Archivio del Tag ‘accoglienza’
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Il fu Marco Travaglio e la fine di trent’anni di non-politica
A quale vero potere risponde, Mario Draghi? E verso dove sta cercando di portare l’Europa, attraverso la storica riconversione dell’Italia, da colonia politica di secondo piano a possibile primattore sullo scacchiere europeo e internazionale? Domande sospese, all’interno del tempo breve (anzi, brevissimo) imposto dalla super-crisi che si racconta sia stata innescata da una pandemia di origine virale. Un’emergenza esplosa proprio nel momento in cui stava per spezzarsi lo schema di dominio del capitalismo globalizzato dal neoliberismo, deciso a fare della Cina la manifattura del mondo, e a ridurre l’Europa – separata dal Grande Est – a una succursale atlantica azzoppata dalle recessioni finanziarie artificiali (austerity) e dal dumping sociale e occupazionale rappresentato dall’immigrazione di massa, proveniente da un’Africa predata sanguinosamente dagli stessi strateghi dell’esodo, mascherati da profeti buonisti della religione dell’accoglienza umanitaria.Nel deprimente panorama politico italiano, che il “nuovo” Draghi ha messo letteralmente in freezer commissariando il presente e il futuro del paese, spicca la parabola piuttosto imbarazzante di Marco Travaglio, ottimo polemista, acclamato in televisione (e anche nei teatri) quando vestiva i panni di gladiatore dell’antiberlusconismo. Giorgio Bocca, mai tenero col Cavaliere, si rammaricava della visione ristretta di Travaglio, limitata al solo profilo giudiziario degli eventi; lo riteneva incapace di una vera lettura storico-sociologica, prerogativa del giornalismo autentico (che ai tempi di Bocca ancora esisteva). Altri, come l’ispido Paolo Barnard, hanno accusato Travaglio di essere un sostanziale “gatekeeper”, un finto oppositore funzionale all’establishment – come del resto lo stesso Beppe Grillo. Altri ancora, infine, hanno notato l’ortodossia neoliberista del “Fatto Quotidiano” (a lungo incarnata da Stefano Feltri, ospite del Bilderberg), imputando al giornale anche una visione ultra-atlantista in politica estera e l’assenza di coraggio nel valutare le imprese degli Usa, spesso poco edificanti, specie nel loro opaco rapporto con i terrorismi recenti.Non deve stupire, in fondo, il fatto che oggi Travaglio rischi di sfiorare il patetico, nella sua difesa postuma dell’infimo Giuseppe Conte, arrivando persino a insultare l’ex sodale Grillo, ormai in rotta di collisione con il detronizzato, imbarazzante “avvocato del popolo”. Un’intera fetta di elettorato italiano, infatti, ha finto di scambiare per un vero pericolo il modesto Salvini: e agendo unicamente contro Salvini ha preteso di fare di Conte una figura politica reale, tridimensionale, come se Conte esprimesse davvero un pensiero, una linea, un’idea di paese. Esauritosi lo slancio dell’effimero Salvini, ecco che anche Conte è finito nel nulla da cui era sbucato, lasciando il suo paladino Travaglio con in mano un pugno di mosche. Pare sia bastata una telefonata con Grillo, il mandante originario dell’ectoplasma-Conte, per consentire a Draghi di mettere in cassaforte la riforma Cartabia della giustizia, osteggiata da Travaglio e da Conte ma non da Grillo, che ha impiegato cinque minuti a indurre i pentastellati ad ammainare anche la loro ultima bandiera, quella giustizialista.Proprio l’Italia forcaiola aveva fatto la fortuna di Travaglio, poi di Grillo, e prima ancora della Lega Nord. La caccia al nemico: era il riflesso psicologico all’origine della rottamazione della Prima Repubblica, imposta in realtà dal sommo potere atlantico. Era piena di difetti, l’Italia di Craxi e Andreotti, e probabilmente non avrebbe superato l’esame della storia: una volta caduta l’Unione Sovietica, avrebbe perso comunque la sua ragion d’essere. Ma il disastro neoliberale – imposto dalle altissime sfere – in Italia è stato declinato in modo straccione, con un tifo calcistico tra falsa destra e falsa sinistra, allineate entrambe al medesimo copione finto-europeista imposto dai poteri superiori. Nulla che il giornalismo (non solo di Travaglio) abbia saputo registrare, preferendo appiattirsi – come la stessa politica, del resto – sulla semplicissima fabbricazione del nemico apparente, l’Uomo Nero che è causa di ogni sciagura, il Male da abbattere in un orizzonte narrativo più metafisico che politico, in una sostanziale parodia della verità.E’ questo il palcoscenico sul quale si sono alternati, in modo spesso caricaturale, personaggi come Berlusconi e Renzi, le stesse controfigure del Pd, il finto rivoluzionario Grillo, il finto statista Conte. L’Italia ha assaggiato il morso del grande potere con l’autoritarismo privatizzatore e spietatamente antipopolare dell’oligarca Romano Prodi, braccio armato del potere cinese, e oggi si ritrova completamente alla mercé di un Mario Draghi che, un tempo partner di Prodi nella strategia di demolizione del paese, ormai opera in tutt’altra direzione, cioè verso un potenziale recupero di sovranità almeno economica. Ridotti a fantasmi, i partiti stanno a guardare (rendendo insopportabile, nauseante, lo spettacolo della sub-politica italiana). Sta a guardare la stessa stampa, che Draghi lo osannava già ieri, quando – con il suo “pilota automatico” – condannava il paese a subire la concorrenza sleale della Germania. In tutto questo, Marco Travaglio sembra diventato minuscolo: si limita a fare le pulci a un governo che detesta, solo perché è sostenuto da Salvini ed è costato la poltrona al diletto “Giuseppi”.E se Travaglio sembra auto-candidarsi a un declino malinconico, non è che i colleghi stiano molto meglio: tanto per cambiare si spellano le mani per applaudire Draghi, brillando nell’arte minore del servilismo, e senza neppure osare mettere in discussione, almeno giornalisticamente, la brutalità della campagna “vaccinale” anti-Covid, basata su profilassi geniche ancora solo sperimentali, sostanzialmente imposte aderendo alla falsa narrazione della pandemia come catastrofe irreparabile, e continuando incredibilmente a fingere che le terapie domiciliari non esistano. Nemmeno Travaglio, del resto, “vede” il problema: preferisce restare nel piccolo cortile delle liti tra comari, gli scandalosi diktat di Grillo e i mormorii dell’impresentabile Conte. L’elettorato non sembra essere da meno: non pretende soluzioni, si accontenta dell’abbattimento periodico e rituale del “puzzone” di turno. E’ come se la politica – intesa come scienza del costruire, secondo progetti – fosse stata “spenta” trent’anni fa. L’agonia terminale ha richiamato in servizio il “nuovo” Draghi, che però agisce in solitaria, bypassando il Parlamento: il suo Recovery è stato esaminato a Bruxelles, non certo in aula. Lo stato d’emergenza non è solo di oggi e non è soltanto sanitario: e Draghi lo rende semplicemente evidente, anche se Travaglio e colleghi non paiono essersene accorti.A quale vero potere risponde, Mario Draghi? E verso dove sta cercando di portare l’Europa, attraverso la storica riconversione dell’Italia, da colonia politica di secondo piano a possibile primattore sullo scacchiere europeo e internazionale? Domande sospese, all’interno del tempo breve (anzi, brevissimo) imposto dalla super-crisi che si racconta sia stata innescata da una pandemia di origine virale. Un’emergenza esplosa proprio nel momento in cui stava per spezzarsi lo schema di dominio del capitalismo globalizzato dal neoliberismo, deciso a fare della Cina la manifattura del mondo. Corollario: ridurre l’Europa – separata dal Grande Est – a una succursale atlantica azzoppata dalle recessioni finanziarie artificiali (austerity) e dal dumping sociale e occupazionale rappresentato dall’immigrazione di massa, proveniente da un’Africa predata sanguinosamente dagli stessi strateghi dell’esodo, mascherati da profeti buonisti della religione dell’accoglienza umanitaria.
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Il senso di Fedez per l’emergenza democratica italiana
Tempo di profeti, tatuati e non: dopo l’urgentissimo “ius soli” per riconoscere l’italianità dei figli degli stranieri emigrati (lo propone l’euro-vaticano Enrico Letta, quello di “Morire per Maastricht”), ecco il Ddl Zan “contro l’omofobia” rilanciato dal rapper-influencer Fedez direttamente dalla messa solenne del Primo Maggio, irrinunciabile palestra di democrazia televisiva, pagata dal canone Rai nelle bollette Enel e dunque per definizione inclusiva e non divisiva. Nel paese più felice del mondo, per giunta nel momento più felice della sua storia, ecco un altro tema-chiave su cui finalmente far crescere l’opinione pubblica, mobilitando un confronto entusiasmante, nella piena consapevolezza delle vere emergenze con le quali si sta attualmente confrontando il popolo italiano (o quel che ne resta, tra un decreto e l’altro). Nel pianeta-Covid, in cui ormai è obbligatorio specificare che chi parla non è un omicidia seriale, un terrorista “negazionista”, è addirittura increscioso dover premettere che ogni eventuale critica alla gestione polemica di certi temi avviene ovviamente a valle delle acquisizioni date per scontate: i diritti civili sono sacri, così com’è sacrosanto il contrasto di qualsiasi, odiosa discriminazione.
