Archivio della Categoria: ‘Recensioni’
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Camilleri: Provenzano, Dell’Utri e la vera trattativa
La trattativa Stato-mafia ci fu, ma non risale all’epoca del “papello” con cui Totò Riina dettò a Vito Ciancimino le condizioni di Cosa Nostra, nell’intervallo tra le due stragi del ’92 costate la vita a Falcone e Borsellino. Al contrario, il “papello” servì a mettere fuori gioco lo stragista Riina per poter poi avviare, solo dopo il suo arresto, la trattativa vera: fra Provenzano e la politica, una volta uscita finalmente dal terremoto di Tangentopoli che rendeva instabili i governi e irrealizzabili le leggi a favore della mafia. Lo sostiene il giallista Andrea Camilleri, presentando “Don Vito”, il libro-inchiesta su Vito Ciancimino scritto dal figlio, Massimo Ciancimino, col giornalista Francesco La Licata.
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Pennacchi: ai vincitori la storia, agli sconfitti la poesia
«Un urrà per il “fasciocomunista”! Sì, siamo davvero contenti per la vittoria di Antonio Pennacchi al premio Strega 2010». Così il web magazine della fondazione FareFuturo saluta il successo di “Canale Mussolini”, romanzo epico sulla bonifica delle Paludi Pontine, dove protagonista assoluto è il popolo dei semplici lavoratori. «Questa vittoria – scrive Antonio Rapisarda – testimonia che nel nostro Paese, e proprio nel settore della cultura che è giudicato (a torto) quello più militarizzato dall’istinto delle fazioni, è possibile che una storia “altra” (scritta da un autore che è “altro” rispetto alla storia che scrive) vinca uno dei più importanti riconoscimenti della cultura italiana», senza fischi né contestazioni.
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Usa in declino, sfida totale all’impero zoppo
Il sogno della “fine della storia” è svanito. Gli Usa hanno tentato, sotto Bush, un ultimo brutale tentativo di mantenere la propria supremazia incontrastata: il progetto di “guerra infinita”, che avrebbe dovuto annichilire come un rullo compressore tutti i possibili nemici e competitori, ma che si è arenato già sui primi due scogli incontrati, ossia Afghanistan e Iraq. L’ordine mondiale odierno è “semi-unipolare”, con Washington ancora potenza egemone, ma più per la cautela dei suoi rivali che per la propria forza ed autorità. La crisi finanziaria del 2008 è partita dagli Usa ed ha mandato parzialmente in frantumi quell’ordine economico
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Robin Hood: un eroe che sfida l’arroganza del potere
Sarà presto anche nelle sale italiane e il 12 maggio inaugurerà il festival del cinema di Cannes: sulla Croisette farà la sua comparsa Robin Hood. Quello del 2010 è Russel Crowe diretto da Ridley Scott in un kolossal che è all’incirca la trentesima trasposizione cinematografica ispirata a quest’eroe a metà tra storia e leggenda. Questa di Scott (non l’ottocentesco Walter Scott, che del paladino dei poveri è il creatore letterario) sarà sostanzialmente diversa dalle versioni precedenti, raccontando, in una sorta di prequel, soprattutto le vicende che portarono l’arciere del re Riccardo Cuor di Leone a diventare il Robin Hood che tutti conoscono.
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Zero sviluppo: politica e affari, la resa alla mafia
Pizzo, pizzi e pizzini. Rifiuti sotto cieli che sembrano davvero dipinti. I bronzi di Riace, la Reggia di Caserta, le colline di Sicilia. Ma è una bellezza che non acceca: la mafia si vede a occhio nudo. David Lane, corrispondente dell’“Economist”, in Italia da più di trent’anni, ha fatto il suo grand tour nella tana del lupo. “Terre profanate”, edito da Laterza, è una guida per nulla turistica al Mezzogiorno d’Italia. Da Gela a Teano, dove Garibaldi “consegnò” il Sud a Vittorio Emanuele nel 1865: viaggio nell’Italia che si è arresa alla mafia, in un intreccio politico-affaristico.
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Meccanica celeste: Maggiani, la bellezza salverà il mondo
«Sono in Garfagnana, la terra dei miei cugini silvestri, la mia casa ancestrale». Se qualcuno avesse dubbi su cosa ancora aspettarsi, oggi, dalla letteratura italiana di narrazione, può tentare di leggere “Meccanica celeste”, il romanzo con cui Maurizio Maggiani torna in libreria dopo cinque anni, dall’epoca de “Il viaggiatore notturno”, premio Strega 2005. Tentare di leggere: perché non è detto che si riesca ad arrivare fino in fondo, fino alla fine della lettura. “Meccanica celeste” soffre di un morbo miracoloso e rarissimo: eccesso di bellezza. Ci si deve fermare spesso, frastornati.
