Archivio del Tag ‘acqua’
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La truffa delle Sardine, ennesimo pacco rifilato agli italiani
Vi faccio una domanda: credete che agli italiani l’establishment centro-europeo riuscirebbe a far accettare la mannaia (alta disoccupazione, giovani che emigrano, alte tasse su acqua, luce, gas, benzina, tagli ai servizi essenziali) se non si appoggiasse alle minoranze, cioè ai movimenti? Le più note sono quelle radical-chiccose che parlano di accoglienza raccontandola come nei cartoni animati, le Femen con le tette di fuori, le droghe libere, le anticlericali, le Lgbt, le pro-suicidio (cosa ben diversa dall’eutanasia), le “pro” clima (dove eravate quando ci fu il referendum contro le trivelle?); “magari” un domani ci propineranno quelle per la pedofilia. Questi soggetti hanno a cuore un solo obiettivo e si prestano a tutto pur di ottenerlo, dimostrando un odio viscerale contro tutto ciò che parla d’altro; e infatti sono le prime ad appoggiare quelle “riforme” che ci lasciano in condizioni pessime, sempre più precarie. La finanza quindi pesca qua perché sa di poterlo fare, conosce i gruppi umani nei loro difetti più di quanto tali gruppi conoscano se stessi. Al capitale parassitario ed evasore, a cui peraltro paghiamo una tangente occulta di svariate decine di miliardi di euro l’anno, bastano questi elettori più il controllo dell’apparato e dei mezzi di comunicazione per dirigere le danze e rendere la democrazia un paravento.Non ci si stupisca, quindi, se ci indebitiamo, se non abbiamo soldi per il futuro delle nuove generazioni e se il Pd, pur perdendo puntualmente le elezioni, è sempre al governo e nei ministeri che contano (ad esempio all’economia). Da una di queste dinamiche, in molte parti del mondo, nascono fenomeni come le Sardine che puntano sull’andare di “moda” (grazie all’appoggio delle Tv) e che in Italia cercano di far rientrare voti da dove sono usciti, voti persi a causa del fatto che parte dell’elettorato storico del Pci/Pds ha un’altra idea di sinistra. Qualcosa di prodromico fu sperimentato negli anni ‘70 dal Pci visto che, dopo l’omicidio Moro, Berlinguer si arrese alla Cia e sposò il cosiddetto eurocomunismo, cioè l’impegno a rinunciare gradualmente ai diritti sociali sostituendo i voti persi dalle classi operaie con quelli dei movimenti. Avete mai sentito le Sardine porre come target la piena occupazione o l’emettere moneta per investire in acquedotti pubblici sicuri e di alta qualità in ogni angolo d’Italia? Come no? Ma non erano contro la CO2?Avete mai sentito critiche contro la moneta tedesca chiamata euro? Io ho ascoltato a reti unificate solo una narrazione di comodo che ci parla di “Europa bella bella”; peccato che tedeschi e francesi non la pensino così e siano sovranisti in economia, finanza, lavoro e sui temi migratori, cioè alla radice del vivere! E una lotta senza quartiere per impedire l’erogazione della tangente di cui sopra? Hanno mai citato i crimini francesi in Niger e la mannaia del franco Cfa in Africa occidentale? Dov’eravano, le Sardine, quando ci fu da difendere la Costituzione nel 2012 da Monti (che ci infilò pareggio di bilancio e Fiscal Compact) e nel 2016 quando ci provò Matteo Renzi? No, signori: se la sinistra è ciò che penso io, le Sardine sono una truffa. E non sono in una scatoletta, sono un pacco.(Marco Giannini, Libreidee, 16 dicembre 2019).Vi faccio una domanda: credete che agli italiani l’establishment centro-europeo riuscirebbe a far accettare la mannaia (alta disoccupazione, giovani che emigrano, alte tasse su acqua, luce, gas, benzina, tagli ai servizi essenziali) se non si appoggiasse alle minoranze, cioè ai movimenti? Le più note sono quelle radical-chiccose che parlano di accoglienza raccontandola come nei cartoni animati, le Femen con le tette di fuori, le droghe libere, le anticlericali, le Lgbt, le pro-suicidio (cosa ben diversa dall’eutanasia), le “pro” clima (dove eravate quando ci fu il referendum contro le trivelle?); “magari” un domani ci propineranno quelle per la pedofilia. Questi soggetti hanno a cuore un solo obiettivo e si prestano a tutto pur di ottenerlo, dimostrando un odio viscerale contro tutto ciò che parla d’altro; e infatti sono le prime ad appoggiare quelle “riforme” che ci lasciano in condizioni pessime, sempre più precarie. La finanza quindi pesca qua perché sa di poterlo fare, conosce i gruppi umani nei loro difetti più di quanto tali gruppi conoscano se stessi. Al capitale parassitario ed evasore, a cui peraltro paghiamo una tangente occulta di svariate decine di miliardi di euro l’anno, bastano questi elettori più il controllo dell’apparato e dei mezzi di comunicazione per dirigere le danze e rendere la democrazia un paravento.
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Ma il prossimo sindaco di Roma lo vogliamo giapponese
Per il prossimo sindaco di Roma avrei una proposta da fare che spiazza tutti, sto già partendo con le firme per costituire un comitato elettorale a sostegno. Avendo già sperimentato tutte le possibilità – sindaci di sinistra e di destra, democristiani e comunisti, tecnici e nordici, pop e snob, alieni e grillini – e avendo ottenuto sempre risultati deludenti, fallimentari e da ultimo catastrofici, nell’impossibilità di rieleggere Giulio Cesare e Ottaviano Augusto per raggiunti limiti d’età né potendo auspicare la riconversione del Vescovo di Roma in sindaco della Medesima (sarebbe un sollievo, se non per il Comune, almeno per la Chiesa), ho maturato una ferma convinzione: eleggiamo governatore di Roma con poteri speciali Yuriko Koike, attuale sindaca di Tokyo che scadrà quando si voterà a Roma. È una donna esperta, riesce a governare una città che non ha nemmeno numeri civici per raccapezzarcisi, sta preparando con successo le olimpiadi di Tokyo per il 2020, è conservatrice di destra, extra-strong, conosce molte lingue, compreso l’arabo, ed è così cazzuta che è stata ministro della difesa. E soprattutto è estranea al generone romano, alla partitocrazia nostrana, al carnevale permanente di candidati, gagà e figuri sfornati dalle ditte politiche e dai clan di palazzinari, curia e potentati locali.Le abbiamo provate tutte per governare una città impossibile come Roma, ora non ci resta che un kamikaze, insomma qualcuno pronto a tutto, che non si tira mai indietro. Uno che se viene sfiduciato non resta attaccato alla poltrona, non indice una conferenza stampa per rovesciare la frittata e non ventila senza mai darle le dimissioni; ma taglia la testa al toro e compie il seppuku, il suicidio rituale da noi chiamato harakiri, a volte confuso col karaoke, ma è una cosa molto più seria e irripetibile. Ci vuole una come lei, gaiarda e tosta, come direbbe l’unico estremo-orientale de noantri, il vignettista sublime Osho. Una che sia in grado di trasformare l’Atac, l’Ama e l’Acea in formazioni paramilitari per rendere efficienti i trasporti, la raccolta differenziata e l’energia elettrica, idrica e spirituale. Con lei alla guida di Roma doteremmo i vigili urbani non dello stupido sfollagente o del ridicolo spray, ma di katana, che è la scimitarra giapponese, e poi vediamo se parcheggiano in doppia fila, passano col rosso e sorpassano a destra, salvo poi coionare er vigile e menarlo pure.Indossi lo hachimaki, Signora Yuriko, la benda tradizionale sulla fronte e si metta al lavoro per salvare Roma dai suoi rappresentanti, residenti, turisti e pellegrini. Non venga da sola dal Giappone ma si porti dieci assessori shogun, più un esercito imperiale di trecento samurai come dio comanda. I Casamonica, gli Spada, la banda della Magliana fuggirebbero in Trentino o in Vaticano, pur di non doversela vedere coi giapponesi. Una città come Roma, invasa da b&b abusivi e da monnezza permanente, invasa da zoccole di ogni tipo, anche umane, più cinghiali, gabbiani e autoblù, cosparsa di buche, sanpietrini semoventi e alberi cadenti, coi bus che vanno a fuoco e i dipendenti che si danno malati, non può essere affidata a gente che proviene dallo stesso humus. Ci vuole gente estranea, seria, magari piccola ma cocciuta, poco creativa ma molto operativa, col casco e la mascherina sulla bocca, che raddrizzi la schiena ai pizzardoni, agli impiegati, agli abitanti e pure ai gatti che si sono così impigriti e invigliacchiti da stare pappa e ciccia coi topi.Ci vuole gente che non si nasconda dietro l’estate romana, il cinema e le maratone, che non si faccia bella con l’antifascismo e la tragedia degli ebrei, scoprendo ottant’anni dopo qualche nonno deportato o salvaebrei; ma gente che, pancia a terra, si metta a lavorare sodo, risolvendo i problemi e non vendendo fumo e aria fritta. E ci vuole gente che ammiri e tuteli i monumenti antichi come solo i giapponesi sanno fare; gli unici che non si sono mai portati via souvenir dalle rovine, né abbiano pisciato sulle vestigia antiche o lasciato lattine di birra, coca-cola e altre porcherie, ma si incolonnano devoti e da Roma portano via solo foto ricordo. Solo una giapponese che viene dall’Impero del Sol Levante può capire la Città Eterna e l’Inno a Roma, che canta il Sole che sorge sui colli fatali, come il Sol Invictus dell’Imperatore. I giapponesi hanno la fierezza degli antichi romani, non si lasciano corrompere dalla pajata e dalla trippa, non chiedono il pizzo agli esercenti, mangiano sano e non pesante, non fanno la pennica il pomeriggio né se fanno du spaghi dopocena. E se uno spaccia droga e delinque, lo fanno fuori sul posto e lo servono a sushi ai loro complici terrorizzati, perché si nutrano con l’esempio.Solo i giapponesi potranno salvare Roma; lo sa Calenda che per spacciarsi da giapponese gira in suzuki col kimono, grida banzai ai semafori (traduzione del suo partito Azione) e si fa chiamare Kalenda con la Kappa. Ma lo dico anche a Salvini e Meloni che stanno incartandosi sul sindaco prossimo venturo. Evitate lo scontro tra voi e non andate al massacro di governare Roma; trovate una soluzione extra partes, extraterritoriale, né romanista né laziale. Kyoto schiaccia Kyoto. I giapponesi non hanno difficoltà a costruire termovalorizzatori e metropolitane in un batter d’occhio a mandorla. E ai finti disabili che esibiscono pass farlocchi per parcheggiare, loro non sequestrano il permesso falso ma spezzano le gambe, in modo che possano aver davvero diritto al posto riservato. Forza Koike, per un comune derattizzato e deraggizzato.