Archivio del Tag ‘Affari’
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Ue ed Eurozona, un progetto Cia-Rockefeller dagli anni ‘50
Documenti governativi americani declassificati mostrano che le agenzie di intelligence degli Stati Uniti negli anni Cinquanta e Sessanta hanno condotto una campagna per creare lo slancio verso l’Europa unita. Hanno finanziato e diretto il movimento federalista europeo. I documenti confermano i sospetti espressi all’epoca, secondo i quali l’America stava lavorando aggressivamente dietro le quinte per spingere la Gran Bretagna in uno Stato europeo. Un memorandum, datato 26 luglio 1950, fornisce le istruzioni per una campagna finalizzata a promuovere un Parlamento Europeo a pieno titolo. È firmato dal generale William J. Donovan, capo del servizio segreto americano, in epoca bellica “Office of Strategic Studies” (Oss, Ufficio di Studi Strategici), precursore della Cia. I documenti sono stati trovati da Joshua Paul, un ricercatore presso la Georgetown University di Washington. Comprendono i dossier rilasciati dai National Archives degli Usa.Il principale strumento di Washington per definire l’agenda europea è stato l’American Committee for a United Europe (Acue, Comitato americano per un’Europa unita) creato nel 1948. Il presidente era Donovan, che allora era apparentemente un avvocato privato. Il vicepresidente era Allen Dulles, il direttore della Cia negli anni Cinquanta. Il comitato includeva Walter Bedell Smith, il primo direttore della Cia, e un elenco di figure e funzionari ex-Oss che entravano e uscivano dalla Cia. I documenti mostrano che l’Acue finanziò il Movimento Europeo, la più importante organizzazione federalista negli anni del dopoguerra. Nel 1958, ad esempio, ha fornito il 53,5% dei fondi del movimento. La “European Youth Campaign” (Campagna della gioventù europea), un braccio del Movimento Europeo, è stata interamente finanziata e controllata da Washington. Il direttore belga, il barone Boel, riceveva pagamenti mensili in un conto speciale. Quando il direttore del Movimento Europeo, Joseph Retinger, di origini polacche, si risentì di questo livello di controllo americano e cercò di raccogliere fondi in Europa, venno subito rimproverato.I leader del Movimento Europeo – Retinger, il visionario Robert Schumann e l’ex primo ministro belga Paul-Henri Spaak – furono tutti trattati come dipendenti dai loro sponsor americani. Il ruolo degli Stati Uniti è stato gestito come un’operazione segreta. Il finanziamento dell’Acue arrivava dalle fondazioni Ford e Rockefeller, nonché da gruppi d’affari con stretti legami con il governo degli Stati Uniti. Il direttore della Fondazione Ford, l’ex ufficiale dell’Oss Paul Hoffman, ottenne un doppio incarico come capo dell’Acue alla fine degli anni Cinquanta. Anche il Dipartimento di Stato ha avuto un ruolo. Una nota della sezione europea, datata 11 giugno 1965, consiglia il vice-presidente della Comunità Economica Europea, Robert Marjolin, di perseguire l’unione monetaria di nascosto. La nota raccomanda di tacitare il dibattito fino al punto in cui «l’adozione di tali proposte diventerà praticamente inevitabile».(Ambrose Evans-Pritchard, “I federalisti europei finanziati dallo spionaggio Usa”, dal “Telegraph” del 19 settembre 2000. Articolo ripreso il 1° novembre 2015 dal blog “Vox Populi”).Documenti governativi americani declassificati mostrano che le agenzie di intelligence degli Stati Uniti negli anni Cinquanta e Sessanta hanno condotto una campagna per creare lo slancio verso l’Europa unita. Hanno finanziato e diretto il movimento federalista europeo. I documenti confermano i sospetti espressi all’epoca, secondo i quali l’America stava lavorando aggressivamente dietro le quinte per spingere la Gran Bretagna in uno Stato europeo. Un memorandum, datato 26 luglio 1950, fornisce le istruzioni per una campagna finalizzata a promuovere un Parlamento Europeo a pieno titolo. È firmato dal generale William J. Donovan, capo del servizio segreto americano, in epoca bellica “Office of Strategic Studies” (Oss, Ufficio di Studi Strategici), precursore della Cia. I documenti sono stati trovati da Joshua Paul, un ricercatore presso la Georgetown University di Washington. Comprendono i dossier rilasciati dai National Archives degli Usa.
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Addio al Marziano imbranato, ora a Roma tornano i politici
Il Marziano non è sopravvissuto: questa la notizia, mischiando l’ultimo Ridley Scott con l’eterno Ennio Flaiano. Ma le dimissioni di Ignazio Marino da sindaco di Roma non sono solo l’esito scontato di un crescendo rossiniano di equivoci, inadeguatezze, errori e ciclopiche gaffes. Sono forse la pietra tombale sull’illusione che, fallita la classe politica, possa salvarci la Società civile. Perché di lì veniva il Marziano: e se ne parlo al passato, ci sarà un perché. Dal mondo delle professioni e delle competenze, tanto magnificato. Se non fosse che la politica ha pure lei le sue professionalità e le sue competenze, non necessariamente coincidenti con le altre. Invece, della mitica società civile Marino aveva la mentalità, le frequentazioni nazionali o internazionali, gli usi e costumi relativamente sofisticati, rispetto ai fagioli con le cotiche che passa il convento, e anche i vizi mediocri, rispetto alle crapule del berlusconismo d’antan. Tutta roba alla quale uno deve fare il tagliando, ormai, se proprio decide di entrare in quella fossa dei serpenti che è la politica italiana in genere, e quella capitolina in particolare.E non bastano le buone intenzioni, che nessuno discute, e la sostanziale estraneità dell’uomo alla suburra degli affaroni e affaracci romani: ci vuole anche il senso delle opportunità, per non parlare del senso del ridicolo. Che si trattasse davvero di un marziano, invece, l’avevamo capito da tempo. Sindaco dal giugno 2013, dopo aver prevalso su quel Marchini, erede di una dinastia di costruttori rossi, che ora si candida alla sua successione, aveva esordito con la storia della Panda rossa parcheggiata alla evvivailparroco, e relative multe. E tutti noi, commentatori benpensanti, a difenderlo, adducendo che uno così era troppo manifestamente naif per poterlo considerare un mascalzone. Mascalzone no, in effetti, ma un po’ fesso sì: e giudichi il lettore cos’è peggio. Passino le vacanze e/o gli impegni internazionali, fra i quali non sempre si vedeva la differenza. Passino il degrado, le buche, i bambini caduti nella metropolitana: con lui che, se non era dall’altra parte del pianeta, arrivava subito e ci metteva la faccia – cosa che Renzi, per dire, si è sempre ben guardato dal fare – così beccandosi, Marino dico, anche le contumelie che sarebbero toccate a ben altri.Dopo il suo predecessore Alemanno, che festeggia se non l’accusano di associazione mafiosa, passi pure questa fissa di indossare la fascia da sindaco ovunque: anche a Filadelfia, dove si autoinvita a proprie spese, dice lui, in occasione del viaggio del Papa. Passi persino – in un’escalation da comica finale, sullo sfondo del definitivo inabissamento dell’immagine della Capitale sui giornali di tutto il mondo – farsi sbugiardare dal Pontefice in persona: una cosa che resterà nella storia dei rapporti Stato-Chiesa, appena un gradino sotto lo Schiaffo di Anagni. Ma ci si può dimettere, alla fine, per una storia di scontrini, una peculiarità italiana dalla quale il M5S avrebbe dovuto averci definitivamente vaccinato? Ci si può far smentire, oltre che da una lunga sequenza di preti e di organizzazioni benefiche, anche dall’ambasciatore del Vietnam, e per cene con la moglie e con la madre, neppure con l’amante, che tutto sommato sarebbe stato più dignitoso? A proposito: speriamo che il prossimo sindaco di Roma sia un politico, abbia l’amante e un metro di pelo sullo stomaco, ma che almeno sappia fare il suo mestiere.(Mauro Barberis, “Il Marziano se ne va, che tornino i politici”, da “Micromega” del 09 ottobre 2015).Il Marziano non è sopravvissuto: questa la notizia, mischiando l’ultimo Ridley Scott con l’eterno Ennio Flaiano. Ma le dimissioni di Ignazio Marino da sindaco di Roma non sono solo l’esito scontato di un crescendo rossiniano di equivoci, inadeguatezze, errori e ciclopiche gaffes. Sono forse la pietra tombale sull’illusione che, fallita la classe politica, possa salvarci la Società civile. Perché di lì veniva il Marziano: e se ne parlo al passato, ci sarà un perché. Dal mondo delle professioni e delle competenze, tanto magnificato. Se non fosse che la politica ha pure lei le sue professionalità e le sue competenze, non necessariamente coincidenti con le altre. Invece, della mitica società civile Marino aveva la mentalità, le frequentazioni nazionali o internazionali, gli usi e costumi relativamente sofisticati, rispetto ai fagioli con le cotiche che passa il convento, e anche i vizi mediocri, rispetto alle crapule del berlusconismo d’antan. Tutta roba alla quale uno deve fare il tagliando, ormai, se proprio decide di entrare in quella fossa dei serpenti che è la politica italiana in genere, e quella capitolina in particolare.
