Archivio del Tag ‘alimentazione’
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Stefania: come vivere, in cinque, con solo 5 euro al giorno
Madre di tre bimbi e moglie di un operaio metalmeccanico, Stefania Rossini vive in provincia di Brescia, a Pontevico. Qualche hanno fa ha perduto il lavoro, ma non si è persa d’animo: «Ho ripensato il nostro modo di vivere e, in due anni di perfezionamenti, ho scoperto che possiamo vivere, in cinque, con appena 5 euro al giorno». Sembra uno slogan, e invece è il titolo del libro che racconta la sua esperienza. Un manuale tecnico-pratico, che spiega come è possibile vivere – senza privazioni – spendendo, ogni giorno, appena un euro a persona. «Ho cercato di migliorarmi ogni giorno», racconta Stefania. «Mi sono sforzata di imparare, di migliorare. Ho fatto l’orto, ho scovato nuove ricette per l’autoproduzione. A un certo punto ho deciso di fare due conti di quanto spendevo al mese e sono saltati fuori questi cinque euro. Una media giornaliera che comprende un po’ tutto: alimentazione, detersivi per la casa e l’igiene personale, materiale scolastico e altre piccole cose». Possibile? Sì: «Perché, con l’orto e l’autoproduzione, ci facciamo in casa quasi tutto».
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Non tutto è merce, i territori salveranno i beni comuni
Quasi tutto quello che ci circonda, oggi, appartiene a qualcuno: per beneficiarne, lo si può soltanto comprare. Ma non è stato sempre così: «C’erano una volta i beni comuni: l’aria, l’acqua, il bosco, il fiume, la spiaggia, i pascoli, e persino i campi, che venivano dissodati e arati congiuntamente dalle comunità di villaggio», racconta Guido Viale in una recente riflessione sul destino dei beni comuni. «Nell’era moderna, il processo della loro appropriazione – e della esclusione di chi ne traeva il proprio sostentamento – è cominciato molto presto con le recinzioni dei pascoli in Inghilterra». Erano le “enclosures”, che Marx pone a fondamento del meccanismo di accumulazione primitiva del capitale. Meccanismo proseguito nel tempo: «Molte delle rivoluzioni borghesi in Europa hanno messo capo a un processo analogo». Per non parlare della conquista del West in Nordamerica, «a spese delle popolazioni indigene», o addirittura del colonialismo, «che ha globalizzato questa pratica».
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L’Europa sostenga il Bio, l’unica agricoltura che ha futuro
Mentre il Piemonte disastrato dai tagli ciechi mette in liquidazione il Crab, lo sportello per l’agricoltura biologica che da un decennio indirizza un comparto che vale mezzo milione di euro all’anno – inutili gli appelli piovuti sui maggiori partner del centro, cioè la Provincia di Torino governata dal centrosinistra – gli operatori europei chiedono una riforma “verde” della politica agricola, per fronteggiare la grande crisi «dirottando i finanziamenti dalle produzioni intensive ad alto impatto ambientale alle piccole aziende agricole multifunzionali», cioè quelle che praticano con successo «modelli di produzione e di consumo sostenibili», nel rispetto dei consumatori nonché delle biodiversità, delle risorse naturali e del paesaggio. È la richiesta rivolta al governo Monti, al Parlamento europeo e alle Regioni da 13 associazioni che riuniscono ambientalisti, mondo scientifico, agricoltori biologici e biodinamici.
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Fois gras: quanta sofferenza siete disposti a ingoiare?
“Animal Equality”, con dieci ore di filmati e conversazioni registrate sotto copertura, 153 fotografie scattate in quattro allevamenti nel sud della Francia e in cinque stabilimenti in Catalogna, porta alla ribalta la sofferenza di anatre e oche destinate alla produzione del foie gras, lanciando una campagna mondiale per documentare cosa realmente avviene negli allevamenti dei paesi europei produttori del paté: Francia, Bulgaria, Belgio, Spagna e Ungheria. Il foie gras, che letteralmente significa “fegato grasso”, non è altro che un prodotto ottenuto da oche o anatre fatte ingrassare tramite alimentazione forzata altresì detta gavage. Il cibo viene sparato nell’esofago dell’animale attraverso un tubo metallico lungo circa 30 cm riempito di mais bollito e salato (circa 400/500 grammi). Le ingestioni forzate – due volte al giorno per le oche e fino a quattro volte al giorno per le anatre – stimolano una crescita abnorme del fegato di questi animali con un conseguente aumento di grassi nelle cellule epatiche.
