Archivio del Tag ‘Africa’
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Il generale Clark: Libia nel mirino da anni, e ora Siria e Iran
Circa dieci giorni dopo l’11 Settembre mi sono recato al Pentagono e ho visto il segretario alla Difesa, Rumsfeld, e il vicesegretario Wolfowitz. Sono sceso a salutare alcune persone dello Stato maggiore che lavoravano per me e uno dei miei generali mi chiamò dicendomi: «Venga, le devo parlare un minuto». E io: ma lei avrà da fare. Lui disse: «No, no. Abbiamo preso una decisione: attaccheremo l’Iraq». Io gli chiesi: ma perché? E lui: «Non lo so. Penso che non sappiamo cos’altro fare». Domandai: hanno trovato informazioni che collegano Saddam Hussein con Al-Qaeda? «No, non c’è niente di nuovo», disse, «hanno soltanto deciso di fare la guerra all’Iraq: penso che la ragione è che non si sa cosa fare riguardo al terrorismo, però abbiamo un buon esercito e possiamo rovesciare qualsiasi governo».
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Gheddafi giustiziato senza processo: tutto come previsto
Quello che resta di quarant’anni di potere è un corpo, ferito e rivoltato nella polvere: Muhammar Gheddafi macellato sul posto, il 20 ottobre, lungo la strada tra Sirte e Misurata, dopo un raid Nato che ha probabilmente messo in fuga il dittatore, costringendolo a lasciare l’ultima roccaforte dopo quasi otto mesi di resistenza. Facendo il verso alle didascalie con cui tutti i media hanno presentato il tremendo video di Al-Jazeera sugli ultimi istanti del Colonnello, il sito “Megachip” avverte: “Attenzione, segue una serie di immagini shock su Gheddafi che possono urtare la vostra suscettibilità”. Fotogallery: Gheddafi con Frattini, Napolitano e Prodi; Gheddafi che abbraccia Berlusconi, Blair e il turco Erdogan, stringe la mano a Obama e Zapatero, riceve Brown e la Rice e fraternizza col suo futuro “boia”, Sarkozy.
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Aria velenosa, Torino fuorilegge: è la peggiore città d’Italia
«Per favore, non spegnete Torino»: era la richiesta che, in piena campagna elettorale, i Subsonica rivolgevano al futuro sindaco, Piero Fassino, invitato a non oscurare il “popolo della notte” che negli ultimi 10-15 anni ha trasformato le serate dell’ex città più grigia d’Italia. Ma i record sotto la Mole non sono finiti: Torino è anche la metropoli più indebitata, con oltre 5.700 euro di debito pro capite, contro i neppure 4.000 di Milano, stando ai dati diffusi già nel 2009 da “Civicum” insieme al Politecnico milanese. E ora, archiviati i fasti – ma non gli oneri – delle Olimpiadi Invernali 2006, ecco che Torino si scopre anche la città meno ecologica, la più inquinata, quella dall’aria più irrespirabile.
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Dalla Libia al Sudan un unico obiettivo: fermare la Cina
Prima la Tunisia, frontiera ovest. Poi l’Egitto, frontiera est. Restava un ultimo ostacolo: Gheddafi. Non solo per mettere le mani sul petrolio libico, ma anche e soprattutto per tagliare la strada alla Cina, che era riuscita a inserire nel proprio network energetico persino il poverissimo Ciad, ai confini meridionali della Libia, mentre appena più a ovest la secessione del Sud Sudan, preparata da Washington, ha sottratto al controllo africano, e quindi cinese, le maggiori risorse del sottosuolo sudanese. L’analisi, dedicata agli entusiasti che in questi mesi hanno fatto il tifo per le “Twitter revolutions”, è firmata da William Engdahl del “Global Research Institute” canadese diretto da Michel Chossudovsky. Aprite gli occhi, avverte Engdahl: il regista del Risiko africano è il Pentagono.
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Libia, la verità? Fermare la Cina, inguaiando anche l’Europa
Gheddafi è solo una maschera, il tiranno perfetto contro cui scatenare i media, quindi l’opinione pubblica e infine i Tornado. Berlusconi? Non conta niente, ha subito una guerra che non voleva, come del resto la manovra finanziaria “lacrime e sangue”. E gli alleati europei? Idem: nonostante le apparenze, la battaglia di Tripoli è contro di loro, innanzitutto: concepita per metterli nei guai. E persino «il povero Obama» ha dovuto abbozzare. Perché a decidere di trasformare la Libia in un inferno come l’Iraq è stato il super-potere di Wall Street. Con un obiettivo evidente: fermare l’avanzata della Cina. «Non è nemmeno questione di petrolio», dice Giulietto Chiesa all’“Espresso”: «Tra 5-10 anni non ci sarà più posto per Usa e Cina insieme: o troveranno un accordo, o sarà guerra mondiale».
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Noi, vittime quotidiane della Guerra dell’11 Settembre
Giulietto Chiesa la chiamò “la guerra infinita”, titolando un bestseller italiano all’indomani dell’attacco alle Torri Gemelle. Dieci anni dopo, un giornalista del “Guardian”, Jason Burke, la ribattezza in modo analogo e ancora più esplicito: la Guerra dell’11 Settembre. Cominciata a Manhattan e proseguita nel resto del mondo: sia in teatri finiti sotto i riflettori dei media, come l’Iraq e l’Afghanistan e ora la Libia, sia in latitudini meno frequentate dai reporter e delle loro narrazioni “embedded”, dai deserti del Sudan alle montagne del Tagikistan, dal mare delle Seychelles alle foreste indonesiane. Il conto delle vittime è spaventoso, ma rivela l’identità degli sconfitti: tutti noi, regolarmente all’oscuro dei piani.
