Archivio della Categoria: ‘segnalazioni’
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Magaldi: tribunali speciali per chi vuole il Natale del Diavolo
«Saranno tribunali speciali, un giorno non lontano, a processare i veri responsabili della strage Covid: corti speciali, perché non s’era mai visto che si istituisse lo “stato di guerra” in tempo di pace. Un atto abusivo, imposto terrorizzando la popolazione, sospendendo la libertà e cessando di curare in modo adeguato i pazienti gravi, affetti da altre patologie». E’ durissimo, Gioele Magaldi, nel prendere nota dell’ennesima “previsione” apocalittica del ministro Roberto Speranza e del suo consulente, Walter Ricciardi. Avverte il presidente del Movimento Roosevelt: «I registi di questa crisi, progettata dall’oligarchia massonica mondiale per comprimere libertà e democrazia con l’alibi dell’emergenza sanitaria, possono godersi gli ultimi scampoli di questo loro strapotere: saranno spazzati via e giudicati severamente per quello che hanno fatto». Pessima idea, poi, quella di “negare” agli italiani anche il Natale, con le grottesche restrizioni ulteriormente imposte per privare le famiglie del piacere di un abbraccio, persino nel giorno più sacro per i cattolici. «Quello del 2020 – scandisce Magaldi – sarà un “Natale del Diavolo”, disgregatore di una società spaventata e ridotta al silenzio. Peggio per chi l’ha voluto, comunque: farà capire agli italiani di cosa sono capaci, questi mascalzoni, e fin dove si può arrivare contiuando a obbedire ai loro diktat».Magaldi si rammarica della latitanza assoluta del Vaticano, che non ha fiatato neppure di fronte al divieto di celebrare la tradizionale messa di mezzanotte: «Dov’è finito – si chiede – l’eroismo dei primi cristiani, che un tempo non temevano di farsi sbranare dai leoni? Quei coraggiosi non tremavano – aggiunge Magaldi – perché credevano nell’insegnamento di Cristo, e quindi avevano imparato a non avere paura della morte. E adesso i loro eredi se la fanno sotto anche solo per un’influenza o per una multa? Ma che razza di cristiani sono?». Deludente, per Magaldi, anche l’iniziativa del centrodestra, che spera di strappare a Conte almeno la concessione (per il giorno di Natale) della minima libertà di movimento tra Comuni limitrofi. «Che pena: sembra una richiesta formulata da criceti e rivolta ad altri criceti, a cui pare basti allargare un po’ le dimensioni della gabbia». Ci vuole ben altro, secondo Magaldi, per uscire da questo incubo: «Ci aspettano tre anni di resistenza e durissime battaglie, che apriranno gli occhi a chi ancora non ha capito in quale trappola siamo finiti, grazie a un alibi subdolo come quello della cosiddetta pandemia».Dal canto suo, il Movimento Roosevelt annuncia per il 17 febbraio 2021 il debutto “rivoluzionario”, a Roma, della Milizia Rooseveltiana: «Sfideremo in modo plateale il potere abusivo di questi cialtroni, e lo faremo nell’anniversario della morte di Giordano Bruno, arso vivo sul rogo per aver risvegliato la coscienza del mondo, nel nome di quella libertà che oggi i “signori del Covid” vorrebbero toglierci». Esponente del circuito massonico progressista internazionale, l’autore del bestseller “Massoni” (Chiarelettere, 2014) punta il dito anche contro l’inaudita censura operata da Facebook, che ha preso a oscurare post critici: nei confronti della gestione Covid e in particolare dei vaccini che si vorrebbero imporre. «Non credano, costoro, di poter calpestare la libertà di espressione: sfideremo in tribunale Facebook Italia». Magaldi annuncia «una class action, coordinata dal Sostegno Legale del Movimento Roosevelt: inviteremo a parteciparvi tutti gli utenti che sono stati danneggiati dall’inaudito “bavaglio” imposto dal social media, che si crede al di sopra della legge».Rincara la dose Magaldi: «Non pensino, i gestori del social, di poter incolpare l’automatismo degli algoritmi: so benissimo che gli stessi algoritmi sono progettati da “fratelli” che hanno un’identità precisa». Chiara, in questo caso, l’allusione a massoni “rinnegati”, sospettati di manipolare il social network. Quella annunciata da Magaldi sembra una battaglia destinata a fare rumore: presto, dice, fornirà dettagli anche «sulla reale identità di Mark Zuckerberg», che definisce «presunto fondatore di Facebook», lasciando intuire il ruolo di una certa intelligence e di precisi circoli massonico-reazionari alle spalle del social media più diffuso sul pianeta. «Ma l’avete visto, il grande Zuckerberg, sottoposto a interrogatorio, negli Usa? Sembrava un pulcino bagnato, non certo il formidabile genio che l’immagine fornita dai media gli ha cucito addosso». Aggiunge Magaldi: anche la censura di Facebook, «inaccettabile in un paese democratico», fa parte del piano neo-aristocratico che è alle spalle dello stesso Covid: «Non si era mai visto, nella storia dell’umanità, che il mondo potesse essere fermato da un virus influenzale».L’obiettivo finale sarebbe il cosiddetto “Great Reset”, cioè «la trasformazione della popolazione in una massa impaurita e sottomessa, privata anche della sua libertà economica». Magari, un giorno ci sarebbe pure il “reddito universale” per tutti: briciole, per la mera sussistenza. Ma a che prezzo? Facile previsione: «La completa sottomissione della popolazione, non più composta da liberi cittadini ma da sudditi». A proposito: gli italiani sembrano volersi “portare avanti col lavoro”, rassegnati come sono a subire ormai qualunque sopraffazione, compresa quella natalizia. Magaldi non fa sconti neppure ai connazionali: «Proprio la loro arrendevolezza di fronte ai diktat di Conte – i lockdown, il coprifuoco, le zone rosse – incoraggerà i gestori dell’emergenza nel varare restrizioni sempre peggiori: e se non basterà il Covid, vedrete che avremo presto a che fare con un altro virus». Il leader “rooseveltiano” invita apertamente alla ribellione: «I cittadini devono capire che devono fare resistenza adesso, ogni giorno, contro gli abusi del governo: solo così sarà possibile smascherare i prestanome del governo, che agiscono obbedendo a un disegno che punta a far precipitare l’intero Occidente in una condizione dittatoriale, come quella della Cina».Lo stesso Magaldi era stato il primo a “profetizzarlo”, quasi un anno fa: «Vedrete, la Cina sarà la prima a uscire “magicamente” dall’emergenza, e la prima ad avvantaggiarsene a livello economico e geopolitico». Un grande “affare”, il Covid? «E’ frutto di menti raffinatissime: le stesse che, da mezzo secolo, cercando di portarci via la democrazia. Per farlo, non esitano a utilizzare il sistema-Cina (e il virus) come arieti per il Grande Reset al quale puntano». Il presidente “rooseveltiano” è categorico: «Contro questi nemici della democrazia dovremo batterci duramente, ma alla fine vinceremo: l’umanità non potrà accettare il loro mostruoso ricatto». Già, ma molti italiani ancora “dormono”: si illudono che basti avere ancora un po’ di pazienza, in attesa che la bufera passi. Non hanno ancora capito che l’emergenza è stata scatenata ad arte, e durerà quanto basta: l’obiettivo è imporre il piano degli oligarchi. «Ci aspettano tre anni di battaglie, ma alla fine vinceremo», pronostica Magaldi, sicuro di sé. E intanto, da subito, gli avvocati del Movimento Roosevelt metteranno nel mirino Facebook: «Porteremo alla sbarra il social network, convinti di ottenere giustizia: siamo in Italia, e non consentiamo a nessuno di calpestare la legge, per impedire che emerga tutta la verità sulla scandalosa gestione dell’emergenza Covid».«Saranno tribunali speciali, un giorno non lontano, a processare i veri responsabili della strage Covid: corti speciali, perché non s’era mai visto che si istituisse lo “stato di guerra” in tempo di pace. Un atto abusivo, imposto terrorizzando la popolazione, sospendendo la libertà e cessando di curare in modo adeguato i pazienti gravi, affetti da altre patologie». E’ durissimo, Gioele Magaldi, nel prendere nota dell’ennesima “previsione” apocalittica del ministro Roberto Speranza e del suo consulente, Walter Ricciardi. Avverte il presidente del Movimento Roosevelt: «I registi di questa crisi, progettata dall’oligarchia massonica mondiale per comprimere libertà e democrazia con l’alibi dell’emergenza sanitaria, possono godersi gli ultimi scampoli di questo loro strapotere: saranno spazzati via e giudicati severamente per quello che hanno fatto». Pessima idea, poi, quella di “negare” agli italiani anche il Natale, con le grottesche restrizioni ulteriormente imposte per privare le famiglie del piacere di un abbraccio, persino nel giorno più sacro per i cattolici. «Quello del 2020 – scandisce Magaldi – sarà un “Natale del Diavolo”, disgregatore di una società spaventata e ridotta al silenzio. Peggio per chi l’ha voluto, comunque: farà capire agli italiani di cosa sono capaci, questi mascalzoni, e fin dove si può arrivare contiuando a obbedire ai loro diktat».
