Archivio della Categoria: ‘segnalazioni’
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Via le banche dalla Cdp, quei soldi sono il nostro futuro
Il 14 giugno del 2011 oltre 26 milioni di italiani dichiarano che l’acqua non deve sottostare alle leggi del mercato, chiedendone una gestione pubblica e partecipata. A due anni di distanza poco o nulla è stato fatto. Il ritornello è sempre lo stesso: non ci sono i soldi. La crisi colpisce, dobbiamo accettare sacrifici e piani di austerità per rimettere in sesto i conti pubblici. Ma è proprio vero che i soldi non ci sono? La Cassa Depositi e Prestiti è l’ente che raccoglie il risparmio di milioni di italiani tramite i libretti di risparmio e i buoni fruttiferi delle Poste Italiane. Una raccolta che supera i 230 miliardi di euro, con una liquidità di oltre 140 miliardi. Per decenni la Cassa, sotto il diretto controllo del ministero del Tesoro, ha avuto il compito principale di sostenere gli enti locali per investimenti di lungo periodo, in particolare tramite prestiti a condizioni favorevoli rispetto ai tassi di mercato.
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Armiamoci e partite: boom storico dell’industria bellica
Più l’economia frena, più vola l’industria della guerra: il commercio delle armi non è mai stato così fiorente. Secondo uno studio presentato di recente a Londra, il mercato mondiale è cresciuto del 30% negli ultimi quattro anni e potrebbe raddoppiare entro il 2020, con l’esplosione dei bilanci militari, soprattutto in Asia. Il rapporto pubblicato da “Ihs Jane’s” rivela che, tra il 2008 e il 2012, le esportazioni e le importazioni di armi nel mondo sono aumentate da 56,5 a 73,5 miliardi dollari (43-56 miliardi di euro). Il mercato potrebbe raggiungere i 100 miliardi dollari entro il 2018 e raddoppiare entro il 2020. Per contro, la quota di mercato dell’Europa occidentale è diminuita, scendendo dal 34,5 % del 2008 al 27,5 % nel 2012, mentre quella dell’Asia-Pacifico, tra cui la Cina, è salita dal 3,7 al 5,4% rispetto allo stesso periodo. «Stiamo assistendo alla più grande esplosione del commercio mondiale di armi che il mondo abbia mai conosciuto», sostiene l’analista Paul Burton, tra gli autori dello studio britannico.
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Da Bin Laden a Vickers, il macellaio della guerra di Obama
Prima regola, le “verità indiscusse”: noi siamo il Bene, loro il Male, ed è bene i media ne prendano nota senza discutere. Seconda regola: pace e ordine mondiale richiedono la presenza militare globale degli Usa. Terza regola: solo un interventismo globale, anche sotto forma di guerra preventiva, può sconfiggere le minacce esistenti. E’ il credo imperiale che Andrew J. Bacevich, già alto ufficiale degli Stati Uniti e ora storico dell’università di Boston, chiama “la Sacra Trinità” sui cui si regge il potere Usa, che da almeno tre decenni, in Medio Oriente, viaggia a fari spenti: «Obama improvvisa, non ha una strategia. Persino nel coinvolgere il Congresso, punta solo a condividere l’impiccio. E non vedo la Siria come una svolta. Penso che ormai sia chiaro, e non da oggi, come la politica americana nel mondo islamico abbia fallito. Intervenire in Siria perpetuerà semplicemente questo fallimento».
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11/9: la fiaba della terza torre, quella che crollò da sola
«Se chiedete al primo che vi capita, di età superiore ai 20 anni, quante furono le torri crollate l’11 Settembre, avrete quasi sempre la stessa, stranita risposta: due, ovviamente. Due aerei, due torri: dunque furono gli aerei ad abbattere le Twin Towers». Invece, no: «Le torri abbattute furono tre. E questo provoca ancora adesso molti mal di testa a chi vuole sostenere la versione ufficiale». Alla conta, infatti, “manca” sempre la terza torre del World Trade Center, denominata Wtc-7, che crollò alle 17.20 del “giorno maledetto”, senza esser stata colpita da nessun aereo. Per Giulietto Chiesa, quel crollo-fantasma è un po’ il simbolo dell’atto terroristico più misterioso e devastante della nostra storia recente, destinato ad aprire l’incubo della “guerra infinita”: Iraq e Afghanistan, Libia e Siria, e domani l’Iran. Data fatidica, per il “grande alibi” dell’impero pericolante: occupare, militarmente, un mondo ormai multipolare, progressivamente egemonizzato da nuovi protagonisti, in pole position la Cina – che, secondo i neocon al potere l’11 Settembre, entrerà in rotta di collisione con la “sicurezza Usa” entro il 2017, cioè domani.
