a un certo punto, non si fida più. E allora il potere dice: facciamo finta che ne venga fuori uno “nuovo”. Deve avere però una caratteristica: dev’essere ridicolizzabile, strano, pieno di vizi. Dev’essere criticabile: perché, dal giorno in cui andrà al potere, dovrà essere criticato. Si dovrà poter dire: è vero che ha sposato tanti temi buoni, o quantomeno popolari e contrari a tutte le malafette del potere, ma noi intanto cominciamo a “sporcarlo”. Vuoi vedere che, “sporcando” lui, prima o poi riusciamo a sporcare anche quei temi che la gente ha sposato?Vuoi vedere che, così facendo – ragiona il potere – un po’ alla volta la gente tornerà ai nostri temi? Ma intanto, dicono, mandiamolo avanti: perché la gente sta uscendo dall’ovile, e nell’ovile la dobbiamo riportare. Allora cosa serve? Un incantatore: ed ecco Trump. Così come Grillo ha avuto il ruolo di incantatore, da noi. I temi dei 5 Stelle, peraltro, erano migliori di quelli di Trump: meravigliosi, libertari. Trasparenza, scoperchiamo i palazzi, no ai vaccini, niente Tav né Tap. Come è andata a finire, lo si è visto. Ma la manovra è riuscita: mandi avanti il comico, rompi i problemi, crei un seguito di persone e poi tradisci la causa. Nel 2016, in America l’operazione parte nello stesso modo. Trump fa mosse populiste: sugli immigrati, sulla speculazione creata attorno al problema climatico. Si rende conto della minaccia cinese e della vera minaccia atomica iraniana, e le combatte. Ma tutto viene sempre ridicolizzato, dai grandi media: quello è uno col ciuffo biondo, è strano, si appoggia alla destra estremista. Come fa, a essere credibile? E poi: chissà come ha fatto i soldi, probabilmente è stato aiutato da Putin, eccetera. Tutti elementi potenzialmente veri: lui infatti è stato scelto proprio perché ricattabile. Così come, a suo tempo, Berlusconi.Al che, fin dal primo giorno, si passa a erodere incessantemente il suo consenso. Probabilmente il consenso c’è ancora, e le elezioni sono state truccate: poco o tanto, le elezioni sono sempre truccate. Ma c’è un problema: Trump resiste. Lo fa perché ha capito, o perché non ha ancora capito? Io temo che non abbia capito, perché non è un’aquila. Ma resiste: fa cose che piacciono alla gente, ma non al potere. Se la prende con la Fed, controllata in fondo dai Rothschild e dai loro alleati della finanza internazionale. Se la prende con la Cina, che – per i poteri oscuri – è destinata ad essere il nuovo strumento imperialista mondiale. Se la prende con gli eccessi della propaganda mondialista (Greta Thunberg) sul ruolo umano nel riscaldamento climatico. Trump non vuole l’immigrazione incontrollata, e la gente lo approva: ma anche qui il presidente esagera – nelle forme, nello stile – e così viene attaccato. Però rimane fedele a queste idee: vuole rimettere in piedi l’America, a partire dall’industria nazionale.Ma un po’ alla volta gli scandali, il ridicolo, determinano un’erosione che lo indebolisce, producendo un risultato sul quale poi, alle elezioni, non è difficile intervenire. Conteggi strani, schede fantasma: nulla è impossibile, per il Deep State. Tutto poi viene “sistemato” dalla magistratura, che è uno dei principali strumenti di controllo di cui il Deep State dispone. Le magistrature occidentali, in genere, fanno giustizia solo se la giustizia colpisce l’avversario della corrente dominante. E siamo ai giorni nostri: Trump, pensano, bisogna portarlo in una trappola. Una trappola che lo “sporchi” totalmente: così, “sporcando” lui, “sporchermo” anche tutti i temi (persino quelli “buoni”) che sono contro i mondialisti, i democratici, i gesuito-massonici. Come dire: non ce l’abbiamo con Trump, ce l’abbiamo con quei temi dei quali l’opinione pubblica si stava innamorando. Quelli, vogliamo abbattere, se vogliamo riportare la gente ad apprezzare le politiche degli avversari di Trump (perché sono più tranquilli, più buoni, in apparenza più puliti): non faranno neppure caso, al ritorno delle vecchie politiche. Non piaceranno, ma penseranno: Trump era peggio.Per fare questo, occorre montare un’ultima pantomima, forte ed efficace. E allora si sfrutta la campagna elettorale: Trump si rivolge sempre più alle frange estremiste (Q-Anon, Proud Boys), cioè la destra eversiva e ridicola, capace di spaventare un po’ anche l’opinione pubblica repubblicana. Si evidenzia un aspetto estremista, quasi nazista, e le facce dure di quel poveraccio di Trump aiutano, a dipingerlo come un Hitler col ciuffo biondo: un pericolo, per la democrazia. Ma quale pericolo, se quand’era alla Casa Bianca il Deep State gli impediva di fare quasi tutto, costringendolo a cambiare continuamente consiglieri e ministri? Nessuno, in fondo, faceva quello che diceva lui: erano tutti più fedeli al Deep State tradizionale, che non al presidente. Quindi: gli si lascia gonfiare le manifestazioni affollate da questi quattro gatti ridicoli, presentati come pericolossimi, e poi – dopo che tutti i giudici hanno fatto fallire i tentativi di Trump di ribaltare legalmente il risultato delle elezioni – arriva il giorno clou, quello della certificazione parlamentare, dopo la quale non si potrà fare più nulla. Trump che fa? Annuncia una grande manifestazione: invita i suoi a scendere in piazza e a marciare verso il Campidoglio, per protestare. E qui scatta il piano.I manifestanti vengono fatti avanzare in modo indisturbato, e qualcuno li guida. Succede sempre: in Italia, succedeva quando c’era la strategia della tensione. I servizi segreti (italiani, inglesi, israeliani, americani) infiltravano tutti i movimenti eversivi, per poterli usare: io faccio il morto, metto le bombe, rapisco, così la gente si spaventa e mi diventa più facile governarla, mandare i governi in certe direzioni, prendere delle misure, rendere le persone meno libere. I servizi segreti non fanno altro: durante il caso Moro, il capo delle Brigate Rosse era un ex fascista infiltrato dei servizi, e nella direzione strategica delle Br uno dipendeva dal Mossad, uno dalla Cia, uno dai servizi inglesi, e così via. Non ce lo dicono mai, ma funziona così: e per un servizio segreto, infiltrare movimenti fatti da ragazzi sprovveduti e fanatizzati è facilissimo. Ed è facilissimo scalare i gradini del gruppo, fino a comandare: è molto semplice. Perché non dovrebbero farlo? E infatti lo fanno sempre. Quindi lo capite, ora, chi c’era alla testa di quei gruppi di invasati che il 6 gennaio si stavano avviando verso Capitol Hill? Persone che dipendevano da quegli stessi soggetti che avevano deciso di montare la pantomima.Funziona: la polizia lascia fare, la Guardia Nazionale non arriva, e così si sfondano le finestre. Un assalto ridicolo, che ha smesso di essere ridicolo quando qualcuno ha creato i morti, rendendolo drammatico (altrimenti sarebbe rimasto una pagliacciata). La fine della democrazia? L’attacco alle istituzioni? Ma no: sono entrati quattro gatti, hanno detto qualche stupidaggine e poi se ne sono usciti in buon ordine, dopo qualche scontro. La gravità del fenomeno è venuta da chi ha sparato ad altezza uomo, mirando. Immagino Trump, che pensava a un ultimo atto dimostrativo, veemente ma pacifico, per restare almeno leader dell’opposizione. Immagino la faccia di Trump, quando ha visto che la polizia ha lasciato avanzare i manifestanti, consentendo loro addirittura di entrare nel Parlamento. Se è una persona veramente intelligente l’avrà capito: ecco, mi stranno fregando. Da quel momento in poi, i suoi consiglieri non riescono più a raggiungerlo. Lui a quel punto non si fida più di nessuno, e non sa che pesci pigliare. Quindi, passa del tempo. Per questo, riappare in televisione solo dopo che Biden l’ha spinto a intervenire. Alla fine, Trump si decide a chiamare la Guardia Nazionale. Ma è chiaramente la risposta di uno che ha perso.Un minuto dopo, si scatenano tutti: capi di Stato, giornalisti, professoroni. La più grave offesa mai fatta, alla democrazia americana. Certo: era esattamente previsto che si dovesse montare una cosa che dovesse sembrare “la più grave offesa alla democrazia americana”. Per renderla credibile andava resa più drammatica: per questo poi fanno, scientemente, quei poveri morti. E naturalmente, è tutta colpa di Trump: anche le destre, a livello mondiale, ormai ne prendono le distanze. E’ troppo grossa: un assalto al Parlamento, organizzato da Trump? No: Trump aveva promosso una marcia di protesta che