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“I militari vegliano su Trump: sventeranno il golpe di Biden”
Perché nessuno dice le cose come stanno? Negli Usa «molto probabilmente è stato tentato un colpo di Stato», con i brogli delle presidenziali a vantaggio di Biden. E in attesa che le prove vengano valutate dalla Corte Suprema, «i militari Usa fanno capire che difenderanno la Costituzione a qualsiasi costo». Lo scrive Mitt Dolcino, analizzando la convulsa fase post-elettorale. Le prove del “golpe” verranno presentate alla Corte Suprema, che le valuterà fra qualche settimana. «Questo sarà l’iter legale: chiaro, ormai». Da ciò deriva che, ancora oggi, «non possiamo affermare che Biden sarà il prossimo presidente Usa», checché ne dicano i media, «che ormai sembrano un organo di propaganda globale e globalista». I dettagli salienti sarebbero infatti altri: «Da quanto è emerso fino ad ora, sia il virus di Wuhan che i dati elettorali derivanti dalle macchinette di voto e dai voti postali correlati non sono analizzati dai federali, dalla Cia o dalla polizia, ma dai militari Usa: che sono il controllore ultimo della correttezza elettorale e della sopravvivenza dello Stato costituzionale statunitense, anche e soprattutto in questi casi». Come ha specificato il capo di stato maggior, generale Mark Milley, i militari Usa «non giurano fedeltà al presidente, ma alla Costituzione: che difendono a costo della morte».Ergo: potrebbero non riconoscere (e anzi, contrastare) un presidente eletto in modo fraudolento? La seconda considerazione ancora è più intrigante, secondo Mitt Dolcino: «Forse per la prima volta in tempi di pace – diciamo, da 150 anni a questa parte – i militari Usa sono stati davvero dentro al potere esecutivo, con Trump». Fin dall’inizio del suo mandato, il presidente non ha scelto di farsi proteggere dai servizi segreti o dall’Fbi, «ossia da coloro che avevano permesso gli attentati a Jfk e Reagan». Trump «ha preferito i militari, di cui si è circondato: infatti è ancora vivo, senza postumi di traumi». Parallelamente, nel caso della più che sospetta frode elettorale di novembre, «ben ricordando come – prima del computo del voto postale e annesse macchinette – Trump aveva vinto ampiamente le elezioni, saranno sempre loro, i militari, a indagare sui flussi di dati sospettamente golpisti». I media alternativi affermano che, nel 2016, Trump avrebbe vinto «perché i militari all’ultimo momento avrebbero staccato i collegamenti satellitari (che viaggiano su canali non pubblici) con le macchinette Dominion, già presenti per il voto di allora, impedendo così la frode». Ad avvertire Trump dei sotterfugi sarebbe stato il generale Michael Rogers, allora direttore della Nsa.«Sta di fatto che, ancora oggi, sono gli apparati militari a reperire le prove della eventuale frode elettorale». Ossia: «I militari saranno quelli che supporteranno Sidney Powell (avvocato, ex procuratore, registrata anche come giudice militare) nelle sue cause alla Corte Suprema, provando il golpe elettorale». E lo faranno «con i dati dei voti ottenuti e decifrati dai canali Internet tradizionali, decrittabili alla bisogna». Secondo Mitt Dolcino, «i militari saranno dunque quelli che potranno poi intervenire, nel caso ritenessero che qualche forma di golpe elettorale fosse in corso, anche imponendo la legge marziale». Per Mitt Dolcinio, «il momento è topico». E attenzione: «Nessuno, in nessuna parte del mondo, è davvero al sicuro. A maggior ragione in Europa. E soprattutto in Italia, dove le basi militari Usa si sprecano». In altre parole: i militari americani potrebbero intervenire con la massima decisione anche sul territorio europeo, se dovesse emergere il ruolo di politici o funzionari italiani (o tedeschi) nella manipolazione elettorale negli Usa.«Faccio solo presente che il sottosuolo della base livornese di Camp Darby contiene, si dice, più carri armati di tutti i tank italiani a disposizione del nostro esercito, senza contare le grandi basi di Aviano, Ghedi e Sigonella, più altri siti coperti». In tale contesto, aggiunge Dolcino, «è pazzesco che paesi alleati facciano finta di non vedere che negli Usa, forse, un golpe c’è davvero stato». Il tentativo di “esautorare” gli Usa, recalcitranti di fronte al Grande Reset globalista, «non può finire bene, comunque vada», perché i militari lo sventerebbero. Nel caso paesi stranieri avessero ingerito contro gli Usa, «la reazione ci sarà, statene certi», scrive ancora Mitt Dolcino. «E’ infatti notizia degli scorsi giorni che militari di altissimo grado si siano espressi per la legge marziale, negli Usa, in caso di prove sufficienti – che, lo ricordo, saranno i militari stessi a reperire ed analizzare – di tentato colpo di Stato elettorale». Nel caso le prove emergessero concrete, forti e decisive, i militari – nel rispetto dei limiti costituzionali – potrebbero anche «intervenire militarmente per porre fine a tale, per ora ipotetico, tentativo di ribaltamento costituzionale “golpista”».Perché nessuno dice le cose come stanno? Negli Usa «molto probabilmente è stato tentato un colpo di Stato», con i brogli delle presidenziali a vantaggio di Biden. E in attesa che le prove vengano valutate dalla Corte Suprema, «i militari Usa fanno capire che difenderanno la Costituzione a qualsiasi costo». Lo scrive Mitt Dolcino, analizzando la convulsa fase post-elettorale. Le prove del “golpe” verranno presentate alla Corte Suprema, che le valuterà fra qualche settimana. «Questo sarà l’iter legale: chiaro, ormai». Da ciò deriva che, ancora oggi, «non possiamo affermare che Biden sarà il prossimo presidente Usa», checché ne dicano i media, «che ormai sembrano un organo di propaganda globale e globalista». I dettagli salienti sarebbero infatti altri: «Da quanto è emerso fino ad ora, sia il virus di Wuhan che i dati elettorali derivanti dalle macchinette di voto e dai voti postali correlati non sono analizzati dai federali, dalla Cia o dalla polizia, ma dai militari Usa: che sono il controllore ultimo della correttezza elettorale e della sopravvivenza dello Stato costituzionale statunitense, anche e soprattutto in questi casi». Come ha specificato il capo di stato maggiore, generale Mark Milley, i militari Usa «non giurano fedeltà al presidente, ma alla Costituzione: che difendono a costo della morte».
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Francoforte, “guerra segreta” per le prove dei brogli Usa?
La Germania, e più precisamente Francoforte, teatro di uno scontro senza precedenti tra forze speciali dell’esercito Usa e uomini della Cia nell’ambito di un sequestro di server e materiale informatico? In altri tempi, si sarebbe detto che nemmeno la più audace delle storie di spionaggio sarebbe arrivata a tanto. E invece questo clamoroso scenario è stato descritto da Thomas McInerney, lieutenant general (figura equiparabile al generale di corpo d’armata) oggi in pensione, protagonista di una lunga carriera militare incluso il conflitto in Vietnam, poi commentatore Tv (per anni a “Fox News”) sui temi della difesa, e infine sostenitore di Donald Trump sia nel 2016 che nel 2020. McInerney ha rilasciato un’intervista telefonica al “Wvw Broadcasting Network”, dichiarando che sue fonti gli hanno rivelato che uomini delle forze speciali dell’esercito Usa, probabilmente appartenenti al corpo speciale Delta Force, avrebbero realizzato un raid presso una server farm gestita dalla Cia a Francoforte. «La cosa è avvenuta senza incidenti?», gli ha chiesto l’intervistatore. «Mi risulta che non sia andata senza incidenti», ha risposto il generale. «Ci sono stati soldati americani morti nell’operazione».Altre fonti, riprendendo l’intervista, hanno scritto che cinque soldati sarebbero morti nel conflitto a fuoco, così come un paramilitare Cia. Dopo di che, sempre secondo la testimonianza di McInerney, l’esame dei server (sequestrati e messi al sicuro) avrebbe rivelato tracce di intrusioni straniere. Ora, è assolutamente prevedibile che i detrattori di Donald Trump diranno che si tratta di un’altra puntata dei fuochi d’artificio post-elettorali del presidente uscente (tuttora in carica, come sappiamo), e invocheranno elementi di prova. In ogni caso, comunque la si pensi sulla sua intervista, lo scenario descritto da McInerney è sensazionale, perché configura uno scontro in territorio straniero tra forze statunitensi. E’ necessario fare un passo indietro per scoprire che Francoforte è stata oggetto di recenti e ripetute illazioni e citazioni. Tutto nasce dalle dichiarazioni di Sidney Powell, una delle legali della campagna Trump, che da molti giorni parla di una strumentazione telematica progettata con lo scopo esplicito di spostare voti da un candidato all’altro. Secondo la Powell, questo software elettorale può essere utilizzato anche a distanza, da altri paesi, per intervenire sulla tabulazione delle schede elettorali.Gli occhi sono puntati sulla società Dominion Voting Systems, fondata in Canada, le cui apparecchiature e software sono utilizzati in oltre venti Stati americani. Tra l’altro, a rendere la spy story ancora più complessa, la Powell ha evocato presunti rapporti di Dominion con la galassia che fa capo a George Soros. Per dovere di cronaca, va citata la reazione ufficiale di Dominion: in uno statement di risposta alla Powell, la società ha definito le accuse della legale «selvagge e sconsiderate» (“wild and reckless”). E cosa c’entra Francoforte? Da giorni, circola la notizia di un sequestro di materiale informatico che sarebbe avvenuto proprio a Francoforte. Anche questa doppia circostanza (il sequestro e la stessa esistenza di server in Germania) è negata da Dominion. Secondo un’altra versione, il sequestro avrebbe riguardato la compagnia spagnola di software elettorale Scytl. Pure in questo caso, tuttavia, l’azienda spagnola (con sede a Barcellona) ha dichiarato di non aver subìto sequestri, di non avere uffici o software a Francoforte, e di non avere rapporti con il processo elettorale americano.Ora arriva la testimonianza pubblica di McInerney che cambia ancora lo scenario, introducendo un inedito elemento di scontro tra forze tutte statunitensi, e riconducendo il presunto sequestro operato dalle forze speciali a una “facility” Cia, cioè a un impianto Cia. La tesi del generale è che l’uso delle apparecchiature elettorali abbia aperto uno scenario da cyberguerra globale. McInerney ha concluso chiedendo piena trasparenza e ha aggiunto che i server mostreranno le falsificazioni e le manipolazioni. Poco prima di McInerney, “Wvw Broadcasting Network” ha pure intervistato il suo collega Michael Flynn, appena fatto oggetto del perdono presidenziale, e che pare stia assistendo Trump attraverso quella che viene definita una “private intelligence operation”. E anche Flynn ha sparato a zero, parlando «della più grande frode che il nostro paese abbia mai visto nella storia».Flynn ha dichiarato di non avere dubbi sulla vittoria di Trump, e ha aggiunto: «Ciò che sta accadendo in questo paese non dovrebbe mai accadere. E nella mia mente non c’è dubbio che siamo a una prova del fuoco. Se non correggiamo ciò che sta accadendo entro le prossime due settimane, detesto pensare cosa potrebbe succedere dopo». E’ opportuno precisare e ribadire che l’onere della prova grava su chi muove le accuse, e quindi toccherà alla campagna Trump e ai suoi legali circostanziare queste ipotesi, che abbiamo riportato con doverosa completezza e con altrettanto doverosa cautela. Possibile che giunga una pioggia di smentite; oppure, possibile che i grandi media americani continuino a tenere bassa l’informazione su queste accuse, non ritenendole provate. Ma ora forse comprendiamo meglio come mai, trentasei ore fa, Trump in persona sia stato così duro e battagliero, in un colloquio telefonico con “Fox News”: «Sono state le elezioni più truccate mai viste, una frode assoluta». Non è difficile prevedere che la battaglia sarà ancora rovente.(Daniele Capezzone, “Mistero, che è successo a Francoforte?”, articolo pubblicato da “La Verità” e ripreso dal blog di Capezzone il 1° dicembre 2020).La Germania, e più precisamente Francoforte, teatro di uno scontro senza precedenti tra forze speciali dell’esercito Usa e uomini della Cia nell’ambito di un sequestro di server e materiale informatico? In altri tempi, si sarebbe detto che nemmeno la più audace delle storie di spionaggio sarebbe arrivata a tanto. E invece questo clamoroso scenario è stato descritto da Thomas McInerney, lieutenant general (figura equiparabile al generale di corpo d’armata) oggi in pensione, protagonista di una lunga carriera militare incluso il conflitto in Vietnam, poi commentatore Tv (per anni a “Fox News”) sui temi della difesa, e infine sostenitore di Donald Trump sia nel 2016 che nel 2020. McInerney ha rilasciato un’intervista telefonica al “Wvw Broadcasting Network”, dichiarando che sue fonti gli hanno rivelato che uomini delle forze speciali dell’esercito Usa, probabilmente appartenenti al corpo speciale Delta Force, avrebbero realizzato un raid presso una server farm gestita dalla Cia a Francoforte. «La cosa è avvenuta senza incidenti?», gli ha chiesto l’intervistatore. «Mi risulta che non sia andata senza incidenti», ha risposto il generale. «Ci sono stati soldati americani morti nell’operazione».
