Archivio del Tag ‘11 settembre’
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Conti correnti a rischio: il caso-Cipro diventerà la regola
Confisca dei depositi bancari: a marzo 2013 la vicenda di Cipro ha scioccato il mondo intero. Qualcuno ha cercato di farla sembrare una misura d’emergenza, ma esistono solide basi per credere che i prelievi forzosi diventeranno un elemento della vita quotidiana. Lo sostiene l’economista Valentin Katasonov, presidente della Sharapov Russian Economic Society. La crisi cipriota? Una mossa in realtà «concertata e ben preparata, approvata dai vertici, tra i quali attori della scena extraeuropea». Un precedente, un vero e proprio test «per lanciare una tendenza mondiale e diffondere la confisca in tutto il mondo». Già nel 2009-2010, quando nei summit internazionali si discuteva sulle possibili vie d’uscita dalla crisi mondiale (G7, G8, G20 e altri incontri di questo livello), nei programmi comparivano punti come modalità non-standard per salvare, in caso di necessità, le banche. Tra queste modalità, modelli di “bailout” a spese dei titolari di conti: tagli ai depositi, congelamento dei conti e loro conversione: alla banca il cash, al correntista semplici azioni.
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Tutti spiati, da anni: l’impero ci controlla perché ci teme
Ci spiano da anni, a tappeto, perché hanno paura di noi. Guerra infinita asimmetrica, disinformazione martellante, crisi economica della globalizzazione e ingiustizie planetarie, dagli schiavi del Bangladesh che lavorano a un dollaro al giorno per le multinazionali occidentali, fino all’infamia catastrofica dell’austerity europea, organizzata a tavolino dai boss della finanza. Se mai qualcuno dovesse davvero provare a ribellarsi, “loro” ne sarebbero informati per tempo: controllano ogni telefonata, ogni e-mail, tutte le chat sui social network, persino le semplici ricerche su Internet. Ovviamente, mentono: «Non si può avere il 100% della sicurezza e il 100% della privacy», bela il presidente Obama, colto con le mani nel sacco dall’ex analista della Cia, Edward Snowden, la “talpa” che ha messo in piazza lo scandalo. «Quando ti rendi conto che il mondo che hai aiutato a creare sarà peggiore per la prossima generazione e per le successive, e si allargano le capacità di questa architettura di oppressione – ha detto Snowden – capisci che è necessario accettare qualsiasi rischio. Senza curarti delle conseguenze».
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I genitori: Navy Seals uccisi per coprire la bufala Bin Laden
Le famiglie dei militari del commando Usa uccisi nell’estate 2011 in occasione dell’abbattimento del loro elicottero nell’Afghanistan orientale ora accusano Washington per l’attentato e il successivo “insabbiamento”: secondo il “Washington Times”, i parenti delle vittime addossano alla Casa Bianca la responsabilità per l’abbattimento del Chinook che trasportava 38 persone, tra cui 17 membri del “Team Six” dei Navy Seals, unità speciale indicata come autrice del blitz in Pakistan, dove – secondo Washington – avrebbe ucciso Osama Bin Laden il 2 maggio 2011. Secondo i familiari delle vittime, decisi ora a ricorrere al Congresso Usa per avere giustizia, l’amministrazione Obama e altri funzionari della Casa Bianca «hanno trasformato in bersagli» i loro cari, poco dopo aver dichiarato che fu proprio il “Team Six” dei Seals ad uccidere il fondatore di Al-Qaeda, che nessuna prova – peraltro – può collegare direttamente ai devastanti attentati dell’11 Settembre, che diedero inizio alla guerra in Afghanistan e poi anche nell’Iraq di Saddam Hussein, inchiodato dalle (inesistenti) “armi di distruzione di massa”.
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Scacco a Obama, padroni del futuro i signori della guerra
L’attentato di Boston, i bombardamenti israeliani su Damasco, la finta crisi tra Stati Uniti e Corea del Nord: sembrano eventi del tutto scollegati tra loro, ma purtroppo non lo sono. Al contrario, sembrano tutti segnali del convergere verso una “resa dei conti” su scala planetaria, tra Usa e Cina. Riletti in controluce, gli ultimi eventi parlano chiaro: a Boston si fanno prove generali per sospendere la democrazia sostituendola con lo stato d’assedio, utilizzando la paura. In Siria, l’intervento militare di Israele rischia di far precipitare la crisi verso un conflitto epocale con l’Iran. E la sfida ridicola inscenata da Pyongyang serve solo a consentire al Pentagono di traslocare armamenti in prossimità dei confini cinesi. E il presidente Obama? Non pervenuto. E’ lui il cuore del problema: «Adesso – dice Giulietto Chiesa – si vede in trasparenza che l’“uomo nuovo” della politica statunitense ha la stessa libertà di manovra di un fringuello in gabbia».