(Marcello Veneziani, “Il prossimo sindaco a Roma lo vogliamo giapponese”, da “La Verità” del 3 dicembre 2019; articolo ripreso dal blog di Veneziani).Per il prossimo sindaco di Roma avrei una proposta da fare che spiazza tutti, sto già partendo con le firme per costituire un comitato elettorale a sostegno. Avendo già sperimentato tutte le possibilità – sindaci di sinistra e di destra, democristiani e comunisti, tecnici e nordici, pop e snob, alieni e grillini – e avendo ottenuto sempre risultati deludenti, fallimentari e da ultimo catastrofici, nell’impossibilità di rieleggere Giulio Cesare e Ottaviano Augusto per raggiunti limiti d’età né potendo auspicare la riconversione del Vescovo di Roma in sindaco della Medesima (sarebbe un sollievo, se non per il Comune, almeno per la Chiesa), ho maturato una ferma convinzione: eleggiamo governatore di Roma con poteri speciali Yuriko Koike, attuale sindaca di Tokyo che scadrà quando si voterà a Roma. È una donna esperta, riesce a governare una città che non ha nemmeno numeri civici per raccapezzarcisi, sta preparando con successo le olimpiadi di Tokyo per il 2020, è conservatrice di destra, extra-strong, conosce molte lingue, compreso l’arabo, ed è così cazzuta che è stata ministro della difesa. E soprattutto è estranea al generone romano, alla partitocrazia nostrana, al carnevale permanente di candidati, gagà e figuri sfornati dalle ditte politiche e dai clan di palazzinari, curia e potentati locali.
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Il Vaticano socio di Lapo Elkann, soldi dall’Obolo di S.Pietro
«Le vie della finanza sono infinite. Una in particolare dal Vaticano porta all’isola di Malta. Seguendola si scopre che, attraverso un fondo basato a La Valletta, la Segreteria di Stato a febbraio è diventata socia di Lapo Elkann nella sua azienda di occhiali e “prodotti lifestyle”, Italia Independent». Lo scrivono Mario Gerevini e Fabrizio Massaro sul “Corriere della Sera”. E non è tutto: un affare da 10 milioni è stato concluso il 30 settembre con Enrico Preziosi, industriale dei giochi e patron del Genoa calcio. E oltre 4 milioni sono serviti a finanziare la produzione di film come l’ultimo “Men in Black” e la biografia di Elton John, “Rocketman”. «Sono alcuni dei tanti rivoli di investimento nei quali si disperdono le offerte che ogni anno arrivano dai fedeli all’Obolo di San Pietro», scrive il “Corriere”, secondo cui «i segreti del fondo non finiscono qui», e verifiche sono in corso anche da parte della magistratura del Papa. Secondo quelle che il primo quotidiano italiano definisce fonti attendibili, i capitali affidati al Centurion Global Fund «sono almeno per due terzi della Segreteria di Stato, ovvero il dicastero più importante e più vicino a Papa Francesco».Al vertice del fondo c’è un italiano residente in Svizzera, Enrico Crasso, 71 anni. Ex banchiere del Credit Suisse, titolare a Lugano di Sogenel Holding (punto di riferimento di molte operazioni finanziarie), Crasso ha gestito la cassaforte del Vaticano. «Per questo – scrive il “Corriere” – ha ricevuto numerose lettere formali di ringraziamento dalla Segreteria di Stato e l’onorificenza della medaglia d’oro del Pontificato», oltre a «milioni di euro di commissioni». Da qualche mese, dentro le Mura vaticane, la sua stella si sarebbe appannata, «ma a Malta è sempre lui a decidere dove investire i soldi del Papa», sostengono Gerevini e Massaro. «Con il fondo Centurion – scrivono – Crasso ha raccolto circa 70 milioni di euro pilotandoli verso immobili, bond, azioni e altri fondi. Non sempre liquidi, non sempre sicuri e talvolta anche speculativi». Spicca tra tutti l’ingresso nella società di Lapo Elkann, Italia Independent. «Il fondo maltese con capitali vaticani ha sottoscritto nuove azioni a 2,35 euro, diventando con 6 milioni di euro secondo socio al 25%». Lo stesso Crasso è entrato nel Cda, aggiunge il “Corriere”. «In Borsa però il titolo vale 1,7 euro. Per ora, un affare in perdita».A settembre, pochi giorni prima che esplodesse lo scandalo dell’acquisto del palazzo di Sloane Avenue a Londra (gestito dal finanziere Raffaele Mincione insieme a Crasso, secondo il “Corriere”), il Vaticano ha definito il dossier Preziosi. Centurion ha acquisito per 10 milioni i 14% di New Deal, società in cui Enrico Preziosi aveva appena conferito l’11,7% di Giochi Preziosi. «È come se Centurion avesse comprato l’1,67% del gruppo dei giocattoli», annota il “Corriere”: «Bonifico dalla svizzera Banca Zarattini, contratto del 30 settembre». Con una clausola: il venditore (Preziosi) «si adopererà per collocare in Borsa Giochi Preziosi entro il 31-12-2020 in modo da consentire alla società di beneficiare del ricavato del collocamento». La cosa, «messa così, sembra un prestito», osservano Gerevini e Massaro: «E se poi in Borsa non ci andrà?». Secondo il “Corriere”, lo stesso Crasso punta anche sull’acqua: Centurion ha investito 4,7 milioni di euro in Cristallina Holding, che ha rilevato l’Acqua Pejo e Goccia di Carnia, insieme con altri soci italiani come la holding della famiglia Borromeo. Ma non manca la new economy: «A ottobre 2018 Centurion ha rilevato il 10% di Abbassalebollette, una startup che offre soluzioni via Internet per risparmiare sulle bollette di luce e gas».Sessantamila euro di giro d’affari nel 2018 e 39.000 di perdita, per Abbassalebollette. Prezzo per la quota: circa 1,27 milioni. «Se andasse male, in Vaticano potranno chiederne conto al presidente di Snam, Luca Dal Fabbro, che è ben introdotto nella Segreteria del Papa. Abbassalebollette è della sua fa miglia». Poi c’è il mattone: «Con 16 milioni Centurion ha rilevato la sede italiana del colosso svizzero-svedese Abb. Ad oggi è l’investimento più grande del fondo». Altri 4,5 milioni – continua il “Corriere” – sono andati nel bond di una piccola società romana, la Bdm Costruzioni e Appalti della famiglia Marronaro, che li avrebbe utilizzati per rilevare la Immobiliare Grotta 1973 delle famiglie Ceribelli-Barluzzi. Perché queste scelte? E che rapporti ci sono tra la Segreteria e i veicoli di Crasso, Centurion e Sogenel? «Ci sono indagini in corso e, allo stato attuale, gli elementi utili a definire la posizione della Santa Sede rispetto ai fondi menzionati e ad eventuali altri sono in via di accertamento ad opera della magistratura vaticana, in collaborazione con le competenti autorità», è la dichiarazione rilasciata via mail dalla sala stampa vaticana. Per ora, Crasso non rilascia dichiarazioni. A fine 2018, il fondo perdeva circa 2 milioni, «in gran parte finiti ai manager come commissioni», chiosa il “Corriere”: «Un obolo al contrario».«Le vie della finanza sono infinite. Una in particolare dal Vaticano porta all’isola di Malta. Seguendola si scopre che, attraverso un fondo basato a La Valletta, la Segreteria di Stato a febbraio è diventata socia di Lapo Elkann nella sua azienda di occhiali e “prodotti lifestyle”, Italia Independent». Lo scrivono Mario Gerevini e Fabrizio Massaro sul “Corriere della Sera“. E non è tutto: un affare da 10 milioni è stato concluso il 30 settembre con Enrico Preziosi, industriale dei giochi e patron del Genoa calcio. E oltre 4 milioni sono serviti a finanziare la produzione di film come l’ultimo “Men in Black” e la biografia di Elton John, “Rocketman”. «Sono alcuni dei tanti rivoli di investimento nei quali si disperdono le offerte che ogni anno arrivano dai fedeli all’Obolo di San Pietro», scrive il “Corriere”, secondo cui «i segreti del fondo non finiscono qui», e verifiche sono in corso anche da parte della magistratura del Papa. Secondo quelle che il primo quotidiano italiano definisce fonti attendibili, i capitali affidati al Centurion Global Fund «sono almeno per due terzi della Segreteria di Stato, ovvero il dicastero più importante e più vicino a Papa Francesco».