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British Medical: scordatevi i vaccini-Covid, non c’è da fidarsi
Il “British Medical Journal”, una delle riviste sanitarie più prestigiose del mondo, insieme a “The Lancet”, fa a pezzi i vaccini anti-Covid, almeno per quello che sono oggi: manca una trasparenza complessiva sui dati, né è chiaro se funzionino davvero. In più, non sono stati testati su un numero sufficiente di anziani, persone immunodepresse e bambini: è troppo presto, quindi, per capire se funzioneranno davvero (e per quanto tempo). Inoltre, scrive Antonio Amorosi su “Affari Italiani”, le ricerche non vanno nella direzione di dimostrarlo. Lo afferma la rivista inglese, in un articolo del 26 novembre pubblicato da Peter Doshi, docente all’università del Maryland. Secondo il “New York Times”, Doshi è una delle voci più influenti nella ricerca medica di oggi: si occupa con grande efficacia di fornire ai consumatori «il quadro completo» dei dati sui farmaci. E ora, Doshi si domanda: quanta attendibilità hanno gli annunci di Pfizer, Moderna e AstraZeneca in merito all’efficacia dei propri vaccini progettati per contrastare il Covid? La risposta: mancano dati essenziali, per potersi affidare con sufficiente sicurezza a quelle vaccinazioni.Sempre Doshi cita Peter Hotez, decano della National School of Tropical Medicine del Baylor College of Medicine di Houston, che ha detto: «Idealmente, un vaccino antivirale deve ridurre la probabilità di ammalarsi gravemente e andare in ospedale, e poi prevenire l’infezione e quindi interrompere la trasmissione della malattia». Nemmeno gli attuali studi di fase III sono stati impostati per dimostrare se questo accade o meno. Doshi pubblica una tabella mostrarlo, e spiega: «Nessuno degli studi attualmente in corso è progettato per rilevare una riduzione di esiti gravi come ricoveri ospedalieri, uso di cure intensive o decessi. Né i vaccini vengono studiati per determinare se possono interrompere la trasmissione del virus». C’è di fondo una mancanza di chiarezza e trasparenza nei dati per quanto riguarda gli effetti collaterali, racconta Doshi: «Il comunicato stampa di Moderna afferma che il 9% del campione ha sperimentato mialgia di grado 3 e il 10% affaticamento di grado 3; la dichiarazione di Pfizer ha riportato che il 3,8% ha sperimentato stanchezza di grado 3 e il 2% mal di testa di grado 3». Non sono numeri insignificanti. «Gli eventi avversi di grado 3 sono considerati gravi».In molti casi questi effetti somigliano ai sintomi del Covid, riassume “Affari Italiani”: le persone che hanno fatto il vaccino potrebbero essere semplicemente positive al Covid. Per capire se è così bisognerebbe sottoporle tutte ad un tampone. Ma, si chiede Doshi, è stato fatto? «Questa informazione non è nota, anche se sarebbe fondamentale conoscerla: perché se quelle persone fossero semplicemente positive, il 90% di efficacia comunicato dalle case farmaceutiche si ridurrebbe significativamente». Dal modo di elencare i propri test, spiega il professore, si capisce che i tamponi non vengono fatti a tutti i protagonisti della sperimentazione, ma solo alle persone per le quali i medici lo ritengono necessario. E questo è un problema. Altro aspetto rilevante è l’incertezza sulle prestazioni del vaccino sui 3, 6 o 12 mesi. «Non si sa neppure se una persona vaccinata, oltre a non sviluppare i sintomi del Covid, possa contagiare altre persone». E poi: quali sono le caratteristiche di chi è stato selezionato per testare i vaccini? Scarsissimo, pare, il numero degli anziani: cioè i soggetti notoriamente più esposti al Covid.«Se gli anziani fragili, che si ritiene moriranno in numero sproporzionato sia per l’influenza che per il Covid-19, non vengono arruolati negli studi sui vaccini in numero sufficiente per determinare se il numero di casi è ridotto nella loro categoria, ci possono essere poche basi per presumere benefici in termini di meno ricoveri ospedalieri o mortalità», scrive “Affari Italiani”, riprendendo Doshi. «Qualunque sia la riduzione dei casi osservata nella popolazione complessiva dello studio (la maggior parte dei quali è tra adulti sani), il beneficio potrebbe non applicarsi alla sottopopolazione anziana fragile, con l’effetto che poche vite potrebbero essere salvate». Lo conferma il vaccinologo Paul Offit, famoso per aver ricevuto minacce di morte dai No-Vax statunitensi: «Se non disponiamo di dati adeguati nel gruppo di età superiore ai 65 anni – ha detto Offit – queste categorie non dovrebbero ricevere il vaccino: il che sarebbe un peccato, perché sono composte proprio dai soggetti che hanno maggiori probabilità di morire con questa infezione».Altri punti deboli: «Solo due studi stanno arruolando bambini o ragazzi di età inferiore ai 18 anni». Tutti, poi, «escludono le persone immunocompromesse e le donne in gravidanza o che allattano». Quindi, «anche su queste categorie l’incertezza regna sovrana». Per testare dei vaccini forse ci vuole più tempo, sintetizza “Affari Italiani”. «E solo una trasparenza e il controllo rigoroso dei dati, che devono essere resi pubblici nella loro interezza, possono farci capire i veri pro e i contro dell’uso». In altre parole: è evidente che l’allarme scatenato sulle strutture ospedaliere, il blocco dell’economia e i decessi per Covid hanno messo i governi sotto pressione, e così tutti vorrebbero una soluzione semplice e immediata per tornare alla normalità. «Gli accordi commerciali tra governi e case farmaceutiche sembrano rispondere a questa esigenza reale, non vi è dubbio. Ma l’approccio che fa abbracciare in modo acritico la “strada vaccini” – conclude “Affari Italiani” – potrebbe avere effetti più negativi che positivi: anche perché sembra mossa da un desiderio irrazionale, umanamente comprensibile ma illogico, vista la mancata piena trasparenza dei dati».Il “British Medical Journal”, una delle riviste sanitarie più prestigiose del mondo, insieme a “The Lancet”, fa a pezzi i vaccini anti-Covid, almeno per quello che sono oggi: manca una trasparenza complessiva sui dati, né è chiaro se funzionino davvero. In più, non sono stati testati su un numero sufficiente di anziani, persone immunodepresse e bambini: è troppo presto, quindi, per capire se funzioneranno davvero (e per quanto tempo). Inoltre, scrive Antonio Amorosi su “Affari Italiani“, le ricerche non vanno nella direzione di dimostrarlo. Lo afferma la rivista inglese, in un articolo del 26 novembre pubblicato da Peter Doshi, docente all’università del Maryland. Secondo il “New York Times”, Doshi è una delle voci più influenti nella ricerca medica di oggi: si occupa con grande efficacia di fornire ai consumatori «il quadro completo» dei dati sui farmaci. E ora, Doshi si domanda: quanta attendibilità hanno gli annunci di Pfizer, Moderna e AstraZeneca in merito all’efficacia dei propri vaccini progettati per contrastare il Covid? La risposta: mancano dati essenziali, per potersi affidare con sufficiente sicurezza a quelle vaccinazioni.
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Vaccini-Covid, virologi e politici si sfilano: prego, prima voi
Tutte le misure imposte vengono applicate in basso: in alto, i potenti non vengono toccati. Prendiamo il caso dei vaccini-Covid: ora che si avvicina l’arrivo della meta fatidica, di colpo tutti quelli “al top” si tirano indietro. Fanno una retromarcia con capriole più o meno disinvolte, come del resto per gli stessi tamponi. Lo dimostra il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Era stato in quarantena e, tornato al tavolo di lavoro, ha risposto a una giornalista: «Io non ho bisogno di fare il tampone, sto bene». Attenzione: è la stessa persona che ha raccomandato test a tappeto a chiunque, sempre e comunque. Quando poi tocca a loro, allora le regole sono diverse. L’abbiamo già visto con la mascherina, quest’estate, o quando vedi Arcuri in televisione che se la toglie non appena c’è la pubblicità: quindi stava facendo una sceneggiata, a favore di telecamera. E’ sempre così, e adesso sta succedendo anche con il vaccino. E’ lunga, la lista di quelli che hanno già messo le mani avanti, dicendo: «Prima, lo facciano gli altri». Alla fine, sono comici. Il primo è stato Andrea Cristanti, che ha detto: col cavolo, che mi faccio vaccinare, prima di vedere i dati scientifici del vaccino.A Crisanti va reso omaggio: ha ribadito la sua posizione, nonostante sui media l’avessero prontamente massacrato per aver osato mettere in dubbio la fede religiosa nei vaccini-Covid. Poi c’è stato Paolo Mieli, che è andato dalla Gruber. Elegantissimo e furbissimo, non ha detto: io il vaccino non me lo faccio. Ha detto: me lo farei, perché sono anziano. Però – ha aggiunto – se fossi una persona in età di fare figli starei molto attento e aspetterei, perché tutta questa corsa al vaccino mi è parsa molto “arrembante”, senza la necessaria serietà di fondo. Quindi: si è tirato fuori, non ha detto “io no” (altrimenti lo avrebbero attaccato), però si è tolto d’impaccio. E ha menzionato il nesso tra vaccino e fertilità: argomento che la Gruber ha lasciato cadere, facendo finta di niente. Poi c’è stato lo stesso Roberto Burioni, che si è espresso nettamente in uno scambio sul web. Domanda secca: professore, oggi lei si vaccinerebbe, con Pfitzer? Risposta: «No, non conoscendo ancora i dati nel dettaglio, soprattutto sulla sicurezza».Un’altra è la virologa Maria Rita Gismondo, ospite di Paolo Del Debbio su Rete4: «Io a gennaio non mi vaccino», ha chiarito. «I vaccini che stanno per essere approvati – ha spiegato – hanno delle prove di efficacia da valutare nel tempo, sull’assenza di effetti collaterali acuti nel breve periodo». Inoltre, ha aggiunto la Gismondo, questi vaccini «possono indurre a mutazioni che possono essere viste al di là, nel tempo». Attenzione: la parola “mutazione” non era mai stata accostata ai vaccini, prima d’ora. Dunque che fare, coi primi vaccini che arriverebbero a gennaio? «Lei si vaccinerebbe?», le domanda il giornalista. Risposta secca della Gismondo: «No». Lo stesso Massimo Galli, altro virologo, ha ammesso che non possiamo escludere che ci possano essere effetti collaterali, anche tra dieci anni. L’aspetto epocale è che questo vaccino non sarebbe come gli altri: andrebbe infatti a “dialogare” con il nostro Dna. Secondo i suoi creatori, potrebbe diventare una sorta di “portale”, per poi curare anche altre malattie.Oltre al deficit tempistico relativo alla sperimentazione, infatti, ciò di cui si parla poco è proprio questo: si continua a usare la parola “vaccino” come se stessimo ancora parlando delle vaccinazioni del secolo scorso. L’antipolio, l’antivaiolosa: erano vaccini semplici, che contenevano solo l’antigene del virus per aiutare l’organismo a creare gli anticorpi. Ora invece stiamo parlando di modificare il Dna: la parola “vaccino” è sempre la stessa, ma il contenuto della fialetta è tutta un’altra cosa. A parte tutte le porcate immonde presenti nei vaccini di oggi, che non c’erano in quelli di cinquant’anni fa (come le cellule di Dna fetale abortito, presente nel vaccino contro la difterite, come dichiarato negli stessi bugiardini), ora invece si andrebbe direttamente a modificare il Dna. Cioè, si sta dicendo: noi trasformeremo voi, esseri umani, in Ogm (organismi geneticamente modificati). Questo, ci stanno facendo. Però usano la parola “vaccino”, antica, per rassicurarci.C’è una totale discrasia mentale, anche dal punto di vista sematico, nell’uso di questa parola. Bisognerebbe introdurre un altro termine: non chiamarli più vaccini, ma “modificatori genetici”. A quel punto, vedreste in quanti accetterebbero di farseli inoculare. Ma le dichiarazioni più belle restano comunque quelle dei nostri politici. Pierpaolo Sileri, viceministro della salute, ha dichiarato: «No, io non mi vaccinerò, a gennaio: prima viene la popolazione a rischio». Capite? Fa il generoso, Sileri. Fa l’eroe. Rinuncia alla sua fiala: come se togliere una singola dose – ne sono in arrivo 1,7 milioni – facesse una gran differenza. Idem Conte: «Certo, che mi vaccinerò», ha detto il primo ministro, ospite della Gruber. «Ma prima – ha aggiunto – il vaccino diamolo a chi ne ha bisogno». Quindi: con questa gran marcia indietro, stanno facendo tutti la figura degli ipocriti. Mandano avanti gli anziani, o comunque quelli come me, che ormai hanno raggiunto la sessantina. E’ come se Conte mi dicesse: «Vai pure avanti tu, caro Mazzucco; io, semmai, ti verrò dietro più tardi». E io gli rispondo: «Eh no, caro Conte: io la mia fialetta te la cedo volentieri. Vai avanti tu, che a me viene da ridere».(Massimo Mazzucco, dichiarazioni rilasciate nell’ambito della conversazione “Mazzucco Live” il 28 novembre 2020 col giornalista Fabio Frabetti, conduttore di “Border Nights”, in web-streaming su YouTube. L’argomento è di stringente attualità: insieme agli stessi renziani, un esponente Pd come Andrea Romano ha già “avvertito” gli italiani che, se rifiutassero di sottoporsi alla vaccinazione anti-Covid, verrebbero esclusi dalla vita sociale e costretti a rinunciare ad accedere a mezzi pubblici, bar e ristoranti, cinema, musei, concerti e stadi sportivi).Tutte le misure imposte vengono applicate in basso: in alto, i potenti non vengono toccati. Prendiamo il caso dei vaccini-Covid: ora che si avvicina l’arrivo della meta fatidica, di colpo tutti quelli “al top” si tirano indietro. Fanno una retromarcia con capriole più o meno disinvolte, come del resto per gli stessi tamponi. Lo dimostra il direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Era stato in quarantena e, tornato al tavolo di lavoro, ha risposto a una giornalista: «Io non ho bisogno di fare il tampone, sto bene». Attenzione: è la stessa persona che ha raccomandato test a tappeto a chiunque, sempre e comunque. Quando poi tocca a loro, allora le regole sono diverse. L’abbiamo già visto con la mascherina, quest’estate, o quando vedi Arcuri in televisione che se la toglie non appena c’è la pubblicità: quindi stava facendo una sceneggiata, a favore di telecamera. E’ sempre così, e adesso sta succedendo anche con il vaccino. E’ lunga, la lista di quelli che hanno già messo le mani avanti, dicendo: «Prima, lo facciano gli altri». Alla fine, sono comici. Il primo è stato Andrea Cristanti, che ha detto: col cavolo, che mi faccio vaccinare, prima di vedere i dati scientifici del vaccino.