arrivasse fin davanti al Parlamento, non dentro. Il troppo facile ingresso non pensiamo che l’abbia organizzato lui. Tutti a gridare al colpo di Stato: un golpe fatto in quel modo? Siamo seri. Non si può fare un colpo di Stato con quei quattro disgraziati, guidati dallo “sciamano con le corna”. Per fare un golpe serve più della metà dei servizi segreti, serve la maggior parte delle forze armate, gli stati maggiori. Servono pezzi di Fbi, di Cia, di Nsa. Dalla tua parte devono esserci la finanza e i veri poteri. Eppure, questa balla – il tentato golpe – viene riferita da tutti i media, quelli che ci ammorbano ogni giorno con la loro versione del virus.Non è Trump che ha cercato di fare un colpo di Stato, sono i poteri oscuri ad aver messo a segno un colpo: non solo ai danni di Trump, ma di una vasta fetta dell’opinione pubblica, che ormai sta rientrando nell’ovile. E il colpo, principalmente, è stato dato a tutti quei temi (quegli ideali, quegli interessi) che andavano contro il mondalismo, contro i “papati scientifici”, contro l’Oms, contro un’Onu depravata, contro un’Ue guidata da un gruppo osceno, contro una Cina neo-imperialista. Tutto depotenziato: già durante la presidenza Trump, e ora con questa pantomima finale. Ora si torna all’antico, alla tradizione che gli americani cominciavano a odiare: quella dei Bush, dei Clinton, degli Obama. Tutti finti buoni, come i finti buoni europei. Come Joe Biden, “il nonno d’America”. Guardate quei filmati, in cui riceve le famiglie: voi affidereste un bambino a Biden? Glielo fareste avvicinare? Il “nonno d’America” è suadente, ma solo nelle forme: quando aveva a fare con l’Iraq era un assatanato guerrafondaio, uno dei più feroci. Adesso fa la faccia del buono: così hanno sempre fatto, questi democratici americani. Apparenza vellutata, per mascherate azioni orribili.Non è che l’altra piramide di potere sia migliore, quella repubblicana e conservatrice: è solo meno brava, a fare il male. E’ più confusionaria: e quindi, in questa fase, meno pericolosa. E’ il classico gioco delle piramidi oscure, del divide et impera, del potere. Un gioco che, con le sue pantomime e le sue sceneggiate puntualmente riprese dai media, tende a ipnotizzarci. E’ un gioco che ci vuole distrarre, quando in realtà ci vogliono togliere la libertà, quando ci vogliono iper-vaccinare e iper-tassare, così come quando vogliono cambiare i programmi scolastici, devastare l’ambiente, elettromagnetizzare il mondo. Ci distrae, il gioco delle piramidi di potere, quando vogliono renderci degli automi sensoriali. Questo vogliono fare, ma noi resistiamo: per questo sono costretti a inventarsene sempre di nuove. L’umanità, infatti, è in risveglio: un po’ alla volta, cresce l’impulso a volere il bene dell’ambiente, delle persone intorno a noi. Non vogliamo limitazioni alla libertà, vogliamo ideali buoni: una pedagogia sana, una medicina buona che non danneggi la salute.Loro cercano di distrarci, per sottometterci alle loro politiche anti-umane. Noi che facciamo? Non certo i colpi i Stato in America o a Palazzo Chigi, e nemmeno in Vaticano, o in Germania. Però una cosa la possiamo fare, quella che a loro dà più fastidio: continuare a essere liberi interiormente. Criticarli, guardarli. Denunciare in tutti modi, senza malanimo, quello che fanno: denunciarlo come cosa, semplicemente, da non fare. Indignarsi, restando però sereni, per poter fare la cosa che a questi poteri dà più fastidio: fare il bene, intorno a noi. Per non cadere nelle loro trappole, coltivare ideali, amare il prossimo. Il nostro compito è orizzontale, intorno a noi: aumentiamo la nostra capacità di fare il bene, e vinceremo questa battaglia contro i poteri, il cui unico intento è ipnotizzarci, per poterci catturare. Restiamo liberi di fare il bene: l’importante è non dare alcuna credibilità, alle voci mediatiche del potere, sapendo che stanno cercando di fregarci. Riuniamoci in gruppi, per fare il bene. Da questi gruppi, un giorno, nascerà una nuova società. Una nuova politica, una nuova collettività: migliore, e più sana.