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Attorno a noi 10.000 pianeti, la Nasa: li stiamo scoprendo
Attorno a noi, a meno di 50 anni luce, ci sono più di 1.500 stelle. E attorno ad esse, orbitano migliaia di pianeti, molti dei quali con una struttura rocciosa e caratteristiche simili a quelle della Terra. Magari, qualcuno potrebbe persino ospitare la vita. Al momento non sappiamo neppure se esistono davvero: il 99% di questi “esopianeti” relativamente vicini non è ancora stato scoperto. Ma tutto starebbe per cambiare grazie a Tess, il telescopio spaziale della Nasa da poco in orbita sopra le nostre teste. A parlarne è un articolo pubblicato online dalla rivista “The Conversation” e scritto da due astrofisici, Daniel Apai (Università dell’Arizona) e Benjamin Rackham (Mit di Boston), entrambi convinti che nel giro di pochi anni il “Transiting Exoplanet Survey Satellite”, insieme agli altri telescopi da terra, riuscirà a scovare migliaia di mondi per ora ignoti. Lo spiega la giornalista Sabrina Pieragostini sul blog “Extremamente”: «Non solo gli studiosi avranno una comprensione migliore dei pianeti alieni che ci circondano, ma avranno anche dei precisi obiettivi sui quali puntare la loro attenzione (e le loro strumentazioni di ultima generazione) alla ricerca di segni di vita».In poco più di un anno, Tess ha già identificato oltre 1.200 potenziali corpi planetari: di questi, 29 sono già stati confermati. «Considerando l’eccezionale capacità del telescopio spaziale di analizzare in contemporanea decine di migliaia di stelle, gli scienziati pensano che entro la fine della missione il “cacciatore” della Nasa dovrebbe essere in grado di scovare almeno 10.000 nuovi mondi». Secondo Apai e Rackham, «questi sono tempi entusiasmanti, per gli astronomi e soprattutto per coloro che indagano sugli esopianeti». Scopo della ricerca: scovare mondi extrasolari, «per capire le loro proprietà e il loro potenziale per ospitare la vita». Tra le ultime scoperte c’è Proxima B, un pianeta che orbita attorno a Proxima Centauri (una piccola nana rossa, invisibile a occhio nudo: una degli oltre 100 miliardi di stelle della Via Lattea). Eppure, Proxima Centauri è importantissima per i ricercatori, perché è la più vicina al nostro Sole e sopratutto perché, come scoperto nel 2016, illumina e riscalda un mondo misterioso e affascinante, di cui gli scienziati conoscono ancora pochissimo.Proxima B non è mai stato visto da un telescopio. «Ma sappiamo che esiste – dicono gli astrofisici – a causa della sua attrazione gravitazionale sulla stella ospite, che la fa oscillare leggermente». Primi indizi: «Proxima B ha molto probabilmente una composizione rocciosa simile a quella terrestre, ma di massa superiore. Riceve circa la stessa quantità di calore che la Terra riceve dal Sole. E questo è ciò che rende questo pianeta così eccitante: si trova nella zona “abitabile” e potrebbe avere proprietà simili a quelle della Terra, come una superficie, acqua liquida e – chi lo sa? – forse anche un’atmosfera che porta i segni chimici rivelatori della vita». A dircelo potrebbe essere proprio Tess, che scandaglia lo spazio usando il metodo del transito: rileva i minimi cali di luminosità di una stella al passaggio di un pianeta. «Con questo sistema, a differenza di quello basato sull’oscillazione stellare, gli astronomi riescono a calcolare anche la dimensione del corpo in orbita, che può essere ulteriormente studiato per determinarne la densità e le composizioni atmosferiche, tutte informazioni preziose per stabilire la compatibilità con la vita».I candidati preferiti dai ricercatori sono i piccoli esopianeti in orbita attorno alle nane rosse, stelle con masse pari a circa la metà di quella del Sole. «Ognuno di questi sistemi è unico», spiegano Apai e Rackham. «Ad esempio, LP 791-18 è una nana rossa a 86 anni luce dalla Terra attorno alla quale Tess ha trovato due mondi. Il primo è una “super-Terra”, un pianeta più grande del nostro, ma probabilmente ancora per lo più roccioso, e il secondo è un “mini-Nettuno”, un pianeta più piccolo di Nettuno ma ricco di gas e ghiaccio. Nessuno di questi pianeti ha equivalenti nel nostro sistema solare». Finora il telescopio non ha trovato delle repliche perfette della Terra. Uno dei favoriti degli astronomi, LHS 3884B, si è rivelato un mondo infernale: dai dati di Hubble, risulta privo di atmosfera e con temperature che passano da 700 °C a mezzogiorno fino allo zero assoluto (-460 Fahrenheit) a mezzanotte. Probabilmente, i gemelli terrestri si nascondono vicino alle stelle più fredde, quelle con temperature di circa 2700 °C. Ma proprio l’estrema debolezza di questi astri rende la ricerca complicata, soprattutto per Tess e per i suoi piccoli quattro obiettivi con un diametro di 10 centimetri.Dove fallisce il telescopio spaziale, però, spesso hanno successo quelli terrestri, dotati di ottica e lenti molto più potenti». E’ il caso del sistema solare Trappist-1, scoperto dall’omonimo telescopio posizionato a La Silla, nel deserto cileno di Atacama. «Scansionando le più flebili tra le nane rosse alla ricerca di infinitesimali cali di luminosità – spiega Pieragostini – lo strumento utilizzato da un’équipe di astronomi belgi ha individuato il passaggio di ben sette pianeti di dimensioni più o meno simili a quella della Terra attorno a questa stella ultra-fredda a circa 40 anni luce da noi. Sulla scorta di questo precedente, ora una serie di telescopi posizionati in diversi paesi (uno anche in Italia), coordinati dai progetti Eden e Speculoos, come tanti occhi elettronici sempre puntati al cielo osservano continuamente le nane rosse alla ricerca dei mondi di dimensioni terrestri che transitano davanti ad esse». Attenzione: nel prossimo decennio, le scoperte dovrebbero moltiplicarsi: entro il 2025, si presume che Tess troverà tra i 5 e i 10.000 potenziali esopianeti. Entro il 2030, poi, i ricercatori ne prevedono 20-35.000 dalle missioni Gaia e Plato dell’Esa. «Molti di questi mondi possono essere studiati nei minimi dettagli, inclusa la ricerca di segni di vita», concludono Apai e Rackham.Attorno a noi, a meno di 50 anni luce, ci sono più di 1.500 stelle. E attorno ad esse, orbitano migliaia di pianeti, molti dei quali con una struttura rocciosa e caratteristiche simili a quelle della Terra. Magari, qualcuno potrebbe persino ospitare la vita. Al momento non sappiamo neppure se esistono davvero: il 99% di questi “esopianeti” relativamente vicini non è ancora stato scoperto. Ma tutto starebbe per cambiare grazie a Tess, il telescopio spaziale della Nasa da poco in orbita sopra le nostre teste. A parlarne è un articolo pubblicato online dalla rivista “The Conversation” e scritto da due astrofisici, Daniel Apai (Università dell’Arizona) e Benjamin Rackham (Mit di Boston), entrambi convinti che nel giro di pochi anni il “Transiting Exoplanet Survey Satellite”, insieme agli altri telescopi da terra, riuscirà a scovare migliaia di mondi per ora ignoti. Lo spiega la giornalista Sabrina Pieragostini sul blog “Extremamente“: «Non solo gli studiosi avranno una comprensione migliore dei pianeti alieni che ci circondano, ma avranno anche dei precisi obiettivi sui quali puntare la loro attenzione (e le loro strumentazioni di ultima generazione) alla ricerca di segni di vita».