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Boston, cronaca di una strage annunciata: prove generali?
Bombe assassine, ma in apparenza senza uno straccio di movente. E due attentatori-fantasma venuti dal nulla, non credibili e comunque messi subito a tacere: uno ucciso, l’altro impossibilitato a parlare. Tutto attorno, il caos: per ora, non regge nessuna ricostruzione dei fatti. Nettissimo invece il risultato politico: una grande città terrorizzata e messa in stato d’assedio per una decina di giorni. Gli attentati di Boston sono la “prova generale” di qualcosa che si va preparando da tempo? Lo suggerisce il programma dei 30.000 droni destinati a pattugliare il cielo degli Stati Uniti, dice Giulietto Chiesa. Obiettivo: non solo abbattere i terroristi in ogni parte del mondo, ma anche sorvegliare l’America in nome della sicurezza dei cittadini. L’aspetto più inquietante? L’immediata cortina fumogena del mainstream: è quella delle grandi occasioni, dall’attentato a Kennedy fino all’11 Settembre. A proposito: il terrore di Boston ha sovrastato l’altra notizia-bomba del giorno. Obama, rivela il “New York Times”, ha formalmente seppellito la verità sulle Twin Towers.
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Nato e Bce, con tanti saluti all’Italia (e minacce a Grillo)
Dall’ultra-atlantista Emma Bonino, pronta a tutte le più sanguinose guerre decise da Washington, all’ultra-europeista Fabrizio Saccomanni, direttore di Bankitalia con esperienze sia alla Bce che al Fmi, dopo gli studi alla Bocconi e alla Princeton University. Due ministri-chiave, esteri ed economia, già delimitano in modo inequivocabile il perimetro del secondo “governo Napolitano”, con Letta premier e Alfano vice, più altri mestieranti della nomenklatura: Gaetano Quagliariello alle riforme, probabilmente per una legge elettorale anti-Grillo e un presidenzialismo all’italiana, Maurizio Lupi a infrastrutture e trasporti (leggasi: Tav Torino-Lione), nonché il redivivo Dario Franceschini (rapporti col Parlamento) e i “presentabili” Nuzia De Girolamo (agricoltura), Beatrice Lorenzin (sanità) e l’ex sindaco padovano Flavio Zanonato (sviluppo). Ministri-vetrina: la campionessa Josefa Idem (sport), il direttore della Treccani, Massimo Bray (cultura), il presidente dell’Istat Enrico Giovannini (altro“saggio”, ora incaricato di gestire lavoro e welfare) e la italo-congolese Cécile Kyenge, medico e primo ministro di colore nella storia italiana, delegata all’integrazione.
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Pd, le tessere stracciate e l’attacco al cuore dello Stato
Vent’anni di guerriglia verbale con Berlusconi, per poi andarci a nozze definitivamente, all’ombra del Quirinale, contro la volontà della stragrande maggioranza del paese e persino dei propri iscritti, esasperati dalla protervia marmorea di una nomenklatura grottesca. Nella inquietante “notte della Repubblica” che si spalanca sull’incerto 2013, brilla il bagliore – non scontato – dei roghi delle tessere del Pd, il “popolo delle primarie” che sembra aver finalmente capito di esser stato ferocemente preso in giro: a personaggi come Bersani, Letta, Bindi, Violante, D’Alema e Finocchiaro non è mai passata nemmeno per l’anticamera del cervello l’ipotesi di un vero cambiamento. Se l’antiberlusconismo tanto sbandierato era solo un collante di comodo, fragile e insincero, ora è scaduto anche quello. Così si comprende meglio l’irruzione sulla scena di Beppe Grillo, come sostiene Giovanni Minoli: «Grillo ha fatto un miracolo democratico, ha evitato una guerra civile».
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Afghanistan, sotto la Nato l’eroina è aumentata di 40 volte
Via dall’Afghanistan, la più infame delle guerre. Lo chiedono i grillini in Parlamento, invocando il ritiro immediato delle nostre truppe. «A Kabul spendiamo circa 800 milioni l’anno, ma probabilmente i soldi sono molti di più, perché dubito che vengano registrati quelli che diamo ai talebani perché non ci attacchino», polemizza Massimo Fini. «Con un miliardo non si risana un’economia, però qualche problemino potrebbe essere risolto, poniamo quello degli esodati». Strana guerra, ufficialmente nata per cacciare i talebani, armati dallo stesso Occidente per sfrattare l’Armata Rossa, mentre Osama Bin Laden «se ne stava al calduccio nella sua villa pakistana premurosamente assistito dai servizi segreti di Islamabad». Se il terrorismo fu l’alibi dell’invasione, la parola-chiave in Afghanistan è un’altra: droga. Da quando al posto dei “cattivi” talebani ci sono i soldati Nato, la produzione di eroina è aumentata di 40 volte.