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Insostenibile: un chilo di carne vale due quintali di verdura
Il consumo di proteine animali, nel mondo, cresce costantemente. Tanto che, secondo alcuni, questo fenomeno sta aiutando la specie umana ad andare più rapidamente verso la sua autodistruzione. A questo fenomeno, in effetti, sono legati i più gravi problemi ambientali, economici e politici del pianeta: le emissioni di gas climalteranti e l’effetto serra, le guerre per il controllo delle fonti energetiche fossili, la progressiva penuria di un bene indispensabile per la vita come l’acqua, molte forme di inquinamento chimico, la diminuzione di fertilità dei suoli, la perdita della biodiversità, le sempre maggiori sperequazioni tra il 20 per cento dell’umanità che si suicida per eccessivo consumo di cibi sempre meno sani e il 20% privo del necessario per sopravvivere.
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Biologico? No, grazie. Come suicidare l’Italia che funziona
Non abbiamo più soldi, e quindi vi chiudiamo. Anzi, meglio: per ora vi svuotiamo, così nessuno potrà dire che abbiamo spento il “motore” dell’agricoltura biologica. La Provincia di Torino è irremovibile: vuole mettere in liquidazione il Crab, il prestigioso sportello del Bio piemontese – punto di riferimento per tutto il comparto dell’agricoltura biologica italiana – dato che la Regione Piemonte non intende rinnovare il proprio impegno finanziario. Piccole cifre: il centro, dislocato in val Pellice, costa 280.000 euro all’anno, di cui però solo un terzo a carico degli enti locali: il resto proviene da finanziamenti a progetto, che gli stessi ricercatori si procurano attivando fondi speciali europei. Non stiamo parlando dell’Ilva di Taranto, ma di un minuscolo ufficio con appena 7 operatori: vittime della brutale “spending review” del governo Monti, 4 di loro resterebbero a casa.
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Semi proibiti: Bruxelles vieta la nostra sovranità alimentare
Dall’assalto alla sovranità monetaria (basti guardare l’approvazione del Fiscal Compact e/o del Mes) all’attacco alla sovranità alimentare. L’Unione Europea sembra che voglia, di fatto, smantellare pian piano tutti gli assi che ogni Stato membro tenta di giocarsi per mantenere un minimo di autonomia. Tutto ruota attorno ad una direttiva comunitaria – in vigore dal 1998 – che stabilisce come la commercializzazione e lo scambio di sementi sia di solo appannaggio delle ditte sementiere (come la Monsanto). Agli agricoltori questo commercio è vietato. Molte le realtà associative di volontari che si sono costituite per opporsi a questa assurda regolamentazione, distribuendo sementi presenti fuori dal catalogo ufficiale delle multinazionali.
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Tagli ciechi: il Piemonte amputa l’eccellenza del Bio
Spending review, tagli orizzontali, trascuratezza degli enti pubblici: il disastro-Italia non risparmia nulla, neppure le poche eccellenze rimaste. Come il Crab, lo sportello piemontese per l’agricoltura biologica. Che, nell’indifferenza generale, rischia di chiudere. Poco importa se, pur costando 280mila euro all’anno, ne genera da solo oltre mezzo milione, attraverso l’assistenza diretta alle aziende agricole, o attività che spaziano dal monitoraggio dei suoli agli studi per limitare lo spreco di acqua, fino alla lotta biologica contro i parassiti. I progetti di questo centro, spesso sviluppati con la collaborazione di università italiane ed estere, sono frutto del lavoro dei suoi ricercatori. «Noi non sperperiamo il denaro pubblico, produciamo sostenibilità ambientale», fanno presente. «Eppure ci vogliono chiudere».