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Carotenuto: l’ombra dei gesuiti sulla presidenza Biden
Galeotto fu il gesuita e chi lo invitò a corte: nasce sotto il segno della Compagnia di Gesù il nuovo potere (in realtà antico) che si è appena insediato alla Casa Bianca attorno all’anziano Joe Biden, l’uomo che sostiene di aver vinto le presidenziali 2020 negli Stati Uniti. A sottolineare la matrice gesuitica della “piramide” che avrebbe fabbricato l’affermazione di Biden è Fausto Carotenuto, già collaboratore di Mino Pecorelli (giornalista d’indagine assassinato nel ‘79) e per anni analista strategico dell’intelligence Nato, esperto di Medio Oriente e strategia della tensione. Approdato al pensiero steineriano, Carotenuto ha fondato il network “Coscienze in Rete”, riassumendo poi la sua visione nel saggio “Il mistero della situazione internazionale”: vede in azione due “piramidi” mondiali, in apparenza contrapposte (dato che si esprimono politicamente attraverso la destra e la sinistra) ma che in realtà dominano il pianeta, alternando oppressione e libertà illusorie, con l’unico scopo di tenere l’umanità sottomessa e le coscienze addormentate, ipnotizzate dal nemico di turno creato ad arte per essere trasformato in demonio.«Per intenderci: la destra classica promuove apertamente l’egoismo sociale, mentre la nuova sinistra postmoderna (quella “gesuitica”, appunto) è più insidiosa, visto che riesce a mascherare i suoi reali intenti dietro il velo dei buoni sentimenti, dei diritti civili e del politicamente corretto, sfornando “bidoni” perfetti: ieri Obama, e oggi Biden». Stessa regia, assicura Carotenuto: e i sapienti “stregoni” della manipolazione sarebbero sempre loro, i gesuiti. In un interessante video sul web, Carotenuto invita a dare un’occhiata alla squadra del nuovo inquilino della Casa Bianca: «Compaiono uomini della Cia come George Tenet e lo stesso Robert Gates, altro specialista in materia di terrorismo mediorientale: sono stati tutti formati alla gesuitica Georgetown University, dove insegnava un certo Henry Kissinger. Non è un segreto per nessuno: Joe Biden è intimo dei gesuiti e di personaggi usciti da Georgetown».Carotenuto sottolinea la vocazione storica dei seguaci di Ignazio de Loyola, nati come educatori dei giovani principi: «Una volta formati non li mollano più: li fanno diventare Ciampi, Monti, Draghi, Rutelli, creando una vera e propria struttura, una rete fatta di carriere in qualche modo “assitite”». Per la prima volta nella storia, un gesuita occupa addirittura il Soglio Pontificio: Trump lo ha attaccato frontalmente, attraverso Mike Pompeo, per la cessione al regime di Pechino del potere di nomina dei vescovi cattolici in Cina. E Biden? All’opposto: è devoto a Bergoglio, gli obbedisce. «Biden fa tutto quello che Papa Francesco chiede: aperture sull’aborto, sui gay, sulla green economy, sui migranti, sulla povertà, sul clima». Beninteso: «Sono temi anche condivisibili, ma vengono adoperati come cosmesi per ricevere i voti delle classi medie, dei benpensanti, per poi spingere le agende del potere vero: guerre, elettromagnetizzazione del pianeta, Great Reset».Attenzione ai gesuiti, insiste Carotenuto: è uscito da Georgetown il nuovo, potente capo di gabinetto della Casa Bianca, cioè Ron Klein. «Cattolico e vicino agli ambienti gesuiti è anche William Burns, appena nominato direttore della Cia, molto impegnato nella destabilizzazione del Medio Oriente quando lavorava per Obama». Viene da Georgetown anche Avril Haines, messa a capo della direzione generale dell’intelligence. Allievo dei gesuiti è lo stesso barone della medicina Anthony Fauci, che neppure Trump era riuscito a sloggiare. «Pubblicamente, Fauci ha dichiarato di aver appreso proprio dai gesuiti i fondamenti del senso della vita. E adesso Biden l’ha posto a capo della delegazione che segnerà il rientro trionfale degli Stati Uniti nell’Oms», l’opaca struttura mondialista da cui Trump si era ritirato, in polemica per la gestione poco trasparente (e troppo “cinese”) dell’emergenza Covid, utilizzata per sospendere diritti e libertà in nome della sicurezza.Gesuiti dietro a Biden? Eccome, assicura Carotenuto: viene dalle scuole della Compagnia di Gesù buona parte del team del nuovo presidente, probabilmente abusivo data l’ingente massa di prove che documentano i clamorosi brogli elettorali (che nessuna corte giudiziaria si è finora degnata di esaminare, in dettaglio). «Joe Biden è vicinissimo ai gesuiti, e ha citato Bergoglio già nel suo primo discorso dopo la “vittoria” elettorale». Ma attenzione: chi lo ha “incoronato”, formalmente? A pronunciare la preghiera per la cerimonia di inaugurazione della presidenza Biden, il 20 gennaio, è stato un gesuita molto imporante, padre Leo O’Donovan, per molti anni rettore della Georgetown University. «Quell’uomo ha “allevato” ministri, dirigenti della Cia e presidenti americani, come Bill Clinton». Strano cattolico, secondo Carotenuto: «Alla Georgetown, O’Donovan aveva fatto fare conferenze ai grandi editori americani della pornografia, e aveva anche dato il via a ricerche sull’utilizzo biomedico dei feti: un fatto non comune, per un cristiano».Proprio non piacciono, a Carotenuto, i gesuiti vicini al potere: «Sono formatori di forme-pensiero che sanno un po’ di “mago nero”, o forse prendono ordini da qualche “mago nero”». Nel suo saggio sull’apparente “mistero” della geopolitica, quasi sempre votata al disastro, l’analista definisce “maghi neri” alcuni uomini-chiave, che spesso agiscono nell’ombra per condizionare le dinamiche del vivere collettivo attraverso sofisticate manipolazioni, impartendo precisi ordini all’intera catena di comando della “piramide”, di cui i politici rapprestano i semplici terminali. Surreale? Fate voi, sembra dire Carotenuto. «Ma sappiate che, per 11 lunghi anni, da metà Novanta a metà Duemila, padre Leo O’Donovan è stato uno dei direttori della Walt Disney. E in quel periodo, tanti elementi oscuri sono stranamente entrati nei film della Disney». L’ex rettore della Georgetown University è legatissimo ai Biden: ha presieduto la messa per il funerale del figlio del neopresidente, Beau Biden, morto nel 2015 per un tumore al cervello.Quand’era vice di Obama, Biden ha partecipato qualche volta anche alla messa nella chiesa dell’università, dove ha anche tenuto una conferenza sulla fede e la vita pubblica. Joe Biden, peraltro, è l’autore dell’introduzione al libro di O’Donovan, “Blessed Are the Refugees: Beatitudes of Immigrant Children” (“Beati i rifugiati: Beatitudini per i bambini migranti”). Fonti di stampa ricordano che, proprio sul tema delle migrazioni, Biden è intervenuto lo scorso novembre a una raccolta fondi del Servizio dei gesuiti per i rifugiati, di cui O’Donovan è direttore, assicurando che avrebbe portato i numeri di accoglienza dagli attuali 15.000 previsti dall’amministrazione Trump a 125.000. Buoni sentimenti da esibire con la mano destra, mentre con la sinistra si dà il via libera alla guerra e magari al terrorismo “false flag”? Ipocrisie del politically correct, per far digerire meglio la cosiddetta agenda mondialista neoliberale? Tipico, in un certo senso, del nuovo globalismo delle anime belle, che tifano per le Ong anche quando a finanziarle è un uomo spregiudicato come George Soros.Ovviamente, sottolinea Carotenuto, non ci sono solo i gesuiti, a fare da guida, nel gruppo che si è sostanzialmente ripreso l’America dopo la parentesi Trump: «C’è anche la massoneria, che però è sempre più “massa di manovra”». L’analista steineriano di “Coscienze in Rete” non ha una buona opinione, dei grembiulini, ma non va confuso con le voci del complottismo massonofobico: la massoneria si è corrotta, sostiene, divenendo organica al potere più deteriore. «Un tempo – afferma – le massonerie erano al servizio di potenze “bianche”, quando erano un frutto dei Templari e dei Rosa+Croce. Poi, appunto, sono diventate essenzialmente “massa di manovra” delle peggiori potenze mondiali, anche se alcune di esse si dipingono come progressiste». Non a caso sono anch’esse, insieme ai gesuiti, nella cabina di regia che gestirà «le decisioni che poi verranno fatte firmare a Biden».Una regia composita e, per Carotenuto, poco rassicurante: «Ci sono gesuiti e pezzi di massoneria, pezzi di Vaticano, nonché potentati finanziari enormi, anche ebraici e cinesi, equamente suddivisi tra le due “piramidi” del grande potere». Problema evidente: «Cosa potrà fare, Biden, se non obbedire a quelli che l’hanno messo lì?». E attenzione: «Ce l’hanno messo nonostante i tanti sospetti sessuali, i suoi strani atteggiamenti, le accuse sessuali ritirate anni fa da tre donne. Veramente penoso, poi, quel suo strusciarsi addosso alle bambine e alle ragazzine, in evidente imbarazzo nei video che sono circolati sul web». Eppure, i media l’hanno acclamato subito, senza riserve, come nuovo presidente: e l’hanno fatto prima ancora che finisse la conta dei milioni di voti postali arrivati fuori tempo massimo e gestiti (col favore delle tenebre) attraverso la piattaforma digitale Dominion. Ed ecco che oggi Joe Biden siede alla Casa Bianca. A fare cosa? «Se ne starà lì con la sua faccetta ripulita, stirata, limata, botulinata e ritoccata: gli toccherà fare bei discorsi, e soprattutto firmare decisioni prese da altri».Per Carotenuto, l’agenda del potere oggi dominante è frutto di una strategia profonda, precisa, organica. «Rispetto al gruppo di Trump, questa “piramide” ha un vantaggio enorme: dispone di molti uomini preparati, in grado di portare avanti queste stretegie». Quali? Presto detto: «Mondializzazione, emergenze, vortici di paura e di odio, sfruttamento propagandistico del surriscaldamento climatico, falsa rivoluzione green. E poi guerre, squilibri, vaccinazioni di massa, condizionamenti culturali, meccanizzazione digitale degli esseri umani». Sottolinea Carotenuto: «Non è che in questo manchino elementi buoni: ma, ripeto, sono essenzialmente cosmetici, per mantenere un certo consenso». Una tattica che l’analista riconosce come eminentemente gesuitica: sottile, raffinata. Trump faceva la faccia feroce? Che ingenuo: meglio sorridere, se si hanno nel cassetto determinati piani, che prevedono coercizioni e sottrazione di libertà. Un marchio di fabbrica: «Non dico che tutti quelli che sono stati a Georgetown lavorino per i gesuiti, ma quelli che fanno carriera vi assicuro di sì. E il loro stile è inconfondibile».Con Biden, sintetizza Carotenuto, gli Usa tornano in scena come lo strumento principale di una accurata strategia della tensione internazionale, basata su una grande destabilizzazione geopolitica del pianeta. «Trump l’aveva evitata, frenando su tutto: era il meglio che poteva fare, coi limitati mezzi che aveva». Joe Biden, che si presenta come un anziano bonario (una specie di colomba) è stato invece un falco di prima grandezza. «E’ stato presidente della commissione esteri del Senato per tanti anni, ed era un sostenitore del rifacimento di tutte le mappe del Medio Oriente, a colpi di guerre e scontri interreligiosi». Motivo: «Era quello che volevano i vertici della “piramide”: creare in Medio Oriente un vortice di odio e di violenza». Quasi invisibile, eppure onnipresente: «Joe Biden ha lavorato alle false “primavere arabe”, insieme a uomini che oggi entrano nella sua amministrazione. Prima ancora, era stato un grande sostenitore dell’invasione dell’Iraq: negli Usa era in prima linea, nel vendere al pubblico la favola delle inesistenti “armi di distruzione di massa” di Saddam».Un gran bel bilancio: un milione di morti, nella regione, con una destabilizzazione spaventosa che si trascina da 18 anni, in un mare di sangue. «Nel 2011, sempre Biden ha fatto fallire una trattativa che doveva servire a mantenere gli Usa a presidiare alcune zone del nord dell’Iraq. Invece gli Stati Uniti, grazie a Biden, hanno ritirato le truppe. Così i curdi sono rimasti soli e sono stati massacrati, e Daesh ha potuto creare l’Isis». Stragi, terrorismo, lutti infiniti. «Molti di quei morti dovrebbe averli sulla coscienza Joe Biden (se