Archivio della Categoria: ‘segnalazioni’
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La Russia gela la riscossa travolgente di Gheddafi
Anche la Russia chiude le porte a Gheddafi: il presidente Medvedev annuncia che il Colonnello e i suoi familiari non potranno mettere più piede a Mosca e neppure condurvi operazioni finanziarie. L’annuncio del presidente russo arriva il 14 marzo, proprio mentre la travolgente controffensiva delle forze del raìs ha colto di sorpresa non solo gli insorti ma anche la diplomazia occidentale, che ancora si attarda a verificare la possibilià di una “no fly zone” che fra pochi giorni potrebbe rivelarsi ormai inutile, se gli insorti dovessero capitolare sul piano militare dopo l’ultima disperata resistenza che si va apprestando fra Brega e Bengasi, ad Adjabiya.
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Guerra giusta: l’eroe serbo che difese Sarajevo dai serbi
Guerra giusta? Termine pericoloso e spesso abusato, da chi brandisce l’uso della forza per soluzioni sbrigative e sanguinose, fino al genocidio. Ma in circostanze storiche eccezionali, dalla Resistenza partigiana contro il nazismo fino alla mattanza dell’ex Jugoslavia, c’è chi non ha trovato altra via d’uscita che imbracciare le armi, per non soccombere. E’ il caso del generale Jovan Divjak, eroe della difesa di Sarajevo. Lo hanno arrestato il 3 marzo a Vienna, per poi rilasciarlo cinque giorni dopo, su cauzione: i serbi non gli perdonano il ruolo assunto durante l’assedio della capitale bosniaca. Dettaglio decisivo: il generale Divjak era serbo, orgogliosamente membro della minoranza serba di Sarajevo.
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Terremoto, centrali indifese: diventano bombe atomiche
Il nucleare è indifeso di fronte al terremoto: ogni centrale potrebbe trasformarsi in una bomba devastante. E’ la drammatica lezione che arriva dal Giappone piegato dal sisma e dallo tsunami, 1600 morti accertati e 10.000 dispersi, mentre sale a 170.000 il numero delle persone sfollate dalla regione di Fukushima dove è a rischio di esplosione un secondo reattore atomico, con conseguenze purtroppo imprevedibili. Non ha retto il dispositivo di sicurezza: troppo forte l’intensità del movimento tellurico. Ma se le centrali nipponiche potevano resistere a scosse appena inferiori, quelle che vorrebbe costruire l’Italia sarebbero ancora più fragili e pericolose.
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Come fermare Gheddafi, che intanto riconquista la Libia
Mentre il mondo resta a guardare, il cannibale Gheddafi ha ripreso a divorare la Libia martellando gli insorti grazie alla sua supremazia aerea: sotto un fitto bombardamento, la resistenza ha dovuto abbandonare l’enclave petrolifera di Ras Lanuf e ora si prepara a resistere a Brega, dove già cadono bombe e la popolazione comincia a fuggire verso Bengasi. Ore decisive: sollecitata dalla Francia, l’Europa ha riconosciuto il nuovo Consiglio Nazionale libico, mentre Obama annuncia che «si sta chiudendo il cerchio» attorno a Gheddafi e Hillary Clinton attende per il 15 marzo i piani della Nato per la “no-fly zone”, ora approvata anche dal presidente della Lega Araba, l’egiziano Amr Moussa.
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Giappone, terremoto nucleare: torna l’incubo Chernobyl
Cinquantamila persone evacuate: torna l’incubo nucleare in Giappone dopo il devastante terremoto di magnitudo 8.9 e gli tsunami dell’11 marzo che hanno provocato diverse centinaia di morti, forse migliaia. A Fukushima, dove si trova una delle 55 centrali del Sol Levante, un’esplosione ha provocato il crollo della gabbia esterna di un reattore atomico ed è stato rilevato cesio radioattivo nei pressi dell’impianto. Anche se per l’Agenzia giapponese sulla sicurezza nucleare sono «improbabili» gravi danni al reattore, l’area è stata comunque evacuata in un raggio di 20 chilometri. Allontanata la popolazione anche da un secondo impianto vicino, quello di Fukushima 2: la tv pubblica ha invitato gli abitanti delle zone limitrofe a «non uscire di casa» e «tappare le finestre».
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Rivolta araba, ora s’infiamma anche il Golfo del petrolio
La Libia brucia e di certezze se ne vedono poche. In Egitto e in Tunisia si cerca di costruire il loro nuovo mondo. Tutto ruota, per ora, attorno all’asse del Nord Africa. Il Golfo Persico è attraversato da correnti non meno impetuose e, rispetto all’Europa e al Nord America, i cambiamenti potrebbero avere un impatto anche maggiore di quanto visto fino a ora. L’Arabia Saudita, per esempio. La monarchia di Riad vive la crisi più profonda della sua storia. La casa reale non ha un candidato al trono. O ne ha troppi, che è poi l’altra faccia della stessa medaglia. Oggi è la “giornata della rabbia”, in Arabia Saudita.
