Archivio del Tag ‘alternativa’
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Tesson: rifugiatevi nella foresta, la solitudine è rivolta
In città sia il liberale che l’uomo di sinistra, sia il rivoluzionario che il ricco borghese pagano il pane, la benzina e le tasse. L’eremita invece non chiede niente allo Stato e non gli dà niente. Si rifugia nei boschi e ne ricava il necessario. Per il governo il suo isolamento è un guadagno mancato. In teoria, trasformarsi in una perdita di guadagno dovrebbe essere l’obiettivo dei rivoluzionari. Un pasto a base di pesce arrostito e mirtilli raccolti nella foresta è più antistatale di un corteo che sfili agitando una selva di bandiere nere. Chi fa saltare in aria la cittadella ha bisogno della cittadella: si mette contro lo Stato nel senso che vi si appoggia. Walt Whitman: «Non ho niente a che fare col sistema, nemmeno quanto basta per oppormi ad esso».
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Un partito nuovo, utile e degno? Ce l’avevamo: era il Pci
Molti ne parlano e ne strillano… Ma sinceramente non vedo molte idee all’orizzonte. Un modo diverso di fare un partito esiste? Sono tutti in crisi. Il vecchio modello di partito non regge più. Con cosa lo sostituiamo? Lasciamo perdere se chiamarlo partito o movimento… Andiamo al sodo. In questo momento esiste un solo modello alternativo, quello di Grillo. Sicuramente è il meglio che si può fare. È stato individuato un sistema per selezionare in modo democratico i candidati, oltre a evitare di inserire gente sotto processo. Ottimo. Questo è il meglio che si può fare adesso. Ma io immagino qualche cosa di più… Il partito del futuro. Come potrebbe essere? Innanzi tutto immagino un partito che sta in mezzo alla gente. Il Pci degli anni ’50 era proprio questo in alcune regioni del centro Italia, che non a caso sono rosse ancora adesso.
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Torino-Lione e trivelle: blitz nella notte, come in guerra
Di sorpresa e col favore delle tenebre: come per un’operazione di guerra. Dopo la mezzanotte, al termine di una giornata i cui i No-Tav sono rimasti inutilmente autoconvocati (e depistati) per ore, a Chiomonte, in attesa dell’annunciata visita del ministro dell’interno Anna Maria Cancellieri – confermata, poi smentita e quindi annullata, nonostante lo straordinario presidio di polizia – all’1,30 di notte un corteo composto da quattro colonne di blindati, non meno di mille uomini secondo “La Stampa”, ha scortato 12 Tir da Orbassano nell’hinterland torinese fino all’autoporto di Susa, dove un’ottantina di operai e tecnici procederanno alle nuove prospezioni geologiche in vista dell’apertura del cantiere per la Torino-Lione nella primavera 2013. Tutto questo, alla vigilia del summit del 3 dicembre a Lione tra Hollande e Monti, dopo il verdetto negativo della Corte dei Conti francese: la maxi-opera, come sostengono i No-Tav, sarebbe inutile e troppo costosa.
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Sciopero europeo, contro il rigore criminale di Bruxelles
La mobilitazione europea del 14 novembre ha un significato inedito, non è il “solito” sciopero: è l’espressione di una protesta generalizzata a livello europeo, che attraversa tutti gli strati sociali, per denunciare l’intollerabilità delle attuali politiche economiche finalizzate a garantire gli interessi delle oligarchie finanziarie che stanno letteralmente distruggendo la vita di milioni di persone. Una protesta partita dai movimenti sociali e dai sindacati spagnoli ed estesasi al Portogallo, alla Grecia e all’Italia e che vede uniti, a livello europeo, lavoratori del pubblico e del privato, studenti, precari, disoccupati, professionisti, commercianti, artigiani, pensionati, insegnanti. Si tratta di interrompere la spirale di politiche che – in nome di un debito che non potrà mai essere estinto a causa dei tassi di interesse imposti – esigono la destrutturazione del lavoro e dei suoi diritti, la fine della sanità e della scuola pubblica, dei beni comuni, e della tutela dell’ambiente. In una parola la fine dello Stato sociale.