solo ce l’avesse, una coscienza)». Un veterano del peggio: «Un vero servo dei poteri oscuri: è stato uno dei 29 senatori democratici che diedero i voti a Bush per fare la guerra in Iraq». Ecco perché Fausto Carotenuto non è affatto ottimista: «Rivedremo gli Usa in azione in Libia, in Siria, nel Golfo Persico: devono tornare a creare vortici di guerra e di odio, cioè “malattie dell’umanità” per conto dei loro padroni oscuri. Il business delle armi? C’è anche quello, ma è solo un corollario».Da navigato analista geopolitico, il fondatore di “Coscienze in Rete” considera un disastro anche la probabile distensione con l’Iran, «che ha seriamente intenzione di fabbricare la sua atomica». Nei primi anni ‘80, Carotenuto era a Teheran: «Conosco bene quel regime, so che la bomba la voleva già allora, per difendersi in caso di attacco. Lentamente, la “piramide” cui fa capo Biden ha lasciato che l’Iran si avvicinasse alla meta: pensate al vortice di tensione che si innescherebbe, con un Iran trasformato in potenza nucleare per stare al pari di Israele. Non a caso, l’orrido regime di Teheran è felice della nomina di Biden. E’ sollevato anche il popolo, perché si toglieranno le sanzioni: ma vi assicuro che a essere felici sono soprattutto gli ayatollah». A peggiorare saranno ovviamente le relazioni con la Russia, «perché Putin fa parte dell’altra “piramide”, quella che ha utilizzato lo stesso Trump». Joe Biden ha grandi credenziali, del resto, come nemico di Mosca: ha promosso la “rivoluzione colorata” in Ucraina, il “golpe di piazza” gestito anche da neonazisti, per poi passare all’incasso attraverso il figlio Hunter, coperto di dollari come dirigente del colosso petrolifero Burisma.La parte del leone, naturalmente, potrebbe farla la Cina: «Trump aveva chiuso le porte, ai cinesi, ma adesso le riapriranno», profetizza Carotenuto. «Non è nell’interesse degli Usa, riaprire alla nuova superpotenza mondiale. Ma i “dem”, appunto, non fanno gli interessi degli Stati Uniti: assecondano invece quelli del grande gruppo mondialista che ha già deciso che i mercenari del futuro “impero” non saranno più gli americani, ma i cinesi: sono più lavoratori, sono tanti ed eseguono gli ordini senza fare storie, e in più non sono impigriti dal troppo benessere, dall’alimentazione sbagliata e dai farmaci sbagliati con i quali gli americani sono stati nutriti e curati per decenni». Possibili anche nuove tensioni con la Corea del Nord, focolaio ieri abilmente spento da Trump: «E’ sempre comodo, per creare tensione, avere un “diavolo” minaccioso». Per Carotenuto, poi, migliorerà «un’altra cosa contraria agli interessi Usa», ovvero «le relazioni con l’Unione Europea». Il gruppo che manovra Biden «vuole un’Ue forte, perché rappresenta un anticipo del mondialismo».Per gli Usa, dal punto di vista del mero interesse nazionale, «sarebbe meglio avere a che fare con un’Europa spezzettata, più facilmente dominabile». Ovvio: «Se l’Europa si unisce davvero, rischia di diventare più potente degli Usa». Eppure lo faranno: «Miglioreranno i rapporti con Bruxelles, proprio perché non servono gli interessi statunitensi. Si potrebbero definire traditori della patria, ammesso parlare di patria che abbia ancora un senso». In primo piano anche poi il clima: «Scontato il rientro immediato negli accordi di Parigi: è all’insegna del mondialismo e del “gretismo”, cioè la favola dell’origine antropica del “climate change”, largamente provocato dall’azione del sole». Un modo ultra-digitale, sempre più wireless? «Con l’elettrificazione si creano enormi campi magnetici: il che non è esattamente “green”, dati i loro effetti sull’organismo e sull’ambiente». E via così: «Si ridarà forza e finanziamenti all’Onu, all’Oms e a tutte le grandi organizzazioni internazionali, che non sono altro che l’anticipazione del globalismo che verticalizza il potere e marginalizza l’individuo».Per Carotenuto, la “piramide gesuitica” di Biden è quella più attiva nella sua missione storica: frenare il risveglio delle coscienze, che starebbe letteralmente sul punto di esplodere, coinvolgendo ormai un essere umano su tre. «Si evita il risveglio anche con i vaccini, con farmaci sbagliati, con lo sfruttamento di un virus che si poteva curare e non si è curato adeguatamente. Tutto quello che indebolisce le nostre forze vitali, fisiche e psichiche, indebolisce il nostro risveglio». Ora, dice Carotenuto, il drago si è ripreso l’America e vuole il Grande Reset. Ne saremo travolti? «No, è solo il ritorno della vecchia politica, che comunque non ci ha travolto. Anzi: l’umanità ha cominciato a crescere proprio per reazione a queste politiche balorde, il cui carattere orribile diventa sempre più evidente». Un auspicio: «Il cielo non consentirà a questo gruppo di fare più di quanto possiamo sopportare, e finirà col produrre un’ulteriore crescita interiore, come infatti è successo finora: le dittature della Seconda Guerra Mondiale hanno prodotto nel dopoguerra l’esplosione della democrazia, la voglia di libertà».Galeotto fu il gesuita e chi lo invitò a corte: nasce sotto il segno della Compagnia di Gesù il nuovo potere (in realtà antico) che si è appena insediato alla Casa Bianca attorno all’anziano Joe Biden, l’uomo che sostiene di aver vinto le presidenziali 2020 negli Stati Uniti. A sottolineare la matrice gesuitica della “piramide” che avrebbe fabbricato l’affermazione di Biden è Fausto Carotenuto, già collaboratore di Mino Pecorelli (giornalista d’indagine assassinato nel ‘79) e per anni analista strategico dell’intelligence Nato, esperto di Medio Oriente e strategia della tensione. Approdato al pensiero steineriano, Carotenuto ha fondato il network “Coscienze in Rete”, riassumendo poi la sua visione nel saggio “Il mistero della situazione internazionale”: vede in azione due “piramidi” mondiali, in apparenza contrapposte (dato che si esprimono politicamente attraverso la destra e la sinistra) ma che in realtà dominano il pianeta, alternando oppressione e libertà illusorie, con l’unico scopo di tenere l’umanità sottomessa e le coscienze addormentate, ipnotizzate dal nemico di turno creato ad arte per essere trasformato in demonio.
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Totalitarismo: il pensiero conforme dell’Imbecille Globale
A parte il corso permanente e intensivo di angoscia e terrore causa pandemia, ogni mattina, pomeriggio e sera, ovunque tu sei e a qualunque fonte d’informazione ti colleghi – video, radio, giornali, web ma anche film, concerti, omelie, lezioni a scuola o all’università, discorsi istituzionali – c’è un Imbecille Globale che ripete sempre lo stesso discorso: «Abbattiamo i muri, niente più frontiere tra popoli, fedi, razze, sessi e omosessi, non più chiusure in nazioni, generi, famiglie, tradizioni ma aperti al mondo». Te lo dice come se stesse esprimendo un’acuta e insolita opinione personale, originale; finge di ribellarsi al conformismo della chiusura e al potere del fascismo (morto da 75 anni) mentre lui, che coraggioso, che spregiudicato, è aperto, non si conforma, ha la mente aperta, il cuore aperto, le braccia aperte, è cittadino del mondo. Sfida i potenti, lui, che forte. Sta ripetendo all’infinito, da imbecille prestampato qual è, il Catechismo Precompilato dei Cretini Allineati al Canone del Tempo. Tutti per uno, uno per tutti. L’Imbecille è globale perché lui sa dove va il mondo e si sente cittadino del mondo. L’idiota planetario si moltiplica in mille versioni.C’è l’Imbecille Cantante che dal palco, ispirato direttamente dal dio degli artisti, dichiara che lui canta contro tutti i muri e tutti i razzismi. Che eroe, sei tutti noi. Poi vedi l’Imbecille Attore o Regista che dal podio lancia il suo messaggio originale e assai accorato, perfettamente uguale a quello del precedente cantautore, ma lui lo recita come se l’umanità l’ascoltasse per la prima volta dalla sua viva voce. «Io non amo i muri, non mi piace chi vuole alzare muri». Che bravo, che anticonformista. Segue a ruota l’Imbecille Intellettuale, profeta e opinionista che per distinguersi dal volgo rozzo e ignorante, dichiara anche lui la Medesima Cosa, sui muri ci piscio, morte al razzismo, morte a Hitler (defunto sempre da 72 anni), viva l’accoglienza, i neri, i gay e i trans. L’Idiota Collettivo, versione ebete dell’Intellettuale Collettivo post-gramsciano, non pensa in proprio ma scarica l’app ideologica che genera risposte in automatico. Poi c’è l’Imbecille a mezzo stampa o a mezzobusto che riscrive o recita ispirato l’identica pisciatina contro i Muri. E poi c’è il Presidente o la Presidente, che in veste d’Imbecille Istituzionale, esprime lo stesso, identico Concetto, col piglio intrepido di chi sfida i Poteri Forti (ai cui piedi è accucciato o funge da zerbino).Non c’è film, telefilm, concerto, spettacolo teatrale o sportivo, gag e omelia tv in cui non si ribadisca la lotta tra il Bene e il Male: Aperti e Filantropi contro Chiusi & Ottusi, Accoglienti contro Razzisti, Omofili contro Omofobi, Xenofili contro Xenofobi e Negrofobi. Voi quelli del Muro, noi quelli del Telepass. Le bestie da scacciare sono quasi sempre vaghe, anonime, mitologiche; e già, il male è sempre oscuro, cospira nel buio, non ha volto, solo maschere storiche o ridicole. Ma il repertorio è ricco di bersagli, quasi tutti definiti sovranisti. Tu senti uno, cambi canale e ne senti un altro idem, spegni la tv e senti alla radio un altro ma il Discorso è sempre quello, apri il giornale e leggi ancora l’Identica Opinione; a scuola idem con patate, all’Università peggio-mi-sento, i Palloni Gonfiati dai media compilano lo stesso Modello Unico. Nessuno di loro è sfiorato da dubbi, invece a te sorge un primo dubbio: è un’allucinazione o è sempre la stessa persona, l’Imbecille Globale, che cambia veste, fattezze e mansioni e ripete all’infinito l’Identico Discorso?Segue un secondo dubbio: ricordo male o eravamo in democrazia, che vuol dire libertà e pluralismo, cioè opinioni libere e divergenti a confronto? Loro non credono alla Verità, sono relativisti, però guai a dissentire dal Discorso Obbligato con fervorino finale anti-Muro. Ma possibile che tutti la pensino allo stesso modo, conformi, allineati e omologati, e ritengano che la cosa più urgente e più importante del momento, il Messaggio Unisono da dare all’Umanità sia sempre quello? Allora ti sorge un terzo dubbio. E se l’Imbecille Globale a reti unificate fosse il Grande Fratello del nostro tempo? Se fosse lui il Portavoce multiplo del Non-Pensiero Unico, cioè del nuovo regime totalitario-globalitario? E se fosse proprio quell’Uniformità Totale e quel corale accodarsi la miseria prioritaria del nostro tempo? Non so voi, ma io di quell’Imbecille Planetario che ripete il Discorso Unico e Identico all’Infinito, non ne posso più.(Marcello Veneziani, “Il pensiero conforme dell’Imbecille globale”, dal blog di Veneziani del18 novembre 2020).A parte il corso permanente e intensivo di angoscia e terrore causa pandemia, ogni mattina, pomeriggio e sera, ovunque tu sei e a qualunque fonte d’informazione ti colleghi – video, radio, giornali, web ma anche film, concerti, omelie, lezioni a scuola o all’università, discorsi istituzionali – c’è un Imbecille Globale che ripete sempre lo stesso discorso: «Abbattiamo i muri, niente più frontiere tra popoli, fedi, razze, sessi e omosessi, non più chiusure in nazioni, generi, famiglie, tradizioni ma aperti al mondo». Te lo dice come se stesse esprimendo un’acuta e insolita opinione personale, originale; finge di ribellarsi al conformismo della chiusura e al potere del fascismo (morto da 75 anni) mentre lui, che coraggioso, che spregiudicato, è aperto, non si conforma, ha la mente aperta, il cuore aperto, le braccia aperte, è cittadino del mondo. Sfida i potenti, lui, che forte. Sta ripetendo all’infinito, da imbecille prestampato qual è, il Catechismo Precompilato dei Cretini Allineati al Canone del Tempo. Tutti per uno, uno per tutti. L’Imbecille è globale perché lui sa dove va il mondo e si sente cittadino del mondo. L’idiota planetario si moltiplica in mille versioni.