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Debito pubblico insostenibile? Non certo per colpa nostra
Notizia sensazionale: il debito pubblico italiano non è più ripagabile, perché ormai supera i 2.000 miliardi di euro, oltre il 130% del Pil. Per assorbirlo, l’Italia dovrebbe fare due cose, entrambe estreme: non fare più deficit (assoluto pareggio di bilancio: parità tra spesa pubblica e introito fiscale) e in più varare, per molti anni, ulterori manovre “lacrime e sangue” da 100 miliardi l’anno, irrealistiche perché palesemente insostenibili. «La verità che nessun politico è disposto ad ammettere è che il debito pubblico italiano non è più ripagabile», avverte Marcello Foa. Ma c’è di peggio. La tragedia è che nessun politico – parafrasando Foa – è disposto ad ammettere che il debito pubblico non dovrebbe mai essere un problema, essendo infatti il vero “mestiere” dello Stato: che solo attraverso il deficit – la spesa pubblica, o spesa a deficit positiva – può continuare a pagare stipendi a medici e insegnanti e costruire strade, ferrovie, scuole e ospedali, cioè strutture e servizi avanzati senza cui non potrebbe vivere neppure l’economia di mercato.
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Zero prove nel ridicolo dossier-Siria presentato da Obama
Solo sospetti, senza uno straccio di prova. Motivo: i siriani le avrebbero cancellate, bombardando a lungo, nelle ore seguenti, i quartieri di Damasco che sarebbero stati attaccati con armi chimiche il 21 agosto. Il governo Obama «valuta altamente probabile» che il regime di Assad abbia sferrato l’attacco, dichiara di avere indizi precisi ma rifiuta di diffonderli per «proteggere le fonti». Fine. Altro non ha dire, l’amministrazione che – sulla base di queste scarne note – pretende di coinvolgere il mondo in una guerra pericolosa, fondata sulla propaganda e sull’ipocrisia oltre che sulla menzogna: il regime di Washington infatti continua a definire “opposizione” le milizie che ha reclutato, armato e addestrato sul campo, da almeno due anni, con l’obiettivo di rovesciare il governo di Damasco trasformando in sanguinosa guerra civile l’iniziale rivolta democratica e pacifica dei cittadini siriani ostili al potere autoritario di Assad.
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Ma Letta che fa, lascia o raddoppia? E chi se ne frega
Ma allora il governo Letta che fa, cade insieme a Berlusconi o tira avanti? Risposta: non ce ne può fregare di meno – del governo Letta, e anche di quello che verrà dopo, fosse pure guidato dal giovane Renzi. Tanto, non sono loro a decidere, si limitano a prendere ordini: quelli che il Cavaliere – amico di Gheddafi e di Putin – non era sempre così propenso ad eseguire, nei ritagli di tempo tra affari, processi e le “cena eleganti” di Arcore. Quisquilie, comunque, di fronte al dramma: l’Italia è totalmente in mani straniere. Al punto che, con questa offerta politica, i cittadini potrebbero fare a meno di votare. Prima Bersani, il Nulla fatto a candidato, e ora il sindaco di Firenze, a fronteggiare – si fa per dire – la corte del vecchio Silvio. Ma è solo teatro. I diktat sono a monte, a prescindere: non possiamo spendere più un soldo di nostra iniziativa, siamo controllati al centesimo. E spediti in guerra, pure, su inziativa del Sommo Potere Egemone. Idee ormai ricorrenti, rarissime però da ascoltare in televisione. A colmare la lacuna, per una volta, provvede Roberto D’Agostino.
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Rigore, tragedia-Italia: mai così tanti i senza lavoro
Tagli alla spesa, austerity, disoccupazione: per l’Italia si spalancano le porte della tragedia. Alla fine del 2013 gli italiani che non hanno un lavoro potrebbero arrivare a 3 milioni e mezzo: 400.000 in più dei 3 milioni e centomila di oggi. Nel frattempo, a giugno, il numero degli occupati, circa 22 milioni e mezzo, ha raggiunto il valore più basso del nuovo secolo. Lo riferisce il centro studi della Cna: «La crisi dell’occupazione si sta aggravando: senza una decisa e tangibile inversione di tendenza che faccia ripartire effettivamente lo sviluppo, la situazione sociale del nostro paese può diventare critica». L’analisi della Cna fa riferimento soprattutto ai 548 milioni di ore di cassa integrazione autorizzate nei primi sei mesi del 2013. A peggiorare il quadro, sempre nel primo semestre dell’anno, le pessime condizioni generali del mercato del lavoro. Rispetto allo stesso periodo del 2012 l’occupazione si è ridotta di 407.000 unità, che equivalgono all’1,8% in meno. Nel frattempo, il numero dei disoccupati è salito del 16,4%.