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La Santa Corruzione nel Paese delle Meraviglie
Nel Paese delle Meraviglie, anche l’ottimismo può sfociare nel patologico, non solo il pessimismo. Il pessimismo diventa depressione, l’ottimismo magari si trasforma nell’euforia tossica del credulone che si esalta nel cibarsi delle spoglie del “mostro” di turno sbattuto in prima pagina, ma ignora che di pagine ce ne sono tante altre. Solo che quelle non gli vengono mostrate. Meglio ancora se il mostro è un personaggio importante, mettiamo il sindaco della capitale d’Italia. In tal modo un sistema marcio riesce nel duplice intento di ristrutturare la propria vacillante impalcatura, e di fare ciò col pieno consenso dei cittadini benché se ne ribaltino le scelte espresse alle urne. Sarebbe anche imbarazzante non porsi neanche un dubbio nel momento in cui all’improvviso tutti i centri di potere locali e nazionali, ivi compreso il partito aspirante (unico?) della nazione, col cappellaio matto in prima fila (indovina chi è), decidono all’unanimità che l’affaire-scontrini è storiella talmente inusitata da reclamare la testa dell’orrendo peccatore. Come se le “cene istituzionali” o presunte tali fossero abitudine esclusiva dell’eresiarca inquilino del Campidoglio.Saremo noi oltremodo scettici, ma una vicenda dai contorni così farseschi non può non farci sospettare che quello senza “amici degli amici” alla lunga fosse proprio l’antieroe condominiale in questione, piuttosto che i suoi inquisitori. I quali probabilmente continueranno a gozzovigliare sulle macerie dell’Urbe, magari con un palazzinaro o un uomo d’apparato in grado di garantire quella pax intrallazzista che con ogni evidenza lo sventurato non aveva la stoffa per garantire. Tutti tranne i pentastellati: loro lo fanno gratis, ça va sans dire. Anche se il loro democratico impegno per sbarazzarsi del turista per caso deve averli distratti da una vicenda come l’acquisizione di RCS da parte di Mondadori che la democrazia – almeno quella delle idee – la mette a repentaglio sul serio (dopotutto a distrarsi su questo sono state tutte le forze politiche e le testate, fra i pochissimi ad informarne i cittadini il rooseveltiano Sergio Di Cori Modigliani tramite il suo blog).Questo a prescindere dall’opinione che si ha in merito alle politiche, alle appartenenze, e a tutte quelle altre valutazioni che possono essere positive, negative, molto negative, ma rientrano comunque nel campo dell’opinabile. A meno che non si arrivi a credere che per ridurre una città come Roma nello stato impietoso in cui si trova siano sufficienti due miseri anni: in tal caso l’opinabile diventa tutto il reale, come in Alice nel Paese delle Meraviglie, con la differenza che dalla tana del Bianconiglio non se ne esce più.(Gianluca Lorefice, “La Santa Corruzione nel Paese delle Meraviglie”, dal blog del Movimento Roosevelt del 10 ottobre 2015).Nel Paese delle Meraviglie, anche l’ottimismo può sfociare nel patologico, non solo il pessimismo. Il pessimismo diventa depressione, l’ottimismo magari si trasforma nell’euforia tossica del credulone che si esalta nel cibarsi delle spoglie del “mostro” di turno sbattuto in prima pagina, ma ignora che di pagine ce ne sono tante altre. Solo che quelle non gli vengono mostrate. Meglio ancora se il mostro è un personaggio importante, mettiamo il sindaco della capitale d’Italia. In tal modo un sistema marcio riesce nel duplice intento di ristrutturare la propria vacillante impalcatura, e di fare ciò col pieno consenso dei cittadini benché se ne ribaltino le scelte espresse alle urne. Sarebbe anche imbarazzante non porsi neanche un dubbio nel momento in cui all’improvviso tutti i centri di potere locali e nazionali, ivi compreso il partito aspirante (unico?) della nazione, col cappellaio matto in prima fila (indovina chi è), decidono all’unanimità che l’affaire-scontrini è storiella talmente inusitata da reclamare la testa dell’orrendo peccatore. Come se le “cene istituzionali” o presunte tali fossero abitudine esclusiva dell’eresiarca inquilino del Campidoglio.
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Barnard: il futuro è l’agri-business, e la mafia salverà l’Italia
Il celeberrimo economista del ‘700 Adam Smith (che tutti hanno travisato oggi) si trovò di fronte a una scelta di realismo: doveva scegliere fra un male abominevole, e cioè il dominio assoluto di Re e nobili parassiti, autoritari, succhiasangue di tutti senza far nulla, e un male assai minore, cioè il Libero Mercato nascente all’epoca della nuova borghesia commerciale. Fu REALISTA realista. Non era certo una “bella anima” deficiente come quelle che qui oggi predicano peace&love fuori dal capitalismo senza capire un cazzo della realtà. Adam Smith sapeva che la scelta era quella, e realisticamente scelse il Libero Mercato solo perché gli altri erano troppo orribili da contemplare. Oggi siamo allo stesso punto. Piacerebbe avere il mondo della giustizia e delle violette, ma non ci è concesso. La scelta oggi è di nuovo fra il Neofeudalesimo orripilante della politica tecnocratica europea, fra le Mafie pressoché medievali che abbiamo, e la più moderabile realtà del Mercato. Qui per ora dobbiamo scegliere. Per ora. Chi mi conosce sa il curriculum che ho. Gli altri pazienza.A questo punto dell’apocalisse in Eurozona, quando siamo alla fase forse più terribile del progetto di Friedrich Von Hayek (1899-1992) di distruzione di 250 anni di costruzioni democratiche, progetto pienamente avviato dalle tecnocrazie europee (fra cui quelle italiane di Andreatta, Padoa Schioppa, D’Alema, Bersani, De Benedetti, Prodi, Renzi ecc.), ho in mente quella che è l’unica via d’uscita. Ho in mente qualcosa un secolo avanti. Siamo quindi rimasti fra noi, le persone. Io, con mia madre cieca e 91enne che ha un badante che le succhia (meritevolmente) più di mezza pensione, e sempre io che devo vivere con mia madre con l’altra mezza pensione. Tu che lavori per una miseria, tu che sei un ‘flessibile’, tu che dopo la laurea hai nulla, tu che hai avuto il tuo primo contratto indeterminato a 50 anni, tu che sei cassintegrato, tu che bestemmi come regola ogni giorno, tu pensionato esodato indebitato, voi gente vera. Stiamo con l’Italia della disoccupazione fuori controllo che passa scoreggiando davanti al Job Act di Renzi (meno di 130.000 posti di lavoro creati dal fiorentino, con 285.000 posti persi solo per il sì del fiorentino alle sanzioni alla Russia, poi il resto della débacle).Stiamo con le Piccole Medie Imprese i cui marchi se li stanno comprando per spiccioli i cinesi e russi e tedeschi, a causa del deprezzamento indotto dall’Eurozona sui paesi del Sud Europa, a un ritmo di 350 marchi di prestigio che perdiamo all’anno. Stiamo col fatto che oggi un laureato in giurisprudenza o medicina se non emigra va a lavorare nei pub, anche con famiglia che appoggia. Ok. Sono anni che listo i disastri italiani. Soluzione via d’uscita di Realismo N.1, prima di arrivare alle Mafie: A) Tornare alla Lira, cioè alla moneta sovrana, e applicare le politiche economiche chiamate Mosler Economics. Le potete leggere QUI APPIENO qui appieno. Cosa significano in soldoni? Significano una cosa importantissima fra le tante benefiche per l’Italia, e leggete: “Che l’Italia torna ad avere la sovranità di emettere la propria moneta senza limiti, come fanno Usa e Giappone e Inghilterra. Quindi i mercati sapranno che qualsiasi cosa investano sullo Stato italiano, questo Stato in possesso di moneta sovrana emessa senza limiti sarà sempre in grado di ripagarla in pieno e puntuale. La famosa “ability to pay”, cioè capacità di pagare sempre, che è l’unica cosa che interessa i mercati”.“Oggi non l’abbiamo perché usiamo l’euro, che è moneta non italiana e che dobbiamo prensdere in prestito dalla Bce per pagare i mercati, che per questo motivo diffidano di noi. Ripresa la moneta sovrana in Italia, i mercati tornerano a investire a man bassa sull’Italia ricca (perché lo siamo), sull’Italia sicura nei ripagamenti, e sull’Italia con la piccola media impresa migliore del mondo”. I Mercati sono amorali, sono liberi, vanno dove si sentono sicuri, e se saranno sicuri della ABILITY TO PAY ability to pay dell’Italia con moneta sovrana illimitata, noi li avremo in massa a investire su questo paese geniale che ha saputo passare dalle rovine a livello kosovaro della II Guerra Mondiale alla 5a potenza del mondo in soli 35 anni. I Mercati questo lo sanno, sanno di che fibra siamo fatti, sanno che un tintore di pelli di Reggio Emilia sa battere la concorrenza di tutto il pianeta e diventare un mostro multimiliardario per Ferré, Dolce & Gabbana, Gucci e Krizia. Lo sanno i Mercati di che pasta siamo fatti sul lavoro, e da noi verranno in massa. Sui nostri titoli di Stato investiranno tranquilli (facendoci crollare i tassi d’interesse che Roma paga su di essi), ma, ripeto, solo se avremo quella “ability to pay” che viene dall’essere sovrani nella moneta come Usa, Gb e Giappone.E qui siamo alle Mafie. Salveranno il Sud Italia. Ora, voi, fermi. Quanto guadagnano in stime approssimative le 3 maggiori Mafie italiane all’anno, assommate? Le stime ci dicono circa 100 miliardi di dollari lordi (il riciclaggio gliene mangia enormi fette, quindi il netto è molto meno). Ora attenzione: quanto guadagna una singola megabanca d’investimento, UNA SINGOLA una singola, all’anno lordi? Prendiamo Jp Morgan di Ny: sono 101 miliardi di dollari nel 2014. E questa è una singola banca d’investimento, UNA SOLA una sola, che guadagna poco più delle tre maggiori Mafie del mondo. Quante megabanche esistono nel mondo e quanto guadagnano, quindi? Mafie, fatevi una pippa. Quando le Mafie si sbarazzeranno, e ACCADRA’ e accadrà, dei pecorari cervelli di culo di cane che ancora le dominano, capiranno che il loro futuro di ricchezza sta nel mega-banking in Sud Italia. Le Mafie lasceranno perdere gli investimenti puzzoni in puttane, armi, droga, racket, pizzi, omicidi, ed edificheranno le Istituzioni Finanziarie più avanzate del Sud Mediterraneo. Perché?Perché siamo in attesa del BOOOOM boooom, e lo scrivo appositamente così, della più grande industria planetaria del futuro: l’AGRIBUSINESS agribusiness per il cibo, in sviluppo nell’Africa sub-sahariana. E chi si trova in Occidente ma vicino a quell’Africa? Questo dovete CAPIRLO, CAPIRLO capirlo, capirlo!! Cristo: il Sud Italia è posizionato come nessuna terra al mondo all’incrocio dei traffici più lucrosi dei prossimi 500 anni, quelli del…. CIBO cibo! No, non è il petrolio che manca. Non è il cobalto. Non sono cotone e computer. E’… IL CIBO il cibo. In Africa, la Cina, i Sauditi, la Korea e altri stanno comprando appezzamenti da dedicare all’Agribusiness con altissime tecnologie che sono grandi come mezza Francia o come l’intero Belgio. E mica sono scemi. E’ il cibo che scarseggia al mondo, e questa scarsità diverrà insostenibile quando 1 miliardo e 400 milioni di cinesi, quasi 1 miliardo d’indiani, poi i brasiliani e indonesiani ecc. arriveranno alla classe media. Sarà allora che l’Agribusiness per cibo spazzerà via qualsiasi concorrente in affari.E chi, ditemi chi, avrebbe la capacità di smistare gli affari richiesti da Cina, India, Brasile, Indonesia, come super-banche a pochi chilometri dal Sudan, dalla Tunisia, dall’Egitto? IL SUD ITALIA! Il Sud Italia! Le Mafie abbandoneranno la criminalità miserabile, apriranno super-banche e ci porteranno miliardi in parcelle, investimenti e intermediazioni sull’Agribusiness africano, e molto altro in finanza. Fine famiglie di puzzoni psicopatici di Napoli, Sorrento, Catania, Palermo, Reggio, trogloditi taglieggiatori & puttanieri, fine riciclaggio di rifiuti tossici o armi, fine di un’epoca. Ora, realismo. Adam Smith vienici in aiuto. Non è il mondo peace&love di John Lennon. Ma è di certo un mondo assai migliore di quello di oggi. Cosa avremo?Di fatto avremo due cose: LA SOVRANITA’ POLITICA ED ECONOMICA DEL LEGISLATORE ITALIANO. E LE EX-MAFIE DIVENUTE COLLETTI BIANCHI NEI GRATTACIELI DI POZZUOLI O MESSINA A FAR AFFARI SOTTO I REGOLATORI PARLAMENTARI, COME A WALL STREET. La sovranità politica ed economica del legislatore italiano. E le ex-Mafie divenute colletti bianchi nei grattacieli di Pozzuoli o Messina a far affari sotto i regolatori parlamentari, come a Wall Street. Non c’è paragone con lo sfacelo italiano di oggi. Non esiste paragone. Poi da lì i nostri figli ripartiranno con un’altra battaglia, quella che oggi si combatte in Usa: come portare i secondi pienamente sotto il controllo dei primi per l’Interesse Pubblico. Ma questa è un’altra storia. Realismo: inutile sognare. Già oggi ci leccheremmo i baffi se avessimo uno Stato pienamente sovrano e benestante, e non più le 3 maggiori Mafie di assassini pecorari ricatta-vedove spacciatori trafficanti in droga e armi e puttanieri internazionali. Ecco tutto. Ecco come potrebbe accadere. Realisticamente.(Paolo Barnard, “Ci salveranno i Mercati e le Mafie, per ora. Grazie, Adam Smith”, dal blog di Barnard del 13 settembre 2015).Il celeberrimo economista del ‘700 Adam Smith (che tutti hanno travisato oggi) si trovò di fronte a una scelta di realismo: doveva scegliere fra un male abominevole, e cioè il dominio assoluto di Re e nobili parassiti, autoritari, succhiasangue di tutti senza far nulla, e un male assai minore, cioè il Libero Mercato nascente all’epoca della nuova borghesia commerciale. Fu realista. Non era certo una “bella anima” deficiente come quelle che qui oggi predicano peace&love fuori dal capitalismo senza capire un cazzo della realtà. Adam Smith sapeva che la scelta era quella, e realisticamente scelse il Libero Mercato solo perché gli altri erano troppo orribili da contemplare. Oggi siamo allo stesso punto. Piacerebbe avere il mondo della giustizia e delle violette, ma non ci è concesso. La scelta oggi è di nuovo fra il Neofeudalesimo orripilante della politica tecnocratica europea, fra le Mafie pressoché medievali che abbiamo, e la più moderabile realtà del Mercato. Qui per ora dobbiamo scegliere. Per ora. Chi mi conosce sa il curriculum che ho. Gli altri pazienza.