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La Francia: virus “sfuggito” a Wuhan. Ma i media tacciono
Cina e Oms tornano a collaborare, almeno sulla carta, per capire le origini del Covid-19. Una collaborazione che doveva partire già lo scorso maggio, ma il governo cinese si oppose perché temeva una «estrema politicizzazione» e «indagini fondate sulla presunzione di colpevolezza». La Cina aveva paura di essere incolpata: «Una responsabilità che ormai tutti denunciano, anche enti del tutto non politicizzati e assolutamente non complottisti», spiega il sociologo Massimo Introvigne, fondatore e direttore del Cesnur, intervistato da Paolo Vites per il “Sussidiario”. A puntare il dito su Wuhan è il Centro nazionale delle ricerche scientifiche francese, «considerato dagli stessi cinesi il secondo più autorevole al mondo». Secondo il Cnrs, il coronavirus sarebbe stato creato in laboratorio per studi sul salto genetico, producendo virus alterati: qualcosa di legittimo, fatto anche dai francesi stessi, ma sfuggito per le scarse capacità di sicurezza dei cinesi. «Qualcosa che la Cina non ammetterà mai, visto che la notizia non è stata riportata praticamente da nessuno», dice Introvigne, sottolineando la denuncia francese: «Non dicono che il virus sia stato portato fuori appositamente, ma che un incidente è possibile in un laboratorio che produce virus alterati per studiarne il salto».I francesi chiedono una moratoria su questi esperimenti, e hanno smesso di collaborare con Wuhan proprio perché non ci sarebbero le necessarie condizioni di sicurezza. «Questo rapporto sarebbe stato una bomba mediatica, ma – come si dice – è finito in cavalleria», accusa Introvigne: «Senza la collaborazione cinese ci saranno molte illazioni, ma poche parole». Si sa da tempo – osserva Vites – che l’Oms è gravemente compromessa con la Cina, che annovera molti suoi uomini all’interno della struttura. Che senso ha questo nuovo annuncio di collaborazione? «Potranno portare avanti la nuova favola complottista che li discolpa, come avevano già fatto con il salmone norvegese importato in Cina». A cosa si attaccano adesso? «Hanno ideato una nuova favola, appunto, portata avanti con molta più convinzione, tanto che ne hanno parlato in una conferenza stampa il viceministro degli esteri e tutti i quotidiani del partito comunista: il Covid sarebbe giunto in Cina tramite cibo congelato proveniente da non si sa quale paese occidentale». La cosa interessante, aggiunge Introvigne, è che ricercatori dell’Ue “specializzati in fake news” hanno identificato “Sputnik”, rete televisiva russa, come il soggetto che lanciato la notizia, subito ripresa dai cinesi.«La cosa più grave è che un funzionario dell’Oms ha rilasciato interviste in Cina dicendo che è una storia credibile e che indagheranno su di essa», sottolinea Introvigne. Russi e cinesi starebbero lavorando insieme per produrre false informazioni sul virus? «Esatto. C’è stato recentemente un incontro tra ministri della propaganda russo e cinese in cui è stata messa a punto questa strategia». Nel frattempo, si domanda Paolo Vites, l’Oms continua quindi a recitare una sorta di commedia? «Molte attenzioni sono da tempo concentrate sul segretario etiope Ghebreyesus, amico della Cina». Ma prima di lui, aggiunge Introvigne, bisogna ricordare che – per due mandati – l’Oms ha avuto una segretaria generale cinese: «Molti dei funzionari sono persone assunte durante quel periodo». Dopo quei due mandati, «la Cina ha poi manovrato perché ci fosse comunque un amico, come l’attuale segretario». Sempre secondo Introvigne, se gli Usa saranno guidati da Joe Biden faranno bene, come annunciato, a rientrare nell’Oms, proprio per condizionarla e “correggerla” dall’interno. Quanto all’Italia, le cose si complicano: a quanto pare, la Penisola è sempre più al centro delle mire cinesi.Una relazione approvata dal Copasir – ricorda Vites – sostiene che, da quando è cominciata la pandemia, la penetrazione commerciale e finanziaria cinese in Italia è aumentata moltissimo: e questo grazie al Movimento 5 Stelle, da sempre filo-cinese. «È un problema molto grave – conferma Introvigne – ma va al di là dei Cinquestelle». Attraverso il Cesnur, Introvigne si occupa anche di rifugiati cinesi che chiedono asilo politico in Italia, e su questo tema «ci sono sentenze eccellenti». Di recente, però, sarebbe stata emessa «una sentenza palesemente costruita», in favore del governo di Pechino. Sempre secondo Introvigne, l’episodio «dimostra che sull’Italia c’è uno sforzo capillare, da parte della Cina: su giornali di seconda fila, si leggono spesso articoli che sembrano veline dell’ambasciata cinese». E i 5 Stelle? «Sono stati richiamati all’ordine e Di Maio un po’ si è moderato, ma esiste un capillare lavoro cinese nel mandare veline ai giornali».Cina e Oms tornano a collaborare, almeno sulla carta, per capire le origini del Covid-19. Una collaborazione che doveva partire già lo scorso maggio, ma il governo cinese si oppose perché temeva una «estrema politicizzazione» e «indagini fondate sulla presunzione di colpevolezza». La Cina aveva paura di essere incolpata: «Una responsabilità che ormai tutti denunciano, anche enti del tutto non politicizzati e assolutamente non complottisti», spiega il sociologo Massimo Introvigne, fondatore e direttore del Cesnur, intervistato da Paolo Vites per il “Sussidiario“. A puntare il dito su Wuhan è il Centro nazionale delle ricerche scientifiche francese, «considerato dagli stessi cinesi il secondo più autorevole al mondo». Secondo il Cnrs, il coronavirus sarebbe stato creato in laboratorio per studi sul salto genetico, producendo virus alterati: qualcosa di legittimo, fatto anche dai francesi stessi, ma sfuggito per le scarse capacità di sicurezza dei cinesi. «Qualcosa che la Cina non ammetterà mai, visto che la notizia non è stata riportata praticamente da nessuno», dice Introvigne, sottolineando la denuncia francese: «Non dicono che il virus sia stato portato fuori appositamente, ma che un incidente è possibile in un laboratorio che produce virus alterati per studiarne il salto».
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Il mistero di Franco Battiato, la strana eclissi di un genio
Ma in quale altro mondo è andato ad abitare Franco Battiato? Di lui non si sa più nulla da anni, ha intrapreso un viaggio in quel paese che gli somiglia tanto, per citare una sua canzone con le parole di Manlio Sgalambro che fanno il verso a Baudelaire. Dopo un paio d’incidenti è entrato in un misterioso nascondiglio, una specie di penombra sacra, forse di oscuramento della mente, che la pietà dei suoi cari proteggono da ogni sguardo curioso. Anche Aldo Nove, che gli ha dedicato ora una bella biografia che è poi un atto d’amore (”Franco Battiato”, Sperling & Kupfer), pare reticente sul passaggio all’ombra di Battiato, per rispettare il suo silenzio, per non oltraggiare la sua solitudine. O forse neanche lui sa davvero cosa sia successo. Non è la morbosità di sapere che ci spinge a scrivere di Battiato, ora 75enne: ma è per rendere onore a un cantautore d’eccezione, “un essere speciale”; una voce davvero unica, diversa, nel panorama della canzone. E non sto parlando solo di gusti musicali ma di una rarità assoluta: quello di Battiato è un canto spirituale.So quante ironie ha destato il suo linguaggio e la sua buffa stravaganza, a cominciare dai suoi conterranei, da Fiorello che ne fece gustose parodie all’antico re della tv, Pippo Baudo. Tre cannoni siciliani, anzi catanesi, di provincia. Ma l’aura delle sue canzoni, il tono della sua voce, l’atmosfera della sua musica, hanno un fascino evocativo, luminoso e arcano, che ti portano in un altrove. Sono esperienze spirituali, alcune si cimentano col mondo reale, con gli amori, la vita, il proprio tempo, i sentimenti e perfino la rabbia e lo sdegno; ma si avverte anche in quelle canzoni una presa di distanza, un passo diverso, come un respiro di altri mondi. A dividere e congiungere il sacro e il profano c’è in Battiato la sottile linea dell’ironia, che si fa talvolta auto-ironia, e stempera il tono ieratico nel tono ludico, si fa beffe dell’avida frenesia e ignoranza dei contemporanei. Sappiamo il retroterra di Battiato: René Guénon e Gurdjieff, i sufi, i dervisci. C’è un suo libretto, “Il silenzio e l’ascolto” (Castelvecchi), in cui conversa con Raimon Panikkar, Alejandro Jodorowsky, Gabriele Mandel e Claudio Rocchi. Ma altre pubblicazioni recano la sua impronta e accompagnano insieme alla sua pittura, come ali leggere, il suo cammino musicale.Tra i mondi che abita Battiato c’è pure quello magico della sua Sicilia. Fu proprio il filo della nostalgia per l’infanzia che mi fece conoscere Battiato. Lo seguivo da anni, avevo pubblicato come editoriale su “L’Italia Settimanale” il testo di “Povera Patria”. Ma fu la sua lettura di un mio libro dedicato alla nostalgia dell’infanzia che mi avvicinò a lui. Venne a presentarlo a Roma insieme a Giorgio Albertazzi e Pupi Avati. Arrivò per ultimo, in volo da Catania, e appena finì il suo intervento riprese il volo. Come se avesse parcheggiato l’aereo ancora rombante fuori dalla sala… Ritrovai poi consonanze d’infanzia e ricordi di controre d’estate al sud nel suo film autobiografico “Perdutoamor”. Difficile dire a quale canzone di Battiato si è più legati… Il centro di gravità permanente, Il vuoto, L’ombra della luce, l’Oceano di silenzio, Lode all’Inviolato, Pasqua etiope, E ti vengo a cercare, Le nostre anime, l’incanto multiplo dei Fleurs… E la più bella canzone d’amore che io conosca, La Cura, che commuove alle lacrime Aldo Nove, e non solo lui.Poi le voci straordinarie che a lui si accompagnano, di Giuni Russo, di Alice, di Antonella Ruggiero. Se Lucio Battisti esprime l’incanto perenne dell’adolescenza e Mina evoca la potenza struggente degli amori sfioriti, Franco Battiato canta la grazia dell’altrove, in una visione oltre la vita. “Via via via da queste sponde / portami lontano sulle onde”. Mi pento di aver ironizzato anni fa su un suo intervento sconcertante in tv dalla Gruber nella sua breve parabola di assessore alla cultura della regione siciliana; un dialogo dada, per non dire demenziale, con pause e malintesi imbarazzanti che forse era la spia di uno stato mentale che stava alterandosi. Il suo impegno in politica fu un errore, e non perché abbia scelto quel versante. La via dei canti di Battiato è al di là della destra o della sinistra, e succedanei. A spiegare la sparizione di Battiato ci soccorre Sgalambro, che scriveva in “Teoria della Sicilia”, premessa al libretto dell’opera di Battiato “Il cavaliere dell’intelletto”: «La volontà di sparire è l’essenza esoterica della Sicilia. Poiché ogni isolano non avrebbe voluto nascere, egli vive come chi non vorrebbe vivere; la storia gli passa accanto con i suoi odiosi rumori».La notazione di Sgalambro forse non vale per tutti i siciliani, in cui la tendenza a sparire gareggia con la tendenza teatrale a ostentare, anche il dolore e la magnificenza. Ma certo vale per lui e per Battiato. Forse fu quella la molla del loro incontro tra siciliani “a latere”. Un cantautore che frequentava altri orienti, in sintonia col mistico coautore Giusto Pio, s’incontra col filosofo più nichilista ed empio dei nostri tempi. «Mi capitò tra i piedi Battiato – raccontava Sgalambro da Lentini – ed è stato uno di quegli incontri che ti portano fuori strada». Me li ricordo insieme a cena dopo un suo strepitoso concerto a Segesta. Erano le tre di notte, eravamo sul mare a San Vito Lo Capo, ero a tavola di fronte a lui e Sgalambro che fingevano di mangiare, entrambi con lenti nere e silenzi tombali. Alle tre di notte. Di recente è arrivato dal suo iperuranio un corpo celeste in forma di canzone, dal titolo evocativo e l’atmosfera struggente, “Torneremo ancora”, che allude all’Eterno ritorno, alla reincarnazione, al tempo circolare e alla potenza evocativa del tornare. Ritorni presto l’era del Cinghiale Bianco.(Marcello Veneziani, “Il mistero di Franco Battiato”, da “La Verità” del 18 novembre 2020).Ma in quale altro mondo è andato ad abitare Franco Battiato? Di lui non si sa più nulla da anni, ha intrapreso un viaggio in quel paese che gli somiglia tanto, per citare una sua canzone con le parole di Manlio Sgalambro che fanno il verso a Baudelaire. Dopo un paio d’incidenti è entrato in un misterioso nascondiglio, una specie di penombra sacra, forse di oscuramento della mente, che la pietà dei suoi cari proteggono da ogni sguardo curioso. Anche Aldo Nove, che gli ha dedicato ora una bella biografia che è poi un atto d’amore (”Franco Battiato”, Sperling & Kupfer), pare reticente sul passaggio all’ombra di Battiato, per rispettare il suo silenzio, per non oltraggiare la sua solitudine. O forse neanche lui sa davvero cosa sia successo. Non è la morbosità di sapere che ci spinge a scrivere di Battiato, ora 75enne: ma è per rendere onore a un cantautore d’eccezione, “un essere speciale”; una voce davvero unica, diversa, nel panorama della canzone. E non sto parlando solo di gusti musicali ma di una rarità assoluta: quello di Battiato è un canto spirituale.