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La Nasa: vita extraterrestre su Marte, entro 2 anni lo choc
Ormai ci siamo. Entro pochi anni– forse due o poco più – sapremo se esiste la vita al di fuori della Terra. Ne è convinto James Green, capo scientifico della Nasa. La scoperta arriverà da Marte e cambierà per sempre la nostra idea dell’universo. «Sarà rivoluzionaria. È come quando Copernico affermò che siamo noi a girare attorno al Sole. Darà il via ad un modo di pensare del tutto nuovo», ha dichiarato l’astrofisico che dirige la Divisione Scienza Planetaria. In un’intervista pubblicata dal quotidiano britannico “Sunday Telegraph”, Green ha spiegato che il momento-clou inizierà il prossimo anno. Nel 2020, il Pianeta Rosso si troverà alla distanza minima dal nostro, e per questo sia l’ente spaziale americano sia quello europeo, l’Esa, hanno programmato due missioni molto importanti. “Mars 2020” e “ExoMars” hanno lo stesso, ambizioso obiettivo: scovare forme di vita marziane. Non solo tracce della loro esistenza in un passato remoto, ma magari attualmente presenti. Dove? Nel sottosuolo, protette dalle nocive radiazioni solari. «Il punto di partenza è questo, dove c’è acqua c’è vita», dice lo scienziato della Nasa.
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Austerity: tradimento 5 Stelle, camerieri della Colonia Italia
Se il cameriere, cioè il governo italiano, non si sbriga a tassare i cittadini, allora puntuale arriva la letterina del padrone, dell’Unione Monetaria Europea che tradotta significa più o meno “non ci interessano le vostre faide tra colonizzati; obbedite, poi vi sistemerete nel microscopico spazio di ipocrisia che resta”. Forse sono parole pesanti, ancorché vere, ma credo vi ricordino qualcosa, tipo l’impostazione che un certo MoVimento aveva quando si trattava di Uem, di stagnazione, di politiche degli zero virgola (briciolesimo) e di intrallazzi di palazzo. Certo, la critica che gli muovevo all’epoca era “meno toni strumentalizzabili dai media, più tecnica e decisione nei fatti”, mentre adesso mi indigno per come i giornalisti della carta stampata non denuncino un’evidenza: quel MoVimento è passato dal rifiuto della maggioranza dei cittadini italiani verso certi parametri Uem (inventati, peraltro), al rispetto religioso di essi e perfino all’aggressione di chi non professi altrettanto!!! Avete presente quando un truffatore, di quelli che si presentano ai cancelli delle persone anziane fingendosi dell’Enel, viene sgamato e se ne va ostentando proteste ma trasmettendo imbarazzo e cialtroneria (cioè quel mix tra l’essere disperati e mentecatti)?
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Lotta alla CO2? Acqua senza plastica, anziché tasse “green”
Uno dei segreti di un paese sano economicamente ed ecologicamente (eco deriva da “òikos” che in greco significa “casa”, concetto che richiama anche alla famiglia…) è riconvertire aziende praticamente parassitarie in realtà che producano beni e servizi davvero rispondenti ai bisogni delle persone comuni. Ma in Italia, come al solito, si apprende che stanno per piovere sulle nostre tasche nuove imposizioni fiscali spacciate per “green” che, ovviamente, non risolvono un bel niente e danneggiano le famiglie. Secondo voi un costo leggermente più alto sul diesel, soprattutto in assenza di servizi pubblici, ridurrà l’utilizzo delle auto o rappresenterà un ennesimo balzello per i comuni mortali? E collegandomi a ciò, la presunta democrazia diretta ci ha fornito il top delle menti in economia o per l’ennesima volta personaggi pilotati da chissà chi e in cerca d’autore? Qualcosa di simile alla questione diesel riguarda la molecola inorganica da noi più amata e indispensabile: l’acqua! Ciò che adesso può sembrare utopico, fino a 20 anni fa è stata la regola: bere acqua del rubinetto. L’acqua in bottiglia all’epoca non predominava negli spot televisivi fino alla manipolazione di massa e veniva riservata a ruoli marginali come festini e gite, insieme a bibite zuccherate e patatine.Immaginate, considerando la totalità dei cittadini italiani, quanto si svilupperebbe l’economia nazionale se si evitasse di far finire questo denaro nelle solite multinazionali che in parte non reinvestono (lo accumulano: tesaurizzazione). Non serve un genio dell’economia per capire che i posti di lavoro persi in questa filiera verrebbero più che compensati da assunzioni di altro tipo visto che circolerebbero più soldi, in primis localmente, e che quindi si incrementerebbe il benessere. Senza che ce ne rendessimo conto, quindi, chi sta dietro al business dell’acqua in bottiglia ne ha “costruito la domanda” a nostre spese, sia economiche che come rischio salute (vedi “Aduedi, bottiglie in plastica). Se non fosse stato così, pensate che a qualcuno sarebbe saltato in mente di comperare a peso d’oro l’H2O (!?), qualcosa di immediatamente disponibile in casa? Non stiamo quindi parlando di una tematica limitata agli ambientalisti.Pensate che sia un caso che in certe realtà locali, quando non in intere regioni, gli acquedotti non siano sicuri e perdano ingenti quantità di risorsa? Unite a questo la promozione sulle etichette di immagini accattivanti di cervi, paesaggi freschi e laghetti, in un contesto di continuo bombardamento televisivo, radiofonico e internettiano, e il gioco è fatto. Essendo dal 2012 che mi interesso a codesto tema, credo siano maturi i tempi per sollevare la questione e per essere “gretiano”, ma in modo intelligente; oltre a fare azioni con campagne che interessano il fenomeno a valle (spesso strumentalizzate vergognosamente dai partiti politici), dovremmo permettere ai cittadini di tornare al rubinetto con acquedotti sicuri su tutto il territorio nazionale, ristrutturandoli e/o rifacendoli di sana pianta e assumendo ricercatori, microbiologi e tecnici in questo comparto.Tutte queste azioni concrete ridurrebbero drasticamente le emissioni (in Italia comunque storicamente minori, pro capite, come si può vedere dal primo grafico), il consumo di fonti fossili per produrre plastica, le bottiglie in mare e perfino nei parchi marini con effetti devastanti sulla fauna e sulla catena alimentare (microplastiche) e le idee balzane di altri prelievi fiscali sulle persone comuni che sono le meno responsabili secondo tutti i dati come da secondo grafico. Si pensi che, se riempiamo una brocca da mezzo litro con acqua del rubinetto, essa ha un costo per noi di circa duemila volte minore rispetto a quella del negozio; e il sapore, dai test effettuati, risulta generalmente migliore. Ciò che è ignorato dai più, inoltre, è che l’acqua – prima di giungere sulle nostre tavole dal negozio – viene depositata spesso e volentieri in luoghi dove si scalda, e il suo contenitore di plastica in questo modo rilascia antimonio, benzofenone, acetaldeide e formaldeide quantità tutte da valutare (vedi “Bevi meno plastica, approfondimenti”).Benissimo (!) direte, non ne ho mai sentito parlare; cosa saranno mai queste sostanze!? Sono sostanze cancerogene, che cioè provocano il cancro, e mutagene, che cioè modificano il nostro Dna mettendoci nelle condizioni di partorire un figlio non sano (o renderci sterili). E la brutta notizia è che i controlli per valutare i livelli presenti in ciò che beviamo sono rarissimi e incerti: si pensi che un’acqua a 30 gradi vede quasi decuplicato il proprio contenuto di queste sostanze; effetti paragonabili avvengono anche quando l’acqua sta nei contenitori per 3 mesi o più. Non so che effetto vi farà questo articolo; ma sono certo che, se condiviso e conosciuto, finirebbe sul tavolo dei governi. La buona notizia è che possiamo farci sentire.(Marco Giannini, “Lotta alla CO2? Non tasse ma acquedotti sicuri in tutta Italia!”, Libreidee, 17 ottobre 2019).Uno dei segreti di un paese sano economicamente ed ecologicamente (eco deriva da “òikos” che in greco significa “casa”, concetto che richiama anche alla famiglia…) è riconvertire aziende praticamente parassitarie in realtà che producano beni e servizi davvero rispondenti ai bisogni delle persone comuni. Ma in Italia, come al solito, si apprende che stanno per piovere sulle nostre tasche nuove imposizioni fiscali spacciate per “green” che, ovviamente, non risolvono un bel niente e danneggiano le famiglie. Secondo voi un costo leggermente più alto sul diesel, soprattutto in assenza di servizi pubblici, ridurrà l’utilizzo delle auto o rappresenterà un ennesimo balzello per i comuni mortali? E collegandomi a ciò, la presunta democrazia diretta ci ha fornito il top delle menti in economia o per l’ennesima volta personaggi pilotati da chissà chi e in cerca d’autore? Qualcosa di simile alla questione diesel riguarda la molecola inorganica da noi più amata e indispensabile: l’acqua! Ciò che adesso può sembrare utopico, fino a 20 anni fa è stata la regola: bere acqua del rubinetto. L’acqua in bottiglia all’epoca non predominava negli spot televisivi fino alla manipolazione di massa e veniva riservata a ruoli marginali come festini e gite, insieme a bibite zuccherate e patatine.