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Murdoch, Rothschild e Cheney prenotano il petrolio siriano
Murdoch, Rotschild e l’intramontabile Dick Cheney: sono soci in affari per il petrolio al confine con la Siria, ma il media non ne parlano. Quali media? Milioni di americani prendono per buone le notizie della “Fox News”, del Wall Street Journal o si informano attraverso altri media mainstream di proprietà del magnate australiano. «Generalmente, questi organi d’informazione sono a favore di un’azione militare contro la Siria, ma non informano i loro spettatori e lettori che il signor Murdoch ha investito interessi nella guerra con la Siria», accusa Christopher Bollyn. Che rivela: «Murdoch è comproprietario di una compagnia israelo-americana alla quale è stato concesso il diritto di cercare petrolio nelle alture del Golan – il territorio siriano occupato da Israele». E’ perlomeno «amorale», conclude Bollyn, «che la “Fox News” non riveli queste informazioni al suo pubblico», che a quel punto sarebbe costretto a dubitare dell’attendibilità delle informazioni che riceve, dal momento che Murdoch otterrebbe enormi vantaggi personali dalla caduta del regime di Damasco.
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Maxi-debito contro la crisi: così Tokyo smentisce l’Europa
L’ipoteca che pesa sulla “Abenomics”, la “montagna di carta che non crolla mai” – il debito pubblico giapponese – ha toccato una vetta mai raggiunta: più di un “quadrillion” di yen, cioè più di un milione di miliardi. Per la precisione, a fine giugno la cifra dell’indebitamento dell’amministrazione centrale di Tokyo era questa: 1.008.628.100.000.000 yen. In euro fa 7.800 miliardi. E’ ovviamente un record: per il Giappone sin da quando lo yen è diventato la sua valuta ufficiale, nel 1871, e per il resto del mondo che non ha mai visto una quantità di “pagherò” del genere. Siamo attorno al 200% del Prodotto interno lordo (Pil): se si aggiungono i debiti delle amministrazioni locali, si arriverà al 247% a fine anno, secondo le previsioni del Fondo Monetario Internazionale. L’Italia, attorno al 130%, se non avesse la zavorra dell’euro sarebbe un paradiso. Ma il Sol Levante, dotato di moneta sovrana, può permettersi di rinunciare all’austerity.
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Il mondo non vuole la guerra? La fermi: ecco come
La rivolta del Parlamento britannico contro il progetto coloniale di David Cameron, seguita dalla trasmissione del fascicolo siriano da Barack Obama al Congresso degli Stati Uniti, modifica profondamente i rapporti di forza internazionali, anche se il Congresso dovesse infine consentire il ricorso ai bombardamenti. Attualmente, tutti gli Stati ritrovano la loro libertà di parola. Solo la Francia è ancora in grado di mettere sotto pressione i propri vassalli per imporre loro una politica bellicista. Né il Regno Unito, né gli Stati Uniti fino al voto del loro Congresso, possono farlo. Ora, la maggior parte degli Stati del mondo è consapevole degli effetti a catena che l’intervento occidentale è in grado di provocare nel Vicino Oriente. Che sostenga la Siria o desideri rovesciare le sue istituzioni, la maggioranza può soltanto opporsi a un bombardamento, fosse anche “chirurgico”, della Siria.
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Damasco: “Abbattuti missili e un F-22, Usa sotto choc”
Guerra di nervi, guerra diplomatica. Ma soprattutto, per ora, guerra di informazioni non confermate, come la paternità siriana del presunto attacco del 21 agosto con armi chimiche alla periferia di Damasco, oggetto delle indagini Onu. Il falso più evidente: gli Usa pretendono di intervenire militarmente in Siria dopo “due anni di inazione”. E’ vero il contrario: da almeno 15 mesi, gli Usa e i loro alleati stanno già combattendo il regime di Assad, attraverso una sanguinosa guerra segreta, che stanno perdendo. L’intervento aereo servirebbe proprio a invertirne l’esito, fornendo ai guerriglieri – come in Libia – il decisivo vantaggio dell’aviazione. Ma la Siria non è la Libia: è difesa dalla Russia e, in caso di attacco, anche dall’Iran e dalle milizie di Hezbollah al confine tra Libano e Israele. In questo quadro si inserisce la fuga di notizie incontrollate che, alla vigilia del possibile raid, parlano addirittura di prove di guerra aerea già in corso: test cruciali, per sondare le reali capacità siriane di difesa? Fra il 30 e il 31 agosto, Damasco avrebbe addirittura abbattuto un sofisticato caccia F-22 Raptor, nonché quattro missili cruise lanciati subito dopo, forse per rappresaglia.