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Rapina storica: con la scusa del debito, si prendono l’Italia
Si stanno preparando, gonfiando il loro debito artificiale a orologeria: si prenderanno tutto, dall’Enel alle Poste Italiane, fino al patrimonio immobiliare e persino alla nostra acqua, con buona pace del referendum appena celebrato. Italia «stile Grecia, in nome di un debito che non si risana mai», nonostante «le tante manovre da lacrimogeni e sangue degli ultimi vent’anni». Insomma, il debito “eterno” «come strumento di controllo e dipendenza», sull’esempio dell’Africa. Che fare? Semplice: non riconoscere più il debito italiano verso la Bce, uscire dall’Unione Europea, nazionalizzare la Banca d’Italia, tornare a stampare la Lira, moneta che tornerà di proprietà della nazione: obiettivi di un «movimento sovranista e indipendentista italiano, che nascerà dalla brutalità dei fatti».
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Sams’K a Torino: libertà per l’Africa, nel segno di Sankara
Musica dal cuore dell’Africa per rinnovare un sogno: quello di Thomas Sankara, presidente e martire del Burkina Faso, la “terra degli uomini integri”, assassinato nel 1987 dopo aver osato chiedere la cancellazione del debito del terzo mondo, al termine di quattro anni di rivoluzione nei quali l’ex Alto Volta era uscito a testa alta dalla schiavitù post-coloniale. Ora arriva in concerto a Torino la voce più autentica della rivoluzione sankarista, il cantante reggae Sams’k LeJah, tuttora “anima” della rivolta che sta scuotendo il paese, caduto sotto il dominio del dittatore Blaise Compaoré. Una serata speciale, quella di Torino il 28 giugno, per risvegliare l’orgoglio della comunità africana. Sankara resta un simbolo di libertà e riscatto: con visionaria preveggenza, ha insegnato che l’Africa ha tutto per vivere bene, purché l’Occidente smetta di sfruttarla.
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Usa, guerra totale permanente: poteri speciali a Obama?
Chi si illudeva che con l’uccisione di Bin Laden gli Stati Uniti avrebbero proclamato la fine della ‘guerra al terrorismo’ contro al Qaeda dichiarata dopo l’11 settembre 2001, si sbagliava. Al contrario, l’America sta valutando di ampliare i limiti geografici, politici e temporali del conflitto, trasformandolo in una guerra globale permanente. In questi giorni la commissione Difesa del Congresso Usa – dallo scorso novembre a maggioranza repubblicana – sta esaminando il testo di una nuova dichiarazione di guerra (dal “National Defense Authorization Bill” per l’anno 2012, sezione 1034, pagina 20) che ‘aggiorna’ quella approvata il 18 settembre 2001.
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La Nato si avvicina al “tesoro” di Gheddafi, ormai in fuga
Muhammar Gheddafi in fuga nel deserto? La voce si rincorre con sempre maggiore insistenza dal 1° maggio, quando la Nato bombardò pesantemente la sua residenza-bunker di Tripoli, uccidendo – pare – il figlio Saif al Arab e tre nipoti del Colonnello. Come già nel 1986, quando sfuggì per un soffio alle bombe di Ronald Reagan perché avvisato all’ultimo minuto dai servizi segreti italiani su ordine del premier Bettino Craxi, sembra che anche stavolta Gheddafi sia uscito incolume dall’attentato grazie a sofisticate attrezzature tecnologiche fornite alla Libia da «un’ambasciata straniera», scrive “La Stampa”. Truppe del regime intanto in rotta anche a Misurata: l’Occidente si avvicina così al “tesoro” libico, sterminati giacimenti di greggio e di gas, nonché un’ingente riserva di denaro, miliardi di dollari.
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Abbiamo fame: l’Africa in rivolta, nel nome di Sankara
«Abbiamo fame». Semplice gesso bianco su un povero foglio di cartone trasformato in manifesto, dietro al quale spuntano occhi penetranti. Occhi scuri, quelli dell’Africa nera. Che fino a ieri esprimevano urgenze elementari: fame e paura. Da qualche giorno, la paura sta perdendo terreno: gli Uomini Integri, i “puri” burkinabé, sono in rivolta. Come il Maghreb, il Medio Oriente e metà del continente nero. Fame, paura e rabbia: la speculazione finanziaria mondiale gonfia i prezzi del grano e del riso, la corruzione locale frena la distribuzione e le redini del potere sono ancora in mano ai dittatori-stampella dell’Occidente, che ora è sul piede di guerra anche nel Mediterraneo, dove si sta giocando il suo futuro post-coloniale e l’accesso alle risorse strategiche.
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Bambini-soldato, la legione straniera allevata da Gheddafi
Fin dai primi giorni della rivolta libica, sono circolate informazioni riguardanti la presenza di combattenti stranieri con caratteristiche somatiche “afro”, alcuni dei quali anglofoni, altri francofoni, altri ancora arabofoni. Ma chi sono questi militari, schierati a fianco delle truppe lealiste, prima impiegati nel soffocare le dimostrazioni di piazza e poi utilizzati dallo stato maggiore libico nella riconquista della Cirenaica con obiettivo finale Bengasi? Si tratta di mercenari al soldo del colonnello Muammar Gheddafi, veri professionisti della guerra, molti dei quali già in passato hanno combattuto in una sorta di legione straniera voluta dal rais per difendere i propri interessi in giro per il mondo, soprattutto nel continente africano.