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InfoDirekt, Vienna: gli Usa finanziano il traffico di migranti
Sarebbero gli Stati Uniti a finanziare il traffico di migranti africani dalla Libia verso l’Italia. Lo afferma l’austriaco “InfoDirekt”, che dice di averlo appreso da un rapporto interno dello Österreichischen Abwehramts (i servizi d’intelligence militari di Vienna): ed “InfoDirekt” è un periodico notoriamente vicino alle forze armate. Il titolo dice: “Un Insider: gli Stati Uniti pagano i trafficanti (di immigrati) in Europa”. Il testo non dice molto di più. Dice che i servizi austriaci valutano il costo per ogni persona che arriva in Europa molto più dei 3 mila dollari o euro di cui parlano i media. «I responsabili della tratta chiedono cifre esorbitanti per portare i profughi in Europa». Si va dai 7 ai 14 mila euro, secondo le aree di partenza e le diverse organizzzioni di trafficanti; e i fuggiaschi sono per lo più troppo poveri per poter pagare simili cifre. La polizia austriaca che tratta i richiedenti asilo sa questi dati da tempo; ma nessuno è disposto a parlare e fare dichirazioni su questo tema, nemmeno sotto anonimato.Da parte dei servizi, «si è intuito che organizzazioni provenienti dagli Stati Uniti hanno creato un modello di co-finanziamento e contribuiscono a gran parte dei costi dei trafficanti». Sarebbero «le stesse organizzazioni che, con il loro lavoro incendiario, hanno gettato nel caos l’Ucraina un anno fa». Chiara allusione alle “organizzazioni non governative” americane, cosiddette “umanitarie” e per i “diritti civili”, bracci del Dipartimento di Stato o di Georges Soros. L’articolo termina con un appello «a giornalisti, funzionari di polizia e di intelligence» perché «partecipino attivamente nella ricerca di dati a sostegno delle accuse qui espresse. L’attuale situazione è estremamente pericolosa e il lavoro informativo può prevenire l’intensificarsi della crisi». In un successivo articolo, il giornale austriaco rivela che «anche in Austria c’è il “business dei profughi”». Una “azienda per i richiedenti asilo” ha ottenuto dallo Stato 21 milioni per assissterli nelle pratiche e nutrirli.E’ una vera e propria azienda a scopo di lucro, con sede in Svizzera, la Ors Service Ag, ed è posseduta da una finanziaria, la British Equistone Partners Europa (Pee), che fa capo a Barclays Bank: ossia alla potentissima multinazionale finanziaria nota anche come “la corazzata Rotschild”, che ha come principali azionisti la banca privata Nm Rotschild e la loro finanziaria satelletite Lazard Brothers. «Presidente di Barclays è stato per anni il figlio Marcus Agius Rothschild. Questi ha sposato la figlia di Edmund de Rothschild: Katherine Juliette. Di conseguenza, ha il controllo anche della British Broadcasting Corporation (Bbc), ed uno dei tre amministratori del comitato direttivo del gruppo Bilderberg». I Rotschild non disdegnano nessun affare: e quello degli immigrati da “accogliere” e curare con denaro pubblico è certo l’industria di cui hanno previsto (sanno) che crescerà in modo esponenziale.Thierry Meyssan (“Reseau Voltaire”) rilancia l’informazione perché vi trova confermato un suo lungo e complesso articolo da lui postato quattro mesi fa, in cui fra l’altro sosteneva che l’ondata di rifugiati in Europa non è l’effetto collaterale accidentale dei conflitti in Medio Oriente, ma un obiettivo strategico degli Stati Uniti. Meyssan chiamava la strategia Usa “la teoria del Caos”, e la faceva risalire a Leo Strauss (1899-1973), il filosofo padre e guru dei neocon annidati nel potere istituzionale Usa. «Il principio di questa dottrina strategica può essere così riassunto: il modo più semplice per saccheggiare le risorse naturali di un paese sul lungo periodo non è occuparlo, ma distruggere lo Stato. Senza Stato, niente esercito. Senza esercito nemico, nessun rischio di sconfitta. Da quel momento, l’obiettivo strategico delle forze armate Usa e dell’alleanza che esse guidano, la Nato, consiste esclusivamente nel distruggere Stati. Ciò che accade alle popolazioni coinvolte non è un problema di Washington».«Le migrazioni nel Mediterraneo, che per il momento sono soltanto un problema umanitario (200.000 persone nel 2014), continueranno a crescere fino a divenire un grave problema economico. Le recenti decisioni della Ue (…) non serviranno a bloccare le migrazioni, ma a giustificare nuove operazioni militari per mantenere il caos in Libia (e non per risolverlo)». E’ proprio così: la strategia americana sembra effettivamente quella di trascinare gli europei in avventure militari in Libia come in Siria e in Ucraina; una volta impantanati fino al collo in quelle paludi del caos, per cui non abbiamo alcuna preparazione militare, dovremo implorare l’aiuto della sola superpotenza rimasta, a cui ci legheremo più che mai perché “ci difende dal caos”. Una sola ultima considerazione: la sinistra dell’accoglienza, come sempre la sinistra, “fa l’interesse del grande capitale, a volte perfino senza saperlo”: ad essa s’è aggiunta, con Bergoglio, la Chiesa di Galantino.(Maurizio Blondet, “Negri e scafisti finanziati dagli Usa?”, dal blog di Blondet del 14 agosto 2015).Sarebbero gli Stati Uniti a finanziare il traffico di migranti africani dalla Libia verso l’Italia. Lo afferma l’austriaco “InfoDirekt”, che dice di averlo appreso da un rapporto interno dello Österreichischen Abwehramts (i servizi d’intelligence militari di Vienna): ed “InfoDirekt” è un periodico notoriamente vicino alle forze armate. Il titolo dice: “Un Insider: gli Stati Uniti pagano i trafficanti (di immigrati) in Europa”. Il testo non dice molto di più. Dice che i servizi austriaci valutano il costo per ogni persona che arriva in Europa molto più dei 3 mila dollari o euro di cui parlano i media. «I responsabili della tratta chiedono cifre esorbitanti per portare i profughi in Europa». Si va dai 7 ai 14 mila euro, secondo le aree di partenza e le diverse organizzzioni di trafficanti; e i fuggiaschi sono per lo più troppo poveri per poter pagare simili cifre. La polizia austriaca che tratta i richiedenti asilo sa questi dati da tempo; ma nessuno è disposto a parlare e fare dichiarazioni su questo tema, nemmeno sotto anonimato.