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Magaldi: come fermare Erdogan, quel maiale terrorista
Sarà la storia, fra non molto, a sbarazzarsi per sempre di «quel maiale di Erdogan». Si esprime senza mezzi termini, Gioele Magaldi, nel condannare il presidente turco. Ottenuto il via libera da Washington, ora Ankara minaccia di invadere il nord della Siria, abitato dai curdi. Massone progressista, già iniziato alla superloggia “Thomas Paine”, il presidente del Movimento Roosevelt (autore del saggio “Massoni”, Chiarelettere, che denuncia le malefatte delle Ur-Lodges reazionarie) definisce il “sultano” del Bosforo «terrorista e massone contro-iniziato». Spiega: «E’ uno degli uomini-simbolo della “Harhor Pentalpha”, la superloggia creata dai Bush per accelerare a mano armata la globalizzazione neoliberista anche con il ricorso al terrorismo, dall’11 Settembre all’Isis, di cui Erdogan è stato e resta un grande protettore». Ora le forze turche minacciano di dilagare nel Rojava, l’autoproclamata regione autonoma curda, dopo che Trump ha ritirato di colpo la protezione militare degli Usa. Altro gesto a doppio fondo, secondo Magaldi: una specie di avvertimento indirizzato ai massoni progressisti che avevano appoggiato The Donald contro la Clinton, ma che alle prossime presidenziali potrebbero puntare su altri candidati. Come dire: o mi sostenete, o io lascio che il macellaio Erdogan faccia a pezzi i vostri amici curdi.
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Addio curdi siriani, Trump e Erdogan li regalano ad Assad
Grazie al “dittatore” Erdogan, a capo di un paese Nato, con la benedizione dei cristiani l’autocrate Assad si riprende il Kurdistan siriano – laboratorio di democrazia – con l’appoggio della Russia e dell’Iran. Ai curdi, che si erano illusi di poter dare un futuro alla loro regione autonoma, che chiamano Rojava (“ovest”), non resta che la resa al governo di Damasco, tenuto in piedi da Putin e contrario a concedere qualsiasi autonomia. L’alternativa è l’inferno dell’Isis, annunciato dalle milizie sunnite filo-turche in avanzata. A far franare tutto, di colpo, è stato l’incredibile ritiro degli Usa, che proteggevano le formazioni curde, cioè i partigiani che si erano battuti eroicamente contro lo Stato Islamico mostrando al mondo, in città-simbolo come Kobane, una resistenza laica declinata anche al femminile. Tutto è crollato in poche ore, grazie al proditorio gesto di Trump. La fotografia della capitolazione la offre un magistrale reportage di Lorenzo Cremonesi sul “Corriere della Sera”, il 13 ottobre, dal fronte curdo. Traditi e abbandonati dall’alleato americano e da tutto l’Occidente, «i curdi di Rojava avviano il dialogo diretto con il regime di Bashar Assad grazie all’attenta mediazione russa». In realtà, osserva Cremonesi, non hanno alternative: «Sono con le spalle al muro e stanno capitolando per non essere annullati». E così, nella loro regione contesa nel nord della Siria, «piatta ma ricca d’acqua, fertile e ricca di campi petroliferi», si consuma «l’ennesimo smacco delle diplomazie e degli eserciti dell’alleanza Nato a beneficio della Russia di Putin».Soprattutto: la baby-autogestione curda soccombe di fronte alla fellonia dell’Occidente. A giocarsi il Risiko nord-siriano sono Erdogan, Putin, Assad, l’iraniano Rohani. Da parte sua, Cremonesi osserva l’evoluzione degli eventi direttamente sul terreno, da Qamishli, la città più popolosa della regione autonoma curda, dove una delegazione russa giunta all’aeroporto (con funzionari del governo siriano) è stata ricevuta dai massimi dirigenti curdi, mentre «contatti stanno proseguendo alla presenza dell’ambasciatore russo a Damasco». L’intesa pare ormai raggiunta, scrive Cremonesi: «Rojava si ritira e al suo posto stanno già schierandosi le truppe agli ordini diretti dello stato maggiore di Assad». A parlare, afferma il reporter, sono gli ambienti locali cristiani, legati ai patriarchi delle chiese locali. «Sono ambienti che sono rimasti sempre fedeli al regime». Su questo punto «tutti i sacerdoti delle chiese locali parlano la stessa lingua, senza differenze tra assiri, armeni, cattolici, ortodossi o caldei». Per i religiosi, l’unica via d’uscita dalla crisi (e il solo modo per bloccare l’avanzata turca da nord) è contrapporre a loro «la piena sovranità di Damasco, puntellata dai forti alleati militari russi e iraniani». Retaggi storici: «Noi cristiani – dicono i religiosi – non potremo mai dimenticare le responsabilità dell’antico Impero Ottomano nel massacro di armeni e in generale dei cristiani durante la Prima Guerra Mondiale».«Anche se i curdi allora furono strumento delle violenze ottomane nei confronti dei cristiani, oggi abbiamo tutto l’interesse a creare un fronte comune», sostiene un alto esponente della Caritas locale, legato strettamente alla Chiesa di Roma. Quella alla quale i curdi si sono ora visti costretti «è stata una dolorosissima concessione», osserva Cremonesi. Gira già voce che le loro forze «verranno assimilate all’esercito siriano della Quinta Brigata». È infatti ben noto che Assad «non intende dare loro alcuna autonomia sia politica che militare». Ma di fronte al pericolo maggiore di massacri e distruzioni hanno poche alternative, sottolinea il giornalista del “Corriere”. «Per salvare il nostro popolo siamo pronti a fare un patto anche il diavolo», ammettono all’unisono i capi politici e militari curdi che Cremonesi ha incontrato negli ultimi giorni. «Oggi però il dramma è molto più profondo, radicale», scrive il giornalista: «L’intera Rojava si sta dissolvendo sotto i nostri occhi». Si attende l’arrivo dell’esercito siriano, le pattuglie curde spariscono dalla circolazione, nelle strade tornano centinaia di militanti locali del partito baathista, «inneggiando al presidente siriano e sventolando le bandiere del regime». Cosa che «non accadeva dal 2011».Ma le notizie più gravi – aggiunge Cremonesi – arrivano dal fronte delle prigioni curde, dove fino a ieri erano detenuti i più pericolosi militanti dell’Isis catturati nelle battaglie tra il 2014 e il marzo 2019. «Nelle ultime ore circa un migliaio di detenuti Isis sono fuggiti dal campo di Ain Issa, non lontano dalla cittadina di Kobane, e a nord di Raqqa, la vecchia capitale del Califfato. Fughe di massa e rivolte si registrano nel gigantesco campo di Al Hol, dove sono detenuti oltre 70.000 tra donne e figli dei jihadisti dell’Isis. Scontri violenti avvengono in generale in una trentina di centri di detenzione curdi». È l’intero sistema che crolla, avverte Cremonesi: «I curdi abbandonano i servizi di guardia alle prigioni per concentrarsi sull’autodifesa militare, dove possono. A far precipitare la loro situazione è anche la notizia arrivata da Washington dell’imminente ritiro del migliaio di soldati americani che li avevano sostenuti nelle lunghe battaglie contro l’Isis, a partire da quella di Kobane nell’autunno 2014, e che ultimamente fungevano soprattutto da garanzia contro le mire turche». Per Cremonesi «è la fine, la sconfitta militare e politica». I centri stampa curdi «tornano a diffondere i vecchi comunicati dei tempi della battaglia di Afrin in cui si accusava la Turchia di sostenere gli stessi jihadisti dell’Isis che Erdogan oggi proclama di voler combattere».Grazie al “dittatore” Erdogan, a capo di un paese Nato, con la benedizione dei cristiani l’autocrate Assad si riprende il Kurdistan siriano – laboratorio di democrazia – con l’appoggio della Russia e dell’Iran. Ai curdi, che si erano illusi di poter dare un futuro alla loro regione autonoma, che chiamano Rojava (“ovest”), non resta che la resa al governo di Damasco, tenuto in piedi da Putin e contrario a concedere qualsiasi autonomia. L’alternativa è l’inferno dell’Isis, annunciato dalle milizie sunnite filo-turche in avanzata. A far franare tutto, di colpo, è stato l’incredibile ritiro degli Usa, che proteggevano le formazioni curde, cioè i partigiani che si erano battuti eroicamente contro lo Stato Islamico mostrando al mondo, in città-simbolo come Kobane, una resistenza laica declinata anche al femminile. Tutto è crollato in poche ore, grazie al proditorio gesto di Trump. La fotografia della capitolazione la offre un magistrale reportage di Lorenzo Cremonesi sul “Corriere della Sera”, il 13 ottobre, dal fronte curdo. Traditi e abbandonati dall’alleato americano e da tutto l’Occidente, «i curdi di Rojava avviano il dialogo diretto con il regime di Bashar Assad grazie all’attenta mediazione russa». In realtà, osserva Cremonesi, non hanno alternative: «Sono con le spalle al muro e stanno capitolando per non essere annullati». E così, nella loro regione contesa nel nord della Siria, «piatta ma ricca d’acqua, fertile e ricca di campi petroliferi», si consuma «l’ennesimo smacco delle diplomazie e degli eserciti dell’alleanza Nato a beneficio della Russia di Putin».