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Parigi, la Corte dei Conti coi No-Tav: linea inutile e costosa
«I costi sono aumentati troppo, da 12 a 26 miliardi di euro, e il flusso delle merci è diminuito». E quindi: la linea Tav Torino-Lione non s’ha da fare. A parlare non è il movimento No-Tav della valle di Susa, ma la Corte dei Conti francese. Che ribadisce le osservazioni che centinaia di tecnici dell’università italiana hanno inutilmente rivolto al premier, Mario Monti, e al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Lo schema è invariato: più si dimostra che la grande opera più costosa della storia italiana sarebbe anche la più inutile, oltre che devastante per il debito pubblico, e più i politici insistono nel confermare il via ai progetti esecutivi, in attesa che partano i primi cantieri nella primavera 2013 nonostante la ventennale opposizione degli abitanti dell’area attraversata, che verrebbe letteralmente disintegrata da un’opera faraonica e pericolosa per la salute, data la presenza di amianto e uranio nei monti, nonché il rischio – catastrofico – di tagliare la falda idropotabile che alimenta la stessa città di Torino.
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Primarie, clausola-capestro: l’agenda Monti non si tocca
Attenzione: chi voterà alle primarie del centrosinistra non farà che votare, in realtà per l’agenda Monti. In altre parole: “lacrime e sangue” per tutti, tranne che per gli ingegneri della grande crisi e l’oligarchia che, attraverso i diktat di Bruxelles, condanna l’Italia alla “recessione infinita” e al disastro sociale definitivo, con lo smantellamento del welfare e la svendita dei beni comuni. La dimostrazione in termini logici, sostiene “Alternativa”, è tanto semplice quanto ovvia in termini politici. Infatti, alla voce “Responsabilità” della “Carta d’Intenti per l’Italia Bene Comune”, ovvero della carta che è stata obbligatoriamente sottoscritta da tutti i candidati alle primarie promosse da Pd, Sel e Psi, si legge che le forze della coalizione, “in un quadro di lealtà e civiltà dei rapporti”, dovranno impegnarsi a sottostare, senza sgarrare di una virgola, a tutte le disposizioni-capestro finora inflitte all’Italia e agli altri paesi dell’Eurozona.
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Vendola si illude di riformare il montismo: dovrà obbedire
Non facciamoci illusioni: Nichi Vendola si limita a fingere di correggere “da sinistra” l’agenda Bersani-Monti, ma senza metterla davvero in discussione. Una semplice operazione cosmetica, visto che il leader di Sel – che con il Pd ha sottoscritto una carta d’intenti assolutamente vincolante – non osa toccare nessuno dei trattati-capestro che pregiudicano il nostro futuro, a cominciare dal Fiscal Compact e dalla tagliola del “pareggio di bilancio”. Quindi, per favore, non prendiamoci in giro: «Quella di Vendola, e di chiunque intenda essere “la sinistra del centrosinistra”, mi sembra una politica morta sul nascere». Parola di Giorgio Cremaschi, che risponde così alle video-domande di Jacopo Venier su “Libera.Tv”. Ovvero: che farà Vendola se le primarie le vince Bersani, e quindi l’alleanza con Casini che considera un totem l’agenda-Monti?
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Giulietto Chiesa, appello: Grillo, possiamo salvare l’Italia
Stiamo uscendo dal porto e si comincia a ballare – per fortuna. Il terremoto c’è stato, in Sicilia, e continuerà in tutto il paese. La destra sta collassando. Il Palazzo – tutto il Palazzo – è nel panico: andiamo a una ricomposizione complicata e tumultuosa delle forze politiche. La spallata del “Movimento 5 Stelle” c’è stata – noi l’avevamo prevista e l’abbiamo appoggiata – ed è molto importante: cambia il quadro della situazione. Ma gli effetti sono, per ora, molto incerti: i rapporti di forza attuali – quelli di oggi, in questo momento – ci dicono che, se si rivota con il “Porcellum”, avremo un “governo-inciucio” tra il Pd, l’Udc, Sel e rottami vari che si aggregheranno. Avremo un governo delle banche, che avrà una maggioranza schiacciante (con il premio di maggioranza) e potrà fare quello che vuole. Un governo che ci manterrà nella posizione di colonia, a sovranità zero. E subito dopo, non dimentichiamolo, ci sarà un presidente della Repubblica che si chiama Mario Monti. Appunto: il presidente delle banche, che ci porterà in guerra a breve termine.
