Archivio della Categoria: ‘segnalazioni’
-
«Uccidere Gheddafi: il vero obiettivo della Gran Bretagna»
Gli inglesi vogliono uccidere Gheddafi: obiettivo vero dei raid, l’eliminazione fisica del raìs per porre fine alla resistenza delle sue forze armate, duramente colpite dai raid della coalizione internazionale: l’alleanza agisce su mandato delle Nazioni Unite per imporre la “no-fly zone” sulla Libia, ma di fatto sta martellando l’esercito del Colonnello sperando che anche i reparti d’élite abbandonino il dittatore. Secondo fonti dell’opposizione, sarebbe morto a Tripoli il figlio militare del leader libico, Khamis Gheddafi, colpito dal fuoco di un pilota passato agli insorti. Khamis, alla guida dell’omonima brigata – massimo baluardo a difesa del regime paterno – sarebbe stato colpito a morte nel complesso fortificato di Bab-el-Aziziya, dove poco dopo si è abbattuto un missile che ha distrutto un edificio dell’amministrazione militare.
-
Raid contro il Colonnello, forze speciali inglesi già in Libia
«Centinaia di soldati delle forze speciali britanniche Sas sarebbero in azione da almeno tre settimane in Libia al fianco dei gruppi ribelli», afferma il 20 marzo il quotidiano “Sunday Mirror”. Due unità di incursori, soprannominate “Smash” per la loro capacità distruttiva, avrebbero «dato la caccia ai sistemi di lancio di missili terra-aria di Muhammar Gheddafi», i Sam 5 di fabbricazione russa, «in grado di colpire bersagli attraverso il Mediterraneo con una gittata di quasi 400 chilometri». Affiancate da «personale sanitario, ingegneri e segnalatori», sempre secondo il “Sunday Mirror” le Sas britanniche hanno «creato posizioni sul terreno in modo da venire in aiuto in caso in cui jet della coalizione fossero stati abbattuti durante i raid».
-
Guerra al boia di Tripoli, i pacifisti soffrono in silenzio
Magari è presto per dirlo, forse bisognerà aspettare che le bombe occidentali provochino morte e distruzione, ma certo finora c’è da segnalare l’assordante silenzio di chi contro la guerra “senza se e senza ma” si è sempre fatto sentire forte e chiaro. Da vent’anni, ossia dalla prima guerra all’Iraq nel ‘91, passando per quella nei Balcani nel ‘99, quella in Afghanistan nel 2001 (ancora in corso), la seconda contro l’Iraq nel 2003. Manifestazioni, cortei, appelli, convegni, proteste di ogni genere, marce per la pace una dietro l’altra, milioni di persone nelle piazze d’Italia. Oggi niente, ancora niente.
-
Missili su Gheddafi, la guerra in Libia ora divide l’Italia
Diluvio di missili cruise lanciati dalle navi americane insieme a raid aerei, prima francesi e poi anche inglesi, per annientare la capacità aeronautica di Gheddafi e imporre la “no-fly zone” invocata dagli insorti e dalla Lega Araba. L’attacco autorizzato dall’Onu è scattato alle 17.45 del 19 marzo, per fermare il massiccio bombardamento su Bengasi ordinato dal raìs in violazione del cessate il fuoco. Attacco accolto con sollievo dai ribelli e dal mondo arabo, che dall’Egitto alla Tunisia sta aiutando materialmente la popolazione e la resistenza libica contro il dittatore. Ma la “partecipazione attiva” dell’Italia, che schiera una squadra navale, 7 basi operative e decine di caccia pronti al decollo, divide il paese: il ministro Bossi protesta, minacciando di spaccare il governo.
-
Libia, anche l’Italia firma l’ultimatum di guerra
Sette basi militari a disposizione, insieme ai velivoli tricolori in partenza per i cieli libici: intercettori Eurofighter, caccia F-16 e bombardieri Tornado. Missione: contribuire alla “no-fly zone” per impedire a Gheddafi di continuare a bombardare gli insorti e la popolazione che li sostiene. Di fatto: neutralizzare basi libiche, contraerea, radar e difesa missilistica. Sono le regole d’ingaggio della “guerra dell’Onu”, ultimatum scattato con l’ok del Consiglio di Sicurezza su pressione di Francia e Inghilterra – un passo indietro gli Usa, astenuta la Germania. Decisivo il silenzio-assenso di Russia e Cina, che hanno rinunciato al loro potere di veto aprendo la strada alla fine del regime di Gheddafi: un esito sul quale mette la propria firma anche l’Italia, “portaerei del Mediterraneo” e scomoda dirimpettaia del Colonnello, fino a ieri super-fornitore, grande amico e socio in affari.
-
Fukushima, verità oscurata: da Tokyo bugie e silenzi
Da Osaka, dove sta aiutando molti italiani a prendere i voli per rimpatriare, Atsushi Shizumi ci scrive: «La centrale nucleare di Fukushima è sempre stata a rischio. In un articolo ho letto che l’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica aveva avvertito già l’anno scorso che un maremoto come quello del Cile avrebbe creato difficoltà incalcolabili qui da noi. Ma la Tepco ha continuato a dire che la centrale era sicura. La compagnia non vuole che si parli di Fukushima ma anche di tante altre cose. E la nostra agenzia per la sicurezza nucleare fa parte di un ministero, dove trovano lavoro i burocrati che sono passati per i servizi amministrativi. Non sanno nulla della tecnologia nucleare ed eseguono esami sulla sicurezza senza verificare bene. L’ho capito facendo ricerche e informandomi su internet».