(Fausto Carotenuto, estratto dal video-intervento “Colpo di Stato fallito o manovra del Deep State riuscita?”, pubblicata su “Coscienze in Rete” il 7 gennaio 2021. Carotenuto è stato, per lunghi anni, analista strategico dell’intelligence Nato).Negli anni prima di Trump, la successone di presidenti orribili (i Bush, Clinton, Obama) aveva stancato il popolo americano. Non ne poteva più del loro interventismo globalista, che sacrificava gli stessi interessi degli Stati Uniti, favorendo la Fed e il militarismo. E allora che cosa si fa, in questi casi? Si prende un personaggio “nuovo”, che possa sembrare antipolitico (come il nostro Berlusconi). Ad agire è sempre lo stesso Deep State, che dice: devo poter tornare ad avere i miei “mercenari”, quei soggetti che hanno governato finora. Sono famiglie, gruppi, massonerie, personaggi dipendenti da certi ordini religiosi: preparati per lunghi anni, bravissimi a fare le politiche mondialiste di schiavizzazione, di alterazione della cultura, di elettromagnetizzazione del mondo. Solo che la gente, a un certo punto, non si fida più. E allora il potere dice: facciamo finta che ne venga fuori uno “nuovo”. Deve avere però una caratteristica: dev’essere ridicolizzabile, strano, pieno di vizi. Dev’essere criticabile: perché, dal giorno in cui andrà al potere, dovrà essere criticato. Si dovrà poter dire: è vero che ha sposato tanti temi buoni, o quantomeno popolari e contrari a tutte le malafette del potere, ma noi intanto cominciamo a “sporcarlo”. Vuoi vedere che, “sporcando” lui, prima o poi riusciamo a sporcare anche quei temi che la gente ha sposato?
-
Evviva: il mondo libero festeggia la sconfitta del demonio
Ora è tutto chiaro: gli Stati Uniti sono popolati da 75 milioni di “terroristi interni”, che però sono stati finalmente sgominati dai cavalieri virtuali di Dominion Voting System, a volte rappresentati in forma umana, a beneficio dei fedeli, dall’ologramma di Joe Biden. L’ora è grave: a nulla è valsa l’eroica resistenza dei 7-8 poliziotti schierati a Washington davanti al Parlamento, per arginare quella che si annunciava come una manifestazione oceanica. Sicché i barbari hanno potuto agevolmente commettere l’empio sacrilegio: sono penetrati nel Tempio della Democrazia, mettendo fine (prima ancora che cominciassero) alle procedure di contestazione delle presidenziali 2020, inclusa la richiesta di una commissione d’inchiesta per esaminare, una buona volta, le migliaia di prove a suffragio dell’accusa. Prove che finora le autorità giudiziarie si sono sempre rifiutate di analizzare, accampando dinieghi solo formali e procedurali. La buona notizia è che le Forze del Bene hanno infine prevalso, schiacciando la coda del Serpente e togliendogli la parola, il microfono e l’accesso ai social, dopo avergli già tolto la stampa, la televisione e infine la Casa Bianca.Va tutto bene, è giusto così: succede sempre, quando il Bene prevale sul Male. Accadde già nel 1963, a Dallas, quando fu prontamente assicurato alla giustizia Lee Harvey Oswald, che aveva assassinato John Kennedy su ispirazione di Batman e dell’Uomo Ragno. A volte il Bene, per scatenarsi, ha bisogno che le coscienze si risveglino, anche attraverso eventi traumatici: accadde l’11 settembre 1973, quando in Cile fu rovesciato e ucciso il presidente Salvador Allende per mano del generale Augusto Pinochet, assistito spiritualmente da Mazinga Zeta e altre divinità infere. Accadde anche nel 2001 (casualmente, in un altro 11 settembre), quando a New York i due grattacieli più indistruttibili del mondo, per la cui demolizione il Comune aveva previsto l’impiego della bomba atomica, furono rasi al suolo da due Boeing pilotati da scolaretti: i velivoli eseguirono manovre da jet militari a velocità folle, e fu la stessa Boeing ad ammettere che – a quella quota, a 8-900 chilometri all’ora – le ali avrebbero dovuto staccarsi dalla fusoliera. Ma niente può fermare il Male, quando si manifesta, secondo l’oscuro disegno che poi porta, infine, al trionfo del Bene.La trama provvidenziale si dipanò negli anni seguenti, quando Moloch, Ahriman e George Walker Bush mossero guerra contro la più grave minaccia per il mondo libero, i Talebani, e subito dopo riuscirono ad annientare le micidiali Armi di Distruzione di Massa che si celavano in Iraq, ora trasformato nel paese più felice