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Gregoretti, giustizia politica: oggi Salvini, domani chiunque
Il caso Salvini-Gregoretti? Ne va del principio della separazione dei poteri, garanzia dello Stato di diritto. Tutto nasce da un divieto di sbarco. C’è o no c’è il reato di sequestro di persona? È un’accusa basata su una fattispecie di reato a dir poco incongrua, addirittura bizzarra. Innanzitutto non è chiaro chi sarebbero stati gli esecutori materiali del sequestro. Chi concretamente ha posto in essere la condotta criminosa? L’equipaggio? Inoltre il sequestro di persona è un reato di carattere permanente, significa che l’offesa del bene giuridico si protrae nel tempo. Il fatto è avvenuto sotto i riflettori del mondo. Sulla nave salirono anche rappresentanti delle istituzioni. A fronte di un episodio di quella gravità, al quale tutti hanno avuto modo di assistere, perché la polizia giudiziaria ad esempio non è intervenuta? Un sequestro di persona che nessuno avrebbe fatto nulla per impedire o interrompere. Dunque si tratta al massimo di un limitazione della libertà di circolazione, secondo quanto stabilito dall’articolo 16 della Costituzione. Se fosse arrivata per ipotesi un’altra nave disposta a trasferire i migranti altrove, il ministro dell’interno lo avrebbe forse impedito? No di certo. L’ipotesi del sequestro non regge nella maniera più assoluta. E comunque le libertà, tutte le libertà, non sono mai assolute, ma incontrano dei limiti.Il 20 gennaio scorso l’ex ministro Salvini ha chiesto a tutti componenti della Giunta per le immunità, compresi i senatori della Lega, di essere mandato a processo, nella convinzione di avere difeso l’interesse nazionale. Sul piano politico il messaggio è chiaro: l’ex ministro ritiene di avere agito nell’interesse dell’Italia difendendone i confini, la sovranità, il diritto-dovere del governo di regolare il fenomeno migratorio e di reprimere il traffico di esseri umani da parte di organizzazioni criminali. Il senatore Salvini ritiene pertanto di non avere nulla da temere da un processo. Ma la questione è più complessa. L’autorizzazione a procedere riguarda esattamente un punto specifico: non si entra nella fattispecie del reato di sequestro. Si deve soltanto giudicare se il ministro abbia agito ai sensi della legge costituzionale 1/1989 “per la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di governo”. Certo, si può dissentire sulla decisione di chiudere i porti. La questione è divisiva e non riguarda solo l’Italia.Guardate cosa succede quotidianamente alle frontiere francesi. Ma che la decisione dell’ex ministro fosse atto politico – e per definizione libero nel fine e insindacabile dall’autorità giudiziaria – è un dato assolutamente evidente. La concessione dell’autorizzazione a procedere da parte del Senato è un precedente pericoloso: significa che, per non essere indagati dalla magistratura, da oggi in poi si dovrebbe fare entrare in Italia, unico paese al mondo, chiunque si presentasse alle frontiere senza documenti. La questione comunque prescinde dalla persona Matteo Salvini. Oggi la questione riguarda Salvini, ma domani potrebbe riguardare qualunque altro ministro al posto suo. Domani, qualsiasi altro ministro potrebbe essere indagato dalla magistratura per avere appunto esercitato funzioni politiche. Posso dire che personalizzare la vicenda è un grave errore. Nell’autorizzazione a procedere non è in gioco l’avversario politico da abbattere, anche perché l’avversario politico non si abbatte per via giudiziaria, semmai lo si batte nelle urne. Ne va invece del principio della separazione dei poteri, postulato del moderno costituzionalismo e garanzia dello Stato di diritto.Conte ha accusato Salvini dicendo che la sua non è stata una scelta collegiale dell’esecutivo e ha distinto tra sbarco e ricollocazione: Salvini ha impedito lo sbarco, mentre il premier si occupava di trovare i paesi disposti ad accogliere. È una motivazione che non convince dal punto di vista costituzionale. Secondo l’articolo 95 della Costituzione, il presidente del Consiglio dirige la politica generale del governo e ne è responsabile, innanzitutto di fronte al Parlamento e in attuazione del mandato ricevuto. Se il presidente del Consiglio reputa inaccettabile e ingiustificabile l’atto politico o amministrativo di un ministro, ha il potere, ai sensi della legge 400/1988, di sospenderne l’adozione. Ma non c’è stato niente di tutto questo: non soltanto Conte non ha disconosciuto ufficialmente l’operato di Salvini, ma nemmeno ha sospeso la sua azione. Se non lo ha fatto, implicitamente ha avallato l’operato di un ministro che agiva con il consenso di tutto il governo. Ricordiamoci dell’articolo 40 del codice penale: “Non impedire un evento, che si ha l’obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo”.Ora Salvini potrebbe incorrere nelle due fattispecie previste: la sospensione, che ha carattere retroattivo, come ha detto la Corte Costituzionale nel 2015, e che può concretizzarsi a seguito di condanna di primo grado. Può arrivare fino a 18 mesi. L’altra misura prevista è l’incandidabilità per coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva a più di 2 anni di reclusione per reati punibili almeno fino a 4 anni. Poiché il reato di sequestro aggravato è punibile da 3 a 15 anni, si rientra anche in questa ipotesi. I tempi? Non sono fattispecie immediate, ma potrebbero prima o poi arrivare. Si apre un capitolo complesso, lungo e irto di insidie. La richiesta di autorizzazione a procedere su una questione come questa, che è politica per definizione, non sarebbe mai dovuta neppure arrivare nelle aule parlamentari. Sottoporre a sindacato giudiziario atti politici rischia di trasformare gli stessi atti giudiziari in atti politici. La deriva illiberale che ne potrebbe derivare è evidente. Ritengo che su questo gigantesco conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato si dovrà prima o poi pronunciare la Corte Costituzionale.(Ginevra Cerrina Feroni, dichiarazioni rilasciate a Federico Ferraù per l’intervista “Il voto del Senato non riguarda solo Salvini, ma tutti i politici”, pubblicata dal “Sussdiario” il 12 febbraio 2020. La professoressa Cerrina Feroni è docente ordinario di diritto costituzionale nell’università di Firenze. Il caso esaminato, com’è noto, riguarda la decisione di Salvini di impedire lo sbarco della nave Gregoretti, della Guardia Costiera, con a bordo 131 immigrati. Il 25 luglio 2019 la Gregoretti recuperò in acque Sar maltesi 50 migranti imbarcati dal peschereccio Giarratano e altri 91 da un pattugliatore della Guardia di Finanza. Vennero fatti sbarcare a Pozzallo il 31 luglio e poi redistribuiti nei paesi europei disponibili ad accoglierli).Il caso Salvini-Gregoretti? Ne va del principio della separazione dei poteri, garanzia dello Stato di diritto. Tutto nasce da un divieto di sbarco. C’è o no c’è il reato di sequestro di persona? È un’accusa basata su una fattispecie di reato a dir poco incongrua, addirittura bizzarra. Innanzitutto non è chiaro chi sarebbero stati gli esecutori materiali del sequestro. Chi concretamente ha posto in essere la condotta criminosa? L’equipaggio? Inoltre il sequestro di persona è un reato di carattere permanente, significa che l’offesa del bene giuridico si protrae nel tempo. Il fatto è avvenuto sotto i riflettori del mondo. Sulla nave salirono anche rappresentanti delle istituzioni. A fronte di un episodio di quella gravità, al quale tutti hanno avuto modo di assistere, perché la polizia giudiziaria ad esempio non è intervenuta? Un sequestro di persona che nessuno avrebbe fatto nulla per impedire o interrompere. Dunque si tratta al massimo di un limitazione della libertà di circolazione, secondo quanto stabilito dall’articolo 16 della Costituzione. Se fosse arrivata per ipotesi un’altra nave disposta a trasferire i migranti altrove, il ministro dell’interno lo avrebbe forse impedito? No di certo. L’ipotesi del sequestro non regge nella maniera più assoluta. E comunque le libertà, tutte le libertà, non sono mai assolute, ma incontrano dei limiti.