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Ha vinto l’Ue, nemica dell’Europa. Non c’è più niente da fare
La stanca riproposizione del mantra dell’unità politica del continente scansa accuratamente di misurarsi con l’esame clinico obiettivo delle condizioni del progetto. Si tratta di qualcosa di ancora vitale o no? Perché, a sessanta anni dal fallimento del primo progetto di unificazione politica dell’Europa, la Ced, si è sviluppata una crescente integrazione economica e poi monetaria, ma l’unificazione politica si è definitivamente insabbiata? Ci sono stati certamente fattori oggettivi (per tutti: l’irrisolto problema linguistico) ma ci sono stati anche ostacoli soggettivi. Ed allora, chi sono stati (e chi sono tutt’ora) i nemici dell’unione politica europea? Iniziamo dai nemici interni. In primo luogo, ovviamente, i ceti politici nazionali, a parole tutti europeisti ferventi (Inghilterra a parte), ma in concreto preoccupatissimi di perdere potere e ridursi al rango di ceto politico regionale. E al primo posto c’è il governo tedesco, che con questi equilibri fa quello che vuole, ma con un potere centralizzato vedrebbe fatalmente ridursi il suo potere e, soprattutto, a quel punto la moneta sarebbe davvero la moneta dell’Unione e non il marco in uno dei suoi più riusciti travestimenti.A partire dalla bocciatura della Comunità Europea di Difesa, decretata dal Parlamento francese nel 1955, le classi politiche nazionali hanno costantemente ostacolato qualsiasi progetto di integrazione politica e militare. Persino cose innocue e simboliche come la brigata franco-tedesca, sono state lasciate morire nel silenzio. In questo quadro i più attivi affossatori del progetto europeista sono stati i diplomatici, che hanno speso le loro migliori energie per costruire una cattedrale barocca priva di qualsiasi slancio vitale e la riprova venne con il cosiddetto Trattato che adotta una Costituzione Europea di cui si parlò come di “una Costituzione senza Stato” (quindi sempre con l’idea di non dare vita ad uno Stato europeo) che, se ci si pensa su, è una cosa di totale inutilità. Per di più era un testo illeggibile, lunghissimo (600 pagine: non esiste nessuna Costituzione così lunga in tutto il sistema solare), incoerente, complicato e fatto in modo che non avrebbe mai potuto funzionare. Un capolavoro di sabotaggio riuscitissimo.Poi la cosa fu completata dai referendum di Francia e Paesi Bassi. E si capisce perché: in una Europa unita politicamente, non ci sarebbe alcun bisogno di 27 ministeri degli esteri, centinaia di ambasciate reciproche e migliaia nel mondo, basterebbe un’unica diplomazia europea ed uffici di rappresentanza degli ex Stati membri. Cioè un trentesimo dell’attuale personale diplomatico. E gli altri 29 che fanno? E che dire dei comandi militari? Di 28 stati maggiori dovremmo farne uno, poi anche la distribuzione delle forze nazionali sfuggirebbe alle dinamiche delle singole corporazioni militari. E questi sono nemici particolarmente forti, perché trovano nella Nato uno strumento di condizionamento in più. Il minimo che ci si possa attendere è che anche loro cerchino di sabotare il sabotabile. Allora diciamo che questi sabotaggi sono stati un aspetto della nobile lotta in difesa dell’occupazione.Poi, dalla diplomazia e dagli apparati tecnocratici nazionali è sorta l’ “eurocrazia”, l’enorme e pagatissimo apparato che fra Bruxelles, Strasburgo e Francoforte, ha in mano gli affari dell’Unione. Un apparato che, naturalmente, non ha nessun interesse ad avere alcuna autorità politica che lo controlli e diriga la politica europea. La Commissione è praticamente ostaggio di questo apparato che fa il bello ed il cattivo tempo e del Consiglio, con le sue presidenze semestrali, non parliamo nemmeno. E questo apparato, ovviamente, è un altro nemico giurato dell’unità politica del continente. Poi c’è il caso particolare della Bce, un ente di natura privatistica che raccoglie le banche centrali che, a loro volta, hanno board in buona parte composti dai rispettivi grandi enti bancari. Insomma, la creme del ceto finanziario europeo che può fare quel che gli pare senza dar conto a nessuna autorità politica, salvo il governo di Berlino. E dunque, un altro ente interessatissimo a non avere fra i piedi un potere politico centrale.All’elenco, ovviamente, non può mancare quella specie di circo equestre del Parlamento di Strasburgo che se la spassa fra doratissimi ozi. Ma si può tenere un Parlamento che dedica il suo tempo a stabilire quale debba essere il diametro minimo delle vongole, quale la misura media dei cetrioli, o le misure standard e la posizione dei bagni delle case di civile abitazione in tutta Europa? Un Parlamento terreno di pascolo di tutte le lobbies continentali che decidono che si possa fare il cioccolato senza cacao e l’aranciata senza succo d’arancia e come debba essere la confezione dei farmaci, perché occorre fare favori alle grandi industrie alimentari tedesche e francesi, o alla lobby del design industriale. Ogni tanto si affaccia qualche scandalo, subito sopito perché non c’è una magistratura europea che possa vigilare sulla corruzione a Strasburgo, ma state tranquilli che il giorno in cui fosse possibile farlo, il centro del malaffare europeo sarebbe individuato a Strasburgo e persino le amministrazioni di Napoli o Marsiglia sembrerebbero fulgidi esempi di oculata amministrazione. A leggere l’elenco delle decisioni del Parlamento Europeo ci sarebbe da ammazzarsi dalle risate se non ci fosse da piangere.Dunque c’è una grande alleanza fra ceti politici nazionali, tedeschi e inglesi in testa, stati maggiori, tecnocrazia, Bce, Parlamento Europeo il cui grande nemico è l’unione politica europea, ma, siccome non sarebbe carino dirlo, tutti continuano a recitare la parte di ferventi fautori del sogno di Altiero Spinelli, di Cattaneo, di Mazzini, di Monnet… Tutto quello che è stato fatto è all’insegna del finto: come per l’“inno muto”, i disegni delle banconote che riproducono opere d’arte inesistenti, la finta integrazione universitaria, ecc. L’Unione Europea, oggi è solo un’immensa scenografia di tela e cartapesta. Poi ci sono i nemici esterni, in primo luogo gli americani, che hanno interesse ad una Europa immenso mercato unificato, utile ad operazioni come il Ttip, ma che ovviamente non hanno alcun interesse ad una Europa politica che si mette in testa di giocare la partita in proprio e magari scioglie la Nato. Credo possa bastare, questo è il quadro dei nemici che hanno fatto la guerra all’unità politica d’Europa. L’hanno fatta e l’hanno vinta. Non c’è più niente da fare.(Aldo Giannuli, “Perché l’Europa unita non si fa e non si farà? I nemici d’Europa”, dal blog di Giannuli del 1° agosto 2015).La stanca riproposizione del mantra dell’unità politica del continente scansa accuratamente di misurarsi con l’esame clinico obiettivo delle condizioni del progetto. Si tratta di qualcosa di ancora vitale o no? Perché, a sessanta anni dal fallimento del primo progetto di unificazione politica dell’Europa, la Ced, si è sviluppata una crescente integrazione economica e poi monetaria, ma l’unificazione politica si è definitivamente insabbiata? Ci sono stati certamente fattori oggettivi (per tutti: l’irrisolto problema linguistico) ma ci sono stati anche ostacoli soggettivi. Ed allora, chi sono stati (e chi sono tutt’ora) i nemici dell’unione politica europea? Iniziamo dai nemici interni. In primo luogo, ovviamente, i ceti politici nazionali, a parole tutti europeisti ferventi (Inghilterra a parte), ma in concreto preoccupatissimi di perdere potere e ridursi al rango di ceto politico regionale. E al primo posto c’è il governo tedesco, che con questi equilibri fa quello che vuole, ma con un potere centralizzato vedrebbe fatalmente ridursi il suo potere e, soprattutto, a quel punto la moneta sarebbe davvero la moneta dell’Unione e non il marco in uno dei suoi più riusciti travestimenti.
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Cretini, vogliono isolare la Russia e invece isolano gli Usa
Le menzogne relative alla Russia e al suo presidente si sono fatte tanto grossolane da minacciare un possibile devastante conflitto nel mondo, cosa che ha spinto un gruppo di distinti cittadini nordamericani a formare il Comitato Americano per l’Accordo Oriente-Occidente. I membri del Comitato sono l’ex senatore Bill Bradley, Jack Matlock che fu ambasciatore Usa nell’Urss durante l’Amministrazione di Ronald Reagan e di George H.W. Bush; William J. Vanden Heuvel, che fu ambasciatore all’Onu durante l’amministrazione Carter; John Pepper, ex presidente e dirigente esecutivo dell’impresa Procter & Gamble; Gilbert Doctorow, uomo d’affari da un quarto di secolo con esperienza commerciale con la Russia e i professori Ellen Mickiewicz dell’ Università di Duke e Stephen Cohen dell’ Università di Princeton e di quella di New York. Risulta un fatto straordinario che la cooperazione tra Russia e gli Stati Uniti, svilupatasi attraverso decenni per mezzo di successivi governi, iniziando da quello di John F. Kennedy e culminando con la fine della guerra fredda con gli accordi di Reagan-Gorbaciov, sia stata distrutta da un pugno i nordamericani neo-conservatori trafficanti di armamenti nel corso dell’ultimo anno e mezzo.
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Rosacroce, la fratellanza del sapere emarginata dal potere
Innanzitutto, loro cominciano a chiamarsi Rosacroce da un certo punto in poi, ma esistevano anche prima. In quegli anni era normale che una confraternita di questo tipo fosse segreta; è oggi che questa segretezza lascia il tempo che trova – e anzi, tutto quello che è segreto, giustamente, desta sospetti. La confraternita dei Rosacroce – a mio avviso, secondo i miei studi – nasce da una precedente e più universale confraternita, che si chiamava Stirpe di David. Gioacchino da Fiore la chiama Radix Davidis. Questo nome, Radix Davidis, lo trovi un po’ dappertutto. Lo trovi, ad esempio, sul simbolo adottato dal diciassettesimo grado della massoneria, che – guarda che combinazione – è il grado precedente a quello di Rosacroce. Io mi sono chiesto a lungo questa Radix Davidis cosa fosse, finché ho scoperto che i presidenti degli Stati Uniti d’America giurano sulla Bibbia aperta in una certa pagina. Giurano lì, perché lì c’è la manifestazione di quello che avrebbe dovuto essere la Stirpe di David. Perché giurano sul Genesi, 49. Giacobbe prende i 12 figli, che poi sono i capi delle 12 tribù di Israele, e ne commenta quello che sarà il ruolo, gli attribuisce una funzione, o un giudizio.E, in particolare, a Giuda dedica questi versi: “Giuda, te loderanno i tuoi fratelli, la tua mano sarà sulla cervice dei tuoi nemici, davanti a te si prostreranno i figli di tuo padre. Un giovane leone è Giuda: dalla preda, figlio mio, sei tornato; si è sdraiato, si è accovacciato come un leone, o come una leonessa; chi oserà farlo alzare? Non sarà tolto lo scettro da Giuda né il bastone del comando tra i suoi piedi, vinché verrà colui al quale esso appartiene, e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli. Egli lega alla vite il suo asinello, e a scelta vite il figlio della sua asina; lava nel vino la veste e nel sangue dell’uva il manto; lucidi ha gli occhi per il vino e bianchi i denti più del latte”. In questi versi ci sono i presupposti di quello che poi sarà il simbolismo dei Rosacroce. Da Giuda discenderà David; David prenderà il trono rispetto a Saul perché ristabilisce la regalità della tribù di Giuda su tutti gli ebrei. E quindi la Stirpe di David è anche la tribù di Giuda, tant’è vero che Matteo l’evangelista, per radicare Gesù Cristo in questa stirpe, e non in altre, fa tutto il genetliaco, fino ad arrivare ai genitori di Cristo, comprovando così che loro sono della tribù di Giuda. Uno dei tanti significati del famoso acrostico “Inri” è “Iesus Nazarenus Rex Judaeorum”.Seconda cosa da sottolineare, i colori dei Rosacroce sono il nostro tricolore: rosso, bianco e verde. Il nostro tricolore viene scelto come futura bandiera italiana e come simbolo dell’Ausonia, cioè dell’Italia, in una loggia rosicruciana milanese. Perché bianco, rosso e verde? Perché sono i colori che vengono enunciati in quel passo della Bibbia: la pianta della vite è verde, il vino è rosso, “bianchi i denti come il latte”. Sono i colori dei Rosacroce. Tant’è vero che Beatrice, nella “Divina Commedia” (Dante faceva parte di una setta pre-rosicruciana che si chiamava Fidelis in Amore) è vestitata di bianco, rosso e verde. Molto probabilmente, a livello simbolico, la regalità della Stirpe di Giuda, cioè della Radix Davidis, nasce per ricuperare una condizione perduta. A un certo punto della Bibbia, Abramo va a trovare Melchisedek, e nel momento in cui a va a trovare Melchisedek c’è il sacrificio del pane e del vino: la comunione, così come istituita da Gesù Cristo nel Vangelo, noi la troviamo molto prima. Melchisedek era un re-sacerdote, quindi un’emanazione della divinità, era tutt’uno con la divinità; con Abramo siamo alla venerazione della divinità. C’è stata la separazione dell’uomo da Dio; da quel momento, però, una serie di uomini si devono occupare di ripristinare questo stato: Davide, poi suo figlio Salomone. Il Tempio di Salomone è il simbolo del ricupero della condizione umana come emanazione del divino, non come venerazione del divino.Emergono tracce di questa tradizione in tutta una serie di personaggi, negli