del pianeta. La stessa mano divina guidò il successore, l’impavido Barack Obama, che riportò la giustizia sulla Terra mettendo fine all’Impero di Wall Street e alla vita di migliaia di “terroristi esterni”, meticolosamente assassinati con i droni, settimana dopo settimana, attraverso ordini esecutivi firmati ogni lunedì. Gli eroici sforzi di Bush e Obama, è vero, non debellarono del tutto la minaccia rappresentata dalle incarnazioni del Male, prima Al-Qaeda e poi l’Isis. Ma si sa, le vie del Signore sono imperscrutabili. Nel 2016, infatti, il Male abbandonò il Medio Oriente e le città europee (fino ad allora devastate dagli attentati) per insediarsi direttamente a Washington, alla Casa Bianca. Da allora, il Bene ingaggiò una lotta senza quartiere per liberare il mondo dal più grave pericolo che fosse mai sorto, nella storia dell’umanità: il demonio chiamato Donald Trump.Da allora, i cavalieri alati hanno dato battaglia senza risparmiarsi: tanto per cominciare hanno svelato che è la Russia, in realtà, a stabilire chi vince le elezioni in America. E’ vero, Donald Trump aveva smesso di fare guerre nel resto del mondo: ma si sa che il demonio conosce mille trucchi. La sua perfidia è illimitata: può arrivare a far scomparire la disoccupazione, a resuscitare l’economia, a moltiplicare il benessere diffuso. E’ un inganno: lo hanno dimostrato gli arcangeli di Antifa, anche incendiando interi quartieri – e sparando, e uccidendo – mentre la polizia stava a guardare. Il demonio comunque dilagava, nei sondaggi: la sua rielezione era data per scontata. Fu allora che si manifestò la Volontà Divina nella sua potenza, con due fenomeni miracolosi: l’Influenza Cinese e l’epifania metafisica del Voto Postale, celestialmente corroborato dal pallottoliere elettronico di Dominion.Ora, fortunatamente, l’incubo è finito: la vittoria del Bene è di portata storica. Onore quindi ai nuovi eroi della virtù, ai soavi censori di Facebook e Twitter, agli algoritmi di Google, ai sabotatori che oscurano puntualmente i video che i seguaci del demonio provano ancora a pubblicare su YouTube. Il Male va rimosso alla radice: deve tacere, scomparire. Può godersi, al massimo, lo spettacolo spensierato del capodanno di Wuhan, mentre tutti gli altri bipedi (saggi e prudenti) se ne stanno rintanati come topi. Il Bene parla chiaro: parla da Pechino, la nuova patria della civiltà, spiegando che i frutti avvelenati del demonio – la libertà, i diritti, la salute, la serenità – erano solo squallide illusioni, quelle di cui è lastricata la strada per l’inferno, come l’effimera felicità terrena e la certezza dello Stato di diritto, l’umana dignità, l’impegno a esercitare a mezzo stampa l’arte della verità, della sincerità. Sgombrato il campo dai “terroristi interni”, finalmente si festeggia: Batman e l’Uomo Ragno brindano con Dominion, in una sala delle cerimonie in cui – se state attenti – in fondo, potrebbe anche apparire il premio più gradito, l’incarnazione del soprannaturale: l’ologramma del tenero Joe Biden.Ora è tutto chiaro: gli Stati Uniti sono popolati da 75 milioni di “terroristi interni”, che però sono stati finalmente sgominati dai cavalieri virtuali di Dominion Voting System, a volte rappresentati in forma umana, a beneficio dei fedeli, dall’ologramma di Joe Biden. L’ora è grave: a nulla è valsa l’eroica resistenza dei 7-8 poliziotti schierati a Washington davanti al Parlamento, per arginare quella che si annunciava come una manifestazione oceanica. Sicché i barbari hanno potuto agevolmente commettere l’empio sacrilegio: sono penetrati nel Tempio della Democrazia, mettendo fine (prima ancora che cominciassero) alle procedure di contestazione delle presidenziali 2020, inclusa la richiesta di una commissione d’inchiesta per esaminare, una buona volta, le migliaia di prove a suffragio dell’accusa. Prove che finora le autorità giudiziarie si sono sempre rifiutate di analizzare, accampando dinieghi solo formali e procedurali. La buona notizia è che le Forze del Bene hanno infine prevalso, schiacciando la testa del Serpente e togliendogli la parola, il microfono e l’accesso ai social, dopo avergli già tolto la stampa, la televisione e infine la Casa Bianca.