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Appello al Piemonte: non chiudete lo sportello del Bio
Si fa presto a dire “biologico”. Filiere corte, chilometri zero. Prodotti locali d’eccellenza, che – per fortuna – inondano le campagne italiane e le mille fiere enogastronomiche promosse e sostenute dagli enti pubblici. Peccato che poi ci si dimentichi che quegli stessi prodotti nascono dal duro lavoro quotidiano di contadini spesso isolati ma sempre più consapevoli del loro ruolo ecologico. Agricoltori-custodi, li chiamano, e ormai sono un network in crescita. Anche grazie all’impegno di centri di eccellenza italiana come il Crab, lo sportello piemontese dell’agricoltura biologica che ora – nell’indifferenza generale – rischia addirittura di chiudere, per mancanza di fondi. Spending review, tagli orizzontali: eppure il Crab fa girare mezzo milione di euro all’anno (economia pulita) e costa solo 280.000 euro. Ma attenzione: i due terzi della spesa sono già ampiamente coperti da progetti speciali, a termine
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Vaccini inutili e dannosi: il business avvelena i neonati
Effetti indesiderati o appositamente voluti per far soldi sulla pelle di esseri indifesi col pretesto scientifico? «Il nome – denuncia il giornalista Gianni Lannes – è quello di un killer legalmente autorizzato ad avvelenare i bambini e a trasformarli in pazienti cronici, danneggiando irreversibilmente le loro difese immunitarie». Si chiama “Infanrix Hexa”, costa quasi 100 euro ed è il vaccino esavalente, somministrato in un’unica soluzione, prodotto dalla britannica Glaxo, condannata più volte negli Usa per aver provocato la morte di parecchie persone. L’obbligo di legge per i neonati riguarda solo difterite, tetano, poliomielite ed epatite B. Ma nella dose diffusa ci sono gli antigeni per altre due malattie infettive. Secondo l’Istituto superiore di sanità, la copertura è ottimale e non c’è nessun rischio provato. Anzi, «il vero scandalo è contrarre virus perché si rifiuta il vaccino».
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La Bolivia mette al bando la Coca-Cola, simbolo del Male
C’è chi sostiene che finirà il mondo, chi annuncia l’invasione degli alieni, chi predice sciagure e cataclismi. Per adesso, l’unico effetto concreto della fine del calendario Maya è stato tutt’altro che pernicioso. Almeno per i boliviani. Il presidente indigeno Evo Morales ha infatti annunciato che a partire dal 21 dicembre 2012 la Coca-Cola sarà bandita dal paese. La multinazionale statunitense segue così a ruota le sorti toccate al connazionale McDonald’s, costretto a chiudere i battenti in Bolivia lo scorso gennaio a causa dello scarso successo dei suoi prodotti. In Sud America – come d’altronde in gran parte del mondo – la Coca-Cola ha una lunga storia di sfruttamento, inquinamento, condizionamenti politici. Emblematico è il caso della Colombia. Qui l’azienda, per mano della sua filiale Panamco S.A., sfrutta da oltre vent’anni la corruzione del governo nazionale e la tensione sociale del paese per imporre condizioni inumane ai propri lavoratori e attuare strategie di repressione verso le organizzazioni sindacali.
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Bio-agricoltura per giovani: Egitto e Tunisia meglio di noi
Ricerca scientifica e piccole imprese agricole unite contro la disoccupazione? L’alleanza è possibile. Almeno in Egitto e Tunisia, dove i rispettivi Ministeri della Scienza hanno deciso di collaborare con un obiettivo preciso: sfruttare i risultati della ricerca per lo sviluppo di piccole aziende nelle aree rurali. Lo scopo è riscoprire metodi e colture tradizionali, scongiurando allo stesso tempo quello che, secondo i governi dei due Paesi, è stato un fattore determinante nei disordini dello scorso anno con la primavera araba: la disoccupazione giovanile. Il progetto, parte di una più ampia cooperazione scientifica e tecnologica, prevede il coinvolgimento di giovani ricercatori di entrambe le nazioni. Che, insieme, cercheranno di trovare le giuste soluzioni per i diversi contesti agricoli in cui si troveranno ad operare. Il tutto mentre in Europa, invece, la Corte di Giustizia conferma il divieto di commercializzare le sementi delle varietà tradizionali.