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Previsioni eco-apocalittiche, 50 anni di bufale tutte smentite
Moriremo di freddo, anzi di caldo. Peggio: moriremo di sete, anzi no: sommersi dall’acqua. Come diceva Gramsci, «la storia insegna, ma non ha scolari». Infatti, ricorda “Voci dall’Estero”, è da almeno mezzo secolo che scienziati e politici «prevedono a comando catastrofi climatiche naturali a causa delle attività umane», ma queste «si rivelano sempre gravemente esagerate, quando non totalmente infondate». Nonostante ciò, i media attuali continuano a propagandare previsioni catastrofiche per portare avanti iniziative come il Green New Deal americano, «senza farsi scrupoli nell’utilizzare allo scopo bambini affetti da sindrome di Asperger». Secondo “Voci dall’Estero”, che cita una spettacolare ricognizione eseguita per il “Washington Examiner” da Myron Ebell e Steven Milloy, «non c’è motivo di credere che le ultime previsioni siano minimamente più credibili delle precedenti». I due ricercatori ringraziano Tony Heller, che ha contribuito alla ricerca storica delle “fake news” circuitate per decenni dai media, pubblicandole su “Real Climate Science”. «I moderni predicatori di sventura – premettono i due analisti – prevedono un disastro climatico e ambientale fin dagli anni ’60», e come sappiamo «continuano a farlo anche oggi». Problema: «Nessuna delle apocalissi previste con tanto di data di scadenza si è finora rivelata vera».Quella che propongono i due ricercatori è una impressionante collezione delle previsioni, decisamente estreme, esternate da personaggi accreditati in ambito scientifico e governativo. «Più che limitarsi a mettere in evidenza le previsioni fallite – spiegano Ebell e Milloy – questa collezione mostra che i creatori di previsioni apocalittiche sono spesso persone che ricoprono posizioni rispettate, nel governo e nella scienza». Anche se questi pronostici «sono stati e continuano a essere entusiasticamente riportati dai media, affamati di titoli ad effetto», il loro sistematico fallimento poi non viene affatto pubblicato. Nel 1967, il “Salt Lake Tribune” annuncia “una grave carestia entro il 1975”. «È ormai troppo tardi – scrive – perché il modo possa evitare un lungo periodo di carestia». La fonte citata è un biologo dell’Università di Stanford, Paul Ebrlichm, secondo cui «la stagione delle carestie è alle porte e sarà al suo culmine e al massimo della distruzione entro il 1975». Apocaliasse in vista: «La popolazione degli Stati Uniti è già eccessiva, e il controllo delle nascite potrebbe essere ottenuto introducendo sostanze sterilizzanti negli alimenti di base e nell’acqua potabile». Due anni dopo ci si mette il “New York Times”, che il 10 agosto 1969 titola: “Spariremo tutti in una nuvola di vapore blu entro il 1989”.Secondo il biologo Paul Ehrlich, «mentre aspettiamo di avere abbastanza prove per convincere la gente, moriremo». Testualmente: «Spariremo tutti in una nuvola di vapore blu entro 20 anni». Dall’inquinamento all’emergenza climatica, ma di segno opposto rispetto a quella denunciata dai “gretini”. Il 16 aprile 1970, il “Boston Globe” annuncia “un’era glaciale entro il 2000”. «Gli scienziati – si legge – prevedono una nuova era glaciale entro il ventunesimo secolo». Spiegazione: «L’inquinamento dell’aria può oscurare il sole e provocare una nuova era glaciale nei primi 30 anni del prossimo secolo». Orrore: «La richiesta di acqua di raffreddamento prosciugherà l’intero flusso dei fiumi e dei torrenti degli Stati Uniti». Sempre nel ‘70, il “Redlands Daily Facts” avverte: «L’America sarà sottoposta a razionamento dell’acqua entro il 1974 e a razionamento del cibo entro il 1980». Uno scenario spaventoso, venduto come certezza: «Gli oceani saranno morti come il Lago Erie in meno di dieci anni». Mel 1971, a parlare di “nuova era glaciale in arrivo” è il “Washington Post”, che il 9 luglio cita un esperto aerospaziale e la Columbia University: «Nei prossimi 50 anni le polveri sottili che gli uomini emettono costantemente nell’atmosfera a causa dei combustibili fossili potrebbero oscurare una parte così importante della luce del sole che le temperature medie potrebbero calare di sei gradi».Se il trend continuasse per diversi anni, da cinque a dieci, «tale abbassamento della temperatura potrebbe essere sufficiente a innescare un’era glaciale», assicura il quotidiano di Washington. Nel 1972, il Noaa sposta al 2020 l’inizio della “nuova era glaciale”, sempre di origine antropica: lo affermano scienziati che hanno rivolto un appello al presidente degli Stati Uniti. Passano due anni, e a rilanciare il pronostico del gelo polare è l’inglese “Guardian”, secondo cui «i satelliti spaziali mostrano che una nuova era glaciale si sta avvicinando velocemente». Anche la rivista “Time” si beve l’inferno di ghiaccio e lo serve ai lettori il 24 giugno 1974: «I segni sono ovunque – dall’inaspettata persistenza e spessore dei ghiacci nelle acque intorno all’Islanda alla migrazione verso sud di creature che amano il caldo come gli armadilli nel Midwest». Sempre nel ‘74 nasce una nuova paura mediatica, quella del buco dell’ozono: «Il consumo dell’ozono è un grave pericolo per la vita». Dal ‘74, ricordano Ebell e Milloy, il cosiddetto “buco dell’ozono” è enormemente aumentato, per poi stabilizzarsi verso gli anni 2000, «ma senza alcuna conseguenza catastrofica».Meglio insistere con la storiella del raffreddamento glaciale. Lo fa la “New York Times Book Review” nel 1976: Stephen Schneider, giovane climatologo del Centro Nazionale per la Ricerca Atmosferica di Boulder, Colorado, spiega alla Casa Bianca perché le temperature caleranno in modo allarmante. A partire dal 1980 si apre un altro capitolo: le piogge acide. «La pioggia acida uccide la vita dei laghi», è la tesi ricorrente. Dieci anni dopo, il governo Usa smentisce: «Le piogge acide non rappresentano una crisi ambientale» (“Associated Press”). Ancora nel 1978, però, si insiste con l’imminenza dell’era glaciale: «Non si vede la fine del trend trentennale di raffreddamento dell’emisfero nord», scrive il “New York Times”, citando «un team internazionale di specialisti». Secondo i dati dei satelliti Nasa, invece – annotano Ebell e Milloy – a partire dal 1979 si osserva il contrario, cioè un piccolo trend di riscaldamento. Verso la fine degli anni ‘80, altro spettro: la carenza idrica. Nel 1988, sul “Miami News”, James Hansen prevede un aumento delle siccità regionali negli anni ‘90, nel Midwest. E invece, smentisce “Real Climate Science”, l’ultimo anno veramente secco del Midwest è stato il 1988, mentre gli anni recenti sono stati tra i più umidi registrati.Lo stesso Hansen, in forza alla Nasa, sul “Lansing State Journal” avverte i cittadini di Washington: «Preparatevi a estati lunghe e bollenti». I ricercatori smentiscono: «Il numero dei giorni “bollenti” nell’area di Washington ha raggiunto un picco nel 1911, e da allora sono in calo». Poi ci sono previsioni particolarmente spettacolari, del tipo: «Le Maldive saranno completamente sommerse entro 30 anni». Lo afferma nel 1988 l’agenzia “France Presse”: «Il livello dei mari minaccia di sommergere completamente questa nazione dell’Oceano». Attenzione: «La fine delle Maldive e dei loro 200.000 abitanti potrebbe avvenire anche prima, se la disponibilità di acqua potabile si dovesse prosciugare entro il 1992, come previsto». Per fortuna, l’oceano non ha sommerso le Maldive (dove l’acqua potabile non si è affatto prosciugata). Spara date precise anche la “Associated Press” nel 1989: «L’innalzamento dei mari ‘sommergerà’ le nazioni entro il 2000». Dalle isole alle vie di comunicazione: secondo l’allarme lanciato da “Salon” nel 1989, «l’autostrada Ovest di New York sarà sommersa dall’acqua entro il 2019». Fonte: sempre lui, Jim Hansen, il “profeta” che appena l’anno prima aveva vaticinato l’arrivo della siccità.Qualcuno, nel frattempo, comincia a coltivare dubbi. Il Competitive Enterprise Institute si accorge del fallimento dei modelli climatici adottati dal 1995 ad oggi: negli ultini 40 anni, la Terra si è surriscaldata di appena 0,3 gradi centigradi. Ma l’allarmismo è duro a morire. Il 20 marzo 2000, “The Independent” scrive: «Le nevicate sono ormai solo un ricordo del passato. I bambini semplicemente non sapranno che cosa sia la neve». Due anni dopo, nel 2002, il “Guardian” annuncia: «Avremo una carestia entro 10 anni». Nel 2004, lo stesso “Guardian” azzarda la seguente previsione: «L’Inghilterra