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Giulietto Chiesa: non azzardatevi a toccare il nostro oro
Dovrei parlare delle bombe di Boston, anche perché ho ricevuto numerose richieste di esprimermi in merito, ma non lo farò. Per due motivi: il primo è che non mi fido delle notizie finora giunte e di quello che dicono gli inquirenti di Boston, perché stanno emergendo – solo in Rete – particolari e interrogativi inquietanti circa preparativi o eventi che hanno preceduto di poco quelle esplosioni. Secondo la testimonianza di un noto maratoneta, un veterano, Alistair Stevenson, era in corso un’esercitazione con cani addestrati alla ricerca di bombe prima che gli eventi diventassero drammatici, cioè prima delle esplosioni, e l’esercitazione fu addirittura annunciata con gli altoparlanti dalla polizia. La stessa notizia la fornisce il “Boston Globe”, anch’esso in Rete. La polizia smentisce; noi ne prendiamo atto, in attesa di notizie più precise, e fermiamoci qui. Il secondo motivo per cui parlerò d’altro è che sono in corso esplosioni molto più drammatiche.
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Grazie alla Corea del Nord, gli Usa accerchiano la Cina
Cosa conta di più: un missile-bluff da sparare nell’oceano o i tremila miliardi di debito americano detenuti da Pechino? Più che a una improbabile guerra termonucleare, ci stiamo avvicinando al 2017. E’ la data entro la quale – secondo il Progetto per il Nuovo Secolo Americano redatto dalla destra statunitense nel ’98 – la Cina diverrà l’avversario col quale gli Usa si scontreranno. Secondo Giulietto Chiesa, è illuminante l’enfasi con cui i media occidentali drammatizzano la crisi nordcoreana, come se davvero Pyongyang rappresentasse una minaccia per la sicurezza del mondo: «Alla prima mossa sbagliata, la Corea del Nord verrebbe incenerita in dieci minuti: e questo lo sanno perfettamente sia Kim Jong Un che i suoi generali». Il giovane dittatore? «E’ un demente, ma non un suicida: sta solo tirando la corda per poi trattare aiuti per il suo popolo affamato». Un gioco pericoloso? Sì, ma non per la Corea né per gli Usa: perché a rischiare è il potente vicino, la Cina.
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Guerra nucleare: 90 bombe atomiche stanziate in Italia
Per ben due volte nell’arco degli ultimi 15 anni milioni di italiani si sono recati alle urne per dire no alla possibilità, per il nostro paese, di sviluppare e produrre energia nucleare per scopi civili. Questi stessi italiani, però, forse non sanno che custodiamo un vero e proprio arsenale nucleare: cosa tanto più assurda, considerando che nel 1975 Roma ha sottoscritto il trattato di non-proliferazione nucleare. Eppure, sul nostro suolo si trovano poco meno di un centinaio di testate atomiche. Per l’esattezza sono 90 le bombe di questo tipo, 50 nella base Usa di Aviano nei pressi di Pordenone, e le restanti si trovano nella base statunitense di Ghedi Torre nel Bresciano. Si tratta di armi tattiche, di potenza e gittata minore rispetto a quelle strategiche: attualmente potrebbero essere lanciate solo dagli F-16 o dai Tornado. La potenza è variabile: da 0,3 a 170 chilotoni. Se utilizzate, genererebbero una distruzione 900 volte superiore a quella prodotta su Nagasaki o Hiroshima.
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Berezovsky, il padrino che inventò la guerra in Cecenia
«Cosa penso della guerra in Cecenia? Quello che so è che un bel giorno ho scoperto che i miei vicini di ombrellone, in Costa Azzurra, erano famosi comandanti della cosiddetta resistenza cecena». Così Mikhail Gorbaciov nel corso di un’intervista, a Torino, in occasione del World Political Forum del 2003, presente anche Benazir Bhutto (poi assassinata in un attentato), pronta a denunciare come “terrorista” l’allora presidente del Pakistan, Pervez Musharraf, alleato di Bush: «Non credete a quello che vi raccontano, Musharraf è un dittatore e il network che chiamate Al-Qaeda non si sarebbe mai radicato in Afghanistan senza l’appoggio dell’Isi, il servizio segreto militare pachistano, addestrato dalla Cia». Fiabe tragiche, come quella sull’origine del conflitto ceceno: non una rivolta popolare separatista, ma una secessione artificiale organizzata proprio da Mosca. Per la precisione, dall’allora onnipotente Boris Berezovsky.