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Anime morte: i media oscurano Mosler e le ricette anti-crisi
Poche ore di sonno alle spalle. Mi sveglio. Impossibile riposare con così tanta adrenalina. Mi vesto e scendo sotto senza perdere altro tempo: voglio leggere i quotidiani per vedere cosa dicono di noi i giornalisti. Napoletano, de “Il Sole 24 Ore”, ha scritto un articolo di fondo sul summit di Rimini e sul fatto che l’austerità aumenta il debito pubblico, non il contrario. “Cambiare direzione con la Mmt, ora!” è il titolo. “La Repubblica” ospita un pezzo di Scalfari che commenta le parole di Mosler: «La disoccupazione è un crimine contro l’umanità», asserendo che il progetto dell’Ue è morto e l’euro è un’arma di distruzione di posti di lavoro. De Bortoli, ispirato dalle parole di Alain Parguez, scrive di essersi pentito del suo articolo del 2 giugno, quello de “l’€ non deve morire” poiché non conosceva i dettagli che soggiaciono alla creazione della moneta unica.
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Grillo: Di Pietro al Quirinale (ma ancora silenzo sull’euro)
«E io sciolgo l’Idv»: mentre Antonio Di Pietro vuole cancellare il suo partito, “azzerato” dal voto in Sicilia e tormentato dai guai giudiziari nelle periferie della penisola, Beppe Grillo gli tende la mano e, come un D’Alema qualsiasi (cioè senza consultare nessuno, tantomeno la “rete”) – lo propone come candidato del “Movimento 5 Stelle” addirittura al Quirinale. «Nel 2013 Napolitano decadrà, per ora è l’unica buona notizia certa», scrive Grillo nel suo blog il 1° novembre. «Il mio auspicio è che il prossimo presidente della Repubblica sia Antonio Di Pietro, l’unico che ha tenuto la schiena dritta in un Parlamento di pigmei». Certo, l’ex pm di Mani Pulite «ha commesso degli errori, ha inserito nel suo partito persone impresentabili come De Gregorio e Scilipoti». Eppure: «Lui soltanto, in Parlamento, ha combattuto il berlusconismo», sia pure «con armi spuntate, con una truppa abborracciata tenuta insieme unicamente dalla sua testardaggine e caparbietà».
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Giannuli: partiti ko, un italiano su quattro voterà Grillo
Bruciante il verdetto della Sicilia: solo un cittadino su tre ha ancora fiducia nell’attuale sistema politico, totalmente impotente di fronte alla grande crisi. Se il centrodestra si dissolve, il Pd non rappresenta alcuna alternativa: «Affonda più lentamente, ma affonda». Numeri impietosi: il Pdl perde due voti su tre (da 900.000 a 247.000), il Pd quasi uno su due. Malissimo anche l’Udc: «Non solo non intercetta un voto di quelli persi dai partiti maggiori, ma ne perde 130.000 dei suoi», dicendo addio a un elettore su tre. Perde 25.000 voti anche l’alleanza tra Sel e Federazione della sinistra, mentre il “Movimento 5 Stelle” decuplica i voti rispetto a quattro anni fa, sfiorando il 15%. Per la prima volta nella storia democratica, lo “sciopero del voto” supera il 50%, «evidente segno politico di ritiro della fiducia degli elettori nei confronti del sistema nel suo complesso», sostiene Aldo Giannuli.
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Il vero mestiere di Renzi, nuova stella del Financial Times
Chi è Matteo Renzi? In un Parlamento pieno di morti che camminano («dead men walking») e in uno Stato marcio, il giovane Matteo è l’astro nascente («rising star») della politica italiana nella nuova fase aperta dal governo Monti. A sostenerlo non è un qualunque sfasciacarrozze di provincia, e neppure il prof. Ichino, ma il “Financial Times” del 6 marzo 2012. I mercati guardano avanti. Dopo aver fatto scendere da cavallo il Cavaliere, e dopo aver allocato alla testa del governo il rettore bocconiano, adesso allevano con cura lo scalpitante venditore fiorentino. In questo non c’è alcuna novità, a parte lo scapigliato “stil novo” di un politico di professione che fa il verso al caposcuola di Arcore. È manifesta, invece, una razionale continuità, volta a consolidare il potere di comando dei cosiddetti investitori istituzionali, veri proprietari universali.