avrà il clima della Siberia entro il 2020». Dal quotidiano, terribili certezze: «I cambiamenti climatici ci distruggeranno. L’inghilterra sprofonderà in un clima “siberiano” in meno di 20 anni. Conflitti nucleari, mega-siccità, carestie e rivolte diffuse emergeranno in tutto il mondo». Se per il quotiano inglese il problema è il freddo, per la “Associated Press” l’emergenza è il caldo: nel 2008, l’agenzia “spiega” che «l’Artico sarà privo di ghiaccio entro il 2018». Ci si mette anche Al Gore, peggiorando ulteriormente la previsione: «L’Artico non avrà più ghiaccio entro il 2013», addirittura. Invece, la calotta bianca è ancora lì.Arriva il 2009, e a parlare è il principe Carlo d’Inghilterra: «Abbiamo solo otto anni per salvare il pianeta». Testualmente: «Rimangono solo 96 mesi per salvare la Terra» (“The Independent”, 9 luglio). Gli fa eco l’allora premier, Gordon Brown, secondo cui però è ormai questione di minuti, per la fine del mondo: «Abbiamo meno di 50 giorni per salvare il pianeta dalla catastrofe». Dal canto suo, Al Gore rivede la sua profezia: il ghiaccio artico non sparirà più nel 2013, ma l’anno seguente (“Usa Today”). Per il “Guardian”, più ottimista, la fine della banchisa polare è rinviata al 2015. Il 14 maggio 2014, il ministro degli esteri francese Lauren Fabius si sbilancia: «Abbiamo solo 500 giorni prima del caos climatico». Ma la fine del mondo, a quanto pare, è rinviata. Il dato impressionante? La facilità con cui i media – sbagliando sempre – hanno annunciato la catastrofe, data ogni volta per imminente, nell’arco di mezzo secolo, accreditando le tesi di scienziati ed entità governative. Il guaio? Giornali, televisioni e agenzie di stampa non si premurano praticamente mai di controllare l’esattezza delle previsioni via via strombazzate, per nostra fortuna comicamente sballate.Moriremo di freddo, anzi di caldo. Peggio: moriremo di sete, anzi no: sommersi dall’acqua. Come diceva Gramsci, «la storia insegna, ma non ha scolari». Infatti, ricorda “Voci dall’Estero”, è da almeno mezzo secolo che scienziati e politici «prevedono a comando catastrofi climatiche naturali a causa delle attività umane», ma queste «si rivelano sempre gravemente esagerate, quando non totalmente infondate». Nonostante ciò, i media attuali continuano a propagandare previsioni catastrofiche per portare avanti iniziative come il Green New Deal americano, «senza farsi scrupoli nell’utilizzare allo scopo bambini affetti da sindrome di Asperger». Secondo “Voci dall’Estero”, che cita una spettacolare ricognizione eseguita per il “Washington Examiner” da Myron Ebell e Steven Milloy, «non c’è motivo di credere che le ultime previsioni siano minimamente più credibili delle precedenti». I due ricercatori ringraziano Tony Heller, che ha contribuito alla ricerca storica delle “fake news” circuitate per decenni dai media, pubblicandole su “Real Climate Science”. «I moderni predicatori di sventura – premettono i due analisti – prevedono un disastro climatico e ambientale fin dagli anni ’60», e come sappiamo «continuano a farlo anche oggi». Problema: «Nessuna delle apocalissi previste con tanto di data di scadenza si è finora rivelata vera».
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Ecco la vera Greta: accusò i potenti all’Onu già nel 1992
Mi chiamo Severn Suzuki e parlo a nome di Eco, l’organizzazione dei bambini per l’ambiente. Siamo un gruppo di ragazzini di 12 e 13 anni che cercano di cambiare le cose: Vanessa Settis, Morgan Geisler, Michelle Quaigg ed io. Abbiamo raccolto i soldi da sole per venire fin qui, a 5.000 miglia di distanza, per dire a voi adulti che dovete cambiare il modo di vivere. Nel venire qui oggi non ho nessuna intenzione nascosta. Combatto per il mio futuro. Perdere il mio futuro non è come perdere le elezioni o perdere un paio di punti sul mercato azionario. Sono qui per parlare a nome di tutte le generazioni future. Parlo a nome di tutti i bambini nel mondo che soffrono la fame e restano inascoltati. Parlo a nome degli innumerevoli animali che stanno morendo in tutto il pianeta perché non gli resta più spazio in cui andare. Oggi ho paura di uscire sotto il sole per i buchi nell’ozono. Ho paura a respirare l’aria perché non so quali composti chimici ci siano dentro. Andavo sempre a pesca con mio padre a Vancouver, la mia città, finché qualche anno fa abbiamo trovato un pesce pieno di tumori. E adesso si parla di animali e di piante che si stanno estinguendo ogni giorno, scomparendo per sempre.Nella mia vita ho sognato di vedere grandi mandrie di animali selvaggi, giungle e foreste pluviali piene di uccelli e di farfalle. Ma ora mi domando se mai esisteranno davvero, se mai i miei figli potranno vederle. Voi, quando avevate la mia età, dovevate preoccuparvi di queste cose? Tutto questo avviene sotto i nostri occhi, eppure noi ci comportiamo come se avessimo a disposizione tutto il tempo che vogliamo e tutte le soluzioni. Io sono solo una bambina e non ho tutte le soluzioni. Ma dovete rendervi conto che non le avete nemmeno voi. Non sapete come aggiustare i buchi nello strato di ozono. Non sapete come fare a riportare i salmoni in un torrente ormai morto. Non sapete come fare a riportare in vita un animale ormai estinto. E non potete far rinascere le foreste che crescevano dove ora c’è un deserto. Se non sapete come aggiustare qualcosa, per favore, smettete di romperla. A scuola, e persino all’asilo, ci insegnate come comportarsi nel mondo. Ci insegnate a non litigare con gli altri, a trovare sempre un accordo, a rispettare gli altri. A pulire dove sporchiamo, a non fare del male ad altre creature, a condividere a non essere avidi. E allora perché voi fate le cose che a noi dite di non fare?Non dimenticate il motivo per cui partecipate a queste conferenze e per chi lo state facendo: noi siamo i vostri stessi figli. Sta a voi decidere in quale tipo di mondo dovremmo crescere. I genitori dovrebbero poter guardare in faccia i propri figli, dicendo: andrà tutto bene, non è la fine del mondo e noi stiamo facendo del nostro meglio. Ma non credo che voi possiate dirci questo, ormai. Mi domando addirittura se noi siamo nella vostra lista di priorità. Mio padre mi dice sempre: tu sei quello che fai, non quello che dici. Ebbene, quello che voi fate mi fa piangere la notte. Voi adulti dite di amarci. Ma io vi lancio questa sfida: per favore, fate in modo che le vostre azioni riflettano le vostre parole. Grazie.(Severn Suzuki, dichiarazioni rilasciate all’età di 12 anni, nel lontano 1992, alla conferenza mondiale Onu sullo sviluppo e sull’ambiente. Il video l’ha ripescato Massimo Mazzucco, proponendolo in un montaggio su YouTube pubblicato sul blog “Luogo Comune” il 1° ottobre 2019. «Ventisette anni fa – dice Mazzucco – questa ragazzina canadese fece un discorso molto simile a quello fatto da Greta la settimana scorsa». Naturalmente, osserva Mazzucco, a quell’epoca non esistevano Internet e i social media, «per cui il discorso di Severn è rimasto praticamente sconosciuto, mentre quello di Greta ha avuto un’eco mondiale». Ma attenzione: «L’idea del discorso all’Onu a favore dell’ambiente, da parte di un bambino pulito e innocente, non è certo di oggi. E a questo punto, l’odore di manipolazione mediatica si fa sempre più insistente»).Mi chiamo Severn Suzuki e parlo a nome di Eco, l’organizzazione dei bambini per l’ambiente. Siamo un gruppo di ragazzini di 12 e 13 anni che cercano di cambiare le cose: Vanessa Settis, Morgan Geisler, Michelle Quaigg ed io. Abbiamo raccolto i soldi da sole per venire fin qui, a 5.000 miglia di distanza, per dire a voi adulti che dovete cambiare il modo di vivere. Nel venire qui oggi non ho nessuna intenzione nascosta. Combatto per il mio futuro. Perdere il mio futuro non è come perdere le elezioni o perdere un paio di punti sul mercato azionario. Sono qui per parlare a nome di tutte le generazioni future. Parlo a nome di tutti i bambini nel mondo che soffrono la fame e restano inascoltati. Parlo a nome degli innumerevoli animali che stanno morendo in tutto il pianeta perché non gli resta più spazio in cui andare. Oggi ho paura di uscire sotto il sole per i buchi nell’ozono. Ho paura a respirare l’aria perché non so quali composti chimici ci siano dentro. Andavo sempre a pesca con mio padre a Vancouver, la mia città, finché qualche anno fa abbiamo trovato un pesce pieno di tumori. E adesso si parla di animali e di piante che si stanno estinguendo ogni giorno, scomparendo per sempre.