-
Magaldi: Trump sbaglia, ma chi lo demonizza è peggio
«Dov’erano, le ipocrite vestali del politicamente corretto, quando i fascistissimi miliziani di Antifa uccidevano cittadini anche neri nelle strade d’America, nei mesi scorsi? Chi oggi tuona contro il presunto “attentato alla democrazia” rappresentato dallo sgangherato assalto al Campidoglio continua tacere, di fronte all’infame “dittatura sanitaria” che ha sospeso la nostra libertà col pretesto del Covid». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, si unisce ovviamente all’unanime condanna delle violenze che il 6 gennaio hanno travolto il Parlamento americano, ad opera di «un branco di buffoni esaltati dalla retorica di Trump». Ma precisa: «E’ stato un drammatico autogol, un episodio tragicamente farsesco, ma non certo un tentativo di colpo di Stato». Imperdonabile la condotta di Trump: «Non ha vigiliato affinché non prevalesse, o non fosse infiltrata, la minoranza violenta che ha poi invaso Camera e Senato, mentre la maggioranza dei manifestanti si è limitata a una pacifica protesta popolare, accusando Joe Biden di aver “rubato le elezioni” tramite estesi brogli».Sugli errori di Trump è severo il giudizio di Magaldi, che pure appartiene al network massonico internazionale progressista che ha supportato il presidente uscente. «Sulla scorta di un team legale autorevolmente coordinato da Rudolph Giuliani, Donald Trump denuncia l’opacità del risultato delle presidenziali, che sarebbe stato alterato da pesanti irregolarità facilitate dal vasto ricorso al voto postale, adottato con il pretesto del Covid. Tuttavia – sottolinea Magaldi – già nei mesi scorsi si poteva intuire che le nuove, “anomale” modalità di voto abbero potuto propiziare i brogli: ma Trump non ha fatto nulla, per scongiurare il peggio attraverso l’imposizione di regole più trasparenti». Non solo: «Una volta preso atto dei presunti brogli, avrebbe anche potuto intraprendere iniziative estreme – ma contemplate dalla Costituzione, in caso di interferenze straniere nel voto – per imporre, anche con la legge marziale, che venisse fatta chiarezza: ma, di nuovo, non ha osato farlo».Idem per la gestione del Covid: «Ha giustamente denunciato il carattere manipolatorio dell’emergenza, senza la quale avrebbe stravinto le elezioni, ma non ha avuto il coraggio di adottare una linea nettamente chiara, per esempio licenziando Anthony Fauci». Fin qui, le critiche verso il presidente che nel 2016 era stato appoggiato dall’élite massonica progressista, come “antidoto” contro i finto-progressisti del partito democratico. «E’ stato un ottimo presidente, Trump: ha risollevato l’economia e risolto molte crisi geopolitiche, evitando nuove guerre». Eppure, il tycoon prestato alla politica «è stato scandalosamente demonizzato, fin dall’inizio, dai grandi media e da un establishment sleale: a dare del “fascista” a Trump sono stati i portavoce di un’oligarchia antidemocratica, a lungo complice della dittatura cinese».Impresentabile, secondo Magaldi, il profilo di molti dei suoi attuali contestatori: «A condannarlo, per i disordini in Parlamento, c’è gente del calibro del guerrafondaio George W. Bush, grande padrino massonico del terrorismo islamico, e ci sono altri vecchi tromboni del partito repubblicano, che in questi decenni si sono limitati ad assecondare il neoliberismo oligarchico dei vertici del partito democratico». Fatale, per Magaldi, la scelta di Trump di non distanziarsi «dagli imbarazzanti “suprematisti bianchi”, dai complottisti alla Q-Anon e dai falsi amici come monsignor Carlo Maria Viganò, che per contrastrare gli abusi del peggior mondialismo propongono un ritorno al tradizionalismo più arcaico: il falso progressismo dei “dem”, semmai, si combatte con il vero progressismo».«Dov’erano, le ipocrite vestali del politicamente corretto, quando i fascistissimi miliziani di Antifa uccidevano cittadini anche neri nelle strade d’America, nei mesi scorsi? Chi oggi tuona contro il presunto “attentato alla democrazia” rappresentato dallo sgangherato assalto al Campidoglio continua tacere, di fronte all’infame “dittatura sanitaria” che ha sospeso la nostra libertà col pretesto del Covid». Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, si unisce ovviamente all’unanime condanna delle violenze che il 6 gennaio hanno travolto il Parlamento americano, ad opera di «un branco di buffoni esaltati dalla retorica di Trump». Ma precisa: «E’ stato un drammatico autogol, un episodio tragicamente farsesco, ma non certo un tentativo di colpo di Stato». Imperdonabile la condotta di Trump: «Non ha vigiliato affinché non prevalesse, o non fosse infiltrata, la minoranza violenta che ha poi invaso Camera e Senato, mentre la maggioranza dei manifestanti si è limitata a una pacifica protesta popolare, accusando Joe Biden di aver “rubato le elezioni” tramite estesi brogli».