imperatori romani, nel popolo dei Visigoti, per esempio; nel personaggio di Galla Placidia, quindi nella dinastina dei Flavii. Questa dottrina e questa tradizione riemergono potentemente in Gioacchino da Fiore, che possiamo considerare quasi un loro rifondatore. In Inghilterra c’era stato Ruggero Bacone, un frate francescano che è poi quello che ha ispirato il personaggio del frate ne “Il nome della rosa” di Umberto Eco, che è un esempio tipico di dottrina e di cultura rosicruciana. Quindi, anche depositario di conoscenze incredibili: Ruggero Bacone è colui che nel “De optica”, praticamente, spiega come – 400 anni dopo – costruire un cannocchiale. Si mantiene il nome Radix Davidis fino a Giordano Bruno. In Italia si è chiamata anche Fidelis in Amore. Ne è stato esponente Dante, ma anche – un po’ inquieto e un po’ in opposizione con essa – Federico II. E ci sono stati i Templari. I Templari, quando nascono, nascono con lo stesso obiettivo di Abramo quando va a trovare Melchisedek. Perché il templare che cos’è? E’ un monaco-guerriero, quindi “re” e sacrerdote – è la riunificazione, no? I Templari nascono dopo la Prima Crociata, non prima – perché, avendo già riconquistato Gerusalemme, si poteva riportare questo “tesoro” nel tempio.Quindi, i Templari non nascono – come dicono tutti quanti – per cercare qualcosa, o per sottrarlo e custodirlo; nascono per riportarlo, per ricongiungere, per reintegrare il tempio. Per questo, “cavalieri del tempio”. Non nascono con la regola di San Bernardo, non nascono con una vocazione di potere che poi li perderà; nascono con la regola di Sant’Agostino. Dopo, cosa succede? Si omologano, anche loro, al potere dell’epoca, e adottano la regola di San Bernardo. Erano diventati uomini d’affari, e gli uomini d’affari creano le banche. A tal punto perdono il loro scopo primario, che finiscono per perdere Gerusalemme, per un motivo bieco: avevano instaurato a Gerusalemme la regola in base alla quale chiunque visitava Gerusalemme doveva pagare un obolo. Gerusalemme era sacra per tutti, non solo per i cristiani: era sacra per gli ebrei, per gli arabi. A un certo punto, tramite un loro bieco personaggio, che si chiamava Rinaldo di Chatilly, mettono in piedi un piano per conquistare la Mecca, in maniera da far pagare agli arabi l’obolo anche per visitare la Mecca. A quel punto gli arabi, che erano divisi, di fronte a un pericolo così forte si unificano e riconquistano Gerusalemme. Quindi, i Templari “muoiono” cent’anni prima di quando viene distrutto il loro ordine, perché perdono lo scopo: sono Templari senza tempio.Viene nominato l’ultimo gran maestro, De Molay, che invece apparteneva alla parte dei Templari non contaminata, che cerca di salvarli, ma purtroppo è tardi: il potere si è già coalizzato contro di loro, e Giacomo De Molay si chiamava Jacobus Burgundus De Molay, il che significava che era un burgundo, cioè un goto. Quindi, come vedete, la Radix Davidis cammina, viene preservata. Poi si estingue l’Ordine del Tempio, ma non si estingue il templarismo. Quindi, i Templari, con le loro conoscenze, vanno in Scozia, vanno a Kilwinning: la parte buona viene ricuperata e gestita dalla confraternita, e sceglie di dirottare tutte le proprie energie nel campo dell’arte. Allora trovare un Trecento, un Quattrocento e un Cinquecento dove i massimi rappresentanti della Radix Davidis sono nel mondo dell’arte. Trovate Leonardo, Botticelli, Raffaello, Tiziano. Pensavano che l’arte fosse il miglior modo per conservare quello che loro volevano conservare – messaggi, ad esempio. In particolare, invece, Leonardo viene utilizzato per depistaggio. Leonardo viene fabbricato, proprio: tenete presente che il nonno di Leonardo fa sparire i veri dati familiari.La famiglia di Leonardo piomba nella città di Vinci, ma non c’è nessun dato che dica da dove venga, come si chiami, dove stava prima. Dopodiché il nonno di Leonardo fa un’altra bella operazione: impone al figlio Piero di fare un figlio con una donna che a lui non piace, e che poi ripudierà per sempre, che oggi tutti gli studiosi dicono che era di provenienza mediorientale. Bastava guardare come la chiamava Leonardo per capire da dove venisse: Leonardo, la madre la chiama Catarina – non Caterina – e Catarina viene da Cataro, quindi probabilmente di provenienza mediorientale, quindi sempre di quella cosiddetta Radix Davidis. Leonardo è l’unico artista dei suoi tempi che ha sempre soldi in tasca, che non ha mai problemi economici, ma soprattutto che viene sempre gradito a qualunque potere – finché c’è il Moro è gradito al Moro, e quando arrivano i francesi è gradito ai francesi, che se lo portano in Francia. E in tutte le sue opere “pianta” tutta una serie di messaggi depistanti, che – se uno va a guardare – da Raffaello invece vengono corretti. Cioè, il messaggio depistante del Cenacolo, con l’identità della Maddalena con San Giovanni, viene rettificato da Raffaello in un quadro che si chiama “L’estasi di Santa Cecilia”, dove ci sono sia San Giovanni che la Maddalena. E San Giovanni sempre effeminato viene dipinto, ma perché aveva 17 anni.E’ questo, quindi, il ruolo di depistatore di Leonardo, che è servito poi per fabbricare tutta la letteratura su Rennes-Le-Chateau, che spinge tutti quanti a cercare il figlio di Gesù Cristo, sostanzialmente (perché poi questa è la verità, quindi il “Codice da Vinci”, eccetera: cioè, il mondo si divide tra quelli che mettono in dubbio il fatto che Gesù Cristo sia esistito e quelli che cercano il figlio; quelli che si occupano, invece, di quello che c’è stato in mezzo, a tutto questo, non esistono). Nel percorso parallelo, alchemico e artistico – di alchimisti che però erano proto-scienziati, come Michael Sendivogius, Rosacroce e alchimista, che è lo scopritore dell’ossigeno – arriviamo a Giordano Bruno. E’ lui il perno della rinascita rosicruciana; ricuperava tradizioni iniziatiche egizie, mitraiche, con una collocazione nell’ambito di una visione scientifica del mondo: il principale difensore di Galilei fu Giordano Bruno, che riorganizza la confraternita ribattezzandola Giordaniti. Fa questa riunione, in cui arrivano tutti i futuri Rosacroce – quindi: Simon Studion, Michele Mayer, Jacob Andreae (che è il nonno di quel Johan Valentin Andreae che è l’autore de “Le nozze chimiche di Christian Rosenkreutz”, il testo base dei Rosacroce).Nel momento in cui in qualche modo circola la notizia che Giordano Bruno ha deciso di portare i Giordaniti alla luce del sole, capisce che tutti i suoi sono in pericolo. E quindi, praticamente si consegna: perché quando lui è a Venezia, già in odore di scomunica, un nobile veneziano gli fa una specie di raccomandazione per andare a Roma; lui, con questa raccomandazione (che non conta nulla) va volontariamente a Roma e si fa imprigionare. E’ chiaro che è andato lì perché, facendosi imprigionare lui, salvava la vita a tutti gli altri – gli risparmiava un’ondata di persecuzioni. Nel 1600 Giordano Bruno viene giustiziano, e nel 1622 ricompaiono i manifesti rosicruciani a Parigi e viene adottato il nome Rosacroce. La rosa e la croce sono state accostate per la prima volta nel Paradiso della “Divina Commedia” di Alighieri. Da un punto di vista politico, la rosa (uno dei simboli di Lutero) simboleggiava una riunificazione del mondo cristiano. Un altro significato è che la rosa era il simbolo della sapienza orientale – attenzione: non la rosa rossa, la rosa gialla (la cosiddetta rosa Tea) – e la croce era il simbolo di quella che sarebbe stata la sapienza occidentale. Tutti questi accostamenti, possibili e immaginabili, sono tipicamente rosicruciani – l’attribuzione di un molteplice significato allo stesso simbolo, cioè la multifunzione.Nel momento in cui invece i Rosacroce si manifestarono, si avviarono grandi persecuzioni. L’imperatore, che aveva rappresentato la speranza dei Rosacroce, gli scatena contro una serie di guerre. A questo punto, succede che Valentin Andreae nega che esistano i Rosacroce. Dall’Inghilterra, Robert Fludd (un altro allievo di Giordano Bruno) scrive un’opera, “Silentium post clamores”, che è un messaggio preciso a tutti i confratelli: in realtà, siccome c’era stato molto chiasso, bisognava a essere invisibili, come dovevano essere i Rosacroce. Nel ‘700 avviene un’altra cosa molto importante. Le indicazioni rosicruciane, anche scientifiche, provocano tre conseguenze: la prima è la nascita dell’Illuminismo; il secondo punto è la morte della massoneria antica e la nascita della massoneria moderna. La massoneria antica aveva viaggiano in modo completamente collegato con i Rosacroce, la massoneria moderna no. L’ultimo gran maestro della massoneria antica si chiamava Christopher Wren, era un architetto inglese. Londra brucia; tra le altre cose, brucia anche il tempio della massoneria, con tutti i suoi archivi europei. Christopher Wren viene incaricato di fare il progetto per ricostruire Londra, e ricostruisce tutto meno che il tempio della massoneria (cioè: non rifà la massoneria).Nel 1717 si costituisce la cosiddetta massoneria moderna, quella speculativa, a Londra, con quattro logge che si riuniscono e fanno le cosiddette Costituzioni di Anderson. Ma si costituisce un qualcosa di diverso, tant’è vero che al suo interno ci sono ancora dei soggetti rosicruciani, ma sono soggetti che perderanno la loro battaglia. Il problema è che la massoneria moderna nasce come organizzazione diretta alla gestione del potere, punto. La massoneria antica non era così. E soprattutto, nasce una cultura scientifica che si mette a fare la guerra alla radice da cui è nat: i chimici fanno la guerra agli alchimisti, Newton viene buttato fuori dalla Royal Society perché accusato di alchimia, e il suo posto lo prende Robert Boyle, che è massone anche lui ma è questo nuovo massone. In Francia nasce un sentimento anti-cristiano nella massoneria, per cui non si giura più sulla Bibbia e non si parla più di Grande Architetto dell’Universo. Da questa cosa qui nasce poi la deviazione di cricche, che vorrebbero essere Rosacroce ma sono solo rosicruciane, in cricche addirittura sataniche, luciferine, prometeiche. Nascono la Societas Rosicruciana in Anglia, la Golden Dawn; nasce Crowley; nasce quella che Paolo Franceschetti chiama “La Rosa Rossa”: non so e poi si chiami veramente così, ma sicuramente all’80% Franceschetti ha ragione.Nel momento in cui viene emarginato completamente tutto un tipo di ricerca spirituale, esoterica e alchimistica, in nome dei “lumi della ragione”, l’unica parte che conviene al potere che sopravviva, di quella ricerca, è quella che rappresenta un buon motivo per diffamarla: al potere convengono i satanisti, convengono le logge deviate, conviene lo sputtanamento – conviene tutto questo, al potere, perché comporta la regressione della parte realmente pericolosa della ricerca spirituale (pericolosa per il potere, perché ne mette in discussione i fondamenti). E’ uno dei motivi per cui i Rosacroce a Yalta decidono di andare ad esaurimento, diciamo – infatti, da Yalta ad oggi non sono mai più emersi dei nuovi Rosacroce. Quando vedevano un artista, una persona particolare, di un certo livello, i Rosacroce tendevano ad accoglierlo, anche se non faceva parte geneticamente della Stirpe di David. Dalla riunione di Yalta, secondo i miei studi, i Rosacroce non hanno più accolto nessuno. Nel momento in cui ci fu Yalta, e poi la costituzione dell’Onu, all’interno del quale avevano degli esponenti, rivendicarono una serie di scelte, che non furono accolte: l’Onu doveva essere diverso, lo Stato di Palestina doveva essere fatto. Certo, c’erano le convenienze degli Stati nazionali, c’erano le lobby economiche che erano nate, c’era tutto un meccanismo di questo tipo: stava già nascendo quello che poi sarebbe diventato il Bilderberg, stavano già nascendo le organizzazioni. L’ultimo gran maestro è stato Salvador Dalì, e quando è morto non hanno fatto dei nuovi gran maestri. Sono andati ad estinguersi.(Gianfranco Carpeoro, “I RosaCroce”, intervista editata su YouTube il 23 settembre 2012. Avvocato, pubblicista e scrittore, massone e già “sovrano gran maestro” della Loggia di Piazza del Gesù, di rito scozzese, Carpeoro è uno studioso di Giordano Bruno nonché uno dei massimi esperti di simbologia).Innanzitutto, loro cominciano a chiamarsi Rosacroce da un certo punto in poi, ma esistevano anche prima. In quegli anni era normale che una confraternita di questo tipo fosse segreta; è oggi che questa segretezza lascia il tempo che trova – e anzi, tutto quello che è segreto, giustamente, desta sospetti. La confraternita dei Rosacroce – a mio avviso, secondo i miei studi – nasce da una precedente e più universale confraternita, che si chiamava Stirpe di David. Gioacchino da Fiore la chiama Radix Davidis. Questo nome, Radix Davidis, lo trovi un po’ dappertutto. Lo trovi, ad esempio, sul simbolo adottato dal diciassettesimo grado della massoneria, che – guarda che combinazione – è il grado precedente a quello di Rosacroce. Io mi sono chiesto a lungo questa Radix Davidis cosa fosse, finché ho scoperto che i presidenti degli Stati Uniti d’America giurano sulla Bibbia aperta in una certa pagina. Giurano lì, perché lì c’è la manifestazione di quello che avrebbe dovuto essere la Stirpe di David. Perché giurano sul Genesi, 49. Giacobbe prende i 12 figli, che poi sono i capi delle 12 tribù di Israele, e ne commenta quello che sarà il ruolo, gli attribuisce una funzione, o un giudizio.