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Meglio gay che sovranisti: così Bergoglio “riscrive” la Bibbia
Qual era il peccato di Sodoma? Per quale motivo il Dio dell’Antico Testamento fece piovere «zolfo e fuoco» su di essa e la distrusse «con tutti gli abitanti e la vegetazione del suolo»? Chi pensa che il grande vizio dei sodomiti fosse la sodomia, non ha capito nulla. Perché è vero che «gli uomini di Sodoma erano perversi e peccavano molto contro il Signore» (Genesi 13:13), però la loro perversione, scopriamo adesso grazie ai teologi di Jorge Mario Bergoglio, era la difesa dei confini, il rifiuto di accogliere gli immigrati. «In una parola, quello che oggi va sotto il nome di sovranismo», scrive Fausto Carioti su “Libero”. «Contrordine fedeli, dunque». “Bella ciao” cantata in chiesa e l’anatema del vescovo di Mazara secondo cui «chi è con Salvini non può dirsi cristiano» sono fenomeni superficiali. «La rivoluzione in atto nella Chiesa è assai più profonda, punta a dare ai cristiani una nuova dottrina», scrive Carioti. «Se andrà in porto o meno lo vedremo, ma il tentativo è smaccato e lo conferma “Che cosa è l’uomo?”, ambiziosissimo libro di 330 pagine» appena stampato dalla Libreria editrice vaticana e scritto dalla Pontificia Commissione Biblica «su richiesta del Papa in persona», ha fatto sapere il gesuita Pietro Bovati, segretario della stessa commissione e allievo di Carlo Maria Martini.Gli autori, spiega “Libero”, presentano il volume come «un’interpretazione fedele dell’intera Sacra Scrittura riguardo al tema antropologico», ma così dicendo peccano di falsa modestia. In quelle pagine, scrive Carioti, c’è il tentativo di adeguare ai tempi nuovi la Bibbia e con essa l’intera Chiesa, «relativizzando insegnamenti che per due millenni sono sembrati assoluti ad apostoli, Papi e fior di teologi, e spostando l’attenzione su altri “gravissimi” scandali, tipici della morale bergogliana». Proprio nelle pagine dedicate a Sodoma questo disegno modernista è più evidente. «Qual è stato in realtà il peccato di Sodoma, meritevole di una così esemplare punizione?», chiedono i dotti della commissione pontificia. Subito assicurano che esso non era «la trasgressione sessuale praticata nei confronti di persone dello stesso sesso», nonostante l’abitudine della casa fosse quella. Del resto, spiegano, «non troviamo nelle tradizioni narrative della Bibbia indicazioni concernenti pratiche omosessuali, né come comportamenti da biasimare, né come atteggiamenti tollerati o accolti con favore». Secondo Carioti, si ignora quindi il passo del Levitico in cui si legge: «Non giacerai con un maschio come si fa con una donna, è una cosa abominevole», e si prevede la condanna «a morte» per i trasgressori.Però gli studiosi di Bergoglio sembrano considerarlo un ammonimento secondario: «Non si ha notizia che tale sanzione sia mai stata applicata», affermano. «Possiamo ritenere che la normativa del Levitico intendesse tutelare e promuovere un esercizio della sessualità aperto alla procreazione, in conformità con il comando del Creatore agli esseri umani». Poche parole, sintetizza Carioti, per distruggere due millenni di certezze. «Sulla gravità dell’atto omosessuale si erano espressi, tra i tanti, l’apostolo Paolo, escludendo i sodomiti dal novero di coloro che erediteranno il regno dei cieli, il Concilio di Trento e un certo Giovanni Paolo II, che nell’enciclica Veritatis Splendor inserì la sodomia tra gli atti “irrimediabilmente cattivi”». Le cose, però, devono essere cambiate. La vera offesa degli abitanti di Sodoma agli occhi di Dio, ci informano i biblisti bergogliani nel loro libro, fu infatti avere rifiutato di accogliere i due angeli inviati dal Signore sotto forma di viandanti stranieri. Quel racconto, scrivono, «illustra un peccato che consiste nella mancanza di ospitalità, con ostilità e violenza nei confronti del forestiero, comportamento giudicato gravissimo e meritevole perciò di essere sanzionato con la massima severità».Il rifiuto del diverso, dello straniero bisognoso e indifeso, «è principio di disgregazione sociale», secondo gli autori vaticani, «avendo in se stesso una violenza mortifera che merita una pena adeguata». Sodoma è trasformata così in «un caso di porti chiusi ante litteram», commenta il portale cattolico “La Bussola”, il primo a denunciare l’operazione. E «l’ossessione immigrazionista» della Chiesa bergogliana «diventa criterio esegetico del testo sacro». In questo modo, chiosa Carioti, il cerchio si chiude, «e noialtri peccatori sappiamo qualcosa in più: la Bibbia non condanna la sodomia, però ritiene la distruzione di una città pena consona per chi non apre le porte agli immigrati. Salvini e quel 31% di italiani – tantissimi dei quali cattolici – che stanno con lui sono avvisati, saranno trattati come sodomiti». Per sdoganare teologicamente l’omosessualità, ferocemente discriminata per secoli, c’è dunque bisogno di creare un nemico alternativo? Peraltro, svariati biblisti concordano su un punto: insieme alle altre tre città della Pentapoli nella regione del Mar Morto, Sodoma e Gomorra furono spietatamente punite da Yahwè per una colpa essenzialmente politica: l’aver disobbedito al capo supremo. In cosa?«E’ evidente che Sodoma, Gomorra e le altre città della regione furono colpite in modo devastante per una ragione eminentemente politica: stavano per cambiare alleanze, abbandonando quella con Yahwè». Lo sostiene Mauro Biglino, autore di bestseller che propongono una sconcertante rilettura – letterale – dell’Antico Testamento, basata su traduzioni non teologiche, ma testuali. Premessa: «Il personaggio Yawhè non è in alcun modo un Dio: non è onnipotente, né onnisciente, né immortale. E’ solo uno dei tanti Elohim di cui la Bibbia parla, come Kamosh e Milkom, che guidavano altre tribù ebraiche in concorrenza con i seguaci di Yahwè, gli israeliti». La Bibbia è piena di guerre tra tribù, con Yahwè da una parte, opposto ai suoi “concorrenti”. Chi erano gli Elohim, scambiati per divinità? «Esattamente non lo sappiamo», ammette Biglino: «Nessuno conosce il significato di quella parola, poi tradotta con il termine “Dio” in epoca successiva, quando nacque la religione». In origine, la Bibbia – in cui sono assenti i concetti di divinità, anima e spiritualità – prefigura una situazione di pluralismo: in un passo, agli Elohim il loro capo (Elyon) ricorda che fanno male a essere prepotenti con gli umani, perché un giorno moriranno, come loro.Quando gli Elohim smisero di essere visibili, si affermò una sorta politeismo enoteistico: gli dèi sono tanti – scriverà secoli dopo lo stesso San Paolo – ma noi ne seguiamo uno solo. Il problema? L’istituzione religiosa ignora deliberamente il significato letterale del testo biblico, accusa Biglino, deformandolo all’occorrenza per far dire alla Bibbia quello che la politica del momento suggerisce. Sodoma? Fu distrutta con “l’arma del terrore” scagliata dal cielo, perché stava tradendo l’alleanza militare con Yahwè. I testi mesopotamici descrivono gli effetti della micidiale “arma del terrore”, una sorta di “nube nucleare” che fece strage fin nella valle dell’Eufrate. I testi indiani parlano di “tejas-astras” armi a energia diretta. Gli studiosi della paleo-astronautica sostengono le divinità antiche altro non fossero che gli antenati degli odierni extraterrestri. Il vescovo cristiano Eusebio di Cesarea dà credito al fenicio Sanchuniaton, vissuto nel 1200 avanti Cristo, secondo cui la casta sacerdotale fabbricò le religioni per mascherare la vera idenità di quelle “divinità” dispotiche e pericolose. La stessa Bibbia è stata costantemente manomessa fino all’epoca medievale di Carlomagno, piegando i versetti antichi alle più disparate interpretazioni “politiche”. Singolare che tuttora, nel 2019, si ricorra al racconto di Sodoma e Gomorra (privo di fonti, come tutto l’Antico Testamento) per intervenire in modo nettissimo nella ordinaria politica italiana.Qual era il peccato di Sodoma? Per quale motivo il Dio dell’Antico Testamento fece piovere «zolfo e fuoco» su di essa e la distrusse «con tutti gli abitanti e la vegetazione del suolo»? Chi pensa che il grande vizio dei sodomiti fosse la sodomia, non ha capito nulla. Perché è vero che «gli uomini di Sodoma erano perversi e peccavano molto contro il Signore» (Genesi 13:13), però la loro perversione, scopriamo adesso grazie ai teologi di Jorge Mario Bergoglio, era la difesa dei confini, il rifiuto di accogliere gli immigrati. «In una parola, quello che oggi va sotto il nome di sovranismo», scrive Fausto Carioti su “Libero“. «Contrordine fedeli, dunque». “Bella ciao” cantata in chiesa e l’anatema del vescovo di Mazara secondo cui «chi è con Salvini non può dirsi cristiano» sono fenomeni superficiali. «La rivoluzione in atto nella Chiesa è assai più profonda, punta a dare ai cristiani una nuova dottrina», scrive Carioti. «Se andrà in porto o meno lo vedremo, ma il tentativo è smaccato e lo conferma “Che cosa è l’uomo?”, ambiziosissimo libro di 330 pagine» appena stampato dalla Libreria editrice vaticana e scritto dalla Pontificia Commissione Biblica «su richiesta del Papa in persona», ha fatto sapere il gesuita Pietro Bovati, segretario della stessa commissione e allievo di Carlo Maria Martini.