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Smascherare i gattopardi della camorra
Trecento pagine sono tante, ma non se si tratta di narrare una vicenda lunga più di centocinquant’anni che ci riporta alla Napoli dei Borbone e trova già allora le associazioni camorristiche che organizzano la loro presenza parassitaria sulle attività produttive, i mercati, le case da gioco, la prostituzione. Impossibile batterla, la camorra, se la logica è sempre quella dell’emergenza e della repressione momentanea invece di una volontà diffusa e generale di affrontare il fenomeno mafioso mobilitando la società a livello culturale ma anche politico, economico e sociale contro l’anomalia che caratterizza il sottosviluppo meridionale.
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Draquila, il ballo dei vampiri nell’Italia che trema
Sabina Guzzanti, cacciata dalle tv, risponde con un film dell’orrore (nelle sale il 7, a Cannes il 13), munita di martello e paletto. “Draquila – L’Italia che trema” è un’inchiesta sul dolore di una terra martoriata. Un film serio. Ciò che altri soffrono può essere sperimentato solo attraverso l’arte. Ma anche comico, che fustiga chi trasformò in super affare edilizio la catastrofe per moltiplicar consensi e profitti: la protezione civile, braccio armato, Spa del governo, succhia commesse e denaro, grazie a normative straordinarie molto ben congegnate.
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l’Italia si salva solo grazie al lavoro degli immigrati
«Soltanto gli immigrati potranno salvarci. Il futuro benessere degli italiani dipenderà dalla capacità di attrarre trecentomila lavoratori stranieri all’anno». Parola di Giuseppe Pisanu, ex ministro dell’Interno del governo Berlusconi 2001-2006. Provate a depennare questi nomi: Eto’o, Milito, Maicon, Pato, Mutu, Chivu, Zanetti, Lavezzi. Immaginate che dalla prossima partita nessuno di loro scenda in campo. Sarebbe un disastro. Oggi su 933 calciatori della serie A ben 322 sono stranieri.Un esempio da solo rivelatore. La realtà è che senza gli immigrati (compresi i clandestini), tutta l’Italia andrebbe a rotoli.
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Revelli: come guarire l’Italia, ipnotizzata dalla Tv
Un popolo di schiavi, senza più regole e con istituzioni in via di estizione. Un deserto sociale, un linguaggio di plastica: il nostro, quello imposto dalla televisione. Il sociologo Marco Revelli invoca «un atto di secessione etica ed estetica prima ancora che politica», per bucare la bolla mediatica che ci avvvolge: serve «un gran rifiuto di questa logica del racconto e di questa tecnica del linguaggio», per cantare fuori dal coro, lontano dal «grande circo messo in piedi dal grande illusionista», Silvio Berlusconi, poi imitato da Veltroni e soci.
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Dolore e miliardi, tutti i segreti dell’Opus Dei
Mortificati. Plagiati. Indotti ad appropriarsi del denaro d’altri per donarlo alla “causa”, ma, soprattutto, spinti a “pitare”, captare, pilotare l’altrui volontà per ottenerne l’adesione totale. Lo scenario da brivido, già adombrato collaborando con Ferruccio Pinotti per la stesura di “Opus Dei segreta” (Bur, dicembre 2006), Emanuela Provera ce lo propone in tutta la sua brutale evidenza nelle pagine di “Dentro l’Opus Dei – Come funziona la Milizia di Dio”, uscito a fine dello scorso anno per Chiarelettere ed ora già alla seconda edizione. Lo fa, naturalmente, con tutta la grazia, il garbo ed anche, in qualche modo, il rispetto, che le sono congeniali.
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Unità d’Italia a mano armata, a spese del Sud ricco
Da 150 anni ci raccontano la barzelletta del Sud liberato dai Savoia per portarvi libertà, giustizia e progresso. Errore: la crisi del sud è cominciata proprio con l’Unità d’Italia, imposta col sangue e governata con l’aiuto della mafia, dopo una brutale guerra di conquista: stragi e deportazioni, da cui la tragedia dell’emigrazione, prima sconosciuta. Impressionante la rapina delle risorse: il sud era più avanzato nel nord anche sul piano industriale. E più ricco: il regno borbonico era il più solvibile d’Europa, mentre quello piemontese il più indebitato. Anche per mettere le mani sul bottino, i Savoia si convinsero a unire l’Italia.