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Buon Natale da Arcuri: liberi, ma solo col pass vaccinale
Manca meno di un mese a Natale, e quasi nessuno se n’è accorto. Gli anni scorsi subito dopo Ognissanti iniziava un massiccio martellamento di prodotti, pubblicità, video, canzoni e jingles natalizi, per non parlare di panettoni, luminarie e stelle filanti. Quest’anno no: come mai? Semplice, è arrivato l’ordine dall’alto ai vari editori di cancellare la festività dai media. Ovviamente il motivo è più che valido: il coronavirus! La realtà è un po’ diversa: ci stanno rosolando lentamente sulla piastra, per prepararci al prossimo anno che inizierà con i botti, e non pensiate al capodanno. Il veglione infatti si farà a casa in totale solitudine senza alcun razzetto o fontanella, perché verranno messi al bando dal prossimo Dpcm in quanto i petardi potrebbero svegliare dal sonno notturno il Sars-Cov-2… Non sia mai! Mi riferisco al “patentino” e all’ipotesi di obbligo in base alle fasce di età che sta prendendo forma.A dirlo è il commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri. «Stiamo disegnando un piano dei vaccini, il primo sarà quello di Pfizer e all’Italia arriveranno 3,4 milioni di dosi nella seconda parte di gennaio, che serviranno a vaccinare 1,7 milioni di italiani perché a ogni persona dovranno essere somministrate due dosi».La cosa interessante è che il prodotto Pfizer richiede condizioni particolari per la conservazione: temperature di circa 70/80 gradi sotto lo zero! Ma tranquilli i frigoriferi «ci sono», ha rincuorato Arcuri. Stanno anche «progettando una piattaforma informatica che consentirà di gestire la verifica della somministrazione per sapere come si chiamano le persone che hanno fatto il vaccino e dove lo hanno fatto, per seguire la tracciabilità dei beni sul territorio», ha detto il commissario, rispondendo ad una domanda sulla folle ma purtroppo concreta ipotesi di un patentino. Il “patentino” (o “pass”, come l’ha definito il diversamente-statista del veneto Zaia) darà diritto ai sudditi di tornare ad una pseudo-normalità, che ovviamente normalità non sarà. Ma come si dice: la cosa importante è crederci. Quindi, vuoi andare ai concerti? Usare i mezzi pubblici? Viaggiare all’estero? E perché no, mangiarti una pizzetta in compagnia senza il problema del numero di commensali? Bene, lo potrai fare se e solo se ti sarai fatto sparare in vena un po’ di Rna sintetico, un po’ di materiale modificato geneticamente, creato in laboratorio dalle menti più criminali del pianeta! Buona “normalità” a tutti…(Marcello Pamio, “Babbo Natale e il ‘patentino’ vaccinale per tutti”, da “Disinformazione.it” del 20 novembre 2020. Operatore Shiatsu nell’ambito della medicina tradizionale cinese, Pamio ha alle spalle un triennio di studi universitari di fisica. Da anni si occupa di “medicine non convenzionali”, con particolare attenzione ai sistemi terapeutici “dimenticati”, e a quelli boicottati dall’establisment medico).Manca meno di un mese a Natale, e quasi nessuno se n’è accorto. Gli anni scorsi subito dopo Ognissanti iniziava un massiccio martellamento di prodotti, pubblicità, video, canzoni e jingles natalizi, per non parlare di panettoni, luminarie e stelle filanti. Quest’anno no: come mai? Semplice, è arrivato l’ordine dall’alto ai vari editori di cancellare la festività dai media. Ovviamente il motivo è più che valido: il coronavirus! La realtà è un po’ diversa: ci stanno rosolando lentamente sulla piastra, per prepararci al prossimo anno che inizierà con i botti, e non pensiate al capodanno. Il veglione infatti si farà a casa in totale solitudine senza alcun razzetto o fontanella, perché verranno messi al bando dal prossimo Dpcm in quanto i petardi potrebbero svegliare dal sonno notturno il Sars-Cov-2… Non sia mai! Mi riferisco al “patentino” e all’ipotesi di obbligo in base alle fasce di età che sta prendendo forma. A dirlo è il commissario per l’emergenza, Domenico Arcuri. «Stiamo disegnando un piano dei vaccini, il primo sarà quello di Pfizer e all’Italia arriveranno 3,4 milioni di dosi nella seconda parte di gennaio, che serviranno a vaccinare 1,7 milioni di italiani perché a ogni persona dovranno essere somministrate due dosi».
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Vaccini, radiato Gava: e i colleghi zitti, nessuno protesta
Il dottor Roberto Gava è stato definitivamente radiato dall’ordine dei medici. La radiazione originale, arrivata nell’aprile del 2017, era rimasta sub judice perché nel frattempo il dottor Gava aveva fatto ricorso. Ora il ricorso l’ha perso, e la radiazione è diventata definitiva. Questo articolo non vuole essere una difesa del dottor Gava da parte mia, ma vuole essere un atto di accusa verso tutti quei colleghi che non l’hanno difeso. La professionalità e la serietà del dottor Gava infatti non sono in discussione. Laureato in medicina all’università di Padova, specializzato in cardiologia, farmacologia clinica e tossicologia medica, con perfezionamento in agopuntura cinese, omeopatia classica e bioetica, il dottor Gava ha anche scritto una ventina di libri sui più diversi aspetti della medicina moderna. Ma ha anche scritto diversi libri sulle vaccinazioni, di cui il più famoso è “Le vaccinazioni pediatriche”, un tomo di oltre 1000 pagine pieno zeppo di informazioni storiche e scientifiche inoppugnabili. E qui per Gava nascono i problemi.Pur non essendosi mai dichiarato contrario alle vaccinazioni, infatti, il dottor Gava ne ha messo in luce in maniera metodica e fortemente documentata tutti i limiti e i rischi che queste comportano. E questo, al giorno d’oggi, non si può fare. Oggi il potere straripante delle case farmaceutiche impone una fede cieca e incrollabile nelle vaccinazioni a tutti i costi, senza se e senza ma, e chiunque osi anche leggermente dissentire da questa linea viene punito con la radiazione. Ora la mia domanda è questa: fra tutti i medici che esistono oggi in Italia ce ne saranno certamente molti che concordano in pieno con l’assoluta efficacia e sicurezza delle vaccinazioni. Ma ce ne sono anche molti – decisamente più informati dei primi – che sanno benissimo che le vaccinazioni possono causare dei danni molto gravi ai loro pazienti, e che quindi andrebbero fatte con molta cautela, e non con inoculazioni di massa. In altre parole, ci sono moltissimi medici in Italia che concordano al 100% con le posizioni del dottor Gava. Eppure questi medici tacciono, per evitare di incorrere nell’ira dell’ordine dei medici, che agisce chiaramente sotto il controllo delle multinazionali del farmaco.Tacciono perché vogliono proteggere il loro orticello. Tacciono perché “tengono famiglia”, e non vogliono rinunciare a tutti i privilegi che hanno potuto accumulare dopo una carriera certamente impervia e faticosa. Eppure basterebbe così poco. Basterebbe che due o trecento di loro scrivessero una lettera all’ordine dei medici, dicendosi sconcertati per una punizione così severa per quello che in realtà è un semplice “reato di opinione”, e le cose cambierebbero immediatamente. Per tutti. Ma ciascuno di loro ha troppa paura. È così comodo stare seduti dietro la propria scrivania a sfornare ricette con la fotocopiatrice, senza più nemmeno guardare in faccia i propri pazienti, e senza più combattere per la dignità della propria categoria. Lo dico a tutti coloro che condividono le posizioni del dottor Gava ma che tacciono per paura, per interesse personale, o per protezione della posizione acquisita: continuerete tranquillamente per tutta la vita a fare i medici, state tranquilli. Ma non per questo avrete diritto di essere chiamati uomini.(Massimo Mazzucco “Caso Gava: medici, dove siete?”, da “Luogo Comune” del 24 novembre 2020).Il dottor Roberto Gava è stato definitivamente radiato dall’ordine dei medici. La radiazione originale, arrivata nell’aprile del 2017, era rimasta sub judice perché nel frattempo il dottor Gava aveva fatto ricorso. Ora il ricorso l’ha perso, e la radiazione è diventata definitiva. Questo articolo non vuole essere una difesa del dottor Gava da parte mia, ma vuole essere un atto di accusa verso tutti quei colleghi che non l’hanno difeso. La professionalità e la serietà del dottor Gava infatti non sono in discussione. Laureato in medicina all’università di Padova, specializzato in cardiologia, farmacologia clinica e tossicologia medica, con perfezionamento in agopuntura cinese, omeopatia classica e bioetica, il dottor Gava ha anche scritto una ventina di libri sui più diversi aspetti della medicina moderna. Ma ha anche scritto diversi libri sulle vaccinazioni, di cui il più famoso è “Le vaccinazioni pediatriche”, un tomo di oltre 1000 pagine pieno zeppo di informazioni storiche e scientifiche inoppugnabili. E qui per Gava nascono i problemi.