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Salvini è perfetto per far sembrare Renzi il meno peggio
Tra i migliori trucchi per vincere, in qualsiasi campo, c’è quello di scegliersi il nemico. Non è un trucco difficile: basta che siano tutti distratti o ipnotizzati ed è un giochetto da ragazzi. Come se il Barcellona potesse decidere da solo che una finalissima la giocherà, che so, contro la Battipagliese. E’ un’operazione semplice: basta dire chi è l’avversario e assicurarsi una platea plaudente che si dica d’accordo, che magari si finga preoccupata dicendo cose come: “Ah, però, non sottovalutiamo la Battipagliese”. Così Matteo Renzi and his friends indicano in Matteo Salvini il nemico, l’unica opposizione esistente, l’unico avversario. Gli altri, o nominati con sufficienza o nemmeno citati: concentrarsi su Salvini sembra essere l’ordine di scuderia, forse nella speranza che al momento della scelta suprema e definitiva l’italiano di imprinting anche vagamente democratico preferisca il neocraxismo del Pd renzista alle ruspe dell’altro ragazzotto, quello con la felpa.E’ una buona mossa, soltanto un po’ rischiosa. Intanto perché vista la rapidità con cui Renzi perde pezzi di elettorato le cose possono cambiare velocemente (si veda l’ingresso al Nazzareno dalla porta posteriore, essendo quella principale presidiata da ex elettori infuriati, insegnanti nella fattispecie). E poi perché per indicare un avversario bisogna in qualche modo mettersi sul suo piano, accettarne almeno il gioco, sfidarlo sullo stesso campo. Si ricorda per esempio en passant che mentre il Salvini gigioneggia in giro parlando di ruspe e pogrom, le ruspe sono state usate a Roma, alla favela di Ponte Mammolo, per cacciare senza preavviso gente che ci abitava da anni, senza soluzioni alternative accettabili. Risultato: in una città dove si discute fittamente se gli affari sulla pelle dei migranti si possano o no chiamare “mafia” (una mafia decisamente bipartisan, tra fascisti conclamati, coop rosse e esponenti Pd), c’è ancora gente che dorme per strada davanti alla sua baracca spianata dalle ruspe.Eroiche associazioni di volontari e persone civili chiedono aiuto sui social: servono medicine, cibo, acqua, carta igienica. Qualche tenda l’ha fornita una nota (e a questo punto: meritoria) catena di articoli sportivi, mentre le istituzioni si accapigliano sui giornali a proposito di inchieste e mandati di cattura. Il salvinismo teorico di Salvini, insomma, si contrappone a un salvinismo reale, che le ruspe le usa davvero, ma si circonda di una narrazione umanitaria, confortevole pietosa. C’è chi dice che l’onnipresenza di Salvini in tivù (è quello, non il brillante eloquio da seconda media, che gli procura consensi) sia incoraggiata e agevolata proprio a questo scopo: trasformare una dialettica politica complessa in un derby tra buoni e cattivi, o almeno tra peggio e meno peggio.E’ una dietrologia complottista e quindi non le daremo peso. Ma è certo che anche i media tifano per quella soluzione da pensiero binario: o il Matteo buono (?) o il Matteo cattivo (!), e non ci sarà altra scelta. Sanno tutti che non è così, ma per il momento la cosa sembra funzionare: è una semplificazione, una caricatura, uno schema facile, e dunque – in tempi di distrazione di massa – conveniente. Il giochetto non durerà a lungo: tra uno che straparla di ruspe e uno che dice “Ok, discutiamo” puntando la pistola, sarà inevitabile una qualche terza via. Perché il trucchetto di scegliersi il nemico ha questa controindicazione: qualcuno potrebbe pensare che sono nemici entrambi, e finiscono per somigliarsi.(Alessandro Robecchi, “Ti piace vincere facile? Basta scegliere l’avversario”, da “Micromega” del 13 giugno 2015).Tra i migliori trucchi per vincere, in qualsiasi campo, c’è quello di scegliersi il nemico. Non è un trucco difficile: basta che siano tutti distratti o ipnotizzati ed è un giochetto da ragazzi. Come se il Barcellona potesse decidere da solo che una finalissima la giocherà, che so, contro la Battipagliese. E’ un’operazione semplice: basta dire chi è l’avversario e assicurarsi una platea plaudente che si dica d’accordo, che magari si finga preoccupata dicendo cose come: “Ah, però, non sottovalutiamo la Battipagliese”. Così Matteo Renzi and his friends indicano in Matteo Salvini il nemico, l’unica opposizione esistente, l’unico avversario. Gli altri, o nominati con sufficienza o nemmeno citati: concentrarsi su Salvini sembra essere l’ordine di scuderia, forse nella speranza che al momento della scelta suprema e definitiva l’italiano di imprinting anche vagamente democratico preferisca il neocraxismo del Pd renzista alle ruspe dell’altro ragazzotto, quello con la felpa.