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Ladri di acqua, cibo e petrolio: sta arrivando una catastrofe
Le pallottole ricoperte di zucchero del “libero mercato” stanno uccidendo i nostri figli. L’atto dell’uccidere è orchestrato, con fare distaccato, attraverso il commercio di programmi per il computer nelle Borse Merci di New York e Chicago, dove vengono stabiliti i prezzi mondiali del riso, del frumento e del granturco. Persone di paesi diversi vengono simultaneamente impoverite a causa del meccanismo del mercato mondiale. Una piccola parte di istituzioni finanziarie e società per azioni mondiali ha la capacità di determinare i prezzi degli alimenti base quotati nelle Borse Merci, con ripercussioni dirette sul tenore di vita di milioni di persone in tutto il mondo.
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Matt Damon: senz’acqua, ogni 15 secondi muore un bambino
«Ogni 15 secondi c’è un bambino che muore: perché non dispone di acqua pulita». Parola di Matt Damon, una delle star più richieste di Hollywood. Reduce da pellicole come “Salvate il soldato Ryan” e dall’Oscar per “Will Hunting, genio ribelle” dopo l’esordio nel film “Il coraggio della verità”, dove interpreta un reduce tossicodipendente della Guerra del Golfo accanto a Denzel Washington, Matt Damon torna al cinema con “I guardiani del destino” tratto da un’opera di Philip Dick che si interroga sulla capacità di cambiare il corso delle cose: «La rivolta in Egitto è una lezione». E’ la ribellione dei poveri, la cui prima emergenza è l’acqua: l’attore è impegnato in una campagna per finanziare l’accesso all’acqua potabile nel terzo mondo.
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Nessuno difende il Colonnello, l’arabo nemico degli arabi
Non uno straccio di solidarietà formale. Non una parola di sostegno da parte degli altri raìs, presidenti, monarchi e sultani che osservano con sguardi indifferenti, se non compiaciuti, l’inesorabile caduta del Colonnello. Anzi, a dire il vero, già si contano le opinioni a favore di una no-fly zone sulla Libia che equivarrebbe ad un intervento militare mirato. E sono opinioni che pesano, come quella del presidente della Conferenza dei paesi islamici, il turco Ekemelledin Ihsanoglu, o quella del versatile segretario della Lega Araba, l’egiziano Amr Mussa. E allora sorge una domanda: ma perché Muhammar Gheddafi sta così sullo stomaco ai suoi stessi “fratelli” arabi e islamici?
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Svolta in Libia: contro Gheddafi anche l’Arabia Saudita
Se il vento di rivolta arriverà all’Arabia Saudita, dovremo aspettarci «una nuova guerra di invasione»: l’Occidente non può permettersi di perdere il controllo sul primo fornitore mondiale di petrolio. Il fantasma saudita, evocato in modo esplicito nei giorni scorsi da Lucia Annunziata, è ora al centro dell’agenda americana della crisi in Libia: «Quando il gioco si fa duro, una telefonata a Riad torna sempre buona». Questa almeno la tesi di Robert Fisk, l’inviato del quotidiano britannico “The Independent”, uno dei massimi conoscitori del grande gioco mediorientale. E’ proprio dall’Arabia Saudita che la Casa Bianca attende il via libera per la spallata finale a Gheddafi.
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Gli Usa: stiamo perdendo il controllo sull’informazione
«C’è una guerra dell’informazione, e noi la stiamo perdendo». A lanciare l’allarme è Hillary Clinton, di fronte alla commissione esteri del Senato americano: la Clinton invoca nuovi finanziamenti, per «tornare a giocare la partita». I media statunitensi, accusa il Segretario di Stato, stanno perdendo terreno: a vantaggio innanzitutto di Al-Jazeera, la “Cnn araba” del Qatar, ma non solo. «I cinesi hanno aperto un network televisivo multi-lingue globale, i russi hanno creato un network in inglese: l’ho visto in diversi Paesi ed è stato molto istruttivo». “Russia Today”, canale televisivo russo citato dalla Clinton, su YouTube conta 300 milioni di visite, mentre la Cnn solo tre.
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Il Web da solo non basta: lo usano anche le dittature
Gheddafi ha spento Internet, ha chiuso la finestra attraverso cui il mondo giudicava i suoi crimini. S’illude così di trovare vendetta nel tempo senza tempo del deserto. In una lettera al direttore della rivista americana “Science” del 19 gennaio 1968, un lettore scriveva: «Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia». Spegnendo Internet, Gheddafi deve aver pensato di liquidare una specie di sortilegio che la modernità ha pronunciato contro la sua tirannia tribale. La Libia isolata può ora dedicarsi a girare le lancette dell’orologio al contrario, nell’illusione che tutto possa tornare come prima. Così anche il sangue versato resterà un segreto domestico.