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La truffa delle Sardine, ennesimo pacco rifilato agli italiani
Vi faccio una domanda: credete che agli italiani l’establishment centro-europeo riuscirebbe a far accettare la mannaia (alta disoccupazione, giovani che emigrano, alte tasse su acqua, luce, gas, benzina, tagli ai servizi essenziali) se non si appoggiasse alle minoranze, cioè ai movimenti? Le più note sono quelle radical-chiccose che parlano di accoglienza raccontandola come nei cartoni animati, le Femen con le tette di fuori, le droghe libere, le anticlericali, le Lgbt, le pro-suicidio (cosa ben diversa dall’eutanasia), le “pro” clima (dove eravate quando ci fu il referendum contro le trivelle?); “magari” un domani ci propineranno quelle per la pedofilia. Questi soggetti hanno a cuore un solo obiettivo e si prestano a tutto pur di ottenerlo, dimostrando un odio viscerale contro tutto ciò che parla d’altro; e infatti sono le prime ad appoggiare quelle “riforme” che ci lasciano in condizioni pessime, sempre più precarie. La finanza quindi pesca qua perché sa di poterlo fare, conosce i gruppi umani nei loro difetti più di quanto tali gruppi conoscano se stessi. Al capitale parassitario ed evasore, a cui peraltro paghiamo una tangente occulta di svariate decine di miliardi di euro l’anno, bastano questi elettori più il controllo dell’apparato e dei mezzi di comunicazione per dirigere le danze e rendere la democrazia un paravento.Non ci si stupisca, quindi, se ci indebitiamo, se non abbiamo soldi per il futuro delle nuove generazioni e se il Pd, pur perdendo puntualmente le elezioni, è sempre al governo e nei ministeri che contano (ad esempio all’economia). Da una di queste dinamiche, in molte parti del mondo, nascono fenomeni come le Sardine che puntano sull’andare di “moda” (grazie all’appoggio delle Tv) e che in Italia cercano di far rientrare voti da dove sono usciti, voti persi a causa del fatto che parte dell’elettorato storico del Pci/Pds ha un’altra idea di sinistra. Qualcosa di prodromico fu sperimentato negli anni ‘70 dal Pci visto che, dopo l’omicidio Moro, Berlinguer si arrese alla Cia e sposò il cosiddetto eurocomunismo, cioè l’impegno a rinunciare gradualmente ai diritti sociali sostituendo i voti persi dalle classi operaie con quelli dei movimenti. Avete mai sentito le Sardine porre come target la piena occupazione o l’emettere moneta per investire in acquedotti pubblici sicuri e di alta qualità in ogni angolo d’Italia? Come no? Ma non erano contro la CO2?Avete mai sentito critiche contro la moneta tedesca chiamata euro? Io ho ascoltato a reti unificate solo una narrazione di comodo che ci parla di “Europa bella bella”; peccato che tedeschi e francesi non la pensino così e siano sovranisti in economia, finanza, lavoro e sui temi migratori, cioè alla radice del vivere! E una lotta senza quartiere per impedire l’erogazione della tangente di cui sopra? Hanno mai citato i crimini francesi in Niger e la mannaia del franco Cfa in Africa occidentale? Dov’eravano, le Sardine, quando ci fu da difendere la Costituzione nel 2012 da Monti (che ci infilò pareggio di bilancio e Fiscal Compact) e nel 2016 quando ci provò Matteo Renzi? No, signori: se la sinistra è ciò che penso io, le Sardine sono una truffa. E non sono in una scatoletta, sono un pacco.(Marco Giannini, Libreidee, 16 dicembre 2019).Vi faccio una domanda: credete che agli italiani l’establishment centro-europeo riuscirebbe a far accettare la mannaia (alta disoccupazione, giovani che emigrano, alte tasse su acqua, luce, gas, benzina, tagli ai servizi essenziali) se non si appoggiasse alle minoranze, cioè ai movimenti? Le più note sono quelle radical-chiccose che parlano di accoglienza raccontandola come nei cartoni animati, le Femen con le tette di fuori, le droghe libere, le anticlericali, le Lgbt, le pro-suicidio (cosa ben diversa dall’eutanasia), le “pro” clima (dove eravate quando ci fu il referendum contro le trivelle?); “magari” un domani ci propineranno quelle per la pedofilia. Questi soggetti hanno a cuore un solo obiettivo e si prestano a tutto pur di ottenerlo, dimostrando un odio viscerale contro tutto ciò che parla d’altro; e infatti sono le prime ad appoggiare quelle “riforme” che ci lasciano in condizioni pessime, sempre più precarie. La finanza quindi pesca qua perché sa di poterlo fare, conosce i gruppi umani nei loro difetti più di quanto tali gruppi conoscano se stessi. Al capitale parassitario ed evasore, a cui peraltro paghiamo una tangente occulta di svariate decine di miliardi di euro l’anno, bastano questi elettori più il controllo dell’apparato e dei mezzi di comunicazione per dirigere le danze e rendere la democrazia un paravento.
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Monti e Berlusconi in piazza con le Sardine, il Mes ringrazia
Ovazioni a Mattarella e piazze piene di Sardine. L’Italia? Minacciata dal Mes. Ma non ne parlano né il capo dello Stato, né i “pesciolini” che odiano Salvini. Cha razza di cortocircuito è mai questo? E per quale motivo il presidente della Repubblica dovrebbe meritarsi un tributo circense, da impero romano, alla prima della Scala? E perché i ragazzi-sardina (coccolati dal massimo potere, giornali e televisioni) ora cianciano di buoni sentimenti, evitando però di citare qualsiasi rogna che affligga il paese, tacendo persino di fronte al letale Fondo Ammazza-Stati? Ragazzi per modo di dire, poi: perché, oltre ai Papa-Boys attesi a Roma per l’annunciata consacrazione politica del 14 dicembre, nell’acquario delle Sardine si tuffa felice l’arci-nemico degli italiani, Mario Monti, insieme a lady Francesca Pascale, domestica sodale di quello stesso Berlusconi fischiato per anni e demonizzato dagli antenati delle Sardine, Girotondini e Popolo Viola. Ancora: dal trampolino di Torino (città che riesce sempre a brillare di luce propria, in questa Italia al tramonto) nella piscina di lusso delle Sardine si accingono a sguazzare anche le Madamine Sì-Tav, tipico esempio sabaudo di rivoluzione colorata (di palazzo, anzi di salotto, e di strettissima osservanza Fiat-Pd). E tutto questo, per cosa? Per fermare l’Uomo Nero?Seriamente: un tale polverone, fondato sulla nulla, servirebbe sostanzialmente a impedire che in Emilia Romagna, dopo 40 anni, possa governare qualcun altro, al posto del Pci-Pds-Ds-Pd? Ma l’alternanza, in teoria, non sarebbe il sale della democrazia? Non sono democratiche, le Sardine? Hanno paura, anche loro, degli elettori italiani? Sono le Marie Antoniette del terzo millennio, cucinate all’amatriciana, nel paese semiserio di Di Maio? Sono il riflesso tricolore della fobia per la democrazia manifestata dal supremo potere globalista neoaristocratico e dai suoi media di regime, spiazzati negli ultimi anni dalle proteste populiste? Domande retoriche, che Gioele Magaldi rilancia nel vuoto pneumatico della non-politica in cui sta affondando il paese. Penosa, la scialuppa di Conte e Zingaretti, con le sue euro-protesi ortopediche (Gualtieri, Gentiloni, Ursula-Sassoli). Pericolante navicella su cui sgomita Renzi, mentre gli effimeri 5 Stelle svaniscono come neve al sole. Tutti i sondaggi, intanto, decretano un unico verdetto: gli italiani oggi darebbero fiducia proprio a lui, l’orrendo Uomo Nero, in tandem con la sua collega romana e altrettanto tribunizia, Giorgia Meloni. Brrr, che paura: arrivano i fascisti?Questa la linea pletorica del Piave, su cui si accampa il branco delle Sardine. Parola d’ordine: volemose bene, morte al puzzone. «Cioè, fatemi capire: “morto” Salvini, i problemi dell’Italia sarebbero risolti?». Fondato nel 2015, il Movimento Roosevelt (di cui Magaldi è presidente) predica il ritorno alla sovranità della politica. Si spende – in modo trasversale – per spingere i partiti a ritrovare il loro posto nella storia: meglio se si spogliano dei loro panni di maggiordomi del potere finanziario. Da Milano, in un recente convegno, i “rooseveltiani” (tra cui l’economista Nino Galloni) hanno evocato il fantasma di Olof Palme, ineguagliato campione mondiale del welfare. Non sarebbe l’eroe perfetto, per le Sardine? A quanto pare, no: sembra non interessi, l’esplosivo cocktail tra diritti civili e diritti sociali. Cioè: ben venga l’accoglienza dei migranti, benché spacciata come unico surrogato di felicità obbligatoria, in un paese derubato da poteri superiori. Vogliamo dimenticare gli anziani impoveriti, che faticano ad arrivare alla fine del mese? O i giovani laureati costretti a fare i camerieri, se non a fuggire all’estero? Qui crollano i viadotti, si ferma l’Ilva. Disoccupazione, precarietà, rassegnazione: è il tragico declino del sistema-Italia, ma per Palazzo Chigi va tutto bene. Sardine, dove siete? Su che pianeta vivete?Pazzesco, dice Magaldi, l’endorsement del funesto Mario Monti: dove passa lui, non cresce più l’erba. Gli italiani lo ricordano cone un Attila in doppiopetto: è il boia che ha imposto la legge Fornero, il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio in Costituzione. Che c’azzecca, con le Sardine? E che dire della Pascale, ventriloqua di quel Cavaliere sempre pronto a qualsiasi inciucio, con chiunque, pur di garantirsi un posto al sole lasciando il paese sottomesso ai poteri neo-feudali che lo ricattano? Begli amici, care Sardine: ma chi siete, veramente? «Cosa volete? Non lo si è ancora capito (a parte la morte politica di Salvini, ovviamente). Se volessi scendere in piazza con voi, da semplice cittadino – domanda Magaldi – voi Sardine cosa mi proporreste, di preciso?». Le idee non mancherebbero. Tanto per cominciare, un’Unione Europea (quella di oggi, la Disunione Europea, è solo il comitato d’affari di potentati privati). Non c’è una Costituzione democratica, né un governo federale eletto dai popoli, tramite il Parlamento Europeo. Non c’è una politica estera comune. Non c’è nemmeno una politica fiscale: il Conte-bis si appresta a vessare ulteriormente il signor Rossi, mentre l’Ue ammette che Olanda e Lussemburgo restino paradisi fiscali dov’è più conveniente pagare le tasse, se ti chiami Fiat-Fca.E tutto questo le Sardine non lo sanno? Non lo capiscono, che il loro chiasso contro un falso obiettivo (Salvini) è un regalo favoloso per gli sfruttatori del Belpaese? Non si domandano il perché di tanta calorosa accoglienza, da parte di quei media che nel 2011 stesero un tappeto rosso al macellaio Monti? Quanto alla Lega, Magaldi non fa sconti: deve fare ancora tanta strada, l’ex Carroccio, se vuole davvero candidarsi ad aiutare l’Italia a rialzare la testa. «Se non altro – puntualizza il presidente del Movimento Roosevelt – Salvini ha almeno il merito di averci provato, a contestare lo status quo, attaccando il regime dello spread con l’aiuto dei suoi economisti keynesiani come Bagnai e Rinaldi». Certo non l’ha fatto Mattarella, che nel 2018 ha stoppato il professor Paolo Savona negandogli il ministero dell’economia. «Stiamo parlando di un ex ministro di Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica e, prima ancora, governatore di Bankitalia». A proposito: l’attuale capo della banca centrale, Ignazio Visco, ha lanciato l’allarme: il Mes potrebbe devastare le banche italiane e prosciugare i conti correnti. Dai palazzi del governo, silenzio. Idem dalle piazze: non è roba per Sardine, il Mes. In compenso, applausi a Mattarella dal lussuoso parterre milanese della lirica.Ma scusate, insiste Magaldi: «Che particolari meriti avrebbe, il capo della Stato? Ha silurato Savona, sostenendo di voler proteggere l’Italia dai mercati. E ora rieccoli, i mercati, in grande spolvero col Mes: la più grande minaccia per la finanza italiana e per i risparmiatori». Un trattato-capestro, «da respingere in blocco». Silenti le Sardine, chi si agita contro il Mes? Lui: Salvini. Ve lo figurate, un Mes, in un’Europa in cui ci fosse ancora un tipo come Olof Palme, fuoriclasse scandimavo dello Stato sociale? Era il vero leader carismatico dei socialisti europei: le Ilva svedesi le supportava coi soldi del governo, imponendo un management più vicino ai lavoratori. Socialismo liberale: assassinato – con Palme – nel 1986, a Stoccolma, proprio perché (sgombrato il campo dai progressisti, quelli veri) potesse nascere questo aborto di Ue, questa Eurozona infame e senza eurobond, in mano ai banchieri privati della Bce, unici sovrani di mezzo miliardo di persone. Arbitrio e business, senza democrazia, grazie anche al sangue di Olof Palme e di tutti gli altri combattenti, caduti nelle varie macellerie mediatiche, giudiziarie e criminali di quest’Europa tragica e ridicola. Ultima puntata della farsa: le Sardine in piazza contro Salvini. Insieme a Mario Monti, la Pascale e le Madamine Sì-Tav. Prosit: morte al leghista, e buon Natale a tutti.Ovazioni a Mattarella e piazze piene di Sardine. L’Italia? Minacciata dal Mes. Ma non ne parlano né il capo dello Stato, né i “pesciolini” che odiano Salvini. Che razza di cortocircuito è mai questo? Per quale motivo, peraltro, il presidente della Repubblica dovrebbe meritarsi un tributo circense, da impero romano, alla prima della Scala? E perché i ragazzi-sardina (coccolati dal massimo potere, giornali e televisioni) ora cianciano di buoni sentimenti, evitando però di citare qualsiasi rogna che affligga il paese, tacendo persino di fronte al letale Fondo Ammazza-Stati? Ragazzi per modo di dire, poi: perché, oltre ai Papa-Boys attesi a Roma per l’annunciata consacrazione politica del 14 dicembre, nell’acquario delle Sardine si tuffa felice l’arci-nemico degli italiani, Mario Monti, insieme a lady Francesca Pascale, domestica sodale di quello stesso Berlusconi fischiato per anni e demonizzato dagli antenati delle Sardine, Girotondini e Popolo Viola. Ancora: dal trampolino di Torino (città che riesce sempre a brillare di luce propria, in questa Italia al tramonto) nella piscina di lusso delle Sardine si accingono a sguazzare anche le Madamine Sì-Tav, tipico esempio sabaudo di rivoluzione colorata (di palazzo, anzi di salotto, e di strettissima osservanza Fiat-Pd). E tutto questo, per cosa? Per fermare l’Uomo Nero?