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Il Guardian: perché continuiamo ad eleggere questi idioti
Politici. La loro reputazione è davvero bassa. In tutta onestà, questa è di gran lunga la loro più grande colpa, ma sarebbe stupido pensare che ogni politico sia tale. Se tutti lo fossero, il mondo intero collasserebbe prima ancora che si possano pronunciare le seguenti parole: “posso mettere nel rimborso spese?”. Tutti pensano che i politici siano riprovevoli e quindi pensano sempre al peggio. Un politico mette in atto una cattiva politica? E’ una persona terribile. Cambia idea e fa retromarcia? È debole e non propenso alla leadership. I politici promettono miglioramenti (tagli delle tasse, aumento della spesa)? Naturalmente stanno mentendo. I politici promettono di fare qualcosa di non popolare (aumentare le tasse, tagliare la spesa)? Sarà una garanzia assoluta. È una situazione da cui nessuno esce vivo, quindi perché importunano? Molti politici sono nelle loro posizioni per scopi personali, ma sicuramente ce ne sono tanti che cercano realmente di fare del loro meglio e si rassegnano alle opinioni negative che ricevono.Dunque, per la cronaca, non tutti i politici sono idioti (sebbene la vostra definizione di idiota possa variare). Ma ne è comunque pieno. Gli Stati Uniti sembrano particolarmente toccati dalla questione; Sarah Palin, Ted Cruz, queste persone stavano/stanno contendendo la presidenza. Esempio: George W. Bush è stato presidente. Per 8 anni. L’uomo le cui stupide riflessioni sono state in grado di sostenere affari con un arsenale nucleare al suo comando. Non che il Regno Unito possa sentirsi compiaciuto, con il grado di comprovata idiozia che ha al suo interno. Michael Gove, Chris Graylng, Grant Shapps, Jeremy Hunt, David Tredinnick, un partito laburista ridicolo (un insieme di babbei), l’ascesa dell’Ukip e il caro sindaco Boris Johnson. Un gran numero di persone è pronto a dire che Boris Johnson sia davvero intelligente/pericoloso, e che stia solo facendo finta di essere un buffone. Ma questo supporta la nostra tesi: una persona intelligente deve fingersi stupida per raggiungere il successo politico.Cosa sta succedendo? In teoria, si dovrebbe voler avere una persona intelligente e che capisca l’approccio e i metodi migliori per governare un paese nel miglior modo possibile. Ma non è così, la gente sembra attratta da esempi di discutibile abilità intellettuale. Ci sono tutta una serie di fattori coinvolti tra cui quelli ideologici, culturali, sociali, storici, finanziari; i politici comprendono tutti questi aspetti, ma ci sono anche dei processi psicologici che contribuiscono a questo fenomeno. La sicurezza ispira sicurezza. Le persone sicure di sé sono più convincenti. È stato dimostrato in molti studi. La maggior parte di questi prende spunto dall’ambiente dell’aula di tribunale e suggerisce che un testimone sicuro è più convincente per la giuria rispetto a uno nervoso e titubante (il che ha ovviamente implicazioni preoccupanti per la giustizia), ma può essere dimostrato anche altrove. È un fenomeno che è stato sfruttato per decenni dai venditori di automobili e dagli agenti immobiliari. I politici ne sono chiaramente consapevoli, e così tutti i media e il management delle public relations; un politico che non si presenti convinto e sicuro di sé viene (metaforicamente) distrutto. Dunque la sicurezza è importante in politica.Comunque, l’effetto Dunning-Kruger rivela che le persone meno intelligenti sono incredibilmente sicure di sé. Le persone più intelligenti, al contrario, non lo sono. L’autovalutazione è un’utile abilità metacognitiva, ma richiede intelligenza; se non ne hai abbastanza, non ti consideri con difetti o ignorante, perché non ne hai l’abilità tecnica per farlo. Quindi se vuoi una persona intrinsecamente sicura di sé per rappresentare pubblicamente il tuo partito politico, una persona intelligente sarebbe una cattiva scelta sotto molti punti di vista. Tuttavia questo potrebbe avere un risvolto positivo; alcuni studi hanno evidenziato che quando si dimostra che una persona sicura di sé mente o si sbaglia, viene considerata decisamente meno affidabile e attendibile rispetto a una persona non sicura di sé. Questo può in parte spiegare la cattiva fama dei politici, che riguarda per lo più una serie di persuasive individuali grandi promesse e una serie di miserabili fallimenti nel riuscire a mantenerle. Queste cose disgustano i cittadini. Effettivamente, governare un paese di decine di milioni di persone, ciascuna delle quali ha diverse richieste e necessità, è un lavoro incredibilmente complicato. Ci sono talmente tante variabili che devono essere considerate. Sfortunatamente è impossibile far rientrare tutto ciò in una conveniente formula onnicomprensiva da usare con i media moderni, quindi le personalità cercano di venire alla ribalta più spesso. E le personalità meno intelligenti sono più sicure, quindi più persuasive e così via.La gente è spesso infastidita da temi intellettuali e complessi e più in generale dalle discussioni. Potrebbero non avere esperienza nel tema, o ritenere superfluo avvicinarsi per la quantità di tempo e di sforzo che sarebbe necessaria. Ma la politica, e in particolare la democrazia, richiede una partecipazione attiva delle persone. Diversi studi sulla personalità suggeriscono che molte persone dimostrano una propensione agli obiettivi, una “indole verso lo sviluppo o la dimostrazione di abilità a raggiungere delle situazioni”. Sentire che si sta attivamente influenzando qualcosa (per esempio le elezioni) è una motivazione potente, ma se un qualche tipo ben informato inizia a sparare paroloni su tassi di interesse o sulla mancata gestione dei fondi di health care, questi alienerebbe quelli che non seguono tali questioni e non se ne intendono. Quindi se una persona sicura di sé dice che c’è una soluzione semplice o promette di far sparire le cose difficili, loro sembrano molto più appagati.Questo è anche dimostrato dalla legge sulla banalità di Parkinson, secondo cui le persone passano molto più tempo e sforzo focalizzandosi su qualcosa di effimero che possono capire rispetto a qualcosa di complicato che non possono afferrare. Nella prima situazione, c’è una possibilità più ampia per la partecipazione e l’influenza. E la gente ama davvero le cose effimere, ergo le persone meno intelligenti riducendo i grandi problemi a rapidi (e inaccurati) ritagli sono potenziali vincitori del voto. Alla gente piace connettersi, comunicare. Una delle più citate frasi di George W. Bush era che la gente sentiva che avrebbe potuto “bersi una birra con lui”. Quindi, sentivano che potevano connettersi a lui, sentirlo vicino. Al contrario, l’elitarismo è una qualità negativa. L’idea che coloro che governano il paese siano al di fuori delle norme della società è allarmante per molti e da qui i costanti sforzi dei politici per “rientrare” nella definizione.La maggior parte della gente è naturalmente propensa a preconcetti inconsci, pregiudizi, stereotipi, e preferisce stare nei propri “gruppi”. Nessuna di queste cose è particolarmente logica né supportata da realtà o indizi evidenti e alle persone davvero non piace che venga detto loro quello che non vogliono sentirsi dire. La gente è anche terribilmente attaccata allo status sociale; abbiamo bisogno di sentirci superiori agli altri per pensare che continuiamo a valere la pena. Come risultato, qualcuno più intelligente dicendo cose complicate che contengono fatti scomodi (e accurati) non susciterà interesse alcuno, e qualcuno chiaramente meno intelligente che non andrà a turbare la percezione dello status sociale se dirà cose semplici e magari intrinseche di pregiudizi che negano quei fatti scomodi, ancora meglio. È una situazione infelice, ma questo sembra essere il modo in cui funziona la mente delle persone. C’è molto di più di quanto detto in queste righe, ma includendo più aspetti avremmo reso il tutto più complicato e questo, come risulta da quanto detto fino ad ora, non è il modo per far piacere le cose alla gente.(Dean Burnett, “Perché continuamo a eleggere degli idioti – democrazia vs psicologia”, dal “Guardian” del 28 aprile 2015, tradotto da Guendalina Anzolin per “Come Don Chisciotte”).Politici. La loro reputazione è davvero bassa. In tutta onestà, questa è di gran lunga la loro più grande colpa, ma sarebbe stupido pensare che ogni politico sia tale. Se tutti lo fossero, il mondo intero collasserebbe prima ancora che si possano pronunciare le seguenti parole: “posso mettere nel rimborso spese?”. Tutti pensano che i politici siano riprovevoli e quindi pensano sempre al peggio. Un politico mette in atto una cattiva politica? E’ una persona terribile. Cambia idea e fa retromarcia? È debole e non propenso alla leadership. I politici promettono miglioramenti (tagli delle tasse, aumento della spesa)? Naturalmente stanno mentendo. I politici promettono di fare qualcosa di non popolare (aumentare le tasse, tagliare la spesa)? Sarà una garanzia assoluta. È una situazione da cui nessuno esce vivo, quindi perché importunano? Molti politici sono nelle loro posizioni per scopi personali, ma sicuramente ce ne sono tanti che cercano realmente di fare del loro meglio e si rassegnano alle opinioni negative che ricevono.
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Cremaschi: chi spacca vetrine e chi sta sfasciando l’Italia
Le reazioni delle istituzioni, dei mass media e dell’opinione pubblica agli incidenti innescati dai black bloc a Milano per l’inaugurazione dell’Expo «hanno mostrato quanto sia oramai devastato lo spirito democratico in questo paese», nonostante la comprensibile indignazione per le 50 auto incendiate e le 15 vetrine devastate. Quanto accaduto, comunque, non è minimamente paragonabile ad altri disordini in città europee: molto peggiore il bilancio a Francoforte all’apertura della nuova sede della Bce, per non parlare di quello che ormai accade normalmente negli Usa, o della rivolta nelle strade di Rio alla vigilia dei mondiali di calcio. Compassionevoli e comprensivi coi problemi lontani, ma «appena questo disagio è comparso in casa nostra, i più moderati tra i commentatori di palazzo hanno chiesto la legge marziale», osserva Giorgio Cremaschi. «Il peggiore mi è apparso il sindaco di Milano. Il grido di sapore biblico da lui lanciato, “nessuno tocchi Milano”, che cosa vuol dire, che altrove si può? E quando la città è stata devastata da ruberie, tangenti, mafie, disoccupazione, devastazioni ambientali, vetrine a migliaia chiuse in periferia per lo strangolamento della crisi e delle banche, non è stata toccata allora Milano?».Certo, continua Cremaschi su “Micromega”, scendere in piazza in quei frangenti «era più duro e rischioso, magari si sarebbero pestati i piedi a qualche potere forte». Ma la vera indignazione, aggiunge l’ex dirigente sindacale della Fiom, è stata in realtà per l’immagine dell’Expo offuscata dai disordini. “L’Expo dà lavoro”, ha detto rabbioso uno dei pulitori volontari, rivolto a una ragazza coraggiosa che provava a discutere con i cittadini indignati. “Modello Expo” si disse da destra e da sinistra quando Confindustria e istituzioni insieme a Cgil, Cisl e Uil firmarono l’accordo che autorizzava poco lavoro sottopagato e tanto gratuito. “Modello Expo” si aggiunge ora, «quando gli ipocriti della sinistra benpensante e ancora meglio retribuita hanno presentato la fiera come una specie di Social Forum di sei mesi, impegnato a trovare e ricette contro la fame nel mondo». “Modello Expo” ha chiarito Renzi, «celebrando la fiera come occasione di grandi affari, proprio per questo appaltata a quelle multinazionali che, dice Vandana Shiva, affamano il pianeta».L’Expo è una fiera che serve a mostrare quanto è vendibile il nostro paese, il suo ambiente, il suo lavoro: l’Italia è sul mercato, e Expo ne è la vetrina. «Questa è la vera risposta alla crisi che Renzi propone e sulla quale, assieme a tutto il potere economico che lo sostiene, gioca la partita del consenso». Ovvero: «Basta con i vecchi scrupoli, i lacci e lacciuoli che frenano lo sviluppo. Basta con l’articolo 18 e con i vincoli ambientali, ha promesso Renzi alla Borsa. Basta con i diritti, rimbocchiamoci le maniche e mettiamoci al lavoro. E chi pone ostacoli è contro la nazione». Un «messaggio reazionario di massa», che di fatto «ha conquistato un Pd sconfitto e rassegnato nei suoi valori, sottomesso al capitalismo globalizzato e alla ricchezza, ma abbarbicato al potere». Renzi? «E’ la sintesi perfetta di questa storia politica e per questo ridicolizza ogni opposizione interna, così come rende oramai inutile la vecchia destra berlusconiana». Con il Jobs Act, la “buona scuola” e l’Italicum, «il governo ha devastato ciò che restava dei principi e delle regole fondanti la nostra Costituzione: resta solo da cambiare l’articolo uno, sostituendo “lavoro” con “mercato” e “popolo” con “leader”, e poi tutto è fatto».Questa Italia sul mercato è quella che ha assunto l’Expo come bandiera, continua Cremaschi. La maggioranza del paese è d’accordo? «Può essere, ma essa non è tutto e chi è contro non è piccola cosa. Solo che chi non accetta questo modello sociale e politico non ha diritto a veder riconosciute le proprie posizioni. La controriforma costituzionale di Renzi afferma la dittatura della maggioranza, anzi della più grossa minoranza. E sopra questo governo neoautoritario sta il potere delle Troika finanziaria e burocratica che comanda in Europa». La Grecia? «Non può decidere liberamente di non far morire di fame i disoccupati, perché, come si diceva una volta, è un paese a sovranità limitata». Nei fatti, «un potere sempre più chiuso e autoritario è poi sostenuto da un sistema mediatico embedded, come la stampa che seguiva sui carri armati le guerre di Bush». Che gli incidenti abbiano oscurato le ragioni dei manifestanti della Mayday di Milano non è vero, obietta Cremaschi: «Il 28 febbraio in diecimila abbiamo manifestato a Milano contro il Jobs Act e il lavoro gratuito per Expo. Eravamo in gran parte militanti del sindacalismo di base e della corrente di opposizione in Cgil, moltissimi erano i migranti. È stata una manifestazione serena e viva che si è conclusa con una assemblea popolare in piazza S.Babila. Non abbiamo lasciato per terra neppure le carte delle caramelle e siamo stati semplicemente ignorati dal circuito dei mass media». D’altra parte, dove mai ci sono stati pubblici confronti sulle ragioni dei NoExpo? Dove si sono potute liberamente confrontare le due diverse posizioni?«Non facciamo gli ipocriti, chi è contro il dominio di imprese e mercato nell’Italia di oggi è sostanzialmente clandestino, e se prova a metter fuori la testa c’è chi minaccia di tagliargliela». I tranvieri di Milano hanno scioperato il 28 aprile contro i turni gravosi e pericolosi imposti per Expo. Apriti cielo, ministri della Repubblica han chiesto di liquidare il diritto di sciopero e i più moderati hanno aggiunto: solo durante le fiere. In questi giorni, aggiunge Cremaschi, in Germania i macchinisti dei treni scioperano per sei giorni di seguito bloccando il paese, ma nessun governante chiede leggi speciali. «Da noi avremmo talkshaw ove tra gli applausi si invocherebbe la galera». Subito dopo i fatti di Milano, Renzi è stato contestato pacificamente a Bologna, «ma non uno dei telegiornali ha fatto vedere gli insegnanti precari bastonati duramente dalla polizia». Per Cremaschi, «c’è una sordità e una prepotenza del potere che porta naturalmente alla ribellione di chi non ci sta. E chi si ribella lo fa nei modi che questa società stessa offre». Quindi, «non si può distruggere la Costituzione nata dalla Resistenza, ridurre tutto a merce e mercato e poi usare il linguaggio della Prima Repubblica quando si spaccano le vetrine». La fine dei partiti di massa, dei diritti sindacali, del welfare? Una catastrofe. Per loro, invece, è “il progresso”. «Di questo progresso i fatti di Milano sono inevitabile conseguenza».Le reazioni delle istituzioni, dei mass media e dell’opinione pubblica agli incidenti innescati dai black bloc a Milano per l’inaugurazione dell’Expo «hanno mostrato quanto sia oramai devastato lo spirito democratico in questo paese», nonostante la comprensibile indignazione per le 50 auto incendiate e le 15 vetrine devastate. Quanto accaduto, comunque, non è minimamente paragonabile ad altri disordini in città europee: molto peggiore il bilancio a Francoforte all’apertura della nuova sede della Bce, per non parlare di quello che ormai accade normalmente negli Usa, o della rivolta nelle strade di Rio alla vigilia dei mondiali di calcio. Compassionevoli e comprensivi coi problemi lontani, ma «appena questo disagio è comparso in casa nostra, i più moderati tra i commentatori di palazzo hanno chiesto la legge marziale», osserva Giorgio Cremaschi. «Il peggiore mi è apparso il sindaco di Milano. Il grido di sapore biblico da lui lanciato, “nessuno tocchi Milano”, che cosa vuol dire, che altrove si può? E quando la città è stata devastata da ruberie, tangenti, mafie, disoccupazione, devastazioni ambientali, vetrine a migliaia chiuse in periferia per lo strangolamento della crisi e delle banche, non è stata toccata allora Milano?».