-
Trump cede, ma rischia di essere sfrattato in anticipo
«Ci sarà una transizione ordinata», ha infine garantito Trump, il 7 gennaio, dopo che il Congresso degli Stati Uniti è tornato a riunirsi per ratificare i collegi elettorali e dichiarare Joe Biden presidente. Il leader repubblicano del Senato, Mitch McConnell (ostile a Trump) ha detto che il Congresso non si farà intimidire «da un manipolo di delinquenti e dalle minacce». «È un’infamia che resterà per sempre sulla coscienza nazionale», ha dichiarato il leader dei democratici, Chuck Schumer. Di diverso avviso Donald Trump: «E’ solo l’inizio della nostra lotta per fare l’America di nuovo grande», ha dichiarato, in una nota diffusa dalla Casa Bianca. «Ho sempre detto che continueremo la nostra lotta per assicurare che a contare siano solo i voti legali». Dell’assalto al Campidoglio, il pomeriggio di follia che ha sconvolto l’America, è Roberto Festa a fornire un’accurata ricostruzione pubblicata l’indomani dal “Fatto Quotidiano”, partendo dalla ripresa notturma dei lavori parlamentari.L’obiezione di alcuni repubblicani al risultato dell’Arizona, che era discussa al momento dell’assalto, è stata rigettata. Così anche quella relativa alla Georgia. Obiezione da parte di una settantina di repubblicani anche alla legittimità del voto in Pennsylvania. Il Senato l’ha liquidata con 92 voti contro 7 (tra questi, i senatori Josh Hawley e Ted Cruz, che hanno guidato l’attacco al voto). Almeno quattro senatori repubblicani – tra cui Kelly Loeffler, appena sconfitta nel ballottaggio in Georgia – hanno cambiato idea dopo l’assalto al Congresso e deciso di sostenere la regolarità del voto, annota il “Fatto”. «Un gruppo comunque nutrito di repubblicani non si è fatto turbare dalle violenze del pomeriggio e ha continuato nell’ostinata operazione di delegittimazione dei risultati. La battaglia procedurale è continuata nella notte». Secondo Festa, «gli assalitori pro-Trump hanno quindi ottenuto un obiettivo: ritardare, sia pure di qualche ora, la designazione di Biden alla Casa Bianca».Con il passare delle ore, intanto, si è delineata meglio la dinamica degli incidenti, le vittime, le responsabilità della sicurezza. Sono quattro i morti nell’attacco al Congresso: una donna è stata uccisa dalla polizia sulle scale del Campidoglio, mentre altre tre persone sono morte dopo essere state condotte d’urgenza in ospedale. Cinquantadue, in tutto, gli arrestati. La polizia di Washington dichiara di aver trovato ordigni pronti a esplodere all’ingresso degli uffici del partito democratico e di quello repubblicano, mentre in un’auto avrebbe scoperto fucili e molotov. Analizzata anche la possibilità che l’arrivo di migliaia di persone a Washington sia stato in qualche modo sottovalutato dalle autorità di polizia, dal Pentagono, dalle autorità cittadine, che avrebbero schierato forze insufficienti a gestire il caos annunciato.«È stato il vicepresidente Mike Pence, e non Trump, a insistere perché contro la folla degli assalitori venisse schierata la Guardia Nazionale del Distretto di Colombia (oltre alla forze di polizia locale). Pence, in collegamento pressoché continuo col Pentagono, avrebbe accelerato i tempi della decisione, sollecitato anche dalle richieste di aiuto che venivano dalle forze schierate a difesa del Congresso, sempre meno capaci di contenere la folla». La notizia è interessante, sottolinea Roberto Festa: nel momento più grave dell’assalto all’assemblea legislativa della nazione, «la carica di “commander in chief” sarebbe stata esercitata dal