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L’Italia crolla, ma le piazze si sfogano contro l’Uomo Nero
Addosso al puzzone, abbasso Salvini. Tutto qui. Piazze piene, per ridare fiato allo smarrito Conte-bis, all’impalpabile Pd zingarettiano, agli ex finto-rivoluzionari grillini. Giornali e televisioni sono preda dei debunker, dei disinformatori di professione, ma ai giovani sardinizzati questo non sembra dar fastidio. Quanti di loro, del resto, hanno fatto la òla a Greta Thunberg, sapendo con assoluta certezza che siamo noi, umani, a determinare le continue oscillazioni del clima di cui è fatta la storia del pianeta? Se quello attorno a Greta è una specie di cospirazionismo autorizzato e irreggimentato, restano in ordine sparso gli altri complottisti, i quali vedono davanti a sé un mostro praticamente invincibile, il Sistema. Che fortuna, per il Sistema, poter contare su un Salvini qualsiasi: non ci fosse, toccherebbe prendersela col governo. Si veda l’empia spudoratezza dei 5 Stelle, la loro inquietante disinvoltura nel mentire agli elettori. Non dovevano rimettere il cittadino al centro della politica? In chat con Massimo Mazzucco, un suo lettore (Aristide Capacchioni) aggiorna la fisionomia della vera “Trilaterale” provvisoriamente al comando: «I 5 Stelle – scrive – hanno messo il cittadino al centro del 5G, al centro dei vaccini e al centro dell’Europa».Tre temi da niente, si capisce: non a caso è proprio il terzo, sotto forma di Mes, a regalare notti insonni persino a un super-tecnocrate come Ignazio Visco, governatore di Bankitalia. Ma non c’è speranza che le attuali, ribollenti piazze “ittiche” accennino all’ultimo trattato-capestro, che imporrebbe allo Stato di ridurre il debito prosciugando i conti correnti. Crollano i viadotti, ma l’agenda del dicorso pubblico autorizzato non contempla l’ovvio, e cioè che lo Stato – gambizzato dal 1981 dal divorzio fra Tesoro e banca centrale – non ha più i soldi per provvedere alla manutenzione e alla sicurezza. Abbiamo cominciato a perdere, dice il saggista Gianfranco Carpeoro, da quando ci siamo messi a sbraitare contro qualcuno, anziché per qualcosa: e abbiamo perso tutti, regolarmente, sempre. Non l’abbiamo capito ancora che l’Uomo Nero, volente o nolente, finisce per essere lì apposta per distrarci? In Italia, poi, oggi siamo scesi tra gli scantinati del grottesco: il Moloch non è neppure al governo, sta nelle retrovie dell’opposizione. Ha esasperato milioni di persone la sua insistenza propagandistica e monotematica sugli sbarchi: come se il business dei migranti fosse il maggiore problema del paese.Una gara virtuosa, in ogni caso: compatti, gli avversari, nel tacciare d’infamia il capo della Lega – un bruto senza cuore, contrario all’istituto dell’accoglienza – sdoganando in questo l’idea che in fondo sia normale rendere eterna l’ingiustizia di chi è costretto a lasciare il proprio paese, minato dalle stesse oligarchie predatrici che poi, da questa parte del Mediterraneo, tendono la loro mano caritatevole (a spese del contribuente, si capisce). Chissà cosa si dissero, all’orecchio, Macron e Bergoglio nel giugno del 2018, quando il pontefice cattolico chiamò a sé, nel momento di massima tensione fra Parigi e Roma, proprio il politico francese che fece definire “vomitevole” la politica dell’Italia gialloverde. Quanto a Salvini, non è andato oltre l’1% dei propositi di risanamento del paese, di liberazione dal giogo dell’élite franco-tedesca che ha spolpato l’economia italiana. Eppure, quell’1% basta e avanza per riempire le piazze infervorate contro il Mostro. Per il 99% degli argomenti niente da fare, bisognerà aspettare che l’Italia finisca di crollare?(Giorgio Cattaneo, 2 dicembre 2019).Addosso al puzzone, abbasso Salvini. Tutto qui. Piazze piene, per ridare fiato allo smarrito Conte-bis, all’impalpabile Pd zingarettiano, agli ex finto-rivoluzionari grillini. Giornali e televisioni sono preda dei debunker, dei disinformatori di professione, ma ai giovani sardinizzati questo non sembra dar fastidio. Quanti di loro, del resto, hanno fatto la òla a Greta Thunberg, sapendo con assoluta certezza che siamo noi, umani, a determinare le continue oscillazioni del clima di cui è fatta la storia del pianeta? Se quello attorno a Greta è una specie di cospirazionismo autorizzato e irreggimentato, restano in ordine sparso gli altri complottisti, molti dei quali vedono davanti a sé un mostro praticamente invincibile, il Sistema. Che fortuna, per il Sistema, poter contare su un Salvini qualsiasi: non ci fosse, toccherebbe prendersela col governo. Si veda l’empia spudoratezza dei 5 Stelle, la loro inquietante disinvoltura nel mentire agli elettori. Non dovevano rimettere il cittadino al centro della politica? In chat con Massimo Mazzucco, un suo lettore (Aristide Capacchioni) aggiorna la fisionomia della vera “Trilaterale” provvisoriamente al comando: «I 5 Stelle – scrive – hanno messo il cittadino al centro del 5G, al centro dei vaccini e al centro dell’Europa».
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Autopsia degli italiani: il nostro sistema-paese sta sparendo
Cos’hanno in comune le coppie che non vogliono avere figli, i ragazzi che se ne vanno all’estero, i pensionati che prendono la cittadinanza in paesi dove il costo della vita e delle tasse è più basso; oppure quanti rigettano i simboli viventi della vita italiana, dal crocifisso al presepe, quelli che chiedono di abbattere le frontiere e di lasciar entrare chiunque decida di vivere da noi e i censori che condannano chiunque voglia tutelare la nostra identità nazionale? Concorrono tutti, spesso a loro insaputa, al suicidio degli italiani o se preferite alla loro eutanasia. Corale, anche se spesso individuale. Molti di loro hanno buone ragioni personali, concrete e contingenti per le loro scelte e le loro rinunce. Non fanno figli perché si sentono precari, non hanno lavoro stabile né casa adeguata né sostegni di alcun tipo per metterli al mondo. Oppure vanno via dall’Italia perché qui non trovano lavoro, non vedono riconosciuti i loro studi, i loro meriti, la loro capacità. O ancora, abbandonano il paese perché sono tartassati e qui non ce la fanno a mantenere uno standard di vita adeguato, non si sentono garantiti come pensionati, temono la criminalità e sono disamorati del loro paese.Altri considerano l’Italia un corridoio umanitario, un luogo di transito e di approdo per chiunque voglia; reputano sacrosanto accogliere tutti, anche se sbarcati clandestinamente, perché sono umanitari, si mettono nei panni di chi parte, di chi arriva e sempre meno nei panni di chi fu, è o sarà italiano. O ancora: vogliono aprirsi al mondo e dar posto ad altri modi e modelli di vita, sono xenofili, desiderano le storie d’altri, sono stanchi delle proprie. Ragioni diverse tra loro, assolutamente non accorpabili e diseguali anche sul piano etico, diversamente rispettabili, ma il risultato è uno solo: si pongono mentalmente o fisicamente fuori dal loro paese, contribuiscono alla fine degli italiani, a cominciare da se stessi. Ciascuno a suo modo, spesso in buona fede e con le migliori intenzioni, stacca la spina all’Italia, concorre alla scomparsa degli italiani, si dimette da italiani o non ne garantisce la prosecuzione; accelera la cessazione della nazione e dell’identità collettiva. Per non dire dell’autodenigrazione nazionale e del diffuso vizio di rappresentare il mondo sempre a rovescio: i buoni sono quelli che vengono da fuori, i cattivi sono quelli di dentro.E tralascio la cornice di un paese in via di dismissione, marchi distintivi che vanno all’estero, aziende che chiudono, l’Italia che perde l’auto, il burro e l’acciaio, l’auto. Si cambia paese come si cambia gestore telefonico perché è più vantaggioso. Il dispatrio diventa solo una voltura. Sopravvivono come individui, come cittadini del mondo, come nomadi, utenti e consumatori, come esuli o profughi dal nostro paese, ma si cancellano come italiani, come famiglie, come abitati di una terra, di una città, scelgono l’evacuazione, la desertificazione, alimentano la sostituzione di popolo. Non riusciamo più a vedere le cose dal punto di vista sociale, comunitario, nazionale e tantomeno con lo sguardo storico e connesso al rapporto tra le generazioni; le vediamo solo dal punto di vista individuale, soggettivo, utilitario e contingente. O peggio, ideologico. Non riusciamo più a capire il senso storico di quel che stiamo vivendo e facendo, ci occupiamo solo dell’occasione del momento, siamo interamente immersi nella situazione, non siamo in grado di proiettare le scelte immediate nel futuro, di capirne gli effetti e di rapportarli al mondo circostante.Eppure sta avvenendo un processo storico importante e letale. È l’eutanasia di un popolo, di una nazione, di una civiltà. Ma se lo dici rischi pure di essere perseguitato a norma di legge come se la preoccupazione per la vita del tuo paese e del tuo popolo, fosse una forma di odio, di razzismo e di disprezzo nei confronti degli altri. È chiaro che l’italianità non si misura dal colore della pelle, e nemmeno da altri indicatori superficiali. Anzi, chi si affida solo a quelli già è estraneo allo spirito di una nazione, non capisce l’importanza di un’identità, di una cultura, di una tradizione nazionale. Ci sono bianchissimi e purissimi italiani che sono meno italiani nella testa e nel cuore di tanti altri, oriundi o sopraggiunti. Come si fronteggia il suicidio degli italiani? Innanzitutto assumendone coscienza, diventando consapevoli di quel che sta accadendo; poi cercando con realismo, senza velleità, possibili rimedi e possibili alternative ai percorsi ritenuti obbligati della deitalianizzazione in automatico; infine studiando, sollecitando e promuovendo iniziative, programmi, politiche, per rispondere al fenomeno e incoraggiarne la ripresa, a ogni livello.Invece non vedo niente di tutto questo, se non qualche scaramuccia di basso livello su qualche minchiata secondaria, come il caso Balotelli o poco altro. In particolare trovo sconfortante un’area politica che pure è maggioritaria nel paese ma si lascia dettare l’agenda dalla dittatura del politically correct e si limita a saltare o a non saltare al comando dei circensi. L’ultimo è stato il caso Segre, con la relativa commissione anti-odio, così prefabbricato. Prendete voi iniziative in senso inverso piuttosto che limitarvi a discutere se acconsentire, astenervi o respingere le iniziative altrui, nate al puro scopo di mettervi in difficoltà, spaccarvi e mantenere il bastone del comando, imponendo il loro canone. Anche perché nel caso in questione, non è in gioco una parte politica o una spicciola convenienza elettorale. È in gioco un popolo, una storia, una patria; il loro passato e il loro futuro.