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Mai successo prima: Bot a zero (in attesa del grande botto)
La notizia è da prima pagina. Ma siccome nessuno sa bene come trattarla quasi tutti spingono il tasto “ottimismo” e fanno finta di non vedere l’altra faccia della medaglia. Partiamo dunque dalla notizia semplice semplice: ieri il ministero del Tesoro (ora accorpato a quello dell’Economia) ha collocato Bot a scadenza di sei mesi a un tasso di interesse pari a zero. In pratica, il Tesoro chiede un prestito sui mercati e tra sei mesi non pagherà nulla come “retribuzione del capitale”, limitandosi a restituire la cifra ricevuta. L’Italia non è l’unico paese europeo a godere di questa eccezionale situazione finanziaria. Tutti i paesi del Nord Europa (Germania, Olanda, Finlandia, ecc), più paesi fuori dell’euro come Svizzera, Svezia e Danimarca, sono da qualche mese in una situazione ancora migliore perché possono addirittra restituire meno di quel che hanno ricevuto in prestito, visto che pagano interessi sia pur infinitesimamente negativi: -0,2%. Se si spinge il tasto “evviva” il quadro è splendido: un paese in queste condizioni può rifinanziare il proprio debito gratis, o addirittura guadagnandoci, togliendo così un peso enorme dai conti pubblici (chiamato “servizio del debito”, ossia interessi).Anche la spiegazione tecnica resta semplice: tutto merito della Bce, che da due mesi ha messo in moto il quantitative easing, cominciando ad acquistare sui mercati titoli di Stato dei paesi europei (ma non della Grecia, che invece non può rifinanziarsi perché altrimenti dovrebbe pagare interessi al di sopra del 20%). La domanda che apre la porta sul “lato oscuro” è altrettanto semplice: perché un investitore (una banca, un fondo di investimento, o persino un normale cittadino con qualche risparmio da parte) accetta di prestare i propri soldi sapendo in anticipo che non ci guadagnerà nulla o addirittura ci rimetterà qualcosina? Qui il lettore ci deve perdonare, ma siamo obbligati – come tutti quelli che cercano la risposta a questa domanda – ad addentrarci nei “massimi sistemi”. Non lo facciamo per motivi ideologici o passione teorica, ma per le identiche ragioni addotte da uno degli editorialisti di punta de “Il Sole 24 Ore”, Alessadro Plateroti: «Per gli economisti della scuola classica, il fenomeno è scioccante: non solo è definitivamente tramontato il cosiddetto “Lzb”, o Level Zero Boundary, il livello di supporto dei tassi che si pensava non sarebbe mai stato raggiunto e infranto, ma si è entrati in un territorio finanziario inesplorato, pieno di bolle finanziarie, insidie sistemiche e incognite macroeconomiche».«“Nella storia d’Europa – ha commentato Ambrose Evans Pritchard, noto commentatore economico inglese – dobbiamo tornare al Quattordicesimo secolo, quando il depauperamento delle miniere d’argento provocò una lenta contrazione monetaria, seguita dal default di Edoardo III sul debito contratto con le banche italiane e dall’epidemia della Morte Nera, innescando un devastante processo deflazionistico”. Frasi da apocalisse, certamente esagerate nei toni e negli obiettivi, ma anche suggestive e soprattutto indicative della confusione che regna sui mercati, dei timori sui rischi generati dalle “bolle” (ecco l’analogia con la peste in Europa…) e soprattutto della difficoltà di prevedere gli effetti collaterali della manovra della Bce». Il “livello zero” di rendimento del denaro, in regime capitalistico, è un limite concettuale, una sorta di assioma che non necessita di dimostrazione, anzi serve ad argomentare le dimostrazioni. E le esibizioni di “competenza professionale” di pupazzi come il capo dell’Eurogruppo, Dijsselbloem. Chiunque presti soldi si attende un guadagno da questo impiego, no? Siamo nel capitalismo e dunque può funzionare solo così… O no?Cosa significa? Che nessuno ha studiato cosa possa avvenire quando questo evento impossibile si verifica. Non è avvenuto sul piano teorico (perché era impossibile), tantomeno su quello empirico (non era mai avvenuto, se non nel Trecento, ma era il Medioevo, mica la modernità capitalistica…). Lo stesso sconcerto provato da Plateroti è stato descritto dal più autorevole Martin Wolf, nientepopodimeno che sulla bibbia del liberismo anglosassone, il “Financial Times”, con un titolo che molti avrebbero definito catastrofista se scelto da un marxista: “Ecco perché l’economia globale non brillerà più”. Senza se e senza ma. Renzi e Padoan non lo hanno letto, altrimenti non ciancerebbero di “ripresa in atto” («ma solo dello zero virgola»). Wolf, in particolare, indica come «stranezza incomprensibile» – oltre ai tassi di interesse sottozero – anche il fatto che la produzione reale sia mantenuta al suo livello potenziale solo al prezzo di un indebitamento finanziario crescente. Più precisamente: «La produzione è finanziariamente sostenibile quando i modelli di spesa e la distribuzione del reddito sono tali che il frutto dell’attività economica può essere assorbito senza creare pericolosi squilibri nel sistema finanziario. È insostenibile quando per generare abbastanza domanda da assorbire la produzione dell’economia si deve ricorrere una dose eccessiva di indebitamento, o quando i tassi di interesse reali sono molto al di sotto dello zero, oppure entrambe le cose».Possiamo anche dire che il mercato non riesce più ad allocare in modo ottimale risorse. Ovvero un altro assioma del liberismo teorico (ideologico?) che salta come un birillo davanti a una realtà impossibile. La finanza lavora per conto proprio, indipendentemente dall’andamento dell’economia reale, da molti decenni. Certamente dalla fine degli anni ‘90, quando Bill Clinton abolì il Glass-Streagall Act, ossia il divieto di cumulare nella stessa banca le normali attività di raccolta dei risparmi/prestiti a famiglie e imprese con quelle tipicamente speculative della “banca d’affari”. Era una legge degli anni ‘30, immaginata per limitare ed evitare il ripetersi del grande crack del 1929. Ma ora la realtà della produzione – ferma, non a caso – riprende il volatile per le zampe e lo tira giù. Il capitalismo non funziona più. I fenomeni considerati impossibii avvengono sotto i nostri occhi. I “professionisti” dell’accumulazione sono costretti ad accontentarsi di non guadagnare nulla o di rimetterci solo poco. Per quanto può durare? Non lo sa nessuno, perché si è entrati in un territorio finanziario inesplorato, pieno di bolle finanziarie, insidie sistemiche e incognite macroeconomiche. Allacciate le cinture…(Claudio Conti, “Bot a zero, in attesa del grande botto”, da “Contropiano” del 29 aprile 2015).La notizia è da prima pagina. Ma siccome nessuno sa bene come trattarla quasi tutti spingono il tasto “ottimismo” e fanno finta di non vedere l’altra faccia della medaglia. Partiamo dunque dalla notizia semplice semplice: ieri il ministero del Tesoro (ora accorpato a quello dell’Economia) ha collocato Bot a scadenza di sei mesi a un tasso di interesse pari a zero. In pratica, il Tesoro chiede un prestito sui mercati e tra sei mesi non pagherà nulla come “retribuzione del capitale”, limitandosi a restituire la cifra ricevuta. L’Italia non è l’unico paese europeo a godere di questa eccezionale situazione finanziaria. Tutti i paesi del Nord Europa (Germania, Olanda, Finlandia, ecc), più paesi fuori dell’euro come Svizzera, Svezia e Danimarca, sono da qualche mese in una situazione ancora migliore perché possono addirittra restituire meno di quel che hanno ricevuto in prestito, visto che pagano interessi sia pur infinitesimamente negativi: -0,2%. Se si spinge il tasto “evviva” il quadro è splendido: un paese in queste condizioni può rifinanziare il proprio debito gratis, o addirittura guadagnandoci, togliendo così un peso enorme dai conti pubblici (chiamato “servizio del debito”, ossia interessi).