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Magaldi: tutti in strada di notte, spero di essere arrestato
«Vorrei avere il piacere di essere arrestato, fermato, trascinato in un commissariato». Lo annuncia ufficialmente Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, che spiega: «Il 14 dicembre, a Roma – in orario serale, violando il coprifuoco – esordirà la Milizia Rooseveltiana, formazione nonviolenta il cui nome ricorda provocatoriamente la milizia paramilitare fascista». Messaggio esplicito: «Anche oggi, come allora, siamo alle soglie di una sorta di dittatura: stavolta è imposta in modo subdolo, col pretesto di un virus para-influenzale presentato come se fosse la peste bubbonica». In nessun caso, sottolinea Magaldi, si può accettare di perdere quote importanti della propria libertà in cambio del miraggio della sicurezza sanitaria. «Sconcerta l’ingenuità degli italiani che pensano che si tratti solo di avere ancora un po’ di pazienza. Non hanno capito che il vero obiettivo delle misure restrittive è un altro: imporre ai cittadini un’obbedienza cieca e anche assurda, come quando viene richiesto di indossare la mascherina all’aperto, pure se si è soli». A giorni, l’esecutivo riceverà una sorta di “ultimatum”, da parte del Movimento Roosevelt. Due le richieste principali. La prima: abolizione immediata di ogni restrizione. La seconda: adozione (altrettanto celere) di provvedimenti economici per risarcire e supportare aziende ed esercizi fermati da lockdown e “zone rosse”.Insomma: si pretenderanno “ristori” veri e propri, non come quelli finora «corrisposti solo in minima parte e con grave ritardo dal governo Conte, che anche in questo si è rivelato particolarmente fellone». Magaldi, poi, denuncia la propaganda “orwelliana” che ha seminato il panico, sul Covid, «creando anche seri problemi di salute: non si contano più i casi di pazienti, affetti da malattie gravi (cardologiche, oncologiche) che in questi mesi non hanno potuto ricevere cure adeguate, proprio grazie all’isteria generale sul Covid», che ha messo in crisi gli ospedali. Un’isteria generata «dai media, dal governo e dalle stesse Regioni, di qualunque colore sia la loro guida politica». Menzione d’onore per i giornalisti: hanno sostanzialmente «abdicato alla loro missione, rinunciando a fare informazione e preferendo invece veicolare l’unico messaggio richiesto, quello del “terrorismo sanitario” per trasformare il Covid-19 in una piaga inaffrontabile». Premette Magaldi: «Io non sono certo “negazionista”: so bene che certe complicanze del Covid possono uccidere, come peraltro la stessa influenza stagionale. Ma mi domando: siamo sicuri che sia attendibile il numero di vittime imputate al Covid? E quanti malati sono invece morti a causa di cure sbagliate?».Una certezza: «Andava potenziata da subito la medicina territoriale, con medici istruiti con opportuni protocolli terapeutici per curare i pazienti da casa: ma niente di tutto questo è stato fatto». Al contrario, il paese è stato sprofondato nel caos: «E il panico irrazionale, instillato dalla politica e dai media, è stato utilizzato per imporre restrizioni assurde, avvilenti per la dignità delle persone, inutili contro la pandemia e oltretutto disastrose per l’economia». La misura è colma, insiste Magaldi, che annuncia un Natale “rivoluzionario”, animato da clamorose proteste “rooseveltiane”, una volta scaduto “l’ultimatim” salva-Italia, il prossimo 8 dicembre. «Mi domando però che tipo di rivoluzione potrebbero mai fare, quegli italiani (tantissimi, purtroppo) che ancora tremano all’idea di essere multati, e quindi seguitano a circolare indossando la mascherina». Un invito esplicito: «Toglietevela, tornate a respirare. E se vi fermasse una pattuglia, non temete: sarete assistiti gratuitamente dai tanti avvocati del Sostegno Legale approntato dal Movimento Roosevelt. E quelle multe, ve l’assicuro, non le pagherete mai». Insiste Magaldi: «Perché accettate di rincasare entro le ore 22? Datemi retta: violatelo, il coprifuoco. E’ un’offesa alla vostra dignità, oltre a essere incostituzionale: in Italia, il coprifuoco lo si può imporre legalmente solo in caso di guerra».Proprio in momenti come questo, ribadisce Magaldi, il coraggio civile è davvero indispensabile, per non subire il silenzio un regime che si sta facendo oppressivo, «e che obbedisce a una precisa, pericolosa regia internazionale». Il presidente del Movimento Roosevelt accusa il cosiddetto “partito cinese”, composto da potenti oligarchi anche statunitensi: «Speculano sulla paura del virus per imporre una “nuova normalità” aberrante, basata sulla sottomissione, che faccia dimenticare ai cittadini dell’Occidente i diritti e le libertà delle democrazie liberali». Il rischio – aggiunge Magaldi – è che gli italiani non si rendano conto della “novità” che è stata introdotta, in modo surrettizio: chiudersi in casa, al minimo segno di infezione. «Il “corona” non è certo il primo virus, e non sarà l’ultimo. E allora che facciamo, d’ora in poi: ci spranghiamo tra le mura di casa, alla prima avvisaglia di epidemia?». Stupisce che il grosso della popolazione non abbia ancora percepito «la paradossale sproporzione tra la reale entità della minaccia sanitaria e la durezza delle misure imposte col pretesto di contenerla».Del resto, lo si sapeva fin dall’inizio: «Gli stessi scienziati avevano previsto che tre quarti della popolazione mondiale sarebbe stata contagiata: l’infezione (raramente letale) non è evitabile, a quanto pare, mentre erano evitabilissimi i danni procurati dal panico emergenziale e dalle restrizioni, che oltretutto non sono state nemmeno risolutive per eliminare il contagio». Cosa aspettano, gli italiani, ad accorgersene? «Triste dirlo, ma la verità è sgradevole: chi non è disposto a combattere, per la sua libertà, quella libertà non la merita». Magaldi indica, come esempio virtuoso, i giovani di Hong Kong finiti in carcere per la loro protesta contro il regime di Pechino, che schiaccia i diritti e azzera la libertà. «E noi in Italia che facciamo, tremiamo all’idea del vigile urbano che ci commina una sanzione? Ci stanno portando via la libertà, senza un minimo segno di ribellione da parte nostra». La musica cambierà, avverte Magaldi: «Mentre molti leggeranno in che modo Conte avrà deciso di rovinare persino il Natale delle famiglie italiane, la Milizia Rooseveltiana scenderà nelle strade, di notte, per dire che quello che sta succedendo non è accettabile, da parte di chi ha a cuore i diritti umani e la propria dignità di cittadino libero».«Vorrei avere il piacere di essere arrestato, fermato, trascinato in un commissariato». Lo annuncia ufficialmente Gioele Magaldi, presidente del Movimento Roosevelt, che spiega: «Il 14 dicembre, a Roma – in orario serale, violando il coprifuoco – esordirà la Milizia Rooseveltiana, formazione nonviolenta il cui nome ricorda provocatoriamente la milizia paramilitare fascista». Messaggio esplicito: «Anche oggi, come allora, siamo alle soglie di una sorta di dittatura: stavolta è imposta in modo subdolo, col pretesto di un virus para-influenzale presentato come se fosse la peste bubbonica». In nessun caso, sottolinea Magaldi, si può accettare di perdere quote importanti della propria libertà in cambio del miraggio della sicurezza sanitaria. «Sconcerta l’ingenuità degli italiani che pensano che si tratti solo di avere ancora un po’ di pazienza. Non hanno capito che il vero obiettivo delle misure restrittive è un altro: imporre ai cittadini un’obbedienza cieca e anche assurda, come quando viene richiesto di indossare la mascherina all’aperto, pure se si è soli». A giorni, l’esecutivo riceverà una sorta di “ultimatum”, da parte del Movimento Roosevelt. Due le richieste principali. La prima: abolizione immediata di ogni restrizione. La seconda: adozione (altrettanto celere) di provvedimenti economici per risarcire e supportare aziende ed esercizi fermati da lockdown e “zone rosse”.
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Kraken: il Dark Web fotografa la maxi-frode contro Trump?
«Il Kraken dei patrioti americani ha lasciato il Dark Web ed è uscito allo scoperto, manifestando tutta la sua possanza. Con i suoi tentacoli informatici il mostro liberato dai legali di Trump si è avvinghiato al potente Leviatano dei globalisti, e così si è dato avvio allo stritolamento». La svolta, scrive Gianmarco Landi su “Notizie dal Parlamento”, sarebbe avvenuta «il giorno dopo il rilascio del Kraken», cioè alla presentazione dei ricorsi alla Corte Suprema giovedì 19, quando Rudolph Giuliani, Sidney Powell e Jena Ellis hanno tenuto una conferenza stampa «comunicando che il mostro era stato rilasciato». L’indomani, venerdì 20 novembre alle ore 10 della East Coast, il comitato governativo della Pennsylvania ha convocato i dirigenti della Dominion, la società che aveva contato i voti in 30 dei 50 Stati americani (tutti quelli significativi). «I tecnici della Dominion avrebbero dovuto relazionare sul funzionamento dei macchinari utilizzati per la raccolta dei voti, ma non lo hanno fatto: nessuno della Dominion si è presentato alla convocazione, ed essendo tutti loro tecnici molto esperti (hacker), evidentemente in questi giorni avranno avuto modo di riflettere e prendere contezza del burrone in cui sono precipitati».Quella che Landi definisce «la latitanza dei tecnici della Dominion» renderebbe evidente il fatto che «nessuno possa mai spiegare legalmente il funzionamento della raccolta dei voti, cioè i “glitch” (scambi di voti a favore di Biden) e i “salti in perpendicolare” (cioè interi blocchi di centinaia di migliaia di voti che compaiono solo per un candidato)». Sempre secondo Landi, questo «la dice lunga su come andrà a finire la vittoria mediatica di Biden, cioè la classica vittoria di Pirro, per lui, e la Waterloo di tutti i ‘campioni’ della globalizzazione». Molti, aggiunge Landi, ancora non sanno che, sotto la superficie del web, esiste l’universo del cosiddetto Deep Web, il “web profondo”, in cui «politici, banchieri o miliardari delle élite veicolano informazioni tra di loro». Nel Deep Web, ad esempio, «si muovono gli asset bank security, con cui le banche fanno i bilanci reali». Solo una minima parte delle forze nel Deep Web emerge nel Surface Web e ai nostri occhi, assumendo il carattere di ufficialità. «La reale situazione economico-finanziaria delle banche, così come quella degli Stati, non è quella raccontata ed evidente nel Surface Web, ma quella non visibile alla maggior parte delle persone, cioè nel Deep Web».Nel web profondo «si trovano certe dinamiche “swift” attraverso cui le banche si scambiano miliardi di euro in asset e liquidità, talvolta tenendo all’oscuro gli amministratori della banca, gli Stati e qualsiasi stakeholder della banca, perchè il Deep Web ha relazioni con un Deep Web ancora più profondo ed elitario, chiamato Dark Web». In quel “web oscuro”, continua Landi, vari faccendieri «realizzano speculazioni illecite colossali, a scapito dei cittadini ignari». In pratica, operazioni Off Ledger (fuori bilancio) senza coinvolgimento ufficiale del bank officer, «cioè con il banchiere che si volta dall’altra parte quando qualcuno dal Dark Web mette le mani su alcuni conti». Nel Dark Web, «i protagonisti si muovono in forme di totale anonimato, e per poterlo fare bisogna essere entità di grande forza internazionale, come ad esempio l’intelligence dell’esercito degli Stati Uniti (che ha inventato Internet e l’ha data al mondo), o di servizi segreti di Stati importanti». Come nei film, hackeraggi dal Dark Web «avvengono anche su iniziativa di ragazzi genialoidi, che prima o poi finiscono per farsi arrestare, ma subito dopo andranno a lavorare in questi ambiti di intelligence informatica molto particolari».Nel Dark Web c’è l’infrastruttura ad 8kun, che permette l’accesso e la scrittura di contenuti in modo del tutto anonimo: ed è questo il luogo dove «l’incubo delle élite globaliste si è manifestato», secondo Landi, che dà credito all’entità chiamata “Q”, che definisce composta da «personale di intelligence militare», il cui obiettivo sarebbe «far emergere nel Surface Web molte verità nascoste negli ultimi 50 anni». Gianmarco Landi ipotizza che “Q” sia capeggiato dal generale Michal Flynn, «che fu il primo a parlare nel 2016 di certe storie agghiaccianti su Twitter, come ad esempio il pedosatanismo e la corruzione della Fondazione Clinton, per poi essere poco dopo letteralmente massacrato dall’Fbi, nonostante Trump fosse stato appena eletto presidente degli Stati Uniti». Sempre secondo Landi, «su 8kun è comunque possibile, tramite l’Id che compare a destra della data di pubblicazione, essere sicuri che due post diversi siano stati scritti dalla stessa persona (postazione)». Ed è per questo motivo, aggiunge, che è possibile fare delle supposioni congetturali seguendo i post di “Q”, «scorgendo in certe sue comunicazioni finanche messaggi di chiaro ancoraggio presidenziale, evidentemente propalati dal Dark Web affinché arrivassero nella superficie della Rete e quindi a tutti noi».Molte iniziative attuate dall’amministrazione Trump sono state effettivamente anticipate da “Q”, sostiene Landi: quindi, deduce, «questa modalità è stata messa in atto per far attaccare il presidente e non solo per difenderlo, diffondendo informazioni e controinformazioni sicuramente lette avidamente soprattutto dai nemici dell’amministrazione Trump». Sempre Landi mette in evidenza un recente scambio tra due soggetti, ovvero due Id elettronici: il primo è “17ac60″, che Landi decide di chiamare «hacker di Dominion», e l’altro è “8f656a”, che sempre Landi chiama «Generale Flynn». Lo scambio inizia con un insulto a Flynn, definito “looser”, cioè perdente, ma dopo cinque minuti il presunto hacker riceve la seguente risposta dall’ipotetico Flynn: «Guarda che non ho ancora iniziato a combattere». Visto che il presunto hacker rincara la dose e seguita a insultare, ecco che «spunta fuori il tentacolo del Kraken», ovvero: l’ipotetico Flynn pubblica sulla chat «la foto di un uomo ben preciso, e improvvisamente la conversazione si blocca». Scrive Landi: «E’ plausibile ritenere che l’hacker di Dominion abbia avuto una botta di panico, vedendo che colui che riteneva il ‘loser’ (perdente) solo pochi istanti prima, gli aveva appena spiattellato una sua foto, a cui corrisponde quella di un dirigente della Dominion».Cosa è successo? Sempre secondo Landi, l’ipotetico Flynn avrebbe «dato a intendere all’hacker di Dominion, così palesandosi alla catena di comando a cui questa struttura risponde, che tutto quanto fatto dai server di Francoforte in questo ultimo mese, è stato osservato ed evidentemente registrato», anche se gli autori del presunto complotto informatico si credevano al sicuro, grazie all’anonimato teoricamente garantito dal Dark Web. Landi sostiene di aver riconosciuto l’hacker: risulta essere Aleksander Lazarevic, della Dominion. Come faceva, l’ipotetico Flynn, a conoscere la sua identità, disponendo solo dell’Id 8f656a? E visto che questo scambio è arrivato un attimo dopo che il team legale di Trump aveva portato in Corte Suprema le prove dei brogli, potrebbe significare che il vero generale Flynn, e quindi i legali di Trump, «avessero alle spalle un livello di forza tecnologica nel Dark Web superiore a quello di Dominion e Smartmatic controllate dai Dem, da Soros, da Bill Gates e dai grandi banchieri?». Queste due realtà aziendali estere, stando alle accuse dei legali trumpiani, avrebbero eterodiretto i colossali brogli da Francoforte.Lo avrebbero fatto «penetrando il software di Dominion installato nei 30 Stati Usa, in modo da truccare i dati elettorali». Come? Manipolandoli a posteriori, «essendo forti della connivenza di funzionari statali che si sarebbero voltati dall’altra parte quando l’algoritmo agiva». Landi tende a pensare che i cospiratori siano stati colti di sorpresa, e oggi «risultino come i topi caduti in trappola, con il generale Flynn che ha chiuso lo sportellino». La storia diventa molto interessante e concreta, secondo Landi, «perché è proprio questo Lazarevic colui che ha scritto l’algoritmo in grado di modificare i risultati elettorali». Si tratterebbe di un algoritmo di manipolazione di dati che, nell’intento originale, «potenziava alla bisogna i voti di Biden in modo che gli osservatori esperti di politica non avrebbero mai potuto accorgersene». Queste incursioni, verificandosi in anonimato, «non avrebbero mai dovuto lasciare prove dell’accaduto». Il problema sarebbe stato amplificato «dai settaggi dell’algoritmo e dai parametri fissati su affluenze troppo basse, supponendo una massa di voti in favore di Trump molto inferiore a quella che il 3 novembre si è registrata mediante espressioni in presenza fisica».«I correttivi nella notte tra il 3 e il 4 novembre hanno aggravato i pasticci», scrive ancora Landi, «perchè è stato necessario intervenire con alcune postazioni dal Dark Web lasciando ulteriori ‘impronte’». Landi riferisce che esiste «un paper a carattere scientifico firmato proprio dallo stesso Lazarevic, dove viene documentata l’invenzione di questi tipi di algoritmi per corrompere gli esiti delle elezioni democratiche». Avendo Trump in mano pure i server di Francoforte, secondo Landi la sua vittoria è scontata. E non solo: c’è anche la seria eventualità che l’intera filiera dei brogli possa andare incontro a guai serissimi, inclusa addirittura «una condanna a morte». Anche per questo, forse – aggiunge Landi – si capisce come mai nessuno della Dominion, il giorno dopo la conferenza stampa di Powell, Giuliani ed Ellis, abbia avuto il coraggio di presentarsi in Pennsylvania a chiarire cosa fosse successo nei conteggi. «Si capisce anche per quale motivo la mafia della Pennsylvania, capeggiata da Skinny Joe, si sia fatta avanti autoaccusandosi della esecuzione materiale dei brogli cartacei sul voto postale, la cui ingegneria criminale è ovviamente ascrivibile ad altre entità». Sarà per questo motivo – continua Landi – che Biden sarebbe stato «colto dal panico» e avrebbe «manifestato la disponibilità a ritirarsi in cambio di qualche salvacondotto giudiziario», così come risulterebbe da alcuni “spifferi” provenienti proprio dal Dark Web?Tuttavia – ammette lo stesso Landi – questa notizia potrebbe essere stata messa in circolazione da “Q” per diffondere il panico tra le file avversarie. Sempre Landi parla di «alcune decine di dipendenti scomparsi», dagli uffici di Dominion e Smartmatic, «sicuramente atteriti da una situazione giudiziaria e personale che per loro potrebbe diventare drammatica». L’aria che tira è leggibile dalla determinazione di Trump, che nei giorni scorsi «ha avviato al Pentagono una serie di purghe senza precedenti, ha messo la Cia sotto il comando della Difesa riducendo Gina Haspel ad una ‘bambolina’, e ha silurato tutti gli uomini “dem” dalla Cisa», l’agenzia per la cyber-sicurezza «che in realtà aveva commissariato di fatto con una struttura parallela artefice del Watermark (il marcamento occultato alla vista umana dello schede postali)». Lo stesso Landi accenna a «notizie di confessioni di alti funzionari statali che dichiarano di aver sabotato per anni i politici antiglobalizzazione, evidentemente folgorati sulla via di Damasco per il timore di essere sospettati di aver coperto i boicottaggi e i complotti per rovesciare il presidente Trump». Le secondo e terze file dei “dem” sarebbero «in procinto di essere ghigliottinate».Il nuovo direttore della Difesa, l’ex generale di brigata Anthony Tata, in questi giorni «ha accusato il presidente Obama e i Clinton di essere stati a capo delle reti terroristiche jihadiste». Il nuovo sottosegretario alla Difesa per l’intelligence e la sicurezza, Ezra Watnick, «ha fatto parte dell’équipe del generale Michael Flynn all’intelligence militare che ha combattuto il terrorismo jihadista». “Renovatio 21″ racconta che, per quattro anni, i responsabili del Pentagono vicini a Obama e Hillary avrebbero «fatto di tutto per non mettere in atto le disposizioni di Trump e far proseguire i conflitti dove c’erano», seguendo direttive-ombra di Obama, «tutte cose che hanno fatto ‘imbestialire’ le alte gerarchie dell’esercito, e non solo l’amministrazione Trump». In ultimo, Gianmarco Landi segnala uno stranissimo tweet di Huma Abedin, fedelissima di Hillary (era vice di Jonh Podesta nella campagna 2016): la Abedine «sembra perorare un contenuto pro-Trump e contro i media». Giallo: «E’ forse un messaggio in codice che annuncia il “si salvi chi può”, oppure il “nascondetevi”?». I personaggi come Huma Abedin, chiosa Landi, comunicano nel Dark Web con meccanismi criptati dai servizi segreti: se non lo fanno più, e saltano fuori «strani tweet e numeri enigmatici», forse «significa che i tentacoli del Kraken sono arrivati fin lì: il Dark Web non è più un posto sicuro per i ‘losers’».«Il Kraken dei patrioti americani ha lasciato il Dark Web ed è uscito allo scoperto, manifestando tutta la sua possanza. Con i suoi tentacoli informatici il mostro liberato dai legali di Trump si è avvinghiato al potente Leviatano dei globalisti, e così si è dato avvio allo stritolamento». La svolta, scrive Gianmarco Landi su “Notizie dal Parlamento“, sarebbe avvenuta «il giorno dopo il rilascio del Kraken», cioè alla presentazione dei ricorsi alla Corte Suprema giovedì 19, quando Rudolph Giuliani, Sidney Powell e Jena Ellis hanno tenuto una conferenza stampa «comunicando che il mostro era stato rilasciato». L’indomani, venerdì 20 novembre alle ore 10 della East Coast, il comitato governativo della Pennsylvania ha convocato i dirigenti della Dominion, la società che aveva contato i voti in 30 dei 50 Stati americani (tutti quelli significativi). «I tecnici della Dominion avrebbero dovuto relazionare sul funzionamento dei macchinari utilizzati per la raccolta dei voti, ma non lo hanno fatto: nessuno della Dominion si è presentato alla convocazione, ed essendo tutti loro tecnici molto esperti (hacker), evidentemente in questi giorni avranno avuto modo di riflettere e prendere contezza del burrone in cui sono precipitati».