vicepresidente e non dal presidente degli Stati Uniti». Secondo Festa, «l’esclusione totale di Trump dalle decisioni più difficili è stata confermata dai vertici stessi del Pentagono». Il segretario alla difesa, Christopher Miller, ha affermato che lui e il capo dell’esercito, Mark Milley, sono stati in contatto con Pence, con la speaker della Camera Nancy Pelosi e con il leader del Senato, Mitch McConnell, per decidere «come difendere il Congresso».Nemmeno un accenno a Trump: l’indiscrezione, secondo il “Fatto”, conferma l’immagine di un presidente ormai sempre più isolato, tenuto fuori dagli affari di governo, nonché «prigioniero di idee e deliri cospiratori sulla sua sconfitta elettorale». Le parole più usate in queste ore, da politici e commentatori, sono “insurrezione”, “sedizione”, “colpo di Stato”. «Le immagini dell’attacco al Congresso hanno sconvolto l’America come nient’altro nella storia più recente». Anche secondo Roberto Festa, «l’attacco alla democrazia di Trump è diventato letterale». E se lo “sdegno” dei democratici era atteso, «anche buona parte dei repubblicani appare compatta nella condanna». L’onda lunga dello shock, poi, è entrata anche alla Casa Bianca e nell’amministrazione: «Si sono dimessi Stephanie Grisham, chief of staff di Melania Trump ed ex press secretary della Casa Bianca, e il responsabile dei social di Trump, Rickie Niceta».Fonti interne all’amministrazione dicono che sarebbe sul punto di dimettersi Robert O’Brien, il consigliere alla sicurezza nazionale, come avrebbe già fatto – secondo la “Cnn” – il suo vice Matthew Pottinger. «In partenza sarebbe anche la segretaria ai trasporti, Elaine Chao». Nel frattempo, Trump è stato oscurato da Facebook, Instagram e Twitter. E intanto, aggiunge Festa, la parola “impeachment” torna a essere associata a Trump. In teoria resta in carica fino al 20 gennaio, ma alcuni chiedono apertamente la sua messa sotto accusa. Per la deputata democratica Ilhan Omar, «non possiamo consentirgli di restare in carica, è una questione di tutela della nostra Repubblica». La richiesta di impeachment arriva ovviamente anche dai grandi media, dal “Washington Post” a “The Atlantic”, Secondo la “Cbs”, poi, «diversi ministri» avrebbero addirittura «discusso la possibilità di invocare il 25esimo Emendamento e rimuovere Trump dalla Casa Bianca». La mossa, per ora soltanto ventilata, sarebbe stata presentata al vice Mike Pence. Una scelta che forse è destinata a sfumare, viste le garanzie di Trump sulla «transizione ordinata» che ora sarebbe disposto a concedere.«Ci sarà una transizione ordinata», ha infine garantito Trump, il 7 gennaio, dopo che il Congresso degli Stati Uniti è tornato a riunirsi per ratificare i collegi elettorali e dichiarare Joe Biden presidente. Il leader repubblicano del Senato, Mitch McConnell (ostile a Trump) ha detto che il Congresso non si farà intimidire «da un manipolo di delinquenti e dalle minacce». «È un’infamia che resterà per sempre sulla coscienza nazionale», ha dichiarato il leader dei democratici, Chuck Schumer. Di diverso avviso Donald Trump: «E’ solo l’inizio della nostra lotta per fare l’America di nuovo grande», ha dichiarato, in una nota diffusa dalla Casa Bianca. «Ho sempre detto che continueremo la nostra lotta per assicurare che a contare siano solo i voti legali». Dell’assalto al Campidoglio, il pomeriggio di follia che ha sconvolto l’America, è Roberto Festa a fornire un’accurata ricostruzione pubblicata l’indomani dal “Fatto Quotidiano“, partendo dalla ripresa notturma dei lavori parlamentari.