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All’Onu 500 scienziati: da Greta sul clima solo menzogne
È arrivata una letterina all’Onu. Ha la forza di 500 leoni stufi di stare in gabbia. Sono gli scienziati imprigionati nel bozzolo delle idiozie della fake science. Sono 500 tra cattedratici e ricercatori dell’intero orbe terracqueo. Nella missiva contestano i dati inventati e il catastrofismo apocalittico di Greta Thurnberg. Ci giocano la faccia e si espongono al linciaggio social. C’è infatti nonostante un clima, questo sì davvero ignobile e ustionante, da caccia alle streghe alimentato dalla piccola strega, una pattuglia di coraggiosi, inutilmente competenti. Il segretario generale dell’Onu António Guterres, che ha creato un ambiente da tempio della Dea Kalì per ospitare Greta dalle dieci braccia e trentatré trecce, ne ha invitato forse uno, almeno uno a sorte di questi 500? Figuriamoci. Nessun dibattito è ammesso. Cosa daremmo per assistere a uno scambio di tesi e dialoghi alla pari tra il Nobel Carlo Rubbia e questa furiosa creatura che sembra venuta da qualche girone dantesco con quegli occhi infiammati, con quei suoi discorsi sui sogni e sulla purificazione che ricordano quelli della gioventù hitleriana? Ci domandiamo: chi ha organizzato questa sua ascesa, chi organizza i viaggi, quale organizzazione le ha fatto fissare tempi e termini della sua partecipazione a questo evento globale? Ci sono concorsi pubblici per parlare all’Onu?I 500 non hanno avuto citazioni sulle prime pagine del giornalone unico dove si spiega la magia del carisma della ragazzina. Ve ne diamo noi l’avviso, per dare un po’di salutare CO2 a tutti coloro, e sono tanti, che sono stati abbandonati dal servizio pubblico e da quello commerciale, e perciò hanno creduto di essere soli in mezzo a folle oceaniche di pupazzetti robotizzati dalle formule usate anche per aizzare i dobermann. Tranquilli. Non siamo soli. Ci sono gli scienziati, che a differenza di Greta hanno il torto di avere la laurea ed essere in alcuni casi calvi; e c’è anche il buon senso a cui vorremmo fare da megafono.Siamo in un tempo assurdo. Si crede all’onniscienza delle masse e dei suoi like, e per un senso distorto della democrazia, per cui uno vale uno, stiamo arrivando al manicomio universale con l’umanità che segue la pifferaia verso l’abisso. Funziona così. Siccome milioni di ignoranti affermano in corteo, bloccando i parlamenti, che la terra è piatta e l’araba fenice esiste (più o meno siamo a questo punto) allora, essendo molti più dei 500 scienziati, hanno ragione loro. Una bomba atomica, altro che Hiroshima. Per ora non ha fatto morti, ma può fare persino più danni se il missile ideologico lanciato dalla Profetessa Greta all’Onu si tradurrà in scelte politiche.È esattamente il contrario di quanto ci viene fatto bere. Altro che contrasto all’anidride carbonica e agli incendi dell’Amazzonia. Detta così, applausi, ovvio. Chi è favorevole alla invasione della plastica che soffoca pesci e uccelli? Ma non è questo. C’è dietro la follia di chi vuole spegnere il motore del mondo, sulla base di un allarme bugiardo, basato sull’ignoranza di Greta e la furbizia di mestatori che intendono impadronirsi della disperazione indotta da questi poveretti di cervello, a cui strani poteri hanno dato in consegna il giacimento più prezioso di tutti, quello delle coscienze. Greta è adoperata come un’arma di distrazione di massa, ma anche di distruzione di un progresso che si vorrebbe dirigere secondo gli umori oggi della finanza globale, saltando gli Stati, tranne ovviamente la Cina, dove chissà perché Greta non viene trasportata. Altro che purificazione dalle sozzure. Questa gente, che sarebbe la generazione dei liceali del mondo intero con i mestatori interessati delle multinazionali green, vuol spegnerci la luce in casa. Se fosse solo questione di corrente elettrica, ce la caveremmo con le lampade a olio, ma oddio le balene non si possono più cacciare (per fortuna), e però neanche le mucche si potranno allevare, perché producono metano, e bevono acqua, e tutto è sporco, inquinante, vietato, tranne il lusso della barca a vela e dei cibi biologici d’alta gamma.È la rivoluzione dei ricchi giovani del nord, che stanchi di distrarsi solo con le pasticche ci provano inventandosi un viaggio psichedelico nell’età dell’oro della preistoria, dove l’età media era di trenta anni, mentre ancora nell’800 in Europa si era sotto i cinquanta. Questi intendono colonizzare con la loro pseudo-scienza e morale fasulla il resto del pianeta. E il problema è che ce la stanno facendo, stanno rintronando il mondo intero. In nome del diritto a sognare questa signorina con i suoi accoliti ci ricaccia nell’incubo dei tempi in cui la scienza non aveva ancora consentito alla tecnologia di creare e far funzionare quegli strumenti che consentono l’alimentazione di sette miliardi di persone e di portare elettricità, con i suoi benefici di sicurezza e libertà, dove prima era impensabile. Quanto è accaduto all’Onu e da lì è rimbalzato nel mondo, abbattendo i vetri delle nostre case, e gonfiandosi nei nostri tinelli, nei bar e sugli autobus si può sintetizzare così: un fenomeno di ipnosi collettiva ad opera di una maga con le treccine, una creatura arrivata cavalcando i Draghi da qualche saga nordica. Dicendola altrimenti: una strega bambina ci ha gettato un sortilegio. Tutti i potenti del mondo, tranne un ironico Trump e un lievemente dubbioso Macron, si sono prostrati davanti a Greta Thurnberg e alla sua oratoria di una violenza inaudita. La questione molto semplice è che non è vero. È proprio una bugia da bambina delle elementari che ha sbagliato libro delle fiabe. Ma nessuno osa eccepire. Noi, insieme ai 500 sì!(Renato Farina, “Greta Thunberg, cinquecento scienziati scrivono all’Onu: Ma che emergenza è? I dati non sono giusti”, da “Libero” del 25 settembre 2019. Lanciata da Guus Berkhout, geofisico e professore emerito dell’Università dell’Aia, la lettera all’Onu è il risultato di una collaborazione tra scienziati e associazioni di 13 paesi, ricorda “Startmag”: la loro “Dichiarazione europea sul clima” ha lo scopo di far sapere che «non c’è urgenza né crisi climatica». La lettera, ripresa testualmente da “Europe Reloaded”, chiede quindi che le politiche climatiche vengano completamente ripensate, «riconoscendo in particolare che il riscaldamento osservato è inferiore al previsto e che l’anidride carbonica, lungi dall’essere un inquinante, ha effetti benefici per la vita sulla Terra»).È arrivata una letterina all’Onu. Ha la forza di 500 leoni stufi di stare in gabbia. Sono gli scienziati imprigionati nel bozzolo delle idiozie della fake science. Sono 500 tra cattedratici e ricercatori dell’intero orbe terracqueo. Nella missiva contestano i dati inventati e il catastrofismo apocalittico di Greta Thunberg. Ci giocano la faccia e si espongono al linciaggio social. C’è infatti nonostante un clima, questo sì davvero ignobile e ustionante, da caccia alle streghe alimentato dalla piccola strega, una pattuglia di coraggiosi, inutilmente competenti. Il segretario generale dell’Onu António Guterres, che ha creato un ambiente da tempio della Dea Kalì per ospitare Greta dalle dieci braccia e trentatré trecce, ne ha invitato forse uno, almeno uno a sorte di questi 500? Figuriamoci. Nessun dibattito è ammesso. Cosa daremmo per assistere a uno scambio di tesi e dialoghi alla pari tra il Nobel Carlo Rubbia e questa furiosa creatura che sembra venuta da qualche girone dantesco con quegli occhi infiammati, con quei suoi discorsi sui sogni e sulla purificazione che ricordano quelli della gioventù hitleriana? Ci domandiamo: chi ha organizzato questa sua ascesa, chi organizza i viaggi, quale organizzazione le ha fatto fissare tempi e termini della sua partecipazione a questo evento globale? Ci sono concorsi pubblici per parlare all’Onu?