-
Gheddafi azzoppato, sperava nel nostro infinito cinismo
Credere o non credere a Muhammar Gheddafi? Prima di rispondere è bene aspettare i fatti, anche se va detto che il leader libico sta giocando la sua partita definitiva, impegnato nella fatale partita a scacchi con la morte – ricordate il film di Bergman? Però, più che agli scacchi, Gheddafi per ora ha giocato a poker: non conoscendo le regole, forse neppure il decalogo psicologico del gioco, ma praticando con disinvoltura il bluff. Appena il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha approvato la tardiva “no-fly zone”, ecco che lo spietato leader è diventato quasi un coniglio e ha accettato – per ora, a parole – le decisioni vincolanti delle Nazioni Unite, di cui il suo paese fa parte.
-
Rubbia: sorpresa, l’atomo ha tradito persino il Giappone
Puntare sull’energia del sole, che è pulita e inesauribile. Carlo Rubbia, Premio Nobel per la Fisica, non ha dubbi: è necessario investire sulle fonti rinnovabili, oggi più che mai, specie dopo l’incidente di Fukushima che mette a nudo la fragilità della sicurezza nucleare, persino in un paese affidabile e iper-tecnologico come il Giappone, dove sembra si stia rischiando una “nuova Chernobyl”. Il disastro, provocato dal terremoto, costringe la comunità internazionale a un drastico ripensamento: dopo l’Europa – Germania in testa – anche la Cina ha deciso di bloccare il suo programma di sviluppo nucleare, in attesa di accurate verifiche per valutare la sicurezza degli impianti di fronte a un’eventualità catastrofica come quella nipponica.
-
Salvare la Libia: via alla missione Onu contro Gheddafi
Bombardare Gheddafi, col via libera delle Nazioni Unite: dopo infinite esitazioni, il 17 marzo il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione 1973 che impone l’attesa “no-fly zone” sui cieli della Libia e prevede «tutte le necessarie misure per proteggere la popolazione civile», tranne un’invasione di terra. Immimente, secondo la Francia, l’avvio dei raid aerei della Nato. E la Bbc non esclude un primo intervento dell’aviazione britannica già il 18 marzo, per colpire le artiglierie che stanno cingendo d’assedio Bengasi, la capitale degli insorti. E’ la svolta nella tragedia libica, accolta con scene di giubilo nella città assediata, dove migliaia di manifestati si sono riversati in strada.
-
Nucleare italiano: la nuova mappa della paura
L’incubo nucleare giapponese porta Paesi come Germania e Stati Uniti a prendere in seria considerazione l’abbandono dell’atomo. In Italia, invece, la linea del governo «non cambia». Per il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, quella degli anti-nuclearisti italiani non è altro che uno «sciacallaggio politico a fini domestici». Per la maggioranza di governo, il ritorno all’energia atomica è una scelta non negoziabile. Fra i problemi da prendere in considerazione, però, resta quello della collocazione delle future centrali. E delle scorie radioattive da esse prodotte. Non solo perché l’Italia, come il Giappone, è un Paese a elevato rischio sismico. Ma perché 16 regioni su 20, anche governate dal centro-destra, hanno già detto che non vorranno centrali atomiche sul proprio territorio.
-
La peste atomica che continua a minacciare il mondo
Da Chernobyl a Fukushima, ci ricordiamo del terrore nucleare solo quando ci esplode in faccia. Ma il problema è vastissimo e sotterraneo: una piaga mondiale, generalmente silenziata dai media. I numeri fanno spavento: migliaia di esplosioni e test militari, centinaia di centrali atomiche civili, alcune delle quali funestate da decine di incidenti pericolosi. Emergenze a parte, c’è un corollario spettrale: tonnellate di scorie radioattive che non si sa come smaltire, rifiuti atomici finiti in mare, un’infinita gamma di patologie di origine ambientale, tumori e leucemie. Il nucleare è comunque una bomba innescata, anche quando non “impazzisce”. E nel frattempo minaccia il mondo in silenzio, da decenni. Il velo si squarcia solo quando esplode la tragedia, come ora nel Sol Levante.
-
Germania, stop alle centrali: l’Europa rinuncia al nucleare?
Mentre di ora in ora si aggrava l’allarme in Giappone per la centrale di Fukushima scossa dal devastante terremoto che ha provocato migliaia di vittime, la Germania ha deciso di sospendere la propria attività nucleare: la cancelliera Angela Merkel ha bloccato il prolungamento del ciclo operativo dei 16 reattori atomici tedeschi ancora in funzione, mentre l’Austria chiede un riesame dell’energia nucleare a livello europeo e la stessa Svizzera ha bloccato la procedura per l’autorizzazione di tre nuovi siti. Mentre a Fukushima si teme l’ipotesi peggiore – la fusione del “nocciolo” nucleare del reattore in avaria – l’Europa sembra orientata verso un drastico cambio di rotta: basta col nucleare, via libera alle energie rinnovabili.