(Marcello Veneziani, “Il suicidio degli italiani”, da “La Verità” del 7 novembre 2019; articolo ripreso dal blog di Veneziani).Cos’hanno in comune le coppie che non vogliono avere figli, i ragazzi che se ne vanno all’estero, i pensionati che prendono la cittadinanza in paesi dove il costo della vita e delle tasse è più basso; oppure quanti rigettano i simboli viventi della vita italiana, dal crocifisso al presepe, quelli che chiedono di abbattere le frontiere e di lasciar entrare chiunque decida di vivere da noi e i censori che condannano chiunque voglia tutelare la nostra identità nazionale? Concorrono tutti, spesso a loro insaputa, al suicidio degli italiani o se preferite alla loro eutanasia. Corale, anche se spesso individuale. Molti di loro hanno buone ragioni personali, concrete e contingenti per le loro scelte e le loro rinunce. Non fanno figli perché si sentono precari, non hanno lavoro stabile né casa adeguata né sostegni di alcun tipo per metterli al mondo. Oppure vanno via dall’Italia perché qui non trovano lavoro, non vedono riconosciuti i loro studi, i loro meriti, la loro capacità. O ancora, abbandonano il paese perché sono tartassati e qui non ce la fanno a mantenere uno standard di vita adeguato, non si sentono garantiti come pensionati, temono la criminalità e sono disamorati del loro paese.
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Di Maio ci offre un caffè: tanto vale il taglio delle Camere
Sapete quanto vale, nelle nostre tasche, il regalone che ci ha appena fatto Luigi Di Maio con il taglio di un terzo dei parlamentari? Un caffè all’anno, per ognuno di noi. Che lusso, davvero. A fare il conticino della vergogna è l’antropologo Marco Giannini, già grillino “eretico”, in rotta con Grillo e soci dopo il tentato trasbordo, a Strasburgo, tra le fila degli euro-fanatici dell’Alde, il club “lacrime e sangue” di Verhofstadt e Monti. E’ passato qualche anno: all’epoca, Di Maio e Di Battista cantavano ancora nello stesso coro, all’opposizione. Poi è arrivata l’anomala e precaria stagione “grilloverde”, con Di Maio trasformato in vicepremier “di cittadinanza” per tentare di mascherare i bidoni rifilati, uno dopo l’altro, agli elettori del MoVimento. Ma che la recita stesse per finire lo si capì già in primavera, quando Grillo firmò (con Renzi, tu guarda) il mitico “Patto per la Scienza”, cioè il tradimento definitivo di qualsiasi promessa “free-vax”. E infatti adesso eccoli là, Beppe e Matteo, impegnati a tenere in piedi l’imbarazzante Conte-bis, anche col penoso stratagemma della riduzione del numero di deputati e senatori. Depistaggi puerili, sembra dire Giannini: l’Italietta traballa, strattonata tra Usa e Russia e tritata dall’asse franco-tedesco che la costringe a grattare il fondo del barile (leggasi Iva). All’orizzonte, il nulla sta per essere oscurato dal peggio? Ma niente paura: ecco il prode Di Maio che sforbicia il Parlamento.«Cosa bolle in pentola nello Stivale?», si domanda Giannini. «Questioni di una pericolosità senza precedenti, ma il governo – afferma – reagisce cercando di distrarre l’opinione pubblica con un provvedimento forse condivisibile ma economicamente ridicolo». Secondo Giannini, si tratta di una strategia «comprensibile dal punto di vista mediatico, ma che fallirà». C’è ben altro, sulla bilancia: «I dazi Usa contro il nostro paese sono un monito terrificante: gli americani ci lasciano al nostro destino, cioè soli di fronte alle arroganti violenze economico-finanziarie e geopolitiche francesi e tedesche». Visione impietosa: «Più che una penisola siamo una barchetta, o meglio un barcone in attesa di un… ciclone». E non è per niente casuale, secondo Giannini, che tutto ciò «coincida con l’emergere di questioni oscure riguardanti servizi segreti e spionaggio internazionale (vedasi il premier Conte), perché queste questioni le hanno volute rendere pubbliche proprio gli Usa». Esplicito e brutale, per Giannini, il messaggio dello Zio Sam: cari italiani, non siete più il nostro partner privilegiato in Ue.«Se si esclude il periodo della Seconda Guerra Mondiale – aggiunge Giannini – ho la vaga (e fondata) sensazione che i rapporti del governo italiano con gli americani non siano di buon sangue». Nel frattempo, purtroppo, «si riacutizza il problema delle tragedie nel Mediterraneo, causate dalla ingannevole attrattiva dei porti di nuovo aperti». Ingannevole, certo, «perché attraversare il mare in mano a degli scafisti per giungere in un paese privo di lavoro è una trappola», piaccia o no al pelosissimo buonismo nazionale, caro ai sacerdoti del politically correct. Comunque la si veda, siamo in un oceano di guai. «E proprio in questo contesto si inserisce il dimezzamento dei parlamentari». Ebbene: «Quanto fa risparmiare a ogni italiano? Il costo di un caffè all’anno». Solo fuffa, dunque, e senza neppure un disegno istituzionale alle spalle: si teme infatti che la nuova legge elettorale (ridisegno dei collegi, per adeguarli alla riduzione della rappresentanza) verrebbe improvvisata in extremis, in base alla convenienza del momento dettata dai sondaggi. Per ora i partiti hanno votato compatti, sfilando a Di Maio il monopolio dell’eroica riforma, che poi non è ancora detto che diventi davvero legge. Intanto, Giannini osserva: «Stiamo ballando sul Titanic, e i pentastellati stanno elargendo “generosamente” dilettantismo: un dilettantismo che non ha i tratti del solo Luigi Di Maio».Sapete quanto vale, nelle nostre tasche, il regalone che ci ha appena fatto Luigi Di Maio con il taglio di un terzo dei parlamentari? Un caffè all’anno, per ognuno di noi. Che lusso, davvero. A fare il conticino della vergogna è l’antropologo Marco Giannini, già grillino “eretico”, in rotta con Grillo e soci dopo il tentato trasbordo, a Strasburgo, tra le fila degli euro-fanatici dell’Alde, il club “lacrime e sangue” di Verhofstadt e Monti. E’ passato qualche anno: all’epoca, Di Maio e Di Battista cantavano ancora nello stesso coro, all’opposizione. Poi è arrivata l’anomala e precaria stagione “grilloverde”, con Di Maio trasformato in vicepremier “di cittadinanza” per tentare di mascherare i bidoni rifilati, uno dopo l’altro, agli elettori del MoVimento. Ma che la recita stesse per finire lo si capì già in primavera, quando Grillo firmò (con Renzi, tu guarda) il mitico “Patto per la Scienza”, cioè il tradimento definitivo di qualsiasi promessa “free-vax”. E infatti adesso eccoli là, Beppe e Matteo, impegnati a tenere in piedi l’imbarazzante Conte-bis, anche col penoso stratagemma della riduzione del numero di deputati e senatori. Depistaggi puerili, sembra dire Giannini: l’Italietta traballa, strattonata tra Usa e Russia e tritata dall’asse franco-tedesco che la costringe a grattare il fondo del barile (leggasi Iva). All’orizzonte, il nulla sta per essere oscurato dal peggio? Ma niente paura: ecco il prode Di Maio che sforbicia il Parlamento.
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Vox Italia: Dio, patria e famiglia. Chi ha paura di Fusaro?
Lasciate ogni speranza, o voi ch’entrate: oscurati da Facebook già in partenza, tanto per cominciare. E se si prova a varcare la soglia del sito ufficiale, voxitalia.net, è Google a trasformarsi in Cerbero: sito pericoloso, potrebbero scipparvi la carta di credito e i dati sensibili. Aiuto! Non insperate mai veder lo cielo, specie se vi chiamate Vox Italia. Come mai tanta paura, per il neonato movimento ispirato e guidato dal giovane filosofo torinese Diego Fusaro? Basta fare un giretto sul web per farsene un’idea. Le reazioni vanno dalla minimizzazione all’irrisione, fino alla diffamazione. Cos’è Vox Italia? Un movimento, si legge, che nasce per dar voce all’interesse nazionale. Slogan: “Pensare e agire altrimenti”, e muoversi “obstinate contra”, scrive Fusaro. «In direzione ostinata e contraria», avrebbe detto Fabrizio De Andrè, in un’Italia dove ancora esistevano menti come quella di Fabrizio De Andrè. «Il movimento – chiarisce Fusaro – unisce valori di destra e idee di sinistra». Più precisamente: «Valori dimenticati dalla destra e idee abbandonate dalla sinistra». Vox Italia si smarca dal «coro virtuoso del politicamente corretto», definito «superstruttura santificante i rapporti di forza del globalismo finanziario a beneficio degli apolidi signori del big business sradicato e sradicante».