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Green Deal, maxi-raggiro: raddoppia la razzia della Terra
Ogni anno l’uomo estrae dal suolo e dal sottosuolo terrestre 50 miliardi di tonnellate di materiali da costruzione, combustibili fossili, minerali e metalli. Per intenderci, una massa pari a quella di 140.000 Empire State Building. A questo gigantesco prelievo di risorse naturali è correlato un devastante impatto ambientale. Tutti abbiamo in mente le immagini delle petroliere in avaria che riversano in mare migliaia di tonnellate di greggio. Non tutti sanno, invece, che uno dei disastri ambientali più gravi degli ultimi decenni è stato causato da una miniera di rame (il disastro di Ok Tedi) o che una delle principali cause degli incendi boschivi in Amazzonia e in Africa è proprio l’attività estrattiva. Per allentare la pressione antropica (umana) sull’ecosistema terrestre un gruppo agguerrito di scienziati, comunicatori, attivisti e politici è riuscito gradualmente a imporre a un’ampia fetta dell’opinione pubblica occidentale una nuova prospettiva di sviluppo, incentrata apparentemente su un consumo più razionale delle risorse naturali. Invece di estrarre miliardi di tonnellate l’anno di carbone, petrolio e gas naturale dovremo imparare a sfruttare l’energia del Sole e del vento, risorse rinnovabili il cui sfruttamento non danneggia l’ecosistema. Tutto giusto, no? No, tutto sbagliato.Pannelli solari, pale eoliche, batterie e auto elettriche sono dispositivi tecnologici fatti di cemento, plastica, acciaio, titanio, rame, argento, cobalto, litio e decine di altri minerali. Un commentary uscito su “Nature Geoscience” pochi anni fa stima che, solo per convertire un settimo della produzione di energia primaria mondiale (25.000 TWh), potrebbe essere necessario triplicare la produzione di calcestruzzo (da poco più di 10 miliardi di tonnellate l’anno a quasi 35), quintuplicare quella di acciaio (da poco meno di due miliardi di tonnellate a poco più di 10) e moltiplicare di varie volte quella di vetro, alluminio e rame. E stiamo parlando di convertire alle energie rinnovabili neanche il 15% del fabbisogno energetico mondiale. Non solo, va considerato anche un aspetto tecnico: il “filone d’oro” esiste solo nei fumetti. Per fare un esempio, in un giacimento di rame, mediamente il rame è presente con una concentrazione di circa lo 0,6%. Questo vuol dire che per estrarre una tonnellata di metallo bisogna sbriciolare più di 150 tonnellate di roccia. Le grandi miniere d’oro sudafricane macinano 5/6.000 tonnellate di roccia al giorno per estrarre meno di 20 tonnellate di metallo prezioso l’anno. Ma non basta.Come si produce l’alluminio? Beh, con un procedimento che consuma moltissima energia: per produrre una tonnellata di alluminio, infatti, sono necessari circa 30.000 kwh (tra energia termica ed elettrica). E anche la siderurgia è un’attività energivora: la produzione di una tonnellata di acciaio richiede tra gli 800 e i 5.000 kwh equivalenti. Quindi, solo per produrre l’acciaio necessario a costruire pannelli e turbine eoliche sufficienti a generare 25.000 Twh l’anno di energia rinnovabile, potremmo avere bisogno di 7.000/40.000 Twh l’anno di energia fossile in più. E non è finita qui. Di circa una decina di materiali alla base della “rivoluzione verde”, infatti, le riserve conosciute basterebbero a coprire solo pochi di anni di consumo in uno scenario 100% rinnovabili. L’Unione Europea, per esempio, prevede che, per centrare gli ambiziosi target del Green Deal, avrà bisogno di molte più terre rare di quante ne vengano estratte attualmente in tutto il mondo. È bene sottolineare che queste stime non sono le maldicenze di un mercante di dubbi pagato da Big Oil. L’Onu, la Commissione Europea, la Banca Mondiale hanno prodotto ampi rapporti in cui arrivano a conclusioni analoghe: serviranno moltissime risorse naturali in più. Gli studi che approfondiscono l’argomento d’altro canto sono numerosi, e pubblicati sulle riviste scientifiche più autorevoli del mondo: “Pnas”, “Science”, “Nature”.Eppure, nonostante il vasto panorama di riviste divulgative che seguono da vicino la “rivoluzione verde”, da “Le Scienze” alle tante testate digitali, curiosamente in lingua italiana non esiste un singolo approfondimento su questo aspetto, così enorme e così contraddittorio. La percezione, piuttosto diffusa a dire il vero, è che chi fa divulgazione scientifica da un po’ di tempo si sia arrogato il diritto di scegliere cosa divulgare e cosa no. Abbia deciso di fare politica invece che informazione, insomma. Non si spiega, altrimenti, come sia possibile scagliarsi quasi quotidianamente contro il paradigma della crescita e, nello stesso tempo, appoggiare una “rivoluzione verde” che immagina di raddoppiare – quantomeno – il prelievo di risorse naturali in pochi decenni. Oppure come sia possibile che, mentre ci si indigna per i disastri ambientali in Amazzonia o in Australia, si progetti di scavare fosse profonde 170 km per cercare i metalli necessari a soddisfare il fabbisogno dell’industria eolica e solare (una prospettiva che per il momento, tra l’altro, è fantascienza pura, dato che si parla di operare a temperature e pressioni ingestibili con la tecnologia attuale).La miniera d’oro di TauTona, in Sud Africa, è la miniera a cielo aperto più profonda del mondo e arriva a 3,9 km di profondità. Immaginatela 40 volte più grande. Su “Econopoly” ci eravamo già occupati di questo aspetto e lo avevamo fatto ben prima che la pandemia di Covid-19 mettesse in luce che la scienza non è affatto monolitica come la dipingono alcuni media (sul clima impazzito ascoltate gli scienziati: ok, ma quali?). In definitiva, dietro a quella che chiamiamo “rivoluzione verde” si nasconde in realtà un programma per accrescere rapidamente e drasticamente il prelievo di risorse naturali. Con tutto quello che consegue per la salute degli ecosistemi e anche degli esseri umani: per estrarre miliardi tonnellate di ghiaia, argilla, ferro, bauxite e rame in più, distruggeremo altre foreste incontaminate, inquineremo ulteriormente aria e acqua, spingeremo verso l’estinzione decine di migliaia di specie animali. Quindi, in buona sostanza, uno scenario molto diverso da quello che viene venduto all’opinione pubblica.Non si tratta di una distopia, di un futuro lontano avvolto nelle nebbie del probabilmente e del forse: la Commissione Europea ha appena annunciato un programma di finanziamenti per l’industria mineraria europea e il prezzo del rame vola (+40% da marzo a oggi), trainato proprio dalla domanda legata alle auto elettriche cinesi e al Green Deal europeo. Ci siamo già dentro, stiamo già devastando centinaia di ecosistemi alla ricerca di litio e cobalto per le batterie o terre rare per i magneti delle turbine eoliche. Sospinti dall’emotività, alimentiamo una bolla epocale. Ci sono altre soluzioni? La temperatura continua ad aumentare, non possiamo fare finta di niente. Certo che ci sono altre soluzioni. E di nuovo, ci si scontra con il muro di gomma della divulgazione: l’opinione pubblica è stata convinta che non ci siano altre strade ma in realtà non è così. Prendiamo un caso esemplare: la Cattura Diretta in Atmosfera (Dac). La cattura diretta è una tecnologia dall’apparenza pionieristica, ma in realtà molto semplice, che permette di separare l’anidride carbonica dall’aria. Niente di fantascientifico, esistono decine di impianti pilota perfettamente funzionanti in tutto il mondo.Genericamente questa tecnologia viene ridicolizzata in quanto molto costosa: i risultati certificati a livello scientifico si attestano su un costo minimo di 94 dollari per ogni tonnellata di anidride carbonica catturata dall’atmosfera. Oggettivamente, un costo non indifferente dato che ne emettiamo quasi 37 miliardi di tonnellate l’anno. Chiunque faccia notare che stiamo parlando dei dati relativi a un impianto pilota, molto piccolo, e che in un impianto di grandi dimensioni i costi potrebbero essere già ora molto più bassi, viene accusato di pensiero magico, nonostante il potenziale delle economie di scala sia noto e facilmente misurabile. Oltretutto, si pretende che la cattura diretta competa con le rinnovabili senza beneficiare di incentivi pubblici, mentre le rinnovabili vengono generosamente sussidiate. Beh, la cosa curiosa è che le stime attuali sui costi della “rivoluzione verde” si aggirano intorno ai 5.000/6.000 miliardi l’anno, mentre catturare l’anidride carbonica direttamente dall’atmosfera a 94 dollari la tonnellata (ripetiamolo: un costo irragionevolmente gonfiato immaginando un impiego su larga scala) costerebbe “solo” 3.000 miliardi l’anno! È veramente difficile capire come si possa definire la cattura diretta costosa, appoggiando contemporaneamente una soluzione che costa il doppio.Da non dimenticare, poi, come sottolinea proprio “Nature”, che la cattura diretta ha un vantaggio fondamentale rispetto a tutte le altre soluzioni: minimizza l’incertezza, aggredisce il nocciolo del problema. Da una parte parliamo di ridurre l’aumento della concentrazione di anidride carbonica in atmosfera attraverso complessi meccanismi culturali e sociali, dall’altra di toglierla direttamente con una tecnologia. Ancora più curioso è il caso della riforestazione e dell’agricoltura rigenerativa (da non confondere con l’agricoltura biologica o biodinamica: parliamo di agricoltura intensiva con rese superiori a quella chimica tradizionale), due opzioni perfettamente ecosostenibili che ci permetterebbero di tamponare rapidamente il problema del cambiamento climatico, con un dispendio di risorse limitato e ricadute socioeconomiche allettanti. Eppure, le iniziative in questa direzione sono continuamente sotto il fuoco degli scienziati, dei divulgatori e degli attivisti green. Un paradosso. L’accusa è spiazzante: l’adozione di queste soluzioni potrebbe rallentare la transizione verso le energie rinnovabili.Ma l’obiettivo finale di questo gigantesco sforzo è mettere al sicuro il pianeta dall’incertezza climatica oppure far fare un mucchio di soldi alla lobby delle energie rinnovabili? Oramai è diventato molto difficile capirlo. Elon Musk è indubbiamente un imprenditore brillante, un genio del nostro tempo, ma non per questo ci dobbiamo sentire obbligati a versargli 1.000/2.000 miliardi di dollari l’anno, generosamente irrorati da fondi pubblici che togliamo alla sanità o all’educazione, solo per fare due esempi. Sarebbe bello poter chiosare, come d’altronde va molto di moda in questi tempi, dicendo che è sempre più importante studiare, informarsi, approfondire, perché ne va del nostro futuro. Ma se a monte c’è un filtro che seleziona quali informazioni devono arrivare ai media e quali no, questo diventa solo l’ennesimo esercizio di stile altezzoso e inconcludente. «Va notato che l’Ipcc nel suo quinto rapporto, coerentemente con tutte le precedenti relazioni di valutazione, non affronta esplicitamente la questione delle implicazioni materiali degli scenari di sviluppo climatico» (World Bank).(Enrico Mariutti, “La grande eresia: la rivoluzione verde è un’enorme fake news?”, dal “Sole 24 Ore” dell’11 novembre 2020; l’articolo è pubblicato nel supplemento “Econopolis”. Ricercatore e analista in ambito economico ed energetico, nonché autore de “La decarbonizzazione felice”, Mariutti è il “founder” della piattaforma di microconsulenza Getconsulting e presidente dell’Isag, Istituto Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie).Ogni anno l’uomo estrae dal suolo e dal sottosuolo terrestre 50 miliardi di tonnellate di materiali da costruzione, combustibili fossili, minerali e metalli. Per intenderci, una massa pari a quella di 140.000 Empire State Building. A questo gigantesco prelievo di risorse naturali è correlato un devastante impatto ambientale. Tutti abbiamo in mente le immagini delle petroliere in avaria che riversano in mare migliaia di tonnellate di greggio. Non tutti sanno, invece, che uno dei disastri ambientali più gravi degli ultimi decenni è stato causato da una miniera di rame (il disastro di Ok Tedi) o che una delle principali cause degli incendi boschivi in Amazzonia e in Africa è proprio l’attività estrattiva. Per allentare la pressione antropica (umana) sull’ecosistema terrestre un gruppo agguerrito di scienziati, comunicatori, attivisti e politici è riuscito gradualmente a imporre a un’ampia fetta dell’opinione pubblica occidentale una nuova prospettiva di sviluppo, incentrata apparentemente su un consumo più razionale delle risorse naturali. Invece di estrarre miliardi di tonnellate l’anno di carbone, petrolio e gas naturale dovremo imparare a sfruttare l’energia del Sole e del vento, risorse rinnovabili il cui sfruttamento non danneggia l’ecosistema. Tutto giusto, no? No, tutto sbagliato.